BENVENUTI A CONVERSANO
Situata su una collina, a sud di Bari, la città di Conversano (219 s.l.m.; ab. 26.150) accoglie il visitatore con il saluto fermo e severo della torre rotonda dei Lussemburgo che si leva sul fianco dello storico Castello, a ricordo di una civiltà antica, ma ancora viva e palpitante. Posta sulla strada che da Bari conduce alle Grotte di Castellana e ai fiabeschi Trulli di Alberobello, Conversano è una tappa obbligata non solo per il turista in cerca di stradette riposte e tranquille, ma anche per lo studioso di arte, che vi troverà riflessi, come in una meravigliosa antologia, monumenti, ordini e stili di un fulgore trascorso, per l'archeologo e lo storico (il medioevalista in particolare) pronto a chiedervi notizie precise sul Monstrum Apuliae e sul Chartularium Cupersanense di Domenico Morea. Sede di diocesi da più di mille anni, Conversano rappresenta anche una testimonianza di fede cristiana e conserva tuttora un fascino religioso, che si esprime in numerose chiese, oltre che in una ricchezza di tradizioni, prima tra tutte la rinomata processione del Cristo venerato nella Chiesa di Santa Maria dell’Isola, che si svolge la notte del Venerdì Santo con accompagnamento di antiche laudi religiose, in mezzo a una folla strabocchevole di popolo in preghiera. La fecondità della terra e la varietà delle colture donano poi alla campagna conversanese un aspetto singolare, specie nei mesi di aprile e di maggio, quando la produzione delle ciliegie conferisce alla laboriosa comunità contadina un'animazione insolita.
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LA FESTA DELLA CATTEDRALE
di Ubaldo Panarelli Che sia Conversano una città ricchissima di splendide testimonianze d’arte è cosa riconosciuta da studiosi, turisti, gente comune. Da sempre, in questo trionfo di nobili lasciti di un glorioso passato e al centro di una suggestiva acropoli che vede Castello e Monastero di San Benedetto, un fascino particolare esercita la CATTEDRALE cuore pulsante della vita religiosa e civile della comunità. Presa di mira dalle nobili, doviziose e perciò potenti badesse mitrate del "Monstrum Apulia", fortezza di Dio inespugnabile durante assedi impietosi di cui ancora reca le ferite, bersaglio di un improvviso incendio che più devastante non poteva essere, la CATTEDRALE ha sempre rialzato orgogliosa la testa. E soprattutto, grazie all’eroismo di un vescovo, ha gelosamente custodito il suo tesoro più prezioso: l’Icona della Vergine della Fonte il cui titolo è di per sé un profondo trattato di mariologia. Ed è da questo purissimo faro di fede che nei secoli è stata illuminata la devozione dei conversanesi e delle pie persone dei paesi vicini. Per cui, oltre alla sostanziale liturgia che si compie e maggio tra le mura del luogo consacrato, si è inteso da sempre esternare con una festa la gioia di un intero popolo. Une festa che, nobilitata dalla piacevolezza dell’arte musicale, dal simbolismo delle luminarie (la luce è testimonianza cristiana), della gioia che prorompe dall’arte pirotecnica non può degenerare in altri e più mondani aspetti. Per tutto questo la festa deve svolgersi imprescindibilmente intorno alla CATTEDRALE, quasi ad avvolgere di un abbraccio affettuoso la Protettrice che sta lì a guardarci con quegli occhi dolci ma che ad un tempo ci interrogano. Abbracciamola di luci la casa della Vergine nei giorni di festa, facciamo ancora parlare le pietre che hanno tanto da raccontarci: dalla mezza canna di medievali mercati, al campanile mai finito ma col fascino delle cose incompiute in musica come nell'arte, dalle sacre rappresentazioni allestite sul sagrato sotto l’iconica bellezza del maestoso rosone alle migliaia di matrimoni. Nella vicina Sicilia, dove anche le devozioni sono forti come Verga ci insegna, i fuochi pirotecnici si incendiano tutt'intorno alle Cattedrali, anzi a ridosso dei suoi muri e le musiche risuonano solenni il più vicino possibile ad esse…
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LA CATTEDRALE
La Cattedrale di Conversano, come quasi tutti i duomi e i castelli medievali, venne eretta sull'acropoli della città per motivi di importanza ma soprattutto di difesa. Non sono in pochi a credere che la sua costruzione si sia iniziata sul luogo di un antico tempio pagano o paleocristiano (del quale ultimo abbiamo ancora tracce), tra la fine del secolo XI ed i primi anni del XII; cioè a dire in piena epoca di diffusione del romanico-pugliese. Di quel periodo, di fatto, la chiesa reca ancora l'impianto icnografico a pianta “orientata”, cioè con altare maggiore rivolto ad Est in ossequio ai più ligi canoni basilicali, e absidi contenute, oltre ad alcuni elementi: facciata (tranne i rosoni); campanile; buona parte dell'interno; affresco absidale sottostante a quello attualmente visibile. Ma la prima data documentabile riguardante la sua costruzione (che andò avanti a singhiozzo e subì, nel corso dei secoli, radicali modifiche e "restauri" non sempre opportuni), è il 1359, come si ha modo di leggere su di una lapide collocata sulla facciata (forse qualche tempo dopo) alla destra del portale. Vediamo perciò di ripercorrere, per sommi capi, le numerose fasi della travagliata vita del tempio, quasi sempre collegate a figure di vescovi: 1) Simplicio (480-492) Se vissuto, avrebbe portato dall'Africa l’Icona della B. Vergine della Fonte e fatto edificare, presso la cripta della Chiesa Madre, una cappella dedicata a S. Silvestro, sotto la quale sarebbe stato sepolto (F. UGHELLI, Italia Sacra, Venezia 1721, vol. VII, col. 701). 2) Pietro d'Itri (1358-1379) Stando alla citata epigrafe, il prelato avrebbe iniziato la costruzione della chiesa, comprese le navate e ad eccezione dei tetti, nel 1359 e l'avrebbe condotta a termine nel 1374; è più plausibile però pensare ad un semplice ampliamento o ricostruzione operati dal vescovo d'Itri: A.D. MCCCLIX PRAESENS ECCLESIA CUM EIUS ALIS INCEPTA FUIT PRESIDENTE DOMINO PETRO DE ITRI EPISCOPO CUPERSANI PRAETER TECTA IPSIUS ECCLESIAE ET FINITA TEMPORE EIUSDEM A.D. MCCCLXXIIII (...) Il resto della iscrizione non riguarda la Cattedrale. Luigi Gallo, in un articolo apparso su La Gazzetta del Mezzogiorno dell’ 8.11.1960, sostiene che il d'Itri innalzò il duomo al di sopra di una chiesa preesistente, più piccola ma non ipogea com'era comune credenza, in quanto posta al livello del più basso piano stradale dell'epoca; sostiene ancora che il campanile Sud (XIXII sec.) è da considerarsi l'unico elemento superstite del vecchio tempio. ln effetti l’antico livello stradale tutt’intorno alla Cattedrale fino a S. Benedetto, era inferiore a quello attuale, risultato di un colossale riempimento.
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Del XIV secolo, comunque, mi sembrano: la finestra absidale, le cornici dei tre rosoni, l'arco trionfale, il matroneo e l'affresco absidale, forse splendido superstite di un ciclo di dipinti andati per sempre perduti. Può anche darsi che il d'Itri tentasse la soprelevazione del campanile: ma vuoi per il "famoso" veto delle badesse mitrate di S. Benedetto (il Gallo ritiene infondata e popolare questa voce), vuoi per altri motivi non ultimi quelli economici, il progetto non andò in porto né allora né mai. Bene dice il Gallo quando afferma che due simmetrici campanili absidali (secondo i più ortodossi canoni romanici), avrebbero conferito maggiore dignità estetica al monumento «uno dei più pregevoli che negli albori del secondo millennio siano sorti nella Puglia» (SANTE SIMONE). Col vescovo d'Itri, dunque, che se non il fondatore, si rivela almeno il
più intraprendente fra i vescovi committenti, la fabbrica della Cattedrale riceve il classico colpo d'ala; ed i lavori da lui promossi appaiono opere pregevoli di maestranze di primissimo piano. 3) Antonio Domininardi (1423- 1434) Fece edificare, nel 1431, una cappelletta dedicata a S. Antonio Abate divenuta sagrestia nel 1519 e tale rimasta, dopo che fu ceduta dalla fam. di Tarsia che l'aveva ereditata dai Domininardi. La costruzione, visibilmente un brutto corpo aggiunto, fagocita la base del campanile; all'interno rivela invece qualche originalità architettonica, segnatamente nella volta ogivale, nell'absidiola e nelle finestrelle. 4) Pietro di Migolla, frate spagnolo dei Minori Osservanti, (1448-1464) A pubbliche spese, nel 1456, rifece il tetto della chiesa a capriate e con copertura a chiancarelle.
