Anime
a cura di Stefania Panza sociale Centro Servizi per il Volontariato Perugia Terni
CESVOL UMBRIA EDITORE
Quaderni del volontariato 2021
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Quaderni del volontariato 10
Edizione 2021
Cesvol Centro Servizi Volontariato Umbria Sede legale Via Campo di Marte n.9 06124 Perugia tel 075 5271976 www.cesvolumbria.org editoriasocialepg@cesvolumbria.org
Edizione agosto 2021 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono Fotografie di Michele Garzi Stampa Digital Editor - Umbertide
Per le riproduzioni fotografiche, grafiche e citazioni giornalistiche appartenenti alla proprietà di terzi, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire. È vietata la riproduzione, anche parziale e ad uso interno didattico, con qualsiasi mezzo, non autorizzato.
ISBN 9788831491174
I QUADERNI DEL VOLONTARIATO UN VIAGGIO NEL MONDO DEL SOCIALE PER COMUNICARE IL BENE I valori positivi, le buone notizie, il bene che opera nel mondo ha bisogno di chi abbia il coraggio di aprire gli occhi per vederlo, le orecchie e il cuore per imparare a sentirlo e aiutare gli altri a riconoscerlo. Il bene va diffuso ed è necessario che i comportamenti ispirati a quei valori siano raccontati. Ci sono tanti modi per raccontare l’impegno e la cittadinanza attiva. Anche chi opera nel volontariato e nell’associazionismo è ormai pienamente consapevole della potenza e della varietà dei mezzi di comunicazione che il nuovo sistema dei media propone. Il Cesvol ha in un certo senso aderito ai nuovi linguaggi del web ma non ha mai dimenticato quelle modalità di trasmissione della conoscenza e dell’informazione che sembrano comunque aver retto all’urto dei nuovi media. Tra queste la scrittura e, per riflesso, la lettura dei libri di carta. Scrivere un libro per un autore è come un atto di generosa donazione di contenuti. Leggerlo è una risposta al proprio bisogno di vivere il mondo attraverso l’anima, le parole, i segni di un altro. Intraprendendo la lettura di un libro, il lettore comincia una nuova avventura con se stesso, dove il libro viene ospitato nel proprio vissuto quotidiano, viene accolto in spazi privati, sul comodino accanto al letto, per diventare un amico prezioso che, lontano dal fracasso del quotidiano, sussurra all’orecchio parole cariche di significati e di valore. Ad un libro ci si affeziona. Con il tempo diventa come un maglione che indossavamo in stagioni passate e del quale cerchiamo di privarcene più tardi possibile. Diventa come altri grandi segni che provengono dal passato recente o più antico, per consegnarci insegnamenti e visioni. 3
Quelle visioni che i cari autori di questa collana hanno voluto donare al lettore affinché sapesse di loro, delle vite che hanno incrociato, dei sorrisi cui non hanno saputo rinunciare. Gli autori di questi testi, e di tutti quelli che dal 2006 hanno contribuito ad arricchire la Biblioteca del Cesvol, hanno fatto una scelta coraggiosa perché hanno pensato di testimoniare la propria esperienza, al di là di qualsiasi tipo di conformismo e disillusione Il Cesvol propone la Collana dei Quaderni del Volontariato per contribuire alla diffusione e valorizzazione della cittadinanza attiva e dei suoi protagonisti attraverso la pubblicazione di storie, racconti e quant’altro consenta a quel mondo di emergere e di rappresentarsi, con consapevolezza, al popolo dei lettori e degli appassionati. Un modo di trasmettere saperi e conoscenza così antico e consolidato nel passato dall’apparire, oggi, estremamente innovativo. Questo volume rappresenta una novità all'interno della Collana, potremmo dire che può considerarsi il precursone di un progetto, l'apertura verso un nuovo viaggio, quello che il Cesvol Umbria propone all'interno degli Istituti Penitenziari e che darà avvio alla Collana "Liberi di Pensare, pensieri e parole dal Carcere". L’obiettivo è quello di raccogliere e diffondere la cultura della “narrazione” nello spirito dell’inclusione e della socializzazione, partendo dalla visione che ogni uomo è un prezioso contributo all’umanità intera. Salvatore Fabrizio Direttore Cesvol Umbria
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Anime
a cura di Stefania Panza
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A Martina e Letizia
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Indice
Premessa
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L'inizio p.15 Ragazzi e ragazze insieme alle storie L’infanzia
p.21
Le parole
p.50
Fotografie
p.55
p.25
Parole come barche che tengono il mare
p.68
Una lettera a...
p.83
p.96
Libertà
Parole lasciate al mare….
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p.105
Innanzitutto, desidero ricambiare il ringraziamento che la dott. ssa Stefania Panza ci rivolge, con un doveroso, sentito “Grazie” per l’ottimo lavoro svolto e per il risultato racchiuso in queste pagine. Lo esprimo con enfasi, per il piacere che la lettura del testo mi ha procurato, riconoscendo in esso più di quanto pensavo fosse possibile produrre. Avevo molto creduto nel progetto dell’Associazione Arcat che, nel tempo, ha accumulato una vasta esperienza nel campo del Volontariato. La sua azione è da sempre incentrata sui bisogni altrui, al fine di allentare e sciogliere nodi tristemente cruciali, nella vita delle persone, attraverso un percorso che penetra il vissuto degli individui, sviscerandone le problematiche e facendone emergere le cause. Nella comune certezza che solo dalla reale e chiara conoscenza di sé, può scaturire consapevolezza e desiderio di cambiamento. Percorso che si è creduto possibile realizzare anche nell’ambito del Carcere, luogo per antonomasia sinonimo di chiusura, ma non per questo precluso alla genuina volontà di approcciarsi ad esso. Approccio, che reputo corretto e vincente dall’inizio, laddove ci si è avvicinati con rispetto e, come leggo nel testo, con pazienza si è cercato di entrare in rapporto con elementi fisici, comportamentali e concettuali, di sicuro molto diversi da quelli abituali, adattandosi a nuovi spazi, nonché ad un differente concetto del Tempo. Con queste premesse, si è determinato un incontro di menti, l’ascolto è diventato condivisione, la domanda si è fusa con un’offerta di sé, realizzatasi attraverso il racconto del proprio vissuto. Nella consapevolezza, lentamente maturata, di essere parte viva e fondante di 9
un progetto comune, nel quale la parola espressa e poi scritta ha dato forma al caos, diventando punto di arrivo di un percorso interiore. Sono convinta che ogni esperienza di condivisione, che miri ad arrecare giovamento all’altro, abbia di fatto un inaspettato ritorno di beneficio personale. Si parte con la sola intenzione di donare, si arriva con la precisa sensazione di aver ricevuto molto di più, in termini di arricchimento interiore. Sono sicura che ciò sia avvenuto. Me lo suggeriscono le parole di un ospite della struttura, che riporto dal testo: “... uno di loro, Michele, mi domanda perché sono lì ... non so rispondo... Quando ascolterai le nostre storie capirai perché sei qui, mi dice lui ...”. Dott.ssa Bernardina Di Mario
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Per salvarci dobbiamo raggrupparci. Come le dita di una stessa mano. Come le anatre di uno stesso stormo. Tecnologia del volo collettivo. La prima anatra si lancia e apre la strada alla seconda che indica il percorso alla terza; la spinta della terza fa spiccare il volo alla quarta che trascina la quinta; lo slancio della quinta provoca il volo della sesta che fa coraggio alla settima… Quando l’anatra esploratrice si stanca, raggiunge la coda dello sciame e lascia il posto ad un’altra che risale alla punta di questa V capovolta che le anatre disegnano in volo. Tutte a turno prenderanno la testa e la coda del gruppo. Nessuna anatra si considera animale super per il fatto che vola davanti, né animale minore se vola in coda. Eduardo Galeano Tratto da Memoria del fuoco
