Numero 7

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NUMERO VII - GIUGNO/SETTEMBRE 2012

Si accorpa e si chiude

Spazio al margine di Stefano Tieri

In una prospettiva di ottimizzazione dei fondi (e riduzione delle spese), in piena dinamica aziendale, nascono i mega-dipartimenti dalla fusione, da una parte, delle facoltà di Giurisprudenza e Traduttori e Interpreti e, dall’altra, dalle facoltà di Lettere e Filosofia e Scienze della Formazione. Sebbene pervasi da un certo scetticismo (che ormai, visti i tempi, ci è congeniale), aspettiamo di vedere quanto queste nuove realtà sapranno dare agli studenti. Non possiamo invece che rammaricarci per la prossima chiusura del dipartimento di Italianistica (la foto mostra il suo giardino), unico edificio in Campo Marzio ad essere aperto anche la sera, che ha ospitato le conferenze da noi organizzate.

Le mie intenzioni erano di scrivere un articolo sulla televisione: la sua “neolingua” semplificatrice (al punto che lo stesso pensiero ne risulta semplificato), eletta a modello e rapidamente assimilata dai parlanti; l’imposizione di un discorso (del discorso) e l’esclusione di ogni altro discorso che di fatto – vedendogli negato lo spazio – si estingue; la pretesa di Verità delle sue violente e false immagini, finalizzate ad onorare il simulacro dell’unico Dio superstite, il Consumo. Mi rendo conto però di non esserne capace. Non più, almeno: non la accendo oramai da cinque anni ed uno strato di polvere ne ha ricoperto lo schermo (non più) riflettente. Nel frattempo il palinsesto che ricordavo è stato – pezzo a pezzo – sostituito e le nuove parole hanno preso il posto delle vecchie. Ho totalmente perso coscienza di cosa essa sia, di quel che rappresenta per il telespettatore, della sua forza distruttiva. La nostra “civiltà”, in virtù della sua particolare natura, può essere conosciuta solamente standoci dentro, rimanendone perennemente immersi. Questo perché è in una tale e continua evoluzione che, collocandosene al di fuori (anche solo per poco), si perde la percezione della sua realtà, così repentina nei mutamenti. E allora si diviene un estraneo (o meglio un apolide, dal momento che questa “civiltà” ha ormai avvelenato, esportando il proprio modello di vita, quasi ogni luogo abitato del pianeta). Al tempo stesso, però, è proprio questo “essere dentro” che toglie legittimità ad una qualsiasi critica: chiunque infatti potrà maliziosamente infangare colui che, avendo vissuto in un dato

sistema (da cui ha ricevuto sostentamento), da solerte paladino si permette di criticarlo. La compromissione insomma è totale, e la critica perde ogni sua forza. Vale perciò la pena rimanere? Cosa impedisce di fuggire e di scalare le alte cime per costruirvi una solitaria capanna? È presto detto: la pretesa totalizzante, propria del “democratico” Occidente, di convertire ognuno e riqualificare (per trarne profitto) ogni cosa. Essa raggiungerà anche gli oppositori e i fuggiaschi, ed infine busserà alla porta della capanna; porgerà una carta che annuncia, ribadito il diritto di proprietà su quella terra, la costruzione di un nuovo centro commerciale che spazzerà via quella piccola costruzione abusiva. «Un uomo, dovunque vada, sarà sempre inseguito dagli altri uomini che lo

acchiapperanno con le loro sporche istituzioni e, se possono, lo costringeranno persino ad appartenere alla loro disperata massoneria», scrive Henry D. Thoreau (fuggito lontano dalla società americana ottocentesca alla ricerca di una dimensione più genuina dell’esistenza) in Walden. Cosa rimane quindi da fare? Se il discorso non può essere minato (anche perché, in quanto unico, viene legittimato dal suo stesso non presentare alternative), se ne creino degli altri o, appena è possibile riconoscerne qualcun altro ai margini, gli si dia subito spazio, prima della sua scomparsa. Il resto verrà da sé: tolto il monopolio, la scarna ossatura del discorso unico mostrerà tutta la sua fragilità, le sue debolezze, la sua finzione. Basterà allora un soffio, ed il vento delle alte cime rinfrancherà l’arida vallata.

I

In questo numero Scontro tra penne Sulla Decrescita ----Going down with a bang di Giulio Rosani

----Relazioni

di Tommaso Tercovich

----Gelatina d'argento Lewis Hine di Marco Sinuello

----Don ChisCiotti

di Ruben Salerno


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