Molecole di Emozione nel Paradigma Empirico. Il substrato biologico del sentire - Valeria ABET

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LUMH LIBERA UNIVERSITA’ DI STUDI PSICOLOGICI EMPIRICI MICHAEL HARDY F.A.I.P. FEDERAZIONE delle ASSOCIAZIONI ITALIANE DI PSICOTERAPIA

Molecole di Emozione nel Paradigma Empirico La carica empirica Yin e Yang -Il substrato biologico del “sentire”-

di Domenica Valeria Abet

TESI D’ESAME Counselor in Discipline Psicologiche Empiriche

ANNO ACCADEMICO 2009-2010


A tutte le donne della mia stirpe. Valeria


INDICE

Introduzione............................................................................................................. 3 Capitolo Uno - Il Paradigma Empirico .................................................................... 5 Capitolo Due - Il mondo di Candace..................................................................... 11 Paragrafo 1- Cartesio ........................................................................................ 12 Paragrafo 2 - Cosa intendiamo dire quando parliamo di emozioni? ................ 13 Paragrafo 3 - Le emozioni nascono nella testa o nel corpo? ........................... 16 Paragrafo 4 – Le emozioni, il sentire sentire biologico (Peptidi e Recettori) ... 19 Paragrafo 5 – Il cervello elettrico ed il cervello chimico.................................... 21 Paragrafo 6 – La rete ........................................................................................ 24 Paragrafo 6.1 – La mente nel corpo.............................................................. 24 Capitolo Tre - Le emozioni, la base del nostro sentire......................................... 28 Paragrafo 1 – Il sistema immunitario ( cervello e corpo) .................................. 29 Paragrafo 2 – Le emozioni sono sane .............................................................. 31 Capitolo Quattro - La carica empirica ................................................................... 34 Paragrafo 1 – Archiviazione di un pensiero ...................................................... 34 Paragrafo 2 – Sovreccitazione biologica. ......................................................... 36 Paragrafo 2.1 – Moti strumentali .................................................................. 39 Paragrafo 3 – L’invecchiamento ....................................................................... 40 Paragrafo 3.1 – Il ruolo empirico del bambino .............................................. 42 Paragrafo 3.2 – Il ruolo empirico dell’adulto.................................................. 43 Paragrafo 3.3 – Il ruolo empirico dell’anziano............................................... 45 Capitolo Cinque - Cenni di Teoria dell’informazione ............................................ 47 Paragrafo 1 – La metafora di Bob Gottesman................................................. 47 Paragrafo 2 – Introduzione alla misurabilità della carica.................................. 50 Paragrafo 3 – Cenni di teoria dell’informazione................................................ 51

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Capitolo Sei - La carica empirica Yin e Yang ....................................................... 54 Paragrafo 1 – Lo Yin, lo Yang ed i loro ruoli empirici ....................................... 54 Paragrafo 1.1 – Il Paradigma empirico e i valori reali ................................... 55 Paragrafo 2 – La “salute” delle donne .............................................................. 56 Paragrafo 2.1. – il cervello ha un sesso? ...................................................... 57 Paragrafo 3 – Influenza del “testosterone” sul comportamento aggressivo .... 63 Paragrafo 4 – Cibo emozionale ........................................................................ 65 Conclusioni............................................................................................................ 69 Bibliografia............................................................................................................. 74

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Introduzione Lo scopo di questa tesi, è quello di mostrare come il Paradigma Empirico sia supportato dalle scoperte scientifiche della biologa e farmacologa dott.sa Candace B. Pert, esaminando in particolare gli ambiti del mondo emozionale femminile e maschile (Yin e Yang). La dott.sa Pert, nel corso dei suoi studi e ricerche, diede luce a molti aspetti sul come il nostro corpo produce e comunica emozioni. Nei primi anni ’70, tali scoperte rivoluzionarono la medicina allopatica, gettando le basi di quella che noi oggi chiamiamo medicina psicosomatica. Le ripercussioni dei suoi studi sono ancor oggi in viaggio, coinvolgendo rami scientifici come la biologia, la farmacologia, l’endocrinologia e non per ultima la neuro scienza e la psicologia. Alla Pert riconosciamo il merito di aver scoperto come i messaggeri delle nostre emozioni, in altre parole, i peptidi, viaggiano all’interno del nostro sistema mente/corpo allo scopo di incontrare recettori in grado di comprendere il messaggio spedito, determinando in ultima analisi il nostro “sentire” e quindi il nostro comportamento. Nel corso di questo testo ci occuperemo della “base biologica” del nostro sentire dal punto di vista emozionale, vedremo come questa ben supporta il “sentire sistemico” e come gli corrisponde. I concetti base del Paradigma Empirico, quali il sistema, l’ordine armonico, la funzionalità, la compensazione, i moti empirici, la qualità del sentire sistemico, la carica empirica, ecc.. sono tutti concetti che nel viaggio intrapreso durante la stesura di questa tesi, mi sono apparsi armonici rispetto agli studi effettuati dalla Pert. Come prima accennato, questo testo s‘inoltra nella disamina di un aspetto particolarmente interessante, vale a dire quello della carica empirica femminile e maschile,

regolata

complementare.

da

un sistema mente/corpo emozionale diverso e

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Che l’approccio del modo di pensare di un uomo e di una donna siano diversi, è un dato acquisito oramai da molti anni; sappiamo che uomini e donne utilizzano parti diverse del cervello per elaborare pensieri e generare comportamenti. Quello che invece è restato in parte inesplorata è la modalità d’approccio emozionale sia di una donna sia di un uomo. Ciò che la scienza da diversi anni ci dice e che l’esperienza comune e personale racconta, è che gli ormoni femminili e quelli maschili determinano in maniera preponderante il comportamento femminile e maschile. In realtà, l’approccio empirico già risponde a tutto ciò dandoci una grammatica, una chiave di lettura chiara rispetto a tale argomento, definendo i concetti di codice empirico Yin e Yang.

L’intento di questa tesi è quindi quello di accogliere e rivisitare tali confetti, guardandoli da un punto di vista scientifico utilizzando le conoscenze della biologia della matematica e della teoria dell’informazione. Vi sono mille modi d’approccio a tali argomenti, personalmente ho scelto questa modalità, per così dire “cartesiana” per due motivi, il primo mi deriva dalle mie precedenti conoscenze di matematica e di teoria dell’informazione e quindi, in un certo senso, è stato per me un approccio naturale. Il secondo, il più importante, è che la scoperta che esista un mondo emozionale interno a ciascuna persona, regolato dalle leggi intrinseche della biologia, è stato per me un viaggio interessante; inoltre, che questo mondo di regole sostenga no la teoria della grammatica dell’essere mi ha oltremodo entusiasmato. E’ stato come coniugare due aspetti di me e del mio vissuto in un unico punto. Auguro, a tutti coloro che avranno la pazienza di leggere queste righe un buon viaggio nel mondo delle grandi intuizioni di M. Hardy e della sua “Grammatica dell’Essere”, e delle “Molecole di Emozioni” della dott.sa Pert.

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Capitolo Uno - Il Paradigma Empirico L’intero capitolo è liberamente tratto da “La Grammatica dell’essere” Volume 1 “Il Paradigma Empirico” di Michael F. Hardy

Al di là delle regole sul vivere, che gli esseri umani si sono via via dati, nel corso dei millenni, esiste un sistema che è regolato dai principio della causa/effetto. Il sistema da origine ad un ordine armonico che riconosce come unico criterio per determinare l’evoluzione di tutte le cose, quello della funzionalità. Ciò nonostante si rifà al principio dell’armonia naturale. L’ordine ha quindi i suoi moti, le sue regole, le sue traiettorie seguendo le quali si formano tutte le future percezioni dell’uomo. Il rapporto tra ordine e sistema è paragonabile a quello che intercorre tra una persona e il suo corpo. Se il sistema corrisponde alla persona, l’ordine costituisce il suo corpo, il suo fare e il suo manifestarsi. Non è possibile distinguerli nettamente poiché interagiscono di continuo, facendosi da specchio in maniera reciproca. Sono quindi inter-dipendenti dal momento che l’uno è contenuto nell’altro. Possiamo quindi dire che il corpo è la manifestazione visibile e l’ espressione di fatto dell’ordine. L’ordine riconosce come suo principio cardine quello dell’equilibrio naturale, condizione base e punto di arrivo di ogni sforzo empirico. Ciascun moto viene convogliato in tale direzione, utilizzando a questo scopo la legge della compensazione. La legge della compensazione tende a ristabilire l’equilibrio naturale qualora esso sia stato violato. Laddove l’uomo non è in grado di apporre un equilibrio consapevole, la legge della compensazione interviene mettendo in atto una compensazione per suo conto.

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In tal caso, si instaura un equilibrio cieco che, per quanto apparentemente corrisponda alle richieste dell’ordine, in realtà costituisce una condizione fittizia, e quindi non nociva, per l’individuo.

Un processo di equilibrio forzato, questo, atto a far rientrare l’uomo in uno stato armonico apparente, laddove l’uomo ignori il suo scompenso. In una epoca di ipertrofia mentale, questo processo, è volto, oltre ad un’ infinità di campi d’applicazione psicofisici, anche al recupero del proprio sentire e della sua fenomenologia più ampia. Per raggiungere questa meta, l’ordine favorisce tutto ciò che separa l’individuo da essa. Si adopera così per un contro- bilanciamento della mente sovrastante e del suo delirio di onnipotenza, chiedendo all’uomo di rientrare nel proprio sentire, facoltà che ha abolito a favore della comprensione mentale. Non si tratta, però, di eliminare la mente – cosa peraltro impossibile e cieca allo stesso modo - ma di ridimensionarne la presenza assillante, in modo da ristabilire un equilibrio tra essa e le altre parti del pianeta-uomo. L’idea di un ordine supremo, del quale facciamo parte integrante e che ci gestisce attraverso le sue leggi, ci inquieta e ci fa sentire impotenti. Percepiamo l’esistenza del sistema empirico come minacciosa e intimidatoria, come se potesse mettere a repentaglio la nostra libertà di espressione o costituisse un fallimento per il nostro spirito individuale. Risulta così difficile accettare uno “standard” diverso dal nostro, metri e misure a noi estranei, attraverso cui il nostro operato verrebbe giudicato e soppesato. E anche nel caso che ci potessimo avvicinare a tale idea, chi ci dà la garanzia della loro veridicità? Chi può stabilire quali sono i valori empirici reali e quali quelli fasulli? di che genere sono i parametri nascosti dell’ordine? Tradotto in termini pratici: chi può constatare ad esempio, se stiamo vivendo uno stato di co-dipendenza invece di un rapporto amoroso sano o se i miei comportamenti sono disarmonici piuttosto che giusti? Facendo questi ragionamenti, però, ci discostiamo da ogni regola empirica assodata, alla base della vita moderna. Chi stabilisce che il nostro fegato è ingrossato, che il cuore ha sviluppato una disfunzione o che il numero giusto dei nostri denti è 32 invece che 33? In ogni ambito di competenza esiste sempre un

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termine di verifica empirica in grado di avallare la prognosi; ciò è valido non solo nell’ambito della biologia, della chimica, della fisica, ma anche in quello della psicologia empirica e della nostra salute. In questo ultimo caso il benessere o il malessere, lo stato di ripresa o di indebolimento del paziente sono i fattori atti a comprovare la validità della diagnosi e della terapia. Generalmente non ci scandalizziamo quando il nostro cuore, le nostre reni e ogni altro organo viene confrontato con uno standard, paragonandolo a un modello virtuale che ne stabilisce i parametri, ovverosia il “come dovrebbe” essere. Un modello d’eccellenza, insomma, uno standard che stabilisce fino a che punto siamo ancora nella “norma” – ossia sani – e quando invece i parametri di valutazione si discostano da tale norma, facendoci presumere una malattia. D’avanti ad una diagnosi infausta non ci insospettiamo o ci opponiamo, mettendo in dubbio la validità del confronto empirico. Così è sempre e soltanto l’osservazione e la continua ed instancabile esplorazione di ciò che è – senza apposizioni di critica o giudizio – a poter riconoscere le leggi empiriche, qualsiasi sia il campo di applicazione in cui le utilizziamo. Come accettiamo che lo zucchero nel sangue non debba superare il livello X e il colesterolo un livello Y, anche nel campo della psicologia empirica esiste uno standard attendibile. Esistono dinamiche “segrete” e leggi che non appaiono a prima vista, nonostante siano reali e determinano la nostra intera esistenza. Tutte le dinamiche empiriche dimostrano che esiste un denominatore comune, quello della funzionalità. La funzionalità costituisce il parametro d’eccellenza dell’ordine, interpretando l’unico meccanismo attraverso cui si costituisce e si auto rigenera in ogni istante: L’ordine non contempla la casualità, ma riconosce come unico meccanismo legittimo quello di causa effetto. Ogni moto dell’uomo quindi, ogni suo atto e ogni sua esperienza, rivela una propria valenza empirica. Ogni atto, compiuto o non compiuto possiede quindi una sua carica empirica, un suo valore.

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L’intero operato umano si divide in azioni di carica armonica o di carica disarmonica, a seconda della sincronicità che esprime con le leggi dell’ordine. Per mezzo di esse il sistema è in grado di distinguere la qualità empirica di tali azioni, riconoscendola dalla diversa natura delle loro cariche, dal loro valore, dalla loro qualità. Ciascun movimento del singolo rivela la propria validità ai fini empirici, confrontandosi con la matrice empirica di eccellenza. I suoi effetti si manifestano a livello della coscienza, facendolo sentire in armonia o in contrasto con l’ordine. Un processo, questo, che aggira la mente cosciente e si rivela soltanto attraverso il regno delle proprie percezioni e sensazioni. Ed è proprio la coscienza a fare da ponte tra la carica empirica e le azioni del singolo, informandolo in tempo reale nel caso di una infrazione.

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“Le nostre Percezioni” L’uomo accede alla fenomenologia del sentire mediante il proprio mondo percettivo. Spesso l’uomo, nel corso della vita, apprende determinate qualità armoniche non attraverso il loro vero significato, ma le assimilandole, apprendendole quindi in modo alterato, e per tal motivo esse risultano lontane dalla loro carica empirica naturale e genuina.


In tal caso, avendole recepite in maniera distorta, le applicherà in maniera distorta, e le sue azioni risulteranno non consone, non proporzionate agli eventi, non rispondenti, tanto quanto i suoi parametri emotivi saranno lontani dai parametri empirici. Si tratta di valori disarmonici che non sono in grado d’interagire con l’ordine in maniera sana e funzionale, inducendo la persona a valutazioni errate che vengono rivelate dal sistema come infrazioni, trasgressioni, provocando quindi un debito. In definitiva, più la propria percezione dei valori empirici è sincronizzata con quella dell’ordine, più l’individuo dispone di un piano sensoriale affidabile e sicuro. In primis sono i suoi sensi più “primitivi” a rispecchiare i parametri empirici, permettendogli di agire nella maniera più adeguata ad ogni situazione. Tali parametri si manifestano da sempre attraverso meccanismi di fuga o di attacco o di distensione nei momenti di sicurezza. Più il piano sensoriale della persona è affine al sentire sistemico, più egli “fugge” o “aggredisce” soltanto quando la situazione realmente lo richiede. Si tratta di metafore che nella vita pratica di ciascuno descrivono un’infinità di situazioni diverse, in altri termini stiamo parlando della capacità del singolo di riconoscere le occasioni “giuste” e afferrarle e di saper tralasciare quelle “ingannevoli”. I movimenti armonici si esprimono attraverso una gamma di fenomeni sensoriali che – qualora il singolo sia in grado di riconoscerli - gli indicano le scelte più opportune come anche quelle da evitare. Essi sono in grado di decifrare in tempo reale la natura di ogni circostanza, riconoscendo la carica in esso contenuta e rendendola chiara all’essere umano attraverso il proprio sentire. La consapevolezza sensoriale di una persona indica quindi anche la qualità empirica del suo operato. Così ogni avvenimento, azione o evento riporta una propria carica, in grado di essere avvertita. Si tratta di un processo di riconoscimento soltanto interiore, privo di intento mentale e che non può essere influenzato volutamente.