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5) Donato Acquaviva (1498-1528) Fratello dell'illuminato conte Andrea Matteo, ampliò ulteriormente le navate laterali coprendole con un soffitto piano, anziché a crociera, e promosse "necessari" restauri affidati nel 1500 a tal mastro Palmerio De Rosis di Acquaviva. Durante il saccheggio spagnolo del 1503 è possibile che la Cattedrale abbia subito un incendio a causa di cannoneggiamenti di cui ancora si intravedono i guasti sul campanile dell'orologio e sulla facciata absidale. Nell'incendio andò perduto, per la prima volta, il prezioso archivio della chiesa. 6) Filippo Meda (1702-1733) La chiesa subì consistenti modifiche (disapprovate dal Simone, op. cit.) all'insegna del barocco. Quasi certamente lo sproporzionato rosone che s’apriva sulla facciata del transetto prospiciente Largo Castello, fu voluto, da lui. Inoltre un ridondante altare barocco fu sistemato in fondo all'abside maggiore; furono murate: le aperture del matroneo (per avere più superficie “decorabile”), la monofora absidale (per la sistemazione dell'altare suddetto), le porticine della facciata principale (per addossarvi ulteriori cappellette). Fu costruita una finta volta a incannucciata, successivamente intonacata e dipinta a finti lacunari secondo l'uso del tempo; infine tutto l’interno venne decorato con stucchi e dorature. Dette modificazioni (per meglio dire superfetazioni) oltre che «per la gloria di Dio, per la comodità del clero devoto, per la consolazione del suo popolo», furono volute anche «per esempio ai successori››! Nel 1745, la Cattedrale aveva, solo lungo le navate, 9 cappelle: S. Giovanni, S. Carmine e S. Donato, SS. Pietro e Paolo, S. Gerolamo e S.Vincenzo, del Purgatorio, del Gesù, del Crocefisso, dello Spirito Santo e di S. Antonio di Padova. 7) Fabio Palumbo (1772-1786) Nel 1775 ci fu un ulteriore «violento attacco barocco ››; lavori furono affidati all’architetto Giuseppe Gimma di Bari. Tra le altre si arricchirono le cappellette laterali con altari in marmo;
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si ingrossarono i pilastri; si rivestirono «di tavole e canne conteste gli archi laterali alla nave maggiore per dar loro faccia più ampia ed il trionfale, per ridurlo a semicircolare d'acuto arabo che era»; fu rifatta la decorazione a finti lacunari del soffitto; «fu pure trasportato l'organo su di una buffa orchestra, costruita sulla porta maggiore...». I lavori vennero eseguiti con i fondi (notevoli data l'entità dei "restauri") volontariamente offerti dal Capitolo e dalle varie Congreghe. 8) Giovanni De Simone (1826-1847) «Prelato assai benemerito della sua Chiesa; avendola arricchita di nobilissimi, e magnifici Paramenti, e per aver abbellito ed ornato il Presbitero di un nuovo Altare in marmo, di un novello bellissimo Coro, e del pavimento di marmo a svariati colori, come leggesi nella Iscrizione latina fatta incidere in marmo dal Reverendo Capitolo, e collocato nella Cattedrale, in attestato di grata riconoscenza verso un tanto degno Pastore». 9) Salvatore Silvestris (1872-1879) Affidò nel 1877, lavori di restauro a Sante Simone; essi sono esaurientemente testimoniati nell'interessante scritto di quest’ultimo più volte menzionato ed al quale rimando senz'altro il lettore. Eccone qui solo una sintesi: a) abbattimento della vecchia volta, «sostituita da un soffitto piano ad incannucciata, su cui l'egregio artista Alfio Tomaselli di Catania dipinse un lacunare di travi in maniera si perfetta da dare agli occhi di chi guardasse la piena illusione di cassettoni di legno». (G. BOLOGNINI, op. cit., p. 218). Il disegno autografo del Tomaselli è venuto recentemente alla luce nella Biblioteca del Seminario Vescovile di Conversano ove è custodito.
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b) Smuramento degli oculi laterali della navata grande e delle trifore del matroneo. c) Riapertura delle porticine della facciata principale e delle due monofore ogivali del transetto, prospicienti Largo Castello. Contro il parere del Simone, furono rivestite di «stucco a cipollino›› le colonne del matroneo; rifatte in granito le mezze colonne dei pilastri della navata; rivestiti i muri interni con «marmi fittizi e mosaici multicolori, invece dello stucco lucido ››. I restauri (pavimento in marmo e altari) furono portati a termine da mons. Casimiro Gènnari che potette riaprire la chiesa al culto nel 1881, primo anno del suo pontificato. Il primo impianto di luce elettrica fu invece voluto dal successore mons. Lamberti. 10) Antonio Lamberti (1897-1917) Nella notte tra il 10 e l'11 luglio 1911, un incendio distrugge quasi completamente la chiesa tranne, per fortuna, la facciata principale e quella absidale oltre alle essenziali strutture interne; completamente divorati dalle fiamme cinque secoli di archivio: «Quel bellissimo monumento d’arte nazionale, unico forse nel suo stile, che da secoli ha resistito all’onta e all’oltraggio del tempo, ha purtroppo dovuto cedere innanzi alle fiamme terribili di un fuoco divoratore, che tutto ha distrutto, tutto ha rovinato con furore tremendo. La Cattedrale, testimone di un passato glorioso, cara e sacra ai ricordi di un'era trascorsa, ormai è rovinata, e la delicata finezza dei capitelli, tutti quei pregi, che la rendevano così ammirata, sono stati deturpati violentemente e brutalmente dal fuoco. Dalle ore 15 di ieri sino alle 21 lavoravano sull'organo due operai per rimettere i vetri al bellissimo finestrone del prospetto e disgraziatamente, mentre spegnevano la candela, qualche scintilla dovette poggiarsi sul velo, che copriva l'organo, provocando un incendio, che, favorito da un venticello, si comunicò subito a tutta la Cattedrale. Alle ore 21 e mezzo, quando già le porte della Chiesa erano chiuse, avvertitosi il fuoco, che si sviluppava a poco a poco, si è gridato al soccorso, per cui, chiamato d'urgenza il sagrestano, si sono aperte le porte, e la lotta contro il fuoco divoratore si è intrapresa terribile e pericolosa. [...] Nembi di scintille salivano al cielo con pericolo evidente delle case vicine; il tetto rovinava a poco a poco con un rombo sinistro, che mettea brividi. La gente assiepata intorno, e composta di uomini, donne e fanciulli, mirava con occhio fremebondo l'orribile spettacolo, ed ho visto delle donne piangere disperatamente e torcersi le mani nel terrore e nell’incubo che si avvicinasse il giudizio finale. [... ] Stamane alle ore 8 sono andato a visitare le reliquie e mi si è spezzato il cuore alla vista orribile: capitelli ammassati dalla caduta delle travi, bruciacchiati, orribili, neri; altari rovinati; il coro, prima bellissimo e prezioso,
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ora un cumulo di cenere; statue monche, rotte in parte da sembrare mostri orribili; le due navate laterali rotte in diversi punti; gli obelischi, i lampadari preziosissimi... tutti in frantumi: una rovina, un odore di bruciato, una rovina immane... e su... un cielo limpido, sereno con un sole splendente, e corrusco! Il danno è incalcolabile e forse... irrimediabile. Un monumento insigne d'arte Romanica forse sarà perduto per sempre». Il vescovo Lamberti, accorso immantinente sul luogo del sinistro, si prodigò furiosamente per salvare il salvabile dalle fiamme, mettendo a repentaglio la propria incolumità; fra le prime cose, portò in salvo l'icona della Vergine della Fonte e il Crocefisso trecentesco. Dopo pochissimo tempo, affidò i lavori di ricostruzione del tempio all'ing. Bernich prima (1912) e all'ing. Pantaleo in seguito. Si rifecero ex novo le facciate laterali (utilizzando precedenti spunti stilistici e qualche pezzo raccattato dopo l'incendio) ed i tetti (a capriate, in obbedienza ai moduli tipici del 1100-1300 in Puglia: vedi per tutte la Cattedrale di Ruvo). I lavori, sospesi a causa della I Guerra Mondiale, furono ripresi nel 1924 ed affidati, da Mons. Domenico Lancellotti (1919-1930), all'ing. Luigi Sylos, il che consentì la riapertura del tempio al culto il 31 ottobre 1926.
