ottobre2017
MAGAZINE DE IL TARÌ. DESIGN, ARTIGIANATO, IMPRESA NEL MONDO DELLA GIOIELLERIA. ED. 10/2017
DAL TARÌ UN NUOVO PATTO DI SVILUPPO PER L’AREA CASERTANA
Incontro con Licia Mattioli
IL GIOCO DI SQUADRA RILANCIA!
1
2
Capofila per lo sviluppo L’imprenditore ha un legame morale con il territorio in cui opera. Il suo ruolo chiave è dettato dalla conoscenza delle potenzialità legate al fare e delle complessità derivanti dall’agire, dalla visione del futuro in chiave di business, dalla lettura dell’ambiente come luogo complesso di attrazione e di servizio al cliente. Tutte queste sono esperienze che è indispensabile mettere a disposizione dei soggetti istituzionali, i quali dal canto loro si propongono di garantire l’efficienza dei servizi in sintonia con il fabbisogno delle imprese. Fin dalla sua nascita, il Tarì, senza mai distrarre lo sguardo dal mondo orafo con il quale ci identifichiamo, ha guardato al territorio che lo ospita come al primo biglietto da visita per l’accoglienza della clientela nazionale ed internazionale, dal momento dell’arrivo in aeroporto alla passeggiata serale in città, o alla visita del parco della Reggia, sforzandosi di dare il proprio contributo alla sua valorizzazione. Questo è il motivo per cui il Tarì è stato promotore del convegno “Un nuovo patto per lo sviluppo dell’area casertana” di cui leggerete nelle prossime pagine. Un punto di partenza, colto dal ricco parterre di imprenditori, accademici e istituzioni, come una sfida. Obiettivo comune: lavorare insieme per il rilancio dell’area casertana, partendo
dalle sue eccellenze. Un progetto impegnativo, che fin da oggi si propone un obiettivo temporale ben preciso, e che ci vede nuovamente impegnati in queste settimane. Ancora, e sempre, aggregazione. Chi mi conosce sa che è il mio cavallo di battaglia, con il quale ho voluto caratterizzare il mio mandato. L’altro tema, che mi è ugualmente caro, è quello della innovazione. La grande sfida dell’imprenditoria 4.0 ci vede in prima linea. Oggi, il Tarì sta riprogettando se stesso anche in chiave di innovazione, attraverso investimenti importanti che mirano a integrare i sistemi informativi del nostro Centro Orafo in un’ottica di efficienza che guarda al futuro. Innovazione è anche sinonimo di internazionalizzazione. Nel percorso del Jewellery Export Lab, recentemente realizzato da Ice e Federorafi in tutti i distretti italiani, il Tarì si è distinto per numero di imprenditori partecipanti e per la vivace progettualità che ne è nata. Questo nuovo anno operativo ci vedrà all’opera anche in questa direzione.
Il presidente Vincenzo Giannotti
Lead partner for development An entrepreneur has a moral duty to support the local area he operates in. He occupies a key role because he knows how much potential there is in getting down to business and taking action whilst being acutely aware of the many ins and outs involved. He has a clear business vision coupled with insight into the future of his surrounds which should be a complex place which attracts and serves the customer. This wealth of experience must be put at the disposal of institutes who, in turn, should seek to deliver efficient services which meet business requirements. Since its foundation, the Tarì jewellery centre has never torn its gaze from the goldsmithery universe it belongs to. But it has always looked to the territory it is set in and used it as a calling card to welcome national and international customers from the moment they get to the airport. The local setting has served as a magnificent backdrop for an evening stroll around the town streets and a visit to the Stately Palace of Caserta; this has been one contribution to reviving the local area. This is why the Tarì jewellery centre promoted the conference entitled “A new pact for the development for the Caserta area” which you will be able to read about in the next few pages. This marks a fresh beginning with a strong army of businessmen, academics and institutes ready to pick up the glove. United in our quest to join forces and relaunch the area of Caserta by
drawing on its many areas of superiority. An exciting venture which is now working to a clear time frame and will be keeping us busy over the next few weeks. We need to keep pooling our energies. All those around me know that this is an idée fixe for me and the concept of teamwork permeates all I do. Another aspect, which is equally close to my heart, is innovation. These are the times of enterprise 4.0. This is the moment to take up the gauntlet and we are ready and willing to do so. Today, the Tarì jewellery centre is rethinking its basic structure so it can take on board as much innovative content as possible. Huge investments are being made to bring our IT systems up to speed so that we can tackle future challenges with confidence. Innovation is synonymous with internationalisation. As part of the Jewellery Export Lab experience recently organised by the Italian Trade Agency (Ice) and the Italian Federation of silversmith, jewellers and goldsmiths (Federorafi) all over Italy, the Tari jewellery centre was in a league of its own in terms of businesspeople taking place and their forward-looking approach. This coming year we are overflowing with plans to put into action. The chairman Vincenzo Giannotti
3
11
CONTENTS 2
Editoriale
20 Incontro con Licia Mattioli Il gioco di squadra rilancia! 28
Esportare la dolce vita
34
Glamour Tips/I più preziosi
38
Dal Tarì un nuovo patto di sviluppo per l’area casertana
20
28
41 Vintage Style tendenze d’autunno 56
Domande potenti
62
Glamour Tips/Easy to wear
66
Il lusso volta pagina
70
Cocktail rings
74
Il colore dei diamanti ed i diamanti colorati
66 14
70
38 41
74
CONTENTS 78
I cloni della moda
82
Customer innovation
87
Geometrie, la gioielleria trendy
87
94 I diamanti non sono per sempre 98
Choker
102
Glamour Tips/Lucky jewels
104
Cheap&Chic
108 Incontro con Pedro e Pablo Pérez In Spagna con la forza della comunicazione 112
Glamour Tips/Bright girls
114
Pink&Gold
116
Glamour Tips/Black mood
120
Export: new is good
Direttore responsabile Floriana Marino
In copertina Dotea Preziosi
Redazione Tarì Magazine
Stampa Rossi - Nola
Progetto grafico Exadv
Reg. Trib. Santa Maria Capua Vetere n° 587 del 6/12/2002
Photo Dinamo Studio Luciano D’Inverno Shutterstock
16
www.tari.it
108
114
Incontro con Licia Mattioli di Vera Viola
Fare sistema per promuovere il gioiello nel mondo “Finalmente si fa sistema”, nell’industria e più in generale nel Paese: “Non era mai successo prima!”. Poche parole, tanta soddisfazione, e una buona dose di ottimismo contrassegnano le analisi di Licia Mattioli, vicepresidente di Confindustria con delega alla Internazionalizzazione. L’Italia che volta pagina, per la vulcanica imprenditrice - ad della Mattioli Spa e creatrice nel 2011 di Exclusive Brands Torino, la prima rete d’imprese italiana che riunisce i brand dell’alto di gamma “made in Torino” - è proprio quella che si muove coesa nelle missioni internazionali. Si volta pagina? Senza dubbio. Grazie all’impegno del Mise, iniziato con il ministro Carlo Calenda e con il governo Renzi, le imprese sentono di avere al loro fianco Ice, Sace, Simest e le ambasciate. Questa è una novità assoluta: l’Italia si muoveva in ordine sparso, senza una regia e un progetto comune. Di conseguenza le imprese dovevano fare da sole. Anche le Ambasciate? Si proprio così. Qualche giorno fa Confindustria con alcuni suoi imprenditori ha
20
avuto per la prima volta la possibilità di incontrare alla Farnesina tutti gli Ambasciatori italiani nel mondo: ci hanno fornito indicazioni utili e hanno offerto al mondo imprenditoriale pieno appoggio, sia in termini di promozione, che in termini di intermediazione per risolvere problemi. Insomma, riscontriamo un reale e forte coinvolgimento di tutti gli attori in campo: ciascuno lavora per produrre risultati per tutti. E se ne producono? Per il settore orafo quali sono? Direi che le esportazioni del comparto negli ultimi anni hanno avuto grande slancio. Nel primo trimestre 2017 le vendite all’estero sono cresciute del 10,4%. Si pensi che le recenti missione in Iran, tra ordini e memorandum of understanding, hanno prodotto un valore di circa 40 miliardi, pari a un decimo delle esportazioni italiane annue. Anche in America abbiamo lavorato per incrementare la presenza di prodotti italiani nella grande distribuzione e ci sono già importanti risvolti. Alcuni sostengono che il gioiello italiano non abbia una forte immagine all’e-
stero. Almeno non forte quanto quella della Moda made in Italy. Non è così. Negli ultimi quattro anni ho partecipato a decine di missioni all’estero e di una cosa sono sempre più sicura e orgogliosa: tutto il mondo guarda e invidia l’Italia per la sua manifattura fatta di artigiani, Pmi, grandi aziende ma soprattutto di saperi, conoscenze, creatività e capacità di innovare. Il made in Italy nel gioiello ha un valore altissimo come nella moda. Devo anche dire che noi italiani abbiamo però il dovere di riempirlo di valore e di contenuti. Non basta il “Made in”, ci vuole qualità, design, innovazione. E forse anche le imprese devono imparare meglio a “fare sistema”: intendo non solo quando si va all’estero. È quel che stiamo facendo: l’istituzione di Confindustria Moda va nella direzione giusta. In altre parole, sotto la stessa sigla sono confluite le associazioni industriali dei settori orafo, dell’occhialeria, calzaturiero e di accessori, pellicceria, insomma, tutte le organizzazioni imprenditoriali che hanno a che fare con i prodotti per la persona. Posso fare un altro esempio: la
21
prossima edizione della settimana della moda di Milano dedicherà ampio spazio a tutti questi comparti, inclusi cosmetica e tessuti. Le esposizioni di prodotti saranno poi arricchite da installazioni artistiche. Parliamo anche di Fiere: è in atto un processo di integrazione. Continuerà per coinvolgere anche gli enti di minore dimensione? Come valorizzare però le specificità di ciascuno e il lavoro fatto? Sono stata, in qualità di presidente di Federorafi, promotrice della fusione tra le Fiere di Arezzo e di Vicenza. E sono convinta che si debba far confluire tutte le manifestazioni in un’unica grande Fiera. Nelle singole località si dovrà inventare qualcosa di diverso. Ma di fiera del gioiello dovrà essercene una sola. E dovrà essere di altissimo livello. Insomma, “mondiale!”. • Teamwork gives us a jump-start - working as a system to promote jewellery worldwide “We are working as a system at last”, as an industry and, more generally, as a country as a whole: “This is a first!” A few words uttered by Licia Mattioli, the deputy chairwoman of Confindustria (General Confederation of Italian Industry) with responsibility for internationalisation which barely conceal her immense sense of satisfaction mixed with a good dose of optimism As far as the spirited businesswoman and CEO of Mattioli Spa and creator of Exclusive Brands Turin in 2011 (the first network of Italian companies which brings together the high-end products in Turin) is concerned, a united Italy on the international front is on a
22
winning streak. So is this a new chapter? There can be no doubt about that. The commitment of the Ministry of Economic Development which began with the Minister Carlo Calenda and the Renzi government has meant that enterprise now feels that the Italian Trade Agency (ICE), Italy Agency for Enterprise Abroad (Simest), Italian Export Trade Agency (Sace) and the embassies are finally on their side. This is an absolute first. Before this, Italy was feeling its way in the dark. There was no guiding hand and no shared master plan. Basically, no-one had our backs. The embassies too? Absolutely. A few days ago, some entrepreneurs from Confindustria (General Confederation of Italian Industry) were given the chance to meet all the Italian ambassadors in the world at the Italian Ministry of Foreign Affairs. This gave us a series of useful tips and insights. These ambassadors also gave the Italian business world their full support in terms of product/trademark promotion, but they also offered to solve any problems by mediating on our behalf. Basically, everyone is heavily involved across the board - we are all working towards a goal that will be mutually beneficial. And is this goal in sight? What has the gold sector achieved so far? Well, for example, exportations over the past few years have soared. In the first quarter of the year 2017, sales abroad grew by 10.4%. Recent business missions, in Iran which involved orders and a memorandum of understanding, have generated a worth of about 40 billion. This is one tenth of Italy’s annual exports. We have worked hard to promote Italian products on the large-scale retail channel in America and we are starting to see the effects now. It has been said that Italian Jewellery does not have a strong image abroad. At least not as strong as that of Italian fashion. That is not true. Over the past four years, I have taken part in dozens of missions abroad
and there is one thing I am both proud and confident of. The whole world looks up to us for our artisanal prowess, small family-run firms, large corporations, but especially for our know-how, skills, creative talent and ability to innovate. Italian jewellery is just as coveted as Italian fashion. I must say that we had to work to bring out its inherent value and worth. A “made in Italy” label is not enough on its own. The product has to exude quality, design and innovation. And maybe Italian enterprise has to learn to work as a system - not just when it goes abroad. T hat is exactly what we are doing. As an institute, Confindustria Moda is definitely going in the right direction. What has happened is that industrial associations from the goldsmithery sector, glasses, footwear, accessories, leather goods and any manufacturers of items that are classified as being personal have all come under the same roof. Here is another instance. At the next edition of Fashion Week in Milan, a huge space will be dedicated to all these manufacturing sectors, including cosmetics and fabrics. The product displays will be enhanced further by artistic installations. Let’s talk about Trade Fairs - are they in the process of coming together. Is it going to carry on like this, absorbing the smaller fairs? What steps are being taken to exalt the specific features of each one and paying tribute to work of the single fairs? In my capacity as chairwoman of Federorafi (Italian Federation of silversmith, jewellers and goldsmiths), I promoted the fusion of the Trade Fair of Arezzo and that of Vicenza. I am convinced that all the shows should come together to become one huge single Trade Fair. Then, we will have to think of something to do for each single location. But there can only be one jewellery trade fair. And it must be top-notch. It must be “world class”! •
BYSIMON
Esportare la dolce vita Il potenziale di mercato per il bello e ben fatto italiano nei mercati avanzati
Ricerca 2017 Confindustria - Prometeia con la collaborazione di Federorafi
Allentato il morso della crisi, nei mercati avanzati si torna a spendere. Questa è l’importante novità negli scenari economici che amplia lo spazio di manovra delle imprese italiane del bello e ben fatto, e rimette pienamente in gioco il loro caratteristico talento empatico. Un tratto cruciale per sintonizzarsi con un consumatore che, se è riemerso dalle ristrettezze, non è comunque più quello di prima. Nuovi bisogni si intravedono sotto il pelo dell’acqua: come intercettarli e trasformarli in offerta di prodotti e servizi, in ulteriori redditizie nicchie di mercato? Questa rinnovata vivacità della domanda nei mercati avanzati è messa in piena evidenza dalle componenti che guidano la ripresa nei prossimi anni, che sarà trainata dai consumi. Nella sua edizione 2017 l’annuale ricerca di Confindustria Prometeia Esportare la dolce vita (EDV) dedicata ai prodotti Belli e Ben Fatti Made in Italy, nei quali è inserito da qualche anno anche il settore orafo, prevede che nel periodo 2017-2022 i consumi cresceranno mediamente di due decimi di punto più del PIL. Inoltre, se è vero che permarranno molte incognite, soprattutto geopolitiche, in grado di rimettere in discussione il potenziale di assorbimento di molti mercati, quelli avanzati sono, comunque, strutturalmente più solidi e si presentano come mete più sicure per le PMI italiane.