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A questo punto risulta chiaro che il nostro “sentire” è ciò che muove i nostri passi lungo il cammino della nostra esistenza. La consapevolezza sensoriale, che il Paradigma Empirico ben ci indica come fattore fondamentale per le nostre scelte nella vita, è la via da seguire per raggiungere il benessere; ragione per la quale ci chiediamo in che modo noi sentiamo? Quali sono i fattori coinvolti che intervengono in questo “sentire”? Se il corpo è la manifestazione visibile e l’espressione di fatto dell’ordine, allora possiamo partire dal corpo per indagare su quali sono i suoi meccanismi sul sentire, ovvero come e dove vengono generate le emozioni ed indagare su qual’ è la base biologica che li sostiene. Gli aspetti biologici e quelli dell’anima pur essendo due aspetti separati sono interconnessi, e si rispondono l’un con l’altro. Se l’anima orchestra il nostro sentire, ad esempio richiudendosi in se stessa, il nostro corpo, le nostre emozioni, il nostro meccanismo biologico, gli risponde proteggendola e mettendo in atto meccanismi di contrapposizione. Questo indipendentemente dal nostro volere. Il corpo come vedremo poi, reagisce e si struttura seguendo sempre la regola della funzionalità, della sopravvivenza, rispondendo al principio della causa/effetto. Ovvero, come vedremo nei prossimi capitoli, il corpo utilizza i medesimi principi del “sentire sistemico”. Puntando il faro, sul corpo, sulle emozioni del corpo, considerandolo come un’entità a se stante distaccato dall’anima, ci chiediamo: “Quali sono le “regole nascoste” ed i parametri empirici biologici ottimali della nostra emotività? Esistono parametri biologici di riferimento? Possiamo misurare biologicamente una carica empirica? e non per ultimo: Il sentire di un uomo è diverso da quello di una donna?” Non possiamo rispondere a queste domande senza appellarci alla scienza e alle ultime rivelazioni che oggi essa affronta sull’argomento. Consapevoli di ciò, entriamo quindi a passi larghi nelle rivelazioni scientifiche della Dott.ssa Pert, che nel 1984 con la scoperta dei recettori e dei suoi leganti, gettò le basi per quello che oggi noi chiamiamo medicina psicosomatica. Le tematiche salienti trattate dalla Pert successivo.

sulle quali ci interessa argomentare, sono riportate nel capitolo

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Capitolo Due - Il mondo di Candace L’intero capitolo è liberamente tratto da “Molecole di Emozione” di Candace B. Pert

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“Emozioni”

Questo capitolo ci introduce, per così dire, al mondo di Candace Pert, biologa, farmacologa e attualmente ricercatrice nel Dipartimento di biofisica della facoltà di medicina di Georgetown University a Washington. Per poter comprendere appieno gli studi della Pert e per poterli guardare nell’ottica della Grammatica dell’ Essere, abbiamo la necessità di esporre alcuni concetti che sono alla base delle sue scoperte scientifiche. Questo perché siamo interessati ad approfondire due aspetti del paradigma empirico, quello del “sentire” , relativo quindi al mondo emozionale e quello relativo alla carica empirica ovverosia la qualità ed il valore del “sentire”. Entrambi gli aspetti saranno visti dal punto di vista biologico.


La Pert nel 2004 nel suo libro “Molecole di Emozione” illustra il suo lavoro di scienziata rispondendo a domande quali: Per quale motivo sentiamo ciò che sentiamo? In che modo i pensieri influiscono sulla nostra salute? Il corpo e la mente sono separati fra loro oppure funzionano in sintonia? Accertando l’esistenza delle basi molecolari delle nostre emozioni, la Pert ci consente di comprendere la base biochimica delle nostre sensazioni, la base del nostro “sentire” e i complessi rapporti tra corpo e mente. Le prime pagine di questo testo da lei redatto, ci permettono di entrare nel “suo mondo” fatto di molecole, neuroni, ed in definitiva di emozioni.

Paragrafo 1- Cartesio << Per molti di noi, e senza dubbio per la maggioranza degli esponenti della medicina, accostare troppo la mente al corpo significa mettere in dubbio la legittimità di una certa malattia, insinuando che possa essere non reale, non scientifica.>> Se i contributi psicologici alla salute e alla malattia fisica sono visti con sospetto, l’idea che l’anima (traduzione letterale della parola psiche) possa contare qualcosa viene giudicata addirittura assurda. Seguendo questa strada infatti, entriamo nel mondo mistico, dove agli scienziati è stato proibito formalmente l’ingresso fin dal Seicento. Fu allora che René Descartes, ovvero Cartesio, filosofo e padre fondatore della medicina moderna, fu costretto a venire a patti e a concludere un accordo territoriale con il papa, allo scopo di ottenere i cadaveri umani che gli servivano per la dissezione. Cartesio accettò di non immischiarsi dell’anima, della mente o delle emozioni, tutti aspetti della esperienza umana che a quel tempo erano sotto la giurisdizione virtualmente esclusiva della chiesa, a patto di poter rivendicare per se, il mondo fisico. Purtroppo è stato questo accordo a segnare il tono e l’orientamento della scienza occidentale nei due secoli successivi, dividendo l’esperienza umana in due sfere distinte e separate. Ciò a creato la situazione di squilibrio che caratterizza la scienza ufficiale così come la conosciamo oggi. Se non siamo in grado di misurare qualcosa, la scienza non ne ammette l’esistenza, ed è questo il motivo per cui la scienza si rifiuta di prendere in

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considerazione delle <<non entità>> come le emozioni, la mente, l’anima o lo spirito.

Paragrafo 2 - Cosa intendiamo dire quando parliamo di emozioni? Molti scienziati si spingono al punto da definire scandalosa l’idea di una base biochimica delle emozioni; in altri termini, questa concezione non è ancora entrata a far parte del sapere ufficiale. Anzi io stessa, che devo la mia formazione scientifica a una tradizione in cui nei testi di psicologia sperimentale (basati unicamente su quello che si può osservare e misurare) la parola emozioni non figura nemmeno nell’indice, non ho potuto fare a meno di provare un pizzico di trepidazione quando mi sono azzardata ad affrontare il discorso della loro base biochimica. Nel suo libro “Le espressioni delle emozioni nell’uomo e nell’animale” Darwin spiega come gli esseri umani di tutto il mondo abbiano in comune delle espressioni facciali che riflettono emozioni, alcune delle quali sono condivise anche dagli animali. Ad esempio, un lupo che scopre le zanne utilizza gli stessi muscoli facciali di un essere umano in collera, o minacciato. La stessa fisiologia di base si è tramandata ed è stata usata all’infinito nel corso di ere di evoluzione della specie. In base all’universalità di questo fenomeno, Darwin formula l’ipotesi che le emozioni fossero la chiave di sopravvivenza del più forte. A titolo di esempio, vorrei citare un passo dell’opera “Il gene egoista”, di Richard Dawkins, dedicata ai rapporti tra evoluzione e meccanismo di sopravvivenza: <<Un anatra è un veicolo robotico per la propagazione dei geni dell’anatra>> Questa non è che una formulazione diversa dell’idea darwiniana che, se le emozioni sono così diffuse nel genere umano quanto in quello animale, ciò vuol dire che si sono rivelate essenziali, dal punto di vista evoluzionistico, per il processo di sopravvivenza, e sono collegate in modo inestricabile alle origini della specie. Usiamo il termine emozione nel senso più ampio del termine, includendo non solo le esperienze più familiari all’uomo come ira, paura e tristezza, oltre che

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gioia, soddisfazione e coraggio, ma anche sensazioni basilari come piacere e dolore, nonché le pulsioni <<istintuali studiate>> dagli psicologi sperimentali, come fame e sete. A parte le emozioni e gli stati che si possono misurare e osservare, ci riferiamo ad un assortimento anche di altre esperienze, stavolta intangibili, che probabilmente sono una prerogativa unica degli esseri umani, come l’ispirazione, il timore reverenziale, l’estasi e altri stati di coscienza che tutti noi abbiamo sperimentato ma che, almeno finora, restano privi di spiegazione sul piano fisiologico. Precisiamo che gli esperti, i teorici delle emozioni che hanno dei dati scientifici da interpretare, sono in disaccordo su molti punti, per esempio se le sensazioni siano da identificare con le emozioni, quante siano effettivamente le emozioni di base, o fondamentali, o addirittura se questi siano interrogativi validi oppure no. Concordano tuttavia sul fatto che ormai esistono chiare prove scientifiche di carattere sperimentale a conferma del fatto che espressioni facciali che rispecchiano ira , paura, tristezza, gioia e disgusto, sono identiche negli eschimesi quanto negli italiani. Probabilmente anche le espressioni facciali che registrano altre emozioni come sorpresa, disprezzo, vergogna, senso di colpa, sono panculturali, il che significa che anch’esse sono fondate su un meccanismo genetico innato di espressione, e che con ogni probabilità esistono altre emozioni su base genetica ancora da scoprire. Robert Plutchik, un professore di psicologia all’università di Hofstra, che ha compiuto ricerche sulle emozioni, ha proposto una classificazione fondata su otto emozioni primarie – tristezza, disgusto, ira, anticipazione, gioia, accettazione, paura e sorpresa – che, come i colori primari, si possono mescolare ad altre emozioni secondarie: per esempio, paura+sorpresa=allarme, gioia +paura= senso di colpa, e così via. Che la classificazione di Plutchik sia confermata o no da ulteriori studi, l’idea che certe emozioni possano mescolarsi per produrne altre è interessante e suggerisce che, quando si prendono in considerazione altri fattori quali l’intensità e la durata dell’emozione, si possono distinguere facilmente centinaia di stati emotivi differenziati in modo quasi impercettibile.

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Inoltre gli esperti distinguono tra emozione, umore e temperamento, in cui l’emozione sarebbe più transitoria e chiaramente identificabile in rapporto alla causa che la scatena; mentre l’umore si prolunga per ore o giorni interi ed è meno facile da riconoscere, e il temperamento sarebbe fondato su fattori genetici, per cui in genere dobbiamo tenercelo per tutta la vita, (fatta salva la possibilità di alcune modificazioni).

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“Classificazione di Plutchik” Per esempio Jerome Kagan, professore di psicologia ad Harward, ha dimostrato che tratti facilmente rilevabili come la tendenza a restare sorpresi da nuovi stimoli si possono osservare fin dai primi mesi di vita nei lattanti che poi, crescendo, diventeranno bambini adulti timidi. I neuro scienziati sono concordi da tempo nel riconoscere che le emozioni sono controllate da alcuni parti del cervello. Si tratta di un assunto <<neurocentrico>>, incompleto.


E’ stato Paul MacLean a rendere popolare il concetto del sistema limbico quale sede delle emozioni. Il sistema limbico era una componente essenziale del cervello nella sua teoria del <<cervello trino>>, per cui il cervello umano comprenderebbe tre strati che rappresentano tre strati del cervello umano: il midollo allungato, o cerevello rettiliano, che è responsabile della respirazione, dell’escrezione, della circolazione sanguigna, della temperatura corporea e delle altre funzioni organiche; il sistema limbico, che circonda la sommità del midollo allungato ed è la sede delle emozioni; ed infine la corteccia celebrale, posta nel lobo anteriore, che è la sede della razionalità. (La struttura celebrale nell’arco dell’evoluzione, si presenta più sviluppata soltanto negli esseri umani). Quali sono i percorsi fisiologici e biochimici che si sono aperti tra quella parte della corteccia ed il resto del cervello per consentire agli umani di imparare a controllare le emozioni e comportarsi in modo non egosistico? Anche se la capacità di apprendimento è presente in una certa misura anche nelle creature più semplici, la forza di volontà è un elemento decisivo che costituisce una prerogativa unica degli esseri umani, che risiede nel lobo frontale della corteccia.

Paragrafo 3 - Le emozioni nascono nella testa o nel corpo? Lo storico dibattito tra e James / Cannon Fino al 1984 si dava per scontato che le emozioni avessero origine nel cervello. Durante una convention di studiosi alla quale la Pert partecipò venne fuori la seguente centenaria disputa: La disputa riguardante la fonte ultima delle emozioni: Queste hanno origine nel corpo e poi vengono percepite nella testa, dove inventiamo una storia per spiegarle, oppure hanno origine nella testa e di lì si trasmettono nel corpo? William James nel 1884 (saggio “Che cos’è l’emozione”) aveva concluso che la fonte delle emozioni è puramente viscerale, vale a dire che ha origine nel corpo, e non cognitiva, cioè scaturita dalla mente, e che probabilmente non esiste un centro cerebrale che controlli l’espressione delle emozioni.

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Noi percepiamo i fatti e avvertiamo sensazioni corporee, e soltanto in seguito, in base alla percezione che stimola memoria e immaginazione, etichettiamo quelle sensazioni fisiche sotto il nome dell’una o dell’altra emozione. In effetti, a suo parere non esistono entità che si possano definire emozioni, ma soltanto la percezione e la reazione fisica. Gli echi immediati, sensori e motori, che si verificano in risposta alla percezione – il battito del cuore, la stretta allo stomaco, la tensione dei muscoli, il sudore sul palmo delle mani - sono emozioni, e le emozioni vengono avvertite in tutto il corpo come sensazioni, “ogni frammento delle quali concorre con le sue pulsazioni sensoriali, tenui o caute, piacevoli, dolorose o ambigue, a creare quel senso della personalità che ciascuno di noi porta infallibilmente con se”. Le emozioni consistono dunque in cambiamenti organici del corpo, muscolari e viscerali, e non sono una percezione diretta, bensì secondaria, suscitata indirettamente dal funzionamento del corpo. Come molte teorie puramente astratte che appaiono seducenti, anche quella di James sembra crollare sotto il peso di dati concreti, nel caso specifico i risultati di esperimenti condotti in laboratorio su animali dal suo allievo Walter Cannon, fisiologo sperimentale e autore di “La Saggezza del Corpo”, che nel 1927 aveva spiegato il funzionamento del sistema nervoso autonomo, o simpatico. Un solo nervo, chiamato <<vago>>, fuoriesce dalla parte posteriore del cervello attraverso un foro posto alla base del cranio, prima di suddividersi per svilupparsi lungo i fasci di cellule nervose, o gangli, posti ai lati del midollo spinale, diramandosi in direzioni dei numerosi organi, fra i quali le pupille degli occhi, le ghiandole salivari, i bronchi, lo stomaco, l’intestino, la vescica, gli organi sessuali e le ghiandole surrenali (tra cui viene secreto l’ormone chiamato adrenalina) Stimolando il nervo vago per mezzo di elettrodi impiantati nell’ipotalamo, alla base del cervello, poco più su della ghiandola pituitaria, Cannon aveva dimostrato che i cambiamenti fisiologici in tutti questi organi erano coerenti con le esigenze del corpo in una situazione di emergenza, quando le risorse dovevano essere gestite in modo rapido, efficiente ed automatico, senza riflessioni capaci solo di far perdere tempo. Per effetto di questa stimolazione dell’ipotalamo, per esempio, il sangue veniva dirottato in fretta dagli organi interni della digestione, verso i muscoli, nello schema di reazione, noto come “fuggire o combattere”

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(evidentemente la digestione poteva attendere fino alla fine dell’emergenza) e una aumento della secrezione di adrenalina accelerava il battito cardiaco, segnalando al fegato di mettere in circolo riserve extra di zuccheri da cui ricavare energia immediata. Dal punto di vista di Cannon, la teoria delle emozioni viscerali di James faceva acqua da tutte le parti. Infatti Cannon era in grado di misurare con precisione quanto tempo doveva trascorrere dal momento in cui l’ipotalamo riceveva una scossa elettrica fino a quando cominciavano a manifestarsi i cambiamenti corporei nel flusso del sangue, nella digestione e nel battito cardiaco. E la conclusione era stata che questi cambiamenti erano troppo lenti per essere la causa delle emozioni anziché l’effetto. Inoltre quando si cercava di introdurre in modo artificiale dei cambiamenti viscerali tipici delle emozioni intense, per esempio usando la corrente elettrica per produrre una forte contrazione intestinale come quella che si verifica nel primo istante di panico, non si riuscivano ad ottenere gli altri segni di quella emozione. 18 Non solo, ma Cannon faceva notare che le cavie alle quali era stato tagliato il nervo vago, e che in teoria non dovevano presentare cambiamenti fisici viscerali di tipo simpatico, sembravano conservare un comportamento emotivo quando si sentivano minacciate. Secondo Cannon, l’ipotalamo del cervello era la sede delle emozioni, che poi si trasmettevano al corpo attraverso le connessioni neuronali dell’ipotalamo con la parte posteriore del cervello, ossia il midollo allungato, oppure attraverso le secrezioni della ghiandola pituitaria. Tale dibattito racchiudeva la chiave per comprendere un dilemma estremamente attuale: In che modo le emozioni possono trasformare il corpo, causando delle malattie o curandole, salvaguardando la salute o minandola? Il motivo per il quale sentiamo ciò che sentiamo sul piano emotivo, riflette le considerazioni più recenti. Le osservazioni della Pert sono sviluppate sulla base della sintesi di molte fonti diverse, che vanno dal suo lavoro svolto in laboratorio nonché alle ultime scoperte compiute dalla comunità globale dei neuroscienziati.


Anticipiamo che la Pert risponde alla centenaria disputa James/Cannon con le sue scoperte affermando che sono valide tutte e due le ipotesi e nello tempo nessuna delle due E’ un processo simultaneo, una strada a doppio senso che utilizza la tecnica della retroazione anche detta biofeedback. Nel prossimo paragrafo le scoperte della Pert

Nota: Biofeedback Utilizzando dispositivi di monitoraggio per misurare varie funzioni corporee (per esempio, il battito cardiaco o la circolazione sanguigna), il biofeedback può consentire a persone del tutto normali (e non soltanto ai maestri di yoga di livello superiore) di raggiungere uno stato di profondo rilassamento in cui sono in grado di assumere il controllo cosciente di processi fisiologici che in passato si ritenevano autonomi e non suscettibili di reagire ad un intervento volontario. Per esempio, chiunque può far salire la temperatura della propria mano di un paio di gradi circa, spesso addirittura al primo tentativo. Elmer Green, il medico della clinica Mayo che aveva fatto da pioniere dell’uso del biofeedback per il trattamento delle malattie, aveva osservato: << Ogni cambiamento nello stato fisiologico è accompagnato da un cambiamento correlato nello stato mentale emotivo, cosciente o no, e viceversa, ogni cambiamento nello stato mentale emotivo, cosciente o no, è accompagnato da un corrispondente cambiamento nello stato fisiologico>>.