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La parte superiore dell’abside maggiore fu rifatta, mentre paiono integre le due absidiole, delle quali quella di sinistra, visibilmente più remota se non proprio originaria, reca affreschi di eccellente fattura del XIV sec. che Mario Salmi non ha esitazioni ad attribuire alla scuola di Simone Martini e che, comunque, sono riferibili al più ampio contesto del Tardo Gotico. Dell'opera si parla diffusamente più avanti. Un falso, addebitabile a questa fase dei lavori restaurativi, è costituito dall'andamento dei due spioventi laterali della facciata principale, oggi lineari mentre prima dell'incendio si presentavano a gradini. A piombo sulla lesena laterale sinistra c'era una statua di S. Gioacchino, di buona fattura secondo S. Simone, oggi andata perduta. 11) Gregorio Falconieri (1935-1964) Promosse, nel 1960, notevoli ed opportuni lavori di restauro intesi a riportare il tempio alla purezza ed alla severità delle forme primigenie, specie nella parte presbiteriale. Fece, infatti, livellare l'area del transetto; eliminò il coro ligneo che invadeva l'intera abside maggiore (il disegno è nella Biblioteca del Seminario Vescovile); portò la cattedra episcopale a ridosso della stessa; demolì gli ampollosi e moderni tempietti marmorei contenenti le effigi di S. Flaviano e della Vergine della Fonte, assieme alla balaustra (pure in marmo) che divideva il presbiterio dalle navate. Forse era anche quello il momento di rimuovere il pergamo del Bolognini (penultima campata). 12) Antonio D'Erchia (1964 – 1986) Per vivo interessamento dell'Arciprete Cantalupo, sono stati rifatti, in momenti successivi, i tetti del tempio ormai fatiscenti. I lavori, perfettamente eseguiti dalla ditta D'Alessandro Vitantonio per conto della Sovrintendenza ai Monumenti e diretti dall'arch. Corrado Bucci prima e arch. Mauro Civita in seguito, hanno avuto le seguenti fasi: prima fase (29 luglio-23 novembre 1974): ripristino della copertura della navata centrale; seconda fase (18 agosto-23 dicembre 1975): ripristino della copertura del presbiterio e navate laterali. Nell'occasione sono stati sostituiti i vetri del rosone, della finestra absidale e delle altre aperture. 13) Domenico Padovano (1986-2016) Per interessamento dell’Arciprete Cantalupo, fu dotata la Cattedrale di un organo a canne; rivista la disposizione degli altari e posizionato il Fonte Battesimale al di sotto della Sacra Icona della B.V. della Fonte. Nel 2001 la Cattedrale avviò nuovi lavori di restauri che hanno visto l’avvicendarsi di due arcipreti, in primis Don Lorenzo Renna che diede inizio al restauro chiudendo la Cattedrale e lasciando al nuovo arciprete Don Felice Di Palma la prosecuzione dei lavori operati dall’arch. Pasquale Lovecchio e Gerardo Milillo.
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I lavori hanno rinforzato le colonne portanti del duomo, si è proceduto alla sostituzione delle tegole dei tetti (per ben due volte a causa di una violenta grandinata dell’8 giugno 2011); successivamente si è passati alla pulitura lapidea dell’intero edificio sia internamente che esternamente. La Cattedrale riapriva al culto l’11 febbraio 2012 con una Solenne Celebrazione anche in occasione del 25° anno di Episcopato di Mons. Padovano. L’8 maggio 2013 si portava a compimento l’Incoronazione della B.V. della Fonte che per mano di Sua Santità Papa Francesco veniva adornata di due corone auree in Piazza San Pietro. 14) Giuseppe Favale (2016 ad oggi) Attualmente la Cattedrale prosegue i lavori di restauro minori come l’adeguamento dell’impianto elettrico, la decorazione della cattedra vescovile e pulizia dell’affresco absidale laterale. E nuovi lavori saranno realizzati confermando la sua storia di cattedra dei vescovi.
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LA FACCIATA PRINCIPALE Imponente e ben articolata (malgrado una lieve sfasatura d'allineamento del rosone, più tardo nei confronti del resto), la facciata appare tipicamente romanico-pugliese in quanto: tripartita da lesene; con fastigio a capanna sottolineato da archetti salienti (o rampanti); con il corpo centrale più alto e più largo di quelli laterali, in esatta rispondenza della scansione interna. Pur se sobriamente ornata, in essa si impongono all'attenzione del visitatore: il bel rosone (m. 4 di diametro) a doppia cornice riccamente intagliata del XIV secolo (la raggiera, alla pari delle transenne dei rosoncini, venne rifatta nel 1924-'26 durante i restauri dell'ing. Sylos: doveva esserci stata vedi gli splendidi esempi dei duomi di Ruvo e Troia - una raggiera originaria, andata perduta non si sa come e quando); il magnifico portale (XIXII sec.) con protiro atrofizzato; gli archetti rampanti (non tutti originali); i due rosoni minori (coevi al centrale) dei quali quello a destra mostra, alternati alle decorazioni vegetali, interessanti protomi umane. Come tutti i templi cristiani di una certa importanza, anche il nostro ha tre porte, probabilmente per ricordare la SS. Trinità: di esse, la centrale era detta porta magna e di lì entravano ed uscivano le processioni solenni; la porta a sinistra era detta guidoncenea (o dei pellegrini), in quanto attraverso essa le guide introducevano nel tempio i pellegrini; l'altra era la porta del giudizio, in quanto da essa, dopo i riti funebri, si facevano uscire i cadaveri per essere sepolti al di sotto del sagrato. Ai tempi del restauro ottocentesco di Sante Simone, le porticine risultavano balordamente murate a seguito di precedenti interventi, come abbiamo visto.
IL PORTALE (XI-XII secolo) Ha il timpano centinato (cioè sagomato a semicerchio) ad archi concentrici, di cui l'esterno a guscio, riccamente decorato a foglie e frutti, e il mediano a sezione circolare, svuotato e traforato come un merletto: i soggetti rappresentati, tipicamente lombardi, sono racemi di acanto stilizzati, figure di allegorici animali alati, genietti. Nella fascia inferiore, vi sono girali di foglie di quercia all'interno dei quali sono rozzamente ma efficacemente modellate tredici figure a mezzo busto, molto probabilmente Cristo (al centro) contornato dagli apostoli;
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da notare come i festoni dei girali attingano da anfore stilizzate poste ai piedi degli stipiti: vi appare chiaro l'influsso bizantino. La lunetta contiene la figura ad altorilievo della Vergine introno con in braccio il Divino Infante (non dimentichiamo che il tempio è dedicato all'Assunta); in secondo piano, a rilievo più basso, due angioli col turibolo. Il fondo è completamente disadorno. E la bella ed armoniosa composizione (inquadrabile nella produzione romanica dell'XI-XII secolo) che rivela la stessa mano del lapicida degli apostoli e dei leoncini; lo stato di conservazione degli angeli è migliore di quello della Madonna, più esposta agli agenti atmosferici. Il protiro si conclude, classicamente, a triangolo con cornice decorata a fogliame ed al centro un grosso fiore stilizzato. Sulla pietra dell'Agnus Dei, che funge quasi da chiave d'arco all'intero portale, doveva trovarsi una statua a tutto tondo della Vergine, come in ogni chiesa lombarda e come farebbe supporre il baldacchino a due spioventi soprastante. Il portale grava sui consueti leoni stilofori che, a detta di Apolloni Ghetti, sono identici a quello che si ammira alla destra del portale della Cattedrale di Sebenico, in Dalmazia (sec. XIV). Le lisce colonne poggianti sui leoni presentano, quasi a contrasto, dei pregevoli ed elaborati capitelli bizantini traforati a paniere. Più espressivi di quelli inferiori appaiono i due leoncini in aggetto, di cui quello a destra addenta la testa di un agnello (l'uomo vittima del peccato) mentre quello a sinistra ha, tra le spropositate zampe unghiatissime, il corpo di un bimbo (l'allegoria del peccato originale). Come accennato, i leoncini hanno attributi zoologici più definiti di quelli maggiori i quali dovevano avere animali allegoricamente ad essi avvinghiati, di cui ancora qualche traccia si nota nel leone di sinistra. Le sculture poggiano su piedistalli sobriamente ornati. La porticina destra mostra un protiretto alquanto elegante ed i due monconi laterali sono i resti di quelli che dovevano essere stati due piccoli leoni; gravante sull'ogiva (elemento che fa ritenere il portalino del XIIXIV secolo) una consunta statua che, secondo il Candela, è quella del «principe degli apostoli» (D. V. CANDELA, op. cin). La porticina sinistra, invece, di interessante presenta solo un bassorilievo raffigurante S. Giorgio alle prese col drago. La lapide collocata alla sinistra del portale maggiore ricorda che nel 1660 il vescovo Giuseppe Palermo consacrò (o meglio riconsacrò) con solenne rito il tempio alla Vergine Assunta. Si è portati a pensare che, per l'occasione, il prelato abbia promosso lavori di restauro o ripristino purtroppo non documentabili.
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FACCIATE LATERALI Della perdita delle facciate laterali primitive non fu colpevole l'incendio, in quanto i muri originari furono abbattuti in epoca barocca per cedere il posto alle menzionate cappelle laterali, le quali fuoruscivano di qualche metro, riducendo notevolmente l'ampiezza delle strade adiacenti. Le cappelle furono eliminate dopo l’incendio e le navate laterali furono riportate alle dimensioni ortodosse (cioè metà di quella principale); sicché i due muri lunghi sono da considerarsi di restauro e posteriori al 1911, fatta eccezione per qualche pezzo scultoreo isolato di cui si dirà. Al di sotto di entrambi i cornicioni, poi, si sgranano teorie di stemmi (alcuni originali, altri riprodotti) illustranti blasoni di vescovi, conti, papi: sarebbe utile lavoro fotografarli uno per uno, catalogarli e, possibilmente, attribuirli. FINESTRA ABSIDALE (XIV secolo) È una delle cose più ammirate e oggettivamente preziose del duomo conversanese. Molto raffinata nelle decorazioni scultoree (vedi segnatamente le protomi, di cui una umana, l'altra leonina, sorrette da originalissime colonnine tortili), non dovrebbe essere più tarda del XIV secolo e risente, specie in quel singolare e spiccante arco zigzagato a tre ordini, di influssi arabo-musulmani oltre che lombardi. Al centro campeggia il bassorilievo di un angelo. Prima dell'incendio la finestra era murata, al fine di consentire la messa in opera del macchinoso altare barocco che invadeva l'intera abside. Da notare, infine, la singolare quanto suggestiva differenza tra la parte superiore della monofora, fittamente scolpita, e quella inferiore del tutto disadorna. La tecnica e la tematica ornativa delle sculture della finestra, rimandano alle decorazioni del rosone.
