TimeLess Magazine FW 2022/23

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“Antonio Canova fa diventare la realtà più bella. Il bello ideale è un bello che non può prescindere dalla presenza di Dio”.

“Antonio Canova succeeded in making reality more beautiful. An ideal beauty is a beauty that cannot be separated from God’s presence”.

Vittorio Sgarbi



CELEBRIAMO 200 ANNI DI BELLEZZA SENZA TEMPO

Il marmo che diventa carne, la grazia, l’armonia, la perfezione della forma, l’eleganza e, al tempo stesso, una certa sensualità, nelle opere di Antonio Canova: lo scultore, per eccellenza, della bellezza senza tempo. Ecco perché noi, cultori dell’eleganza senza tempo, della creatività e del saper fare manuale, non potevamo esimerci dal celebrare, a 200 anni dalla scomparsa, avvenuta il 13 Ottobre 1822, il maggior esponente del Neoclassicismo europeo, un genio tanto grande da ottenere il soprannome di nuovo Fidia. Il concetto di Neoclassicismo (fine Settecento – inizio Ottocento) riguarda un grande processo di rifondazione teorica ed estetica del tempo. Forse per i ritrovamenti dei templi di Paestum, forse per le varie testimonianze dei viaggi in Grecia, l’arte greca antica iniziò a imporsi come modello di bellezza ideale, di perfezione formale, espressione di una nuova armonia sia estetica che etica. In scultura, nello specifico, i cambiamenti furono piuttosto lenti poiché il maestro barocco Gian Lorenzo Bernini aveva messo a dura prova le certezze dell’epoca con le sue incredibili e scenografiche forme. Queste vennero pian piano sostituite da altre più essenziali e aggraziate, in cui prevaleva la bellezza filtrata dall’intelletto. E la svolta fu proprio Canova. Nato a Possagno (Treviso) nel 1757, il giovane Antonio ebbe modo di imparare a maneggiare la cera, la creta e il marmo nelle botteghe di Venezia, studiando i calchi delle più note sculture antiche all’interno della ricca collezione dell’abate e mecenate Filippo Farsetti. E mentre cresceva in lui l’amore per l’antico, nascevano i suoi primi capolavori, come Apollo o Dedalo e Icaro. Tra Roma e Napoli, dove osservò in particolare Paestum, Pompei, Pozzuoli, Portici ed Ercolano, documentò i suoi studi in numerosissimi schizzi e disegni. Winckelmann, guru dell’epoca, aveva identificato la bellezza nell’espressione "nobile semplicità e quieta grandezza". Ebbene, Canova era già all’opera per portare in scultura gli ideali appresi, con Teseo sul Minotauro (1781-83), con il Monumento a Clemente XIV (1783-87) ma, soprattutto, con il celeberrimo gruppo marmoreo di Amore e Psiche (1787-93), oggi al Louvre di Parigi. Uno degli aspetti cardine dell’arte canoviana è il cogliere o il momento precedente l’azione o quello successivo. Qui, Amore sta per svegliare Psiche dal suo sonno, sfiorandola. Predomina la grazia ma non quella preziosa del Barocco. La razionalità è infatti presente attraverso la linea pura, funzionale e l’utilizzo di una forma semplificata, a X. Celebre è anche il Monumento funerario a Maria Cristina d’Austria, (1798-1805, Augustinerkirche, Vienna) e la sua Paolina Borghese Bonaparte come Venere Vincitrice, scolpita tra il 1804 e il 1808 e oggi alla Galleria Borghese a Roma. La sorella di Napoleone è qui rappresentata solenne, bellissima e potente, con lo sguardo fiero e il tipico colorito ambrato dovuto alla cera che l’artista usava passare per conferire maggior vitalità alle sue sculture. Per renderle vive. Bastò poco perché Canova diventasse lo scultore più richiesto a livello internazionale – anche da personalità del calibro di Napoleone, Gioacchino Murat e Pio VII – esportando quindi il suo personale concetto di Neoclassicismo anche oltralpe. L’ammirazione per Canova proseguì anche durante il periodo del Romanticismo, soprattutto in Italia, mentre venne via via ignorato dal primo Novecento, a causa delle prime istanze futuriste che lo ritenevano quasi esclusivamente un mero copista. La sua riscoperta la dobbiamo alle ricerche degli studiosi Hugh Honour e Mario Praz, i quali intorno alla metà del secolo gli conferirono nuovamente la dignità da sempre meritata. Non solo come immenso scultore ma come fondatore ed esportatore di una corrente artistica innovativa nel suo genere, che poneva le basi di quello che sarebbe stato un altro movimento fondamentale: il Romanticismo.