Paragrafo 4 – Le emozioni, il sentire sentire biologico (Peptidi e Recettori) La componente primaria delle molecole dell’emozione è una molecola che si trova sulla superficie delle cellule del corpo e nel cervello, e si chiama recettore degli oppiacei. Una molecola è la particella più piccola di una certa sostanza che sia ancora identificabile come tale sostanza. Ogni molecola di qualunque natura sia, è composta dalle unità di materia più piccole (atomi come il carbonio, idrogeno e azoto) unite in una configurazione specifica che è propria di quella sostanza. A differenza della molecola dell’acqua, che è piccola e rigida, ma pesa soltanto 18 unità di peso molecolare, la molecola del recettore è più grande e pesa oltre cinquantamila unità. Inoltre mentre le molecole dell’acqua ghiacciata si sciolgono o si trasformano in gas per effetto del calore, le molecole del recettore, più flessibili, rispondono all’energia o alle sollecitazioni chimiche, con una vibrazione. Vibrano, fremono, e addirittura ronzano, piegandosi e passando da una forma

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all’altra, anzi spesso oscillando più volte tra due o tre forme, o conformazioni preferite.

20 “Recettore” Nell’organismo i recettori, si trovano sempre unite a una cellula, su cui fluttuano sulla parete esterna e oleosa della superficie cellulare, detta membrana. Potete immaginarli come ninfee che galleggiano sulla superficie di uno stagno: proprio come le ninfee, infatti i ricettori hanno delle radici che affondano nella membrana fluida, attraversandola più volte con un andamento sinuoso, per giungere in profondità nel nucleo della cellula. I recettori sono molecole, composte di proteine, minuscoli aminoacidi collegati fra loro in catene schiacciate, abbastanza simili a collane di perline ripiegate su se stesse. Se si dovesse assegnare un colore diverso a ciascuno dei recettori identificati dagli scienziati, la superficie di una cellula media avrebbe l’aspetto di un mosaico multicolore di almeno settanta sfumature diverse: cinquantamila recettori di un certo tipo, diecimila di un altro, centomila di un terzo e così via.


Un tipico neurone (cellula del sistema nervoso) puo’ avere milioni di recettori disposti sulla superficie. I biologi molecolari sono in grado di isolare questi recettori, di accertarne il peso molecolare e infine ricostruirne la struttura chimica, identificando la sequenza esatta di amminoacidi che compongono la molecola del recettore. Utilizzando le tecniche biomolecolari disponibili oggigiorno, gli scienziati possono isolare e comporre in sequenza decine e decine di recettori nuovi, il che significa che ora è possibile tracciarne un diagramma completo della struttura chimica. In sostanza i recettori funzionano come molecole sensitive, come altrettanti sensori. Così come nell’organismo umano, gli occhi, le orecchie, la lingua, le dita e la pelle agiscono da organi di senso, anche i recettori si comportano in modo analogo, solo che lo fanno a livello cellulare. Si librano sulla membrana delle cellule, danzando e vibrando in attesa di captare messaggi inviati da altre piccole creature vibranti, composte anch’esse da aminoacidi, che vagano e si diffondono, nel fluido che circonda ogni cellula. Tutti i recettori, sono proteine e si addensano nella membrana cellulare in attesa della chiave chimica giusta, una chiave che sia in grado di nuotare nel fluido extracellulare fino a raggiungerli per inserirsi nel recettore. Un processo noto con il nome di legamento . E qual è questa chiave chimica che approda al recettore, facendolo danzare e oscillare? L’elemento responsabile si chiama legante, ed è la chiave chimica che entra nel recettore penetrandovi e creando un “disturbo” che costringe la molecola all’adattamento, inducendola a cambiare forma finché l’informazione penetra nella cellula.

Paragrafo 5 – Il cervello elettrico ed il cervello chimico Per decenni, quasi tutti hanno considerato il cervello e la sua estensione, ovvero il sistema nervoso centrale, soprattutto come un sistema di comunicazione elettrico. Si riteneva generalmente che i neuroni, o cellule nervose, costituiti dal nucleo cellulare con un assone simile ad una coda e dendriti simili ad un albero, formassero qualcosa di paragonabile a una rete telefonica con miliardi di chilometri di cavi che si intrecciavano in modo complesso.

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Il predominio di questa immagine nell’opinione pubblica era dovuta al fatto che gli scienziati disponevano di strumenti che ci consentivano di vedere e studiare il cervello elettrico; soltanto di recente abbiamo creato strumenti che ci hanno consentito di osservare quello che ora possiamo definire il “cervello chimico”. Tuttavia la disciplina che in seguito avrebbe ricevuto il nome di neuroscienza si è concentrata con tanta intensità e tanto a lungo sul concetto del sistema nervoso come

rete

elettrica

basata

sulle

connessioni

neurone-assone-dendrite-

neurotrasmettitore, che, anche quando ne abbiamo avuto le prove, ci riusciva difficile afferrare l’idea che il complesso legante-recettore rappresentasse un secondo sistema nervoso, operante su scala molto più vasta sul piano temporale, oltre che su distanze molto più grandi. Il soggetto classico della neuroscienza, la strada maestra che la scienza aveva seguito nelle prime esplorazioni del cervello, era costituito dai nervi, e quindi l’idea di un secondo sistema nervoso non poteva che incontrare una certa resistenza. Era difficile soprattutto accettare il fatto che questo sistema su base chimica fosse indiscutibilmente più antico e di gran lunga più essenziale per l’organismo. Nelle cellule per esempio si producevano peptidi come le endorfine molto prima che esistessero i dendriti, gli assoni o addirittura i neuroni stessi, anzi, prima ancora che esistesse il cervello. Abbiamo a questo punto capito che: i balzi attivati da impulsi elettrici che i neurotrasmettitori trasmettono al di là delle sinapsi celebrali, non sono altro che un aspetto di una rete molto più sviluppata di informazioni trasmesse dai neuropeptidi e dai loro recettori sparsi in tutto il corpo. Un tempo sembravano indispensabili i collegamenti neuronali sinaptici per la comunicazione fra mente e corpo. Oggi le possibili linee di comunicazione esistenti fra cervello e corpo si moltiplicano all'infinito. Ora sappiamo che esiste uno scambio di informazioni ai confini del sistema nervoso vero e proprio, incentrato su una comunicazione puramente chimica fra le cellule, anziché sinaptica. Grazie alle nuove ricerche non possiamo più sostenere che il cervello emozionale sia ristretto alle sedi classiche, ossia amigdala, ippocampo ed ipotalamo. Sono state scoperte altre sedi anatomiche in cui si riscontra una concentrazione elevata di quasi tutti i recettori di neuropeptidi esistenti, sedi

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come la radice dorsale, ovvero la parte posteriore del midollo spinale che è la 1° sinapsi all'interno del sistema nervoso in cui vengono elaborate tutte le informazioni somatosensorie. Non solo i recettori degli oppiacei ma quasi tutti i recettori dei peptidi si trovano in questa sede lungo il midollo spinale, che filtra tutte le sensazioni corporee in entrata. Nota: I Chakra La Pert scrive testualmente: "Un giorno si presentò nel mio studio uno yogi barbuto con un turbante in testa, per chiedermi se le endorfine erano concentrate lungo la spina dorsale in un modo che corrispondeva ai "chakra" indù. I chakra, mi spiegò, erano centri di "energia sottile" che regolavano le funzioni essenziali fisiche e metafisiche, dalla sessualità alla coscienza superiore. Nel tentativo di rendermi utile tirai fuori un diagramma da cui risultava che esistevano due fasci di fibre nervose collocati ai lati della spina dorsale, ciascuno dei quali è ricco di peptidi che trasportano informazioni. L'indiano sovrappose la sua carta dei chakra al mio disegno, e ci accorgemmo nello stesso istante che i due sistemi coincidevano!".

Quando un recettore è inondato da un legante, modifica la membrana cellulare in modo tale che la possibilità che un impulso elettrico attraversi la membrana in cui risiede, viene facilitata o inibita, influenzando la scelta dei circuiti neuronali che verranno usati. E' ancora difficile oggi scoprire come il sistema chimico interagisca con quello elettrico-neuronale. Tutte le informazioni sensoriali subiscono un processo di filtraggio passando attraverso una o più sinapsi prima di raggiungere (ma non sempre) le zone riservate ai processi superiori di elaborazione, come i lobi frontali. E' qui che gli impulsi sensoriali (vista, tatto, odore, ecc.) penetrano nella nostra coscienza. L'efficienza del processo di filtraggio, che sceglie gli stimoli ai quali prestiamo attenzione in un dato momento, è determinata dalla quantità dei recettori presenti in questi punti nodali. D'altronde la quantità e qualità relativa di questi recettori è influenzata da molti fattori fra i quali le esperienze vissute in passato e durante l'infanzia o quelle giornaliere. Queste recenti scoperte sono importanti per valutare come i ricordi siano immagazzinati non soltanto nel cervello, ma in una "rete psicosomatica" che si estende a tutto il corpo, in particolare nei recettori onnipresenti fra i nervi ed i fasci di cellule chiamati "gangli" che sono distribuiti non solo nel midollo spinale e

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nelle sue vicinanze, ma lungo tutti i percorsi che conducono agli organi interni ed alla superficie stessa della nostra pelle.

Paragrafo 6 – La rete Le emozioni e le sensazioni corporee sono dunque strettamente intrecciate, in una rete bidirezionale in cui ciascuna di esse può modificare le altre. Di solito questo processo avviene a livello non conscio, ma in determinate condizioni può anche affiorare alla coscienza, oppure essere portato a livello cosciente in modo intenzionale. Esiste un nesso molto stretto fra emozione e memoria. Le esperienze positive sul piano emozionale si ricordano meglio quando siamo di ottimo umore mentre le esperienze emozionali negative si ricordano con maggiore facilità quando siamo già di cattivo umore. La teoria che la Pert propone è che queste sostanze biochimiche siano il substrato fisiologico delle emozioni, la base molecolare di ciò che sperimentiamo sotto forma di sentimenti, sensazioni, pensieri, impulsi, e forse persino di anima. 24

Paragrafo 6.1 – La mente nel corpo Il concetto di rete, sottolineando

l'interconnessione

di

tutti

i

sistemi

dell'organismo, schiude una gamma di implicazioni così vasta da infrangere i limiti del paradigma tradizionale. Nel lessico popolare, questo genere di connessioni tra corpo e cervello viene definito da tempo come "potere della mente sul corpo", ma alla luce delle ricerche della Pert una definizione del genere non descrive con precisione quello che accade: la mente non domina il corpo, ma diventa corpo, in quanto corpo e mente sono una cosa sola. Nel seguito il famosissimo disegno di Leonardo Da Vinci, l’uomo di Vitruvio..


“Vitruvian” Il processo di comunicazione di cui si è dimostrata l'esistenza, il flusso di informazioni che scorre in tutto l'organismo, è la prova che il corpo è la manifestazione esteriore della mente nello spazio fisico. Corpo/mente, un termine proposto per la prima volta da Diane Connelly, riflette la comprensione, derivata dalla medicina cinese, che il corpo è inseparabile dalla mente. E quando saranno esplorate fino in fondo, il ruolo che le emozioni svolgono nel corpo, così come viene espresso attraverso le molecole dei neuropeptidi, apparirà chiaro che le emozioni si possono considerare una chiave per la comprensione delle malattie fisiche e psicologiche. Sappiamo che il sistema immunitario, così come il sistema nervoso centrale, è dotato di memoria e capacità di apprendimento. Quindi si può dire che l'intelligenza è situata non soltanto nel cervello, ma anche in cellule che sono distribuite in tutto il corpo, e la tradizionale separazione dei processi mentali, emozioni comprese, dal corpo non è più valida.

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Se la mente è definita dalla comunicazione cervello-cellula, come nella scienza contemporanea, questo modello della mente si può naturalmente considerare esteso al corpo intero. Dal momento che i neuropeptidi ed i loro recettori sono presenti anche nel corpo, si può concludere che la mente è nel corpo, nello stesso senso in cui la mente è nel cervello, con tutto ciò che questo comporta. Per capire che cosa significa nella pratica, prendiamo ad esempio l'intestino. Tutto il rivestimento dell'intestino, dall'esofago all'intestino crasso, compresi i sette sfinteri, è ricoperto di cellule - cellule nervose e cellule di altro genere - che contengono neuropeptidi e recettori. La densità di recettori nell'intestino è il motivo per cui sentiamo le emozioni in quella parte dell'anatomia, tanto che le definiamo spesso "sensazioni viscerali". Alcune ricerche hanno dimostrato che l'eccitazione e la collera aumentano la motilità dell'intestino, mentre l'appagamento l'attenua. Ed inoltre, visto che si tratta di un circuito biunivoco, può accadere che il movimento dell'intestino nel digerire il cibo ed espellere le scorie possa influire sullo stato emotivo. "Dispeptico" significa scorbutico ed irritabile, ma in origine questo termine si riferiva a chi era afflitto da una cattiva digestione. 26 Ancora, prendiamo in considerazione il sistema nervoso autonomo, che controlla tutti gli aspetti non consci del corpo, come la respirazione, digestione ed escrezione. Si direbbe che, se c'è una parte del corpo che funziona in modo indipendente dalla mente, dovrebbe essere senz'altro il sistema nervoso autonomo. E' qui che viene gestita la capacità del cuore di battere, dell'intestino di digerire e delle cellule di riprodursi, a livello del subconscio. E tuttavia, per quanto sorprendente possa sembrare, come abbiamo detto a proposito dei maestri yoga, a questo livello la coscienza può intervenire. E' questa la lezione radicale del biofeedback, che ormai molti medici insegnano ai loro pazienti in modo che possano controllare il dolore, il battito cardiaco, la circolazione del sangue, la tensione e il rilassamento, eccetera: tutti processi che in passato si riteneva fossero inconsci. Fino al principio degli anni '60, si riteneva che il sistema nervoso autonomo fosse governato da due neurotrasmettitori, acetilcolina e norepinefrina. Ora invece si scopre che, oltre ai neurotrasmettitori classici, nel sistema nervoso si trovano in abbondanza tutti i peptidi conosciuti, cioè le molecole dell'informazione, distribuiti secondo schemi complessi e


differenziati in modo sottile su entrambi i lati della spina dorsale. Sono questi peptidi e i loro recettori a rendere possibile il dialogo fra conscio e non-conscio. In sintesi, quello che si vuole sottolineare è che il cervello è molto ben integrato con il resto del corpo a livello molecolare, al punto che l'espressione cervello mobile è una definizione calzante per designare la rete psicosomatica attraverso la quale le informazioni intelligenti viaggiano da un sistema all'altro. Ognuno dei settori o sistemi della rete - quello neurale, quello ormonale, quello gastrointestinale ed il sistema immunitario - è fatto per comunicare con gli altri, mediante i peptidi ed i recettori dei peptidi che hanno la funzione specifica di trasmettere messaggi. Ad ogni istante si verifica nel corpo un massiccio scambio di informazioni. Provate ad immaginare che ciascuno di questi sistemi messaggeri dotati di una tonalità specifica emetta un segnale-firma, che sale e scende, si attenua e svanisce, si lega e si scioglie: se potessimo udire con le nostre orecchie questa musica del corpo, l'insieme di questi suoni sarebbe la musica che definiamo “emozioni." 27

”Note”


Capitolo Tre - Le emozioni, la base del nostro sentire

Gli stati emotivi, o umori, sono prodotti dai vari neuropeptidi leganti e quello che sperimentiamo sotto forma di emozioni o sensazioni è anche un meccanismo per attivare un particolare circuito neuronale, contemporaneamente nel cervello e nel corpo che genera un comportamento relativo alla creatura nel suo insieme; con tutti i necessari cambiamenti fisiologici che il comportamento richiede. Ogni emozione quindi viene vissuta in tutto l'organismo, non solo nella testa e nel corpo e corrisponde ad una particolare espressione facciale. Forse esiste un peptide specifico per ogni emozione! La maggior parte delle nostre variazioni di attenzione a livello corpo/mente avviene nel non conscio. Mentre i neuropeptidi con la loro attività si occupano di indirizzare la nostra attenzione, non è necessario un intervento cosciente per scegliere ciò che verrà elaborato, ricordato ed appreso. Abbiamo invece la possibilità di portare a livello di coscienza alcune di queste decisioni, specie con l'aiuto di vari tipi di addestramento intenzionale messi a punto proprio per raggiungere questo scopo, cioè aumentare il nostro livello di consapevolezza.

Abbiamo

già

detto

che

grazie

alla

visualizzazione

(biofeedback), per esempio, possiamo stimolare la circolazione del sangue in una parte del corpo. Il flusso del sangue è strettamente controllato dai peptidi emozionali che segnalano ai recettori posti sulle pareti dei vasi sanguigni quando restringersi e quando dilatarsi, influenzando così la quantità e la velocità del sangue che vi scorre in ogni istante. Noi diventiamo bianchi come un lenzuolo quando riceviamo una brutta notizia oppure rossi come un pomodoro quando ci arrabbiamo. Le emozioni represse vengono immagazzinate nel corpo-mente non-conscio attraverso il rilascio di neuropeptidi leganti ed i ricordi vengono racchiusi nei loro recettori. Più la ricerca progredisce più appare evidente che il ruolo dei peptidi non si limita ad ottenere azioni semplici ed isolate da singole cellule ed apparati. E' chiaro che i peptidi servono ad unire gli organi e gli apparati dell'organismo in

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una rete unica che reagisce ai cambiamenti, interni od esterni che siano, con modificazioni complesse ed orchestrate in modo sottile.

