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DONNE IMPEGNATE POLITICAMENTE
Con la lotta di Liberazione, la parità dei diritti politici
La conquista di una piena parità, almeno formale, nella cittadinanza politica delle donne è stata l’esito di una lunga battaglia, che si può far risalire già all’Illuminismo e ai tempi della Rivoluzione francese. La Nuova Zelanda è stato il primo paese al mondo a riconoscere il diritto di voto alle donne, nel 1893; la Finlandia il primo paese europeo, nel 1906. È la grande mobilitazione femminile durante la Prima guerra mondiale a far accelerare il processo di allargamento dell’elettorato nella maggior parte dei paesi europei: la Gran Bretagna riconosce il diritto di voto alle donne nel 1918, la Germania e i Paesi Bassi nel 1919. In quello stesso anno in Italia votano per la prima volta tutti i cittadini di sesso maschile, ma le donne devono attendere la fine della Seconda guerra mondiale per poterlo fare. Un primo decreto luogotenenziale, nel gennaio 1945, prevede soltanto l’elettorato attivo (il diritto di voto) e non quello passivo (il diritto ad essere elette). Scatta la protesta delle associazioni femminili. Alla prima prova elettorale, nelle amministrative del marzo-aprile 1946, duemila donne vengono elette nei consigli comunali e alcune diventano assessore e sindache. 21 sono le donne elette nell’Assemblea costituente; cinque di loro nella Commissione dei 75 che ebbe il compito di redigere la Costituzione. Queste “madri costituenti” avevano partecipato alle lotte antifasciste e, in molti casi, alla Resistenza, come le tre donne che qui ricordiamo.