28
Non bisogna, tuttavia, guardare agli avanzati e agli emergenti come alternativi. Uno dei vantaggi conseguibili dal rafforzamento della presenza nei mercati maturi è quello di raccogliere risorse e competenze da poter investire in destinazioni più rischiose, ma spesso con potenziale a lungo termine più elevato. EDV ritornerà perciò ad occuparsi dei mercati emergenti nell’edizione del 2018, monitorando così d’ora in poi ad anni alterni gli uni e gli altri. Come in ogni fase di grande cambiamento, anche oggi per fare un balzo in avanti occorre partire dai fondamentali: cosa c’è all’origine del successo del bello e ben fatto italiano? Qual è la formula vincente che accomuna prodotti di settori così diversi che nel e dal mondo sono tutti percepiti, singolarmente e soprattutto nell’insieme, come distintivi dell’eccellenza italiana? Cultura e saper fare, estetica coniugata a capacità tecnica e tecnologia sono le colonne portanti del BBF italiano, che ha saputo trovare il punto di equilibrio tra bellezza e utilità, tra fascino e funzione, per raggiungere lo scopo essenziale: conquistare il consumatore, parlando contemporaneamente al suo cuore e alla sua mente, alle sue passioni ed emozioni e alla sua convenienza e capacità di comparare, esaltata ancor più da internet. Come rinnovare questo successo nel mondo che cambia? Quali sono i semi da coltivare per rigenerare il tratto distintivo del BBF italiano?
L’Italia ha tre asset fondamentali da giocare: il patrimonio culturale unico al mondo per dimensioni e qualità; il paesaggio incantevole, variegato, modellato nei secoli dall’instancabile lavoro dell’uomo, denso di saperi accumulati; la vocazione manifatturiera. Quel patrimonio e quel paesaggio diventeranno sterili se non maturiamo tutti, da cittadini italiani, l’adeguata consapevolezza del loro valore inestimabile, valore come fonte di creatività e talento, come materia prima delle imprese italiane del BBF e della loro fitta rete di interlocutori e ispiratori (chef, stilisti, artigiani, architetti, designer, artisti, web-designer). Consapevolezza che conduca alla logica conseguenza pratica e comportamentale di investire nella loro conoscenza e nella loro preservazione (non mera conservazione fine a se stessa) come tratti identitari del Paese e della sua popolazione. Facendo leva su questi asset, secondo lo scenario base, presentato in questa edizione di EDV, nel 2022 i 31 mercati avanzati analizzati importeranno dall’Italia 70 miliardi di euro di prodotti belli e ben fatti (BBF), rispetto ai 59 del 2016; quasi 12 miliardi in più, una crescita del 20%. Una leva notevole è costituita poi dalla sinergia tra BBF e turismo internazionale. Ai mercati avanzati è riconducibile la porzione di gran lunga prevalente degli arrivi in Italia dall’estero (per affari e per piacere). Germania, Stati Uniti e Francia occupano, in particolare, le prime tre posizioni per provenienza, con complessivamente circa venti milioni di arrivi all’anno. Questi visi-
30
tatori sono tutti potenziali clienti e soprattutto ambasciatori del BBF italiano una volta rientrati in patria. Gli americani, in particolare, mostrano una chiara predilezione per l’Italia, scegliendola come meta di destinazione preferita in Europa. Il Bel Paese soddisfa la loro inclinazione per la cultura, primo elemento di cui tengono conto i turisti statunitensi nel programmare i viaggi; Roma, Venezia, Firenze e altre città d’arte esercitano un grande fascino. C’è poi la lama a doppio taglio della sofisticazione del consumatore nei mercati avanzati. Da un lato, essa rappresenta certamente un elemento favorevole al BBF italiano perché porta alle imprese un cliente che sa premiare e può permettersi il valore della qualità. Dall’altro, implica un acquirente altamente esigente che non si accontenta di un marchio solo perché noto, ma ricerca con senso critico nei beni che compera la rispondenza a veri e propri valori. In sintesi, dare sostanza ai valori della cultura che è alla base del saper fare italiano è la chiave per il nostro successo internazionale. • Exporting la dolce vita The market potential for well made and beautiful Italian products on the advanced marketplace Now that the economic crisis is easing off, spending is ever on the rise on advanced marketplaces. This is the latest news on the financial scene and it gives those Italian
31
companies which produce well made and beautiful products more room for manoeuvre, putting to the test their innate talent for adapting to changing circumstances. An ability to adapt is a crucial skill which enables manufacturers to identify with a consumer who is just getting his head above water and will never be the same again. New needs are bobbing up to the surface: the challenge is to find ways to meet them, turning them into product and service supplies or into profitable market niches. This resurgence in demand on the advanced marketplace has been made quite clear by factors which will be steering the recovery over the next few years and which will be consumption-driven. The 2017 edition of the annual survey by the consultancy company Prometeia and Confindustria (General Confederation of Italian Industry) entitled “Exporting la dolce vita (EDV)� and dedicated to Well made and Beautiful Italian products (which has included the goldsmithery sector for some years now) envisages an increase in average consumption of more than two percentage points in the GDP for the period 2017-2022. And whilst it is true that there are still many unknown factors (especially of a geopolitical nature) which could upset the balance and affect the potential of many markets, the advanced ones still have a more solid structure and are safer targets for Italian SMEs. However, we must not look to the advanced markets as being an alternative to the emerging ones. One of the greatest advantages of strengthening our presence on mature markets is that of being able to gather resources and know-how which can then be invested in places which are riskier but often offer better long-term benefits. EDV1 will therefore go back to dealing with emerging markets in the 2018 edition, monitoring from now on both types of markets every other year. As happens whenever massive change takes place, if we are to make any headway it will be necessary to go back to basics: what is the secret underlying well made and beautiful Italian products? What is the winning formula shared by products coming from so many different sectors seen nevertheless singly but especially as a whole as being distinctively representative of Italian excellence? Culture and expertise, aesthetics fused with technical and technological ability are the cornerstones of well made and beautiful Italian products (BBF) all of which have struck a successful balance between beauty and usefulness or between appeal and functionality. This has served to achieve one essential purpose - to seduce the consumers by reaching out both to their hearts and rational minds. Stoking passions, tapping into emotions and offering affordable solutions has proved to be a strong point which internet has exalted even further. So how can this immensely successful recipe be adapted to a changing world? What seeds must be sown if well made and beautiful Italian products are to retain their enticing core value? Basically, Italy has three trump cards up its sleeve: its cultural heritage which is unlike anything else in the world in terms of size and quality; its spectacular and diverse landscape shaped over the centuries by the sweat and toil of our forebears who gathered immense knowledge and wisdom along the way; our vocation for manufacturing. However, our great heritage and breathtaking landscape will come to nothing if we, as Italian citizens, do not gain enough awareness of their inestimable value and their ability to spark creativity and foster talent. This awareness is the raw material from which Italian enterprise is able to forge well made and beautiful Italian products. The same applies to their dense network of contacts and inspirers (Chefs, designers, artisans, architects, artists and web designers). An awareness which as it grows naturally leads to a change in approach and behaviour and inevitably means getting to know Italian heritage better but especially entails investing to preserve it (not just preservation for its own sake, but as a means to protect the identity of a nation and its population2. According to the baseline scenario outlined in this edition of the EDV, by playing these trump cards, in 2022 the 31 advanced markets analysed will import from Italy 70 billion euros worth of well made and beautiful Italian products 3, as compared to 59 in 2016; that amounts to almost 12 billion more and a growth of 20%. Healthy interplay between well made and beautiful Italian products (BBF) and international tourism is something to be
32
turned to account without doubt. A large number of the foreign tourists coming to Italy either for work or pleasure belong to the advanced markets. The top three tourist countries are Germany, the United States and France and they account for twenty million arrivals per year. These foreign guests are all potential customers, but more to the point, they act as ambassadors of well made and beautiful Italian products once they get back home. The Americans are especially drawn to Italy and choose us over all other European destinations. Italy is the bel paese (the beautiful country) by definition. It is the Garden of Europe and it appeases their desire for culture - one of the main points of attraction for American tourists when they plan out their trips; Rome, Venice, Florence and other cities of art exert a strong spell. But as consumers become increasingly sophisticated on the advanced markets, this turns into a double-edged sword. On the one hand, it is undoubtedly a plus point for well made and beautiful Italian products because customers who buy from Italian undertakings are appreciative and discerning. But on the other hand, this means that buyers are becoming increasingly demanding. They no longer purchase on the strength of a trademark, but rather they seek out with great savviness those items which they feel tie in with their values and memes. In conclusion, the key to continuing international success lies in giving substance to our cultural values which form the foundations of our Italian expertise. •
33
GLAMOUR TIPS | I PIÙ PREZIOSI
1
I PIÙ PREZIOSI 5
6
2
3
4 4
Collane esclusive, orecchini scintillanti, anelli dal design ricercato, bracciali con charms multicolor, bangle ricoperti di brillanti: i gioielli super lusso diventano un regalo che ha il sapore del “per sempre”. Maxi o mini, simbolo di amore o amicizia, regalare un gioiello prezioso è un modo speciale per inviare un messaggio senza la necessità di dover parlare
7
1 - Sacha, anello in oro e diamanti - 2 - Castronuovo Gioielli, anello in oro 18kt con diamanti - 3 - Cierre Preziosi, anello in oro bianco 18kt con diamanti- 4 - Marea, anello in oro con diamanti - 5 - Fantasie GN, anello in oro bianco con diamanti bianchi e brown con cabochon smeraldo - 6 - Dotea Preziosi, anello in oro con diamanti e onice - 7 - Idea Coral, orecchini in oro con diamanti, smeraldi e cuore di corallo
GLAMOUR TIPS | I PIĂ™ PREZIOSI
9 10
8
11
12 14
15
13
8 - Aucella, orecchini in oro 18 kt con perle naturali gold e diamanti - 9 - Rovian, collana con corallo e diamanti - 10 - Gianni Pace Gioielli, ciondolo in oro con diamanti - 11 - Urigold, bracciale groumette in oro 18kt e diamanti 12 - Maurizio Vitagliano, anello in oro e diamanti - 13 - Dinacci, solitari in platino - 14 - Armonie by Progetti Oro, bracciale in oro 18 kt 15 - Oroverde, bracciale in oro
37
Dal Tarì un nuovo patto di sviluppo per l’area casertana Istituzioni e imprenditori concordano: “subito cabina di regia e proposte concrete” di Piero Bonito
La sfida è stata lanciata lo scorso 14 luglio nell’affollata sala convegni della casa del gioiello di Marcianise. Un progetto ambizioso e avvincente che vede il Centro Orafo il Tarì capofila di un nuovo patto per lo sviluppo produttivo dell’area casertana attraverso un accordo sinergico tra Istituzioni, politica e attori economici. La parola d’ordine è “fare rete” per rilanciare il più importante polo industriale del Mezzogiorno d’Italia costituendo una cabina di regia operativa finalizzata a mettere in campo azioni concrete e immediate al raggiungimento degli obiettivi prefissati. “Da 20 anni il Tarì è cittadino di Marcianise, la porta di ingresso di Caserta, che ci introduce a tutta la provincia – ha affermato il presidente del Tarì Vincenzo Giannotti, aprendo i lavori – Ricordo bene l’epoca in cui venne scelta questa area per la realizzazione del nostro Centro Orafo. Sembrava un’idea folle, ma in realtà all’inizio degli anni ’90 quest’area già cominciava a guardare lontano, inaugurando un cambiamento epocale. Lo sviluppo ha sicuramente generato molte oppor-
38
tunità, ma ha anche portato a galla gravi problemi infrastrutturali e di servizi per tutta l’area di Marcianise e di Caserta”. Criticità logistiche della zona che sono state al centro del dibattito moderato da Antonio Catalani, docente dell’Università Bocconi, che ha dettato lo stile del confronto incalzando i relatori ad individuare percorsi concreti e in tempi serrati per il rilancio dell’area. Un confronto avviato dalle relazioni di Rocco Giordano, esperto di Politica ed Economia dei trasporti e della logistica, e Pasquale Persico, docente di Politica economica all’Università di Salerno, che hanno posto l’accento sulla necessità di predisporre azioni di sostegno specifiche al distretto economico casertano a partire dal miglioramento dell’accessibilità alle singole aree di intervento e attraverso lo sviluppo del concetto di ‘Area Vasta’ per l’interconnessione tra le diverse realtà imprenditoriali e istituzionali. Potenzialità messe in evidenza anche dal sindaco di Marcianise Antonello Velardi: “Il Tarì sorge nel cuore di un’area centrale. Siamo la porta dell’Eu-
ropa sul Sud, e non solo dell’Italia. Siamo una grande occasione mancata: abbiamo tutte le potenzialità ma non riusciamo a fare sistema”. Il primo cittadino di Caserta Carlo Marino ha richiamato gli attori istituzionali alle rispettive responsabilità: “Abbiamo un patrimonio dell’umanità, grandi eccellenze, grandi creatività – ha detto - a fianco alla parola ‘sistema’, direi ‘rete’. E non possiamo chiedere al mondo imprenditoriale di investire se il pubblico non mette a disposizione i servizi”. Il prefetto di Caserta Raffaele Ruberto ha rimarcato l’eccellenza di una realtà come il Centro Orafo il Tarì, modello per lo sviluppo e il rilancio della filiera produttiva casertana e sull’esigenza di rilanciare l’economia nel segno della legalità: “Sigliamo un patto per lo sviluppo che deve fondarsi sulla legalità, fattore imprescindibile di sviluppo”. Risposte immediate e concrete attraverso un accordo sinergico, predisponendo un tavolo di concertazione da cui possano emergere gli strumenti attraverso i quali
attuare questo piano. Mario Mustilli, consigliere del presidente della Giunta della Regione Campania ha sottolineato la “necessità di un centro di raccordo tra le diverse realtà, e questo epicentro di sviluppo non può che essere il Tarì, polo di eccellenza dell’intero Sud Italia”. Il direttore della Reggia di Caserta Mauro Felicori ha richiamato la necessità di un miglioramento del servizio trasporti per lo sviluppo economico e turistico dell’area casertana e nella promozione del brand Campania oltre Regione: “Sono innamorato dell’industria, i beni culturali sono importanti ma bisogna difendere l’industria con le unghie e con i denti. Se per andare a Napoli ci vogliono 50 minuti non è possibile sviluppare il turismo”. Importanti spunti sono inoltre pervenuti dagli interventi del presidente dell’Asi Caserta Raffaela Pignetti che ha annunciato di aver già richiesto “alla Regione una riconsiderazione dell’uscita del casello di Caserta Sud, con un progetto che ci auguriamo sia finanziato, così come
39
abbiamo ipotizzato una vigilanza delle aree di maggiore interesse (ne abbiamo individuate quattro) per spingere sul potenziamento di infrastrutture e logistiche dell’Area di sviluppo industriale”. Sono intervenuti inoltre il presidente dell’Unione Industriali di Caserta Luigi Traettino ed il consigliere regionale della Campania Stefano Graziano. I lavori si sono conclusi con l’intervento dell’assessore alle Attività Produttive della Regione Campania Amedeo Lepore, che ha ricordato che “un patto per lo sviluppo deve essere innanzitutto un’assunzione di responsabilità da parte dell’Istituzioni”. Azioni che non possono essere rimandante e che hanno portato istituzioni, politici e imprenditori a darsi appuntamento proprio in questi mesi autunnali per mettere a punto le prime strategie e proposte concrete da mettere in campo. • Tarì a new development agreement pact for casertan area The glove was taken up on 14th July in the crowded conference room at the jewellery centre of Marcianise. A formidable and exciting project which involves the Tari Jewellery Centre at the head of a new agreement for manufacturing development of the area of Caserta an ambitious venture to be implemented via the concerted efforts of institutions, politicians and economic operators. The watchword is “networking” in order to relaunch the most important industrial hub in Southern Italy and set up an operational control panel aimed at implementing immediate and concrete actions so as to achieve the set objectives. “For 20 years now the Tarì Jewellery centre has been part of the town of Marcianise, the gateway to Caserta and ultimately to the whole province” stated the Chairman of Tarì Vincenzo Giannotti as he opened the meeting, “I well remember the time when this area was chosen to build our Goldsmithery Centre on. It seemed like a crazy idea at the time, but in actual fact in the early 90’s this place was already forward-looking and the harbinger of changes of epic proportions. The development most certainly led to many opportunities, but it also brought serious problems to light relating to infrastructure and services for the entire area of Marcianise and Caserta”. The logistical aspects of the problems were the object of a debate moderated by Antonio Catalani, professor from the Bocconi University, who set the tone of the discussion and invited the speakers to identify real solutions so that the area could be re- established in a short time span. An exchange of ideas occurred based on reports made by Rocco Giordano, an expert in the Politics and Economy of transport and logistics, and Pasquale Persico, professor of Economic Policy at the University of Salerno. The crux of the matter was the necessity to set in place specific activities aimed at supporting the business district of Caserta starting with improved access to the single areas and also by developing the concept of a “Vast Area” which would connect the various businesses and institutions present. The potential of the area was similarly emphasised by
40
the mayor of Marcianise, Antonello Velardi: “The Tarì Jewellery Centre lies at the heart of a nerve centre. This is the gateway to Southern Europe, not only to the South of Italy. This has always been a missed opportunity. We have everything going for us, but we have never been able to work as a system”. The mayor of Caserta, Carlo Marino, exhorted all the institutions involved to exert themselves within the confines of their responsibility: “We have a huge legacy of culture, high- performing sectors and a strong sense of creativity - I would place the same emphasis on networking as I would on systemising things. And we cannot expect private business to invest if public institutions cannot make services available”. The Prefect of Caserta, Raffaele Ruberto, stressed how a centre like the Tarì, which was a clear example of excellence, served as a model for the development and revitalisation of the Caserta manufacturing community and was emphatic about the importance of relaunching a crime-free business network: “We have signed a development pact which must be based on lawful ventures, otherwise there is no way forward”. A rapid response and good teamwork, it all needs to be laid on the line and an open round table should be set up so that we can establish how to accomplish the plan. Mario Mustilli, advisor to the chairman of the Board of Governors of the Campania Region emphasised the “need for a centre to bring together the various players and this development focal point has to be the Tarì jewellery centre - a flagship for excellence in Southern Italy”. The director of the Palace of Caserta, Mauro Felicori, underlined how necessary it was to improve transport services if the economic situation was to be boosted, tourist opportunities to be increased and the superiority of Campania products was to be promoted outside the region itself: “I am in love with industry. Cultural heritage is a crucial asset, but we must fight tooth and nail to defend our industry. If it takes 50 minutes to reach Naples, tourism is dead in the water”. The chairwoman of Asi Caserta (Association for areas for industrial development), Raffaella, Pignetti, who declared that she had already asked “the Regional Authorities to reconsider their position as regards an exit from the tollgate junction of Caserta South for which we have plans and we hope funding will become available. We would also like to see greater vigilance on the most relevant areas (we have pinpointed four zones in particular) with a view to boosting any activities aimed at improving infrastructure and logistics on the Area destined for industrial development”. The chairman of the Industrial Union of Caserta, Luigi Traettino, and the Regional Councillor for Campania, Stefano Graziano, also made very apt contributions.” The chairman of the Industrial Union of Caserta, Luigi Traettino and the Regional Councillor for Campania, Stefano Graziano, also had some useful insights to offer. Discussions came to an end with a contribution from the city councilman for manufacturing activities for the Campania Region, Amedeo Lepore, who reminded the meeting yet again that “a pact for development must first and foremost be based on institutional accountability”. This is a series of actions which can no longer wait and which have caused institutions, politicians and businessmen to set a date for the autumn months in order to fine tune the first concrete strategies and proposals due for implementation. •
Maxi, audaci e romantici: il mood anni ‘70 mescola gioielli diversi tra loro. La regola principale è quella del layering per un mix di materiali, dimensioni e stili differenti: dagli anelli oversize alle perle in black and white, fino alle collane cameo. Gli anni dello Studio 54 ritornano in auge Per il Tarì production: ad Giuliana Tizzano ph Dinamo Studio mua/hs Maria Pina Monaco stylist Mario Barbieri
con un importante concetto “anti moda”. Unico diktat: essere differenti e uscire fuori dai soliti schemi.