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FACCIATA DEL TRANSETTO Prospiciente Largo Conciliazione, è l'unica visibile delle due in quanto l'altra fu ben presto occultata, quindi snaturata, dalla attuale sagrestia (1431). Ha subìto anch'essa dei rimaneggiamenti; il Simone dice che questa facciata presentava «tre finestre tompagnate della larghezza appena di m. 0,50 e dell’altezza di più di m. 2, terminate ad arco a sesto acuto e de' tempi angioini, ed in mezzo ad esse, più su, un ƒinestrone circolare, con la fascia che lo contorna di costruzione del passato secolo, con sagome pesantissime» (op. cit.). Oggi, in luogo del rosone (ne appare traccia nella muratura), vi sono due monofore archiacute richiamanti quelle inferiori. INTERNO Il severo e maestoso interno, che pur nel raccolto silenzio di alcune ore del giorno pare ancora riecheggiare perduti e mai abbastanza rimpianti canti gregoriani, ti avvolge subito nella euritmica e sobria purezza delle denudate linee architettoniche, vieppiù valorizzate dai sapienti giuochi di luce creati - di volta in volta nelle varie ore del dì - dal rosone, dalla finestra absidale, dagli oculi della navata centrale: è il freddo fascino, discreto ma molto suggestivo ad un tempo, delle chiese romaniche. Una certa originalità nella pianta, che è a croce patibulata date le absidi contenute, è
LA CATTEDRALE costituita dal fatto che il transetto è di un buon metro più largo della stessa navata principale: ma la cosa non appare poi cosi strana se si ipotizza (come qualcuno fa), che, fino alla seconda metà del XIV secolo, il transetto poteva costituire l'intera chiesa (in attesa di completamento), con ingresso da Piazza Castello e altare maggiore dove oggi trovasi l'organo. Ipotesi poco credibile, tanto che Sante Simone sostiene la tesi opposta, e cioè essere il transetto posteriore al resto della chiesa: e le ogive inferiori (che paiono originali) lo farebbero fortemente supporre (Sante SIMONE, op. cit.). In questa seconda fase dei lavori, rientrerebbe certamente l’erezione dell’arco trionfale. Le navatelle, oggi, sono larghe pressappoco la metà di quella centrale, come nei più corretti moduli romanici. A ben guardare, l’altare maggiore risulta leggermente spostato verso sinistra di chi osserva, come in moltissime basiliche, quasi a voler rappresentare la testa di Cristo che «inclinato capite tradidit spiritum». Sotto l'attuale chiesa vi sono, come accennato, tracce relative ad un tempio più antico, credibilmente paleocristiano a giudicare dai pochi affreschi superstiti. Si tratta di un angustissimo ambiente cui si accede calandosi per il tramite di una botola che si apre nel presbiterio.
Carissimi, l’annuale appuntamento della festa della Madonna della Fonte ci dà la gioia di ritrovarci in tanti ai piedi dell’amata Icona della Madre di Dio, venerata nella nostra Chiesa Cattedrale. Eredi di una plurisecolare devozione che ha segnato il cammino della nostra comunità, ogni anno volgiamo lo sguardo colmo di stupore verso Colei che continuamente ci dona il frutto del Suo seno, Gesù, il Figlio amato del Padre, fatto carne per la nostra salvezza, perché alla sua scuola possiamo imparare a vivere da cristiani nel mondo. Sono contento che per la festa 2018 il tema scelto sia la speranza, che come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica “è la virtù teologale per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull'aiuto della grazia dello Spirito Santo” (CCC n. 1817). Quanto bisogno c’è oggi di speranza! In un mondo rinchiuso perlopiù nella sola ricerca di ciò che è immediato, che non riesce ad andare oltre il limite ristretto dell’orizzonte umano, che crede solo a ciò che vede e tocca con i sensi, la Chiesa è chiamata a testimoniare la verità della vita dopo la morte, perché solo questo dà orientamento e valore a tutto ciò che facciamo nel tempo del nostro pellegrinaggio terreno. Noi siamo in attesa della piena realizzazione delle promesse di Dio, quelle stesse che affondano le radici nella Rivelazione biblica e che gradualmente si vanno realizzando nella storia, nonostante le molte evidenze contrarie che il vivere quotidiano ci fa sperimentare a motivo del peccato. Riascoltiamo a questo proposito quanto Benedetto XVI scriveva nella Lettera Enciclica Spe salvi: “noi abbiamo bisogno delle speranze – più piccole o più grandi – che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano.Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l'universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere. Proprio l'essere gratificato di un dono fa parte della speranza.
Dio è il fondamento della speranza – non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l'umanità nel suo insieme. Il suo regno non è un aldilà immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. Solo il suo amore ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell'intimo aspettiamo: la vita che è «veramente» vita” (31). In questo cammino di riappropriazione della speranza cristiana come forza che dà senso pieno al nostro vissuto, Maria ci è vicina. Ella è nostra compagna e nostra guida perché è maestra di speranza. Obbedendo nella fede ha permesso che proprio attraverso il suo «Sì» si compisse il progetto di Dio nella storia. Ha creduto fermamente anche quando tutto attorno a Lei era buio, specie nell’ora della passione e della morte del Figlio. La certezza che Dio non viene meno alle Sue promesse di vita, l’ha resa forte ai piedi della croce del Figlio, e la speranza che la Parola di Gesù si sarebbe compiuta con il dono dello Spirito Santo, ne ha fatto il punto di riferimento per la comunità apostolica raccolta in preghiera attorno a Lei a Pentecoste. Con la sua incrollabile fede, Ella è fonte di speranza per tutto il popolo di Dio, che con questo bel titolo la invoca in tanti inni e preghiere. Guidati dalla Parola di Dio, che nei giorni di preparazione alla festa verrà donata in abbondanza nella predicazione, impariamo da Maria a fidarci di Dio e, saldi nella speranza contro ogni speranza (cf Rm 4,18), teniamo fisso lo sguardo sul compimento del piano di Dio, che si realizzerà quando verranno i cieli nuovi e la terra nuova e Dio sarà tutto in tutti. Ci aiuti Maria a considerare tutto sub lumine aeternitatis! + Giuseppe Favale Vescovo di Conversano Monopoli
La festa della nostra protettrice ci chiede di rinnovare e rimotivare il nostro cammino di fede. Conosciamo bene la disponibilità di Maria nostra Madre di fronte al progetto salvifico di Dio. Disponibilità che anche noi vogliamo confermare con un percorso che ci permetta di guardare a Lei con grande speranza. Noi abbiamo bisogno di nutrire la nostra speranza per non rimanere schiacciati dai problemi che la vita di oggi ci presenta. Per questo vogliamo che tutto sia vissuto con uno spirito profondamente evangelico che ci dia la possibilità di far fronte alle vicende della nostra vita quotidiana leggendole alla luce della Buona Notizia del Vangelo. Siamo sicuri che guardando alla testimonianza che Lei ci ha dato possiamo intraprendere un cammino che ci permetterà di affrontare senza paure le sfide che la società pone dinanzi a noi. A Lei Fonte della nostra speranza desideriamo ricorrere certi che il suo aiuto materno non verrà mai meno verso di noi suoi figli. Viviamo, dunque, la festa con questo spirito e comunichiamo agli altri una speranza viva che li sosterrà in mezzo alle tante contraddizioni del nostro tempo. Un grazie profondo a tutti voi per il vostro impegno e la vostra partecipazione, un grazie particolare al Comitato per il generoso impegno nella realizzazione della festa e sono sicuro che non mancherà il vostro contributo perché la festa sia vissuta da tutti e ci aiuti a rafforzare la nostra speranza nel Signore. L’Arciprete-Parroco don Felice Di Palma
Carissimi, i festeggiamenti in onore della Protettrice Maria Santissima della Fonte rinnovano il senso di devozione e di affetto nei confronti della Madonna. Sento il dovere di rivolgere il mio sentito ringraziamento a nome dell’Amministrazione comunale che mi onoro di rappresentare al Vescovo della Diocesi S. E. Mons. Giuseppe Favale e all'Arciprete Don Felice Di Palma, al Presidente e ai componenti del Comitato Festa Patronale e a tutti coloro che si stanno impegnando per la buona riuscita delle manifestazioni in programma. La Festa patronale è un momento importante per tutta la Città, una occasione per trovare gli stimoli per una giusta ripartenza. L’augurio più vero è che possa essere motivo per cementare il rapporto con la tradizione e rinvigorire l’amore per la Protettrice. A Lei chiediamo di guidare il nostro cammino, mentre ammiriamo e seguiamo con attenzione i preparativi per i festeggiamenti religiosi e civili, nell’auspicio che la Festa possa essere gradita dai conversanesi e dai numerosi visitatori, ai quali va il benvenuto dell’intera Città. Un pensiero affettuoso e sincero agli anziani, ai sofferenti, ai giovani, ai cittadini in difficoltà: possano vivere con gioia, in famiglia, i momenti di serenità e solidarietà che la Festa saprà regalare nel segno della speranza. Il Commissario Straordinario Dott.ssa Rosa Maria Padovano
