#cheauto quando l’auto fa spettacolo
Nr.
39
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Settembre 2019
è la DODGE CHARGER la berlina più veloce del mondo?
PECHINO-PARIGI la grande impresa
nuova Subaru LEVORG
#cheauto quando l’auto fa spettacolo
Nr.
39
Settembre 2019
checosac’è #chefoto
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#cheroba 20 • Pechino-Parigi, la grande impresa - VIDEO
#chebella 36 • Jaguar E-PACE: eleganza informale
#chemacchina 50 • A. Romeo Giulia Quadrifoglio • DR
#checorse 78 • WTCR: dall’inferno al paradiso
#cheamerica 88 • Amercia First: Dodge Charger 2020 - VIDEO
#chenovità 98 • Nuova Subaru Levorg
#cheleggenda 106 • Una Superb al Museo
#chestoria 112 • Brividi Rossi - VIDEO • Le Lancette
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Direttore Responsabile e Editore Vittorio Gargiulo
Periodico mensile digitale Via Pesa del Lino 2B 20900 MONZA
Responsabile redazione USA Niccolò Gargiulo
info@cheautomagazine.com www.cheautomagazine.com Periodico non soggetto all’obbligo di registrazione ai sensi dell’art. 3-bis del Decreto Legge 103/2012
Pubblicazione online ILLIUM LLC (DANIA BEACH – FL – USA)
Collaboratori Alessandro Camorali (stile & design) John Close (sport) Marco Cortesi Gian Maria Gabbiani (test) Salvo Venuti (off road) Grafica e Impaginazione Diego Galbiati
TUTTI I DIRITTI RISERVATI. Tutti i materiali e i contenuti presenti in questa pubblicazione inclusi testi, fotografie, illustrazioni, video sono protetti da copyright e/o altri diritti di proprietà intellettuale. I materiali e i contenuti presenti su questo periodico si intendono pubblicati per un utilizzo personale e non commerciale del lettore. Il lettore accetta e garantisce di non copiare e/o distribuire integralmente o parzialmente i contenuti di questo periodico o di effettuarne un utilizzo commerciale. Il lettore accetta inoltre di non riprodurre, distribuire, mostrare, modificare, adattare, tradurre e derivare altri prodotti dal quanto pubblicato in questo periodico.
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Il tradizionale appuntamento dì Pebble Beach (california) a metà agosto ha visto ancora una volta una concentrazione altissima di capolavori del passato. Quest’anno, ad essere eletta “Best of Show” è stata questa imponente Bentley8 litriGurneyNutting Sports Tourer del 1931, di proprietà di Sir Michael Kadoorie Fotografia ©Rolex - Tom O’Neal
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Una spettacolare immagine di Sebastien Ogier e Julien Ingrassia con la loro Citroen impegnati nella prova speciale di Bostalsee, durante il quarto girono di gara del rally di Germania, decima tappa del mondiale, corso a fine agosto Fotografia Jaanus Ree/Red Bull Content Pool
FRONT PAGE
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Per Nasser Al-Attiyah e Mathieu Baumel il 2019 si sta rivelando un anno da incorniciare, con vittorie in serie. I portacolori della Toyota non si sono fatti sfuggire neppure il Silk Way Rally, che in luglio ha portato i concorrenti a sfidarsi in paesaggi “lunari” attraverso Cina, Mongolia e Russia. L’immagine è stata scattata nei pressi di Jiayuguan (Cina) il 15 luglio Fotografia Kin Marcin - Red Bull Content Pool
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10.000 chilometri, 16 passi montani, 10 provincie e 70 città. Questo è stato il “A Tribute to China”, che in luglio ha visto ben 380 Maserati darsi il cambio in un massacrante tour partito da Shanghai e durato ben 40 giorni
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Dopo aver vinto un anno fa il “Social Media Contest Shootout 2018” organizzato da BMW, il giovane fotografo Stephan Bauer ha omaggiato i quarant’anni della BMW M1 decorata da Andy Warhol con una serie di bellissime immagini realizzate all’interno di uno stabilimento industriale, a Colonia, ormai dismesso da tempo
chefoto Quasi a voler sottolineare che il suo suv 3008 può offrire prestazioni da vero fuoristrada, Peugeot ha realizzato una 1.6 PureTech GT Linedotata di protezioni sottoscocca e frontali, cerchi da 17 pollici, pneumatici Grippy Cooper AT3, una potente batteria di fari supplementari e una capace tenda ARB Simpson sul tetto. Questo esemplare unico è stato recentemente protagonista di un avventuroso viaggio in Vietnam, lungo la famosissima strada Ho Chi Minh
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cheroba
PECHINO PARIGI 2019
LA GRANDE IMPRESA
A
SI È CONCLUSA LA SETTIMA EDIZIONE DELLA PECHINO PARIGI, UNA DELLE PIÙ FAMOSE E IMPORTANTI GARE “RALLYENDURANCE”, RISERVATE A VETTURE D’EPOCA, CHE SEGUE LO STORICO PERCORSO TRACCIATO DAI PIONIERI DI INIZIO NOVECENTO
Fotografie Gerard Brown/Francesco Rastrelli
la grande impresa
La Leyland P76 anni “70, dei vincitori Gerry Crown e Matt Bryson, entrambi australiani
Un paesaggio quasi “lunare” per la Bentley Super Sport(1925) degli inglesi Graham e Marina Goodwin
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e non sentirli! Mr. Gerry Brown non è tipo da plaid e Settimana Enigmistica… lui i suoi ottantasette anni li preferisce festeggiare a zonzo per il mondo, con l’amico Matt e la loro fida Leyland che però, di anni, ne ha soltanto 45. Scopriamo come. Un paio di mesi fa, dopo 13.680 chilometri duri e imprevedibili, si è conclusa a Parigi l’avventura di una delle gare di più affascinanti del mondo: la Pechino-Parigi. Giunta alla settima edizione, questa impresa riservata ad auto storiche (sulla cui totale autenticità nutriamo qualche dubbio…) vuole ripercorrere il pionieristico tracciato dell’impresa di inizio novecento. E pensate un po’ che ha vinto?... si, avete indovinato, proprio lui, l’arzillo e indomabile Gerry! Gerry Crown e Matt Bryson hanno trionfato a bordo della Leyland P76 del 1974, e hanno pure conquistato anche la cosiddetta Triple Crown, per aver vinto la competizione per la terza volta. A Parigi, a sventolare la bandiera a scacchi ai due britannici (e pure a tutti gli altri capaci di arrivare in fondo) è stato il principe Costantino Paolo Borghese, pronipote del principe Scipione Borghese, vincitore della prima edizione nel lontano 1907.
la grande impresa
Da segnalare la presenza di un equipaggio italiano a bordo di una bellissima Ferrari 308 GT4. Pilotata da Giorgio Schon ed Enrico Guggiari, la 308 (preparata da RossoCorsa) è stata in assoluto la prima vettura del Cavallino ad affrontare, in 112 anni di storia, la Pechino-Parigi. La 308 è arrivata al termine brillantemente, senza alcun problema se non un supporto dello scarico, rotto e prontamente sostituito, ed alcune forature. I guai li hanno invece subiti i due coraggiosi gentleman driver, che hanno accusato qualche inatteso problema di salute, che li ha costretti a qualche imprevisto “pit stop”, fatto che li ha relegati lontano dalle zone alte della classifica
Decisamente aggressiva la guida degli australiani Ashton Roskill e Giles Cooper 1954 Austin Healey 100 del “54
la grande impresa
“La terza vittoria a bordo della Leyland è stata la più difficile ma anche quella che ci ha dato più soddisfazione – ha commentato l’ottantasettenne Gerry Crown – ciò che manca è però qualche altro ottantasettenne tra gli iscritti a tenermi compagnia! Voglio anche congratularmi con gli organizzatori per aver mantenuto vivo lo spirito del rally. La punta di diamante del mondo delle corse per auto storiche deve essere (e rimanere sempre) un’impresa impegnativa”. Nella categoria Vintage invece, riservata alle vetture prodotte prima della seconda guerra mondiale, vittoria di una lady davvero “di ferro”, che risponde al nome di Marina Goodwin, affiancata dal marito Graham sulla loro splendida Bentley Super Sports del 1925. Si sono imposti per soltanto 5 minuti sulla coppia formata da Artur Lukasiewicz e Bill Cleyndert su Chrysler CM6 del 1931. La famiglia Goodwin ha raggiunto questo importante traguardo al primo tentativo: “Siamo felici di aver vinto a bordo di una Bentley nell’anno del centesimo anniversario della marca. La gara è stata stressante, soprattutto perché abbiamo visto il nostro vantaggio restringersi sempre più nel finale, ma, quando ne avevamo veramente bisogno, ci è venuta in soccorso un po’ di fortuna”.