41
Dotea Preziosi Il Tarì, modulo 219 – 220 www.dotea.it
43
Urigold Il TarĂŹ, modulo 90-91 www.urigold.com
45
Rudy’s Il Tarì, modulo 202 www.rudysrl.com
46
Roberto Giannotti Il TarĂŹ, modulo 95 www.robertogiannotti.com
Confuorto Gioielli Il TarĂŹ, modulo 124 www.confuortogioielli.it
51
Carla Coral Il TarĂŹ, modulo 14 www.carlacoral.com
53
Napoletano Gennaro Il TarĂŹ, modulo 241 www.gennaronapoletano.com
54
Domande potenti Ovvero la quintessenza di un Manuale Semiserio di Sopravvivenza Commerciale
di Raffaele Ciardulli
Diciamocelo chiaramente. I profeti del cambiamento sono insopportabili ed il cambiamento è una terribile seccatura. Per secoli i contadini hanno imparato che ogni cambiamento, rispetto all’ordinato ritmo delle stagioni, porta solo problemi e magari anche problemi grossi. Ci dicono che fuori dalla nostra confort zone comincia “la magia”. Ma stiamo scherzando? Fuori della nostra confort zone ci sono i lupi e comunque se abbiamo lottato così duramente lavorando senza sosta, nonostante tutto e tutti, per costruirci la nostra benedetta confort zone...perché dovremo abbandonarla? Però, c’è sempre un però, non possiamo fare finta che il mondo in generale ed il mondo del commercio in particolare non stiano cambiando. A Seul sono sei anni che fanno la spesa scegliendo fotografando con il telefonino le immagini dei prodotti che appaiono all’esterno dei treni della metropolitana. A Milano, in quella che una volta era l’Upim, le signore dialogano con un camerino che le fa le foto e le manda alle loro amiche.
56
In tutto il mondo per 200 dollari si può comprare su Amazon un esperto di moda incrociato con una telecamera che ci dice cosa ci sta bene e se siamo davvero “trendy”. Non apriamo il capitolo dei “millennials” (ma ci sarà qualcuno a cui stanno simpatici?) altrimenti…altro che quintessenza. E quindi, ci piaccia o meno, di questo cambiamento dobbiamo occuparci anche perché comunque il cambiamento si occupa di noi. Ma come possiamo occuparcene? La prima cosa da fare è avere paura. Quando abbiamo paura abbiamo diverse possibilità. Per esempio “paralizzarci”, (negare che il cambiamento sia strutturale e che ci riguardi) scappare, (accanirci su falsi problemi) o lottare. Questa ipotesi non è certamente da scartare ma richiede un primissimo passo: sapere che è dura, che non ci sono trucchi e non ci sono scorciatoie. All’inizio ci sono domande; domande potenti. Ecco di seguito una possibile lista:
Chi siamo? Come persone e come imprenditori. Questa domanda è proprio dura, al confronto le altre sono davvero una passeggiata. A chi vogliamo vendere? “Ovviamente a tutti” è già una risposta pericolosa. Perché dovrebbero comprare proprio da noi? “Perché sono abituati e poi, noi siamo noi” è già una risposta pericolosa. Quali sono le tre cose positive che ci distinguono e che sono rilevanti per i Clienti? “Abbiamo una vasta gamma d’offerta a prezzi competitivi con una politica soddisfatti o rimborsati”...se non siete Amazon è già una risposta pericolosa. Da che cosa i nostri Clienti si accorgono delle nostre particolarità distintive? “Perché lo sanno” è già una risposta pericolosa. Cosa possiamo fare per fare in modo che se ne accorgano e chi ci si affezionino? “Quello che abbiamo sempre fatto” è sicuramente una risposta pericolosa. Ma quali sono le risposte giuste? Non avevamo detto che non ci sono trucchi e non ci sono scorciatoie? Che ognuno si trovi le sue! Una cosa che può aiutare (oltre a sapere che non ci sono trucchi e non ci sono scorciatoie) è sapere che una risposta giusta è probabilmente una risposta coerente nel tempo. Un’altra cosa che può aiutare è sapere che ci sono degli alleati e che imparare ad ascoltarli può essere utilissimo. Attenzione perché gli alleati hanno la brutta abitudine di nascondersi nei posti più impensati, come in famiglia, tra i collaboratori, tra i clienti, tra i fornitori, tra i vicini e perfino tra i colleghi/concorrenti. Poi fortunatamente ci sono degli alleati anche nei posti dove magari ti aspetti proprio di trovarli come al Club degli Orafi ed al Tari. •
Weighty questions Or the gist of a Semi-serious Business-Survival Manual There is no point in mincing words. The prophets of change are quite insufferable, not to mention change itself which is awfully wearisome. Farmers have known for centuries that any deviation from the norm and the orderly passing of seasons can only mean that trouble is brewing - and big trouble at that. We have been told again and again that for the magic to begin we have to leave our comfort zone. You have to be kidding! The area outside our comfort zone is teeming with wild wolves. Besides, building up our comfort zone has taken years of
58
toil and sacrifice. Why on earth would we ever want to leave it? But (and isn’t there always a but?) we cannot hide our head in the sand and pretend that the world in general, and the business world in particular, is still the same. For six years now in Seoul they have been pointing their telephone viewfinder on the product images on the side of the metropolitan trains as part of their shopping routine. In Milan, where the famous Upim department store once stood, ladies now talk to a device in the changing room which takes pictures and send them to their friends. Anyone in the world can go onto Amazon and buy a cross between a fashion expert and a camera for a mere 200 dollars. It will let us know whether what we are wearing really suits us and if we are trendy enough. And let’s not even talk about millennials (does anyone like them?) otherwise....we would need reams of paper, not just a précis. So, whether we like it or not, we have to come to grips with change because otherwise we will find it upon us without knowing the why or wherefore. So how are we to address matters? Well, first of all, we need to be plain scared. Once the fear is upon us, various options become open to us. For instance, we can choose paralysis (denial of any kind of structural or personal change), escape (by focussing on false problems) or struggle.The latter is not to be rejected out of hand but some preliminary work is required before the fight begins: it must be understood that the battle will be hard. There will be no short cuts and no royal roads. At the beginning there are only questions; weighty questions. Here is a possible list: Who are we? As people and businessmen. This is a really tough one. The others are nothing compared to this. Who do we want to sell to? “Obviously to everyone” will get you nowhere. You are clearly on the wrong track. Why should people buy from us? “Because they are used to it and because we are special”. Wrong again What are three positive aspects that set us apart and are important to our Customers? “We have a vast array of products at competitive prices and a policy of satisfied or money back”...unless you are Amazon, you are on a slippery slope there. What enables our Customers to see that we are different from the rest? “Well, they just know.” is a particularly poor attempt at an answer. What can we do to make sure that they do know it and how can we inspire loyalty? “What we have always done” is most definitely a fail. So what are the right answers? Didn’t we just say that there are no short cuts and no royal roads? Everyone has to come up with their own! But one thing that might help (apart from knowing that there are no short cuts and no royal roads) is that the right answer should stay constant over time. And another useful tip is that you are surrounded by allies and friends - listen to them because they have a lot to share. Strangely enough, these friends and allies are lurking in the strangest places - amongst family members, workers, customers, suppliers, neighbours and sometimes even amongst fellow entrepreneurs/competitors. Luckily though, there are also friends and allies in more predictable places such as the Goldsmiths’ Club or at the Tarì jewellery centre. •
59
61
GLAMOUR TIPS | EASY TO WEAR
3 2
1
1 - Confuorto, orecchino con pietra lavica con nappina e cristalli Swarovski - 2 - Le Carose, bracciale, collezione Mua, in bronzo bagno galvanico oro, con pendenti letterine con Swarovski e pendente con pietra e hologram Le Carose - 3 - Urigold, orecchini in oro 18kt con topazio fumè - 4 - Dotea Preziosi, ciondolo in oro con pietre semipreziose - 5 Carla Coral, orecchini in argento con pietre dure - 6 - Cierre Gioielli, pendente in oro bianco 18 kt con diamanti e rubini 7 - Gaetano Vitiello, orecchini in argento con pietra radice di rubino - 8 - Maurizio Vitagliano, anello in oro e diamanti - 9 Armonie by Progetti Oro, anello in oro con perla - 10 - Sacha, anello in oro con diamanti e smeraldo - 11 - Marea, anello in oro con diamanti
4
5
7 6
8
9
62
Gioielli minimal dal prezzo accattivante e dalla spiccata personalitĂ per un look tres chic. Il gioiello diventa di stagione, il design acquisisce piĂš importanza della materia prima, i preziosi divengono componibili e personalizzabili: si fa strada il nuovo concept dei fashion brand
11 10
GLAMOUR TIPS | EASY TO WEAR
12
16 18
17 13
19 14
15
20
12 - Mewo, bracciale in rama placcato oro rosa e occhi di gatto - 13 - Meg Gioielli, bracciale in argento con zirconi - 14 - Maresca Officine Orafe, bracciale in argento 925 - 15 - By Simon, bracciale in argento 925 placcato oro con cubic zirconi - 16 - MyCharm, collana in oro con ciondolo - 17 - Gennaro Napoletano, ciondolo in argento rosato e zirconi - 18 Fantasie GN, ciondolo in oro bianco e rosa con diamante - 19 - Aucella, orecchini in argento con zirconi e corallo rosso naturale mediterraneo - 20 - Goyatè, anello in argento 925 con zirconi e cameo inciso a mano
65
Il lusso volta pagina Quando la ricerca fa tendenza: nuovi materiali e tecnologie trasformano il concetto di prezioso a cura della redazione
I gioielli sono sempre stati un mix di arte, artigianato, moda e design. Da una parte l’arte, con la prepotenza della sua unicità e del suo spessore, dall’altra la moda, con la fugacità del suo tempo effimero: al centro il gioiello artigianale con la sua continua difesa dei materiali preziosi come principale garanzia di eternità. Eppure nel tempo le cose pare siano cambiate: orafi e designer non si sono visti più costretti ad un valore oggettivo della materia prima, ma liberi di sperimentare nuovi materiali e nuove tecnologie senza per questo subire la censura della preziosità. Il mercato italiano è decisamente più maturo e le donne più audaci, pronte ad apprezzare materiali inusuali o particolari mix come ebano e oro, o maxi gioielli colorati con base in titanio, povero ma di difficilissima fusione. Un approccio ultramoderno alla creazione di gioielli che trasforma l’idea di lusso e lo mescola con l’high-tech. Il poliuterano, materiale artificiale, sta prendendo sempre più piede, così come l’abbinamento di pietre naturali in contrasto con i design della moderna gioielleria. Una grande varietà di materiali e i progressi nella manifattura dei gioielli hanno portato non solo a perfezionare la creazione di accessori con pietre e gemme, ma anche di eleganti gioielli di bigiotteria super cool. I materiali come acciaio, plexiglass, pelle verniciata, vinile, latex, vetro multicolor e perline scintillanti, sono particolarmente
66
ricercati nella creazione di gioielli. I classici preziosi utilizzati per completare il look ora sono decorati con fili metallici, lustrini, cristalli, vetro, perle, lavori di ricamo, seta, nastri di velour e merletto. Molto di tendenza il “retro luxury” i cui materiali principali sono rame, oro e platino e lo stile “neo tribale” alla cui base ci sono avorio, legno naturale, rame, ceramica, pelle scamosciata, pelliccia, cuoio, frange intrecciate, ed è caratterizzato da collane lunghe con ciondoli-amuleti e girocolli con pietre naturali. Gli stili come punk e futurism, molto in auge di questi tempi, hanno introdotto materiali come cuoio nero, plastica nera o metallo con borchie d’argento, zip, vinile e pizzo. La verità è che quando si indossa un gioiello scultura difficilmente si torna indietro, perchè il rapporto con il prezioso è tattile oltre che emotivo. Anche nel settore dei segnatempo, già dagli anni Settanta in poi, l’orologeria di alto profilo ha messo da parte il mito dell’orologio d’oro, con l’introduzione di modelli in acciaio caratterizzati da un alto livello di finitura. Sono trascorsi più di quaranta anni e la ricerca in questo campo non si è fermata. I nuovi materiali si sono pian piano insinuati anche nei movimenti meccanici per migliorarne le performance, ovvero precisione e durevolezza. Le novità più eclatanti in questo senso appartengono a Patek Philippe e Panerai. Il brand ginevrino ha ulteriormente migliorato le prestazioni dei suoi prodotti con un composto di silicio in-