Anche quest'anno ci apprestiamo a vivere intensamente la Festa della Nostra Amata Protettrice, Maria SS. della Fonte, un appuntamento che da sempre ricorda al popolo di Conversano l'affezione filiale alla Madre di Nostro Signore. Maria, Fonte di Speranza, viene invocata da tutti noi, soprattutto in questi tempi di difficoltà economica e spirituale. Abbiamo il compito, come Città e come Comunità di rendere omaggio a Lei che da sempre ci tutela e ci guarda benigna con il Suo amorevole sguardo indicandoci la Via. Ringrazio vivamente il Comitato, che da quattro anni è stato al mio fianco; grazie per le giornate donate per la preparazione della Festa che consta di tanti appuntamenti; li ringrazio per aver accettato tutte le mie proposte e per avermi incoraggiato a proseguire sulla strada intrapresa. Il mio più grande grazie va a don Felice, che non solo mi ha supportato ma mi ha incitato affinché non mollassi, nonostante le tante difficoltà che un presidente di Festa Patronale incontra durante tutto il percorso di preparazione e svolgimento della festa. Grazie a don Giuseppe per i consigli e il sostegno dato, grazie ai Sacerdoti della Zona Pastorale di Conversano, alle Confraternite ed alle Associazioni Laicali. Ringrazio S.E. Mons. Giuseppe Favale, che da due anni vive intensamente gli appuntamenti della nostra Diocesi, in particolare vive da vicino la Festa di Maria SS. della Fonte Protettrice della Diocesi di Conversano-Monopoli, e a Lei che da sempre i Vescovi della Cattedrale affidano il loro ministero pastorale. Ringrazio le Autorità civili e militari, gli operatori del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura; un sentito grazie alle Imprese, alle Aziende, ai professionisti ed ai cittadini residenti e non di Conversano. Buona Festa! Il Presidente Avv. Vito Antonio Galasso
Il Mese Mariano
Dal 26 Aprile al 4 Maggio Novena in preparazione Ore 19.00 Santo Rosario Ore 19.30 Santa Messa
1 Maggio martedì
Inizio del Mese Mariano Ore 9.00 Santa Messa Ore 19.30 Solenne Celebrazione Eucaristica presieduta da Don Giovanni Amodio Arciprete Chiesa Madre Turi
3 Maggio giovedì Ore 20.30
Chiesa di San Benedetto. Libri Editio presentazione del libro “La Gente chi dice che io sia” di Nicola Partipilo; in collaborazione con Libreria Emmaus
5 Maggio sabato
Solennità Liturgica di Maria SS. della Fonte Ore 8.00 Diana mattutina Ore 8.30 Santo Rosario Ore 9.00 Celebrazione Eucaristica, Supplica ed accensione delle Lampade ad olio ed offerta delle rose Ore 18.00 Giro della Bassa Musica U’Tammorr Ore 19.30 Solenne Pontificale predieduto da S.E.R. Mons. Jan Romeo Pawlowski, con concelebrazione dei sacerdoti della Zona Pastorale animata dal Coro della Cattedrale
6 Maggio domenica Ore 19.30
Solenne celebrazione Eucaristica presiede Don Pasquale Cantalupo Arciprete Emerito della Cattedrale di Conversano
12 Maggio sabato Ore 20.30
Chiesa di San Benedetto. Libri Editio presentazione del libro “Intagli di Puglia” di Isabella Di Liddo; in collaborazione con Libreria Emmaus
12 Maggio sabato Ore 19.30
Il Mese Mariano
Solenne celebrazione Eucaristica presiede Don Peppino Cito Arciprete Concattedrale di Monopoli
13 Maggio domenica Ore 19.30
Solenne celebrazione Eucaristica presiede Don Lorenzo Renna Arciprete Emerito Cattedrale di Conversano
21 - 26 Maggio
Pellegrinaggio in Cattedrale delle Parrocchie e del Seminario Diocesano in omaggio alla Protettrice: | 22 Maristella 21 Triggianello | 24 S. Andrea 23 Sacro Cuore | 26 Seminario 25 Carmine
Dall’1 al 26 Maggio
Il Rosario con Maria: Chiesa di San Cosma 1 - 8 maggio Chiesa dell’Addolorata Triggianello 9 - 16 maggio 16 - 21 maggio Chiesa di Santa Maria dell’Isola 21 - 26 maggio Chiesa di S. Rocco
29 Maggio martedì Ore 18.30
Partenza dell’Icona per Turi ed accoglienza presso la Parrocchia Santa Maria Ausiliatrice
31 Maggio mercoledì Ore 19.30
Santa Messa di ringraziamento del Comitato.
2 Giugno sabato
Ottava della Festa Ore 11.00 Turi. Pellegrinaggio alla Grotta di Sant’Oronzo Ore 19.00 Santa Messa in Grotta e Processione di rientro a Conversano Ore 21.00 Arrivo in Cattedrale di Maria SS. della Fonte
I Giorni della Festa Patronale
25 Maggio venerdì Ore 19.30 Ore 20.40 Ore 20.45 Ore 21.15
Santa Messa Accensione delle luminarie Processione dell’Icona della Madonna dalla Cattedrale, con sosta di preghiera nei pressi della Villa Garibaldi. Discorso delle Autorità, e prosecuzione fino alla casa di riposo Vivere Insieme Fantasia pirotecnica
26 Maggio sabato Ore 8.00 Ore 10.00 Ore 21.30 Ore 22.00
Giro della Bassa Musica U’Tammorr Processione dell’Icona da Piazza Aldo Moro al Tempietto allestito in Villa Garibaldi con Omaggio floreale dei bambini delle scuole della Città Piazza Castello. Fiaccolata storica della Leggenda di Maria SS. Della Fonte arrivo della Barca ai piedi della Basilica e consegna dell’Icona al Vicario della Città don Felice Di Palma e Supplica alla Vergine Piazza Castello. Praja Gallipoli on Tour 2018
27 Maggio Domenica
Festa di Maria SS. della Fonte Ore 7.30 Santa Messa Ore 8.00 Diana Mattutina Ore 8.00 Giro della Bassa Musica U’Tammorr Ore 10.00 Piazza Castello. Matinèe della Grande Orchestra di Fiati “G. Ligonzo” Ore 10.00 Solenne Pontificale presieduto da S. E. R. Mons. Giuseppe Favale con la concelebrazione dei Parroci e Sacerdoti della Zona Pastorale Ore 11.30 Solenne Processione di Gala della venerata Icona della Madonna della Fonte, con la partecipazione delle Autorità Religiose, Civili e Militari
Ore 19.30 Ore 20.00 Ore 21.30
Ore 22.45 Ore 24.00
I Giorni della Festa Patronale
Solenne Celebrazione Eucaristica presiede Don Felice Di Palma Arciprete-Parroco della Basilica Cattedrale Piazza Castello. Esibizione della Grande Orchestra di Fiati “G. Ligonzo” Città di Conversano diretto dal M° Angelo Schirinzi Anfiteatro Villa Belvedere. Musica di Festa esibizione del gruppo Thirty Disco Band Grandioso Spettacolo Pirotecnico di Piazza a cura della ditta Bruscella - Italian Fireworks Group. A conclusione, ripresa del concerto bandistico. Piazza Conciliazione. Fine festa “VITA PUGLIESE”
28 Maggio Lunedì Ore 10.00
Ore 19.30 Ore 20.00 Ore 21.00
Ore 22.30 Ore 24.00
Villa Garibaldi. Matinèe del Gran Concerto Bandistico “G. Piantoni” Santa Messa Piazza Castello. Esibizione del Gran Concerto Bandistico “G. Piantoni” Città di Conversano diretto dal M° Susanna Pescetti Processione di rientro del Quadro della Madonna dal Tempietto alla Cattedrale Fantasia pirotecnica Piazza Conciliazione. Fine festa “VITA PUGLIESE”
26-27-28 Maggio
Mostra Mercato e Sapori di Puglia in Corso Domenico Morea e Torre Poligonale in collaborazione con l’ass. La Compagnia del Borgo Grande Luna Park nei pressi del Campo Sportivo Le strade e le Piazze del Borgo antico saranno allestite dalla pluripremiata ditta di luminarie: MARIANO LIGHT di Lucio Mariano da Corigliano D’Otranto
Il Vescovo Mons. Giuseppe Favale e la Curia Diocesana Il Commissario Prefettizio Dott.ssa Rosa Maria Padovano Il Comandante Francesco Spinelli e l’Arma dei Carabinieri Il Comandante Vincenzo Teofilo e il Corpo di Polizia Municipale Il Rettore don Roberto Massaro e la comunità del Seminario Vescovile Il Tenente Giovanni La Selva e il corpo della Metronotte Il Tenente Paolo Rotunno e il corpo del Consorzio di Vigilanza Il Presidente Giuseppe D’Orazio e il Consiglio di Amministrazione della Banca di Credito Cooperativo di Conversano L’azienda Di Palma Donato & figli Il Sig. Andrea Casavola della Gioielleria Cataldo Casavola & C. Le Imprese, le Aziende, gli Artigiani, i Commercianti, i Professionisti, Fax Settimanle, WebTv Conversano, Radio Emme2, Radio Amicizia, La Vipera, Oggi Conversano, SirioArt I Cittadini e non della Città di Conversano Consiglio Presbiterale Zonale, Consiglio Pastorale Zonale, Consulta Zonale di Pastorale Giovanile, Seminario Minore Diocesano, Don Pasquale Cantalupo, Don Lorenzo Renna, Don Giovanni Amodio, Don Peppino Cito, Coro Basilica Cattedrale, O.E.S.S.G., Confraternita SS. Sacramento, Confraternita SS. Passione, Conferaternita Maria SS. del Carmine, Confraternita del Purgatorio, Centro Caritas, Azione Cattolica, Oratorio Anspi Cattedrale, Rinnovamento nell Spirito, Scout, MEIC, Cammino Neocatecumenale, Cisom, Ass. Nazionale Carabinieri, Misericordia, Pro Loco, Cuori con le Ali, Dirigenti ed Insegnanti I e II circolo didattico, Dirigente ed Insegnati Scuola “Carelli-Forlani”, Insegnanti Scuole dell’Infanzia, Scuole parificate e private dell’Infanzia, Direttore e Personale casa Vivere Insieme, Donato Bianco, Paolo Battista, Annamaria Storno, i Portatori e tutti i collaboratori a vario titolo.