Uno spettacolare controsterzo della Chevrolet Fangio Coupé (1936) dei coniugi inglesi Brian Scowcroft e Catherine Scowcroft
L’incredibile Contal Mototri Tricycle 700 del 1907 dei belgi Anton Sr. Gonnissen e Herman Jr. Gelan, vincitori della classe “pionieri”
la grande impresa
La prima Pechino Parigi si tenne nel 1907 dopo che il quotidiano francese Le Matin lanciò la sfida ai pionieri di quel tempo, per dimostrare l’efficacia dell’automobile come mezzo di trasporto. Cinque equipaggi risposero all’appello e, dopo due mesi, furono in quattro a raggiungere il traguardo a Parigi. Lo sfortunato Auguste Pons rimase a piedi nel deserto dei Gobi, dove abbandonò la propria Contal Mototri a tre ruote. Scipione Borghese vinse quell’edizione, l’unica fino al 1997 quando la Endurance Rally Association (ERA) decise di riportare in vita la manifestazione giunta oggi alla settima edizione. Ora gli organizzatori guardano al futuro e sono infatti già in corso, con largo anticipo, i preparativi per la prossima Pechino Parigi da tenersi nel 2022
Riparazione volante per la Bentley Speed 8 del 1931 dei belgi Rene Backx e Jef Augustyns
Una bella revisione prima della notte in tenda: sono Alex Vassbotten e Randy Marcus indaffarati attorno alla loro Alvis Firefly del “33
la grande impresa
L’americana dal Colorado Renée Brinkerhoff, portacolori del team Valkyrie Racing, è stata una delle sole Quattro signore a portare a termine l’impresa in questo 2019. Ma la sua presenza e l’attività del suo team è andata ben oltre, come del resto accade da alcuni anni in molti eventi internazionali. Valkyrie Racing infatti porta avanti dal 2016 il “Project 356 World Rally” che, attraverso la partecipazione con alcune splendide Porsche 356, pone l’attenzione sul devastante problema del traffico di esseri umani. Nel corso della Pechino-Parigi Renée ha personalmente incontrato alcune organizzazioni che si battono per migliorare il tenore di virta di donne e bambini a rischio, donando loro oltre 100.000 dollari raccolti attraverso il team
Jeff Urbina (USA) e Chris Pike (Nuova Zelanda) con la loro ottima Ford Cabriolet del 1936
Tutti e centoventi i partecipanti hanno esplicitamente commentato (unanimemente) che quest’ultima edizione della Pechino-Parigi fosse la più dura di sempre, senza considerare che vedere la bandiera a scacchi a Place Vendome, dopo 36 giorni e più di 13.000 chilometri su auto d’epoca, tra tracciati fuoristrada, maltempo e guai meccanici… è un’impresa già di per sè ai limiti dell’incredibile. Gli appassionati che decidono di partecipare a un evento simile sono naturalmente esperti driver e intenditori di auto d’epoca, ma non è da sottovalutare l’elemento della pura competizione… anche se c’è chi cerca solo l’avventura e il viaggio in paesi remoti dai paesaggi mozzafiato. Quest’anno al via c’è stato anche chi ha affrontato il rally principalmente per intrattenere gli altri, come hanno fatto i “Fratelli Dodge” (soprannominati così perché alla guida di una Dodge Roadster del 1933) Patrick Debussere e Bernand Vereenooghe, che grazie al loro approccio “leggero”, e ai loro post sui social media, si sono portati a casa il premio “Spirit of the Rally”. Anton Gonnissen e Herman Gelan sono invece riusciti a completare l’avventura su una Contal Mototri a tre ruote, un risultato eccezionale e dal significato storico in quanto
la grande impresa
rappresenta la conclusione dell’impresa tentata (e conclusasi prematuramente nel deserto dei Gobi) nella prima edizione della Pechino Parigi nel 1907da August Pons. Un emozionato Gonnissen ha commentato: “E’ stato un percorso di vita indescrivibile. Abbiamo riempito un vuoto durato 112 anni e abbiamo fatto la storia. Lo spirito di Auguste Pons può ora riposare tranquillo”. In una posizione che pochi vorrebbero occupare, letteralmente seduto sul frontale della Contal per oltre 13mila chilometri c’era il navigatore di Gonnissen, Herman Gelan, “Nella mia posizione privilegiata ero più vicino alla natura di qualsiasi altro partecipante. Ho potuto godere della bellezza dei tracciati durante tutto l’arco di un’impresa che non dimenticherò mai”. Da segnalare anche l’incredibile risultato fatto registrare da Mitch Gross e Christopher Rolph a bordo di una White MM Pullman a vapore. Come se non fosse abbastanza complicato fare il giro di mezzo mondo su una vettura vecchia d 109 anni, provate a pensare di farlo solo grazie a un motore a vapore!... la coppia inglese si merita senz’altro il primato da Guinness (sebbene per il momento solo ufficioso) per la più grande distanza percorsa a borda di una vettura a vapore.
Alle prese con i guadi: la Chevrolet Fangio CoupĂŠ degli svizzeri Daniel Sauter/Severin Senn e la Ford Deluxe Fordor (1940) dei britannici of Nick Wade/Steve Borthwick
la grande impresa
PECHINO-PARIGI IN NUMERI Distanza percorsa: 13.680 km Durata del Rally: 36 giorni 8 Prove Speciali cronometrate Iscritti: 106 20 nazionalitĂ rappresentate Veicolo piĂš antico: Contal Mototri Tricycle del 1907
CLASSIFICA FINALE Categoria Classic 1. Gerry Crown and Matt Bryson (112) – Leyland P76 2. David and Susan Danglard (92) – Porsche 911 3. Chris and Tjerk Bury (85) – Datsun 240Z Categoria Vintage 1. Graham and Marina Goodwin (12) – Bentley Super Sports 2. Artur Lukasiewicz and Bill Cleyndert (8) Chrysler CM 6 3. Keith and Norah Ashworth (17) – Bentley 4 1/2 Le Mans
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chebella
Eleganza informale Jaguar E-Pace
Il “nostro� esperto di design analizza la Jaguar E-Pace da un punto di vista prettamente estetico/funzionale. Emerge una vettura bellissima fuori ma un po’ deludente negli interni. Il mid-suv inglese garantisce una ineccepibile combinazione tra meccanica e elettronica e offre ottime prestazioni dinamiche di Alessandro Camorali
(titolare di Camal Studio e docente IAAD)
eleganza informale
Quando Quando ci si mette al volante si scopre una plancia ben rifinita, con molta pelle e piacevoli cuciture. Intuitivi e razionali i comandi e decisamente confortevoli (oltre che belli) i sedili. La E_Pace è un suv decisamente piacevole da guidare (abbiamo provato la versione R-Dynamic con il 4 cilindri a benzina da 200 CV). Si viaggia in totale comfort ed è pure assai silenziosa. Il motore spinge bene, l’auto è veloce e scattante seppur vicina alle due tonnellate di peso… ma se le chiedete di essere brillante consuma parecchio. Il cambio automatico ZF a 9 marce fa la sua parte; sospensioni e sterzo lavorano bene: è un suv non iper-sportivo ma decisamente maneggevole, stabile e facile da condurre. E’ inoltre possibile personalizzare le impostazioni dell’acceleratore, della trasmissione automatica e dello sterzo attraverso il Configurable Dynamics. La trasmissione diviene integrale all’occorrenza e l’elettronica aiuta parecchio anche in fuoristrada (ovviamente non troppo impegnativo). In questi casi anche la notevole altezza da terra e il discreto angolo di attacco aiutano
si parla di Jaguar il nostro immaginario comune ci porta a ricordare auto eleganti e sportive, automobili capaci di trascendere dalle gare in pista percorrendo con disinvoltura le tipiche strade della campagna inglese. Pensiamo ad una Jaguar verde, ad una EType, capace di unire il gusto di tutti nelle sue forme armoniose disegnate dal vento, una classe da gentleman e una silhouette da race car. Ebbene quando pensiamo a quella vettura dobbiamo anche ricordare cosa seppe realizzare Jaguar attraverso quel modello storico e iconico. Jaguar riuscì infatti a rendere “raggiungibile” un sogno; un’auto così bella e prestazionale come la E-Type costava nettamente meno delle sue dirette concorrenti, Ferrari, Maserati e Aston Martin. Ad esempio giova ricordare che prezzo per una E-Type negli anni “60 in Italia si aggirava intorno a 4.350.000 lire, contro i 7.500.000 lire dell’Aston Martin DB4 Volante. Nel corso del tempo il brand d’oltremanica è riuscito a costruire un “allure” di lusso e sportività all’inglese, percorrendo una parabola crescente fino agli anni “80 quando, con modelli meno belli e di qualità sempre più scadente, ha iniziato a perdere quote di mercato sia in patria che nel mondo. Con l’arrivo dei capitali indiani, si parla di anni recenti, è iniziata a scorrere una linfa nuova nelle vene del Giaguaro. Gli investimenti sono tornati (e si sono fatti sentire!) e, grazie ad un ottimo e faticoso lavoro, i nuovi modelli stanno riprendendo il posto che meritano tra i costruttori di nicchia...
eleganza informale
Il sistema Active Driveline AWD della E-PACE è in grado di polarizzare la coppia, garantendo un’ottima stabilità e dinamicità. In condizioni normali la suddivisione nominale della coppia conferisce alla E-PACE il carattere di una vettura sportiva a trazione posteriore, in grado di rispondere in modo lineare e diretto. Ricevuti i dati dai sensori, il software di analizza le condizioni di guida e calcola l’ottimale distribuzione della coppia, attraverso aggiornamenti ogni 10 millisecondi. In curva il software analizza la velocità di imbardata, la posizione dell’acceleratore, l’angolo di sterzata e l’accelerazione laterale. Basandosi su questi dati la centralina distribuisce maggiore coppia alle ruote esterne, garantendo stabilità di guida costante. Se viene rilevato un inizio di sottosterzo, la centralina trasmette maggiore coppia alla ruota posteriore esterna, mantenendo la vettura in traiettoria. Viceversa, in caso di sovrasterzo il sistema stabilizza la vettura bloccando in egual misura entrambe le frizioni posteriori. Sulle superfici a scarsa aderenza, l’Active Driveline consente al guidatore di sovrasterzare e mantenere lo slittamento sotto controllo e in caso di superfici scivolose, l’Active Driveline utilizza tutta la trazione disponibile di ogni ruota
eleganza informale
E lo stanno facendo anche grazie ad un segmento inedito (i suv) per la storia del brand, attraverso l’F-Pace e E-Pace. Il richiamo con il periodo della E-Type è evidente: il modello di business è stato lo stesso, attaccare il mercato con un prezzo interessante (anche se ci sono differenze sensibili tra le moltissime versioni) uno stile che trasuda “Jaguar” da tutti i pori. La E-Pace è un SUV compatto, dalla linea sportiva e piacevole, il suo “family feeling” la porta ad assumere un profilo slanciato che termina con una forma di freccia sia nella parte anteriore che nella parte posteriore. Non esito invece a definire belli i fari, sviluppati orizzontalmente e in posizioni defilate lateralmente rispetto al solito, come gli occhi dei veri predatori in natura! Da parte sua la calandra, prepotentemente Jaguar, non presenta particolari lavorazioni e non contiene elementi da considerare innovativi. I volumi sono decisi, con cambi netti di direzione definiti da spigoli vivi, ma l’equilibrio tra carrozzeria, plastiche e cromature tende nettamente verso il primo elemento, nascondendo ciò che forse, a mio parere, sono le uniche pecche di questa fase di rinascita del brand. Stiamo pensando alla qualità di alcuni materiali e di alcune finiture, che sembrano non essere all’altezza del blasone Jaguar e in generale del settore medio-alto in cui la vettura si posiziona. Le plastiche non sono di eccelsa qualità e i cosiddetti “terzi contrasti” quasi ridotti a zero.