sensibile ai gradienti di temperatura e ai campi magnetici, con una nuova geometria che ha fatto registrare risultati di marcia eccezionali in laboratorio. L’italiana Panerai ha osato e vinto la sfida nell’impiego del carbonio, per eliminare quasi totalmente la lubrificazione dal movimento. Composti polimerici e carbonio sono scelti per la loro leggerezza e per la resistenza a graffi e usura: fattori determinanti nella scelta di un orologio tecnico di ultima generazione. Eppure c’è anche chi non vuole rinunciare al peso del lusso: a loro ci pensa il Magic Gold di Hublot, oro a 18 carati brevettato. Inscalfibile, permette di allacciare al polso un orologio prezioso senza temere di graffiarlo irreparabilmente: binomio perfetto di lusso e innovazione. In generale dai frammenti del presente si scorgono scorci di futuro, dove i nuovi materiali e le nuove tecnologie saranno totalmente determinanti per l’innovazione del settore orafo. La vita può essere compresa solo guardando indietro, ma deve essere vissuta guardando avanti.• Luxury moves on: when research is the epitome of style New materials and technologies put a new slant on the meaning of precious materials and experimentation gets a new lease of life Jewellery has always been a commingling of art, craftsmanship, fashion and design. On the one hand, there is the power of art with its infinite rarity and enduring worth, on the other, there is the appeal of fashion with its fleeting beauty and inherent transiency. A handmade jewel is both of these. It safeguards the precious materials it is made from and offers a guarantee of eternity. Yet today is not the same as yesterday: goldsmiths and designers are no longer bound by the real value of raw materials, but free to explore new materials and technologies without having to fear that the inherent worth of the piece of jewellery will be affected. There can be no doubt that the Italian market is ready for this. Women have become more confident in their tastes and are drawn to unusual materials or striking combinations like ebony and gold, or large colourful jewels with a titanium base - affordable but tricky to melt. An ultramodern approach to jewellery creation which puts a brandnew spin on the concept of luxury and elevates it with cutting-edge techniques. Then, polyurethane, a man-made material, is becoming increasingly popular and is used together with natural stones which contrast starkly with modern designs. Enormous crystal rings, long lavaliers, metal ingots enhanced by abstract shapes and an ingenious use of fur and plastic embellishments. An ever-widening range of materials and new manufacturing techniques have led to exquisite creations with gems and stones, but also to astonishingly elegant pieces of fashion jewellery. Materials like steel, perspex, patent leather, vinyl, latex, multicoloured glass and twinkling beads are some examples of superb detailing used in jewellery creation. Classic jewels used to create stunning designs are now adorned with metal strands, sequins, crystals, glass, beads, embroidery, silk, velvet bands and lace. Retro luxury is very much in vogue and is made primarily from copper, gold and platinum, but equally modish is a neo-tribal style which draws on the beauty of ivory, natural wood, copper, china, suede, fur, leather and plaited fringes and takes the form of dangling necklaces embellished with amulet pendants and chokers with natural stones. Punk-rock and futuristic styles are all the rage at the moment and they have brought us to love materials like black leather, black plastic or metal with silver studs, zips, vinyl and lace. Plastic, resin and glass fibre have all burst onto the scene and are
68
now staples in jewellery creation. The same applies to wood, printed steel or carbon fibre. As early on as the Seventies, high-end watchmaking began to oust the gold watch from its position of supremacy and introduce steel timepieces with exquisite finishes. More than forty years have gone by and this field is still advancing at full throttle. These materials have gradually seeped through to replace traditional mechanical parts, stepping up performance levels and making watches more precise and longer lasting. The greatest developments in this area have come to us from Patek Philippe and Panerai. The Swiss manufacturer Patek Philippe has improved performance levels of its product ranges with a silicon compound which is resistant to changes in temperature and magnetic fields, featuring a new structure that has given exceptional laboratory results. The Italian company Panerai went out on a limb and came out victorious with its use of carbon which has almost entirely done away with the need for lubrication. Polymer compounds and carbon were chosen because they emerged intact from scuffs, scratches and general wear and tear - crucial factors in the creation of a latest-generation hi-tech watch. Yet, opulence and luxury are still de rigueur for some customers and Magic Gold by patented by Hublot in 18-carat gold is just what they are looking for. Totally scratch-resistant, it means you can wear a decadent-looking watch without having to fear permanent damage - luxury and innovation have definitely come up trumps. To sum it all up, the air of the present is scented with the promise of the future when new materials and technologies will be a key factor in goldsmithery innovation. Life should be lived looking to the future ahead, but we can only understand it by turning back and contemplating the past. •
CIERRE
nica i non u ’ l li: ad a l r l t e a e te ail è qu i v i cess i cockt c e , l iosi li anel la. z n o te g Pre la per na reg o u reg ire alc e io n da z segu ac
Gli anelli non rappresentano solo l’amore eterno, la fedeltà, i legami, ma possono avere anche delle sfumature più frivole e leggere: è il caso dei cocktail ring, accessori inusuali che arrivano dai lontani anni ‘20 e sono ormai diventati un must have per qualunque fashion addicted. Il motivo? Sono gli unici anelli con pietra che possono essere indossati fino alle 18:00! Ma torniamo indietro nel tempo: è proprio intorno agli anni ‘20 che negli Stati Uniti le ragazze indossavano questo tipo di anelli ai cocktail party illegali. Tutta l’attenzione si focalizzava sull’anello, che divenne un indicatore dello status della donna a cui apparteneva. Durante il proibizionismo questo tipo di gioielli divenne un vero e proprio simbolo di libertà e disobbedienza, e sinonimo di una vita lieta e senza pensieri. Ma, un po’ come con le scarpe super colorate, i cappelli da spiaggia dalla maxi falda e gli abiti effetto nude, gli anelli cocktail sono così insoliti da destare un po’ di diffidenza. In realtà però si tratta di accessori artistici, multicolor e originali che meritano di trovare spazio nell’armadio. L’anello cocktail è il re dei gioielli, un accessorio dalla personalità molto interessante, assolutamente perfetto con abiti eccen-
70
de ur a
ll a
re
trici, colorati o in total black: anche indossare solo uno di questi anelli completerà il look. Nel 2016 l’anello cocktail ritorna fiero e trionfante sul red carpet, quando molte star del cinema scelsero di indossare questo tipo di gioiello alle cerimonie degli Oscar, Emmy e Golden Globe. Tra le celebrità che amano gli anelli cocktail ci sono Paris Hilton, Fergie, Madonna e Gwen Stefani. Non pensate solo agli anelli cocktail standard, ma immaginate vere e proprie opere d’arte che brillano tra la folla, conferendo un senso di sicurezza in chi li indossa. Ci sono due regole fondamentali: un anello cocktail perfetto non si può ottenere con la parsimonia e si può indossare solo sull’indice o sul medio della mano destra. I designer di oggi utilizzano differenti materiali per adornare i loro anelli cocktail secondo la loro fantasia. Può trattarsi di plastica, cristalli Swarovski, pietre naturali, vernice o elementi più stravaganti, come l’asfalto! L’anello cocktail può addirittura essere decorato con una pianta viva! Per lo stile l’anello cocktail è simile a qualsiasi anello di grosse dimensioni, ma lo supera in particolarità e finta preziosità. Gli anelli big richiedono di solito pietre molto preziose, mentre gli
DIAMOND ART
anelli cocktail possono essere più a buon mercato. La pietra incastonata sull’anello cocktail è di solito grande e luminosa, mentre la montatura tende a essere più semplice e modesta. Ci si può divertire a mescolare e abbinare gli anelli cocktail con cinture, scarpe, sciarpe e altri accessori. È possibile creare un look intero facendo riferimento ad un anello cocktail che diventa la base di un qualsiasi outfit. Le donne con dita lunghe e affusolate hanno il permesso di indossarne 2 o 3 cocktail ring sulla stessa mano, sia di giorno che di notte, a patto che abbiano una manicure perfetta! •
Cocktail Ring Gaudy, dramatic and ostentatious - the only rule for cocktail rings is that they follow none. Rings do not only represent eternal love, faithfulness and strong bonds, they can also emanate a more frivolous and gleesome vibe like the cocktail ring, an unusual accessory which goes right back to the 20s and has now become a must for all fashion mavens. The reason why? They are the only rings with gems that can be worn until 6 p.m.! But let’s take a step back in time. Around about the 20s in the United States girls used to wear this kind of ring at illegal cocktail parties. All attention was focussed on the ring and indicated the status of the wearer. During Prohibition times, this kind of ring was a real symbol of freedom and defiance - it was synonymous of a blithesome careful lifestyle. But, just like garishly colourful shoes, beach hats with
72
a wide brim and nude-effect dresses, cocktail rings are so unusual that people look at them with suspicion. But they are actually artistic multicoloured and original accessories that everyone should have in their jewellery case. The cocktail ring is the king of jewels. It exudes a fascinating vibe which well suits eccentric, colourful or all-black dresses: one of these rings on your finger will help you to tie up any look. In 2006, the cocktail ring made a triumphant and proud comeback on the red carpet when a series of film stars chose to wear one at the Oscar, Emmy and Golden Globe ceremonies. To name but a few of the many celebrities who love cocktail rings, we have Paris Hilton, Fergie, Madonna and Gwen Stefani. We are not talking about standard cocktail rings but genuine works of art which sparkle as you sashay through the crowds, giving you an enormous feeling of self-confidence. There are two main rules: a perfect cocktail ring calls for largesse of spirit and it can only be worn on the index finger or middle finger of the right hand. Modern designers use different materials to adorn their cocktail rings and give vent to their imagination. It could be plastic, Swarovski crystals, natural gems, paint or more bizarre elements like tarmac! A cocktail ring can even be decorated with a living plant! In terms of style, a cocktail ring is much like any big ring, but it is more distinctive and has much more glitz. Big rings usually have extremely expensive stones on them, but cocktail rings are often found at lower prices. Generally speaking, the stone set on a cocktail ring is lustrous and showy, whilst the setting is simpler and more unobtrusive. Mixing and matching cocktail rings with belts, shoes, scarves and other accessories can be a lot of fun. You can hinge an entire look on a cocktail ring by using it as a focal point and building an outfit around it. Ladies with long tapered fingers may even wear 2 or 3 cocktail rings on the same hand - night and day as long as they have perfectly manicured nails! •
TRASFORMARE
IL TALENTO IN UNA PROFESSIONE
ARTEORAFA INCASTONATURA
OROLOGERIA
DESIGNDELGIOIELLO
SCOPRI I NOSTRI CORSI
TUTTE LE INFO SU
t +39 0823 517550 | f +39 0823 517551 | formazione@tari.it | www.taridesignschool.it
Il colore dei diamanti ed i diamanti colorati di Marcello Manna
Anche se sono diventati alla moda, a molti sembra ancora strano parlare di colore dei diamanti, per molti invece è l’unico elemento che conta per acquistare gemme uniche al mondo. Bisogna intendersi sul differente significato tra “la misura dell’assenza di colore” per i diamanti incolore - denominati commercialmente “bianchi” - ed i diamanti colorati in uno dei colori dello spettro della luce visibile all’occhio umano: giallo, arancio, rosso, rosa, blu, etc… perché il diamante è “naturalmente” sempre colorato (oltre il 90% dei diamanti estratti sono gialli, marroni e grigi) e solo rarissimi esemplari sono realmente incolore e vengono utilizzati in gioielleria. Nella prima accezione del significato di “colore” ci riferiamo ad una delle 4 C (Color) che viene classificata secondo i criteri stabiliti dal Gemological Institute of America (GIA) circa 100 anni fa con l’assegnazione di un grado sulla famosa scala in lettere che va dalla “D” (l’incolore assoluto) alla “Z” (giallo intenso). Il colore ed il taglio sono i fattori più importanti e decisivi per la bellezza di un diamante. Il grado del colore viene assegnato confrontando il diamante da classificare a faccia in giù con altri diamanti di riferimento, chiamati Master, quindi è chiaro che si tratta di una procedura possibile solo con un diamante non montato su un gioiello. Da alcuni anni esistono i “colorimetri” che permettono la rapida ed efficace misurazione elettronica del colore, anzi, dell’assenza di colore. Un fattore poco considerato, da acquirenti e venditori non esperti, è la fluorescenza, cioè la capacità di emettere un colore secondario visibile ai nostri occhi solo con la luce agli
74
ultravioletti. Questo fattore (che viene classificato dal grado “assente” al grado “molto forte”) non è in assoluto positivo o negativo, ma bisogna valutare caso per caso l’incidenza di questo colore secondario sul colore fondamentale e le conseguenti ripercussioni sul valore di mercato del diamante. Discorso completamente diverso per i diamanti colorati. In rarissimi casi i diamanti possiedono un colore come il giallo, arancio, blu, rosa, etc…colorazioni naturali dovute a minime contaminazioni di altri minerali nella composizione chimica avvenute durante la nascita dei diamanti composti al 99,95% da carbonio. Per classificare questi particolari diamanti non viene usata la scala con gradi lineari dalla D alla Z, ma il Gemological Institute of America (GIA) prendendo spunto dall’Atlante di Munsell ha sviluppato i parametri di Tinta, Saturazione e Tono, dove per “tinta” si intende il colore di base del diamante, per “saturazione” la sua forza e per “tono” la sua luminosità. Le recenti cronache hanno visto la definitiva consacrazione dei diamanti colorati. Le richieste del mercato al dettaglio per questi rarissimi diamanti (gialli, rosa, blu, arancio…) aumentano ogni anno sempre di più e da fenomeno di estrema nicchia, per cui esistevano solo 4 o 5 fornitori nel mondo, oggi si contano tanti intermediari in ogni parte del mondo che si approvvigionano di diamanti colorati, dando la possibilità di ammirarli nelle gioiellerie oltre che nelle aste più importanti del mondo. Per i diamanti naturali colorati non esiste un listino ufficiale di riferimento, ma, dalle analisi presenti sul mercato, negli ultimi 10 anni le
