NUMERO II - DICEMBRE 2011
Provocazione di Stefano Tieri Trentasei anni fa moriva Pier Paolo Pasolini: difficile ricordare in poche righe un uomo come lui. Impossibile addomesticarlo, specie prendendo in considerazione ogni sfaccettatura del suo pensiero. Forse perché, se un caposaldo è possibile afferrare tra le righe dei suoi scritti, questo è la volontà di “provocare”, unica strada da percorrere se si vuole smuovere l’adagiamento passivo sulle proprie convinzioni (e vedremo poi quali convinzioni) che ha avvelenato la «maggioranza» degli uomini. Sul Corsera del 19 gennaio 1975, in un articolo intitolato “sono contro l’aborto”, scriveva: «la maggioranza, nella sua santità, ha sempre torto: perché il suo conformismo è sempre, per propria natura, brutalmente repressivo». Si tratta di una violenza, mascherata e ipocrita, particolarmente diabolica in un’era che si stava lasciando indirizzare verso un sistema culturale radicalmente assoggettato alle logiche di mercato e di consumo, dentro cui – oggi – siamo totalmente immersi: a portare ognuno per mano (e quindi tutti, nella solitudine delle loro stanze) la televisione, allora nuovo medium di massa. In un saggio del 1966 dal titolo esaustivo (“Contro la televisione”) Pasolini denunciava: «il video è una terribile gabbia che tiene prigioniera dell’Opinione Pubblica – servilmente servita per ottenere il totale servilismo – l’intera classe dirigente italiana». Non solo la classe dirigente: questo sadico gioco di schiavitù, che ha visto inizialmente i “controllori” imporre (tramite le ferree regole dell’audience) i palinsesti, ha visto poi distruggere questa capacità di scelta, a causa delle stesse modalità tramite cui quel “potere” era nato (l’audience, appunto): tutti i “prodotti” – che, per definizione, devono essere vendibili e accattivanti – vengono ad assomigliarsi, a diventare uguali. Eccoci arrivati, direbbe Tocqueville, alla «dittatura della maggioranza»: un unico e indiscusso ideale (paradossalmente proprio quel liberalismo abbracciato da Tocqueville), un solo credo (il dio
Nuovo concorso di Charta Sporca: trova un senso a questa foto! Come premio 50 azioni del nostro titolo acquistabili a prezzo agevolato nelle più oneste banche d'Italia Denaro, e di conseguenza il vice-dio Mercato), un grande mito (quello delle «magnifiche sorti e progressive»). Pasolini, in una lettera a Italo Calvino su “Paese Sera” dell’8 luglio 1974, confrontando la vita contadina e quella «piccolo-borghese», scriveva: «è questo illimitato mondo contadino pre-nazionale e pre-industriale […] che io rimpiango». E poi: «Gli uomini di questo universo non vivevano un’età dell’oro», bensì «un’età del pane»: «erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. Ed era questo, forse, che rendeva estremamente necessaria la loro povera e precaria viva. Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita». (prosegue a pagina II)
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Lilligrafia