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Antonio Canova was the quintessential sculptor of timeless CELEBRATING beauty and his work transformed marble into flesh, grace, harmony, perfection of form, elegance and a certain sensuality. 200 YEARS OF 200 years on from his death on 13 October 1822, we, as lovers of timeless elegance, creativity and artisanal expertise, TIMELESS just had to celebrate the absolute maestro of European Neoclassical art, an artist of such genius that he became BEAUTY known as the "new Phidias". The concept of Neoclassicism (late 18th/early 19th century) involved a great resurgence of classical theory and aesthetics. Influenced perhaps by the discovery of the temples at Paestum, or accounts of travels in Greece, Ancient Greek art began to stand out as a model of ideal beauty, of formal perfection, and the expression of a new aesthetic and ethical harmony. In sculpture, in particular, changes were rather slow as Baroque maestro Gian Lorenzo Bernini had thoroughly put to the test the beliefs of the time with his incredible, dramatic works. These would be gradually replaced by other more simple, graceful sculptures, in which beauty was examined through intellect. The turning point for this really came with Canova. Born in Possagno (Treviso) in 1757, the young Antonio learned to work with wax, clay and marble in the workshops of Venice, where he studied the casts of very famous ancient sculptures from the extensive collection of honorific patron Filippo Farsetti. A love of all things ancient grew within him and he created his first masterpieces such as "Apollo" and "Dedalus" and "Icarus". He spent time in Rome and Naples where he studied Paestum, Pompei, Pozzuoli, Portici and Herculaneum in particular, and recorded his studies in a huge collection of sketches and drawings. Winckelmann, a leading authority of the time, summed up beauty with the expression "noble simplicity and quiet grandeur". Canova was already working on sculpting the ideals he had learnt, as shown in "Theseus and the Minotaur" (1781-83), "Monument to Pope Clement XIV "(1783-87) and particularly his famous marble statue "Cupid and Psyche" (1787-93), which is currently in the Louvre collection in Paris. One of the key aspects of Canova’s sculptures is how they encapsulate either a moment immediately before or after an action. This is captured in "Cupid and Psyche" in the way Cupid touches Psyche lightly to awaken her from sleep. What is most noticeable is the grace; yet this is not the overrefined grace of Baroque art. What we see is rationality, in clean, functional lines and the use of a simplified X form. Canova’s most famous works also include his "Funeral Monument to Maria Christina of Austria", (17981805, Augustinerkirche, Vienna) and his "Pauline Bonaparte Venus Vitrix", created between 1804 and 1808 and now housed at the Galleria Borghese in Rome. The statue depicts Napoleon’s sister as majestic, beautiful, powerful and wearing a proud expression, and features the amber colouring typical of the wax used by the artist to give a greater sense of vitality to his sculptures. To make them come to life. Before long Canova had gone on to become the most sought-after sculptor in the world, including by such figures as Napoleon, Joachim Murat and Pope Pius VII, and he had taken his own idea of Neoclassicism far beyond the borders of Italy. Admiration for Canova continued on during the period of Romanticism, particularly in Italy, but in the early 20th century the spotlight moved away from the sculptor with the rise of Futurism, whose supporters viewed Canova as a mere imitator. In the mid 1900s he was rediscovered by Hugh Honour and Mario Praz, and the two scholars once again awarded him the dignity he had always deserved. Not only as an incredible sculptor but also as the founder and exporter of an innovative artistic style which was to lay the foundations for another major movement: Romanticism.