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Premessa L’ARCAT UMBRIA (ovvero i “Club Famiglia”) è un’associazione di volontariato che promuove nel territorio i principi dell’Auto Mutuo Aiuto e dell’approccio familiare tramite la diffusione dei “Club Famiglia”. La nostra associazione ONLUS opera in Umbria dal 1989; ha iniziato con l’esperienza dei CAT nel campo alcologico (metodo Hudolin) e oggi applica la stessa metodologia per affrontare la quotidianità e la meravigliosa complessità della vita in generale. È presente con circa 30 club famiglia in quasi tutto il territorio regionale e conta la presenza di circa 250 famiglie ma in tanti anni, tante più persone hanno conosciuto i club. I club sono una risorsa semplice, efficace, economica, accessibile, al servizio del proprio territorio. Il “Club Famiglia” è un incontro settimanale (un’ora dedicata a se stessi) di un gruppo di famiglie che si confrontano e condividono le esperienze, le emozioni, i dubbi, le certezze: è un laboratorio per sperimentare e allenare le nostre capacità di vita. Ogni gioia se condivisa si amplifica, ogni dolore se condiviso, è più sopportabile. La nostra modalità di relazione è la protagonista di ogni incontro e la fatica del vivere si affronta con leggerezza, amicizia, tenerezza, condivisione, accettazione. L’obiettivo è l’evoluzione continua, il cambiamento che è sempre possibile come opportunità e necessità per tutti. 13
Gli incontri settimanali multi-familiari, il fare assieme, l’ascolto, l’empatia, l’amicizia, la spontaneità, la corresponsabilità, sono gli strumenti efficaci accessibili e gratuiti per iniziare un percorso di cambiamento più consapevole per sè, per la propria famiglia e di conseguenza anche per una migliore comunità umana. Il nostro è un intervento rivolto a situazioni di bisogno, nessuno escluso, proprio perché la complessità di oggi facilmente disgrega le realtà più deboli e meno tutelate: nessuno escluso, fin dentro le carceri! È così che in quegli anni in cui svolgevo la mia attività di Direttore sanitario presso la Casa Circondariale di Capanne a Perugia, con il consenso della Direttrice dott.ssa Bernardina Di Mario, che ancora ringrazio, iniziai l’esperienza dei Club nella sezione femminile, mentre gli amici Renato e Dino ogni settimana incontravano le persone delle sezioni maschili. Un percorso che mi ha fatto conoscere una realtà dura di esperienze di vita, lontane dal mio mondo più ovattato e che ha messo a dura prova la mia capacità di accoglienza e di empatia, arricchendo entrambe: grazie ancora a tutti! Gli anni passano veloci e anche le persone si alternano. Finalmente è arrivata Stefania, con tutta la sua umanità, carisma, entusiasmo e competenza. Grazie a Stefania e agli amici del Club di Capanne per averci offerto il racconto della loro esperienza. Dott.ssa Valeria Matteucci 14
L'inizio Un club famiglia del tutto singolare quello del carcere, dove famiglia non c’è, ma dove la sua importanza e il suo valore si avvertono con forza. L’esperienza comincia quattro anni fa e tutt’ora continua; non è un corso, un progetto, un seminario, è un incontro di sguardi, silenzi, parole, sorrisi…e a questo non si può dare una fine, non ci riusciamo, più semplicemente non lo vogliamo. I partecipanti all’inizio sono otto, poi nove, dieci, fino ad arrivare a venticinque, trenta. Ci sono italiani e migranti che vengono dai Paesi più diversi: Marocco, Tunisia, Ucraina, Africa, Albania. Alcuni sono appena arrivati, altri sono in Italia da tempo, altri ancora sono nati qui. Il primo giorno arrivo alla casa circondariale di Capanne insieme a Marisa, volontaria che presta lì il suo tempo da tanti anni; è lei che accompagna il mio timore e la sensazione di vuoto e di disorientamento che provo al passaggio di ogni blocco. Registrazione del nome, dell’ora di ingresso, del motivo per il quale ti trovi lì, ad ogni porta, grande, meccanica, che si richiude alle tue spalle. Arriviamo alla sezione penale dove Marisa mi presenta l’ispettore che si mostra accogliente e gentile; chiediamo una collocazione: è una stanza non troppo piccola, con due finestre che danno su un cortile di cemento e una specie di scrivania.
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Cambiamo subito la disposizione, chiediamo più sedie che mettiamo in cerchio. Aspettiamo. L’attesa, costante imprescindibile prima di ogni incontro, dà chiaramente l’idea che lì non sei tu a disporre del tempo; lo determinano le chiamate degli agenti di polizia penitenziaria, i passeggi, gli stati d’animo dei detenuti, il lavoro degli stessi, i ritmi lenti delle procedure. Il tuo tempo diventa quello degli altri in questo luogo chiuso come in una bolla che è il carcere. Arriva qualcuno, occupa i primi posti e poi pian piano gli altri…un’altra attesa e non posso non percepire una sensazione di contrizione, di tristezza; le gambe tremano e mi sento in apnea. Ogni tanto guardo Marisa. Mi basta sapere che lei è lì, seduta accanto a me. Avevo preparato un discorso per spiegare il motivo della mia presenza; non ricordo nulla e vado a braccio nel raccontare del gruppo ARCAT, di che cosa si occupa, dell’importanza del ritrovarsi per condividere idee, pensieri, problemi, obiettivi…uno di loro, Michele, ad un certo punto mi domanda perché sono lì; gli rispondo che non so dire con precisione, sono lì e basta. Quando ascolterai le nostre storie capirai perché sei qui, mi dice lui. Così, settimana dopo settimana, mese dopo mese, ho imparato a stare in questo spazio fatto di precarietà, dove sai di non poter controllare quasi niente e dove ti sembra di camminare su un filo, proprio come i funamboli. Quello che si ripete ad ogni incontro è il bisogno di raccontare e di essere ascoltati. Di essere presi come cosa 16
seria, come cosa viva. Ogni volta quando torno a casa porto con me i volti, le storie, le parole a metà o dette male, i sorrisi, le lacrime che avevano bisogno di uscire, e me li tengo tutti, dentro a lunghi respiri. Così cominciamo a raccontarci e ci si scopre capaci di scrivere, di ricordare, di ascoltare, di comprendere. Il carcere è un luogo di storie, spesso così intricate e complesse da far perdere i fili e il senso del loro intreccio. A volte si esprimono verità che tali non sono…Marco mi chiede: Stefania ma tu davvero credi che tutto quello che ti raccontiamo sia vero? Non lo so, gli rispondo. Non me lo chiedo. Il mio ascolto desidera sempre andare al di là della cronaca: ci sono significati profondi e valori nascosti dietro a espressioni che spesso diventano l’unico sostegno per sopportare la detenzione. Ogni parola, dunque, diventa pretesto per aiutare a sentirsi esseri umani, degni di essere ascoltati in una condizione di vita relazionalmente depauperata. Ci incontriamo una volta la settimana per due ore. C’è una grande partecipazione, cercano di non saltare mai un incontro…arrivano anche dopo le notti insonni, gli psicofarmaci, l’umore a terra, il lavoro; arrivano anche solo per fermarsi una mezz’ora, anche solo per salutare e per giustificare l’assenza per cause di forza maggiore: un colloquio con l’avvocato, lo psichiatra, la seduta dal dentista. Siamo tanti, ma quando siamo lì, non vola una mosca, ci 17
si ascolta in silenzio con il rispetto dovuto alla parola di ciascuno e la fiducia nel consegnare pezzi della propria vita in mano ad altri. E così siamo diventati l’uno per l’altro cassa di risonanza di storie e di emozioni, di speranze che viaggiano su strade di carta, di scritture scritte ad alta voce, o calligrafie sussurrate nelle confidenze, e questo ci ha aiutato a sentirci prima di tutto esseri umani. A volte si attraversano momenti dolorosi, luoghi dell’anima che ancora fanno male, ma è stato proprio nell’attraversare questi luoghi che abbiamo provato ad attribuire un significato diverso alla nostra vita, nel bene o nel male. È stato il nostro modo di presentarci al mondo.
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Gianluca Quando è iniziato il club, è diventato da subito importante per me. Mi ha dato l’opportunità di raccontarmi, confrontarmi con gli altri detenuti e arricchirmi. Si basa sul fidarsi e affidarsi. Grazie al club, ho imparato ad ascoltare i vissuti degli altri e i punti di vista di ognuno, diversi, e a cambiare… Tra comunità e carcerazioni ne ho fatti tanti di gruppi, ma, forse per l’età, forse per la lucidità, questo è quello che mi ha arricchito di più. Il rispetto, l’educazione, la disciplina che c’è nei nostri incontri, riaccendono la speranza.
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Il viaggio inizia dall’infanzia, spesso ferita, negata, traccia di un passato che non passa, a volte piena di ricordi belli, di amore, serenità, divertimento. Il racconto continua e passa per la giovinezza, spericolata, quella del correre a perdifiato, quando credi di poter spaccare il mondo, quella dell’incoscienza…e poi si arriva qui in questa zona d’ombra che per ora è tutto ciò che abbiamo.