colorazioni di bassa intensità (light color) sono aumentate in dollari USA del 10%, mentre quelle più forti (vivid color) sono aumentate almeno del 35% nei colori giallo, rosa e blu. Nelle colorazioni più rare (rosso e arancio) non è possibile costruire serie storiche, data l’eccezionalità delle transazioni e l’unicità delle gemme che arrivano sul mercato. Se aggiungete l’effetto del cambio €/$ arriverete a cifre molto interessanti. La crescita del mercato dei diamanti colorati non è omogenea geograficamente, e vede una netta prevalenza della domanda negli USA e nei paesi economicamente più solidi. Un altro pilastro della domanda di diamanti colorati, è l’acquisto ai fini d’investimento. Nelle aste milionarie viene sempre spiegato che un diamante colorato non lo si progetta a tavolino, ma lo si trova casualmente durante le selezioni del grezzo e, a parte il colore giallo, non è possibile neanche programmare una coppia per un paio di orecchini con diamanti colorati! • The colour of diamonds and coloured diamonds Even though coloured diamonds have been in vogue for a while now, the combination of colour and diamonds still seems a strange one. Yet for many customers they emanate irresistible appeal and a guarantee of buying a one-of-a-kind gem. We should be clear about the difference in meaning between “the extent of absence of colour” for colourless diamonds (commercially known as “white diamonds”) and coloured diamonds in a shade of the light spectrum visible to the human eye: yellow, orange, red, pink, blue, etc… because in actual fact a diamond is naturally coloured all of the time (over 90% of mined diamonds are yellow, brown or grey) and only some very rare stones are actually colourless and used as jewellery. In the first sense of the meaning of “colour”, we wish to make reference to one of the 4 Cs (Colour) which was classified according to the precepts established by the Gemological Institute of America (GIA) about 100 years ago which organised colours into grades on the famous letter scale that goes from “D” (absolutely colourless) to “Z” (bright yellow). Colour and cut are the most important and decisive factors when evaluating the beauty of a diamond. The degree of colour is assigned by comparing the diamond to be classified face-down to other diamonds, known as master stones. Clearly, this procedure is only possible if the diamond is loose and not set on a jewel. Colorimeters have been in existence for a few years now. They use electronic methods to quickly and efficiently assess colour - or rather the absence of it. One factor that inexperienced buyers and sellers tend to overlook is fluorescence - this is the luminescence emitted which is only visible to us when the stone is exposed to ultraviolet light. This factor (which goes on a scale of absent up to very strong) is not good or bad in itself, but must be weighed up on a case-by-case basis. The effect of the secondary colour together with the main colour must be considered and this can affect the market value of the diamond considerably. The parameters change completely when it comes to coloured diamonds. In some very rare cases, diamonds have a a proper colour such as yellow, orange, blue or pink...these are natural tints caused by minor contaminations coming from other minerals occurring whilst the diamond, which is made of 99.95% of carbon, formed chemically. In order to rank these special diamonds, the linear scale going from D to Z is not adopted. To classify colour the Gemological Institute of America (GIA) took its cues from the Munsell Atlas and created the parameters of Tint, Saturation and Tone. Tint indicates the base colour of the diamond, Saturation indicates its strength whilst Tone indicates its degree of luminosity. Recent reports bear witness to the fact that coloured diamonds are scaling new heights. Demand on the retail market for these extraordinarily rare diamonds (yellow, pink, blue, orange..) increases with each passing year. From being a
76
niche product with only 4 or 5 suppliers across the globe, today there are intermediaries in every corner of the world who stock coloured diamonds, meaning that these breathtakingly beautiful stones can be viewed in jewellery windows as well as at the most important international auctions. There is no official price list for naturally coloured diamonds, but market analyses shows that over the last 10 years the price of light-coloured diamonds has gone up by 10% in US dollars, whilst the cost of vivid-coloured stones has gone up by at least 35% (for yellow, pink and blue gems). For the extremely rare shades (red and orange) it is impossible to gather any background data because any transactions have been few-and-far between and the number of gems on the market so small. Then, if we factor in the €/$ exchange rate, figures start to get heady. The coloured-diamond market has not grown evenly in geographical terms. There is a clear preponderance in demand in the United States and other very wealthy countries. Investment also strongly motivates people to buy coloured diamonds. Auctioneers working for prestigious houses will explain that a coloured diamond cannot be planned ahead of time. It simply pops into sight whilst uncut diamonds are being scrutinised and, apart from yellow stones, it is not even possible to make a pair of earrings with coloured diamonds - you might find one, but two is pushing it! •
77
Nulla si crea tutto si copia: la moda di oggi è sempre in bilico tra il concetto totale di emulazione tra brand e vera innovazione creativa a cura della redazione
I cloni della moda Ispirazione è prendere spunto, seguire lo stesso fil rouge o identificarsi in un particolare; copiare è copiare, c’è poco da discutere. Copiare è un plagio, una sorta di furto, di copia/incolla del talento altrui. Di fatto è quasi impossibile sapere chi copia chi. È piuttosto comprensibile che i marchi low cost diano una versione più accessibile di capi che non sono alla portata di tutti, ma il mistero resta per i brand più rinomati e prestigiosi: perché si copiano tra loro? Il marketing potrebbe essere una spiegazione plausibile: se un prodotto va bene e riscuote successo, una griffe, seppur d’eccellenza, trae spunto, o meglio copia, per avere lo stesso riscontro positivo. Ormai con i social però nulla sfugge e in più, in particolar modo su Instagram, spuntano i guerrieri delle copie: nuovi critici di moda che scovano gli emulatori a colpi di post. Il tema delle copie nella moda è un argomento complesso che spesso finisce in cause legali. Celebre il caso della suola rossa di Louboutin che infiammò tanto i tribunali quanto le notizie su siti e magazine. O quello del marchio di scarpe Aquazzurra che si scagliò contro la linea di calzature di Ivanka Trump, accusata di copiare le sue creazioni. Rilevante anche il caso della bag Balenciaga (1.770 €) al confronto con quella Ikea (0,60 centesimi €): il bello, in questo
78
paradosso del lusso, è che non è stata Ikea a copiare Balenciaga come accade tutti i giorni con le copie «tarocche» delle grandi firme. Ma viceversa. La shopper Ikea diventa un modello per l’alta moda e l’azienda svedese è lusingata per la scelta. E altrettanto frequenti sono i ricorsi delle maison contro i gruppi del fast fashion che si ritrovano costretti a ritirare parte delle loro collezioni dagli store. I numerosi brand fondati a partire dall’inizio del secolo scorso e fino al secondo dopoguerra, infatti, da più di un decennio, sono disegnati e gestiti, a causa di forza maggiore, da designer che hanno culture e esperienze totalmente differenti da quelli dei fondatori. È stato così che, agli inizi di questo secolo, il «Dna del marchio», cioè i valori e i riferimenti che i fondatori hanno impostato al loro tempo, è diventato un must che avrebbe dovuto preservare lo stile che si riferisce al marchio. Ben presto, l’argomento si è dimostrato un’arma a doppio taglio, per cui spesso il riferimento ai valori originari si è dimostrato più un limite che uno strumento per affrontare la contemporaneità. È qui che entra in gioco la ricerca di autenticità, un percorso più difficile ma che lascia anche più liberi i direttori creativi di esprimere il proprio estro sul marchio che stanno disegnando. Il risultato è che alcuni stylist hanno sviluppato la capacità di trasformare le proprie riflessioni e le proprie immaginazioni in
79
quelli del marchio che stanno disegnando. Gli esempi più eclatanti sono quelli di Alessandro Michele e di Maria Grazia Chiuri che riescono a trasformare, rispettivamente in «autenticamente» Gucci e Dior, creazioni che nascono dalla loro creatività riuscendo a ottenere un ottimo riscontro nel mercato globale. Le antenne però ormai sono sempre dritte e sono gli stessi consumatori che vigilano sul prodotto. Rispolverando un account nato nel 2008, Balenciaga did it first (Balenciaga l’ha fatto prima), è oggi molto attivo su Instagram l’hashtag #Whodiditfirst e che raccoglie i post di molti account che fanno a gara per smascherare le copie che si notano sulle passerelle e nelle vetrine da una stagione all’altra. L’analisi è cruda e impietosa: vengono messi a confronto abiti e accessori, con tanto di anno di presentazione in passerella, in cui la copia di un brand famoso su un altro è evidente, anche se sempre con quella piccola variante preserva formalmente dal rischio del plagio. Il problema della copia nella moda è atavico. Oggi però è impossibile tenere i clienti all’oscuro, e quindi è il mercato stesso a pretendere l’originalità. • Fashion clones Nothing is really created because everything is copied from something else: modern fashion is a fragile balance between brand emulation and true creative innovation It is common knowledge that there isn’t much left to invent in the world of fashion. Designers dip constantly into the past with the odd innovative tweak. All this could be almost acceptable if it wasn’t for the unabashed current habit of slavishly copying something and making a small change to differentiate it from the source of inspiration. But inspiration means drawing on something, following the same underlying theme or latching onto a striking detail. Copying is copying - there is no excuse for it. Copying is plagiarism, it is a kind of theft. It boils down to copying and pasting someone else’s talent. The past years have been packed with copies and some shoppers have deliberately bought them because the price was lower. A point has been reached whereby we don’t even know who copies who. It is clear enough why the cheaper brands create an affordable version of garments which would not otherwise be accessible to everyone, but it continues to be a mystery as to why the most famous and prestigious brands copy each other. Marketing could be a plausible explanation for it: if a product gains popularity and is selling well, even the top designers can benefit by drawing inspiration (or just by straight copying) in order to enjoy the same level of success. Nowadays the social networks keep tabs on everything. Nothing goes unnoticed. Instagram is a prime example of this. Copy warriors are on the rampage and these new virtual fashion critics bring to light these copycats and strike them down with posts. Knockoffs in the fashion sector is a thorny matter which often ends up in court. The famous case of Louboutin’s red soles grabbed headlines on magazines and websites everywhere when the designer battled in court over the issue. Then there was the Aquazzurra lawsuit when the Italian luxury footwear brand accused Ivanka Trump’s company of having copied its creations. Another major case was that of the Balenciaga bag (1,770 euros) as compared to the Ikea bag (60 euro cents). This odd matter, in which a penny-pinching accessory battled against French luxury, was particularly bizarre because Ikea had not copied from Balenciaga as happens routinely with hundreds of designer reproductions. It had been the other way round. The Idea shopper became a haute couture item - a state of affairs which must have stroked the Swedish
80
company’s ego considerably. And it is a frequent occurrence for the traditional fashion houses to denounce the fast-fashion groups and force them to withdraw part of their collections from the stores. The countless brands founded at the start of the last century up until the second world war have been steered and guided by designers with cultural backgrounds and professional experiences light. But soon this apparent strength began to cut both ways and any references to original values proved to be more of a hindrance that a means to stay on the crest of the wave. And this was where the quest for authenticity came in. It was a tricky path to follow, but it left the creative directors free to express their inner talent and transfer it to the trademark in question. The outcome was that some designers developed the ability to adapt their inventions and fabrications to the trademark that hired them. Some shining examples of this are Alessandro Michele and Maria Grazia Chiuri who both manage to mould their work into authentic Gucci and Dior creations respectively. Their level of creative achievement has led to excellent returns on the global market. But now everyone is on the lookout and wary consumers have turned into fashion watchdogs. A dusted-off account first set up in 2008, Balenciaga did it first, has now become very active on Instagram and has become another account entitled Who did it first. It gathers together posts from many other accounts which vie with each other to expose the shameless imitations to be found on the catwalk and in shop windows each passing season. There is a disturbing starkness to it all: clothes and accessories are placed side by side labelled with the year in which they hit the catwalk. Therefore, the counterfeited item is all too crudely evident, even though there is always a tiny variation to preserve a vestige of formal protection from any accusation of plagiarism. Even more shocking is the photographic comparison between luxury brand items and fast-fashion articles which are brazen in their copying. The piracy market not only sells at low prices, it has also become so well organised that often the cheap knock-offs actually arrive on the market before the originals. The problem is that appropriation of other people’s designs has deep roots in the fashion industry. But one thing has changed. Customers cannot be hoodwinked any more and the market now demands originality. •
Customer Innovation
Innovazione digitale e “commercio unificato”, il mondo online che si connette a quello offline, ecco i nuovi strumenti per rivoluzionare i processi di acquisto e per trasformare la customer experience. Si pensi che i camerini interattivi fanno guadagnare a Ralph Lauren il primato per la capacità di portare innovazione digitale all’interno dei propri punti vendita e di mettere in comunicazione la dimensione virtuale a quella reale. Di fatto è vero che i consumatori che possono comprare il lusso sia online che offline spendono il 50% in più di chi compra solo offline: questa la constatazione di una ricerca sull’integrazione tra i punti vendita e i touchpoint digitali dei brand di lusso e dei principali grandi magazzini. In una società digitale come la nostra, il concetto stesso di punto vendita è quasi obsoleto e ha subito una profonda innovazione non potendo più essere identificato soltanto con quello fisico. Il processo d’acquisto non è più statico ma interattivo e caratterizzato da una forte connessione fra il mondo reale e quello digitale: per ottenere una visione completa del customer journey è necessario che i diversi canali di vendita, sia fisici che digitali, siano integrati fra loro.
