NUMERO XV - NOVEMBRE/DICEMBRE 2013
Operazione “nascondino” di Davide Pittioni
Si insedia un nuovo Rettore all’Università di Trieste. Tana libera tutti. Nuovo corso, nuova vita. Neanche il tempo di ambientarsi nella nuovo posizione, di saggiare la comodità della poltrona, di respirare l’aria di potere e rispettabilità che aleggia nei corridoi del Rettorato – i quadri e quel “senso di ordine e pulizia” – e il Nuovo subito prende di petto la condizione dell’Università. Il decoro, beato decoro, è decisivo. Dirimente. Togliere le panche dall’atrio! Cucù. Questo è stato il biglietto da visita con cui si è presentato il Magnifico Rettore Maurizio Fermeglia, già professore ordinario al Dipartimento di ingegneria chimica, di cui ne è stato direttore dal 2006 al 2012, presidente del Consiglio delle strutture scientifiche, Direttore della scuola di dottorato in Nanotecnologie. Curriculum invidiabile, di scienza dura, e meriti incontestabili, che però nulla garantiscono sulla capacità di gestire un Ateneo, di dargli quell’indirizzo che servirebbe per farlo respirare economicamente, per risolvere – almeno cominciare – quei problemi che lo circondano. Questo sarà giudizio dei prossimi anni e non potrà che essere incalzante, senza sconti. Intanto, però, possiamo giudicare il modo in cui si è presentato agli studenti, non di certo il migliore. Quando al Rettore vengono chieste spiegazioni dal Consiglio degli studenti, lasciati all’oscuro del piano di “riordino” degli spazi universitari, la sua risposta, intrisa di “Magnifica” ironia, è sconcertante: “Gentile rappresentanti, mi rallegra prendere atto che le cose che voi ritenete importanti relativamente alla situazione in cui versa l’Ateneo siano le panche e le feste. Vuol dire che le mie preoccupazioni di tenere in vita l’Ateneo non sono le vostre, beati voi. Un caro saluto”. Ma cos’è questo? Decisionismo craxiano? Senso di vertigine per le altitudini della Magnificenza? O solo un gesto di disprezzo verso gli studenti che non fanno altro che “bivaccare” nell’atrio e
pensare alle panche e alle feste? Ecco, verrebbe da chiedersi che cosa c’entrino le panche con la “preoccupazione di tenere in vita l’Ateneo”, se è poi veramente “suo” questo senso di urgenza. Un’idea, forse, potrebbe anche venirci. Dietro questa pulizia, ci potrebbe essere un gioco di nascondimenti, una spazzolata di efficienza e saggia freddezza da parte di chi ha capito che i problemi non conviene risolverli, basta aggirarli. Una questione di apparenze, nulla più. Il velo che si stende sull’Atrio senza panche, né bacheche, che lo rende “came-
ra sterile” – con l’aggiunta di totem, ci assicurano! – di semplice passaggio, sarebbe allora solo un sintomo. Basta guardare il sito dell’Università, di cui certo non è responsabile il Rettore, per capire lo sforzo con cui si cerca di celare la condizione di cui anche il Rettore sembra essersi accorto. Tutta una ricerca di graduatorie e classifiche che vedono Trieste ai primi posti tra gli Atenei europei, italiani, mediterranei. Come se bastasse questo per ripulirsi una coscienza, per rendere glorioso e affascinante ciò che perde ogni giorno di più la sua ragion d’essere. “L’Ateneo
I
guadagna una posizione”. Cucù. Nel frattempo le borse di studio scarseggiano, gli studenti iscritti agli Interateneo lamentano problemi di ogni sorta, una deriva efficientistica e aziendale avvolge l’Università, sempre più povera negli spazi, nello spirito critico, nella cultura. Se così stanno le cose, il Rettore ha pienamente ragione quando afferma che le sue preoccupazioni non sono anche le nostre. E a passare per quell’atrio, svuotato dai suoi inutili riti, il pensiero corre alle classifiche. Quanto stiamo oggi? Un’altra posizione? E non si festeggia?