eleganza informale
Il telaio della E-PACE si caratterizza per l’esteso utilizzo di materiali leggeri e offre un ottimo equilibrio tra rigidezza e peso. L’architettura Integral Link delle sospensioni separa le forze laterali da quelle longitudinali, garantendo così la combinazione tra maneggevolezza e reattività dello sterzo, ammortizzando gli impatti longitudinali. Le avanzate sospensioni posteriori sono estremamente compatte, a favore dello spazio nell’abitacolo. All’anteriore la geometria delle sospensioni presenta un componente cavo in alluminio, progettato per aumentare la campanatura delle ruote, fatto che migliora la sterzata e riduce al minimo il sottosterzo. Infine l’utilizzo di boccole rigide e barre stabilizzatrici aumenta la risposta sterzo, garantendo ridotti angoli di rollio
eleganza informale
Mi spiego meglio per i non addetti ai lavori: per terzi contrasti intendo tutto ciò che si frappone tra un materiale e l’altro, per decorarne e arricchirne il passaggio come una finitura: cromo, alluminio spazzolato, molure, ecc..
Il sistema d’infotainment Jaguar Touch Pro, con un display da 10”, consente di eseguire più azioni contemporaneamente, come visualizzare i contenuti media sullo schermo principale, mentre il pannello laterale mostra i dati di navigazione. Il navigatore della E-PACE consente di visualizzare in tempo reale le informazioni su traffico, parcheggi e stazioni di servizio, mentre il Commute Mode memorizza i percorsi quotidiani e può indicare automaticamente i tragitti alternativi in caso di traffico intenso. La E-PACE è disponibile anche con due impianti audio premium, sviluppati in collaborazione con Meridian. Questa Jaguar offre inoltre le nuove funzionalità di connessione del sistema InControl quali la funzione Remote, che permette di controllare la vettura a distanza, di attivare il clacson o di far lampeggiare i fari, verificare il livello di carburante, la chiusura di porte e finestrini. Inoltre è possibile avviare il climatizzatore a distanza o chiamare automaticamente i servizi di emergenza in caso di collisione
Gli interni della E-PACE sono onesti e piacevoli. Il design (già visto) e gli schermi, troppo piccoli per il momento storico, li rendono forse un po’ datati. La scelta di materiali standard e la qualità delle plastiche denotano gli stessi problemi degli esterni. La mancanza di particolari ricercati o di elementi innovativi di forma, ma anche di funzione, rendono il tutto un po’ noioso anche se comunque gradevole. Resta da dire che la E-Pace, nonostante le dimensioni non eccessive, offre interni molto spaziosi e pure il bagagliaio è parecchio ampio. Però, se mi domandaste: tu la compreresti? Vi direi di istinto di sì! Perché quando la vedo parcheggiata sembra sempre in movimento, perché qualsiasi colore le sta bene addosso e perché comunque ti togli pur sempre il piacere di guidare una Jaguar. Ma ci sono anche delle controindicazioni. Perché un’auto non è solo brand o motore, un’auto è anche stile e qualità. Mentre per quanto riguarda lo stile la strada è quella giusta, per la qualità ci sarebbe da lavorare un po’. Soprattutto si dovrebbe investire per aumentare nella cura degli interni… perché, come diceva uno dei miei mentori in passato: le auto devono essere belle fuori, belle dentro ma anche nel mezzo!
Importanti le tecnologie attive per l’assistenza alla guida, fra cui il sistema Blind Spot Assist, che unisce le capacità del Blind Spot Monitor con le funzionalità del Lane Keep Assist, per evitare collisioni laterali con altri veicoli. La Surround Camera a 360 gradi della E-PACE include il nuovo ForwardTraffic Monitor, utile in situazioni di scarsa visibilità laterale. Per parte sua la funzione Park Assist è in grado di guidare il veicolo nei parcheggi: i sensori a ultrasuoni misurano lo spazio, dopodiché la vettura inizia a sterzare in piena autonomia. Sul fronte sicurezza, in caso di collisione, la cella di sicurezza viene coadiuvata da un completo sistema di ritenuta con sei airbag. E’ inoltre presente l’innovativo airbag per i pedoni che, in caso di impatto a velocità tra 25 e 50 km/h, solleva l’Active Bonnet e lascia uscire l’airbag che si gonfia alla base del parabrezza entro 50-60 millisecondi. Infine l’Emergency Braking, che grazie a una videocamera stereoscopica che calcola la distanza di tutti gli oggetti. Quando c’è pericolo di collisione imminente il sistema allerta il conducente, prepara i freni e, se il conducente non risponde, attiva la frenata d’emergenza
eleganza informale
La E-PACE è disponibile nelle varianti S, SE e HSE, con sei diverse motorizzazioni da 2 litri: tre diesel e tre benzina che spaziano da 150 a 300 cavalli di potenza, accoppiati a turbocompressori a geometria variabile. Questi propulsori sono basati su un blocco cilindri in alluminio “deepskirt” a sezione profonda, con pareti sottili per una maggiore robustezza e leggerezza. Il cambio automatico ZF a 9 rapporti si adatta bene all’erogazione della potenza e ai differenti stili di guida. Con il R-Dynamic Pack sono presenti le levette del cambio sul volante . Il sistema adattivo di cambiata monitora lo stile di guida e adatta le impostazioni della trasmissione. Il sistema risponde rapidamente ai cambiamenti, riducendo i tempi di innesto nella guida veloce per poi passare a una modalità più parsimoniosa, seguendo gli input dell’acceleratore e dello sterzo. Durante le curve, la trasmissione utilizza l’accelerazione longitudinale e i dati sulla posizione del pedale per valutare la necessità di cambiare rapporto
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chemacchina
Si tratta dell’Alfa più potente mai costruita in serie. Rispetto alle altre Giulia la Quadrifoglio si mostra più bassa e aggressiva, quasi acquattata, come un felino pronto a balzare, nel pieno rispetto del suo dna
Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio
IL DNA
il dna
In
questo settembre una monoposto “firmata” Alfa Romeo è tornata a frequentare l’asfalto del circuito di Monza, che per certi versi rappresenta la “seconda casa” del Biscione, la pista dove ha scritto capitoli importanti della storia delle corse. Come il trionfo del 1950, che dopo il debutto vincente di Silverstone, vide Farina vincere a Monza e porre il suo sigillo sul primo mondiale di Formula1.
Quel successo di Monza partiva da lontano. Infatti, passata la follia collettiva del conflitto mondiale, verso la fine del decennio le corse faticavano a ripartire ma nonostante tutto erano molte le Case impegnate e, in primo piano, c’era l’Alfa Romeo, con la 158. Ma per meglio comprendere questa affascinante storia occorre fare un passo indietro.
Nel 1933 l’Alfa era entrata a far parte dell’IRI (Istituto Ricostruzione Industriale) che aveva messo sul ponte di comando l’ing. Gobbato, proveniente dalla Fiat. Verso la fine del decennio l’Alfa Romeo andava risollevandosi, grazie a un prodotto automobilistico sempre più apprezzato e per Ugo Gobbato il nodo da sciogliere erano le corse. Per incrementare la competitività Gobbato decise quindi di fondare l’Alfa Corse e diede il via al progetto di una nuova monoposto con motore sovralimentato da un litro e mezzo, una categoria destinata a diventare la classe regina dal 1940. Il team guidato dall’ing. Gioachino Colombo tracciò le linee della GP Tipo 158, presto soprannominata “Alfetta”. Il motore era un inedito otto cilindri in linea, con distribuzione bialbero e alimentazione con compressore volumetrico Roots. Il cambio era in blocco con il differenziale sul ponte posteriore. La potenza, in prima battuta, era di 195 CV ma già nel 1939 salì a 225 CV. Con una velocità massima di 232 km/h, la snella monoposto debuttò alla Coppa Ciano del 1938, conquistando le prime due posizioni. Seguirono il G.P. di Milano e una serie di vittorie che si chiuse prematuramente con il G.P. di Tripoli del 1940, quando lo scoppio della guerra interruppe sogni, progetti
il dna
e attività di milioni di persone. Le 158 costruite a fine anni trenta vennero quindi messe da parte, con la speranza di riprenderne lo sviluppo al più presto. Ma la guerra si protrasse oltre ogni previsione e le Alfetta furono in grado di “sopravvivere” al conflitto solo in virtù di un ingegnoso nascondiglio: una fattoria, dove rimasero celate per anni, sotto una finta catasta di legna.