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NELLA GYPSOTHECA DI ANTONIO CANOVA

NELLA CASA NATALE DEL GRANDE MAESTRO

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UN TERRITORIO STRAORDINARIAMENTE PROLIFICO: CANOVA INCONTRA PALLADIO E VERONESE

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NELLA GYPSOTHECA DI ANTONIO CANOVA

THE GYPSOTHECA OF ANTONIO CANOVA

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La parola “gypsotheca” deriva dal greco e significa raccolta di gessi, quella di Possagno, infatti, è la più grande Gypsotheca monografica d’Europa. Il vescovo Giovanni Battista Sartori, fratellastro di Antonio Canova, volle erigere un edificio che potesse degnamente ospitare tutte le opere presenti nello Studio romano in Via delle Colonnette: dal 1829 furono così trasferite da Roma, imbarcate a Civitavecchia e, dopo settimane di trasporto, da Marghera, arrivarono su carri fino a Possagno. Cercando di riproporre l’esposizione delle opere come erano all’interno dell’atelier dello scultore, l’edificio fu progettato dall’arch. Francesco Lazzari di Venezia. Nel 1917, durante la Prima Guerra Mondiale, una granata colpì la Gypsotheca: alcuni gessi furono completamente distrutti, decine furono lesionati. La grandiosa opera di restauro dei conservatori Stefano e Siro Serafin, padre e figlio, consentì di far rinascere la Gypsotheca e

di riaprirla ai visitatori nel 1922. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, per prevenire nuovi bombardamenti, la Gypsotheca fu in parte svuotata, le statue furono trasferite e depositate all’interno del Tempio di Possagno, dove rimasero fino al 1946. Nel 1957, alcune opere canoviane di Possagno trovarono una più adeguata sistemazione grazie ad un nuovo edificio, costruito dall’architetto veneziano Carlo Scarpa (Venezia, 1906 – Sendai, 1978). Obiettivo del progetto era quello di valorizzare il patrimonio canoviano non ancora esposto e giacente nei depositi, e, soprattutto, predisporre un’opportuna esposizione per i bozzetti in terracotta. Scarpa riuscì a disporre scenograficamente quegli assoluti capolavori d’arte, distribuendoli su lucidi livelli sfalsati, collocati all’interno di un involucro architettonico che consente alla luce di filtrare dall’alto.

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The word gypsotheca comes from Greek and means collection of plasters, and the museum in Possagno is Europe’s largest collection of plaster casts by one single artist. Bishop Giovanni Battista Sartori, Antonio Canova’s half-brother, wanted to create a building that could do justice to the art in the workshop in Via delle Colonnette in Rome. Consequently, in 1829 these works were transported from the capital to the port of Civitavecchia, then shipped to Marghera and then taken by cart to Possagno, where they arrived a few weeks later. The building was designed by the architect Francesco Lazzari from Venice, who attempted to recreate the way the works were arranged in the sculptor’s workshop. In 1917 the Gypsotheca was hit by shell fire, which completely destroyed a number of plaster casts and damaged dozens of others. Major restoration work was then carried out by father and son conservation duo Stefano and

Siro Serafin. This breathed new life back into the Gypsotheca and it was opened to visitors once again in 1922. At the outbreak of the Second World War, in anticipation of further bombing, many statues were removed from the Gypsotheca and stored inside the Temple of Canova in Possagno, where they remained until 1946. In 1957, a new building designed by Venetian architect Carlo Scarpa (Venice, 1906 – Sendai, 1978) provided a more suitable location for some of Canova’s works in Possagno. The idea behind the building was to champion Canova’s works that were still in storage and, above all, to provide a fitting display for the terracotta models. Scarpa managed to showcase these impeccable works of art by arranging them on gleaming split levels in an architectural structure in which light filters down from above.