82
a cura della redazione
PC, tablet e smartphone sono fortemente utilizzati per fare shopping, comparazioni di prezzo e trovare il negozio più vicino grazie alle tecnologie di geolocalizzazione. Il successo per una nuova customer experience è il percorso personalizzato per ogni utente e l’analisi dei dati in real time. La tecnologia da sola non è sufficiente: solo intervenendo sugli aspetti organizzativi e di processo da una parte e attraverso la conoscenza approfondita del proprio cliente dall’altra, è possibile sfruttare le grandi potenzialità che la tecnologia attuale offre. Tracciare i comportamenti e le azioni, dalla fase di scoperta dei prodotti a quella di acquisto, consente di conoscere il cliente e la sua personalità in un approccio human to human. Sono proprio i contenuti multimediali, come i video e le funzionalità interattive, che migliorano l’esperienza di shopping e influenzano l’acquisto compensando, almeno in parte, quegli aspetti che nello shopping online in genere mancano, ovvero la possibilità di indossare i capi, toccare e provare il prodotto e la facilità di restituzione degli articoli. L’Accenture Customer Innovation Network a Milano, il nuovo punto di sviluppo di Accenture, società multinazionale di consulenza, è il primo centro aperto per il mercato europeo e si aggiunge agli altre tre già operativi a Chicago, Singapore e Bangalore. Dentro ACIN si alterneranno delle startup che si rivolgono al settore moda, cibo e grande distribuzione. Come saranno gli acquisti del futuro? Si può già vedere! Nella casa smart determinate applicazioni ci aiuteranno a cucinare più velocemente un pranzo, grazie ai video che appariranno sul forno. Sul living table, tavolo dotato di uno schermo digi-
tale interattivo e touch, potremo sfogliare ricette e selezionare i prodotti che più soddisfano le nostre esigenze. La connected kitchen è il sogno di ogni donna che si divide tra casa, famiglia e lavoro infatti segnala quali dei prodotti visualizzati sul tavolo vanno comprati, gli ingredienti necessari per le ricette, le scorte in esaurimento, raccogliendo dati anche da altri ambienti della casa (come per esempio dalla lavatrice, in grado di segnalare quando è il momento di acquistare il detersivo). In bagno, lo smart mirror riconoscerà tratti e segni del volto e raccoglierà una serie di informazioni sul nostro stato di salute. Tutti questi dati verranno quindi elaborati dall’assistente virtuale che formulerà una serie di suggerimenti ad hoc. Nel supermercato, invece, con lo smartphone avremo una lista della spesa organizzata, potremo avere informazioni sui prodotti che compriamo e dei consigli per nuovi acquisti da fare. Nel negozio l’esperienza dello shopping diventa su misura, totalmente pensata per le nostre esigenze. Tutti i capi sono «connessi» con le informazioni personali che abbiamo fornito online, quindi i commessi sapranno già quale taglia e quale abbinamento proporci. Poi c’è la personalizzazione: tutti i capi si potranno cambiare a nostro piacimento, con pochi touch su uno schermo potremo vedere nuovi colori o tessuti da applicare al nostro acquisto. Il centro ACIN che non vuole essere uno showroom di tecnologia, ma un luogo dove si fa esperienza è articolato in diversi ambienti, tutti dall’alto tasso tecnologico. Tra questi un prototipo del ‘fashion store del futuro’, uno spazio allestito come una digital fashion boutique in cui l’esperienza, viene modulata in funzione del consumatore che la vive, attraverso la raccolta sistematica delle informazioni. Nella boutique il consumatore ha la possibilità di conoscere il processo di creazione dei capi e di personalizzarli grazie a sistemi di realtà virtuale. Le interazioni nel negozio vengono raccolte e sommate a quelle raccolte online, così da profilare e soddisfare al meglio il consumatore. • Customer Innovation When online and off-line come together, a unique shopping experience with an extra edge comes into being Digital innovation and unified trade. The online world is linking up to the off-line universe and these are the new instruments that will overhaul our purchase processes and turn around customer experience. Just think that Ralph Lauren’s interactive fitting rooms made him famously the first to bring digital innovation into his stores and create a clever bridge between virtual life and real life. Interestingly enough, it has been shown that consumers who buy luxury items both on and off-line spend 50% than shoppers who only make off-line purchases: this was the outcome of a survey looking into the relationship between stores and digital touchpoints of luxury brands and major department stores. In a digital society like ours, the actual concept of store has almost become obsolete and radical changes are underway seeing as the physical realm is now not the only one. The purchase process is no longer static, it is interactive and there is a strong connection between the real world and the virtual sphere. To gain complete control over the customer journey, various sales channels (both physical and digital) must be created and integrated. Computers, tablets and smartphones are all increasingly used by people to do shopping, compare prices and find their closest store
84
thanks to geolocation technology. What really heightens the new customer experience is the personalised path plotted out for each single user and data analysis in real time. Technology on its own is not enough. We can only exploit the enormous potential of modern technology if we ameliorate the organisational and process side of things on the one hand and thoroughly acquaint ourselves with the customer on the other. By tracking customers to see how they behave and what they do from the moment they see a product to the time they buy it we can get to know our customers and their personalities better. There is nothing more human than that. Multimedia contents like videos and interactive functions boost the shopping experience considerably and affect the purchase process. At least, these positive points make up to some extent for the downside of online shopping - the impossibility of trying something on, touching it, seeing it close up and the ease of returning it if it doesn’t suit us. The Accenture Customer Innovation Network in Milan, a recent development from Accenture the multinational consultancy corporation, is the first centre to open on the European market. There are three more operating centres in Chicago, Singapore and Bangalore. Inside the ACIN, there are a series of start-ups dedicated to the fashion world, food industry and large-scale retail channel. What is shopping going to be like in the future? We already know now! In our smart houses we will have special applications showing videos on the oven front and helping us to cook lunch more quickly. The living-room table will come with an interactive digital touch screen on which we will be able to flick through recipes and choose the ones we are drawn to most. The connected kitchen is every working woman’s dream. Instead of flapping around trying to keep home, office and family together, she can sit down coolly and sift through the available recipes. The device will tell her what ingredients need buying, what she already has in stock and what is running out. It will even give her information on other parts of the house (for instance, it indicates when the washing powder for the washing machine is low). In the bathroom, a smart mirror will recognise the features of our face and provide us with a set of data about our general health. All of this information will be processed by a virtual assistant which will reel off suitable recommendations. In the meantime, in the supermarket, our smartphones will organise our shopping list for us. We will benefit from information on the products we are purchasing as well as advice on other items to be bought at a later date. Inside the clothes store, the entire shopping experience will be bespoke and carefully moulded to our needs. All the garments will be connected to the personal data we have provided online so the shop assistants will already know what size we take and what other items are appropriate to suggest. Personalisation will go even further than this: all the garments can be changed at whim. Simply by touching the screen we will be able to bring up new colours or fabrics and see our planned purchase in another guise. The ACIN centre is not meant to be a technological showroom. Its purpose is to serve as somewhere to enjoy a highly diversified and extremely technological experience. One of the many areas is a prototype of a fashion store of the future. This space has been set up to be a digital fashion boutique in which the experience is adapted to the customer moment by moment by means of systematic data gathering. The boutique enables the customer to find out how the garments were made and personalise them by using virtual-reality systems. All data on store interaction is then saved and integrated with online information in order to draw up a precise profile and better serve the customer. •
FOTOSERVIZIO
Gioielli e accessori funzionali, dalle forme semplici e geometriche in nome dello stile Bauhaus.
geo metrie ad Giuliana Tizzano ph. Luciano D’Inverno
I preziosi riflettono i concetti di leggerezza, bellezza del design e totale razionalità. Dominati da intrecci regolari e linee limpide, i gioielli svelano così l’ambizione di voler regolamentare il caos universale, domandolo attraverso forme ben delineate.
Arkè Il Tarì showroom 55/58 arke.oro@virgilio.it
88
PACE
Gianni Pace Gioielli Il TarĂŹ showroom 46 www.giannipacegioielli.it
MEG GIOIELLI
L.C. Il TarĂŹ showroom 216 info@lcsrlgioielli.com
90
Goyatè Il Tarì showroom 232 www.goyate.com
Meg Gioielli Il TarĂŹ showroom 256/257 www.meggioielli.it
92
Gaetano Vitiello Jewelry Il TarĂŹ showroom 62/1 www.vitiellojewelry.com
I DIAMANTI NON SONO PER SEMPRE! di Marcello Manna
Molto spesso leggete notizie di diamanti in estinzione o, viceversa, di enormi depositi nascosti di diamanti…lo capisco subito quando mi sento chiedere: ma quanti diamanti ci sono ancora nelle miniere? E per quanto tempo se ne possono estrarre ancora? Per rispondere a questo genere di domande è inutile cercare su google, molto meglio affidarsi ai documenti delle aziende minerarie ed alle analisi indipendenti. Innanzitutto, distinguiamo il mercato tra quello dei diamanti grezzi e quello dei diamanti tagliati. Sono due mercati separati dove il primo ha per oggetto diamanti estratti dalla miniera allo stato grezzo, mentre il secondo riguarda i diamanti lavorati o tagliati come siamo abituati a conoscerli. Sono ovviamente collegati ed il mercato del tagliato dovrebbe riflettere l’offerta e la domanda di grezzo, invece, sono sempre più sfasati e non correlati nei prezzi creando situazioni come il paradosso attuale, in cui il prezzo medio dei diamanti grezzi cresce in media di anno in anno del +10% rispetto al prezzo medio del diamante tagliato e che ha indotto Martin Rapaport, l’ideatore del celebre listino, a domandarsi ironicamente durante una conferenza: “…perché acquistare nuovo grezzo, se la stessa qualità è disponibile già lavorata sul mercato a minor prezzo?”. Le difficoltà negli scorsi decenni di reperire mezzi finanziari
94
sufficienti al sostegno di una campagna di esplorazione di giacimenti diamantiferi, ha selezionato naturalmente i più forti operatori con fusioni ed acquisizioni tra le aziende minerarie collegate oggi ai più grandi gruppi economici e finanziari che dipendono indirettamente dal credito bancario concesso ai propri clienti tagliatori, come: Alrosa, Anglo American (De Beers), Rio Tinto, BHP Billiton, e poche altre realtà minori specializzate che sfruttano i giacimenti delle miniere in Africa, Russia, Canada, Australia. Questa concentrazione è avvenuta perché quando un’azienda mineraria decide di investire nell’estrazione di diamanti, non ha nessuna certezza del risultato finale. L’individuazione e l’eventuale sfruttamento di un filone diamantifero nulla dicono sulla qualità e sul valore dei diamanti estratti, a differenza dell’oro per cui è sufficiente estrarre e pesare il minerale per avere una sicura e determinata valorizzazione dell’investimento: la resa media di un giacimento è di 1 grammo di diamante ogni 10 tonnellate di roccia estratta. Di questo grammo solo il 20% è utilizzabile in gioielleria. Se fino al secolo scorso esisteva un unico operatore - De Beers - sul mercato dell’estrazione e della distribuzione dei diamanti grezzi, oggi la situazione è molto cambiata. Il mercato sembra più efficiente con la presenza di concorrenti, ciò dovrebbe significare prezzi elastici in funzione di domanda e offerta. A
95
tutto questo possiamo aggiungere la domanda del mercato dei diamanti tagliati per la fabbricazione di gioielli. Per capire quanto sono importanti le aziende che comprano i diamanti grezzi per lavorarli, basti pensare che le prime 7 taglierie del mondo hanno un affidamento bancario di oltre $30mld: un ombrello di sicurezza che permette di lavorare diamanti in qualsiasi condizione di mercato. E se questo ombrello si chiudesse? Il prezzo del grezzo non può scendere sotto una determinata soglia, perché altrimenti non sarebbe più giustificato economicamente estrarre diamanti. Cioè, se scendesse il prezzo si arresterebbe l’attività mineraria e mancherebbero diamanti “nuovi” da fornire al mercato fino a quando il prezzo non salirebbe di nuovo a livelli redditizi. E questo è proprio lo scenario presentato da diversi anni nello studio annuale commissionato dalla Borsa diamanti di Anversa. L’industria dei diamanti prevede un picco di produzione di diamanti grezzi per il 2019 di 150mln di carati che dovrebbe calare costantemente fino al 2025-2030 a 110mln di carati. Tutto questo avrebbe una soluzione, perché il problema principale è che da molti anni i prezzi in $/ct dei diamanti tagliati non aumentano quanto dovrebbero in misura tale da giustificare investimenti sostenibili per l’apertura di nuove miniere. • Diamonds are not forever! One often reads reports about how diamond sources are drying up, but then equally frequently we stumble across articles about vast hidden diamond deposits. I can tell what is on customers’ minds when they ask me “but how many diamonds are actually still down there? And how much longer can they carry on extracting them?” The answer to this question cannot be discovered by doing a google search. The only way to find out is to examine the documentation from diamond mining companies and the results of independent research. First and foremost, we must distinguish between uncut diamonds and cut diamonds. There are two separate markets. The first one deals with rough diamonds extracted straight from the mines, whilst the second one handles the cut or polished diamonds that we are all so familiar with. Obviously the two are connected and the cut-diamond market should reflect the value of uncut diamonds in terms of supply and demand- But it doesn’t. As a matter of a fact, the two markets are increasingly out of sync and the discrepancy between the prices has created a paradox - today the average price of uncut diamonds grows from year to year by +10% as compared to the poli-
96
shed diamonds. This absurd situation prompted Martin Rapaport, the author of the famous Diamond Report, to wonder during a conference whether: “..it was worthwhile buying rough diamonds, if the same quality of polished diamonds was available on the market at a lower price?”. Over the past few decades, the difficulties experienced in finding sufficient funds for exploration work to unearth new diamond fields has led to a natural selection of the most powerful players in the industry and brought about a series of mergers and acquisitions between mining firms which are now linked to mighty economic and financial groups indirectly resting on bank loans granted to their cutting customers, such as: Alrosa, Anglo American (De Beers), Rio Tinto, BHP Billiton and a few other small specialised companies which exploit the mining fields in Africa, Russia, Canada and Australia. This situation has come about because when a mining firm decides to invest in diamond mining, it has no certainty of a successful outcome. Even if a diamond field is unearthed and extraction begins, there is still no guarantee of quality or value. Unlike gold, where all that has to be done is extract and weigh, diamonds provide no certitude and any investments risk giving no or little return: the average yield from a diamond field is 1 gramme of diamonds for every 10 tonnes of quarried rock. Of this gramme, only 20% is viable for the jewellery trade. Up until the last century, there was only one diamond operator (De Beers) on the market for mining and distributing rough diamonds. Today matters have changed significantly. There being various competitors, the market is seemingly more efficient and this should lead to prices which rise and fall according to supply and demand. To all of this, we must now factor in the demand on the market for cut diamonds destined for jewellery making. To have an inkling of how important the polishing companies and purchasers of rough diamonds actually are, one should be aware that the 7 biggest diamond-polishing firms have a credit line for more than $30 billion: a safety net that enables them to cut and polish diamonds under any market conditions. But what happens if the net breaks? The price of uncut diamonds cannot fall below a certain threshold because otherwise it would not make business sense to extract them in the first place. What that means is that if the price were to plummet, mining activities would come to a halt and there would be no more new diamonds on the market until the price rose enough again for the mining firms to make a profit. And this is the scenario which has been foreseen for a few years now in the annual report commissioned by the Diamond Exchange of Antwerp. The diamond industry envisages a peak of 150 million carats in uncut-diamond production for the year 2019 after which it should fall constantly until reaching 110 million in 2025-2030. There is a solution to all of this because the main problem is that for many years now the $/ct price for polished diamonds has not risen enough to warrant sustainable investments and open new mines. •
97
a cura della redazione
Direttamente dagli anni ‘90 esplode nuovamente la febbre da collarino: rigido, flessibile, elastico o regolabile, è ormai un must! Le choker-lover saranno felici: il collarino non solo è tornato di moda, ma è assodato che sarà uno degli accessori più trendy dell’anno. L’origine del choker è piuttosto assurda e contraddittoria e si snoda attraverso le sue più importanti rappresentati: da Anna Bolena a Courtney Love, passando rigorosamente per Cenerentola e Mia Wallace. Non è soltanto un accessorio pop che aggiunge quel pizzico di malizia e sensualità al proprio outfit, pare che il collarino si diffuse nel XVIII secolo in Francia, un semplice nastro rosso legato intorno alla gola, ed aveva un valore simbolico: un segno di protesta contro le condanne a morte con la ghigliottina indossato nel corso di party diventati famosi con il nome di “Balli delle Vittime”. È inquietante ricordare che una delle fan dei choker fosse Anna Bolena giacché, poco tempo dopo la conclusione del suo più famoso ritratto in cui indossa un collarino di perle con una grande B al centro, è stata fatta decapitare. Celebre il verso che ha cantato Courtney Love in Old Age: “Someone please tell Anne Boleyn, chokers are back in again”, ovvero “qualcuno per favore dica ad Anna Bolena che i collarini sono di nuovo di moda”. E lo erano per davvero: gli anni ’80 e in particolar modo i ’90 sono stati il clou di questo trend.
98
Non manca anche quel pizzico di erotismo nelle origini collegate al collarino visto che nella prima metà dell’800 era portato principalmente dalle donne di facili costumi, come testimonia Manet nel suo famosissimo quadro Olympia, che destò scandalo più per lo sguardo impassibile della modella, che per la sua nudità. Ma, per la legge dei contrasti e dei paradossi, più avanti rientrò nella moda sfoggiata dalla nobiltà e divenne tipico anche delle ballerine di danza classica. Ad oggi i designer hanno rinnovato il concetto di questo girocollo che di fatto esalta e mette in evidenza il collo, una delle parti del corpo più sensuale delle donne. Il choker attualmente è realizzato in innumerevoli varianti: plastica, velluto, acciaio, argento, oro o semplicemente impreziosito da strass e brillanti. Se prima aveva uno stile più street, ora il collarino è un accessorio indicato per outfit formali ed eleganti divenendo l’alleato perfetto di tutte quelle donne che non amano passare inosservate. Per la donna bon ton sono perfetti i collarini semplici arricchiti da un cristallo colorato, per le amanti del vintage il pizzo e raso sono ideali, chi opta per la versione luxury sarà colpita dal choker “Notte di San Lorenzo” portato in scena da Damiani, un modello in oro bianco con diamanti di indiscutibile eleganza.