Icona della Madonna della Fonte
LA CATTEDRALE
Conserva un brano di muro curvilineo lungo circa un metro (i resti di un'abside?) su cui v’è una decorazione data a larghe e grossolane pennellate; a sinistra notiamo delle semplici fasce verticali bianche e nere; a destra delle losanghe anch'esse di colore scuro dentro le quali si distinguono appena elementari disegni di croci e crocette. In una delle losanghe campeggia una croce ricerchiata. I rombi sono incorniciati da fascettine di colore rosso sbiadito. Si trovano anche in questo ambiente interessanti frammenti di lapidi, capitelli, archetti ecc. finemente scolpiti e verosimilmente gettati laggiù dopo che non trovarono acconcia sistemazione nel restauro seguito all'incendio del 1911. Un'altra botola più grande, quella più vicina all'organo, porta ad un ambiente ben più vasto, con alta volta a botte, adibito ad ossario-catacomba per i vescovi. Appena qualche anno fa, vi furono deposti i resti di Mons. Domenico Lancellotti (1919-1930) dopo che se ne profanò la tomba (a scopo di furto) al Cimitero comunale. I tre corpi longitudinali della chiesa appaiono armoniosamente pausati da ampie arcate gravanti su massicci pilastri cruciformi rinforzati da ingombranti mezze colonne costituite da diseguali semirocchi (quasi tutti i pilastri furono rifatti dopo l'incendio); gli archi, a pieno sesto, hanno ghiere eccentriche. L'arco trionfale, invece, è a sesto acuto e conferisce slancio ascensionale all'edificio. Il nostro, come del resto moltissimi templi romanici (a Conversano, medesima sorte fu riservata alla chiesa di S. Benedetto), subì le "aggressioni" del barocco; oltre a ricoprire tutto l'interno con spessi strati di intonaco e stucchi (per farli attecchire si sforacchiarono a colpi di piccone, vandalicamente, i muri ed i preziosi capitelli romanici dei pilastri), si arrivò al punto di inventare, ai lati del tempio, una decina di cappellette; e per far questo si demolirono le facciate laterali originarie (gravissima perdita), si sfondò il piano di calpestio dei matronei, si murarono i vani degli stessi in modo da avere più superficie da “decorare”: erano quelli i tempi! E pensare che tali modifiche, le quali appagavano indubbiamente la vista, erano considerate pregevoli e altamente artistiche.
ringraziamenti
LA CATTEDRALE
Sante Simone, chiamato nel secolo scorso al restauro, volendo riportare l'edificio il più possibile ai caratteri primitivi, si dichiarò quasi impotente di fronte a “tanta audacia”, e non solo per mancanza di fondi; ma ciò che non poté fare lui, dopo qualche lustro fece l'incendio, per tale ragione definito «intelligente, liberatore, provvidenziale››, anche se purtroppo vi fu la completa distruzione dell'insostituibile prezioso archivio. I segni più tristi della vera e propria opera di demolizione perpetrata nel Sei-Settecento, si riscontrano ancora oggi nei capitelli dei pilastri, irreparabilmente scempiati; i quali, malgrado ciò, ci rivelano ancora brani plastici di notevole ispirazione e pregevole fattura, allineabili senz'altro alla più evoluta produzione romanico-pugliese. Contengono, per lo più, soggetti vegetali, pur non mancando elementi animali o mostruosi (v. quello miracolosamente intatto vicino al pulpito) o umani (capitello del 1° pilastro destro, addossato al muro della facciata). I due capitelli dell'arco trionfale, invece, con la simbologia dei 4 Evangelisti, sono moderni (restauri post incendio). Sempre secondo l’uso delle chiese barocche (ciò rispondeva per lo più a esigenze di acustica), l'organo fu trasportato su di una “orchestra” eretta sulla porta magna, il che fu la causa principale dell'incendio, che vieppiù si incremento, in quanto la chiesa aveva la finta volta a incannucciata.
ringraziamenti
LA CATTEDRALE
IL MATRONEO (sec. XIV) I 32 raffinatissimi capitelli a stampella del matroneo, mostrano una notevole e fantasiosa varietà di temi e soggetti rivelanti più una vaga ispirazione bizantina che lombarda. La maggior parte dei soggetti sono vegetali, pur se non sono assenti quelli zoomorfi (felini e uccelli affiancati, alla maniera di quelli del chiostro di S. Benedetto: tutti e quattro i felini di uno stesso capitello hanno la testa stranamente mozzata!) e antropomorfi (volti e testine umane). Sante Simone sostiene di aver veduto un capitello raffigurante una testa (in parte mutila) di Cristo, e due altri modellati a testa di monaci di “buona fattura”; il primo è ancora visibile (galleria sinistra, 2° cap. a partire dall'ingresso): il suo lato interno mostra il volto ben modellato di un vescovo benedicente, quasi certamente S. Nicola. Circa le "teste di monaci", trattasi più precisamente di un capitello (sempre navata sinistra) in cui sono bellamente scolpite ben 6 testine di monaci ma anche monache. I capitelli, il cui fronte interno è iconograficamente identico all'esterno tranne che nel caso di quelli con gli stemmi (v. più avanti), poggiano su agili colonne ora cilindriche, ora poligonali; sono finemente scolpiti in monoblocchi di ottimo calcare; appaiono molto ben conservati tranne quelli di cui si è detto. Prima dell'incendio del 1911, a seguito dei restauri voluti da mons. Silvestris, stipiti, lesene, colonne apparivano dipinti a finto marmo cipollino, come ho già accennato. La scansione delle gallerie è ad esafore (o meglio a doppie trifore), alla maniera dei più celebri e classici esempi del Duomo di Bitonto (matroneo esterno, sec. XI-XIV) e del chiostro romanico di S. Benedetto in Conversano (sec. XII-XIV). Ricordiamo che dai matronei praticabili (molti, compreso il nostro, sono solo scenografici) assistevano ai riti, nei primi tempi del Cristianesimo, le fanciulle e le matrone che si consacravano a Dio. L'ultimo corpo del matroneo conversanese e, a ben guardare, anche il primo ed il secondo, risultano asimmetricamente disposti nei confronti delle sottostanti arcate: segno evidente che la galleria non sorse insieme alla parte inferiore dell'edificio sacro. Pur tuttavia essa bene armonizza con il resto della chiesa, anche se è doveroso sottolineare il sensibile contrasto tra la sua raffinata strumentazione spaziale ed una certa greve pesantezza della zona bassa, per lo più imputabile ai massicci pilastri. La datazione del matroneo costituisce un problema aperto: ma la presenza di due stemmi sui capitelli di destra a ridosso dell'arco trionfale, consentono di avanzare una ipotesi. Ho sostenuto, in altra parte dello scritto, come mons. Pietro d'Itri fosse da ritenere il maggior promotore dei lavori per la "fabbrica" del tempio, colui che consentì all'edificio di acquistare l'attuale, complessa fisionomia. Ora, lo stemma a sinistra (arma grembiata con in alto un leone rampante) appartiene ai conti Enghien-Brienne; mentre quello a destra ai Sanseverino.