“Le emozioni represse” Paragrafo 1 – Il sistema immunitario ( cervello e corpo) Gli ANTICORPI, sostanze spugnose prodotte da alcune cellule del sistema immunitario per riconoscere ed eliminare gli agenti patogeni invasori, vibrano e cambiano forma non appena incontrano batteri, virus o cellule tumorali, prendendoli al laccio e scortandoli fuori dall'organismo. Le cellule "spazzine" poi, chiamate "macrofagi" e dotate di straordinaria mobilità, hanno la funzione di ripulire il sangue dai detriti lasciati dallo scontro mortale con gli invasori. Ma "mangiare lo sporco" è solo una delle funzioni di queste cellule: infatti svolgono anche un ruolo essenziale nella riparazione dei tessuti del corpo, producendoli se necessario e orchestrando una cascata chimica e cellulare che si traduce in una reazione risanatrice. Ma in che modo riescono a fare tutto questo senza poter comunicare fra loro o con il resto del corpo? Si è scoperto che i linfociti (globuli bianchi) producono vari tipi di peptidi come l'endorfina (un peptide cerebrale), interferoni, l'ACTC (adrenocorticotrofina) che è un ormone legato allo stress che si riteneva fosse prodotto solo dalla ghiandola pituitaria del sistema endocrino. I macrofagi del sistema immunitario producono l'interleuchina 1, un ormone polipeptide che media le reazioni infiammatorie causate da ferite, traumi o fattori che attivano il sistema immunitario. L'interleuchina 1 attiva i recettori specifici nel cervello scatenando febbre e sonno

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e consentendo al corpo di mobilitare le riserve di energia per combattere gli agenti patogeni intrusi. La "chemiotassi" è la capacità di una cellula immunitaria, che sappiamo essere molto mobile, di captare la "traccia" di un peptide grazie ai recettori presenti sulla sua superficie, mettendosi letteralmente sulla sua pista e dirigendosi verso il punto in cui si trova la concentrazione maggiore di quel peptide, finché riesce a legare con il peptide stesso, che inizia a trasmettere ordini alla cellula. Usando 10 diversi oppiacei, fra cui le varie endorfine, è stato sperimentato che le cellule immunitarie reagivano nei loro confronti con la "chemiotassi" in misura direttamente proporzionale alla potenza con la quale legavano col recettore. E' stato dimostrato inoltre che sulle superfici delle cellule immunitarie esistono recettori per quasi tutti i peptidi e le droghe che sono state identificate nel cervello, ovvero che il cervello produce. La

scoperta

è

sbalorditiva

e

rivoluzionaria:

il

sistema

immunitario

è

potenzialmente in grado sia di inviare informazioni al cervello attraverso i neuropeptidi, sia di riceverne dal cervello, sempre attraverso i neuropeptidi (che si agganciano ai recettori sulla superficie delle cellule immunitarie). Esiste cioè un meccanismo chimico attraverso il quale il sistema immunitario può comunicare non solo con il sistema endocrino, ma anche con il sistema nervoso ed il cervello. In definitiva il cervello, le ghiandole, il sistema immunitario ed in sostanza l'intero organismo, sono uniti in uno straordinario sistema coordinato dall'azione di molecole-messaggere discrete e specifiche. Tuttavia le cellule immunitarie non presentano sulle superfici soltanto dei recettori per i vari neuropeptidi prodotti dal cervello ma svolgono anche il compito di produrre, immagazzinare e secernere neuropeptidi ossia sostanze informazionali capaci di regolare l'umore e le emozioni - comunicazione biunivoca fra cervello e corpo. Note Quale è allora il rapporto fra la mente e le emozioni di un individuo con il suo stato di salute? Uno dei modi che ora conosciamo attraverso il quale il sistema immunitario influisce sulla nostra salute è la formazione di placche nei vasi sanguigni coronarici: le cellule immunitarie secernono peptidi capaci di aumentare o diminuire la formazione di placche. Un altro nesso possibile riguardo i VIRUS che sfruttano gli stessi recettori dei neuropeptidi per entrare nelle cellule. A seconda della quantità di peptide naturale che si trova intorno ad un particolare recettore ed è disponibile a legare, il virus che si adatta a quel recettore troverà più facile o più difficile penetrare nella cellula: sembra quindi logico presumere che lo stato delle nostre emozioni influirà sulle nostre possibilità di

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soccombere o no all'infezione virale. Non avete mai notato che quando siete felici o state per partire per le vacanze vi ammalate molto difficilmente? E' stato dimostrato che il RHEOVIRUS, responsabile dell'insorgere del raffreddore virale, utilizza lo stesso recettore della norepinefrina, una sostanza informazionale che viene secreta in coincidenza con uno stato d'animo felice. Probabilmente accade che quando siamo felici il rheovirus non può entrare nella cellula perché la norepinefrina blocca tutti i potenziali recettori del virus.

Paragrafo 2 – Le emozioni sono sane Queste scoperte ci portano a formulare una teoria interessante: tutte le emozioni sono sane perché sono le emozioni che tengono uniti la mente ed il corpo. Sono quindi sane sia l'ira, la paura, la tristezza quanto la serenità, la gioia ed il coraggio. Reprimere queste emozioni e non lasciarle libere di fluire significa creare una "disintegrazione" nell'organismo. Lo stress creato da questa situazione assume la forma di blocchi o insufficienza nel flusso dei segnali trasmessi dai peptidi per mantenere la funzionalità a livello cellulare. Tutte le emozioni sincere ed autentiche sono emozioni positive. Il segreto è esprimere l'emozione e poi lasciarla andare in modo che non continui a "suppurare" o a lievitare, finendo così per sfuggire al controllo. Quando lo stress impedisce alle molecole dell'emozione di fluire liberamente dove ce n'è bisogno, i processi in gran parte automatici che sono regolati dal flusso dei peptidi, come il respiro, la digestione, la circolazione del sangue, ecc., si riducono a pochi e semplici circuiti di feedback sconvolgendo la normale reattività legata al processo riparatore.

“Corpo e salute”

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Le cellule non fanno che inviare segnali alle altre mediante il rilascio di neuropeptidi che legano con i recettori. Le cellule che li ricevono rispondono con alcune modificazioni fisiologiche. Questi cambiamenti a loro volta ritrasmettono informazioni alle cellule che producono i peptidi indicando quanto se ne deve secernere in più o in meno. Quando le emozioni vengono espresse, vale a dire quando le sostanze biochimiche alla base delle emozioni fluiscono liberamente, tutti i sistemi sono integri e solidali. Quando invece le emozioni sono represse, negate e si trovano nell'impossibilità di realizzare il loro potenziale, le vie della rete psicosomatica si ostruiscono, bloccando il flusso delle sostanze chimiche unificate e vitali per il benessere vitale, che regolano tanto la nostra biologia quanto il nostro comportamento. Le droghe contribuiscono ulteriormente ad interrompere i numerosi circuiti di feedback che consentono alla rete psicosomatica di funzionare in modo naturale ed equilibrato e quindi instaurano le condizioni per l'insorgere di disturbi fisici e mentali. Quando i recettori sono inondati da una droga o da un farmaco per lungo tempo, i recettori cominciano a desensibilizzarsi riducendosi di dimensioni e diminuendo di numero. Pertanto queste "emozioni" restano impresse nella memoria della cellula stessa, oltre che nel cervello. Questi cambiamenti teoricamente sono reversibili ma modificarli richiede tempo, richiede “integrazione”. Anche il legame peptidi-respirazione è ben documentato: in pratica tutti i peptidi che si trovano nell'organismo sono presenti nell'apparato respiratorio. La respirazione controllata, per esempio la tecnica adottata dai maestri yoga, produce cambiamenti nella quantità e nella specie dei peptidi che vengono rilasciati dal midollo allungato e si diffondono in tutto il liquido cerebrospinale nel tentativo di ottenere l'omeostasi ossia il meccanismo che serve a ristabilire e mantenere l'equilibrio. Dato che molti di questi peptidi sono endorfine, si ottiene ben presto anche una diminuzione del dolore.

Note: L’energia sottile Molti metodi terapeutici antichi ed alternativi fanno riferimento ad una forza misteriosa che anima l'intero organismo ed è nota sotto il nome di "energia sottile", di "prana" o "chi" per i cinesi.

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Questa misteriosa energia potrebbe essere in effetti il libero flusso delle informazioni trasportate dagli elementi biochimici delle emozioni, i neuropeptidi ed i loro recettori. Quando le emozioni sepolte o bloccate vengono liberate per mezzo di tecniche "orientali" si verifica uno sblocco dei percorsi interni, una sorta di liberazione dell'energia emotiva. La meditazione, per esempio, consentendo a pensieri e sensazioni sepolti da tempo di risalire a galla, è un modo per rimettere in circolazione i peptidi. Uno sblocco od una notevole accelerazione nel flusso di alcuni peptidi specifici, potrebbe spiegare in alcuni casi, l'effetto benefico dell'agopuntura. Anche il gioco, per esempio, assolve una funzione importante nella vita animale ed umana: è qualcosa di più che una semplice riduzione dello stress. Giocando possiamo espandere la nostra gamma di espressione emotiva, facilitando il flusso biochimico delle informazioni, sciogliendo alcuni blocchi e risanando le emozioni.

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“L’energia sottile”


Capitolo Quattro - La carica empirica

Nel primo capitolo abbiamo definito il concetto di carica empirica: “Ogni moto dell’uomo rivela una propria valenza empirica. Ogni atto, compiuto o non compiuto possiede quindi una sua carica empirica, un suo valore”. “L’intero operato umano si divide in azioni di carica armonica o di carica disarmonica, a seconda della sincronicità che esprime con le leggi dell’ordine” Se ora rileggiamo questa definizione alla base delle nuove conoscenze, considerando il nostro mondo emotivo biologicamente, possiamo fare diverse considerazioni e rispondere a qualche domanda.

Paragrafo 1 – Archiviazione di un pensiero Quando il cervello elabora pensieri si verifica un vero e proprio “temporale”, lo spazio tra le sinapsi è come fosse il cielo tra la tormenta e la terra. Gli impulsi elettrici che si formano al loro interno sembrano fulmini che colpiscono il suolo. Quando il cervello elabora pensieri avviene una tempesta che rende possibile vedere il pensiero stesso. La neurofisica ha rivelato nei quadranti del cervello una specie di tormenta.

“Collegamento sinaptico”

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I quadranti sono aree in cui il corpo è mappato affinché la persona corrisponda all’immagine che ha di se stessa, alla sua immagine olografica, e tutte le emozioni

associate

ai

pensieri

sono

sostanze

chimiche

impresse

olograficamente. In buona sostanza le emozioni sono disegnate per rafforzare chimicamente la memoria a lungo termine, hanno tale funzione. Ira, odio, risentimento, compassione, amore, il cervello non riconosce differenza tra quello che avviene nell’ambiente esterno e quello che ricorda, perché nei due casi entrano in gioco le stesse reti neuronali. Il nostro cervello sappiamo essere composto da neuroni. I neuroni hanno sottili ramificazioni che si estendono e si connettono con altri neuroni. Nel punto in cui si connettono viene incamerato un pensiero o un ricordo. Il cervello archivia e riconosce i concetti secondo la legge della memoria associativa, e ciò significa che ogni idea pensiero e sentimento immagazzinato nelle reti neuronali ha una possibile relazione con qualsiasi altro. Per esempio il concetto del sentimento dell’amore, immagazzinato nella rete neuronale viene ricostruito partendo da molte altre differenti idee. 35

“Rete neuronale” Alcuni associano all’amore la delusione, ovvero l’emozione della delusione, e quando pensano all’amore sperimentano il ricordo del dolore, la pena il dispiacere o l’ira. L’ira, ad esempio, può legarsi alla ferita provocata da una persona e di riflesso al concetto di amore. Noi organizziamo continuamente modelli del modo esterno a noi, e più informazioni aggiungiamo, più raffiniamo tali modelli.


Conseguentemente ogni qual volta riconosciamo situazioni e persone che ci evocano

il

nostro

modello

al

quale

abbiamo

associato

emozioni,

lo

riconosceremo e riclassificheremo secondo quel modello. In buona sostanza molte volte raccontiamo a noi stessi delle storie su ciò che riteniamo essere il mondo esterno e alle emozioni che abbiamo provato. Ed i nostri comportamenti corrispondono ad i nostri modelli a prescindere da ciò che cognitivamente ci sembra appropriato. Le emozioni associate ai modelli generano quasi sempre cariche empiriche comportamentali ben definite e sempre uguali.

Paragrafo 2 – Sovreccitazione biologica. Questo binomio pensiero/emozione come nell’esempio precedente in cui una persona associa all’esperienza dell’amore il dolore, è ciò che il paradigma empirico ci indica come “sentire alterato”. E’ ovvio dirlo, ma l’amore non è dolore! Vediamo come un sentire alterato genera di continuo, nella vita di una persona situazioni alle quali il soggetto risponde in maniera non consona, ovvero con una carica empirica disarmonica. Ad esempio, se si pratica ripetutamente uno stesso pensiero le cellule nervose stabiliscono, nel nostro cervello, delle solide relazioni a lungo termine. Se ci si lamenta quotidianamente, se si soffre quotidianamente diamo corpo alla vittimizzazione nella nostra vita. I pensieri fissi stabiliscono solide relazioni tra cellule nervose con le relative emozioni associate e danno corpo a ciò che viene chiamata “identità della persona”. Una persona “vittimista” ad esempio, attirerà verso di se sempre e soltanto situazioni nelle quali ha la possibilità di assurgere questo ruolo. Ciò è empiricamente riscontrabile. Ma perché succede? Ciò che biochimicamente accade, come abbiamo precedentemente illustrato, è che c’è una parte del cervello, l’ipotalamo, simile ad una piccola fabbrica, dove vengono assemblate le sostanze chimiche, pezzi di aminoacidi, che danno vita alle emozioni che sperimentiamo, ovvero i peptidi. Abbiamo visto che i peptidi servono a produrre i nostri stati emozionali. Così ci sono sostanze chimiche per il

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dispiacere e la tristezza e ci sono sostanze chimiche per la vittimizzazione. Ci sono sostanze chimiche per la lussuria e per ogni altro stato emozionale. Pertanto se sperimentiamo uno stato emozionale, è perché l’ipotalamo ha prodotto i corrispondenti peptidi e li ha liberati nel sangue grazie alla ghiandola pituitaria. Dopo essere stati immessi nel sangue, raggiungono le varie parti del corpo reagendo con le cellule per mezzo di recettori esterni. dando luogo ad un movimento cellulare che trasmette un segnale d’allarme... invadendoci.. modificando le nostre cellule. Un vittimista possiede chimicamente stivati nel suo cervello una quantità di “emozioni vittimiste” associate ai suoi modelli, molto alta. Ciò significa che i pensieri ed i comportamenti ad essi associati, produrranno molto spesso flussi di peptidi “vittimismi”. Ma non solo, allo stesso modo di un tossico dipendente, un vittimista cronico altera il proprio ricambio cellulare producendo cellule con un numero di recettori antigeni del vittimismo, sempre minore. Questo perché allo scopo di contrastare il “dispiacere”, il corpo produce antigeni al fine di ristabilire il benessere e l’equilibrio. (Principio della causa effetto che mette in atto una compensazione al fine di ottenere un equilibrio)

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“Il Vittimista” Ed allo stesso identico modo, in cui un tossicodipendente necessita di dosi di eroina sempre maggiori, un vittimista necessita di generare nella sua vita


situazioni che soddisfano il suo bisogno biochimico di “sentire” quelle sensazioni”. La capacità di sentire “piacere” o “dispiacere” dipende dal numero di recettori che abbiamo a disposizione. Un tossicodipendente a lungo andare distrugge i suoi recettori del piacere per usura, ed al successivo ricambio cellulare produrrà cellule con un numero minore di recettori del piacere, questo è il motivo per il quale ha necessità di dosi sempre maggiori di eroina, che sortiscano lo stesso effetto ottenuto in precedenza. Il nostro sistema mente/corpo risponde ai “soprusi emozionali” che noi gli provochiamo adattandosi. Compensa, ingloba, si piega... tenta di contrastare questo fenomeno, producendo degli antigeni, ovvero molecole che contrastano l’azione dei peptidi emozionali allo scopo di riequilibrare il nostro organismo. Nel capitolo uno abbiamo detto che la legge della compensazione tenta di ristabilire l’equilibrio naturale qualora questo sia stato violato, affermando che laddove non c’è consapevolezza, la legge della compensazione interviene mettendo in atto una compensazione per suo conto, instaurando così, un equilibrio forzato, “cieco” ove l’uomo rientra in uno stato armonico apparente. 38 Dal punto di vista emozionale come abbiamo appena visto, ogni cellula del nostro corpo si adopera per questo! Il Paradigma empirico esprime questo concetto affermando che noi attiriamo solo ciò di cui abbiamo bisogno. La risposta della biochimica e delle neuro scienze oggi ci dice che “l’eccitazione”, cioè qualunque sensazione in eccesso, è ciò che non possiamo fermare. Detto in altri termini, noi provochiamo situazioni che soddisfano l’ansia biochimica delle cellule del nostro corpo, le nostre necessità biochimiche. Inoltre il fenomeno aumenta sempre di più, per aumentare la corrispettiva “euforia chimica”. Il che significa che se non riusciamo a controllare il nostro stato emozionale la “eccitazione” aumenta, attirando verso di noi solo ciò di cui fisiologicamente abbiamo bisogno! Noi non percepiamo affatto questo, come bisogni fisiologici, e ci inventiamo intellettivamente molte storie per poter giustificare i nostri comportamenti alterati. A differenza di un tossico dipendente che è sempre conscio dell’alterazione che egli stesso si provoca, un vittimista continuerà sempre a chiedersi: ”ma perché capita sempre a me?”