Passata la guerra e riportati a casa i gioielli, gli uomini Alfa Romeo ripresero a lavorare su un progetto che in verità era rimasto quanto mai attuale. In breve, grazie ad un costante sviluppo, tra il 1947 e il 1948 l’Alfetta (giunta ormai a 275 CV per 270 km/h, grazie al compresso-
re a doppio stadio) divenne l’auto da battere nei Gran Premi, allora non ancora organizzati in un vero Campionato del Mondo. Per l’anno seguente i responsabili della Casa milanese decisero di prendersi una pausa, in attesa del 1950, quando sarebbe decollato il primo Campionato del Mondo di Formula 1. La potenza della 158 salì così a 350 CV a 8500 giri/min. per una velocità di 290 km/h., prestazione davvero ragguardevole per quei tempi. La gara del debutto 1950 si svolse a Silverstone: accanto a Farina, Fangio e Fagioli (affettuosamente conosciuta come la squadra delle tre “F”), la quarta vettura fu affidata a Reg Parnell, che si classificò terzo, dietro a Fagioli e al vincitore Farina. Un trionfo! Il resto della stagione fu un successo ininterrotto e Nino Farina vinse il 1° Campionato del Mondo di Formula 1, davanti ai compagni di squadra Fangio e Fagioli. Un successo ripetuto nell’annata successiva, quando la nuova monoposto 159 conquistò nuovamente il titolo mondiale grazie all’argentino Juan Manuel Fangio. Una relazione, quella tra l’Alfa e le corse, sbocciata negli anni venti e mai sopita. Tra alti e bassi, ritiri e clamorosi rientri, tra Formula 1, Sport Prototipi e GT. La storia dell’Alfa è intrisa di competizioni, di vittorie memorabili e cocenti sconfitte. Le corse sono clamorosamente e indiscutibilmente presenti nel dna dell’Alfa Romeo.
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La
Giulia è prima di tutto un’Alfa Romeo. E la Quadrifoglio… ancora di più. Nasce dal perfetto equilibrio tra heritage, velocità, bellezza e non nasconde il suo dna: sport, prestazioni e emozioni. Questa automobile racchiude in sé i canoni che caratterizzano lo stile italiano: senso delle proporzioni, semplicità e cura per la qualità delle superfici, un design innovativo ma al tempo stesso fedele a una tradizione universalmente apprezzata. Le proporzioni nascono dall’architettura tecnica dell’intera vettura e ne sono una diretta conseguenza: anche i dettagli stilistici sono scolpiti sulla meccanica e esprimono un’esasperata ricerca aerodinamica. Da segnalare anche il nuovo tetto panoramico in cristallo oscurato, apribile elettricamente che impreziosisce l’immagine e il comfort della vettura. Rispetto alle altre versioni più “soft” della Giulia, la Quadrifoglio si mostra più bassa e aggressiva, quasi acquattata, come un felino pronto a balzare, ed tutto un fiorire di prese d’aria e spoiler vari. Si tratta dell’Alfa più potente mai costruita in serie e può essere vostra per poco più di 86.000 Euro.
Oltre ad a un eccellente Cx (0.32), un perfetto bilanciamento delle forze in curva e un comportamento dinamico deportante, la versione Quadrifoglio si caratterizza per l’ Alfa Active Aero Splitter, un flap anteriore in carbonio che gestisce in modo attivo la deportanza aumentando il carico aerodinamico e assicurando così maggiori prestazioni e aderenza a velocità sostenute (si abbassa quando si superano i 110 kmh). Sulla Quadrifoglio il selettore Alfa DNA, che modifica il comportamento dinamico del veicolo, oltre alle opzioni Dynamic, Natural, Advanced Efficiency offre l’opzione Race, per un livello di divertimento superiore (… ed esperto)
il dna
Sviluppato in collaborazione con Magneti Marelli, l’Alfa Chassis Domain Control (CDC) rappresenta il “cervello” della vettura che coordina tutta l’elettronica di bordo. Il sistema gestisce l’azione dei diversi contenuti (quali il rinnovato selettore Alfa DNA Pro, il sistema Alfa Torque Vectoring, l’Alfa Active Aero Splitter, le sospensioni attive e l’ESC) e assegna a ciascuno di essi un compito preciso per ottimizzare le prestazioni e il piacere di guida. In dettaglio, il CDC adatta in tempo reale l’assetto della vettura, rendendo dinamiche le mappature delle modalità dell’Alfa DNA Pro, sulla base dei dati di accelerazione e rotazione rilevati dai sensori. Previene e gestisce inoltre situazioni critiche, informando in anticipo le specifiche centraline coinvolte n el sistema elettronico della vettura: chassis, powertrain, sospensioni, impianto frenante, sterzo, assistenza alla guida e differenziale in curva
Esclusivo della versione Quadrifoglio il motore BiTurbo benzina 6 cilindri è totalmente in alluminio ed eroga 510 CV di potenza e una coppia di oltre 600 Nm, regalando così prestazioni entusiasmanti: velocità massima di 307 km/h, accelerazione da 0 a 100 km/h in appena 3,9 secondi e una coppia massima di 600 Nm. Tra l’altro, sebbene i valori di potenza e coppia siano sensazionali, il 2.9 BiTurbo benzina da 510 CV vanta basse emissioni (198 g/km di CO2 con cambio manuale a 6 marce) ed è abbastanza efficiente nei consumi, grazie al sistema di disattivazione dei cilindri a controllo elettronico. Il cambio ZF automatico a 8 rapporti è strepitoso e permette di effettuare le cambiate in soli 150 millisecondi in modalità Race. Inoltre la tecnologia Torque Vectoring, grazie alla sua doppia frizione, consente al differenziale posteriore di controllare separatamente la coppia per ciascuna ruota. In questo modo, la trasmissione della potenza a terra migliora anche in situazioni di bassa aderenza. Ciò permette di condurre l’auto in modo sicuro e sempre molto divertente, senza mai ricorrere a interventi invasivi da parte del controllo di stabilità. La Quadrifoglio ha un peso a secco di 1.524 kg e un rapporto peso/potenza di 2.99 kg/CV. Questi risultati straordinari
il dna
Il Forward Collision Warning, grazie un sensore radar e a una telecamera integrata nel parabrezza anteriore, avverte il guidatore di un eventuale imminente impatto con un altro veicolo o a un ostacolo che si trova sulla stessa traiettoria e avverte, o assiste, il conducente in modo da evitare collisioni o attenuarne le conseguenze. Qualora il guidatore non intervenisse, il sistema Autonomous Emergency Braking (con funzione di riconoscimento pedoni) aziona automaticamente i freni evitando la collisione o riducendone le conseguenze. La completezza delle dotazioni prevede inoltre il Lane Departure Warning (che riconosce un cambio di corsia non intenzionale) e il Blind Spot Monitoring che, monitorando tramite sensori l’area attorno la vettura, assiste il conducente durante i cambi di corsia e durante i sorpassi
il dna
Il sistema di ultima generazione Connect 3D Nav 8,8” dell’Alfa Romeo nuova Giulia offre una sofisticata serie di caratteristiche e funzionalità tra le quali spicca l’interfaccia HMI di ultima generazione, dove la gestione del sistema avviene tramite il Rotary Pad e attraverso il display da 8,8” ad alta risoluzione. Dotato di sistema di riconoscimento vocale, il Connect 3D Nav
8.8” consente
una completa connettività con tutti i dispositivi mobili. Il sistema di infotainment oltre alla gestione della radio digitale DAB e dell’audio digitale Hi-FI, permette di effettuare chiamate telefoniche in modalità “hands free”e di riprodurre contenuti audio da device USB e da smartphone. Infine, il sistema offre la funzione di navigazione con mappe ad alta risoluzione 3D ed elevata velocità nel calcolo degli itinerari, fruibile anche in assenza di segnale GPS grazie alla tecnologia Dead Reckoning, nonché la possibilità di aggiornamento delle mappe TomTom tramite USB, la visualizzazione delle informazioni relative allo stile di guida e l’evidenziazione della tipologia di assetto
sono stati raggiunti estendendo l’utilizzo della fibra di carbonio anche per tetto, cofano, splitter anteriore, nolder posteriore e inserti laterali delle minigonne. Il peso della versione Quadrifoglio può essere ulteriormente ridotto mediante due componenti disponibili su richiesta: dischi freno carbo-ceramici e sedili Sparco con scocca posteriore in fibra di carbonio. Sufficientemente comoda e confortevole la Quadrifoglio è pur sempre una vera gt travestita da berlina. La strumentazione è completa e chiara e i sedili vi avvolgono quanto basta… Quindi non resta che pigiare il pulsante di avviamento e partire. Il rombo del sei cilindri vi avvolge e, con le dovute cautele, la guida è entusiasmante, grazie ad un motore che sprigiona cavalli senza mai mettere in difficoltà… e “suona” una musica strepitosa. La Quadrifoglio non è super-silenziosa… ma non è certo il silenzio che si cerca in una vetture con queste caratteristiche di estrema sportività. Eccellente lo sterzo, che permette traiettorie precise e risponde all’istante, e ottimo pure il cambio automatico, davvero rapidissimo. Infine una nota di merito anche alla frenata del possente impianto carbo-ceramico, che però va adeguatamente riscaldato. Ovviamente le prestazioni sono “clamorose” ma nonostante tutto i consumi non sono esageratissimi.