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Ragazzi e ragazze insieme alle storie
Perché questo mondo che ci pare una cosa fatta di pietra, vegetazione e sangue, non è affatto una cosa ma semplicemente una storia. E tutto ciò che esso contiene è una storia. E ciascuna storia è la somma di tutte le storie minori, eppure queste storie sono la medesima storia e contengono in esse tutto il resto. Quindi tutto è necessario. Cormac McCarthy tratto da Oltre il confine 21
Nel Liceo dove insegno, da diversi anni porto avanti un laboratorio di scrittura autobiografica. Questo spazio ha aperto momenti di profonda condivisione con i ragazzi. Spesso con loro mi piace procedere attraverso storie; le nostre storie e quelle degli altri che si intrecciano e si con-fondono, in una metamorfosi senza fine. È come “togliere la polvere” dalle emozioni, dai frammenti, dal passato e provare a dare significati diversi. È come mettere insieme sfumature, fondere e dare origine a colori nuovi. Così le parole hanno cominciato a “prendersi cura” di noi, a guidarci verso zone profonde, lontane, che sembravano perdute ma che sono rimaste lì, tra le pieghe della memoria. Pezzi di storie che si mescolano e si infrangono, fanno sentire le vertigini, sbrogliano e intrecciano fili, ricongiungono, provano ad attribuire significati. E poi ci sono gli Altri, a cominciare dai detenuti, che danno un valore corale alle storie. E proprio lì, dentro al carcere, si avverte forte la sensazione di “passare attraverso i muri”. I muri dell’ipocrisia e del luogo comune. Si comincia dal rispetto. L’idea è quella raccontata da Rachele: oltre ad aver trattato l’aspetto sociologico, abbiamo affrontato anche un altro tipo di percorso: parallelamente ad alcuni detenu22
ti del carcere di Capanne, abbiamo ripercorso le nostre vite a partire dall’infanzia, condividendo le sensazioni e le emozioni. Le nostre esperienze sono state riportate, inoltre, in piccoli personali quaderni, dove abbiamo scritto tutto ciò che è venuto fuori dai nostri ricordi. Pezzi di storie che si sono mescolati, sospesi lungo il tempo, attraverso la presenza silenziosa della memoria. Così facendo, abbiamo potuto approcciarci in maniera differente al mondo della detenzione: lo scopo del progetto è proprio quello di avvicinarci al carcere, non come semplici visitatori. Sia noi studenti che i detenuti ci siamo messi in gioco e ci siamo raccontati, partendo dal nostro nome, che ci identifica, per arrivare alle sensazioni più antiche, rimaste in noi dai tempi dell’infanzia, agli “incantamenti” che ci stregavano da piccoli, alle parole che ci stancano o a quelle che, invece, vorremmo ci venissero rivolte più spesso, ai nostri “messaggi in bottiglia”. Abbiamo utilizzato anche le fotografie che ci hanno aiutato a rievocare, ad emozionarci, a ripercorrerci. Tutto ciò ha portato alla luce punti in comune tra studenti e detenuti e una verità troppo spesso trascurata: come in uno specchio, noi studenti ci siamo potuti rriconoscere nei carcerati e loro in noi. Le nostre storie e le nostre esperienze sono risultate affini in certi aspetti, alcune volte, invece, dissimili e così ci siamo potuti in23
contrare al di là dei nostri ruoli, come persone con il loro bagaglio di vita. Così, semplicemente come persone. Ho scelto di iniziare la presentazione di questi scritti partendo dal tema dell’infanzia. Comincia tutto da lì, dall’essere nati in quella famiglia, proprio in quel luogo, dall’aver incontrato quelle persone e non altre, dall’aver ricevuto cure e abbracci e un nome… Tornare all’infanzia diventa dunque un tentativo di capire chi siamo, il senso del nostro essere al mondo per sé e con gli altri, verso quali altre mete possibili la vita ci chiama per diventare persone migliori.
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L’infanzia
Dal mio nome ha inizio la storia.
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Elena Il dieci settembre 2004 sono nata io, Elena. Il mio nome era già stato scelto sin da quando, dalle ecografie, si era scoperto che ero femmina. Ho ereditato questo nome, per scelta di entrambi i miei genitori, da mia nonna che se ne è andata in cielo nel 1999, la mamma di mio papà. Non ricordo con certezza il significato del mio nome, ma ha qualcosa a che fare con un periodo luminoso della vita. Amo alla follia il mio nome e non avrei ragioni per cambiarlo. Posso solo dire che questo nome mi rende forte interiormente.
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Demis Dedicato a te, a te che dimentichi sempre il mio nome. Dedicato a te, perché non mi presento mai con il mio nome. Dedicato a me che non sapevo pronunciare il mio nome. Il mio nome, nessuno lo sa pronunciare, nemmeno mia madre che lo ha scelto…. Ora desidero non essere più chiamato, ma chiamare. Viene a mancare una persona quando non si sente più pronunciare il suo nome… Nessuno ha mai pronunciato in modo corretto il mio nome, come fanno a dirmi “Manchi”?
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Mohammed Ho un nome importante. Lo ha scelto per me mio papà. Il nome del Profeta Maometto. Non mi sento degno di questo nome, non ho mai dimostrato di esserlo…voglio darmi un’altra possibilità…
William Cristal. Ho sempre pensato che questo nome non fosse giusto, non l’ho mai sentito mio. Da piccolo mi piaceva cioè, per lo meno lo tolleravo ma, crescendo, ho iniziato a odiarlo sempre di più, forse perché mi fa sentire sbagliato, o forse perché mi costringe a essere un’altra persona, qualcuno che non sono io, qualcuno che mi fa stare male.
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Arianna Il mio nome è Arianna. Lo ha scelto mia mamma, per due motivi: nessuno dei miei parenti si chiama così, e Arianna è il nome di un personaggio della mitologia greca, una principessa. Mi sono sempre piaciuti sia il nome, sia il mito del “filo di Arianna”, soprattutto perché, dopo che Teseo ha abbandonato la principessa su un’isola, questa è stata trovata da Dioniso, che ha fatto di lei una dea e la sua sposa. Anche se adoro il mio nome, detesto quando i miei amici lo pronunciano per intero; perché, quando ero piccola, se mia mamma lo pronunciava fino all’ultima lettera, voleva dire che avevo combinato qualcosa di brutto.
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Alessandro Perché no, Alessandro Magno, forse l’ispirazione viene da lui: uomo forte, coraggioso, bello... insomma, come si suol dire, perfetto. Credo che, se realmente fosse questo ciò che i miei genitori intendessero dandomi questo nome, vuol dire che si aspettano molto da me. Mi piace il mio nome, mi sembra un nome democratico, a volte quasi buffo e questo è ciò che sono.
Angelica Angelica è stato scelto da mamma e papà perché mi hanno detto che fin da quando ero dentro alla pancia sono stata il loro piccolo angelo. Angelica: “messaggero di Dio”… è una cosa che mi piace, perché magari significa che trasmetto qualcosa di buono alle persone. Il mio nome rappresenta la mia storia. Per questo lo amo.
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I nostri ricordi scandiscono il tempo: i luoghi, le persone, gli oggetti, le sensazioni più antiche, gli incantamenti della nostra infanzia.
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Ilaria L’altalena: libertà, spensieratezza. Ogni persona, sia giovane che anziana, ha ricordi e prova emozioni diverse sull’altalena. Io provo sia felicità che tristezza: felicità perché mi sembra di toccare il cielo, di vedere tutto dall’alto e che, quegli attimi, siano infiniti e pieni di gioia, che ci siamo solo io e l’altalena, mi sembra di staccarmi da terra e dimenticare tutto. Ma mi provoca anche una piccola paura: sull’altalena, da solo, ti spingi e sei sicuro, arriva qualcuno, ti spinge, sei felice ma è rischioso. A me dà il senso che qualcuno voglia avere il controllo su quel mio attimo di felicità. L’altalena si può anche paragonare alla vita, perché si parte piano piano, ma poi diventa sempre più difficile salire.
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Luana Era un normale pupazzo per gli altri ma un pupazzo raro per me, lo portavo ovunque, sempre pronto a tenermi compagnia nei momenti più tristi e a giocare con me nei pomeriggi di pioggia. Insomma, un vero e proprio amico che, in ogni momento della giornata, era sempre con me, a sopportarmi. A forza di giocarci, ha perso una zampa e il colore ma, ancora oggi, lo conservo con me, nella mia cameretta. Rimarrà per sempre il mio pupazzo preferito, con cui ho passato la mia infanzia. Lo porterò con me fino a quando qualcuno non ne avrà bisogno. Ha fatto parte della mia vita ed è riuscito a scacciare via i mostri sotto al letto, la notte, cosa che neanche mia mamma era riuscita a fare.
William La pioggia è sempre stata una di quelle cose che mi attirava e mi faceva incantare, mi piaceva guardare come si infrangesse a terra. Quando ero piccolo, pensavo che ogni goccia fosse un segreto di qualcuno.
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Sergio Terracina. Ci andavamo ospite di amici di famiglia. E lì io e gli altri bambini andavamo in bicicletta per tutta l’azienda, fino ai confini…mi sentivo bene in quello spazio sempre aperto a tutti.
Mohammed Quando andavo in campagna dai nonni. Con i miei amici ne combinavo di tutti i colori… In campagna dai nonni… Il nonno aveva le pecore e le mucche. Io salivo sugli alberi.
Gianluca Ero sempre per strada. La strada mi ha insegnato tutto. Da piccolo una volta sono stato accolto da una mamma e da una bambina, vicine di casa… ho avuto da loro la mia prima festa di compleanno.
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Darina Una casa al mare... tutti ne vorrebbero una, per la sua vicinanza al mare, ovviamente, ma a me non piaceva tanto per questo. Quella casa aveva qualcosa che mi prendeva, qualcosa che non conosco con precisione, ma so che adoravo stare lì. La casa non era mia, apparteneva a un’anziana signora toscana che io chiamavo “nonna”, una persona alla quale mia mamma teneva così tanto, da considerarla quasi una madre per lei. Non ricordo esattamente la casa, ricordo solamente il giardino con il suo cancello, la tavola della cucina unita al salotto, nel quale si trovava una vecchia poltrona e il letto a castello nel quale dormivamo io e uno dei miei fratelli. Io e la mia famiglia andavamo lì tutte le estati, da quando sono nata fino ai miei nove anni. Non mi è mai piaciuto il mare e di quello non ricordo nulla, né tantomeno del posto in generale, solo di un parco nel quale andavo tutte le sere e del piccolo trenino che passava alle nove in punto davanti al parco. Pur non ricordando molto, so che lì, in quel periodo della mia vita, stavo bene.