LA CATTEDRALE
Ebbene tra il 1357 e il 1381 fu conte di Conversano Ludovico Borbone D'Enghien, figlio di Isabella di Brienne e marito di Giovanna Sanseverino, proprio quando (1358-1379) era vescovo Pietro d'Itri: la qual cosa indicherebbe (o indurrebbe a supporre) che un grosso contributo economico fu offerto al vescovo d'Itri, per la realizzazione dell’imponente matroneo, dal conte Ludovico; il quale, da par suo, volle “firmare per la storia” l'opera, facendo scolpire il proprio stemma e quello della contessa sua moglie; contemporaneamente, grazie alle immancabili preghiere dei preti, “assicurava” per sé ed i suoi un posto in Paradiso. Veniamo ora alle altre cose notevoli della chiesa. All'interno possiamo ammirare: un Cristo trionfante in pietra, collocato in una nicchia (più tarda rispetto alla scultura) che si apre nella parte sinistra del transetto: è uno dei pezzi più interessanti oltre che più antichi (XIII-XIV sec.); c'è chi lo attribuisce, con scarsa plausibilità, ad una tardiva produzione romanica (XVII sec.). Al di sotto della nicchia, un frammento di lapide in caratteri gotici, si riferisce al vescovo Marino de Ursinis (1434-1437). Una acquasantiera rinascimentale (all'ingresso), elegante opera proveniente dalla chiesa di S. Benedetto. La preziosa icona della Madonna della Fonte (di essa parlo dettagliatamente più avanti). Un pregevolissimo Crocifisso in legno cinquecentesco (secondo il Bolognini del XIV secolo): da notare la grande efficacia espressiva del volto del Cristo e la anatomia ai limiti della perfezione. È affiancato da non disdicevoli statue lignee di S. Giovanni e della Vergine Addolorata del XVII secolo. Una grande tavola quattrocentesca raffigurante Cristo risorto.
ringraziamenti
LA CATTEDRALE
L'ambone novecentesco, del tutto fuori posto specie per il materiale adoperato (marmi levigati). Non sarebbe azzardato rimuoverlo, malgrado i moderni restauri si ispirino a criteri conservativi. Raffinato bassorilievo (sul portale maggiore), illustrante la simbologia di Cristo pellicano il quale, alla pari del volatile, si dissangua per nutrire i suoi figli. <Il discreto organo donato da Mons. Luigi Gallo dopo l'incendio>. ESTERNO All'esterno, accanto alle cose già descritte, di considerevole abbiamo le seguenti opere scultoree: 1) Due santi papi in trono, benedicenti; qualcuno, affrettatamente, parla dei santi taumaturghi Cosma e Damiano. Ci richiamano, invece, il S. Nicola del capitello del matroneo: è senz'altro opera di copiatura (facciata laterale destra, la porta andando). 2) Una corrosa Madonna col Bambino e Santi, opera di raffinatissima fattura gotica: le figure sono inserite in un elegante tempietto trilobato (2° porta). Fu donata alla Cattedrale da un privato, dopo l'incendio. 3) Una enigmatica figura di santo alato e nimbato, purtroppo privo del volto. Il Santo regge in una mano una sorta di ostensorio, nell'altra verosimilmente una lanterna a candela ovvero un tabernacolo (facciata laterale sinistra, 1° porta andando). 4) Poetica Crocifissione in bassorilievo, espressiva e suggestiva nella sua ingenua realizzazione, alla pari di una lauda di Jacopone; purtroppo non molti anni fa è caduto, e non recuperato, l'intero busto del Cristo. Anche di quest'opera (XIII sec.) fu fatto dono alla Cattedrale da un privato (2°porta). Sparsi infine un po' dappertutto, pezzi scultorei di minor valore artistico, raccattati dopo l'incendio ed inseriti alla meglio nel contesto del sacro edificio (da andare a vedere, in sagrestia, una statua di S. Paolo).
ringraziamenti
L’ICONA DELLA MADONNA
Secondo una tradizione cara ai conversanesi, ma ormai storicamente infondata, la sacra icona della Vergine della Fonte sarebbe stata portata a Conversano dal suo primo vescovo, Simplicio, di ritorno da una missione in Africa contro i seguaci dell'eresia di Ario, su incarico di papa Felice III. Il vescovo sarebbe approdato alla spiaggia di Cozze il primo sabato di Maggio dell'anno 487 per un caso fortuito: un fortissimo vento, infatti, avrebbe indotto i marinai a cambiar rotta e porto, in quanto la barca era diretta alla spiaggia di Polignano. Il santo prelato aveva miracolosamente salvato la sacra immagine dall'incendio di un tempio cristiano in Africa, durante una persecuzione tra le più efferate: di fatto il prezioso legno, di recente molto ben restaurato, rivela, in alto a destra, evidenti tracce di bruciacchiature. Secondo questa tradizione, dunque, la Vergine della Fonte avrebbe voluto essere portata a Conversano e avrebbe fatto sì che la sua bella immagine per ben due volte, e a distanza di tanti secoli, scampasse alle fiamme. Il canonico Biagio Pesole, in una sua appassionata opera dedicata al culto della Madonna della Fonte (v.bibl.), ipotizza, rifacendosi al Bolognini ed un po' ad una diffusa credenza popolare, che la sacra tavola sia stata dipinta dall'Evangelista Luca; sempre secondo il Pesole, la tavola è alta 88 cm., lunga 63, spessa 3: ma perché parla di «abito color vermiglio›› della Vergine? La cornice che racchiude il dipinto originale fu eseguita a Napoli nel 1896, su disegno del canonico conversanese Giovanni Simone; quella della copia (il quadro maestoso che si reca in processione la domenica della Festa Patronale) forse su schizzo di Paolo Finoglio nel XVII secolo. Entrambe le cornici sono in argento.
ringraziamenti
L’ICONA DELLA MADONNA
La Madonna venne incoronata il 24 maggio 1897 dal Capitolo Vaticano per mano del Cardinale Casimiro Gennari, che era stato vescovo di Conversano dal 1881 al 1897. Il suo successore, mons. Lamberti, devotissimo della Vergine, ottenne dalla S. Sede che fosse dichiarata Protettrice anche della Diocesi. L'enigmatica figura della Madonna della Fonte, il cui pregnante titolo non può non richiamare alla mente i versi danteschi e gíuso, intrai mortali, ' se' di speranza fontana vivace. (Paradiso, XXXIII), presenta tutta la suggestione, la ieraticità, la profonda spiritualità delle più tipiche icone bizantine, laddove la smaterializzazione delle forme, specie nei soggetti sacri, rispondeva a profonde e meditate esigenze spirituali. Come ho avvertito, la datazione dell’opera costituisce tuttora un problema aperto; quella che segue è una mia ipotesi. Se fino a qualche anno fa c'era la tendenza, piuttosto diffusa, ad allontanare il più possibile nel tempo la data di nascita di un'opera d’arte o di un monumento, oggi, quando non si hanno prove incontrovertibili, si propende per l'eccesso opposto; taluno ha perciò detto che la tavola della Madonna della Fonte può collocarsi intorno al XV secolo. Ora, se mi pare azzardato (pur se non impossibile) farla risalire al V-VI secolo, lo stesso dicasi per l'altra ipotesi. Le figure del dipinto (la serena anche se severa Vergine e l'aggrondato suo Figlio, benedicente alla maniera orientale, già giudice e re con in pugno il rotolo della vita” su cui sono segnati i nomi degli eletti) hanno tutta l'aulica freddezza e staticità dei più classici mosaici bizantini (non a caso il fondo è dorato), dove il corpo non doveva avere né peso né rilievo ed il tutto era realizzato con la linea e le campiture di colore. E nei primi secoli del Cristianesimo, superata la tormentata fase simbolisticoallegorica, si cominciò a dipingere proprio su tavola, imitando il più possibile, con il colore,i mosaici di Bisanzio, mentre era ancora acceso il dibattito dottrinale sulla natura divina o divinoumana del Cristo.
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L’ICONA DELLA MADONNA
Si veda, per tutti, la Crocifissione (VIII sec.) esistente nella chiesa di “S. Maria Antiqua in Roma”. Si andò avanti così, per circa sei secoli, fino ai pregiotteschi (Cimabue, Duccio di Buoninsegna, Pietro Cavallini); e a voler già guardare alcune Madonne di Coppo di Marcovaldo (inizi del XIII secolo), si nota come le figure, pur conservando l'intonazione bizantina, cominciano ad acquisire morbidezze chiaroscurali e corposità. In conclusione, non mi pare di scorgere, nella nostra icona, quella trasformazione che si iniziò già nel XII-XIII secolo; a meno che non si supponga che l'autore abbia inteso rifarsi a moduli iconografici che non erano del suo tempo, ma di un passato remoto pur se splendido; ipotesi che mi pare francamente forzata. Ma a parte ogni considerazione di ordine cronologico, non certo inutile ma accessoria in una vera opera d'arte, non ho esitazioni a sostenere che ci troviamo al cospetto di un dipinto di notevole livello: il che fa superare ogni limite temporale e spaziale, come avviene per tutte le vere espressioni artistiche; e ,ciò che più colpisce di questa composizione è come l'artista, certo non sprovveduto, abbia saputo rendere il volto della Vergine severo e dolcissimo ad un tempo! E poi quegli occhi...