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NELLA CASA NATALE DEL GRANDE MAESTRO

THE BIRTHPLACE OF THE GREAT MAESTRO

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Una tipica struttura abitativa del Seicento. È composta dal corpo centrale, su più piani, dove si svolgeva la vita domestica e notturna, e dagli annessi, tra i quali la cantina, lo sbrattacucina, i lunghi porticati per il deposito dei materiali da lavoro, la stalla per gli animali da traino, il serraglio per il carro, i pozzi… Dopo il terremoto del 1695, che provocò crolli e distruzioni in gran parte di Possagno, la Casa fu ristrutturata e ampliata con nuovi locali e l’aggiunta di camere. L’abitazione visitabile oggi è quella che Canova stesso ristrutturò tra la fine del Settecento, quando fece costruire la Torretta, e l’inizio dell’Ottocento, quando volle ricavare la cosiddetta Sala degli Specchi. Interessanti il secchiaio monolite in pietra lumachella, il caminetto e la grandiosa cucina di tipo veneziano a più bracieri per tenere in caldo le vivande. I mobili, i pochi che sono rimasti, sono originali del primo Ottocento: dalla piattaia alle credenze, dai tavoli alle specchiere, dalla olla in cui si conservavano i cibi deperibili allo stenditoio per i panni di lana. All’interno delle diverse stanze è possibile ammirare i dipinti, le incisioni, i disegni,

alcuni marmi, gli strumenti da lavoro, alcuni vestiti dell’artista. Originali e caratteristiche sono la stanza dove è nato Antonio Canova, il seminterrato della Casa in cui è allestito lo Studio di scultura, la Torretta arredata a biblioteca dove Canova dipinse la grande Pala della Deposizione (oggi nel Tempio di Possagno). L’ampio spazio verde di fronte alla Casa è caratteristico per la sua struttura veneta: una bassa siepe delimita il calpestio davanti al portone d’ingresso, mentre aiuole circolari di splendidi roseti decorano e colorano il primo tratto del Giardino. Più a mezzogiorno e fino alla splendida Cancellata in ferro battuto, costruita dai sapienti artigiani locali e messa in opera nel tardo Settecento, si apre il Brolo, cioè il frutteto, con alberi diversi e rari: dalla Peonia arbusta al Bosso delle Baleari, dalla Buganvillea alla Laestroemia, dalle Magnolie stellata e bovata alla Forsizia al Calicanto nigro e bianco. Nell’angolo a sud-est del Brolo, un vigoroso pino italico, piantato da Canova stesso nel 1799, offre ancora oggi la sua ombra nei caldi pomeriggi d’estate.

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A classic 17th-century house. It is made up of a central section across multiple floors (where the day’s activities would be carried out and where people slept) plus annexes (including a cellar, pantry, long colonnades where work tools were kept, a stable for draft animals, a coach house area, and wells). After many buildings in Possagno were destroyed in an earthquake in 1695, the house was rebuilt and extended and more rooms were added. The building we can visit today is the one Canova himself rebuilt between the end of the 18th century, when he had the Torretta (Little Turret) built, and the start of the 19th century, when he decided to create the Sala degli Specchi (Hall of Mirrors). The sink made from a single block of Lumachella stone, the fireplace and the grand Venetianstyle stove with multiple braziers to keep food warm are particularly interesting. A few pieces of original furniture from the early 19th century remain. These include a dresser, sideboard, tables and mirrors, as well as a pot for storing perishable foods and a clotheshorse for wool garments. The various rooms also display

paintings, engravings, drawings, a number of marble statues, work tools and some of Canova’s clothing. A number of rooms give a very good idea of what the house was like. These include the room where Antonio Canova was born, the basement (a sculpture workshop), and the Torretta, which Canova used as a library and where he painted his "Deposition of Christ". Today this remarkable altarpiece can be found in the Temple of Possagno. The vast green area in front of the house is typically Venetian in structure. The path by the front door is bordered by a low hedge, while the first section features gorgeous circular rose beds that create a colourful, decorative display. Heading south to a stunning wrought iron gate, which was built by skilled local craftsmen in the late 18th century, we come to the Brolo (i.e. the fruit orchard) with a variety of rare trees including tree peonies, Balearic boxwood, bougainvillea, crape myrtle, star magnolia and Japanese bigleaf magnolia, forsythia and calycanthus. In a corner to the south-east of the orchard, a robust Italian stone pine, planted by Canova in 1799, continues to provide shade on hot summer afternoons.