99
La fatidica domanda però è: a chi sta bene il choker? Può essere indossato da tutte, ma bisogna fare attenzione al tipo di girocollo che si sceglie. Per le teenager la versione tattoo o il nastrino in raso sono perfetti, mentre per le donne più adulte meglio piccoli girocolli di perle o in oro. Per un’occasione quotidiana e informale in cui il choker non deve essere protagonista, meglio indossare un top o una maglia che lo incornicino, con uno scollo a barchetta o un girocollo. Per una serata speciale con un choker elegante e sofisticato, magari in metallo rigido, è preferibile un abito o un top con una scollatura a “V” o un abito senza spalline, in modo da mettere in risalto la collana. Per un look particolare, abbina una o più collane lunghe al tuo choker regolabile in tessuto o pelle. Curiosità: la prima icona che ha usato il choker? Cenerentola. Strappata dal principe alla sua vita modesta e fatta di frustrazioni, la ricordiamo con un nastrino blu al collo e nel suo scintillante abito cristallino! • Chokers: spanning past to present A fashion from the ‘90s, chokers are back with a bang: rigid, flexible, stretchy or adjustable, they have become a fashion must! Choker lovers will be delighted: not only has this necklace style made a comeback, it is also becoming one of the trendiest accessories of the year. Chokers have outlandish origins, boasting an illustrious yet paradoxical history of wearers which include Anne Boleyn, Courtney Love, Cinderella and Mia Wallace. There is much more to this go-to accessory than first meets the eye. It is not just a way to add a hint of languidness and guile to an outfit. The choker fashion has its roots in eighteenth-century France - at the time, it was an unassuming red ribbon tied around the throat with a strong symbolic value - it was a sign of protest against the cruelty of the guillotine which had stolen so many lives. Bereaved female relatives and friends wore one whilst they danced off the fear and sorrow at famous parties called the “Victims’ Balls”. Another gruesome association that springs to mind is that between the choker worn by Anne Boleyn made up of pearls with a large B pendant in the middle and her violent death. A portrait was painted of her wearing a choker shortly before she lost her head. And Courtney Love added her own tribute to chokers when she recorded her version of Old Age: The lyrics ran: “Someone please tell Anne Boleyn chokers are back in again”. And they really were: throughout the 80s and especially the 90s they were all the rage. And a touch of eroticism emerges from depictions of past chokers adorning the necks of harlots in the first half of the nineteenth century, as is shown eloquently in Manet’s famous painting Olympia. At the time, the public were more scandalised by the model’s confrontational gaze than by her stark nakedness. But coming back to today, the choker reached a fashion apex during the TV series Beverly Hills 90210: teenage girls all over emulated their small-screen heroines by wearing stretchy plastic chokers. And now designers have re-imagined this necklet which exalts the intrinsic beauty of the neck - one of the most sensual parts of a woman's body. Modern chokers come in countless different versions: plastic, velvet, steel, silver, gold or simply embellished with diamanté or sparkly accents. If before a choker had a street vibe, today it is the perfect accessory for formal elegant outfits and it is the ideal style companion for women who like to stand out from the crowd. The best chokers for ladylike fashion mavens are those decorated with a simple coloured gem, whilst vintage lovers will want one made from satin and lace. One striking luxury piece is the “Notte di San Lorenzo” (“Night of the Shooting Stars”) version from the prestigious Italian jewellery house Damiani. It is made from white gold and studded with unimpeachably elegant diamonds.
100
But the hundred-dollar question is: do chokers really suit everyone? In actual fact, anyone can wear one, but finding the right style is crucial. Tattoo or satin-ribbon versions are ideal for teenagers whilst anyone over the age of twenty one should go for a dainty style embellished with pearls or crafted from gold. For an informal routine occasion for which you don’t want you choker to steal the limelight, wear a top or t-shirt that frames it with a crewneck or boat neckline. If, on the other hand, you want to outshine the rest with a sophisticated highly rigid choker in shiny metal, go for a dress or top with a V-neckline or an off-the-shoulder style which will accentuate the necklet’s allure. For a really special look, wear one or more longer necklaces alongside an adjustable choker in fabric or leather. Bear in mind though that only the simplest chokers should be matched to earrings. For any more intricate ones, it is better not to go down that path. Do you know who the first female icon to wear a choker was? It was Cinderella. Finally free from the drudgery of her miserable life, she stood radiant in a scintillating dress with a blue ribbon around her throat! •
101
GLAMOUR TIPS | LUCKY JEWELS
3
1
LUCKY 2
4
jewels
7 5
6
Ferri di cavallo, coccinelle di strass, anelli con il quadrifoglio: il gioiello portafortuna si ritaglia un ruolo da protagonista anche nella moda ed è dedicato a chi vuole farsi tentare dalla buona sorte. Ci si veste e ricopre di simboli che diventano vezzi originali immediatamente riconducibili ad uno stile personale e ben definito
8
9
1 - Arkè, ciondolo in oro 18kt - 2 - Oroverde, ciondolo in oro 18kt - 3 - Meg Gioielli, ciondolo argento in tre misure - 4 - Urigold, ciondolo in oro 18kt e agata bianca - 5 - Dotea Preziosi, corno in corallo, oro e diamanti - 6 - Idea Coral, ciondolo corno di corallo con oro e diamanti - 7 - Gianni Pace Gioielli, ciondolo in oro con diamanti - 8 - Gennaro Tortora, corno traforato con corona in argento 800 microfuso. Manifattura italiana - 9 - Castronuovo Gioielli, anello in oro 18kt con diamanti
12
13 11
15 10
14
16
18
17
10 - Rovian, collana in argento, cammei e bronzo - 11 - Maurizio Vitagliano, ciondolo in oro e diamanti - 12 - Gaetano Vitiello, ciondolo in argento con cameo - 13 - Sacha, ciondolo in oro con diamanti - 14 - Roberto Giannotti, geco in argento - 15 - Confuorto, orecchino in legno dipinto in corallo e metallo - 16 - Barra, bracciale in argento - 17 - Goyatè, bracciale in argento 925 con ematite naturale - 18 - Gennaro Napoletano, bracciale goodluck con inserto in argento e zirconi
a cura della redazione
Collezioni trendy ad un prezzo accessibile? Ora è possibile grazie alle collaborazioni tra le più comuni e diffuse catene di abbigliamento ed i brand di alta moda
104
Grande felicità per le fashion addicted, sogno ambito per chi fatica ad arrivare a fine mese: l'abito firmato non è più qualacosa di elitario o irraggiungibile, riservato a poche, ma diventa fruibile a tutti. Il colpo di scena è che il super dress realizzato dallo stilista superstar, il simbolo di una raffinatezza a cinque stelle, in tempi di crisi economica diventa accessibile grazie a quelle strane contraddizioni del vivere contemporaneo dove per l'appunto l'haute couture diventa low cost. Le prime collaborazioni risalgono al 2004, anno in cui H&M realizza una preziosa partnership con Karl Lagerfeld. Il 2006 è l’anno di Target, che lancia una capsule collection con Proenza Schouler: questa iniziativa gli ha concesso un ulteriore lancio, oltre alla possibilità di far conoscere al grande pubblico alcuni dei suoi capi simbolo come gli abiti-bustier. Nel 2007 la collezione di Cavalli per H&M è stata presentata in soli 200 negozi e la vendita è durata meno di un'ora, andando immediatamente esaurita. Nel 2014 il direttore creativo di Givenchy, Riccardo Tisci, è stato chiamato da Nike a creare una linea di sneakers: era alla sua prima esperienza con un brand di sporstwear, benché le sue collezioni abbiano spesso attinto a piene mani dallo streetwear. Nel 2015 ha destato molto scalpore la collaborazione tra H&M e Balmain: una linea all'insegna di una femminilità ostentata che rispecchiava appieno lo stile della maison parigina con spalle strutturate dall’allure '80s, colori intensi, copiose pennellate dorate e ovviamente lustrini, borchie e paillettes. La capsule collection di Kenzo per H&M nel 2016 in perfetto jungle streetstyle con colori pop, si è aggiunta ad una già molto nutrita lista di grandi nomi che hanno collaborato per il brand svedese: da Versace a Margiela fino a Lanvin. Molto curioso nel 2016 l'incontro tra Jean Paul Gaultier e OVS che ha dato vita ad una collezione creativa, ironica, irriverente e un po' ribelle. L’Haute Couture anni '80 di Gaultier è tornata così a dettare legge, ma con i prezzi democratici del brand italiano OVS che, dopo Elio Fiorucci, Costume National, Matthew Williamson, Kristina Ti e Alberto
Aspesi, ha scelto il designer per regalare a tutti un autunno/inverno sexy e divertente. Il "cobranding" in qualche modo mette d'accordo gli aristocratici design della moda e le catene di abbigliamento più economiche. Funziona così: gli stilisti disegnano linee pensate ad hoc per i grandi magazzini e, mettendole in vendita a prezzi modici, assestano un colpo micidiale al discutibile "vorrei ma non posso". Queste collaborazioni naturalmente destano enorme soddisfazione nelle catene di abbigliamento, ma per i grandi stilisti come funziona invece? È certamente anche per loro un'occasione di giocare finalmente con un pubblico più ampio, perchè può diventare monotono produrre sempre e solo per una nicchia ridottissima legata alle cifre assurde degli abiti. Cambia la filosofia del vestire, insomma, ormai spendere l'equivalente di uno stipendio per un vestito è fuori moda e a quanto pare comprare nel grande magazzino non è più cheap ma è totalmente di tendenza. • Cheap and chic! On-trend collections at affordable prices? They have finally become reality thanks to the numerous collaborations between popular clothing chains with broad coverage and the haute fashion houses. Much to the joy of the fashion addicted. This is the achievement of a dream for those who struggle to make ends meet every month. Now a designer gown is not just an elite affair or a whim for members of the in-crowd, it has become within everyone’s reach. What a turn up for the books that the covetable dress made by a wunderkind designer, once an symbol of unobtainable refinement, has become suddenly accessible in these times of economic depression due to one of those strange contemporary flukes. Who would have thought that haute couture would ever become low priced? The first collaborations date back to 2004, the year in which H&M entered into a profitable partnership with Karl Lagerfeld. 2006 was the year when Target launched a capsule collection with Proenza Schouler: this alliance gave the design duo greater visibility and an opportunity to familiarise the public at large with their signature bustier dress. In 2007, Cavalli’s collection for H&M was presented in only 200 stores. Sales lasted for less than an hour and everything was sold out. In 2014, Givenchy’s creative director, Nike appointed Riccardo Tisci to create a sneaker range: it was Tisci’s first experience with a sportswear brand even though his collections often have a strong streetwear vibe. In 2015 the collaboration between H&M and Balmain raised many eyebrows: a fervently feminine range which perfectly encapsulated the essence of the Parisian fashion house with imposing shoulders emanating an 80s feel, vibrant colours, shiny splashes of gold and obviously spangles, studs and sparkles. Kenzo’s capsule collection for H&M in 2016 was in perfect jungle-street style with pop-art colours. He was one in a long line of prestigious designers to have worked with the Swedish multinational. Versace, Margiela and even Lanvin, the haute designers’ rendezvous with multinational clothing retailers has become a cult appointment for fashion mavens. The encounter between Jean Paul Gaultier and OVS in 2016 was a bizarre one and it spawned a creative, self-mocking and flippant collection with defiant overtones. Gaultier’s haute couture from the ‘80s ruled the roost once more, but at the democratic prices of the Italian OVS brand which had already enjoyed fashion alliances with Elio Fiorucci, Costume National, Matthew Williamson, Kristina Ti and Alberto Aspesi before it chose the louche sexy French designer to energize the Autumn/Winter season. Somehow cobranding manages to bring together the noblesse of fashion design and the cheaper clothing chains. This is how it works: the designers create special collections for the large department stores and by selling them at reasonable prices they definitely seduce the “wish I could” crowd. Obviously, this kind of collaboration is good news for the clothing chains, but how does it work for the luxury designers? There can be no doubt that there is plenty in it for them too. For once they can play to a larger audience, after all it can become tedious only having to churn out outfits for a tiny niche which can pay ridiculous sums. The whole approach to clothes changes. It has become inelegant to spend an entire month’s salary on a dress whereas shopping at department stores is not considered to be cheap, but fashion-forward. •
106
107
Incontro con Pedro e Pablo Pérez
Nella foto: Pedro e Pablo Pérez, editore e direttore generale di Grupo Duplex
In Spagna con la forza della comunicazione “Siamo un valido ponte per stabile relazioni commerciali con tutti i clienti di lingua spagnola” Entrambi responsabili di uno dei gruppi di comunicazione più importanti del settore della gioielleria – orologeria nel modo ispanico, hanno avuto i primi contatti con il Tarì sin dai primi anni dell’apertura del centro, nel tentativo di collegare i due mercati, quello spagnolo e quello italiano. Più di 40 anni di esperienza nel settore … Come è iniziata la vostra attività? Grupo duplex ha iniziato la sua attività editoriale più di 40 anni fa. Forse Arte y Joya, la nostra rivista storica, è anche la più conosciuta a livello internazionale. Successivamente, si sono aggiunte altre pubblicazioni fino a quando nel 1998 abbiamo sentito l’esigenza di un nuovo pro-
108
dotto, un periodico con cadenza mensile consegnato puntualmente a tutti gli operatori del settore. È nato così Contraste, che nel mese di settembre è arrivato al duecentesimo numero. Da quel che dite, avete adattato nel tempo gli strumenti di comunicazione alle necessità del mercato. Come vi posizionereste ora, nel pieno della rivoluzione tecnologica? La priorità di Grupo Duplex è sempre stata quella di adattarsi alle circostanze, o meglio ancora, di anticipare i nuovi trend. Per questo motivo, da alcuni mesi, con l’integrazione di Pablo Pérez come direttore generale, ci siamo impegnati appieno nei social network e nel fornire servizi diversi come le newsletters giornaliere, i
di Petra Marín
video su youtube, ecc. Voi e il Tarì, un rapporto che va avanti da anni... Si, la nostra relazione è iniziata più di 17 anni fa, quasi subito dopo l’avvio di questo ambizioso progetto di cooperazione nel settore, unico in tutto il mondo. Abbiamo svolto un ruolo pioneristico nel far conoscere in Spagna il Tarì, le sue aziende e i suoi servizi. In occasione di alcuni incontri, quando ancora non esistevano le fiere Tarì Mondo Prezioso, siamo riusciti a portare al centro più di 100 buyers. Facciamo i nostri auguri e complimenti all’attuale Presidente nonché nostro amico, Vincenzo Giannotti, per come sta portando avanti un progetto nato venti anni fa adattandolo in un mondo in continua evoluzione.
109
110
Credete che questa cooperazione possa crescere ulteriormente? E in che modo? Le nostre sensazioni e feedback ci confermano che i paesi latini, hanno come punto di riferimento la Spagna. Noi siamo i latini europei, amiamo la gioielleria italiana e, pertanto, siamo un compagno di viaggio eccellente, un ponte valido per stabilire relazioni commerciali anche con l’America Latina. •
communication tools to market needs. How are you positioned now in the midst of the technological revolution? The priority of the Grupo Duplex has always been that of adapting to its circumstances - actually, to stay ahead of the trend curve. This is why for some months now, after Pablo Pérez also became director general, we gave our full attention to the social networks and started to deliver out a series of services such as daily newsletters, videos on youtube, etc. You and Tarì go back a long way, don’t you....