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Lara Quando me lo regalarono, avevo tre anni, diventò immediatamente il mio preferito. Dormivo con lui, mangiavo con lui, era diventato il mio migliore amico, senza il quale mi sentivo sola e vuota... Gli raccontavo le mie storie preferite, gli raccontavo anche i miei segreti. Un giorno ha perso un occhio, non ne sono sicura ma è possibile che glielo abbia cavato mio fratello. Comunque, ho continuato ad amarlo pazzamente e a parlargli anche quando sono cresciuta.
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Ines Ho un ricordo molto vivo delle mattinate trascorse al parco con il mio papà: soprattutto il sabato e la domenica, giorni in cui mia madre era al lavoro. Appena usciti di casa, compravamo una pizzetta e, poi, ci si avviava verso il parchino. Alle 7,30 di mattina, logicamente, non c’era nessuno. I giochi erano tutti liberi e, quindi, il divertimento era tanto e garantito. Solo una pausa per la colazione mi distraeva dallo scivolo e, soprattutto, dall’altalena: il gioco che preferivo, in quanto, ripensandoci ora, mi dava un senso di libertà perché immaginavo di volare e adoravo il vento in faccia. Ancora oggi, quando vedo un’altalena, mi viene la tentazione di andarci per riprovare quelle emozioni. Altra abitudine, dopo il gioco, era quella di bere un “cappuccino d’orzo”: mi faceva sentire grande. Ho dei bei ricordi di quelle mattinate e so che non le dimenticherò mai. Non solo con il sole ma anche con la pioggia, io e il mio papà non abbiamo mai rinunciato a quel divertimento. Questi ricordi mi rallegrano nei momenti più difficili.
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Alessandro Il piazzale …sono nato e cresciuto lì. Dalle partite di calcio, le corse in bici, il giocare a nascondino, la nostra champions league la sera, amicizia. Emozioni di ogni tipo tutt’ora vivono in me. Odore dell’asfalto bagnato, sapore di sangue, caldo, freddo tutto era possibile lì. Litigate, feste, divertimento, tutto ciò che si fa nel piazzale, rimane al piazzale, il mio piazzale. Riporto ancora i segni in fronte, mi distingue, so di essere io, sono un tutt’uno con il mio passato, tutt’uno con il piazzale, impossibile potermi staccare da lui.
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Simone L’ultima volta che sono andato alla stazione di Ponte San Giovanni, è stata circa tre settimane fa e mi sembrava di tornare indietro di 10 anni, alla prima volta che sono entrato in questo posto. Era avvenuto tutto per caso: mio nonno, un giorno, mi ha detto che mi avrebbe portato in un posto speciale, tutto avrei pensato tranne che lì. Le prime volte vedevo tanti treni passare uno più bello dell’altro sia per forma, colore e “scarabocchi” che qualcuno aveva fatto sui vagoni. Col passare del tempo, frequentavo la stazione quasi tutti i giorni e incominciavo a prendere i treni regionali per andare alla stazione di Perugia - Sant’Anna. Mentre ero lì dentro, vedevo il paesaggio dal finestrino e, tra me e me, pensavo: “Quando crescerò, qui sarà tutto diverso e questi treni scompariranno per dare spazio a macchine volanti….”. Era il luogo della fantasia e dei sogni.
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Sara Nei pomeriggi della mia infanzia, sentivo il citofono suonare: erano le mie cugine che mi chiedevano di scendere in giardino a giocare. Ero sempre felice quando le vedevo sullo schermo del citofono. Allora scendevo e uscivo di casa. Aprivo la porta d’ingresso e mi ritrovavo le mie cugine davanti. Passavamo pomeriggi interi a giocare in giardino. A volte, giocavamo a fare le spie, a volte inscenavamo sfilate di moda, ma quello che adoravamo fare era il ristorante. Ricordo le litigate per cause insensate e il riappacificamento del giorno dopo. Provavo tristezza quando vedevo uscire di casa la loro mamma che le chiamava per farle rincasare. Cercavamo sempre di convincerla a farci stare più tempo insieme e, quando ci riuscivamo, eravamo euforiche.
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Zac Ero un bambino. Ero un bambino, ero pieno di sogni, un bambino vivace a cui non mancava mai il sorriso sul viso. A scuola ero bravo malgrado il mio carattere vivace ed esuberante. Ero un bambino. Giocavo spensierato, senza problemi e pieno di vita. Oggi sono adulto con tanti ricordi della mia infanzia. Ricordo mia madre davanti ai fornelli preparare cose buone, dai cibi più semplici ai dolci, e io che mi impiastricciavo le mani con la farina… Quanti ricordi da bambino. Aspettavo mio padre che tornasse dal mare, profumava di salsedine e di pesce. Profumava di vita. Dove sono andati quei ricordi?
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Angelica Andare a casa della nonna la domenica. Non c’era gioia più grande. Non c’era posto più buono. Non c’era profumo più dolce di quello del vestito della nonna. La domenica era il giorno del vestito buono per tutti e puntualmente la mamma mi vestiva con la gonna ben stirata e la camicetta bianca. Ma era lei la più bella di tutti. La nonna. Il suo profumo era così intenso e travolgente che rimaneva tra i miei capelli quando dopo pranzo mi addormentavo su di lei. Nonna sembrava sempre un fiore appena sbocciato, un fiore pieno di vita. I suoi vestiti a fiori erano fatti per essere annusati. Se chiudo gli occhi riesco ancora a sentire quel profumo che mi è rimasto nella testa e nel cuore.
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Rachele La mia infanzia è un vetro rotto, frammenti spezzati sparsi sul pavimento cocci taglienti a cui cerco di dare un senso che mi lacerano la carne e mi fanno sanguinare le mani la mia infanzia è un riflesso distorto attraverso il quale non riesco a vedere… uno specchio rotto da calci e ceffoni, pugni e strattoni.. ora quei mille pezzi provo a ricomporre per sbirciare quel tempo lontano dove non esistevano che urla e insulti e odio e rancore la mia infanzia ha mille e più forme quelle che provo a trovare quando la verità scappa e mi sfugge l’essenza.
Domenico La paura di essere portato via strappato dalla famiglia, dagli affetti in un collegio, lontano da casa, freddo, congelato il sangue mi usciva dagli occhi al posto delle lacrime.
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Matilde Le stelle, il buio, gli arei, dei piccoli puntini lontanissimi che guardavo con ammirazione, quel brivido freddo che mi percorreva tutta quando arrivava una folata di vento gelida e, allo stesso tempo, il calore della mia mamma e del mio papà. Ormai era una tradizione, sì proprio così e io l’amavo. I miei genitori lavoravano tantissimo e allora, per stare insieme, la sera ci prendevamo questa piccola libertà: chiudere tutte le luci, spalancare la finestra e insieme contare tutti gli aerei che passavano; quelle piccole lucine rosse e verdi che brillavano nella notte. Purtroppo ora non lo facciamo più ma, a dover essere sincera, anche se ho sedici anni, lo rifarei, solo per poter stare un po’ con i miei genitori, sempre impegnati a lavorare.
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Demis Di notte e di giorno si vede correre e piangere un bambino corri bambino di giorno o di notte al buio a occhi chiusi corri per strada…corri…corri da solo. Muore un bambino solo maledetta strada. Diranno tutti ho visto più volte correre un bambino quasi sempre piangere e correre. È morto un bambino… Diranno maledetta strada…soltanto questo.
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Jamny Il giardino che ogni giorno attraversavo per tornare da scuola…le rose. Ne coglievo sempre una per donarla alle bambine che passavano…
Gianni Non potrò mai dimenticare i bei momenti di quando ero bambino. La spensieratezza, marinare la scuola per andare a fare il bagno con gli amici in una vasca per la raccolta dell’acqua, in campagna …le scappatelle fatte con il motorino di mio fratello per andare a vedere il mare. Adesso che vivo in un mondo fuori dal mondo dove si perde la cognizione del tempo dove non hai un interruttore per spegnere la luce l’unica melodia è quella del ferro che batte ferro.
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Giulia L’odore dei pennarelli. Un odore forte, che avvolgeva il mio piccolo naso. L’odore di sostanze chimiche, di acido che saliva dal foglio su cui avevo appena disegnato il contorno di una farfalla. Non so se mi piaceva o meno, ma so che mi rilassava. Quell’odore mi ricorda la serenità.
Giovanni Momenti tristi, quando mi sgridavano, quando ero felice, un qualsiasi momento: io andavo con il mio pallone, tra le mani, a nascondermi in un posto dove non mi poteva vedere nessuno, e averlo tra le mani mi dava sicurezza, per essere felice. Eh sì, a me bastava quello, non so perché ma una cosa è sicura e non mi vergogno a dirla: ogni notte, da piccolo, al posto del solito peluche, dormivo con il mio pallone, quel pallone che ancora ho e che mi accompagnerà per tutta la vita.
