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3. La consulenza 4.0

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8. I certificates

8. I certificates

lenti si ampia su altri orizzonti, anche se focalizzata sulla costruzione dei portafogli, avvantaggiata anche dal fatto che le reti dei consulenti possono lavorare a struttura aperta, ovvero collocare non soltanto i “prodotti di casa”, costruiti dalla impresa per la quale hanno mandato, ma anche prodotti, strumenti e servizi di altre case di investimento, avendo pertanto un ventaglio di soluzioni allocativi pressoché infinite. Tuttavia, l’evoluzione della consulenza dalla “vendita del prodotto” alla “vendita del servizio”, ha evidenziato i limiti del consulente “vecchia maniera”, non formato adeguatamente alle nuove esigenze del mercato e ancorato all’offerta di “rendimento” per il cliente-risparmiatore. Tutto ciò ha determinato un sostanzioso calo nel corso di questi ultimi anni, del numero dei consulenti che esercitano la professione con la conseguenza, in mancanza di nuove leve a causa della mancanza di appetibilità della professione, dell’innalzamento dell’età media dei consulenti (oggi superiore a 50 anni).

3. La consulenza 4.0 Una volta fatto un breve excursus delle vicende della consulenza in Italia, appare utile capire quella che sarà la prossima evoluzione del settore e specificamente quelle che saranno le prospettive future per il risparmiatore e le relative tutele. occorre evidenziare infatti tradizionalmente la famiglia italiana è tra le più capitalizzate trai i paesi avanzati, con patrimoni medi pari a circa 350 mila euro ripartiti come da grafico sottostante:

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I cambiamenti del mercato, nuove esigenze dei risparmiatori, l’innovazione tecnologica e il diritto comunitario. Sono tutte cause di una nuova rivoluzione nel mondo della consulenza che sta cambiando il settore del risparmio in Italia. I mercati finanziari, per effetto di una globalizzazione sempre più marcata e una innovazione tecnologica che facilità le transazioni finanziari, sono sempre più incerti. aumenta, pertanto, la necessità di focalizzare l’attenzione sulle esigenze e i bisogni del risparmiatore, per una pianificazione che tenga conto in modo puntuale l’orizzonte temporale di ognuna delle esigenze; questo è l’unico modo per affrontare i mercati (si veda il capitolo 3). Pertanto, è evidente che la ricerca del rendimento passa in secondo piano, non che non sia importante, ma il primo passaggio è quello di esternare tutte le esigenze, anche quelle più recondite. Un lavoro da fare in combinato con l’effettivo profilo di rischio del risparmiatore, un aspetto che in passato è stato sottovalutato e affrontato superficialmente da tutti. Può sembrare in apparenza una analisi più psicologica che economica, per queste ragioni che è diventata sempre più importante la disciplina della “finanza comportamentale”, che si basa sulla ricerca scientifica nell’ambito della psicologia cognitiva alla comprensione delle decisioni economiche e come queste si riflettano nei prezzi di mercato

e nell’allocazione delle risorse. Questo richiede da parte del consulente una competenza di base multidisciplinare. Si pensi ad esempio, al risparmiatore che deve affrontare una pianificazione successoria, al fine di evitare contenziosi tra gli eredi, avendo a disposizione una serie di strumenti; il trust, il fondo patrimoniale, le polizze vita, il testamento, la donazione, il patto di famiglia se è un imprenditore. Il consulente non può non avere quelle competenze, anche di carattere giuridico, per aiutare il risparmiatore nella soluzione più adatta alle proprie esigenze. Certo, il consulente non può dare la soluzione senza l’aiuto, a sua volta, di altri professionisti come l’avvocato, il tributarista o il notaio. Se questo è vero, l’esigenza del risparmiatore potrà trovare soluzione attraverso il lavoro di squadra, un team nel quale ognuno mette a disposizione le proprie competenze al fine di trovare le risposte da fornire al risparmiatore.

oggi il consulente non può più essere il professionista che alloca le risorse economiche del risparmiatore in portafogli modello, anche perché – tornando alla innovazione tecnologica – oggi i cosiddetti robot-advisors sono in grado di costruire portafogli modello tenuto conto di una serie di dati del risparmiatore.

Un fenomeno molto diffuso nei paesi anglosassoni che ha determinato una riduzione del numero dei consulenti. Solo nel regno Unito, dal 2013 ad oggi, i consulenti sono passati da 40 mila a 20 mila. Inoltre, colossi come Google e amazon hanno già manifestato l’intenzione di entrare nella consulenza finanziaria attraverso investimenti nel settore dell’intelligenza artificiale che permetterà di analizzare una gran mole di dati del cliente e sulla base di questi creare portafogli personalizzati. Tuttavia, questa sarà solo una parte della consulenza, la partita più importante si giocherà sul rapporto personalizzato con il risparmiatore. Quest’ultimo solo se nel frattempo avrà acquisito quelle nozioni base di educazione finanziaria potrà valutare in modo adeguato il servizio offerto e la copertura di bisogni economici spesso rimangono nell’inconscio di ciascuno di noi e solo un consulente con una comprovata esperienza e formazione sarà in grado di consigliare e orientare il risparmiatore. In altre parole, il mercato vedrà prevalere due soggetti; il robot advisor che costruirà portafogli sulla base delle informazioni fornite dal risparmiatore e il consulente finanziario che fornisce una consulenza altamente personalizzata. Secondo una indagine della Consob del 2016 riportata di seguito (secondo una mia elaborazione), più è alta la personalizzazione del servizio più il consumatore sarà disposto a pagarla. Non è facile prevedere il futuro, tanto meno in un settore dove lo sviluppo tecnologico gioca una partita importante e non sappiamo dove potrà arrivare l’intelligenza artificiale. Tuttavia, si può ragionevolmente immaginare il robot advisor possa essere utile al consulente per costruire portafogli di investimento efficienti e, allo stesso tempo tenere sotto controllo il rischio.

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