La Binarietà e lo spazio bidimensionale

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GIANFRANCO CHIAVACCI LA BINARIETA’ E LO SPAZIO BIDIMENSIONALE




In copertina Elaborato Binario rosso e nero, serigrafia, 1972.

Referenze fotografiche Archivio Gianfranco Chiavacci, Pistoia. Testi di Gianfranco Chiavacci Carlo Chiavacci Realizzazione editoriale Carlo Chiavacci - Archivio Gianfranco Chiavacci




INTRODUZIONE

Con questa pubblicazione l’Archivio Gianfranco Chiavacci intende avviare la realizzazione di una serie di libri che hanno come obiettivo la divulgazione e valorizzazione della parte teorica del lavoro dell’artista toscano. L’unicità della sua vicenda artistica è indissolubilemente legata alla sua visionaria intuizione sull’importanza epocale dell’avvento della grammatica binaria, pertanto è opportuno fornire le chiavi di lettura basilari per comprendere al meglio tutto il suo lavoro. Lo scritto che presentiamo in questa occasione risale al 1980 ed è frutto delle numerose riflessioni maturate nei decenni precedenti, costituisce inoltre il manifesto artistico di Gianfranco Chiavacci. Espone infatti la base teorica della sua ricerca sul codice binario analizzando le possibili interazioni con lo spazio pittorico, ma anche con i molteplici processi creativi inerenti il suo fare arte. Da questo si evince come, almeno nella sua fase iniziale, ogni suo intervento in arte è conseguenza di un fenomeno logico e mai legato a un fare meramente compositivo. Per un’approfondita lettura della sua opera è importante capire la grammatica su cui poggia l’origine della sua arte e ad oggi questo suo scritto è quanto di più lucido e dettagliato possa esserci per riuscire ad entrare a fondo nel suo processo creativo. Se è vero che nel procedere della sua ricerca la ortodossia teorica su cui poggia la genesi del suo fare arte, vacillerà volutamente, fin quasi ad estinguersi, è altrettanto vero che per quasi vent’anni è una struttura logica da comprendere se non vogliamo prendere abbagli nei confronti delle sue originarie intenzioni. Non è un caso che il suo successivo scritto, datato 1993, Evoluzione della Binarietà, che l’Archivio Gianfranco Chiavacci ha intenzione di pubblicare in seguito, inizia con una premessa che lascia pochi dubbi sull’importanza dello scritto che presentiamo in questa occasione: La corretta comprensione di queste note richiede la conoscenza, seppur sommaria, delle premesse teoriche e dell'organizzazione sistematica della mia ricerca sullo spazio binario, così come sintetizzata nello scritto "La binarietà e lo spazio bidimensionale". Carlo Chiavacci



LA BINARIETA’ E LO SPAZIO BIDIMENSIONALE


"Elaborazione Binaria", 1971. Quindici zone quadrate esemplificano diverse situazioni compositive risultanti dalla sovrammissione di due ordini di elementi binari. Opera esposta a "Sincron-Rimini 71".

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PREMESSA

Questo scritto sintetizza in forma espositiva il punto di arrivo dell'approfondimento teorico e della sistematizzazione da me condotti sui risultati conseguiti nel mio lavoro di ricerca sperimentale, la cui prima impostazione risale al 1963. Lo scritto tende quindi a mettere in evidenza e ad esaminare in modo particolareggiato l'ipotesi di fondo di questo lavoro e cioè il tentativo di introdurre una mutazione controllata e controllabile nei modi e nei contenuti del fare arte. Tale esperimento si è concretizzato nella immissione in essi di un referente strutturante esterno al processo, la binarietà, che in prima approssimazione può essere indicato come il 'mutante'. Il discorso verterà quindi sulle caratteristiche del mutante, sulla definizione del punto in cui esso viene inserito nella catena della operazione artistica e sul rilevamento delle modalità funzionali che la nuova costellazione strutturale mutata presenta. Un'altra parte sarà inoltre dedicata all'ipotesi di una scala cromatica che sia correlata alla elaborazione binaria dello spazio bidimensionale.

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Reticoli monotoni rosso e azzurro sovrapposti a formare reticolo binario, 1966.

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PARTE PRIMA

IL MUTANTE La binarietà, o se si preferisce il sistema binario, può essere definito in modo semplice come un procedimento logico-matematico a due stati (aperto/chiuso, si/no, 1/0). Tale procedimento ha interessato a più riprese varie discipline, dalla logica alla linguistica, dalla cibernetica alla neurofisiologia alla semiologia. Al di là di ogni considerazione sull'ampiezza dell'estensibilità del termine 'binario' e sulla validità del binarismo, intorno alle quali diversi studiosi hanno preso posizione, merita precisare che il carattere di estrema semplicità del procedimento ha costituito forse il dato più rilevante ed utile per la sua adozione in diverse situazione sperimentali e teoriche. LO SPAZIO BIDIMENSIONALE La bidimensionalità può essere assunta come dato primario dello spazio da elaborare, almeno nella specificità di una dichiarata situazione sperimentale, come la presente, nella quale si richiede di ridurre al minimo le varianti in input onde garantire quella controllabilità della sperimentazione alla quale è stato fatto riferimento più sopra. E' inoltre evidente la considerazione che non si può avere spazio da elaborare al di sotto delle due dimensioni. Oltre a ciò l'assunzione dello spazio come entità bidimensionale offre, intrinsecamente, l'aggancio funzionale con la binarietà.