il dna
caratteristiche tecniche prinicipali 2.9 V6 BITURBO AT8 CARATTERISTICHE Carburante Benzina N° cilindri, disposizione 6V Cilindrata (cm3) 2891 Rapporto di compressione 9,3:1 Potenza max kW (CV-CE) a giri/min 375 (510) a 6.500 Coppia max Nm (kgm-CE) a giri/min 600 (61) a 2.500 Distribuzione (comando) Catena Alimentazione Iniezione Iniezione Elettronica TRASMISSIONE Trazione Posteriore Cambio Automatico 8 marce RIFORNIMENTI - PESI Serbatoio carburante (l) Peso in ordine di marcia (kg)
58 ND*
DIMENSIONI ESTERNE Passo (mm) Lunghezza (mm) Altezza (mm) Carreggiata ant/post (mm) Larghezza (mm)
2820 4639 1426 1555/1607 2024
PRESTAZIONI Velocità max (km/h) Accelerazione 0-100 km/h (s)
307* 3,9*
Per l’avantreno è stata sviluppata una nuova sospensione a doppio braccio oscillante con asse di sterzo semi-virtuale, che ottimizza l’effetto filtrante e consente di sterzare in modo rapido e preciso. È un’esclusiva Alfa Romeo che, mantenendo costante l’impronta a terra dello pneumatico in curva, è in grado di garantire alte accelerazioni laterali. Sull’asse posteriore si è scelta una soluzione a quattro bracci e mezzo (brevetto Alfa Romeo) che assicura contemporaneamente prestazioni, piacere di guida e comfort
#ca
chemacchina
DR3
Il più grande successo del marchio DR non è relativo alla tecnica delle proprie vetture, né ai numeri (peraltro più che soddisfacenti) di vendita. Ma alla capacità, in un panorama estremamente saturo, di creare una... personalità di Marco Cortesi
ricca di idee
Se
potessi dare un consiglio agli amici della DR, gli consiglierei di organizzare e mettere in piedi un club. Perché a dispetto della poca indole emozionale dei loro prodotti, la personalità delle vetture e dei loro clienti sembra da subito spiccata. Da un lato, in tutta sincerità va detto che un’auto come la DR3 tende a risvegliare il peggio degli altri automobilisti, in particolare la prepotenza di chi arriva alle spalle con mezzi più grandi e costosi: una supponenza che, essendo l’utente della DR3 di fatto alla base della “catena alimentare” automobilistica, in alcuni casi sconfina verso la più bieca maleducazione. Viceversa però, quando si incontra un altro possessore, ci si identifica subito, e magari ci si saluta anche. Dopotutto essere meno “abbienti” (finanziariamente parlando) non significa essere poveri di spirito, così come vettura low cost non significa vettura senza contenuti. Per un costruttore, il capitale umano dato dalla coerenza dei propri clienti è importantissimo, ed è qualcosa da sfruttare. Alcuni lo fanno, ad esempio con i club, altri con le personalizzazioni, altri ancora con eventi dedicati. Massimo Di Risio ha costruito tanto, ma a fare la differenza su tutto è la personalità spigliata e coerente che ha saputo dare al suo brand. Perché oggi i contenuti sono solo una parte, seppure importantissima, dell’equazione, mentre il resto è fatto dalla percezione di un valore, individuale o collettivo, finanziario, estetico o morale.
ricca di idee
Da questo punto di vista, prima che da quello dei numeri, la sfida ormai vinta si mostra ancor più significativa. Nonostante le difficoltà incontrate sul proprio percorso, Di Risio è riuscito a creare un modello di business che funziona e oggi vende oltre 300 vetture al mese, valore che gli permette di porsi davanti ad alcuni prestigiosi marchi sul mercato da decenni.
Inoltre, nel 2010 abbiamo deciso di abbandonare i motori diesel dedicandoci ai motore ad alimentazione alternativa: questo è un forte valore aggiunto perché godiamo di un know-how superiore a tanti altri, che stanno arrivando alla stessa conclusione solo adesso.”
“Onestamente no, quando ero giovane non mi immaginavo certo di vedere il mio nome su un’intera gamma di automobili – ci confida l’imprenditore abruzzese – diciamo che siamo andati un po’ oltre le aspettative! Da ragazzo speravo di correre, cosa che in parte ho fatto, e lavorare nel mondo dell’automobile. I risultati di oggi sono sicuramente emozionanti, ma da parte mia cerco di non lasciarmi però prendere dalle sensazioni ed essere distaccato e razionale.”
C’è stato un momento in cui ha pensato di non farcela? “Il momento più duro è stato rappresentato dalla non realizzazione del progetto di Termini Imerese. Quel mancato accordo ci ha portato a tutta una serie di difficoltà organizzative e finanziarie che ci hanno costretto a ripartire da zero. Ricominciare tutto daccapo non è semplice. Bisogna tenere il timone, non lasciarsi condizionare da tutto ciò che accade intorno... e andare avanti. E’ stata un’esperienza difficile soprattutto dal punto di vista umano, ma devo dire che non ho mai pensato di mollare.”
Qual è stata la mossa vincente nella vostra scalata al successo? “La nostra migliore intuizione è stata quella di legarci, all’inizio degli anni 2000, all’industria automobilistica cinese, che allora muoveva i primi passi. Abbiamo compiuto insieme un lungo percorso. Allora si immatricolavano in Cina meno auto di quante se ne immatricolano in Italia… oggi la Cina è il primo mercato al mondo. Il fatto di averne intuito il potenziale ci riempie di soddisfazione, anche perché a quei tempi non era così facile immaginare tanti progressi.
Arriverà mai una DR sportiva? “Sarebbe bello… prima o poi… anche se devo dire che in termini di sfida è molto più semplice produrre una sportiva di nicchia che affrontare un progetto generalista: prendi il meglio della tecnologia, lo compri e pensi alle prestazioni senza curarti del prezzo finale. La difficoltà vera è realizzare una vettura generalista, che vada bene e costi meno delle altre. La nostra ambizione è di diventare un brand non di nicchia, realizzare volumi importanti, e lavoriamo in quella direzione anche sullo scenario europeo.”
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Tra i lati positivi della DR3 c’è sicuramente l’estetica. Ed è un elemento che solleva e rinfranca parecchio parecchio: la vettura della casa di Isernia è infatti la dimostrazione lampante di quanto il gusto italiano sia ancora nettamente superiore, nonostante tutti gli sforzi della concorrenza asiatica e non. Sono pochi infatti i tocchi che la differenziano dalla Chery Tiggo 3X, omologa minisuv coupé cinese, ma dove si sono messe le mani, si è andati sempre a segno. L’anteriore è importante ma di classe, semplificato e reso più pulito rispetto alla vettura di provenienza, e la mascherina è più generosa, aggressiva, con l’uso di superfici satinate anziché cromate. Il risultato è un colpo d’occhio quasi corsaiolo. Anche al posteriore si è eliminato il superfluo, in una coda dalla cintura alta e dominata dai fanali posizionati sugli spigoli del volume. Apprezzabile anche l’interno, che bada al sodo, come il concetto generale della vettura, ma senza proporre i clamorosi scivoloni che spesso caratterizzano le macchine cinesi. La DR3 è costruita e rifinita bene, fuori e dentro. Spicca in particolare la comodità dei sedili, che, almeno in teoria, dovrebbe essere la cosa principale, ma viene spesso sottovalutata in un mondo di alta tecnologia e “gizmo” elettronici. Il supporto lombare è ottimo e nei viaggi fa dimenticare anche un po’ di rumorosità in eccesso. Lo apprezzerà assai chi soffre di mal di schiena!
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Per quanto riguarda la plancia, regna il rigore ed il risultato è una positiva razionalità: tra i tocchi particolari, incuriosisce il contagiri, che opera in senso antiorario, forse per favorire l’idea di simmetria. L’allestimento in termini di infotainment è semplice ma funzionale e può contare sulla chicca del display multifunzione da otto pollici dotato di MirrorLink, ovvero della possibilità di “proiettare” lo schermo dello smartphone su quello della plancia, sfruttando le (grandi) possibilità dei cellulari di oggi. Lascia invece un po’ negativamente sorpresi l’assenza degli airbag laterali, ormai giustamente ritenuti indispensabili anche per le vetture più prettamente da città. In strada, la vettura non ha particolari guizzi ma non risulta deludente. Il propulsore è un 1.5 multipoint da 106 cavalli che garantisce prestazioni in linea con le aspettative, mentre i consumi sono relativamente alti nelle condizioni di utilizzo “normale”. L’ancora di salvezza è la versione a GPL che, oltre a portare ad un risparmio che vale abbondantemente il costo dell’optional, regala anche l’impressionante autonomia di oltre 1000 chilometri! Il GPL assolve anche ad un’altra, importante, funzione, che è quella di esentare la DR3 dal pagamento dell’ecotassa, perché nella versione a benzina, con ben 180g/Km di CO2 emessa, si rischierebbe una “mazzata” da 1600 euro. Considerando che tutto l’im-
pianto è proposto a 1000 euro... vale decisamente la pena. All’impianto a GPL si affianca, anche se con un prezzo un po’ più importante, quello a metano. Entrambi i sistemi sono realizzati specificamente per DR dalla BRC di Cuneo, punto di riferimento mondiale per queste tecnologie. Tornando al comportamento stradale, non ci si può ovviamente aspettare un assetto da sportiva, ma i cerchi grandi, uniti ai controlli elettronici, portano ad una guida sicura in ogni circostanza, ma soprattutto confortevole, a dispetto degli pneumatici piuttosto ribassati. Il tutto aiutati dalla posizione rialzata: c’è in altre parole tutto quello che serve per andare con sicurezza in città, vero regno della DR3. Pensando invece alla guida extraurbana, magari alle tangenziali o alle uscite fuori porta, meriterebbe più attenzione lo sterzo. Un po’ più di feeling potrebbe fare tanta differenza e rendere la DR3 più piacevole, quasi divertente. Così com’è, comunque, rappresenta una soluzione completa per le necessità basiche di trasporto. Per quanto riguarda il prezzo, la versione benzina/gpl parte da 16.000 euro, quasi finita: unici accessori, oltre al metano, il kit con gomme invernali, i vetri posteriori oscurati e lo step per i cerchi da 17 a 18 pollici.
