Numero 12

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NUMERO XII- MARZO/APRILE 2013

Non avrai altra Economia al di fuori di me

Nel 1088, a Bologna (data fissata da Giosué Carducci), nacque la prima università dell’Occidente. Per alcuni è Pavia, ma importa poco. Importa che l’Italia, quasi mille anni dopo, ha ucciso la sua creatura. L’arma: il decreto 509 del 3 novembre 1999. Il Berlinguer sbagliato, un Tullio De Mauro preso a calci in culo (si legga il suo “La cultura degli italiani”), et voilà. L’Italia si “adeguava agli standard europei”.

di Stefano Tieri

“In principio erat Verbum”. Crederci o meno è questione che riguarda la fede di ognuno. Ad ogni modo chi fosse particolarmente malizioso potrebbe ribaltare la frase nel seguente modo: in principio l’uomo proferì il verbo e lo elevò al soprasensibile; gli dette statuto di Verità e al tempo stesso lo accettò come venuto dall’alto, senza accorgersi che era stato lui stesso, “in principio”, ad elevarlo. Allo stesso modo l’economica di mercato (non a caso nuova religione – per gli Stati, se non ancora per tutti gli individui che ne fanno parte), oggi, pretende d’avere valore in sé, e non in rapporto all’uomo che l’ha concepita: altrimenti non se ne spiegherebbe la pervasività, il suo essere diventata ogni cosa, l’aver imposto – arbitrariamente – dei principî ritenuti ora universali ed inviolabili, pena il crollo, la condanna da parte della comunità internazionale, la morte (perché no? L’inferno). Già il considerarla un soggetto, esattamente come ho fatto anch’io nelle frasi precedenti, contribuisce ad ingigantirne il potere, ad attribuirle volontà ed interessi proprî: mentre è sempre l’uomo ad averla posta al centro (o meglio: sopra) il mondo, ad averle assegnato, nei discorsi su di lei costruiti, valore di Verità. Pil, deficit, credit crunch, l’inflazionatissimo spread... Meri indici numerici attraverso cui imporre una modalità di pensiero (quantitativa) in qualsiasi aspetto della nostra vita; persino nelle Università, dove la durata dei corsi (a prescindere dalla loro complessità e dagli argomenti trattati) e i testi d’esame devono essere

soppesati in proporzione ai crediti “formativi” (l’unica cosa che “formano” è questo tipo di pensiero); dove l’allineato – anche se mediocre – è assunto a modello, ed il “perditempo” (come se il tempo fosse qualcosa che si potesse perdere) ulteriormente tassato e additato quale nullafacente. Amico mio, fuggi nella tua solitudine! Io ti vedo assordato dal fracasso dei grandi uomini e punzecchiato dai pun-

giglioni degli uomini piccoli. La foresta e il macigno sanno tacere dignitosamente con te. Sii di nuovo simile all’albero che tu ami, dalle ampie fronde: tacito e attento si leva sopra il mare. Là dove la solitudine finisce, comincia il mercato; e dove il mercato comincia, là comincia anche il fracasso dei grandi commedianti e il ronzio di mosche velenose.

I

(Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra)

Già all’epoca, insomma, ce lo chiedeva l’Europa: più laureati, e meno disoccupati. E allora venne l’idea geniale: parcheggiare per anni mandrie di disoccupati presenti e future in qualche aula accademica: stipando nuovi servi della gleba a Scienze di Questo e di Quello; istituendo il cerone di un finto organismo di finto controllo tra mondo del Lavoro e Università, che magari inserisse fra i laureandi/laureati occupati studenti lavoratori da un’ora a settimana senza contratto; restringendo e raddoppiando gli esami; allargando il bacino d’utenza: via il pensiero, sì a memoria e nozioni, ché non s’intasi il tritacarne. E subito Dottori, così: come andare al cesso. L’Università italiana è l’unica industria fondata sull’allungamento della catena di montaggio e l’assenza di produttività. Rimane intatta la lobotomizzazione degli operai ammantata da un Merito che non esiste, e, quindi, non sarà premiato. Mai. Hanno fatto male i conti: fuoricorso a pioggia, studenti e professori inadeguati e demotivati; disoccupazione giovanile al 35%; 58.000 universitari in meno dal 2002. Frattanto è divenuto impossibile imparare un mestiere: scompaiono gli agricoltori (il 3%), i pasticceri, i falegnami. Scompare l’Italia. In molti hanno intuito la truffa. Altri se sono accorti troppo tardi per uscirne indenni. I più brucano a ore pressappoco regolari. Insegnando non a criticare, ma ad accontentarsi (o umiliarsi al Concorsone di Profumo), l’Università italiana ha definitivamente abdicato a se stessa. L’Umanesimo è un lontano ricordo, e il terrore lo si bagna in qualche spritz.


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