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IL TEMPIO

THE TEMPLE

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Il Tempio Canoviano è l’opera architettonica più celebre di Antonio Canova, un lascito del genio indiscusso del Neoclassicismo alla sua cittadina natale, Possagno. Il Tempio è la nuova chiesa parrocchiale che Antonio Canova aveva voluto far erigere a proprie spese per il suo paese natale. La prima pietra viene posata l’11 luglio del 1819. Tutta la comunità di Possagno, anzi tutta la Pedemontana è coinvolta in questo progetto. Spettava allo Scultore, invece, fornire materiali avulsi dal territorio e mantenere a busta paga ben 250 operai oltre agli addetti al trasporto e agli animali da tiro. Canova, però, non avrà la possibilità di vedere ultimata questa sua opera: morirà, infatti, a Venezia il 13 ottobre 1822. Sarà compito del fratello, monsignor Giovanni Battista Sartori Canova, portare a termine la costruzione del solenne edificio.

Il Tempio verrà consacrato soltanto dieci anni dopo, nel 1832. Nel Tempio Canoviano si possono distinguere tre elementi architettonici. Questi sono inseriti l’uno nell’altro, come fossero parti armoniche di una ideale successione: il colonnato, che richiama il Partenone di Atene; il corpo centrale, assai simile al Pantheon di Roma; l’abside dell’altare maggiore, elevata di sei gradini rispetto agli altri due elementi. Le tre parti possono essere considerate i simboli di tre età della storia: la civiltà greca, la cultura romana e infine la grandezza cristiana, compimento ultimo e salvifico della storia di ogni singolo uomo e di tutto l’universo, che trova il suo significato profondo nel mistero della Trinità, raffigurata nella pala dell’altare maggiore.

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The Temple of Possagno is Canova’s most famous work of architecture and was a gift from the indisputable master of Neoclassicism to the town where he was born. Antonio Canova wanted to pay for the building of this new parish church from his own pocket. The first stone was laid on 11 July 1819. All the people of Possagno, and indeed from the surrounding hills, were involved in the build. It was the sculptor’s job to provide the locally-sourced materials and pay the 250 workers, plus the people involved either with transport or with the animals used to pull this. Unfortunately, Canova died in Venice on 13 October 1822, meaning he never got to see the church in its finished state. The construction of this majestic building was completed by his brother Giovanni Battista Sartori Canova.

The church was only consecrated ten years later in 1832. Three architectural elements can be seen in the church. These all come together as if they form a perfect, harmonious sequence: the colonnade, which evokes the Parthenon of Athens; the central section of the church, which bears a striking resemblance to the Pantheon in Rome; and the apse of the main altar, raised six steps above the other two elements. The three parts can be taken to represent three key periods of history: Greek civilisation, Roman culture and Christian greatness, as the final and redeeming conclusion in the history of man and the universe, which finds its true meaning in the mystery of the Trinity depicted in the altarpiece of the main altar.