ricca di idee
ca
checorse
La bella storia di Monteiro nel WTCR
Dall’inferno al paradiso Tiago Monteiro racconta il suo incredibile ritorno alla vittoria nel WTCR a quasi due anni dal suo bruttissimo incidente Fotografie DPPI, courtesy TCR Series
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dall’inferno al paradiso
Il velocissimo Attila Tassi, giovane ungherese compagno di squadra di Monteiro con le Honda del team KCMG
Era
il 6 settembre 2017 quando Tiago Monteiro, favorito per la vittoria del campionato WTCR di quell’anno, subì un grave incidente durante una giornata test sulla pista di Barcellona, con serissime conseguenze al collo e alla testa. Molto alta era la probabilità che le ferite riportate avrebbero chiuso prematuramente la carriera del pilota portoghese che, dopo quattro settimane in terapia intensiva in Spagna, fece rientro in Portogallo, dove però la situazione non sembrava migliorare. La determinazione e le motivazioni di Tiago erano però altissime e la speranza, anche se molto lontana in quei momenti, di tornare in pista lo spinsero ad affrontare l’incognita di un lungo periodo di recupero e di riabilitazione negli Stati Uniti. Il racconto di Monteiro su quel periodo è a tratti molto crudo e angosciante, e ci limitiamo a riferire che i danni alla vista e alla calotta cranica furono molto più severi di quanto creduto inizialmente. Ciò ha significato interventi piuttosto invasivi da parte dei medici affiancati del recupero fisioterapeutico. Al termine di quel durissimo percorso al pilota portoghese fu raccomandato un periodo di stop e riposo assoluto di un anno almeno. Ora tutti noi sappiamo che la voglia di tornare a correre alla fine ha prevalso e che il 27 ottobre 2018, 415 giorni dopo l’incidente di Barcellona, Tiago Monteiro è tornato alla guida della sua Honda CivicType R nelle prime prove libere del weekend di gare WTCR a Suzuka. Il suo rientro fu subito competitivo: in quell’occasione il portoghese non riuscì a registrare
dall’inferno al paradiso
Yann Ehrlacher, uno dei portacolori della compagine cinese Cyan – Lyink & Co che ha ereditato le competitive Volvo schierate negli anni scorsi
un piazzamento a punti ma fu comunque in grado di dimostrare a tutti la sua preparazione fisica e fu capace… di meritarsi un volante per l’anno successivo. La sua determinazione e la sua velocità erano fuori dubbio, cosa prontamente confermata nel week end di aprile, apertura del Campionato 2019 a Marrakech in Marocco, dove Tiago Monteiro ha concluso con un brillantissimo sesto posto. “E poi siamo tornati con i piedi per terra – ha ammesso il quarantaduenne Monteiro riferendosi alle gare in Ungheria e Slovacchia – è stato difficile perché cerchi di lottare con tutte le tue forze e poi c’è arriva la sfortuna e ti ritrovi in fondo allo schieramento. E’ dura da accettare perché dai il massimo… ma se non è tutto perfetto ti ritrovi indietro, e devo ammettere che lo schieramento di piloti di quest’anno è il migliore che si sia visto da molto tempo in qua. Dopo la performance di Marrakech siamo tornati alla realtà nelle gare successive, ma nonostante le delusioni abbiamo continuato a lavorare duramente, convinti che la vittoria sarebbe arrivata”. Poi è arrivato il weekend di casa, in Portogallo. Grande emozione e, alla fine, grandissima soddisfazione! Nonostante il coinvolgimento in un incidente con Gabriele Tarquini in gara 1, la fortuna ha finalmente girato il suo sguardo verso il team KCMG e per Monteiro, dopo la decima posizione in gara 2, è arrivata la svolta in gara 3, con la tanto sognata vittoria a materializzarsi davanti al pubblico di casa.
dall’inferno al paradiso
L’ungherese Norbert Michelisz, attualmente secondo nel mondiale con la Hyundai i30
La “top ten” della classifica provvisoria del mondiale WTCR dopo 6 delle 10 gare in programma. Il prossimo appuntamento è in Cina, a Ningbo, per il 15 settembre. Seguiranno Suzuka (JAP) in Ottobre, macao in novembre e Sepagn (MAL) in dicembre Esteban Guerrieri ARG HONDA 231 p. Norbert Michelisz HUN HYUNDAI 207 Thed Björk SWE LYNK & CO 181 Nestor Girolami ARG HONDA 177 Mikel Azcona ESP CUPRA 169
dall’inferno al paradiso
“E’ stata un’emozione indescrivibile! La pressione era palpabile durante tutto il weekend, dal team, dai tifosi e anche da me stesso – ha dichiarato Tiago al termine – volevo fare bene ma non mi sarei mai immaginato quello che poi si sarebbe avverato. Ero all’inferno solo qualche mese fa e, dopo i brutti risultati di Ungheria e Slovacchia, molte persone avevano messo in dubbio le capacità mie e del team. Internamente non abbiamo mai accettato le critiche e abbiamo continuato a lavorare e lottare. Se guardiamo ancora più indietro nel tempo, all’incidente, al ricovero e al lungo recupero… sembra quasi una storia pronta per Hollywood, con il finale perfetto. Sono letteralmente estasiato! Sono stato all’inferno e ora sono tornato in paradiso e cerco di godermi ogni momento al massimo”. Dopo il ritorno alla vittoria nel campionato Mondiale Turismo è normale chiedersi cosa ci si può attendere dal futuro: “Tutto ciò mi da ancora più incoraggiamento – ha detto Monteiro – se avessi voluto mollare l’avrei già fatto, ma amo troppo guidare e gareggiare e ne voglio godere ancora di più. Ma sono anche realista, non sarà certo così tutti i weekend… ma almeno abbiamo dimostrato che KCMG e Honda sono capaci di vincere e non si fermano qui. Dall’incidente ho imparato una cosa importante. Ho imparato a guardare il mondo sotto una lente di ingrandimento diversa, godendomi le piccole cose che davo per scontate e rendendomi conto di quanto sono fortunato. Sono molto grato di essere vivo e di essere tornato a gareggiare a questo livello. Ora non resta che continuare a spingere durante il resto della stagione!!!”
#ca
cheamerica
La berlina piĂš veloce del mondo
AMERICA
A partire dall’inverno nei concessionari Dodge d’America arriverà la nuova Dodge Charger 2020 con pacchetto Widebody, carrozzeria ancora più imponente e numeri da invidiare per la berlina di punta della casa di Detroit che vanta il titolo di berlina più veloce tra quelle prodotte in serie
di Niccolò Gargiulo
america first
Tra
la polvere e la sabbia nel deserto meridionale degli Stati Uniti si apre una distesa infinita con centinaia di agglomerati di metallo dalla forma particolare. E’ un cimitero questo, ma un cimitero particolare, riservato a quelle macchine volanti che per decenni hanno sibilato e sfrecciato nell’aria… e ci ricorda che anche i giganti, prima o poi, hanno una fine che gli attende. Ma dalla torrida sabbia, tra la polvere e la ruggine, è recentemente emersa una nuova creazione dell’uomo, un’automobile dalle forme a suo modo imponenti, che domina la terra sfrecciando e rombando come quei giganti dell’aria facevano nei cieli fino a qualche anno addietro.
Al contrario dei padroni di casa in questa striscia di deserto, per la nuova Dodge Charger alettoni e ali sono rovesciate e hanno lo scopo di schiacciare a terra il bolide. Il pacchetto Widebody, di serie sulla Charger SRT Hellcat e disponibile come optional nel modello Scat, regala un anteriore ancora più imponente e aggressivo, più largo di quasi 9cm, dietro al quale trovano posto le gomme Pirelli 305/35ZR20 montate su cerchi da 20x11 pollici, anch’essi più grandi rispetto al modello di base della vettura. Ma è sotto la presa d’aria del cofano che si nasconde il vero cuore della berlina più veloce del mondo, il motore HEMI che, come un fedele co-pilota, non tradisce mai il pilota in cerca di emozioni.
america first Tim Kuniskis, a capo della divisione Vetture Passeggeri di FCA Nord America, ha presentato la nuova Charger Widebody sottolineando come sia stata la praticità e duttilità del modello a farne un successo incredibilmente duraturo: “Si sente parlare di come nessuno oggi voglia più comprare automobili “tradizionali” – ha detto Kuniskis, riferendosi alle berline tre volumi – vi posso dire con certezza che i 40.000 clienti che hanno comprato una Dodge Charger nella prima metà del 2019 non sono d’accordo con questa affermazione. Per loro Charger è più di una semplice auto e trascende i commenti su design e prestazioni che solitamente si sprecano in questo mondo”. Le novità naturalmente non finiscono con
l’aggiornamento del design della Charger. Il servosterzo elettronico, con modalità selezionabili, diventa di serie nella Charger SRT Hellcat Widebody e, vista l’imponenza della vettura (lunga 5,10 metri e larga 1,98 senza contare gli specchietti), risulta molto utile nell’effettuare le manovre di parcheggio. Le modifiche all’assetto del servosterzo, così come la scelta della modalità di guida (Street, Sport o Track), possono essere effettuate tramite il touchscreen da 8,4 pollici Uconnect, che funge da centro di controllo dei parametri di guida e performance così come da centro di intrattenimento compatibile sia con Apple CarPlay che con Android Auto.
La parentela con la vettura stradale è assolutamente nulla. Queste due Charger non condividono neppure un bullone‌ ma il marketing FCA ritiene importante essere tra i protagonisti del seguitissimo campionato NHRA. Lo squadrone sponsorizzato Dodge/Mopar
partecipa in
parecchie classi, compresa la Top Fuel, vertice della specialitĂ . Nella foto la vettura condotta con successo da Matt Hagan nella classe Funny Car
america first
Il pacchetto Widebody fornisce molte nuove opzioni alle già numerose personalizzazioni possibili alla berlina di Detroit. Negli interni del modello di punta Hellcat è possibile richiedere rifiniture in carbonio di chiara ispirazione racing e la nuova combinazione di colori nero e rosso per i sedili. Il volante riscaldato con manettini, pulsanti e palette per azionare il cambio sarà con rivestimento in pelle Alcantara. Per l’anno 2020 le altre versioni di Charger (GT e R/T) riceveranno ancora più personalizzazioni con aggiornamenti anche per quanto riguarda gli altri pacchetti offerti da Dodge, quali il pacchetto PLUS, Blacktop, Daytona e Dynamics, che vedono l’aggiunta in catalogo di cerchi optional da 20 pollici (a sostituire quelli di serie da 19) in varie colorazioni. Anche per quanto riguarda gli interni aumenta la scelta delle c olorazioni e combinazioni nella pelle dei sedili e dei rivestimenti, a complementare le 12 colorazioni perviste per la carrozzeria
Dodge ha voluto sfruttare l’introduzione del nuovo pacchetto Widebody anche per rivedere alcuni aspetti dell’assetto della vettura, in funzione di prestazioni ancora più estreme. Nuove barre di rollio e sospensioni anteriori più dure di un terzo rispetto ai modelli precedenti migliorano la manovrabilità e la tenuta di strada, così come fanno le nuove gomme, a cui abbiamo già accennato, che contribuiscono ad incollare il nuovo Charger all’asfalto. Per parte loro i nuovi freni Brembo da 15,4 pollici (sei pistoni all’anteriore e quattro al posteriore) riescono a fermare la vettura da 100 Km/h a 0 in soli 32,6 metri, con il sensibile miglioramento di 1,2 metri rispetto ai modelli precedenti.