Paragrafo 2.1 – Moti strumentali Noi siamo le emozioni e le emozioni siamo noi, non possiamo separarci dalle emozioni. Consideriamo che ogni aspetto della nostra digestione, ogni sfintere che si apre e si chiude, ogni gruppo di cellule alla ricerca di nutrizione si agita per sanare o riparare qualcosa. Tutte le cellule sono sotto l’influenza dei peptidi delle emozioni e di fronte a questa constatazione, ci si pone la domanda se le emozioni debbano essere considerate negativamente. Le emozioni non sono negative, sono la vita. Colorano le esperienze che facciamo. Il vero problema e la nostra “eccitazione”. La maggior parte delle persone non comprende d’essere totalmente “drogata” dalle emozioni”. Non è solo un fattore psicologico. E’ biochimico. Pensiamoci. L’eroina usa lo stesso meccanismo dei recettori cellulari. Allora è facile comprendere come si possa essere assuefatti all’eroina e a una qualunque altra emozione. In buona sostanza, il comando che viene avviato, i nostri moti, sono strumentali all’ottenimento di un certo stato emozionale. Ciò significa che non siamo in grado di dirigere il nostro sguardo, senza avere uno stato emozionale orientato ad esso. 39 Esempio 1: Come si “rompe” un recettore? Facciamo un esempio pratico: Supponiamo di poter osservare il flusso di peptidi di un uomo che in medicina allopatica classificheremo come un “grande obeso”. Un obeso mangia grosse quantità di cibo. Una serie di peptidi vanno in circolo durante il processo digestivo, tra i quali il senso di sazietà, che è anch’esso un peptide. Se una persona abusa del cibo, bombarda letteralmente i suoi recettori del senso di sazietà, ostruendoli e distruggendoli. Un grande obeso, quindi con l’andar del tempo, per provare lo stesso senso di sazietà, avrà bisogno di quantità di cibo sempre maggiori per sentire appagamento, poiché ha “distrutto” i recettori della sazietà sulle sue cellule. Quando queste cellule si riprodurranno, avranno un recettore in meno. Il “sentire” di questa persona risulta quindi alterato rispetto alla situazione. Ovverosia, questo individuo possiede, rispetto a questo evento, una carica empirica alterata. Anche se l’individuo ad un certo punto del suo pasto, sarebbe certamente sazio, ed anche se cognitivamente, può capire che la quantità di cibo ingerita gli è sufficiente, non smette di mangiare poiché il suo sistema


corpo/mente è alterato, e gli suggerisce il comportamento, il moto, di ingerire ancora fino al raggiungimento del senso di sazietà, che per la scarsa quantità di recettori gli arriva in ritardo, rispetto ad un soggetto non classificato come “grande obeso”. Ricordiamo che le cellule non fanno che inviare segnali alle altre mediante il rilascio di neuropeptidi che legano con i recettori. Le cellule che li ricevono rispondono con alcune modificazioni fisiologiche. Questi cambiamenti a loro volta ritrasmettono informazioni alle cellule che producono i peptidi indicando quanto se ne deve secernere in più o in meno. Meno recettori un organismo possiede, più il segnale di risposta su quanti peptidi bisogna produrre è alterato.

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“Botero” Nota: Il Chimismo Le cellule del corpo si duplicano all’incirca 50.000 volte nell’arco della nostra vita. Duplicandosi, esse si modificano adattandosi all’ambiente. Immerse in un chimismo saturo di certe “emozioni”, e poiché la natura “non spreca nulla”, le cellule svilupperanno sempre più recettori capaci e specializzati nel trarre nutrimento proprio da quel tale chimismo. Ogni “scarica emozionale” liberata dalle ghiandole andrà in circolo nel nostro corpo nutrendo le nuove cellule “specializzate” per quel particolare “sapore”. Di conseguenza, quando tale “scarica” si esaurirà, le cellule cominceranno ad avere “fame” e, in una sorta di “crisi di astinenza”, lavoreranno sodo per far sì che si generi un’altra “scarica” analoga. Cominciamo ad associare quella carica (o scarica) di adrenalina a quella spinta, a quella sensazione di essere vivi, a quello stress; e così, lo stress comincia a farci sentire “bene”. Le persone amano il lavoro se è stressante, amano le relazioni se sono traumatiche, amano il lutto benché dia loro così tanto dolore... non sono loro ad amarle, è il loro corpo che le ama. In queste situazioni, le persone ricevono le sostanze chimiche di cui hanno bisogno per sentirsi “vive”.

Paragrafo 3 – L’invecchiamento


La nostra mente crea il nostro corpo e tutto inizia dalle cellule. La cellula è una macchina che riceve segnali dal cervello. E i recettori possono degradarsi. I recettori di una certa emozione, che vengono bombardati per lungo tempo ad una intensità elevata, possono degradarsi o distruggersi, e la diminuzione del loro numero, come il loro progressivo degrado, determina la crescita della quantità di emozioni necessarie all’ottenimento dello stesso risultato. Se bombardiamo le cellule quotidianamente, con gli stessi atteggiamenti e la stessa chimica, quando si moltiplicheranno daranno vita a cellule che avranno un minor numero di recettori per quello stesso tipo di neuropeptidi. E inoltre avranno anche un minor numero di recettori per le vitamine, i minerali, i nutrienti, e lo scambio dei fluidi ed anche per la liberazione delle tossine. L’invecchiamento è il risultato di una scarsa produzione di proteine (peptidi). Che succede quando invecchiamo? La nostra pelle perde elasticità, bene l’elastina è una proteina. Che succede ai nostri enzimi? Non digeriamo bene, Che succede al nostro fluido sinoviale? Sono proteine che diventano rigide e fragili.Che succede alle nostre ossa? Diventano meno dense. Perciò l’invecchiamento è il “risultato” della scarsa produzione di proteine. 41 Sorge spontanea la domanda: importa veramente ciò che mangiamo? E la nutrizione ha un reale effetto sulle cellule che non hanno più recettori a causa di 20 anni di abuso emozionale da non essere più in grado di assimilare i necessari nutrienti? La maggior parte di noi nella nostra vita ha subito delle sconfitte, e nell’età matura a volte si richiude in un luogo emozionalmente separato, come se l’oggi fosse sempre ieri; ma sia i luoghi separati, formatisi nel tempo, che quelli sovraemozionali, non consentono alla persona di operare come una unità integrata. Per fortuna però i recettori non sono stagnanti e possono cambiare tanto nella sensibilità quanto nella disposizione che assumono rispetto alle altre proteine della membrana cellulare. Ciò significa che anche quando siamo "bloccati" sul piano emotivo, ancorati ad una versione della realtà alterata, che non ci serve a dovere, esiste sempre un potenziale biochimico di cambiamento e di crescita. Come il paradigma empirico ci suggerisce, la consapevolezza sensoriale di una persona indica quindi anche la qualità empirica del suo operato. A questo punto è facile comprendere quanto l’abuso emozionale influenzi fisicamente e


psicologicamente una persona, al punto di produrre modificazioni fisiche, caratteriali, ed in definitiva comportamentali. Quando il sistema corpo /mente non opera come una unità integrata, genera comportamenti alterati.

Paragrafo 3.1 – Il ruolo empirico del bambino

“I Bambini imparano ciò che vedono” Se un bambino vive nella critica impara a condannare. Se un bambino vive nell’ostilità impara ad aggredire. Se un bambino vive nell’ironia impara ad essere timido. Se un bambino vive nella vergogna impara a sentirsi colpevole. Se un bambino vive nella tolleranza impara ad essere paziente. Se un bambino vive nell’incoraggiamento impara ad avere fiducia. Se un bambino vive nella lealtà impara la giustizia. Se un bambino vive nella disponibilità impara ad avere una fede.

42 Se un bambino vive nell’approvazione impara ad accettarsi. Se un bambino vive nell’accettazione e nell’amicizia impara a trovare l’amore nel mondo. Doret’s Law Nolte

“Bambino con Aquilone”


Nell’età che precede la maturità biologica corticale, ovvero fino ai 20 anni, il livello emozionale degli individui è molto alto, in generale i bambini e gli adolescenti sono più “aperti” alle esperienze della vita non avendo ancora ben strutturato i propri modelli associativi. Dal punto di vista emotivo, la loro sovreccitazione è quasi sempre alta, e le loro sensazioni sono più intense. Nell’infanzia e nell’adolescenza il livello emotivo, è molto ben sostenuto fisiologicamente dalla natura, il ricambio cellulare avviene a ritmi più elevati, consentendo alla persona molteplici adattamenti. La “ripresa” su fenomeni di degrado dal punto di vista dell’usura dei recettori cellulari è più rapida che non in un individuo adulto, ed il livello emotivo ad esso correlato è più flessibile, la natura “sostiene” i cambiamenti, i mutamenti, consentendo all’individuo il “tempo” materiale di strutturare le sue conoscenze nella gestione delle proprie emozioni, e quindi di diventare adulto. I messaggi che vengono offerti al bambino dall’adulto per tutto ciò che abbiamo detto in precedenza sono importantissimi. Sui modelli che avrà costruito e sulle emozioni ad esso associate, egli baserà la sua percezione del mondo. Cambiare tali modelli non è semplice.. non è un fatto solo biologico..

Paragrafo 3.2 – Il ruolo empirico dell’adulto E’ nel ruolo empirico dell’adulto, la capacità di saper gestire le proprie emozioni. Se tutti comprendessimo, il degrado al quale noi stessi ci sottoponiamo, il male che noi stessi procuriamo al nostro sistema mente/corpo, saremmo forse un po’ più accorti nel gestirci, così come siamo accorti nell’andare in palestra, o a non mangiare troppi grassi.

Il “corpo” è la parte di noi che entra immediatamente in relazione con gli altri, senza i filtri rappresentati dalle nostre storie, dalla nostra biografia, dalla nostra capacità di proteggerci con il linguaggio.

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E’ attraverso il movimento che entriamo in contatto con il nostro ambiente, che entriamo in relazione con gli altri e che esprimiamo le nostre emozioni. Il termine emozione viene dal latino e-movere (muovere fuori), ne deriva che per poter esprimere un sentimento, un’emozione, dobbiamo compiere un movimento dall’interno verso il mondo esterno; capita a volte, che per adeguarci alle richieste implicite o esplicite dell’ambiente, siamo costretti a rinunciare all’espressione di alcuni sentimenti e con essi anche ai relativi movimenti. Il ruolo dell’adulto è un ruolo nel quale ci si assume la responsabilità dei propri comportamenti ed in definitiva dell’espressione del proprio emotivo. Siamo così abituati a coprire le manifestazioni corporee che ci rivelano! Odiamo diventare rossi, sudare per il nervosismo e sentirci “scoperti”. Eppure, in un processo di

crescita personale, in un adulto, tutte queste informazioni sono preziosissime… Se restiamo inconsapevoli delle emozioni che si "scolpiscono" nel nostro corpo, esse finiranno per divenire posture rigide e dolorose oppure azioni inadeguate alle prestazioni. Parallelamente ci impoveriamo delle nostre risorse emotive che 44

ci darebbero forma e direzione. Il nostro corpo è sempre con noi, siamo abituati alla sua presenza: scontata e piacevole quando fila tutto "liscio", spiacevole non appena "percepiamo dolore". Spesso, è solo in questi momenti che richiama la nostra attenzione risvegliando in noi quell’ansia che susciterebbe l’incontro con uno sconosciuto.

“L’ombra” La dimensione corporea e mentale si rispecchiano e risuonano costantemente l'una nell'altra; le tensioni muscolari, alcuni movimenti e posture ormai divenuti abituali, sono spesso l’espressione di un atteggiamento psichico.


Possiamo creare un dialogo tra la nostra mente e il nostro corpo allo scopo di acquisire consapevolezza della struttura fisica che ci appartiene, delle sue dinamiche, di particolari movimenti, ed in definitiva di un'area inconscia del nostro vissuto corporeo. Come dice Jader Tolja e Francesca Speciali nel loro libro “Pensare con il corpo” “ il manovratore non è pazzo!” Intendendo per manovratore quel qualcosa che coordina tutto ciò che accade nel nostro organismo. Lì, è esattamente lì, che le nostre emozioni a volte si “congelano”. Il vostro nostro corpo lo sa, e voi?

45 “Consapevolezza”

Paragrafo 3.3 – Il ruolo empirico dell’anziano In condizioni normali d’ invecchiamento fisiologico, nella senescenza anche le emozioni subiscono delle varianti. L’affettività muta sia per quantità, sia per qualità. Si nota una riduzione del coinvolgimento emotivo soggettivo, rispetto agli eventi pregressi che in passato avrebbero destato reazioni forti. Inoltre l’attenzione emotiva si polarizza su determinati eventi, l’anziano è immerso nelle problematiche personali: in generale è più preoccupato del suo benessere fisico e psichico e del suo status economico e sociale, che non dal contesto sociale più generalizzato. A differenza della personalità del giovane che è di tipo centrifugo, proiettata verso l’esterno e verso il futuro, la personalità dell’anziano è centripeta, proiettata internamente verso il proprio Io, con ricordi, esperienze e sentimenti che lo hanno caratterizzato.


Questo sentire “diverso” questo comportamento diverso, si spiega quasi come uno “smorzamento” sensoriale. Come se tutte le emozioni fossero “abbassate” di livello.

“Marzia Civitillo” 46 Dal punto di vista cellulare ovviamente c’è un degrado sensoriale generalizzato, le sue cellule hanno meno recettori quantitativamente e qualitativamente disponibili ed inoltre il ricambio cellulare è molto più lento. La natura sostiene l’individuo ad affrontare la fine della vita, tagliando via gli accenti forti dell’orchestra emotiva, predisponendolo all’accogliere l’inevitabile e sempre più vicina fine dell’esistenza, intesa come morte fisica.


Capitolo Cinque - Cenni di Teoria dell’informazione

Il presente capitolo, accenna ai concetti della teoria dell’informazione, vuole essere solo lo spunto per saper indirizzare il lettore interessato, ad una visione più ampia delle problematiche che inevitabilmente si aprono ogni qualvolta si affronta un argomento “denso” di informazioni. Nel capitolo c’è un paragrafo in cui viene accennata un ipotesi di misurabilità della carica. Sono solo spunti, riflessioni, e non ardiscono a trovare soluzioni, accompagnano solo il lettore in una visione più aperta di questi concetti.

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“Cibernetica”

Paragrafo 1 – La metafora di Bob Gottesman

Quando la Pert utilizza termini quali rete, punto nodale, e molecola informazionale, è per mettere in risalto il fatto che la ragion d’essere dei sistemi in generale, e del sistema corpo in particolare, è l’elaborazioni delle informazioni.


Nella famosa formula di Einstein E=mc2 sono espresse le relazioni tra 3 elementi: Materia Forza ed Energia. Non possiamo che constatare che questi termini pur essendo utili per costruire locomotive e ponti e bombe atomiche, non sono valide per la comprensione del corpo umano. I processi fisici non sono oggetti, sono dinamici e avvengono in un sistema aperto e fluido, quindi si adattano meglio alla metafora delle informazioni che a quella della materia e della forza. Per comprendere il problema del rapporto mente/corpo, ci si rifà alla teoria dell’informazione, un campo ben sviluppato con leggi e teorie verificabili, che si possono applicare benissimo alle scienze tradizionali, oltre che agli affari e alle discipline umanistiche. Fino alla precedente generazione si riteneva che il concetto di materia e di energia fosse la base per la comprensione di tutti i fenomeni. Oggi il concetto di informazione si sostituisce a energia e materia come denominatore comune per la comprensione di tutte le forme di vita biologiche, e persino dei processi ambientali. 48 Le sostanze biochimiche definite oggi molecole dell’informazione, utilizzano un linguaggio in codice per comunicare attraverso una rete mente/corpo. Sono impegnate in uno scambio di informazioni, una conversazione scambievole molto diversa da quello che accade quando c’è soltanto una spinta unidirezionale, come nell’azione di una forza. Una delle leggi della teoria dell’informazione ci dice che le informazioni trascendono in tempo e spazio, collocandosi oltre i limiti angusti della materia e dell’energia. Gregory Beateson (Antropologo, sociologo, linguista e studioso di cibernetica, figlio dell’altrettanto famoso genetista Williams Beateson) definì le informazioni come <<la differenza che fa la differenza>>. Noi tutti osserviamo il mondo guardando alle differenze nei vari campi sensoriali, per esempio le variazioni di sapore, consistenza, colore etc.