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Nico In Romania ho trascorso i momenti più belli…ma quando poi sono rimasto solo con i nonni perché la mamma è venuta in Italia per cercare lavoro, le cose sono molto cambiate. Mi sentivo solo e abbandonato.
Mario La neve cade dal cielo tutta bianca. Spettacolare. Comincia a cadere, sono seduto sul balcone. Immobile la guardo, gli occhi aperti…. cade sul mio corpo, impercettibile suono congelato un’emozione mai provata!
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Hava Ancora oggi ricordo. Mio padre tornava dal lavoro con le buste piene di qualcosa. Mia madre prendeva subito le buste e le ordinava nella dispensa. Il mio gusto preferito di yogurt era la crema. I miei nonni sapevano quanto amassi lo yogurt e me ne compravano in abbondanza. Mi era concesso se facevo la brava. Amavo il rumore che facevano le scatolette quando le staccavi l’una dall’altra. Mi piacevano così tanto che ancora oggi sugli album vecchi puoi trovare foto di me con sempre uno yogurt in mano.
Jessica Il profumo di mia mamma. Quando andava al lavoro, io affondavo il viso sul suo cuscino, così potevo sentirla più vicino. Mentre guardavo i cartoni, lo abbracciavo forte. Era un profumo buonissimo che però ora non saprei riconoscere. Lo metteva sempre, in qualsiasi situazione. Penso sia stato il suo preferito. Quando tutta la famiglia si preparava ad uscire, l’aria della casa si riempiva del suo odore. Mi dava una sensazione di tranquillità e protezione. Quando mi mancava, mi bastava annusare la sua camera da letto, per far accorciare la distanza tra noi. 49
Le parole
A volte vorrei rifugiarmi con tutto quel che ho in un paio di parole. Ma non esistono ancora parole che mi vogliono ospitare. È proprio così. Io sto cercando un tetto che mi ripari ma dovrò costruirmi una casa, pietra su pietra. E così ognuno cerca una casa, un rifugio per sé. E io mi cerco sempre un paio di parole. Etty Hillesum Tratto dal Diario 1941 - 1943 50
"Esistono parole che non vorremo più ascoltare ed altre invece di cui vorremmo sempre sentire il suono".
Luana Al giorno d’oggi la parola che mi sento dire spesso è proprio “Io ci sono sempre”, mi viene sempre detta da persone a cui ho dato tutta me stessa per renderle felici ma che, alla fine, per me loro non ci sono mai state. È semplice dire “Io ci sono sempre”, ma è difficile dimostrarlo, non basta una semplice rassicurazione a parole, nella vita servono più fatti. Vorrei che questa frase non fosse più detta con così tanta semplicità, ma che le si attribuisse un significato importante. Perché questa frase lo merita.
William “Non puoi capire”. Cosa esattamente non potrei capire?! Se non mi parli, se non mi spieghi. Non vuoi dirmi una cosa, okay, ma non dirmi che non posso capire, non so neanche io perché mi dà così tanto fastidio. Quindi, dimmi tutto quello che vuoi ma se devi dirmi che non posso capire, non capirò realmente la tua scelta. Ma, nonostante tutto, con l’amaro in bocca, lo accetterò.
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Alzati dal letto! Non ti arrabbiare! Mangia! “Vieni qua!” “Vieni qua!” “Vieni qua!” Sei sempre la solita Ti mando in collegio Bestemmie Resterai sempre da solo Devi imparare a camminare da solo Non attraversare la strada Perché? Non esagerare Non giocare a pallone in casa Avvocato Colpa Giustizia Non ho fatto niente Sono innocente Rumore delle chiavi Carcere Cambiamento 52
Pericoloso Impossibile…non posso Te l’avevo detto Non dimenticare il passato Non lamentarti
Chiara Care parole, non fate subito effetto, entrate dentro di me e ci rimanete. A volte, fate danni invisibili. A volte, mi rendete felice e riuscite a cambiare le mie giornate. Attraverso di voi ognuno può dare a qualcun altro la massima felicità, oppure, portarlo alla totale disperazione. Care parole, a volte siete lievi e delicate come la brezza estiva, altre volte invece siete taglienti e tempestose come un uragano. Siete l’arma più importante che l’uomo possieda. A volte, mi pento di voi, parole, di quelle dette e di quelle non dette… è come sparare un proiettile: una volta fuori dalla pistola, non è più possibile controllare le conseguenze. Siete difficili da classificare: le parole preziose e vere, dette da chi ci vuole bene davvero, sono come i diamanti ed è quindi importante conservarle e ricordarsele sempre. 53
Zac Un foglio bianco e una matita i pensieri della mia vita…i miei sogni i miei desideri…le mie paure le mie emozioni…un mondo tutto mio, tutto mio le mie sconfitte…le mie vittorie le fantasie e la realtà versi liberi rime sciolte la voglia di divertirsi la voglia di esprimersi la voglia di confidarsi. Parole senza fine che scivolano leggere e che liberano il mio cuore. Evasione e immaginazione, riflessione e svago, piccolo momento di follia, questa è la mia poesia.
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Fotografie
Se una fotografia non racconta una storia non è una fotografia. Forse è la storia di tutti i nostri pensieri, quelli che diventano pubblici e sfidano i luoghi comuni e quelli che per pudore restano confinati. Jan Saudek Abbiamo lavorato con le fotografie e anche lì dentro ci siamo ri-trovati 55
Demis
Questa fotografia mi ricorda il gelato…ero piccolo circa 8 anni. Mia mamma mi aveva dato i soldi per andare a comprarmi il gelato. Camminavo per la strada con questo cono in mano. Dovevo fare attenzione che non colasse a terra per il gran caldo e nello stesso tempo dovevo cercare di schivare le persone che camminavano per la strada…ad un certo punto un uomo viene verso di me, ci incrociamo, si ferma all’angolo di una strada che svoltava, dopo pochi istanti arriva uno che lo fredda con due colpi di pistola. Si ferma tutto…io lì con il gelato che si scioglieva e che cadeva a terra…da allora non ho più mangiato il gelato…sì, questa fotografia mi ricorda il gelato. 56
Sergio …mi ricorda la scuola, un periodo davvero bello della mia vita. Lo ricordo con piacere e nostalgia…noi bambini, in fila indiana, le nostre mani tengono la direzione.
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Marco Ero adolescente, una specie di stagno maleodorante, acqua torbida, noi facevamo il bagno lì, tutte le estati, come paletti piantati nell’acqua… fino a quando ci hanno vietato di andare…
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Amin Vedo una sagoma in fondo…lontana…mi chiedo, cosa mi separa da quella figura? Qual è la distanza?
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Gianni Un uomo … simbolo della vita. Le braccia al cielo per implorare il perdono.
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Gianluca Ci sono io lì dentro… sono sempre stato legato più fuori che dentro. La droga ti incatena…non sei più libero.
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Giovanni Il tronco è la vita, le prove che la vita ti mette davanti… il tronco è curvo, nodoso, provato, ma non si spezza.
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Alex Dietro quella porta, mio padre…io arrivo da lui, gli porto qualcosa…la porta che si era chiusa dietro alle mie spalle, ora mi accoglie.
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Demis Amo camminare, anche senza meta. Perché è un dono, camminare è un dono Grazie Dio che mi vuoi bene… sì…ma quando inciampo a chi mi appoggio?
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Miere La cosa che mi mette più paura è il risveglio. Quando vivi molto tempo per strada, è il risveglio dopo il sonno. aprire gli occhi. Dopo il risveglio tutto cambia.
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Zac Il diritto alla parola è diritto alla vita! Sono libero nel momento in cui qualcuno mi legge, esisto nel momento in cui scrivo.
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Jamny Protezione e aiuto…provo a farcela da solo, lasciatemi il tempo di appoggiare l’incertezza dei miei passi, fidatevi di me.
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Parole come barche che tengono il mare
Parole che tagliano, che tengono insieme, che rompono, che aggiustano, che alleviano, che fanno sprofondare, che fanno volare, che fanno risvegliare, sognare, aggiungere, mettere a nudo, velare. Chandra Livia Candiani Tratto da Ma dove sono le parole?
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Demis Prendo a pugni il mondo pieno di inganni impugno una penna per scrivere parole d’amore e ti vengo a portare le mie lettere, il mio cuore, le mie parole.
Alex Come carezze d’amore mi giunsero le tue parole. Preghiera al mio amore… Mi hai fatto molto male e mi è stato difficile quando te ne sei andata ed io ti guardavo con tristezza quì non è facile da solo… senza te guardando l’alba quando il sole nasce e poi tramonta e un altro giorno è finito … provo a resistere…aspetterò questo ti prometto nel mio cuore nessun’altra entrerà 69
perché il tempo non cambia niente per me, né gli anni né tante primavere il mio amore con gli anni diventerà più forte io ho bisogno soltanto di te sono triste quando penso al mio passato triste dietro a queste sbarre di ferro triste tra questi muri freddi triste senza i miei figli sono come albero senza rami come colomba con le ali spezzate che più non può volare come pesce nell’aquario che un gatto fa cadere a terra e si frantuma qui come dannati pieni di rabbia come angeli caduti come leoni che hai dimenticato di sfamare…
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Alex Ai miei figli ingannevole e veloce passa il tempo mi sembra ieri quando ti portavo in braccio giocavo con te, ti lanciavo in aria tu e tuo fratello ancora sento il vostro odore di bambini mi piacciono i sogni nei quali siete uniti l’uno per l’altro quando passeggio passeggiate anche voi nella mia fantasia allora mi sento meglio allora prego il Signore gli chiedo di prendersi cura di voi.