A completare le modifiche tecniche introdotte di serie con il pacchetto Widebody vanno segnalate quattro tecnologie derivate dall’esperienza di Dodge nel mondo delle corse: il Race Cooldown si occupa di completare il raffreddamento del compressore volumetrico anche a vettura spenta, il Line Lock è in grado di agire sui freni anteriori per mantenere le ruote bloccate consentendo al contempo di effettuare spettacolari burnout e sgommate con le ruote posteriori, il Launch Control agisce elettronicamente sullo slittamento degli pneumatici per una partenza perfetta e senza sbavature e infine il Launch Assist, che utilizza i sensori nelle ruote per evitare fuorisgiri in caso di saltellamento dello pneumatico.
america first
La Dodge Charger SRT Hellcat Widebody conquista il titolo di berlina più veloce grazie all’impressionante motore HEMI Hellcat V-8 sovralimentato da 6,2 litri. Nel modello 2020 il bolide Dodge sfrutta appieno i 707 cavalli e 881 NM di coppia del motore e, grazie anche ad alcune modifiche all’assetto, raggiunge una velocità di punta di 315 Km/h. Il cronometro sullo scatto da fermo 0-100 kmh è stato fermato a 3,6 secondi (per precisione da 0 a 60 miglia orarie, poco più di 96 Km/h), una partenza fulminea ma graduale (anche grazie al veloce cambio TorqueFlite 8HP90 da otto marce) ma non priva di emozioni, con i sensori di bordo che hanno registrato 0,96g di forza gravitazionale. Il modello Charger Scat Widebody monterà invece il motore più piccolo HEMI V-8 da 3,9 litri per una potenza di 485 cavalli, che gli permette di passare da 0 a 100 kmh in 4,3 secondi
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chenovitĂ
Nuova Subaru Levorg La Subaru Levorg offre generose dimensioni in grado di dare all’abitacolo ampiezza, luminosità e comfort. Questa nuova e rinnovata versione rappresenta l’evoluzione del concetto di station wagon Subaru, che coniuga la massima tranquillità per il guidatore al piacere di guida
legacy, revolution, touring
A
quattro anni di distanza dal suo arrivo sul mercato italiano, la Subaru Levorg si ripresenta con una veste ampiamente rinnovata e, allo stesso tempo, totalmente nel solco dei concetti e dei dettami tecnici caratteristici di Subaru. Due gli obiettivi principali nello sviluppo di quest’auto: l’impostazione da station wagon e le doti sportive. Questi input sono stati mantenuti e rafforzati nella nuova versione, che cela sotto la sua caratteristica linea tecniche d’avanguardia quali: il motore boxer benzina 2,0i aspirato Euro 6d-TEMP da 150 CV, la trazione integrale permanente Symmetrical AWD a controllo elettronico, il cambio automatico a variazione continua CVT Lineartronic. Una progettazione attenta, l’uso di materiali e tecnologie d’avanguardia, i più moderni sistemi di assistenza alla guida, consentono alla Subaru Levorg di soddisfare gli elevati standard di sicurezza attiva e passiva richiesti dalle norme Euro NCAP. La nuova Levorg
MY19, equipaggiata di serie del sistema EyeSight, ha infatti ottenuto il più alto punteggio corrispondente alle “5 stelle” nei test di certificazione Euro ENCAP, in merito alla protezione dei passeggeri adulti e bambini, nella protezione dei pedoni e le performance del sistema di sicurezza generale. La Subaru Levorg rimane una wagon dal design sportivo con i tratti tipici che identificano immediatamente le vetture della casa delle Pleiadi: i gruppi ottici ad “occhio di falco”, la calandra esagonale, la silhouette laterale slanciata ed aerodinamica. I cerchi in alluminio nelle dimensioni da 18” completano l’immagine di una vettura ben piantata a terra. Seduti all’interno della Subaru Levorg MY19 si ha subito la sensazione di una vettura nata “sportiva” ma che vuole offrire comfort a piene mani. La plancia è dominata al centro dal display da 5,9” in alto, al disotto del quale è posizionato il sistema audio con display a colori da 7” touch, in stile smartphone. Interessante il volante multifunzione dalla particolare forma a D mentre un tocco di eleganza è garantito dai numerosi componenti ed inserti in metallo e in pelle. Dal canto suo il sistema di infotainment è stato aggiornato alla generazione 3.1 e sviluppato per migliorare la connettività degli smartphone con servizi quali Apple CarPlay and Android Auto con un hardware ancora più performante. La più evidente novità in termini di design della nuova Levorg è il cofano motore ridisegnato, da cui scompare la presa d’aria, offrendo così alla parte frontale della vettura un aspetto ancora più elegante, pulito e lineare.
legacy, revolution, touring
Il cofano adesso avvolge e si adatta al nuovo propulsore, il motore boxer 2,0i aspirato a benzina, con 150CV e 198 Nm di coppia massima, che rimane abbinato al cambio a variazione continua Lineartronic e all’immancabile Symmetrical All-Wheel Drive. Il consumo dichiarato è di soli 8,7 l/100 km nel ciclo combinato secondo gli standard WLTP. La forza di smorzamento dei puntoni anteriori e degli ammortizzatori posteriori è stata modificata per ottimizzare le caratteristiche del nuovo propulsore, migliorando la stabilità in rettilineo alle alte velocità. La mappatura di assistenza al servosterzo è stata anch’essa rimodulata per ottimizzare le caratteristiche del nuovo motore, migliorando controllo e stabilità. La nuova Subaru Levorg viene commercializzata con un’unica motorizzazione e in due differenti allestimenti: STYLE e PREMIUM.
L’entry level di questo modello è già caratterizzato da una ricchissima dotazione. L’elenco è lunghissimo e citiamo i fari LED adattivi ad attivazione automatica, fendinebbia, cerchi da 18” in lega leggera d’alluminio, tetto apribile in vetro, pedaliera in alluminio, sedili anteriori riscaldabili (quello del conduttore a regolazione elettrica con 8 posizioni e supporto lombare), Keyless Access, sistema audio a 6 altoparlanti con display touchscreen da 7” con DAB+ e lettore CD, telecamera posteriore e sistemi di sicurezza attiva inclusi nell’Advance Safety Package che prevede SRVD (Subaru Rear Vehicle Detection), HBA (High Beam Assistant), specchietto retrovisore fotocromatico ed EyeSight Assist Monitor, e il Safety View Package con telecamera frontale e Smart Rear View Mirror (specchietto retrovisore con telecamera). La PREMIUM aggiunge a tutto ciò i sedili in pelle e il navigatore satellitare con scheda SD. E’ importante notare come, con l’intento di offrire a tutti i propri clienti il massimo in termini di sicurezza attiva, passiva e preventiva, l’innovativo sistema di assistenza alla guida Subaru EyeSight è di serie su tutti gli allestimenti della nuova Levorg. Si tratta del noto sistema (brevetto Subaru) che si avvale di due telecamere “stereo” e comprende l’Adaptive Cruise Control con associato il Lead Vehicle Start Alert, il Line Sway e Departure Warning e gli ulteriori sistemi quali il Pre-Collision Braking System, il Pre-Collision Steering Assist e il Pre-Collision Trottle Management e il Lane Keep Assist. La nuova Subaru Levorg MY19 sarà disponibile al prezzo di 32.000€ per l’allestimento STYLE, e di 34.500€ per la PREMIUM.
C’entra poco con la nuova Levorg ma quanto sta combinando il norvegese Oliver Solberg (figlio d’arte) nel Campionato Rally USA è degno di nota. Nel recentissimo New England Forest Rally il portacolori Subaru (navigato da Denis Giraudet) ha saputo dominare 10 delle 13 Prove Speciali ma, per colmo della sfortuna, non è riuscito a vincere il rally a causa di una maledetta foratura che gli è costata 10 minuti, relgandolo al 5° posto finale. Niente di nuovo sotto il sole, direte voi, cose che succedono nei rally di tutto il pianeta… senonchè Oliber Solberg ha soltanto 17 anni!!!
legacy, revolution, touring
caratteristiche tecniche prinicipali
#ca
cheleggenda SCOPRIAMO LA ŠKODA SUPERB OHV
UNA SUPERB AL MUSEO Una Škoda Superb OHV del 1948 è stata perfettamente restaurata ed è il pezzo centrale di una nuova mostra al museo della marca ceca
una Superb al Museo
Il
nome Superb è un nome storico per Škoda, sinonimo di eleganza e qualità per la marca ceca già a partire dal 1930. La punta di diamante di questi modelli a sei cilindri fu la rara Superb OHV del secondo dopoguerra, che tra il 1946 e il 1949 venne prodotta in soli 158 esemplari. Una di queste auto, un modello del 1948 prodotto a Kvasiny, ha trovato oggi una nuova casa al museo Skoda di Mlada Boleslav, dopo aver subito un restauro lungo tre anni. “Questo particolare modello di Škoda Superb OHV – ha dichiarato il direttore del museo Andrea Frydlova – fu uno dei primi pezzi ad venire acquisito dal museo nel 1968. Ci venne però recapitato in stato pessimo e senza gli interni originali. Nel corso degli ultimi tre anni il nostro reparto di restauro ha lavorato senza sosta per riportare questo magnifico veicolo alle condizioni originarie e possiamo ora mostrarlo al pubblico assieme alla collezione delle nostre altre Superb”. Il nome Superb compie oggi 85 anni. Debuttò il 22 Ottobre 1934 quando Škoda presentò il primo modello della serie, una 640
Superb. Al culmine della gamma di allora, la Superb vantava un processo di costruzione moderno per l’epoca, incentrato sul telaio a tubi con sospensioni indipendenti, freni idraulici e un potente motore a sei cilindrida 2.492 cm cubici che produceva 55 cavalli. Nel periodo immediatamente antecedente la seconda guerra mondiale questa elegante vettura Škoda divenne simbolo di una produzione automobilistica senza compromessi, di un’industria moderna, dinamica e di qualità. Škoda introdusse un motore più potente e novità sia nel design che negli equipaggiamenti nei modelli successivi, con l’ultimo sviluppo datato 1938 quando arrivò la Superb 3000 OHV (in quest’ultima versione il motore da 3.137 cc. era capace di produrre 85 cavalli). Della 3000 OHV ne furono però costruiti solo 113 esemplari, uno dei quali già da tempo fa bella mostra di sé al museo Škoda, con i suoi 5,5 metri di lunghezza e 3.3 metri di passo macchina. Il museo di Mlada Boleslav è anche in possesso del solo esemplare rimasto dell’edizione limitata Superb 4000 (con il voluminoso propulsore da 8 cilindri) prodotta all’inizio degli anni quaranta.