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UN TERRITORIO STRAORDINARIAMENTE PROLIFICO: CANOVA INCONTRA PALLADIO E VERONESE A REGION OF GREAT CREATIVITY: CANOVA MEETS PALLADIO AND VERONESE

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A pochissimi chilometri da Possagno sorge, a Maser, la Villa di Maser, un capolavoro realizzato dall’architetto Andrea Palladio. Tale meraviglia è stata dichiarata nel 1996 dall’UNESCO, Patrimonio dell’Umanità, per la grande bellezza architettonica e l’importanza storica che riveste. La Villa di Maser fu concepita, appunto, attorno al 1550 dall’architetto Andrea Palladio come sede prestigiosa della tenuta agricola dei fratelli Daniele e Marcantonio Barbaro. Per la decorazione furono chiamati il pittore Paolo Veronese e lo scultore Alessandro Vittoria. La fortunata posizione a mezza costa, l’eleganza delle proporzioni, l’armonia con la natura circostante e la bellezza della decorazione, ne hanno fatto una delle più famose opere dell’architetto veneto. Palladio si ispirò alle forme degli antichi templi romani per disegnarne la facciata, dando religiosa maestosità e importanza ai quartieri di residenza dei Barbaro. Il corpo centrale si proietta in avanti rispetto al piano delle arcate. Ai due lati, gli eleganti porticati o “barchesse” (logge laterali destinate alle attività agricole e vitivinicole) si uniscono al corpo centrale. Alle estremità due colombaie decorate con meridiane che segnano il tempo. Due splendidi leoni di pietra e sei statue raffiguranti le divinità dell’Olimpo precedono la facciata della Villa dando una sensazione di maestoso benvenuto. Sul timpano elegantemente decorato, si trova lo stemma dei Barbaro al centro di un’allegoria che rappresenta la pace e l’armonia. Gli stessi ideali che hanno ispirato la costruzione dell’edificio e che si ritrovano come tema negli affreschi. All’interno, uno dei tesori più importanti del Rinascimento veneziano: le sei sale magnificamente affrescate da Paolo Veronese e gli eleganti stucchi di Alessandro Vittoria. La celebre Sala a Crociera prende il nome dalla forma a croce che Palladio le diede per creare un salone centrale, cuore della vita della Villa. Le pareti sono appunto interamente decorate dagli

affreschi di Paolo Veronese, che iniziò l’opera attorno al 1560. Rappresentano il trionfo del colorismo veneto e del trompe l’oeil, la tecnica delle architetture dipinte: colonne e arcate uscite dal pennello del pittore incorniciano paesaggi a cui fanno eco quelli reali fuori dalle grandi finestre. Un paggio e una bambina spuntano a dare il benvenuto dalle porte, mentre nelle nicchie le suonatrici allietano l’atmosfera con la loro musica. Lance, alabarde appoggiate negli angoli invitano a lasciare i fardelli delle battaglie quotidiane e a lasciarsi andare ai piaceri della vita in villa. Una fontana con freschi zampilli, una peschiera e le ninfe dei boschi che sono venuti alla fonte, hanno trovato un’atmosfera talmente meravigliosa che si sono fermate nelle nicchie a protezione della villa e dei suoi ospiti. Ecco un altro capolavoro senza tempo, il Ninfeo: un angolo di verde intimo e riservato realizzato dal Palladio sul retro della villa. Alessandro Vittoria disegnò la decorazione e realizzò alcune delle sculture rappresentanti divinità dei boschi e dell’Olimpo. Nel corso dei secoli la Villa è teatro e testimone del cambiamento dei tempi, dimora cardinalizia nel ‘600, lambita dalle truppe napoleoniche nel ‘700, ristrutturata e rinnovata nell’800 con la realizzazione della vicina cantina edificata per la cresciuta domanda del prestigioso vino locale. Nei primi anni del ‘900 viene acquistata da Giuseppe Volpi di Misurata la cui figlia Marina con l’architetto Tommaso Buzzi le dà la raffinata configurazione di cui oggi godiamo; cambiano i tempi e i proprietari ma la Villa non perde mai la propria vocazione vitivinicola e rimane, come ancora oggi la vediamo, una casa privata aperta al pubblico amante dell’arte, dell’architettura e del buon vino. Oggi sono in atto interventi programmati di restauro conservativo allo scopo di valorizzare l’intero complesso di fabbricati per favorire un turismo piacevolmente lento, curioso e goloso dei buoni vini prodotti in loco.