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Demis Non ho più tempo. Mani…battimani è come aspettare qualcosa di più facile e poi ti accorgi che da facile può diventare difficile. Senza mani sento ancora le tue di mani accorgersi così del risveglio ascoltando il nostro respiro. L’un l’altro…piano piano…per mano pelle su pelle…ascolto ancora la tua pelle. Il tuo di respiro in un battito di mani ritrovo le tue mani su di me. Basta non lasciarsi io ho il tuo respiro tu hai il mio cuore. Battito di mani…non ho più tempo ho le tue mani ci siamo lasciati in un battimano perché non c’è più tempo.
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Chiara Tutto intorno è vuoto, potrei correre per ore e non incontrare nessuno, potrei urlare per ore e nessuno mi sentirebbe, potrei chiedere aiuto e non avere nessuna risposta. L’assenza, il vuoto, la solitudine mi farebbe sprofondare nella tristezza più grande.
William Forse la cosa che temo maggiormente è non provare nulla o, forse, iniziare a provare qualcosa e non saperlo gestire. Sono immobilizzato tra la paura di provare e di non provare. Perché da una parte sono, come dire, “legato” a quel senso di indifferenza e apatia che mi appartiene e liberarmene, iniziando a provare qualcosa che non è “mio” mi blocca e spaventa... D’altra parte, invece, devo lottare contro quella sensazione di “anormalità” perché il non provare nulla ti condiziona, mi condiziona. Ma, forse, la mia più grande paura è, semplicemente, rimanere in questo limbo infernale, sospeso nel nulla, sorretto dalle braccia delle mie incertezze. 73
Alessandro Paura dell’altezza. Non sapevo di averti. Ora ci sto attento. Io ridevo di gioia su quel letto, tu ghignavi di piacere nella tua ombra. Il pianto spacca il mio viso e sento la tua risata potente rimbombare nella stanza. Quella sensazione di “immobilizzazione provvisoria”, pietrificarsi al tuo ritorno, sull’orlo del successo. Assurdo. Non sei un pensiero, una persona, un animale... ma, comunque, ho più fiducia in te che in tutto il resto, so che ci sei e che ci sarai. Non sei più alta di me, non lo sei mai stata e mai lo sarai, però hai sempre vinto tu. Mi comandi quando arrivi; fai il tuo spettacolo con le marionette, appese con fili alle tue mani, per poi sparire nell’insuccesso dello show. Il fallimento dei burattini copre la tua fama, data dalla colpa a te addossata dagli attori; più volte rimani anonima. Scrivere di te mi è facile, uno scontro senza lo sfidante, insomma, io contro nessuno, posso dire tutto di te; però poi, quando qualcuno crede che io sia più importante di 74
te, mi spingi nella gita del nulla, facendo svanire la mia gloria. Terribile.
Hava Quel respiro. Non riuscivo a parlare. Il cuore batteva a mille. Fino a quando la domanda passa anche a me. Inizio a raccontare di mio nonno. Riuscendo a trattenere le lacrime per la prima volta ho detto quello che il mio cuore urlava. Continuerò ad ascoltare le urla del mio cuore perché, nonostante il dolore, mi fanno respirare, quel respiro che tanto mi manca. Quel respiro che mi fa sentire parte della vita.
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Demis È come se per incanto ti trovassi e ti perdessi! Inestimabile…senza prezzo! La vita…d’averne cura e amore. E paura di perderla o di farsela portare via da qualcuno che amore e rispetto non ne ha della sua! Eppure è come se credessimo di averne ognuno mille di vite. Io della mia, bruciandone una ad una…nel cammino tenebroso e buio. Io sconfitto dal freddo! Una ad una…bruciai bruciandole provando ad illuminarne il cammino buio ed ora…solo! Solo ora. Come se fosse la mia ora! Ho trovato la mia via ma ho perso il conto alla mia novecentonovantesima cazzata. Forse ho trovato la vita perdendola. Oppure ho trovato la via? Forse ho trovato entrambe! Perché ho trovato tempo da dedicare a pensarla…la vita.
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Zac Molte volte ho studiato la lapide che mi hanno scolpito: una barca con vele ammainate, in un porto. In realtà non è questa la mia destinazione ma la mia vita. Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno; il dolore bussò alla mia porta e io ebbi paura; l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti. Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita. E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino, dovunque spingano la barca. Dare un senso alla vita può condurre alla follia ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio di una barca che anela al mare eppure lo teme.
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Francesco Devo trovare il coraggio di scrivere. Ma quanto dolore…quanta sofferenza… Come si può fare se il cuore soffre, le gambe tremano e le cattiverie subite, le provocazioni sofferte ti portano ad urlare contro il mondo?
Demis Ti voglio bene anche se so che andrai via. Frammenti di vita affiorano. A volte faccio fatica… a ricordare il passato! A volte è il passato che fa fatica...a ricordare che mi deve lasciare in pace. Amiamo il passato perché il nostro presente a volte è peggiore di tutto ciò che lasciamo…o accantoniamo. Amiamo il presente perché il nostro passato è passato e non è mai stato presente nella nostra vita! Amiamo la vita quando abbiamo o riceviamo qualcosa. E se la perdiamo imprechiamo Dio! E bestemmiamo! Odiamo!!! 78
E se non avessimo mai avuto niente e non avessimo niente da perdere? E se fosse tutto frutto della nostra mente?
Demis Mi confondo nei desideri. E mi ritrovo nei ricordi! Ricordi d’amore. Ricordi di sofferenza. Ricordi di ricordi. Poi finisco per perdermi nell’amore. E dall’amore ritrovarmi nel dolore e nell’orrore. La cosa più bella che c’era eri tu! La cosa che riempiva il mio vuoto, sempre tu. Se io fossi te…tu cosa faresti per me? Non ascolteremo mai il silenzio! Ti ho scambiata per aria. E mi sono perso nel vento. 79
Angelica Io sono composta da tratti di vuoto. A volte, quando sono felice, mi capita di sentirli gli spazi di vuoto, dentro, come se la felicità che sto provando volessi condividerla con chi non c’è più e ha lasciato dentro di me vuoti incolmabili. Ognuno di loro andandosene, si è portato con sé un pezzo di me e io invece non sono rimasta neanche con un pezzo di loro. Il sorriso c’è ma metà del cuore è svanita.
Hava Sono il cuore rosso di un orso nero. Sono gli occhi marroni di un orso nero. Sono l’euforia più grande dell’orso stesso. Sono con l’orso. È questo che vuoi?
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Angelica Ho scoperto che ho bisogno di ascoltarmi e di prendermi del tempo per me. Ho scoperto che sono circondata da variabili e nessuno è una costante. Ho scoperto che l’amore non va forzato e che ti possono tagliare le ali quando stai per toccare il cielo. Ho scoperto che le parole non valgono niente e che le promesse se le porta via il vento. Ho scoperto il colore dei fiori e il loro profumo poi, però, a novembre muoiono dal gelo e le rondini se ne vanno. Un mese fa ho scoperto che non mi ami più e che la solitudine è fredda anche con 30 gradi all’ombra.
Hava Ho scoperto che... Ho scoperto che un foglio e una penna mi bastano per essere me stessa per essere ciò che ho paura di diventare per essere ciò che ho paura di mostrare 81
ho scoperto che la vera ricchezza non è quanto hai ma quanto puoi fare con quel poco che hai ho scoperto che le parole non bastano non bastano né a me né al mio cuore. Ho scoperto che bisogna aspettare come aspetti il treno, come aspetti un’amica, come aspetti un pullman. Aspetta tanto verrà mentre tu urli piangi ridi pensi è già qua.
Demis Un salto dal nulla…al niente! D’amore…non si può solo…morire. All’improvviso trovandoti mi vieni a mancare! …adesso anche tu sai cosa vuol dire amare. L’immensità di quello che hai la trovi perdendo, il nulla... che pensavi fosse amore! 82
Una lettera a …
William “All’ucciso”: sei solo una parola. Sei effimero, puoi essere usato in modo leggero in un’occasione dove non si dà peso alla tua importanza, in un contesto dove non si pensa realmente ciò che si dice. Vuoi dirmi che non hai mai sentito dire la frase “in quel momento l’avrei ucciso”? Certo, puoi essere usato in una situazione del genere. 83
Ma può anche essere pesante e straziante il tuo suono, può esserlo quando a pronunciarlo è un genitore in lacrime, può farti sprofondare quando lo leggi su un giornale; sta attento a chi ti presti.
Ludovica Caro Imprevedibile, sei come la vita, tieni tutti e tutto attaccato ad un filo che può rompersi da un momento all’altro. Sei unico e pieno di misteri che mai nessuno potrà scoprire. Delle volte mi fai quasi paura poiché non so cosa potresti farmi accadere in una bellissima giornata di primavera, come oggi che mi strappa un sorriso.