Per esempio, una mucca che pascola in un prato e un botanico che passeggia nello stesso prato percepiranno entrambi l’erba verde come una realtà che si distingue, poniamo, dal cielo. Ma mentre per la mucca l’erba significa cibo, per il botanico significa un possibile campione da portare a casa per studiarlo in laboratorio. La differenza che fa la differenza,dunque, è la differenza per l’osservatore. Questo è un concetto molto importante nella teoria dell’informazione, perché l’inclusione dell’osservatore nell’equazione ammette nel sistema un nuovo livello di intelligenza. Nella vecchia metafora, si ignorava l’osservatore nel tentativo di evitare ogni sospetto di interferenza soggettiva nella determinazione della realtà perché è la sua partecipazione che fa la differenza. Un altro punto importante della teoria dell’informazione, è quello del feedback, secondo Bateson, il morso più grande alla mela del sapere dai tempi di Platone è stato la scoperta del feedback. L’ idea del feedback deriva dalla cibernetica, lo studio scientifico dei processi di controllo nei vari sistemi. La parola “Ciber” deriva dal greco “Kybernetes”, che indica ” colui che pilota”, ovvero il timoniere di una nave. Ora, il timoniere governa la nave regolando di continuo la barra del timone in risposta alle informazioni, ovvero al feedback che riceve da letture visive, o grazie alle vista, o mediante strumenti. Questo è un esempio di circuito di feedback. Lo stesso principio vale nella rete psicosomatica, che è analoga a una regata, in quanto effetto di una serie di circuiti di feedback. Le cellule non fanno che inviare segnali alle altre mediante il rilascio di neuropeptidi che legano con i ricettori. Le cellule che li ricevono, come il timoniere o il marinaio addetto alle vele, rispondono con alcune modificazioni fisiologiche. Questi cambiamenti a loro volta ritrasmettono informazioni alle cellule che producono i peptidi, indicando quanto se ne deve secernere in più o in meno. È cosi che tanto il corpo quanto la barca possono procedere, grazie ad una serie di rapidi scambi di feedback.

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Un sistema è sano, o integro, una parola che corrisponde meglio al concetto di salute, quando questi scambi sono rapidi e non incontrano ostacoli, sia che avvengono, fra peptidi e recettori, sia fra il comandante ed il timoniere. Cannon, è stato il primo a formulare il concetto di omeostasi come sistema innato di equilibrio interno, destinato ad assicurare uno stato relativamente costante all’ interno del corpo. L’ idea di Cannon costituisce forse la prima visione di un

organismo come circolo chiuso di un flusso d’informazioni.

Paragrafo 2 – Introduzione alla misurabilità della carica E’ ipotizzabile misurare biologicamente una carica empirica? Se utilizziamo come parametri la quantità e la qualità dei recettori e delle molecole emozionali del sistema corpo/mente di una persona, Il che equivale a misurare la capacità del flusso delle molecole all’interno del sistema mente/corpo, potremmo ipotizzare di misurarla. Se definiamo “Quantità” la percentuale di distribuzione di un certo tipo di recettore, su ogni cellula di ciascun punto nodale, e definiamo la “Qualità” la capacità di un recettore di richiamare a se una molecola e di formare con essa un legante, allora potremmo ipotizzare di misurare per ciascun punto nodale del sistema mente/corpo, e per ciascun tipo di molecola la capacità reattiva e contenitiva del punto nodale. Se consideriamo il sistema mente/corpo come una rete, o per meglio dire un grafo “chiuso”, (così come la teoria dell’informazione ci suggerisce) in cui i punti nodali sono rappresentati dagli addensamenti dei recettori disposti lungo il corpo, (quindi lungo la colonna vertebrale, sistema respiratorio, gonadi, sistema endocrino, sistema immunitario e cervello) dove ciascun nodo è collegato all’altro per via diretta o per via interposta, ovvero passando tramite un altro nodo, possiamo “disegnare” una mappa e costruire un vero e proprio modello matematico. La ramificazione che parte da ciascun nodo, rappresenta la “strada” (Canale) che ciascuna molecola può percorrere quando è richiamata da un recettore. In pratica quando il nostro ipotalamo (Sorgente) produce un flusso di neuropeptidi, al fine di generare una sensazione, questi vengono attirati dai

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recettori (Ricevente) seguendo un ciclo Hamiltoniano (Vedi Nota1), ovverosia, cercando il percorso minimo. Il punto è che non tutto il flusso (Flusso Informativo) di peptidi raggiunge i recettori nello stesso tempo. Questo perché se il numero di molecole è molto maggiore del numero dei recettori che possediamo, la rete si intasa, ovvero tutti i recettori sono occupati mentre nel corpo ancora fluiscono peptidi (Entropia) (Vedi Nota2) provocando un empass del sistema mente/corpo. Un po’ come quello che succede in una overdose di eroina. Per il lettore interessato a tali tipi di problematiche suggerisco di leggere degli accenni di teoria dell’informazione nel paragrafo 3, o di saltarlo, nel caso l’argomento risultasse troppo squisitamente logico/matematico. Nota1: Il ciclo Hamiltoniano: La matematica, ma più in particolare la “teoria dell’informazione” ci viene in contro in tal senso, raccontandoci in che modo questa rete può essere percorsa. I percorsi possibili, per quanto il numero di nodi sia grande e per quante connessioni ci siano, è sempre stimabile, e quindi quantificabile numericamente. Nella teoria dell’informazione questo è definibile come “problema aperto” o anche detto “NP completo” ma a dispetto del suo nome ha una sua risoluzione matematica ben precisa, ha un suo valore che è funzione del numero di nodi presenti nel grafo, e del peso che diamo a ciascun nodo.

51 Il peso del nodo, in questo caso può essere definito come il rapporto tra il numero di recettori attivi sul nodo diviso il peso specifico del punto nodale. Il nome nasce dalla sua più tipica rappresentazione: data una rete di città, connesse tramite delle strade, trovare il percorso di minore lunghezza che un commesso viaggiatore deve seguire per visitare tutte le città una e una sola volta. Espresso nei termini della teoria dei grafi è così formulato: dato un grafo completo pesato, trovare il ciclo hamiltoniano con peso minore. Nota 2:Teoria dell’informazione - Shannon La teoria dell'informazione è quel settore dell’informatica e delle telecomunicazioni e più in generale della cibernetica che si occupa di definire le basi teoriche su cui si fonda la scienza dell’informazione. La sua nascita è relativamente recente: essa viene solitamente fatta risalire a1948, anno in cui Claude Shannon pubblicò: “Una teoria matematica della comunicazione” in cui introduceva per la prima volta in modo sistematico lo studio dell’informazione e della comunicazione. Shannon introdusse i concetti di Entropia, ovvero misurabilità dell’incertezza, e di misurabilità della stessa, formulando due teoremi noti alla letteratura come Primo e Secondo teorema di Shannon.

Paragrafo 3 – Cenni di teoria dell’informazione


Questi accenni alla teoria delle informazioni hanno il solo scopo di farci comprendere il perché la biochimica, le neuroscienze, la psicologia ed in generale tutte le discipline nelle quali si utilizza la comunicazione, non possono non utilizzare la teoria delle informazioni come base matematica e logica per la misurabilità di una qualunque sorgente informativa Nel seguito alcuni concetti base: Che cos’è l’informazione? • L’informazione è un contenuto • L’informazione non è un contenuto, è la semplice presenza di una scelta Problemi di Shannon: • trasmissione materiale di informazioni su un canale misurare la capacità di un canale • • stabilire quale sia il miglior sistema di codifica dei messaggi per garantire la ricezione L’informazione come incertezza: La trasmissione è qualcosa di materiale che consiste nel fare in modo che una qualunque variazione di uno stato fisico (onde sonore, porzioni grafiche, o tattili, ma anche in linea di principio olfattive o gustative) passi su un canale e venga ricevuta correttamente da un apparecchio di ricezione di tali variazioni • • •

L’informazione è indipendente dal contenuto (asemantica) L’informazione corrisponde a una scelta tra due possibilità equiprobabili L’informazione è connessa con l’incertezza, con la sorpresa

L’informazione come entropia L’informazione consiste nella rimozione dell’incertezza della situazione iniziale • Maggiore è l’incertezza, maggiore sarà l’informazione portata dal messaggio e minore sarà lo stato di incertezza del ricevente al termine del messaggio • L’informazione non ha un valore assoluto ma solamente relazionale • La nozione matematica (e teorica) di informazione in questo senso coincide con la nozione fisica di Entropia • grandezza termodinamica il cui aumento misura la diminuzione dell’energia posseduta da un sistema isolato

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Tendenza al disordine, caos

Gli elementi della comunicazione la sorgente o produttore o emittente, ossia il dispositivo che produce una variazione di stato fisico; • il ricevente o destinatario, ossia il dispositivo che rileva le variazioni di stato fisico; • il messaggio, ossia l’insieme delle variazioni di stato fisico emesse dal produttore (collegabili a una serie di contenuti anche complessi che però non entrano nel processo di trasmissione); il canale, ossia il mezzo fisico su cui viene trasmesso; • la codifica, ossia il processo attraverso il quale sono • formati • I messaggi e la decodifica ossia il processo di ricostruzione del messaggio da parte del ricevente; • il rumore, ossia il possibile disturbo che può intervenire sul canale

Riassumendo, il concetto dell’osservatore, del canale ed il concetto di entropia uniti al concetto della percorribilità di una rete sono le basi per poter comprendere come il flusso informativo dei peptidi si muove ed informa e muta il nostro corpo.

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Capitolo Sei - La carica empirica Yin e Yang

“Siamo pervase dalla nostalgia per l’antica natura selvaggia. Pochi sono gli antidoti autorizzati a questo

struggimento.

Ci

hanno

insegnato

a

vergognarci di un simile desiderio. Ci siamo lasciate crescere i capelli e li abbiamo usati per nascondere i sentimenti. Ma l’ombra della donna selvaggia ancora si appiatta dietro di noi, nei nostri giorni, nelle nostre notti. Ovunque e sempre l’ombra che ci trotterella

dietro

indubbiamente

a

quattro

zampe.” Clarissa Pinkola Estes

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“Maschile e Femminile”

Paragrafo 1 – Lo Yin, lo Yang ed i loro ruoli empirici


Quali sono le differenze biologiche, emozionali, e in definitiva comportamentali di una donna e di un uomo? Ve ne sono? Nel corso dei successivi paragrafi ci occuperemo dei circuiti somatoemozionali umani: per cercare di comprendere in che modo biologicamente il mondo femminile ed il mondo maschile sono sostenuti nelle loro “qualità”. La teoria dell’ informazione ci dice che “è la differenza che fa la differenza”. Una medesima circostanza quindi, genera comportamenti e reazioni dissimili tra una donna e un uomo. Un diverso “sentire” che genera “cariche soggettive discordi”. Il Paradigma Empirico ci parla del ruolo empirico di un uomo integrato e di una donna integrata, designando per ciascuno dei due sessi, un comportamento di base. Ciò presuppone che, al presentarsi di un evento ciascuno dei due si adoperi nel suo fare in maniera diversa, generando così la differenza che fa la differenza e quindi la differenza per l’osservatore. Vedremo queste diversità da vari punti di vista. Sostenuti da ciò che il Paradigma Empirico ci mostra come comportamenti di riferimento per il ruolo Yin e Yang integrato; e andremo alla scoperta delle molecole di un diverso sentire. 55 Paragrafo 1.1 – Il Paradigma empirico e i valori reali Ciascun incontro, episodio, o avvenimento contiene valori empirici esatti. Essi nascono dalla situazione stessa e la descrivono in maniera empirica, ossia attraverso parametri che si rivelano soltanto al proprio sentire. La loro valenza rimane tale anche nel caso in cui l’uomo non voglia o non possa accedervi, perché non è in grado di riconoscerli. Non è mai la percezione del singolo a costituire la realtà oggettiva, ovvero la realtà empirica, ma essa funge semplicemente da trasmettitore per quello che egli è in grado di recepire. A rafforzare tale concetto empirico la Pert dice: Le nostre percezioni, sono filtrate da stazioni di posta sensoriali, e giungono alla consapevolezza filtrate dal nostro sistema mente/corpo, ovvero attraverso il nostro apparato psicosomatico. Colui che riesce a sintonizzarsi con i parametri armonici, giunge anche ad emozioni piene ed autentiche, a percezioni forti e univoche, senza dubbi, ripensamenti o esitazioni.


Più i valori sensoriali del singolo si dimostrano affini a quelli empirici, meno sono soggettivi ed opinabili. Le scoperte della Pert avvalorano tutte le affermazioni sopra citate, mostrandoci la base biochimica delle emozioni, e le alterazioni di queste, ci invita a far attenzione al nostro sentire, all’euforia biologica che a volte scateniamo dentro di noi ed alla quale rispondiamo il più delle volte. Nel corso di questa tesi, abbiamo usato le parole “sano” e “integro” termini medici che lasciano intendere il concetto di “salute”. La salute, per la Pert indicana la totalità del sistema mente/corpo del psicosoma. Pertanto, un sentire sano implica un corpo sano, una base biochimica integra. Un uomo e una donna, come vedremo nel successivo paragrafo, sono diversi in ogni cellula. Predisposti dalla nascita a coprire ruoli empirici diversi, le loro “qualità” ed il loro sentire si esprimono generando moti diversi per ciascuno. La Pert direbbe, che ciò accade per via della diversità di distribuzione recettoriale tra i sessi. Il concetto della “salute recettoriale”, sostiene quindi, il concetto di “ruolo integrato”, e la diversità che sussiste tra la distribuzione recettoriale maschile e femminile rafforza il concetto del ruolo empirico Yin e Yang integrato.

Paragrafo 2 – La “salute” delle donne Abbiamo detto che tutte le emozioni sono di per se sane, rimanendo sullo stesso concetto di “sano” come salute psicosomatica, guardiamo cosa ci indica l’antropologa e psicologa Pinkola Estes riguardo alla salute ed in particolare alla salute delle donne. Dal testo di Pinkola Estes “ Donne che corrono coi lupi”: “le donne sane, hanno in comune con i lupi talune caratteristiche psichiche: sensibilità acuta, spirito giocoso e grande devozione. Lupi e donne sono affini per natura, sono curiosi di sapere e possiedono grande resistenza. Sono profondamente intuitivi e si occupano intensamente dei loro piccoli, del compagno, del gruppo. Sono esperti nell’arte di adattarsi a circostanze sempre mutevoli; sono fieramente fervide e molto coraggiose. Leggendo questo testo osserviamo che ci sono gli stessi concetti espressi dal paradigma empirico. I medesimi concetti, li ritroviamo se guardiamo la rete

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psicosomatica di una donna sana. Le donne sono strutturalmente diverse da un uomo e vedremo come, nel prossimo paragrafo dove troveremo un recente studio coordinato da Paolo Pancheri, sulle differenze sia dal punto di vista morfologico che funzionale.