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IL CASTELLO ARAGONESE
Posizionato sulla sommità dell’acropoli, il castello rappresenta tutta la forza e l’opulenza del casato Acquaviva d’Aragona. Di pianta trapezoidale è costituito da cinque torri. La Torre Maestra, alta 25 metri, è di pianta rettangolare; utilizzata come torre d’avvistamento sin dall’anno 1000, ospitava i soldati addetti alla difesa della città; il maschio fu costruito sulle antica mura peucete risalenti all’VIII secolo a.C.. A sud- est del maniero sorge la Torre Quadrangolare, edificata nel XIII sec., riproduce in dimensioni ridotte la torre maestra, presenta delle monofore gotiche abbellite da archivolti decorati con motivi floreali. A seguire la Torre cilindrica, fatta edificare nel XV secolo sul lato nord del castello, rappresenta ad oggi la stessa città di Conversano. Al figlio di Giulio Antonio I Acquaviva d’Aragona, Andrea Matteo, si deve la costruzione della Torre poligonale: siamo nel XVI sec. e il bastione presenta delle bocche di fuoco. La torre ha dei muri a scarpa, questo permetteva una buona tenuta ai colpi di artiglieria; proseguendo si scorge la Torre stretta, particolare per essere angusta e vuota al centro. Il castello era circondato da un fossato di terra, e con l’avvento degli Acquaviva d’Aragona si edificarono anche i piani nobili. Infatti, prima del XV sec. i conti dimoravano presso l’antica corte posta di fronte la Cattedrale: Corte Altavilla. L’ultima aggiunta architettonica del castello è rappresentata dal portale d’ingresso: l’opera fu commissionata dalla contessa Dorotea Acquaviva nel 1710. Presenta al centro del suo arco una maschera apotropaica, con la finalità di tenere lontane le negatività. Da severa fortezza il castello nel corso dei secoli si è trasformato in elegante palazzo, sede di molte feste e matrimoni di alto rango.
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IL CASTELLO ARAGONESE
Il castello oggi è sede del Polo Museale della Città di Conversano MuseCo, al primo piano, nei saloni un tempo della sala ricevimenti, è presente la Pinacoteca Paolo Domenico Finoglio con le dieci tele della Gerusalemme Liberata ispirate al poema tassesco; le tele di gusto manierista sono un mirabile esempio della pittura napoletana del XVII sec., di imponenti dimensioni sono oggetto di scambi culturali con altre istituzioni museali italiane e straniere. Al secondo piano del Castello sono presenti la Pinacoteca “Francesco Netti”, artista impressionista del XIX secolo, originario di Santeramo in Colle. La collezione esposta è una donazione della Famiglia Accolti Gil Vitale a favore della collettività. Un’altra interessante sezione è rappresentata da Nozze al Castello un matrimonio borghese di fine ‘800 a cura del Centro Studi Maria e Francesca Marangelli espone una collezione di abiti, accessori e suppellettili appartenenti a diverse famiglie conversanesi tra cui la famiglia Pascale-Martino. Sempre al secondo piano sono presenti una confortevole Sala Convegni, adiacente alle mura perimetrali della Torre Maestra; la Sez. Territorio con una mostra sulla Banda, composta da partiture, strumenti musicali e videoproiezioni e la Sez. Mostre temporanee.
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LA CHIESA DI SAN BENEDETTO
Il turista, che visitando il centro storico vedrà viuzze dorate e panorami mozzafiato, scoprirà che Conversano è anche antica Diocesi, la tradizione vuole che Simplicio sia stato il primo Vescovo nell’anno 487 d. C. . Inoltre dal 1266 si insediò un potere pari a quello vescovile, quello delle Badesse Mitrate, donne di nobili origini che per ovvi motivi dinastici erano rinchiuse in conventi di clausura. La loro sede è stata il monastero di San Benedetto, cenobio che la tradizione vuole fondato da San Mauro nel VI sec., che godeva, già dal 1110-12, del privilegio di “abbazia nullius”, per questo dipendeva direttamene dalla Santa Sede e fu esente da qualsiasi interferenza dei vescovi conversanesi. Le Badesse avevano un proprio feudo e propri tributi, disponevano di poteri giurisdizionali nei confronti del clero di Castellana Grotte; esse al pari dei vescovi indossavano la mitra e impugnavano il pastorale. La prima badessa è stata Dameta Paleologo, una suora di ordine cistercense venuta dall’Oriente, che impossessandosi del Monastero di San Benedetto ha dato inizio ad uno dei poteri femminili più importanti della storia. A seguire furono numerose le figlie dei conti che diventarono badesse, esercitando sul monastero giurisdizione quasi episcopale sino al 1810 anno in cui un decreto murattiano ne abbattè tutti i poteri. Furono tali poteri a far appellare tale monastero come “Monstrum Apuliae” (meraviglia della Puglia) e faranno sì che il fenomeno delle badesse di Conversano e di altre poche città Europee, costituisca un capitolo a sè della storia del diritto ecclesiastico.
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LA CHIESA DI SAN BENEDETTO
Di particolare pregio la Chiesa di San Benedetto che all’esterno si presenta in stile romanico pugliese con influenze bizantine e tre cupole in asse con quella centrale a tamburo ottagonale e cupola maiolicata di epoca barocca; la chiesa fu edificata su una preesistente cripta, attualmente visitabile con ingresso dal chiostro medievale del XIII sec. con interessanti trifore e capitelli a stampella con rappresentazioni vegetali, zoomorfe ed antropomorfe. La chiesa al suo interno conserva interessanti altari barocchi di legno intarsiato, ed un policromo altare marmoreo con al centro l’opera più importante di Paolo Finoglio: S. Benedetto e S. Biagio a colloquio divino. Di particolare importanza l’altare ligneo del cappellone della Madonna del Rosario, è costituito da una pala centrale dell’artista cretese Michele Damasceno rappresentante la Vergine del Rosario, incorniciata in un tripudio di elementi lignei dorati e raffigurazioni di vegetali, frutti rossi e figure animali. Dai recenti restauri si può affermare che la macchina barocca è stata spostata nel corso dei secoli e rappresentava l’altare maggiore della chiesa prima degli interventi del 1700.
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MENSA DOMENICALE
Domenica 4 Febbraio 2018 ha avuto inizio il progetto Caritas della Zona Pastorale di Conversano LA MENSA DOMENICALE DI FRATERNITA’. Le parrocchie hanno condiviso la volontà di invitare le persone sole/emarginate, i piccoli nuclei familiari a trascorrere la Domenica in serena convivialità con i volontari Caritas o delle Pastorali. Questo lo scopo primario di questa iniziativa, fortemente voluta da S.E. Mons. Giuseppe Favale, dai Parroci e dalla Caritas Zonale. La Parrocchia S.Maria del Carmine, nella persona del Parroco, don Luciano Rotolo, si è proposta perchè questo servizio sia offerto nei saloni parrocchiali. Un gruppo di persone, invitate dai responsabili delle Caritas Parrocchiali, assiste alla Celebrazione Parrocchiale nella Parrocchia di turno per poi condividere la mensa con i volontari, che organizzano e animano la giornata. Questo vuol essere un segno tangibile dell’attenzione e dell’amore caritatevole per chi non vive giorni sereni, non solo in senso economico ma anche per la povertà della solitudine. La Caritas Zonale ha accolto con piacere la disponibilità di tanti a collaborare e, in particolare, del gruppo Comitato Festa Patronale Maria SS. della Fonte, che ha chiesto di gestire un proprio turno di mensa, dimostrando di essere parte attiva ad iniziative di tal genere e, soprattutto, sensibile alle problematiche del nostro territorio.
Per informazioni : comitatofestapatronaleconversano.blogspot.it comitato.madonnafonte@gmail.com Parrocchia “Santa Maria Assunta” Cattedrale Via Mons. Lamberti 3 - 70014 Conversano (Ba) tel. 080.4951123 La Vs offerta potrà essere versata direttamente sul C/C Bancario n. 000002000783 IBAN: IT70 K085 0341 4600 0000 2000 783 intestato a : “PARROCCHIA SANTA MARIA ASSUNTA” c.f. 93040250727 Segui le fasi della Festa sui Social con l’hashtag #madonnafonte18
Le immagini presenti su questa pubblicazione sono di Teresa Chiarappa, Mimmo D’Onghia, Angelo Coletta, Ninni Galasso e Raffaele Narracci. I Testi presenti nella pubblicazione sono tratti da “La Cattedrale” di Ubaldo Panarelli (Ass.Turistica Pro Loco anno 1980) e da “Conversano” di Giovanni Ramunni.