Rachele Caro caso, mi tormenti sempre, fin da quando ero piccola. Non so più cosa fare, ora siamo amici ma, all’inizio, non sai quanto era difficile tenerti sott’occhio, ogni cosa che facevo era riferita a te, e tutti mi dicevano che dovevo 84
ragionare dandoti la colpa. Io, invece, ti ringraziavo. Alcune volte mi riferivo a te per non dover dare spiegazioni agli altri e dicevo che avevo espresso quella cosa perché era la prima che mi era venuta in mente; ma, dai, diciamocelo... tutte bugie!
Zac Un’opportunità per favore non avere paura o timore. Un’opportunità ti prego tanto perché anch’io merito qualcuno accanto. Un’opportunità ti supplico perché nella vita posso dare di meglio… Un’opportunità, vi imploro, per far realizzare un sogno un’opportunità di vivere e non di sopravvivere un’opportunità 85
per ricominciare da capo anche se sarò solo ogni tanto un’opportunità di amare, migliorare, sacrificare, lottare… un’opportunità.
Demis Caro pensiero…. Il mio pensiero più brutto è che…mi sto abituando al carcere. Quasi ne faccio parte come ne fa parte un mattone come un pezzo di ferro delle sbarre come una chiave appesa tra le chiavi. Non so più il perché di andare via. il perché di rimanere il perché di avere un cuore. Io cuore non ho più non provo più dolore... 86
Giulia A te, spensieratezza, a te che riesci a farmi sentire libera, libera da quei soliti pensieri che appesantiscono la testa inutilmente. A te che sai farmi sognare a occhi aperti; a te che riesci a dare leggerezza anche alle situazioni difficili. A te che colori le pagine grigie di un libro infinito.
Matilde Caro stesso, decidere di essere te è davvero difficile. Molti preferiscono una maschera, o due o tre, è la strada più facile all’inizio, ma non ti garantisco che lo sarà pure dopo. Per paura degli altri, spesso come difesa ci nascondiamo, ti chiudiamo a chiave in fondo al cuore, ripromettendoci che prima o poi ti faremo uscire, poi però la memoria si fa corta e... chissà dove ho messo la chiave? Buttando la chiave, ti ritroverai a vederti come in uno specchio, solo che dall’altra parte ormai, stesso se ne sarà andato come un grigio pendolare che in un lunedì qualsiasi aspetta la metropolitana. E così avrai perso la persona più bella che tra sette milioni di anni avresti potuto incontrare: te stesso. 87
Roberta Caro buio, dovresti andartene. Dovresti scomparire e lasciare il posto alla luce. Dovresti aprirti, diffonderti e far spuntare ciò che hai coperto. Sei costantemente nella mia vita, in sottofondo. Ogni tanto spuntano raggi di sole tra le tue nuvole, ma tu li copri subito. Sei egoista, vuoi sempre stare al centro della vita delle persone, vuoi esserci solo tu. Beh, dovresti smetterla, dovresti farti da parte e lasciare entrare anche un po’ di luce. Io ne ho bisogno.
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Zac Caro riflesso ti rifletti sulle pareti di ogni stanza in cui vivono gli occhi che vedono il mondo solamente attraverso una grata… Nasci quando il buio prende potere, nelle sue ore durante il ciclo del giorno. Vesti di solitudine l’onnipotenza che alla luce fingi di dare. Svegli i pensieri di chi, della propria vita, ancora non ha dato un senso. Soffochi i cuori che, per forza maggiore, smettono di battere insieme.
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Demis Così ti scrivo! Così ti scrivo…adesso che ho del tempo! Così…a tempo perso! Così ti scrivo. Spero di non farti perder tempo! Così! Adesso ti scrivo… Spero…in un buon… Così io ti scrivo scusa se ti rubo del tempo! Così adesso che mi rendo conto, che mi ricordo così ti chiedo perdono così ora che ho trovato del tempo ricordo…e ho rimorsi di… coscienza! Così ti chiedo scusa per il tempo che ti ho rubato.
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Aurora Cara confusione, ormai fai parte di me. Mi sono abituata ai momenti “no” che a volte mi fai passare, mi sono abituata a quando la testa mi sembra esplodere. Spesso vorrei solo gridare e piangere. Cosa cerchi da me? Sei come un uragano che mi scombussola... mi distrugge.
Angelica Caro vuoto, perché sei sempre lì? Nel cuore, nel cervello, nel sangue che scorre dentro ad ogni vena. Non ricordo da quando vivi in me, forse da sempre, forse da quando ancora ero dentro al pancione. Da quando lui se n’è andato però, ti ho sentito dentro di me più che mai. Da quel momento, sì, ne sono sicura, siamo un tutt’uno. O forse sei più tu che io, 91
perché il mio corpo non ci ospita entrambi. Se ci sei tu, io esco, volo via. Tu, caro vuoto, sei un’anima bianca che si posa su di me per riposare. Sei leggero, tiepido. Ma perché ti attorcigli sempre attorno al cuore? Mi fai male. Per favore, vuoto, posati accanto a me, riposiamo entrambi. Io voglio vivere, ora vola via tu, non voglio più andarmene io.
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Hamza Il tempo…il tempo passa e sgretola i tuoi sogni, sgretola i desideri della tua vita! Al di fuori delle mura mi dicevano “dai tempo al tempo”, ma sinceramente non riuscivo a comprendere ciò che mi dicevano. Ora più di prima riesco a percepire il macigno che mi soffoca, pesa così tanto l’aria che respiro; prego Dio di donarmi tanta pazienza che mi fa comprendere la qualità di una forza invisibile! Passano i secondi, i minuti e poi le ore…giorno dopo giorno vado avanti apprezzando sempre più questa forza invisibile! Che non si conta in un orologio! Ma si prova sulla propria pelle una volta negata la libertà. Combattiamo il tempo facendo dei gesti semplici, onesti e puri… in questo modo potremo ottenere la libertà nuovamente!
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Veronica Caro essere all’incontrario, è un periodo della mia vita in cui sto crescendo, pieno di continui cambiamenti, di mille emozioni e mi sembra come se tutto andasse storto, come se nulla girasse per il verso giusto, come se nulla avesse un senso, come se, appunto, andasse proprio tutto come te: all’incontrario!
Hava Caro sempre, sono priva di parole, con il tuo significato occupi tutto ciò che vorrei dire ma che di fronte a te cedo, come cede una foglia dall’albero, come cede la penna in mano a un poeta davanti alla musa. Probabilmente nemmeno tu conosci il profondo significato della tua parola. Il bello è questo: non sapere ciò che significhi ma ciò che puoi lasciare tu ti lasci nel nostro cuore, 94
ti lasci nella nostra mente, ti lasci sulla nostra pelle lasci e lasci lasci e lasci finché non ti lasci incidere nel tempo anche tu.
Sara Cara realtà, sei unica ma tutti ti possiedono. Hai tante sfaccettature, tante sfumature, ma purtroppo ci si ferma sempre sui colori scuri e molti ne rimangono intrappolati. Mi fai paura ma sei necessaria, servi per abbattere l’illusione, per oltrepassare le apparenze. Ti nascondi e riesci a essere scontata e una continua sorpresa. Sei un bipolarismo imperfetto, crudele e gentile. Ora dimmi, come sono i tuoi colori chiari? Mi ci inviterai, prima o poi?
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Libertà
La bella che è addormentata ha un nome che fa paura Libertà libertà libertà Fabrizio De Andrè
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Zac È proibito piangere senza imparare, svegliarti la mattina senza sapere che fare, avere paura dei tuoi ricordi. È proibito non sorridere ai problemi, non lottare per quello in cui credi perché è un bene. Non cercare di trasformare i tuoi sogni in realtà. È proibito non dimostrare il tuo amore, fare pagare agli altri i tuoi malumori, non cercare di comprendere coloro che ti stanno accanto, e chiamarli solo quando hai bisogno. È proibito non essere te stesso. È proibito dimenticare coloro che ti amano, è proibito non fare le cose per te stesso e avere paura della vita e dei suoi compromessi, non vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. 97
È proibito sentire la mancanza di qualcuno senza gioire, dimenticare i suoi occhi e le sue risate, solo perché le vostre strade hanno smesso di abbracciarsi. È proibito dimenticare il passato e farlo scontare al presente. È proibito non cercare di comprendere le persone, non credere che ciascuno tiene il proprio cammino nelle proprie mani. È proibito non creare la tua storia non avere neanche un momento per chi ha bisogno di te. È proibito non comprendere ciò che la vita ti dona. È proibito non cercare la tua felicità… Vivi la tua vita lo stesso, pensando positivo.