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“Donne e Lupi” Paragrafo 2.1. – il cervello ha un sesso? Le ultime ricerche confermerebbero di sì. Gli studi effettuati per anni delle Scuole universitarie di Psichiatria di Roma, Napoli, Genova e L’Aquila su Uomini e Donne sani, uniformi per lavoro, età, cultura, dicono di si, siamo diversi. Il cervello di questo campione statistico è stato scandagliato per anni con la risonanza magnetica e con la tomografia a emissione di positroni, quello che è emerso è quanto segue:


- La donna è più intuitiva. E’ capace di pensieri paralleli. Grazie a sofisticati mezzi diagnostici Paolo Pancheri, ordinario di Psicologia e Psichiatria all’Università La Sapienza di Roma, ha scoperto che nel cervello femminile il corpo calloso, una struttura composta da fibre nervose che permettono all’emisfero di destra di comunicare con quello di sinistra, è più spesso di quello maschile. Ciò significa che le due metà del cervello della donna comunicano più facilmente. Nell’emisfero di sinistra (quello che “comanda”, rispetto all’emisfero destro che esegue) avvengono ragionamenti di tipo sequenziale (tipici maschili), logico. L’emisfero destro, invece, permette di effettuare anche i ragionamenti di tipo parallelo, di portare avanti più operazioni mentali contemporaneamente. La maggiore comunicazione tra i due consente ai ragionamenti paralleli di raggiungere l’emisfero sinistro e di influenzare le decisioni al di là della logica. “L’intuito – continua Pancheri – altro non è che il risultato di un ragionamento parallelo che una parte del cervello ha continuato a portare avanti al di fuori della coscienza e che è andato a influenzare una logica sequenziale rigida, fornendo una soluzione diversa al problema preso in esame. Le donne sono più intuitive dell’uomo grazie alle maggiori connessioni tra i due emisferi”. - La donna è più fantasiosa. Sa farsi guidare dalle emozioni. Oltre al corpo calloso le ricerche hanno evidenziato che esiste un’altra area del cervello nella donna che appare più voluminosa e attiva rispetto all’uomo. “Si tratta di una zona dei lobi frontali, ossia la corteccia frontale dorsolaterale, che sovrintende ai processi di memoria a breve termine, alla programmazione e valutazione delle procedure e delle decisioni per raggiungere uno scopo – spiega il professor Pancheri. Questa zona della donna ha uno spessore maggiore ed è collegata con le cosiddette aree “limbiche”, quelle cioè che sono la sede dell’emotività e che sempre, nella donna, a parità di stimoli, si attivano più “intensamente”. Il processo decisionale delle donne, quindi, è influenzato emotivamente in misura maggiore rispetto a quello degli uomini. “Quando si devono prendere delle decisioni importanti – spiega Pancheri – si possono seguire ragionamenti basati sulla logica, che fanno scegliere tra le varie opzioni possibili quelle che presentano maggiori probabilità di successo, oppure possono essere introdotti fattori di correzione di tipo emozionale, che possono fare scegliere soluzioni apparentemente meno vantaggiose. Questo fattore emotivo

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può rivelarsi una carta vincente perché può portare a fare scelte che altri non farebbero mai. Un uomo che fa ragionamenti sequenziali, di stretta valutazione dei rischi, può rifiutare una opzione solo perché la logica probabilistica sconsiglia di sceglierla e, così facendo, può perdere un’opportunità di successo. “Una donna, invece, può percepire una serie di variabili, non quantificabili esattamente, sulla base di un feeling emozionale e prendere decisioni che si rivelano più vincenti e corrette. Una donna con un equilibrio emozionale normale, sia per le influenze del ragionamento parallelo, sia per quelle emotive, può sicuramente prendere decisioni importanti con più probabilità di successo di un uomo. Ma se per ragioni patologiche o meno, l’emotività è eccessiva, può costituire un rischio”. Come dire che un “sentire” alterato è rischioso Di fronte a situazioni complesse è avvantaggiata la donna, perché il cervello femminile anche se possiede gli schemi sequenziali di ragionamento è meno “rigido”, quindi è portato ad analizzare uno spettro più ampio di varianti. La messa in atto di schemi standard, collaudati, ripetitivi, invece è più rapida negli uomini. Il cervello maschile, se deve prendere una decisione, tende ad escludere eventuali variabili, a negarle, ed è quindi avvantaggiato in situazioni semplici, schematiche. - Più reattiva. La sua materia grigia è maggiore. La PET (tomografia ad emissione di positroni) ha evidenziato che, a parità di stimoli, gli emisferi della donna sono più irrorati di quelli di un uomo. “Il cervello femminile- aggiunge Pancheri – è più raffinato, più sofisticato di quello maschile, più completo. In sintesi, è come una macchina altamente sofisticata, quello dell’uomo più paragonabile a un fuoristrada. Entrambi servono, ma i meccanismi e le funzioni sono notevolmente diversi”. Atteggiamenti opposti anche nell’amore. Sono le signore a fare una selezione oculata. Le diverse intelligenze, maschile e femminile, hanno influenza anche sui programmi riproduttivi dei due sessi: dai meccanismi di scelta del partner al desiderio di miglioramento e conservazione della specie, fino al diverso legame con i figli.

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“La donna – spiega Pancheri – dispone di un patrimonio genetico contenuto nelle uova e limitato numericamente; l’uomo invece ne ha in abbondanza e può anche permettersi di sprecarlo. Ne consegue che una donna, anche se non ha intenzione di avere un figlio, nella scelta di un partner seguirà un albero decisionale che la porterà ad escludere o scegliere un uomo in base a processi inconsci, condizionati da milioni di anni di evoluzione, mirati ad assicurare che ogni suo uovo sia fecondato da uno spermatozoo “Doc” che assicuri al figlio il miglior patrimonio genetico possibile. Non si pensi però che la donna sia calcolatrice, perché tutti questi comportamenti sono basati su automatismi inconsci, legati alla protezione della prole, al miglioramento della specie e vengono messi in atto anche nella scelta del partner occasionale, per una sola notte”. “L’uomo – aggiunge Pancheri – ha a disposizione un patrimonio più ricco, che può “sprecare” senza problemi. La sua scelta della partner è più semplice; le ragioni per cui sceglie una donna piuttosto che un’altra sono basate quasi esclusivamente sui caratteri sessuali secondari, esteriori. 60 Questa è l’attrazione per l’uomo. Dopo di che, prima o poi trova la donna giusta. La sua, però, non è una scelta oculata, precisa. Chi sceglie veramente è la donna”. Le differenze dei programmi riproduttivi nel cervello maschile e femminile spiegano anche il legame biologico che si instaura tra madre e figlio. “Questo legame è condizionato biologicamente dalla liberazione di una sostanza, l’ossitocina, che viene rilasciata durante il parto e l’allattamento, la quale da un imprinting al cervello che dura tutta la vita. Questa sostanza è alla base dei meccanismi di protezione dei figli e di conseguenza dei comportamenti aggressivi delle mamme per difenderli dalle minacce. Nell’uomo questo condizionamento non esiste e l’interesse per il figlio inizia sostanzialmente quando il bambino è in grado di interagire con lui”.


“Marzia Civitillo” In definitiva, le fluttuazioni degli ormoni sessuali nella donna influenzano la sfera 61

emozionale. Le differenze strutturali nei due sessi sottendono un dimorfismo funzionale. A una differenza

di

genere,

insita

nella

funzione

neurotrasmettitoriale,

nella

distribuzione recettoriale, nella circuitistica neuronale, si sovrappongono poi gli ulteriori effetti di attivazione degli ormoni sessuali, estradiolo, testosterone, progesterone e loro metaboliti, che nel sesso femminile hanno un assetto variabile in accordo con gli eventi critici biologici. Gli ormoni sessuali influenzano così di volta in volta la sintesi e il metabolismo dei neurotrasmettitori e dei neuromodulatori, l'eccitabilità e le connessioni neuronali, etc. Il dimorfismo anatomo-funzionale non si limita alle aree ipotalamiche che presiedono alle funzioni riproduttive e più istintuali, ma coinvolge i centri cognitivi superiori, i gangli sensoriali e autonomi. Le strutture del sistema limbico-ippocampale, nalla totalità del cervello, ossia quella che ci fa pensare, sentire e quindi amare in modo femminile, sono diverse da quelle maschili. E' questo un concetto di fondamentale importanza nella


psicobiologia femminile, che ci spiega come si possa realizzare il dimorfismo sessuale "reale" del cervello della donna. Infatti, le fluttuazioni degli ormoni sessuali sono, per esempio, in grado di sintentizzare disturbi della sfera emozionale, quali l'ansia e la depressione, legati a una biochimica più tipica delle donne, di attivare l'istinto di accudimento materno, oltre che di influenzare le funzioni cognitive, verbali, prassiche, sensoriali, dipendenti dalla plasticità neuronale che sono profondamente diverse tra uomo e donna e che nel sesso femminile risentono fortemente dell'assetto del suo psicosoma Nota: Il Sistema endocrino – di Gianfranco Caron Originariamente si pensava che il sistema nervoso ed il sistema endocrino fossero due entità separate e che le informazioni fossero trasmesse alle ghiandole soltanto attraverso vie nervose e che i mediatori chimici agissero soltanto localmente. Inoltre si pensava che gli ormoni prodotti dalle ghiandole a secrezione cosiddetta interna venissero immesse nel circolo sanguigno andando ad agire a distanza. Oggi invece sappiamo che i due sistemi, nervoso ed endocrino, sono strettamente connessi. Le sostanze ad azione ormonale chiamate peptidi, sono prodotte non solo da cellule appartenenti al sistema endocrino classico ma anche da cellule nervose, da cellule immunitarie e del sistema gastrointestinale. Secondo questa concezione scaturita dalle scoperte della neuroscienza il sistema endocrino non appare più limitato alle ghiandole propriamente dette (ipofisi, tiroide, paratiroidi, surreni, gonedi, pancreas) ma formato da cellule, che se pure dislocate in tessuti appartenenti a sistemi diversi, hanno tutte la caratteristica di produrre ormoni e peptidi come le cellule del sistema nervoso o le cellule immunitarie. Il cervello dunque è anch’esso un organo endocrino capace di produrre ormoni e dotato di recettori per gli ormoni (steroidi, insulina, ecc ..). La scoperta inoltre che gli ormoni ed in genere i peptidi, potessero favorire direttamente funzioni superiori quali l’apprendimento e la memoria ha ulteriormente arricchito le connessioni tra i due sistemi cosi come le emozioni si sono dimostrate connesse ai neurotrasmettitori ed agli ormoni. Se un’emozione spinge un individuo ad agire in senso attivo l’ipotalamo stimolato da un sistema integrato di neurotrasmettitori (noradrenalina, dopamina, serotonina, acetilcolina, ecc..) produce CRF, un neuropeptide che induce l’ipofisi anteriore a produrre ACTH capace di agire sulla ghiandola surrenale stimolando la produzione di cortisolo e preparando l’organismo all’azione. Il CRF ha inoltre un ruolo importante nella regolazione del sistema nervoso vegetativo stimolando il sistema simpatico ed inibendo il parasimpatico con conseguente eccitazione del sistema cardiocircolatorio. Parallelamente va a deprimere la produzione di un altro importante neuropeptide, il GnRH (gonadotropin relising factor) stimolante della produzione di ormoni sessuali. L’ACTH d’altra parte oltre ad un’azione endocrina di stimolo sulla produzione di cortisolo, possiede anche un’azione a livello del sistema nervoso centrale rilevabile a livello delle reazioni comportamentali quali il miglioramento dell’attenzione, delle capacità di prestazione e della reattività.

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Lo stress in genere, anche puramente emozionale, determina un’attivazione dei principali sistemi endocrini e degli ormoni coinvolti; Essi inducono variando a seconda dell’emozione e della durata della stessa, inducono profonde modificazioni sia sullo stato fisico che comportamentale. Uno stress da separazione normalmente non si associa ad una riduzione degli ormoni sessuali mentre una sofferenza secondaria, ad esempio uno stato di svalutazione, si associa ad una riduzione di questi ormoni.

Paragrafo 3 – Influenza del “testosterone” sul comportamento aggressivo Il più efficiente mediatore ormonale, implicato nel contempo sia nel comportamento aggressivo che nell’attività sessuale di ambo i sessi, è il “testosterone” (Beeman, 1947; King e Tollman, 1956; ecc.) che, nonostante fosse ritenuto l’ormone maschile per eccellenza, è discretamente prodotto anche nelle ovaie e nelle ghiandole surrenali (maschili e femminili). Infatti, in quelle donne, nelle quali l’aggressività competitiva e la libido sessuale si era perduta in seguito all’asportazione chirurgica delle ghiandole surrenali, si è avuta una notevole ripresa della competitività e dell’attività sessuale con la somministrazione di “testosterone” e non di “estrogeno” (Carter, 1992). Inoltre, è stato evidenziato da Sherwin (1988) che le donne sono persino più sensibili degli uomini all’azione degli ormoni maschili. Gli scimmioni castrati Mentre, la prima efficace dimostrazione, valida a dimostrare l’attività inversa tra l’ormone maschile “testosterone” e l’ormone femminile “progesterone” nell’incrementare l’aggressività competitiva, è offerta dal noto esperimento escogitato da Birch e Clarck (1946), i quali mettendo a convivere in una medesima gabbia due scimmioni castrati e, somministrando alternativamente all’uno il “testosterone” ed all’altro il “progesterone”, hanno potuto costatare un costante incremento dell’aggressività in quello momentaneamente trattato con l’ormone maschile il quale, nel contempo, assumeva il rango dominante della “leadership” nei confronti di quello che momentaneamente era trattato con l’ormone femminile ed, invertendo le somministrazioni, si otteneva il capovolgimento del ruolo di predominio. Ciò non deve destare meraviglia poiché è da tempo noto, come la brusca caduta del tasso ematico di “progesterone”, nei giorni immediatamente precedenti alla comparsa delle mestruazioni, determini nella donna un’accentuarsi sia dell’aggressività che della libido, in proporzione diretta al relativo aumento del rapporto “testosterone”/“progesterone” ed “estrogeno”/”progesterone”. Fenomeno confermato dal fatto che la somministrazione di “progesterone” determina la situazione inversa ― cioè l’affievolirsi sia dell’aggressività che della libido ―, come documentato da Simpson (1957) (Vedi Nota: La pillola), ed anche dal fatto

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che durante la gravidanza ― in cui, com’è noto, si verifica un aumento del tasso ematico di “progesterone”― le donne divengono remissive ed analibidiche fino al momento del parto, allorché la rapida caduta del tasso ematico di “progesterone” induce il ripristino della libido ed un notevole incremento dell’aggressività (utile per la protezione dei neonati). D’altra parte, poiché in donne, alle quali a scopo terapeutico per vari motivi erano stati somministrati ormoni androgeni, è stato rilevato un notevole aumento dell’interesse per l’erotismo, tanto da far ritenere che le donne siano più sensibili degli uomini all’azione degli ormoni maschili. La Jena Maculata Ma, la dimostrazione incontrovertibile della simultanea interazione degli ormoni androgeni nello stimolare l’aggressività competitiva e nel provocare l’ipertrofizzazione degli organi predisposti all’attività sessuale è data dal fatto che fra i cuccioli della jena maculata sussiste una spietata competitività per riuscire ad assumere il latte materno, e proprio le piccole femmine, nelle quali le ghiandole surrenali producono una notevole quantità di ormoni androgeni, sono più aggressive dei maschi tanto da riuscire ad essere fratricide e, nel contempo, divengono abnormemente mascolinizzate dall’alto tasso ematico di “testosterone”, tanto che la loro clitoride si ipertrofizza a tal punto da somigliare ad un grosso pene (Frank e Coll., 1991). Tutto ciò è reso possibile poiché nei neuroni cerebrali delle jene maculate di ambo i sessi sussiste lo stesso numero di recettori sia per gli ormoni maschili che per quelli femminili (Pfaff, 1980) E’ oramai ampiamente dimostrato che il tasso testosteronico prenatale influenza in maniera direttamente proporzionale il comportamento aggressivo degli individui adulti di ambo i sessi. La secrezione di “testosterone” è maggiormente attiva in tre fasi dello sviluppo umano: a) nel periodo compreso tra l’ottava e la ventiquattresima settimana di gestazione; b)

attorno al quinto-sesto mese dopo la nascita;

c) all’epoca della pubertà (epoca compresa tra l’undicesimo ed il tredicesimo anno di età). Tali fasi sono considerate attivanti poiché nei predetti periodi di sviluppo il cervello è particolarmente sensibile alle influenze endocrine, sebbene in modo preponderante nel primo di detti periodi (Bixo e Coll., 1995; Michael e Zumpe, 1998; ecc.). Inoltre, è stato sperimentalmente dimostrato che campioni di soggetti, i quali in fase fetale erano stati sottoposti all’influenza di androgeni sintetici, nella vita post natale mostravano eccessiva aggressività, mentre in campioni di soggetti, i quali in fase fetale erano stati sottoposi all’influenza di progestinici sintetici, si verificava il contrario (Reinsch, 1981). D’altra parte, da molti autori

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(Reinsch ,1977; Reinsch e Saunders, 1984; Saunders e Reinsch, 1985; Goy e Coll., 1988; Stern, 1989; ecc.) è stato rilevato che donne, alle quali era stato prescritto un estrogeno sintetico (il“dietilstilbestrolo”) come antiabortivo, hanno partorito maschi che mostrarono il tipico comportamento placido proprio del sesso femminile. Note: La pillola Questi spiega la comune lamentela delle donne che assumono contraccettivi, contenenti preponderanza di “progesterone”, di aver perduto non solo la “gioia di vivere”, il “desiderio sessuale”, la “lubrificazione vaginale” nei rapporti sessuali ecc., ma anche la “grinta” (cioè l’aggressività competitiva) nell’ambito della propria attività lavorativa. Nel contempo, i rispettivi partners lamentano un decremento di interesse nei loro confronti.

Paragrafo 4 – Cibo emozionale Questo è quanto ci dice la psicobiologia, ma dove abbiamo lasciato le nostre molecole? Il sogno della dott.sa Pert è quello di poter costruire una mappa cellulare dei recettori, di poter un giorno dare a tutti un criterio di misurabilità, di visione, che aiuti il mondo a comprendere l’importanza della nostra salute emozionale. Se si potesse fare un grafico della diversità di una cellula femminile da una maschile, se si potesse guardarne l’usura, la sua capacità di riprodursi con un numero di recettori adeguato al nostro sesso biologico, adeguati alla nostra età, saremmo in grado di accorgerci di quanto siamo mutati, e di quanto grosso è il “gap” che ci separa dal nostro “sentire sano”, dal libero fluire. Potremmo affidarci al nostro sentire, correggerlo, avvicinarci ai parametri reali della vita; ci accorgeremmo di quanto gli uomini e le donne sono diversi in ogni cellula, per via della numerosità e specializzazione dei nostri recettori. Un uomo possiede un numero largamente inferiore di recettori per emozioni quali la, “sensibilità”, “dolcezza”, “commozione”, ma un numero largamente superiore, circa 4000 volte di più di una donna, di recettori per emozioni “adrenaliniche”, “testosteroniche”, tutte emozioni in grado di generare spinta, sfida o aggressione. Nel loro mondo interiore vi è un fiorire di tutto ciò. In ogni cellula, in ogni parte del loro corpo. Ci sarebbe più semplice tollerare le differenze che spesso ci infastidiscono ci turbano. Impareremmo che la diversità è un valore, chiedendoci ogni volta se il nostro è un sentire adeguato alle circostanze; lasciando che la mente si affidi alla qualità delle proprie percezioni.