Un altro importante anniversario segna il 2019 di Skoda: i 55 anni della 1000 MB, dove la sigla stava per Mladá Boleslav, lo stabilimento incaricato della produzione. Si tratta della prima Skoda con scocca autoportante e motore posterioree a metà edegli anni “60 sostituì la popolare Octavia, che aveva il propulsore montato davanti. Grazie all’esteso uso di leghe di alluminio la 1000 MB pesava soltanto 755 chilogrammi e con il suo motore da 37 poteva spingersi sino a 120 chilometri orari. Era lunga ben 4.17 metri eal termine della sua vita (1969) ne risultarono prodotte la bellezza di 443.000
Nell’immediato dopoguerra, Škoda riprese la produzione della prestigiosa Superb OHV. Tra il 1946 e il 1949 vennero prodotti 158 telai a Mlada Boleslav ma solo 11 ricevettero una carrozzeria, mentre 103 esemplari vennero “vestiti” dal famosi carrozzieri Uhlik di Praga e Sodomka di Vysok e Myto. Altri 44 telai lasciarono la fabbrica con dei pannelli provvisori per raggiungere la fabbrica di Kvasiny, ove furono allestiti con una particolare carrozzeria che avrebbe successivamente influenzato molto il design della Škoda1101 Tudor. Era giovedì 15 Aprile 1948 quando telaio e motore numero 81.587 cominciarono la loro trasferta da Mlada Boleslav a Kvasin. Il 2 settembre dello stesso anno le chiavi della vettura furono consegnate al proprietario che
la fece entrare nella flotta di un famoso resort della località turistica Karlovy Vary, dove rimase in servizio per vent’anni. Dopodiché la Škoda Superb OHV passò subito al museo di Mlada Boseslav sebbene in pessime condizioni con gran parte del rivestimento interno mancante. Si è quindi arrivati alla decisione del restauro di questo prezioso veicolo, cominciato nel 2017 a seguito di una dettagliata analisi delle condizioni e di un minuzioso studio negli archivi storici, per poter avviare le ricerche sulle parti mancanti. Il modello Superb OHV si trova oggi in condizioni pressoché perfette e rappresenta la punta di diamante del museo Škoda e della nuova mostra “70 anni con la freccia alata”.
una Superb al Museo
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chestoria
BABBO NATALE IN FERRARI
BRIVIDI ROS
SSI
TRENTA FERRARI NON ERANO MAI ARRIVATE COSÌ A NORD. IL 6 LUGLIO LA FLOTTA DELLE ROSSE DI MARANELLO DEL CLUB PASSIONE ROSSA, CAPITANATE DA FABIO BARONE, SI È SPINTA SINO AL CIRCOLO POLARE ARTICO, ENTRANDO COSÌ NEL GUINNESS DEI PRIMATI
brividi rossi
Dopo
850 chilometri di tragitto da Helsinki a Rovaniemi, con pioggia e vento, le trenta Ferrari del Club Passione Rossa sono arrivate al Circolo Polare Artico dove hanno potuto incontrare Babbo Natale che ha accolto i membri del gruppo nel suo ufficio. “Sono felice che siate qui – ha detto il vecchietto più popolare del mondo – e do il mio miglior benvenuto alla grande famiglia del Club Passione Rossa. Spero che anche voi godrete di questa visita e vi invito a tornare ancora”. “E’ una grande emozione essere qui – ha dichiarato a caldo Barone – perché abbiamo lavorato tutti in gruppo per quasi un anno a questo progetto. Mai nella storia 30 Ferrari erano arrivate al Circolo Polare Artico e le immagini parlano da sole. Di solito “invadiamo” le città e questa volta abbiamo invaso nientemeno che il Circolo Polare Artico. E’ stata un’impresa di squadra, abbiamo lavorato tutti insieme e questa è stata la cosa più importante. L’organizzazione è iniziata a dicembre quando ho chiesto a Babbo Natale quando era stata l’ultima occasione in cui aveva fatto una cosa per la prima volta… ed eccoci qui”. Una folla di curiosi ha accolto le Ferrari a Rovaniemi, dove con le Rosse hanno posato anche le renne di Babbo Natale e lo stesso Santa Klaus.
brividi rossi
L’inquilino più prestigioso di Rovaniemi non si è negato ai selfie e si è accomodato di nuovo nella sua personalissima slitta rossa fiammante che lo aveva già portato a spasso per Roma a fine maggio, in occasione di un invito sempre firmato Club Passione Rossa. Un bagno di amore per le Ferrari, che ha caratterizzato tutte le tappe del viaggio da Helsinki alla tappa finale. Anche durante la visita a Oulu, la città più tecnologica della Finlandia, sede di moltissime e interessanti start-up (tra cui Oura Ring), curiosi, fan e appassionati hanno preso d’assalto la zona dove le Ferrari erano in mostra. Un’accoglienza simbolo dell’amore e della passione per auto, velocità e bellezza italiana, elementi tutti racchiusi nel marchio Ferrari. Un record, un evento, una spedizione che contiene al suo interno tanti altri record e tantissimo impegno. A festeggiare mogli, figli, nipoti, nonni e soprattutto i trenta driver che hanno percorso senza esitazioni le strade della Finlandia fino al traguardo finale e fino al record. Tra gli altri anche due donne al volante di altrettante Ferrari, rispettivamente di 25 e 70 anni. Un evento unico realizzato grazie alla collaborazione di partner di prestigio e Istituzionali, come l’Ambasciata di Finlandia a Roma, e dei tanti sponsor che hanno deciso di partecipare all’iniziativa. … ma le sosprese di Club Passione Rossa non finiscono qui… stay tuned!
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chestoria
DUE AMICHE E UNA LANCIA APPIA
Le Lancet
tte Liliana Oliosi e Nunzia Chiapperino hanno preso parte al Rallye Des Princesses (gara di regolarità su auto d’epoca riservata a equipaggi femminili) a bordo di una Lancia Appia decorata con un motivo dalla collezione Wall Design dello stylist Simone Guidarelli
le lancette
Una
vecchia berlina Lancia, due amiche e chilometri di strade statali da percorrere con un occhio al roadbook e uno al cronometro. É questa la sintesi del viaggio di Liliana Oliosi e Nunzia Chiapperino, le “Lancette”, alla ventesima edizione del Rallye Des Princesses, la gara francese di regolarità per auto d’epoca riservata a soli equipaggi femminili. Un’avventura molto particolare che ha ulteriormente rafforzato il legame di amicizia delle due ragazze, laddove Liliana è un’appassionata di motori e collezionista di auto e moto d’epoca mentre per Nunzia il RallyeDesPrincessesè stata la prima esperienza nel mondo delle storiche. Dopo la partenza da Place Vendôme a Parigi le “Lancette” e gli altri 99 equipaggi hanno toccato la Riserva di Beauval, Vichy, Aix Les Bains e Saint Tropez, dove la carovana del Rallye si è fermata due giorni. Decorata con Wings of Water-Coral, uno dei motivi della collezione di carte da parati disegnate dallo stilista Simone Guidarelli e presentate durante la Milan Design Week 2019, l’Appia delle due italiane si è comportata più che bene. Pur essendo una delle vetture meno potenti del Rallye, l’Appia ha percorso senza problemi le cinque tappe del rally (per oltre 1.600 chilometri in totale), superando anche prove speciali di particolare difficoltà, che hanno costretto diverse vetture al ritiro.
“Il Rallye Des Princesses è un evento incredibile e guidare un’auto d’epoca come la Lancia Appia sulle bellissime strade di Francia è un’esperienza affascinante. Grazie a Viviane Zaniroli e a tutto il team di Zaniroli Classic Events per la cura al dettaglio e la passione che rendono questo evento unico nel panorama delle competizioni internazionali di regolarità” ha commentato Liliana all’arrivo. “Credo che per me partecipare al Rallye Des Princesses come prima esperienza nel mondo delle auto d’epoca sia stato un privilegio piuttosto raro - ha invece dichiarato Nunzia - non avrei mai pensato che concorrenti, organizzatori e tutti coloro che seguono questa manifestazione ci avrebbero dimostrato un affetto così grande e ci avrebbero incoraggiato, tappa dopo tappa, fino alla bandiera a scacchi di Saint Tropez”. Oltretutto la caparbietà di Liliana e Nunzia e il supporto costante del team di assistenza meccanica formato da Agostino e Cesare Sasso sono valsi al team il Premio Speciale Richard Mille assegnato all’equipaggio più combattivo dell’edizione 2019 del Rallye. Ora non resta che pensare all’anno prossimo. L’appuntamento è già fissato e le “Lancette” inizieranno già a partire dalle prossime settimane l’allenamento nell’ambito delle principali competizioni di regolarità italiane, con l’obiettivo di scalare la parte alta della classifica nell’edizione 2020 Rallye Des Princesses.
le lancette
ca
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