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Amin Il destino mi dà torto ogni giorno lo affronto convivo da un po’ con la mia tristezza, ma non abbasso mai la testa sono abituato alla sofferenza. Oggi sono circondato da quattro mura di cemento armato sono un figlio del difetto in un mondo in un tempo in un luogo sbagliato… stretto nella morsa della circostanza non ho battuto ciglio non ho perso la speranza il corpo sanguina ma non si piega in questo posto di odio e di tristezza non penso alla minaccia futura, la troverò e l’affronterò senza paura non importa quanto lungo il passaggio o pesante la sentenza 99
sono il padrone del mio destino sono il condottiero della mia anima sono ciò che sono. In tutte le situazioni rimango un uomo una vita divisa tra gioia e dolore un passato sofferto per più ragioni a combattere per la sopravvivenza usando la cattiveria e poca coscienza erano tempi di grande sconforto e ogni gesto appariva come un torto …nulla ora come prima il destino mi chiama per mostrarmi il passato ormai lontano. Oggi ho coscienza di quel “mal passato” devo girarmi e guardarlo senza perdere fiato. Ora vedo dove prima non guardavo darò peso al tempo che allora sprecavo non sarò mai più nemmeno l’ombra di ieri…. 100
Manuel Da qui non devi nemmeno preoccuparti di stare a galla sei già sul fondo non arriva più nulla se non come eco lontana, infinitamente lontana che non ti tocca più. Qui è silenzio, silenzio e ancora silenzio buio, trasparente, delicato, burrascoso, immobile, di pietra, di riflesso, di ghiaccio, di lama affilata, di ricordi, di sogni, di abbandoni, di sparizioni, di ritorni… Qui non devi preoccuparti del respiro non senti più le vane e bugiarde parole quelle dette con l’incanto dell’inganno qui tutto è accaduto e lontano qui è l’ebrezza del vuoto, l’abbandono dell’abbraccio.
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Demis Al mio cervello auguro una buona giornata al mio cervello auguro il meglio al mio cervello auguro sette vite al mio cervello auguro giorni migliori al mio cervello auguro di trovar pace. Al mio cervello auguro di trovarne un altro, anche usato perché quello che ho mi fa male….è vecchio e stanco, usato poco, usato male.
Demis Con gli spiriti del passato ci parlo ogni giorno è passato oggi ci sono…parlo sono solo, a volte e sento le voci a volte non ascolto. La gente parla mentre tu taci e così, per niente, ancora, ascolti il tuo passato… pensando al futuro! Mentre il tempo si prende gioco di te io aspetto il futuro nel mio apparente presente. 102
Io taccio e tu parli di me… Io soffro e tu non sai il perché…
Demis Accanto a me sul tavolino una caffettiera un caffè caldo. Accanto a me sul tavolino una sigaretta spenta guardo fuori, vedo il tramonto guardo le mie mani lentamente alzo lo sguardo e oltre il vetro…le sbarre e in fondo il muro di cinta. Impressionante è…il non toccar fuori. Non ho mai avuto una donna che mi ha amato non ho mai avuto una donna che mi ha cullato nelle sue mani non ho mai avuto una donna che ha tenuto alle mie mani. Le guardo adesso…da grande. Impugno la penna con fatica seduto accanto alla finestra…il freddo alle ossa…alle mani guardo fuori dalla finestra… 103
Massimo Nel cuore mi sento un fuoco che non può sfogare a volte chiudo gli occhi per non vedere chi ho intorno. Immagino i bei ricordi carezze, abbracci, baci…. Dove sono? Dove si sono persi? A volte chiudo gli occhi.
Miere Non temo il silenzio che accompagna la solitudine non trovo la luce…neppure i sorrisi non chiedermi parole le ho tutte in fondo al cuore le ho chiuse, le ho negate non chiedermi del tempo… Non è che una liquida illusione che scorre e lascia vuoti.
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Parole lasciate al mare…
Un dolore detto, condiviso, è meno doloroso, anche se al momento brucia e punge. Noi lo lasciamo andare, almeno un po’. Lo consegnamo al mare…come quando un tempo, al mare, con fiducia si affidavano i messaggi in bottiglia.
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Chiara Il mare è storie di tesori sommersi, di pescatori, di tempeste, di rossi coralli, pesci guizzanti e alghe scivolose. Il mare cela gli anelli smarriti, scivolati via da dita che fendono l’acqua, l’abisso li custodisce, cerchietti dorati che fluttuano e si posano laggiù, sulla sabbia. Restano le storie di promesse, di abbracci e legami, la vita è bianco e nero insieme, un dolce passo a due... questo racconta il mare. E il mare racconta, sussurra, pone le sue domande. Che cos’è la felicità? Non la puoi comprare, non ha prezzo. La felicità è leggera, è una pedalata con l’aria in faccia, ebbrezza e libertà.
Martina Il mare ha una sua logica. Non ha un vero e proprio ritmo, non ha un vero e proprio odore, non ha una vera e propria forma, non ha un vero e proprio colore, ma tutti lo sanno riconoscere quando lo incontrano, tutti hanno una sensazione che porta ad osservarlo, odorarlo, sentirlo. 106
Angelica Sei così piccola. Sei così grande. Riconoscerei i tuoi occhi fra mille. So che non hai veramente paura del mondo ma di quello che hai dentro. Hai così tanto amore da dare eppure te lo tieni dentro, perché hai paura che ti rubino il cuore e che non te lo restituiscano più. Metti sempre te stessa in tutto ciò che fai e con le tue emozioni potresti illuminare anche la stanza più buia. Sei speciale perché non sai di esserlo. Profumi di vita. Sei una meraviglia. Non dimenticare che tu sei l’unica che può influenzare la tua felicità.
Benedetta È più facile odiare che capire. Questa frase mi rimarrà sempre in testa. Quant’è vero. Odiare il diverso, ciò che non si conosce, cosa non si riesce a comprendere; ma è proprio la diversità che ci rende pezzi unici. Forse è ora di capire ciò che siamo ed essere noi stessi, senza paura del giudizio altrui, delle critiche. mostrandosi per ciò che siamo senza essere la copia di nessun altro. Noi siamo l’originale e non ci sarà mai nessun te stesso migliore di te. 107
Mario Caro foglio, spero che una volta messo in quella bottiglia, arriverai alla persona destinata, o spero che qualcuno mi darà una risposta. … mi dispiace avere distrutto questo legame tra me e te; ci sono state tante delusioni e discussioni, ma anche tanta felicità. Una vera amicizia! E adesso, come ci ritroviamo? Siamo finiti nel bel mezzo del nulla. Prima eravamo tutto. Potremo mai ritrovarci? Cercate di fare cose speciali con i veri amici! Perché, come si dice: “Chi trova un amico, trova un tesoro”, e che tesoro sia!
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Francesco Non lasciatevi mai condizionare nelle vostre scelte, non lasciate mai che altri decidano per voi.
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Jamny Non abbandonare mai i tuoi figli.
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Marco Non lamentatevi di tutto…non date sempre la colpa agli altri di ciò che accade…prendetevi le vostre responsabilità.
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Tahiri Non dimenticarti mai delle persone che ti sono state accanto nel momento del bisogno.
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Alex Cerca di spiegare sempre ai tuoi figli il perché delle cose.
113
Adriano Fate in modo di non passare mai quello che sto passando io.
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Hamza Dai l’opportunità alla speranza di sovrastare i tuoi pensieri negativi.
115
Francesco A prescindere da qualsiasi senso darai alla tua vita, lotta per mantenere la libertà.
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Ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno insegnato a vacillare. Grazie a Rachele, Hamza, Adriano, Elena, Demis, Mohammed, William, Arianna, Alessandro, Angelica, Ilaria, Luana, Sergio, Zac, Darina, Lara, Ines, Simone, Sara, Domenico, Matilde, Gianni, Giulia, Giovanni, Jamny, Nico, Mario, Hava, Jessica, Chiara, Marco, Amin, Alex, Francesco, Ludovica, Roberta, Aurora, Veronica, Manuel, Massimo, Miere, Martina, Benedetta, Tahiri e a tutti quelli che sono passati attraverso queste parole. Un grazie particolare a Michele Garzi che ci ha concesso di ascoltare le sue fotografie. Stefania Panza
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Post Scriptum Giulia Cara Speranza, tutti ti conoscono. Vivi dentro ogni persona, in quantità diverse…. in alcune sei come un faro e in altre ti spegni lasciando il posto al vuoto e all’oscurità. Molti vivono di te, altri hanno paura, non vogliono correre il rischio di illudersi… ma tu sei incisa dentro noi, dentro tutti, e ci accompagni a vivere la nostra vita e a credere nel bene delle persone e nel buono delle azioni.
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A Bernardina Di Mario direttrice Casa Circondariale di Capanne A Fulvio Brillo comandante commissario capo Casa Circondariale di Capanne A Valeria Matteucci promotrice "Club Famiglia" ARCAT Umbria A Simona Zoncheddu dirigente Liceo “A. Pieralli” di Perugia A Sergio Dello Stritto assistente capo di Polizia Penitenziaria Casa Circondariale di Capanne A Sonia Arachi ispettore coordinatore unità operativa trattamentale Casa Circondariale di Capanne A Mariasole Fasano responsabile area trattamentale Casa Circondariale di Capanne A Marisa Giansante assistente volontaria Casa Circondariale di Capanne va il mio Grazie per aver creduto in questo cammino e per averlo sostenuto. Un grazie particolare a Michele Garzi per le fotografie concesse.