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Possiamo notare che un uomo sano, non ha la possibilità di commuoversi quanto e come una donna, proprio perché è sano! ma non per questo è un insensibile, non per questo non “sente”, o non ama!. Gli uomini e le donne non pretenderebbero gli uni dagli altri comportamenti simili, solo atteggiamenti di rispetto gli uni verso gli altri.

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“Op. 1-di D. Schiavo” La letteratura oggi giorno ha versato fiumi di parole per descrivere i disagi della coppia. Nel libro di John Gray “Gli uomini vengono da marte le donne da venere” viene espresso il concetto che le parole che risuonanti come “amore” per un uomo, non sono le stesse che risuonano come “amore” per una donna. Gli uomini

in

generale

hanno

desiderio

di

ricevere

fiducia

accettazione,

apprezzamento, ammirazione, incoraggiamento; le donne hanno bisogno di ricevere essenzialmente sollecitudine, comprensione, rispetto, devozione, rassicurazione.


Quel che Gray non dice, è quanto sia nutriente per una donna selvaggia, dare fiducia ad un uomo selvaggio, ovvero un uomo collegato con il proprio sentire. Le donne molto spesso e molto più degli uomini donano ai propri compagni ciò di cui loro stesse hanno più bisogno, dimenticando che il cibo emozionale di un uomo è completamente diverso. Non è possibile “fingere” di provare ad esempio fiducia nel proprio compagno, se questo sentimento non è sostenuto da una consapevolezza sensoriale e quindi biochimica, in buona sostanza, se per noi questi processi non avvengono in modo naturale. In merito a ciò Hardy cita nel suo testo la “Grammatica dell’essere Vol 1” questa frase: “quando l’individuo tenta di arrivare allo stesso risultato,

attraverso

una

deduzione

mentale

invece

che

un

processo

esperienziale, ogni percezione di autenticità e di appagamento sono inibite, facendo vivere l’individuo in uno stato di costrizione persistente ed un senso di rivalsa continuo”. Quando l’intelletto è costretto a compensare e/o a sostituire le percezioni sensoriali, attuando in tal modo dei processi di compensazione, la mente è costretta a “costruire”, “giustificare” e “inventare” tutto quello a cui non riesce a risalire spontaneamente. In riferimento a questa considerazione, ci si può render conto di quanto le donne a volte, pretendano dagli uomini caratteristiche quali la dolcezza, ad esempio, in momenti non opportuni, o per meglio dire, non adeguati alla circostanza per un uomo! (Ricordiamoci che è la differenza che fa la differenza!) A questo punto saremmo in grado di trovare nel nostro cuore la giusta compassione e rispetto per l’altro sesso. La donna "fluttua" al ritmo della Luna… le cellule delle donne si rinnovano e si adeguano ai mutamenti ormonali continuamente, seguendo il flusso dei propri cicli. Biochimicamente è ciò che le rende emotivamente fragili e resistenti insieme. Mi piace dire che “le donne sono di vetro”, come il vetro hanno due proprietà, la “fragilità” e la “resilienza”. E’ facile farle accedere a sentimenti quli la commozione e la resilienza che è la capacità di un materiale di resistere alle scalfiture.

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Un uomo è apparentemente stabile così come il disco del "Sole", immutato ogni giorno nel cielo. I recettori delle cellule maschili non mutano e non hanno ciclicità, si riproducono mantenendo pressappoco lo stesso numero di recettori e la stessa specializzazione nel tempo. La base su cui l’ archetipo del maschile si è radicato è l’immagine dell’ uomo cacciatore che vive il suo quotidiano in una attiva relazione con il mondo l’esterno al proprio nucleo familiare. E di certo questo non è un caso..

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“Il Cacciatore” Muoversi verso una direzione prefissata con un intento ben preciso e con la voglia di realizzare un obiettivo, queste sono le modalità che vengono incarnate dal maschile. Ciò che emana questa parte archetipica presente in ogni maschio, è energica ed assertiva, tutta tesa nell’affermazione di se stessa e nel compimento di un lavoro o di un progetto, nell’intento di promuovere “vita”.


Conclusioni

Le ricerche svolte dalla Pert hanno dimostrato che, esprimere emozioni, vale a dire quando le sostanze biochimiche alla base delle emozioni fluiscono liberamente, tutti i sistemi sono integri e solidali. Quando invece le emozioni sono represse, negate, si trovano nell’impossibilità di realizzare il loro potenziale. La repressione emotiva ostruisce le vie della rete psicosomatica e blocca il flusso delle sostanze chimiche unificanti e vitali per il benessere. Le emozioni regolano tanto la nostra biologia, quanto il nostro comportamento. Questo, è lo stato di emotività malata, che da origine a moti di carica empirica disarmonica, dal quale desideriamo così disperatamente sfuggire.

L’esperienza di emozioni positive crea una catena di ormoni che stimola le difese organiche, per contro uno stato depressivo crea una sincronica depressione fisiologica al timo e all’intero sistema immunitario. Le emozioni negative rappresentano il centro da cui partono le tensioni muscolari, i blocchi energetici ed i disturbi psicologici. Un evento traumatico porta con sé un’emozione traumatica e per sincronicità ad un blocco somatico. I nostri ricordi sono codificati su precisi “toni emozionali”, ogni blocco emozionale si riflette su un analogo blocco psicoenergetico. Le aree di tensione del corpo, le alterazioni del respiro, le zone bloccate della muscolatura della schiena, con priorità di comando alla regione cervicale e pelvica, spalle e nuca sono altrettanti blocchi emozionali di “varia natura”e se queste situazioni di blocco non vengono liberate si verranno a creare disturbi e patologie a carico di varie funzioni e organi. Nella cura dei disturbi dell’umore, afferma la Pert, e di altri disturbi mentali, la medicina ufficiale rinuncia a un valido ausilio escludendo il contatto fisico,

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ignorando il fatto che in realtà il corpo è la porta della mente e rifiutandosi di riconoscere l’importanza dell’espressione emotiva come evento che coinvolge la mente e il corpo, con la capacità potenziale di completare a volte addirittura sostituire le terapie verbali e i farmaci. Tutte le terapie mirate ad uno sfogo somatico-emotivo tengono presente questa realtà. Entrando in contatto con le nostre emozioni, ascoltandole e indirizzandole grazie alla rete psicosomatica, riusciamo ad ottenere l’accesso alla “saggezza risanatrice”, al libero fluire che rientra nei diritti biologici naturali di tutti noi. Le ricerche della Pert dimostrano che il corpo può e deve essere guarito attraverso la mente, così come la mente può e deve essere guarita attraverso il corpo. Concludo questa tesi, lasciando al lettore la possibilità di rinfrancarsi dopo tutto questo parlare di molecole di paradigmi e di teorie, con la lettura di un brano tratto da un Testo di Pera Pia, che riassume in poche righe e con una leggerezza tutta Yin il mio “sentire”.

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Mente e Terra (Giardino & Ortoterapia)

E noi, in tutto questo? Facciamo parte del giardino, siamo dentro il paesaggio, o no? Che il nostro prenderci cura del mondo non sia altro che il modo più intelligente di prenderci cura di noi stessi? Che ci sia una qualche analogia? Un misterioso rispecchiamento? Quel rapporto di interdipendenza del vivente sempre oscuratamene intuito, che lo sia espresso nei concetti di macro e microcosmo, o in quello più scientista, ma per ora verificato solo su sfortunatissime scimmie, dei neuroni specchio? La materia, in fondo, non è ovunque la stessa, strutturata, al di là dell’ immediatamente visibile, secondo gli stessi principi? Per esempio, cosa potrebbe esserci di più diverso di mente e terra? La mente: non è il cervello. Non è un organo con collocazione struttura precisa. Non è operabile, sezionabile, verificabile. Eppure, come negare realtà alla funzione della mente? Che sorpresa, allora accorgersi di una sua affinità con qualcosa di tanto più tangibile e pesante, la terra.


71 “Madre terra” Ecco un momento della mia esperienza, un giorno stavo strappando le erbe infestanti dall ‘aiuola delle officinali. Sono rimasta sorpresa dalla fatica e dalla difficoltà del lavoro. Nulla a che vedere con la faciltà con cui, il giorno prima, avevo ripulito in un attimo l’aiuola delle peonie: lì le infestanti venivano via al primo strappo. Curioso, mi sono detta : in un aiuola sradicare era molto faticoso, nell’altra facilissimo. Ne ho poi compreso il motivo: nell’aiuola delle peonie il terreno era stato lavorato per anni. Aveva perso la durezza iniziale, era stato attraversato dalle radici di innumerevoli erbe, alleggerito grazie alle frequenti pacciamature, le volte in cui avevo sparso strati di foglie secche che, decomponendosi, si erano poi mescolate al terreno, rendendolo più morbido, umido e friabile. Nonostante il terreno fosse stato così trasfigurato, le infestanti vi avevano germinato lo stesso, sradicarle non aveva tuttavia richiesto sforzo alcuno: il terreno era talmente leggero, che loro non avevano più presa, non erano come ingessate nell’argilla durissima: venivano via al primo strappo. Qualcosa di simile avviene nella mente se solo ce ne prendiamo cura, le dedichiamo la nostra attenzione: cattivi sentimenti potranno attraversarla comunque, dopo tutto l’atmosfera spirituale in cui siamo tutti immersi è percorsa da energie d’ogni genere. Se saremo poco attenti, potranno germogliare, radicare anche, ma non con forza tale da rendere un’impresa lo sradicarli.ci attraverseranno senza trovare appiglio, fluiranno senza stagnare. Ma se invece non presteremo attenzione alcuna a quanto accade nella nostra mente? Se, peggio ancora, ci identificheremo a


pieno con il primo malumore da cui ci capita di venire colpiti? Succederà proprio come nell’aiuola delle officinali. Era un aiuola più recente, per questo lì il terreno era assai meno lavorato. Così le infestanti vi avevano trovato saldo appiglio, le radici si erano ancorato fermamente nel suolo duro. Avevo un bel tirarle! Si strappavano e basta. Se non volevo vederle rispuntare subito, bisognava lavorare con il forcone, smuovere energicamente la terra, dondolando avanti e indietro, fino a che le radici allentavano la presa. Con certe piante questo bastava, con altre come i romici, pareva di no: le loro radici sono lunghissime. Anche quando mi sembrava finalmente di riuscire a tirarle via, poi succedeva che proprio da ultimo nella parte più sottile, si spezzavano. Bastava quel pezzetto rimasto perché nascesse un nuovo romice con vigore rinnovato. Non si ottiene nulla sradicando e basta. Altrettanto importante è non smettere di circondare le piante prescelte di paglia o sfatticcio di foglie, in modo da scoraggiare l’attecchimento di nuove malerbe e alleggerire la terra rendendola un substrato capace si di nutrire, senza però chiudere in una morsa le radici. Ospitare senza imprigionare. ( A rigore, poi, non esistono erbacce: le erbe possono presentarsi tutte buone e belle, chiamiamo erbacce quelle che sono un po’ troppo invadenti, che crescono dove vogliono loro, senza chiedere il nostro permesso: chiamarle “erbacce” è imporre il nostro punto di vista.) Mente e terra, entrambe vive, vengono quindi lavorate in modo affine, hanno tempi analoghi, e questo giustifica, rendendolo plausibile, l’uso di un termine metaforico come “sradicare” applicato alla mente,dove a rigore non crescono piante, ne si insediano radici. Come la terra, nemmeno la mente può venire “sistemata” una volta per tutte, occorre tornarci ogni giorno, fare quanto è necessario per mantenerla duttile, ben nutrita e a sua volta nutriente, fertile, generosa e in buona salute. Per quanto riguarda la terra, questo il giardiniere e il contadino lo sanno. Ma non è detto che lo sappiano anche per quanto riguarda loro stessi. Chissà, magari sono convinti che il loro carattere è quello, nulla da fare. Che la testa non si cambia. Che idea bizzarra! Come se tutto il mondo potesse venire modificato fuorchè da noi stessi. E dire che basterebbero osservazioni minime per accorgersi della permeabilità della nostra mente a quanto ci circonda, a come la trattiamo. Già, quell’inspiegabile rasserenarsi di una fronte aggrottata dopo una mattinata serena in giardino e dire che ci eravamo svegliati con la luna storta. Sarà mica che ci siamo distratti per quanto ci affliggeva, e così facendo la contrazione nella mente, quasi un crampo, si è sciolta e senza che ce ne accorgessimo la testa si è alleggerita? Forse, quando lavoriamo in giardino, dovremmo cercare di renderci conto che stiamo facendo un po’ di giardinaggio anche negli incolti della mente, del cuore! In una mente lasciata a se stessa possono attecchire piantacce di ogni genere. Trafficare in giardino magari ci metterà lo stesso di buon umore, non è detto però che noi metteremo di buon umore chi ci è accanto. Quanti giardinieri sono dei tremendi egoisti, gente litigiosa, invidiosa del campo verdeggiante del vicino. Poverini: non si sono resi conto di fare parte anche loro del grande giardino che è il mondo. Giardinieri poco presenti a se stessi, non si sono ricordati di accendere la consapevolezza che

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prendersi cura di un giardino è un modo di prendersi cura anche di noi stessi, ovvero: che il nostro cuore ha bisogno di venire lavorato non meno del nostro giardino, perchÊ anche lÏ possono crescere tante malerbe.

Pia Pera (Giardino & orto terapia Aprile 2010 Salani Editori)

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Bibliografia •

Giardino & orto terapia- Pia Pera- Aprile 2010 Salani Editori

La Grammatica dell’essere Vol. 1 Il Paradigma Empirico di Michael F. Hardy 2008

La Grammatica dell’essere Vol. 2 Il Debito Empirico di Michael F. Hardy. 2008

La Grammatica dell’essere Vol. 4 Dinamiche di Coppia di Michael F. Hardy 2009

Molecole di Emozioni di Candace B. Pert TEA Pratica editore 2005

Pensare col corpo Jader Tolja e Francesca Speciali Zelig editore 2003

Donne che corrono coi lupi di Clarissa Pinkola Este Saggi Frassinelli editore1993

Gli uomini vengono da marte le donne da venere di John Gray Rizzoli editore1992

Sistemi Sensoriali Serzione IV M. Zigmond, F. Bloom, S. Landis, J. Robert, L. Squire Edises editore 2009

Emozioni distruttive Dalai Lama e Daniel Goleman Oscar Mondatori editore 2007

Intelligenza emotiva Daniel Goleman Rizzoli editore1996

Guarirsi da dentro Deepak Chopra Sperling editore 2007

La danza delle grandi madri di Clarissa Pinkola Estes Frassinelli editore 2006

Debellare il senso di colpa Lucio Della Seta Marsilio editore 2005

La donna e la sua ombra Silvia Di Lorenzo Liguori editore 2001

Anatomia Umana Monduzzi 2009

Elementi di Biologia Solomon Berg Martin Edises 2009

Fondamenti di Teoria dell’informazione di Thomas D. Schneider 2008

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Ringraziamenti Candance Pert “Le ricerche da lei condotte con lo spirito degli antichi pionieri hanno rivelato in che modo le sostanze chimiche prodotte dall’organismo umano, ossia i neuropeptidi e i loro ricettori, costituiscano la base biologica della coscienza, manifestandosi sottoforma di emozioni, convinzioni e aspettative, e influenzando profondamente il modo in cui l’uomo reagisce e percepisce il mondo.” Deepak Chopra

…per me l’arcobaleno era un profondo simbolo di speranza, in quanto scinde la luce bianca delle apparenze in uno spettro multiplo, rivelando una dimensione nascosta. Mi faceva pensare che la missione della scienza consiste nel penetrare attraverso gli strati della realtà quotidiana per raggiungere la verità. Candance Pert Michael Hardy

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“Laureato a Vienna in filosofia, Michael Hardy ridefinisce la Psicologia Emirica attraverso un nuovo approccio al “sentire”. Fautore di un realismo propositivo, atto a riscoprire le dinamiche empiriche che determinano l’ordine naturale. Viene considerato uno dei massimi esperti in materia di rilascio emotivo”

…l’approccio sistemico si unisce all’antica saggezza di quello emipirico che nasce dal corpo, formando una sinergia unica. Un nuovo antico concetto, quello dell’Empirismo che dà un nuovo valore all’espressione del Sé… l’indagine empirica rivela le dinamiche nascoste dell’amore..Michael Hardy Ed inoltre, desidero ringraziare per il sostegno e la collaborazione Alessandra Evangelista, che mi ha iniziata alle conoscenze di questo mondo fantastico che è la biologia, Daniela Frascisco che mi ha aiutata ad impacchettare queste fitte pagine incoraggiandomi a scrivere anche quando sentivo di non avere più risorse, e non per ultimo, Gennaro Casale che mi ha fornito tutto il supporto tecnico e materiale ed una buona dose di rimproveri quando mi perdevo nel cercare le immagini da inserire nella tesi. E’ per voi il mio grazie, per il sostegno, la pazienza e l’amore con il quale mi siete stati accanto in questa avventura. A tutti, il mio augurio di buona vita!. …Namastè! con amore, Domenica Valeria Abet, Giugno 2010

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