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Just a few kilometres from Possagno stands the Villa Maser, a masterpiece created by the architect Andrea Palladio. In 1996 UNESCO added this marvellous villa as a World Heritage site due to its extraordinary architectural beauty and historic importance. Villa Maser was built in around 1550 by the architect Andrea Palladio as an eminent location for the agricultural estate of brothers Daniele and Marcantonio Barbaro. The painter Paolo Veronese and the sculptor Alessandro Vittoria were commissioned to decorate the interiors. The villa’s fortunate elevated position, its elegant proportions, beautiful decorations, and the way it sits sympathetically within the surrounding countryside all make this one of the Venetian architect's most celebrated works. Palladio drew heavily on the plan of ancient Roman temples when designing the front of the villa, giving a sense of religious grandeur and importance to the residential quarters of the Barbaro family. The central structure is set slightly forward and is flanked by two elegant colonnades or barchesse (side wings with open arcades used for winemaking or agricultural activities). At the far ends, two dovecotes are decorated with sundials telling the time. Two splendid stone lions and six statues depicting the Olympian gods stand at the entrance of the villa, providing a grand welcome to the visitor. The elegantly decorated tympanum shows the coat of arms of the Barbaro family within an allegory depicting peace and harmony, which provided inspiration for the construction of the building and feature in its frescoes. Inside one of the most important gems of the Venetian Renaissance can be found: six rooms with magnificent frescoes by Paolo Veronese and elegant stucco decoration by Alessandro Vittoria. The famous Sala a Crociera (cross-shaped room) takes its name from the cross shape that Palladio gave it in order to create a central hall that could be the heart of villa life. The walls are decorated entirely with

frescoes by Paolo Veronese, who began work on the room in around 1560. They are a triumph of colourful Venetian painting and the architectural painting technique trompe l’oeil: the artist’s paintbrush has created colonnades and arcades looking out onto landscapes that echo those we can actually see from the villa windows. A pageboy and a young girl peep out from a door and welcome the visitor, while in the niches musicians enliven the mood with their playing. Spears and long-handled battle axes rest in corners and invite visitors to deposit their heavy military equipment and surrender to the pleasures of villa life. A fountain with fresh jets of water and a fish pond welcome woodland nymphs who, upon finding such a glorious setting, have settled in the niches to protect the villa and its guests. Here we have another timeless masterpiece. The Nymphaeum is an intimate and private area created by Palladio to the rear of the villa. Alessandro Vittoria designed the decoration and created some of the sculptures representing woodland divinities and the Gods of Mount Olympus. Over the centuries the villa has witnessed many changes. It was a residence for cardinals in the 17th century, before Napoleon’s troops arrived in the 18th century. It was then restructured and renovated in the 19th century, and a winemaking cellar was added due to increasing demand for the prestigious local wine. In the early 20th century it was bought by Giuseppe Volpi of Misurata, and Volpi’s daughter Marina and the architect Tommaso Buzzi gave it the elegant form we can see today. The times may change (and the villa’s owners) but the property continues to retain its winemaking roots, and remains, as we can still see today, a private residence open to lovers of art, architecture and good wine. The property is currently involved in a number of preservation and restoration projects that aim to showcase the estate and encourage a pleasantly slow tourism for the inquisitive traveller and lover of good wines produced locally.

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A special thanks to: Museo Gypsotheca Antonio Canova, Possagno (TV), Villa di Maser Patrimonio dell’Umanità UNESCO Production design: Living Brands | www.livingbrands.it Editing and copywriting: Francesco Antinolfi Art Direction: Alessandro Doria Shooting Production: Living Brands Photography: Stefano Pasini The use of all images and texts within this publication is subject to prior approval by Cesare Attolini S.p.A. Printed in June 2022. Garment colours may be subject to slight changes during photo shoots.

© Copyright 2022 Cesare Attolini S.p.A. - All Rights Reserved





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