In spain by the power of communication A first-hand encounter with Pedro and Pablo Pérez
Yes, we go back more than 17 years. It was a formidable venture, an exceptional cooperation project which is unique in the world. We steered a trailblazing path when we introduced the Tarì jewellery centre, its companies and its services to Spain. On some occasions, before the Tarì Mondo Prezioso trade fairs existed, we even managed to bring more than a 100 buyers to the centre. We would like to congratulate our friend and the incumbent President, Vincenzo Giannotti, on the way he is taking things forward and developing a twenty-year-old project, making it fit into a constantly changing world. Do you think that your relationship will continue to grow? And in what way? Based on various sources of feedback, our feeling is that Latin America looks to Spain for inspiration and guidance. We are the Latinos of Europe and we adore Italian jewellery. That is why we are an excellent travelling companion and a reliable bridge for establishing trade relations with Latin American countries. Caption for photo: Pedro e Pablo Pérez, editor and director general of Grupo Duplex •
“We form an excellent bridge to reach all Spanish-speaking customers and establish stable trade relations” Both in charge of one the most important communication groups for the jewellery/time-piece sector for the Hispanic world, they made initial contact with the Tarì jewellery centre when it was just starting out. The idea was to build a link between the Spanish and Italian markets. Over 40 years’ experience in the sector....so how did it all start? Grupo duplex cut its teeth in the publishing business more than 40 years ago. Perhaps Arte y Joya, our long-standing magazine, is the best known worldwide. Subsequently, other publications came onto the scene, and then in 1998 we felt that we were ready for a new product - a monthly periodical delivered to all sector operators. So, that is how Contraste came about. In September, it will be into its two-hundredth edition. What you are saying is that you adapted
111
GLAMOUR TIPS | BRIGHT GIRLS
1
2
girls Luce sui gioielli grazie allo stile sparkling e scintillante di quest’anno. Cascate di glitter su preziosi ad alto impatto scenografico che definiscono un total look vistoso ma che resta elegante e ricercato. Una sorta di glassa luminosa che irradia gioielli e accessori: l’importante è giocare con i bagliori per un effetto sfavillante!
4
6
1 - Roberto Giannotti, collana con pendente chiama angeli in argento dorato e cristallo Swarovski metallic sunshine - 2 - Idea Coral, orecchini in argento con zirconi e cameo - 3 - Arkè, orecchini in oro bianco diamantati - 4 - Urigold, orecchini in oro nero 18kt - 5 - Gennaro Tortora, orecchini a lastra traforata in argento 925. Manifattura italiana - 6 - Mewo, orecchini in acciaio placcati oro rosa - 7 - Gaetano Vitiello, orecchini in argento con pietra occhi di gatto
3
5
7
GLAMOUR TIPS | BRIGHT GIRLS
10
11
13
9
12 8
16
15 14
17
18
8 - L.C. Oreficerie, ciondolo in elettrofusione diamantato - 9 - Barra, ciondolo in argento - 10 - Giannotti Diffusione, ciondolo in oro - 11 - Diamond Art, ciondolo in oro 18 kt con diamanti - 12 - Goyatè, ciondolo in argento con madreperla naturale - 13 - Gennaro Napoletano, ciondolo in argento con zirconi - 14 - Confuorto, bracciale con cristalli swarovski ed elementi di ottone galvanizzati in oro 18kt e lastra dorata in argento 925 - 15 - Aucella, anello in oro, perla naturale South Sea e diamanti - 16 - Aucella, anello in oro con spola in corallo rosso naturale mediterraneo ed onice - 17 - Diamond Art, orecchino Fantasy in oro 18 kt con diamanti - 18 - Oroverde, bracciali tennis in argento e zirconi
Pink&Gold Il mood dell’anno si tinge di rosa e oro dalle borse fino ai gioielli, passando per le scarpe e l’interior design
Gold and Pink, sofisticate nuance dall’animo pop, diventano ormai un binomio indissolubile nel mondo del fashion e dei gioielli. I look delle serate scintillano nel segno del glam con i laminati che mettono insieme questi due colori in un contrasto di bagliori. Chiara e brillante come il sole, dunque, la scelta per moda e design è: puntare sui metalli pesanti in primis oro in ogni sfumatura, dal giallo al rosa, fino al bronzo. L’accessorio diventa quindi in tutto e per tutto un punto luce in grado di illuminare qualsiasi look da mattina a sera: dall’orecchino bon ton con perle cipria fino alle décolleté più audaci effetto coccodrillo. Scegliere un dettaglio oro & pink è la giusta soluzione per dare un tocco di luminosità, calore ed eleganza al look. Infatti, se ben calibrato, l’effetto precious illumina e riscalda l’outfit, donando nel complesso classe e raffinatezza. Tonalità metalliche, glamour e sensuali: la finitura gold ha un forte richiamo al passato, essendo da sempre utilizzata in uno stile più classico e tradizionale. Oggi viene reinterpretata e diventa di ultimissima tendenza con un tocco di pink in grado di conferire al look una nota festosa e sofisticata allo stesso tempo. Oro e rosa si connotano di un carattere molto femminile con toni di colore che ci emozionano con atmosfere dolci e delicate. Il colore rosa è, infatti, da sempre legato alla positività e alla speranza. Rappresenta la gratitudine, la comprensione e la tenerezza. Trasmette tranquillità e gioia di vivere. Il suo legame al gold lo rende più esclusivo e sofisticato, regalandogli charme e determinazione. • Pink & Gold. Whether you are looking at bags, jewellery, shoes or interior design, this year the entire fashion scenario is flushed pink and gold. Sophisticated hues with a rock core, pink and gold have become inextricably linked in the world of fashion and jewellery. Glitzy evening outfits shimmer invitingly when these two colours come together in a glowing palette of refinement. Bright and glistening like morning sunlight - what better reason could the design world have to place their bets on heavy metals? Fashion has requisitioned gold in all its nuances from yellow to pink and everything in between including bronze. So it is that accessories become a focal point, instantly elevating any look from desk to dinner. This goes for a ladylike powder-pink pearl pair of earrings to a bold crocodile-effect necklace. By opting for a pink & gold detail, fashion lovers strike an optimal balance between luminosity, warmth and elegance. Indeed, if you play your cards right, the precious effect lifts everything out of the ordinary and revitalises the whole outfit, imbuing it with infinite class and sophistication. Metallic notes brim over with glamour and sultriness: a gold detail is strongly rooted in the past because it has invariably been used for more classic and traditional styles. Today it has been given a new spin and with a hint of pink, it is now well ahead of the fashion curve. Nothing else gives party polish and refined razzle dazzle quite like gold. Pink and gold are also a fervently feminine combination which rejoice in the demureness and daintiness of the female nature. Through the ages, pink has been traditionally associated with optimism and hope. It also stands for gratitude, understanding and gentleness. It bespeaks serenity and joie de vivre. Together with gold, it becomes more exclusive and sophisticated with a note of resolve and subtle charm. •
114
GLAMOUR TIPS | BLACK MOOD
6 3
1
2
5 4
7
7 - Carla Coral, orecchini in argento - 8 - Gianni Pace Gioielli, anello in oro con diamanti - 9 - Idea Coral, anello in argento - 10 - JadÏ, anello in oro con diamanti - 11 Rudy’s, bracciale in argento - 12 - Gennaro Napoletano, bracciale in argento con zirconi
BLACK
1 - By Simon, spilla in metallo - 2 - Armonie by Progetti Oro, anello in oro 18kt - 3 - Castronuovo Gioielli, anello in oro 18kt con diamanti - 4 - Urigold, orecchini in oro nero e rosa 18kt - 5 - Fantasie GN, anello in oro rosa con diamanti - 6 - Rovian, anello Raffaello con diamanti neri
8
10 9
MOOD 11
Black is back: il nero ritorna prepotentemente di moda! Intramontabili, facili da abbinare e assolutamente eleganti: con i gioielli in total black è davvero impossibile sbagliare. Il nero lucido si alterna al nero matto: un gioco di materiali, contrasti e forme per un look sempre al top
12
GLAMOUR TIPS | BLACK MOOD
19 13
22 14
20
21
15 23
16
24
17 25
18
13 - L.C. Oreficerie, bracciale tennis in oro brunito e zirconi - 14 - Barra, bracciale in argento - 15 - Diamond Art, bracciale tennis in oro 18kt con diamanti - 16 - Goyatè, bracciale in argento brunito - 17 - Gennaro Tortora, bracciale in argento 925 con pietre nere, manifattira italiana - 18 - Cierre Gioielli, bracciale in oro 18kt con diamanti - 19 - Maurizio Vitagliano, croce in oro e diamanti - 20 - Maresca Officine Orafe, orecchini in argento 925 e onice - 21 - Sacha, ciondolo in oro con perla e diamanti - 22 - Arkè, catena in oro e ceramica con croce in oro e diamanti spinelli - 23 - Gaetano Vitiello, ciondolo in onice e argento - 24 - Meg Gioielli, orologio con cassa in acciaio pvd e quadrante madreperla ed argento. Personalizzabile - 25 Mewo - collana in acciaio
a cura della redazione
Niente paura ma solo determinazione: per rilanciare l’export nel settore della gioielleria. Le aziende non devono temere il cambiamento, ma riorganizzarsi in modo produttivo Non avere paura di mettere in discussione la propria organizzazione aziendale e produttiva, abbracciare le nuove tecnologie e competenze anche se sembrano lontane dal proprio core business, aprirsi a manager e capitali esterni: questi sono i presupposti per rilanciare l’export nel settore della gioielleria, un patrimonio unico di artigianalità e stile italiano. L’obiettivo è crescere non solo per incrementare i fatturati, ma per raggiungere una dimensione che consenta di investire in distribuzione e branding. Bisogna rivalutare le capacità delle aziende italiane per competere in un mondo globalizzato, forti di un know how orafo millenario, e avere il coraggio di cambiare la cultura d’impresa. Il messaggio deve essere forte: quotarsi serve non solo ad avere risorse fresche, ma anche a darsi disciplina e trasparenza e a farsi conoscere dalla comunità internazionale degli investitori. La potenzialità delle imprese familiari è enorme perché sanno trasmettere valori, oltre che know how creativo e capacità produttiva, ma la filiera deve imparare a fare sistema. La gioielleria è parte integrante del sistema moda, una realtà che non ha uguali né rivali nel mondo e che, considerata nel suo insieme, è la seconda voce dell’export italiano ed ha un valore di 80 miliardi di fatturato. È fondamentale però studiare le abitudini dei consumatori più
120
giovani e irrobustire i marchi, perché le aziende italiane devono competere con brand che spesso appartengono a colossi stranieri. Cina e Svizzera esportano più dell’Italia, ma il Belpaese è di fatto “la fabbrica del lusso” mondiale, un dato rilevato da Stefania Trenti, Responsabile Industry Servizio Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo. Le statistiche sull’export danno la Svizzera in vantaggio sul nostro Paese, ma parte di quelle esportazioni, come del resto quelle della Francia, sono di prodotti probabilmente Made in Italy. L’alto di gamma è quello meno in sofferenza, ciò conferma la necessità di specializzarsi in produzioni a più alto valore aggiunto. Nel mondo in questo periodo storico c’è un eccesso di capacità manifatturiera nel basso e medio di gamma, non nell’alto. Per aumentare l’export di prodotti Made in Italy bisogna lavorare sulla distribuzione. Si pensi che persino colossi come Tiffany o i gruppi del lusso francesi e svizzeri stanno riflettendo su personalizzazione del servizio e dei prodotti, ruolo dei social media e delle fiere. I brand italiani non sono svantaggiati, anzi: i loro punti di forza sono creatività, flessibilità e la possibilità di stabilire un collegamento tra tradizione e futuro. Il mercato mondiale sta vivendo una grande trasformazione e
persino alcuni giganti del settore, specializzati in gioielleria tradizionale, hanno visto calare fatturati e redditività. Di contro invece, gruppi della gioielleria entry price in argento o in altri metalli non preziosi, hanno raggiunto dimensioni rilevanti e continuano a crescere, anche a doppia cifra. Le aziende italiane non devono essere intimorite dal cambiamento, ma studiarlo e agire di conseguenza. Lo scenario internazionale del 2017 è sicuramente più confortante rispetto al deludente 2016. Per le imprese italiane dell’oreficeria non mancheranno quindi le opportunità di crescita nei mercati esteri. Il contesto continuerà però a essere caratterizzato da rischi, in particolare di natura politica. E gli elevati livelli di incertezza dovrebbero continuare a sostenere le quotazioni dei preziosi. Nel 2016 il prezzo dell’oro era cresciuto del 7,9% a 1.127 euro per oncia e nel primo trimestri del 2017 la tendenza non è per niente mutata. •
Export: New Is Good Armed with fearless resolve, jewellery firms must avoid viewing change with a sense of foreboding and be prepared to reshape their future constructively if they are to relaunch their business. Calling into question our manufacturing processes and corporate structure should not be a cause for dismay, actually we should embrace new technologies and skills even though they may seem to be unrelated to our core business. We only have to gain by opening up to external managers and outside capital. So, these are the keystones if we are to rekindle export activities in the jewellery sector which represents a unique legacy of fine craftsmanship and Italian flair. The goal is to grow not only with a view to increasing turnover, but in order to achieve a sufficient size for investing in distribution ventures and branding projects.
We need to see Italian enterprise in a different light and its skills need to be honed so that the knowledge amassed over the centuries can be pitted against a globalised world. For this to happen, Italian jewellery firms must change their business approach. There is no doubt about the way to go. Being listed is not only a means to obtain fresh investments, but it especially serves to show transparency, acquire discipline and gain visibility with the international investor community. Family-run enterprise has an enormous potential because it is imbued with moral values, not just with creative flair, immense skill and a huge manufacturing capacity. But it has to learn to work as a system. The jewellery sector is an intrinsic part of the fashion universe and the latter is second to none in the world. Taken as a whole, it is the second most important export area for Italy and is worth 80 billion in sales. Therefore, it is crucial to explore the habits of young consumers and strengthen our trademarks because Italian enterprise often has to compete with foreign giants on the market. China and Switzerland both export more than Italy, but “the Garden of Europe” is an international “luxury factory” according to Stefania Trenti who is in charge of Intesa Sanpaolo’s Surveys & Research Service on Industry. Export figures give Switzerland the edge over Italy, but part of those exported products are probably Italian-made ones. The same is true for France. All said and done, high-end products have had a better time which points to a need to specialise in value-added merchandise. At this particular moment in history, there is a manufacturing glut of low and medium-placed goods, but the same cannot be said for topof-the-range products. Distribution is one area that needs working on
if we are to boost exportation levels of Italian products. It is believed that even giants like Tiffany or the French & Swiss luxury-goods groups are already exploring ways to customise their services and products, social media and trade fairs. Italian companies are not at a disadvantage, though. As a matter of fact, the opposite is true. Their strong points are creativity, flexibility and their talent at forging a link between traditional values and future projects. The world market is currently undergoing massive changes and even some big-time corporations which are specialised in traditional jewellery have experienced a downturn in turnover and smaller profit margins. On the other hand, entry-level price jewellery groups dealing in silver or other non- precious metals have grown significantly in size and still continue growing today, reaching double figures. Italian enterprise must not be dismayed in the face of change. Rather it must examine closely what is happening to gain an understanding and act accordingly. In 2017, the international scenario looks definitely much rosier than that of 2016 which was quite dismal. For Italian goldsmithery companies, there will be plenty of growth opportunities on foreign markets. But we will still continue to be besieged by risk - particularly by political risk. And a heightened level of uncertainty should keep propping up the prices of gold and other precious metals. In 2016 the price of gold went up by 7.9% to 1,127 euros per ounce and in the first quarter of 2017 the situation appears to be little different. •
121
123