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Dai diari di lavoro del 1964 un disegno riassume origine del reticolo binario.


LA MUTAZIONE - IL PROCESSO ANALOGICO Binarietà e bidimensionalità sono quindi i due termini, geneticamente irrelati, attraverso i quali si vuole instaurare un processo di mutazione. Più nei dettagli: si ha un certo fenomeno, la binarietà, del quale interessa non tanto la specifica forma che ha nel proprio contesto, quanto la sua meccanica articolatoria, che dovrà essere utilizzata in un contesto, come già rilevato, geneticamente diverso, quello della bidimensionalità. Detto in altri termini, ciò che interessa è il contenuto del primo per la formalizzazione del secondo. Ecco che allora la primitiva definizione del processo come mutazione si precisa meglio ed assume tutte le caratteristiche per essere indicato come processo di trasformazione analogica. E di questo la formalizzazione è fase primaria e determinante. Formalizzazione come encoding, a cui evidentemente corrisponderà un conseguente decoding, in cui il processo di codifica rinvia ai criteri che devono essere appropriati al sistema nel quale il codice diverrà operativo. Livello questo al quale si può parlare di sintassi o sintattica. Ma prima di entrare nel merito di ciò è forse più opportuno precisare meglio il passaggio analogico che conduce dalla binarietà e dalla bidimensionalità alla bidimensionalità binaria. Vi è stato, storicamente, il tentativo di individuare i termini binario ed analogico come due procedimenti se non addirittura antitetici certamente rivali. Sembra evidente che se questa impostazione corrispondesse al vero, un processo di trasformazione analogica del binario sarebbe una contraddizione in termini e quindi incostituibile. In effetti però l'antinomia risente dell'angolazione linguistica in cui è stato esaminato il rapporto, senza invece tenere presente, per quanto attiene al binario, la sua dimensione articolatoria. E questa dimensione è quella che invece costituisce il motivo di interesse per la ipotesi sperimentale proposta. La particolarità del processo analogico in esame è quella di implicare due termini che sono costituiti ciascuno da due momenti (binarietà: procedimento a due stati - bidimensionalità: realtà a due dimensioni) e nello stesso

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tempo ognuno di essi ha intrinseche specificità articolatorie (si/no rispetto a verticale/orizzontale). Su questa corrispondenza si instaura la trasformazione che conduce da un contenuto ad una nuova forma, in cui il primo termine, la binarietà, offre la meccanica per formalizzare la materia del secondo, la bidimensionalità. La trasformazione così operata evita, sia detto per inciso, il rischio della modellistica, che non interessa e che consisterebbe nella riproduzione sostanzialmente inalterata del fenomeno originario. LA STRUTTURA MUTATA Entrare nel merito della sintassi binaria significa percorrere le tappe attraverso le quali si attua la formalizzazione binaria dello spazio bidimensionale. E' stato osservato che le due dimensioni costituiscono la condizione minima ed ottimale dello spazio affinché di questo ne possa essere effettuata una sperimentazione articolatoria controllabile. Perché ciò sia operativamente possibile è necessaria tuttavia la presenza di un'altra condizione e cioè che lo spazio sia riconducibile a misura. Misura mono-tòna, come costituente microcellulare indifferenziato. La quadrettatura o il reticolo è il primo livello di discretizzazione dello spazio bidimensionale.

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pr

al nt

es

zo

iz

en

or

za

za

ve

en

rti

es

ca

pr

le

La binarietà è procedimento a due stati, in cui l'elemento binario è presente oppure assente (1/0). Tale eventualità deve valere come possibilità alternativa anche per lo spazio bidimensionale, nel quale, tuttavia, l'elemento che verrà individuato come costitutivo della sua articolatorietà dovrà riflettere un'altra possibilità, quella relativa alla direzionalità dello spazio (verticale/orizzontale). E' quindi necessario che questo elemento costitutivo risponda ad una esigenza biunivoca tra le due coppie "presenza/assenza" e "verticale/orizzontale". Si forma così lo schema combinatorio, indicato nella figura 2, nel quale è possibile effettuare la scelta tra le quattro alternative citate.

VERTICALE

e

PRESENZA

ORIZZONTALE

le

e nt al as

ca

se

rti

nz

a

ve

or

a

iz

nz

zo

se

as

ASSENZA

figura 2

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Sopra, primo elaborato binario, 1963. Sotto, come appare la descrizione dell’opera nei suoi appunti di lavoro.

pagina 18


Ma qual è l'elemento dello spazio bidimensionale che risponde a questa esigenza biunivoca? E' un doppio quadrato, l'elemento binario o bit spaziale (figura 3), costituente aggregato della mono-tòna discretizzazione dello spazio.

figura 3

L’individuazione dell'elemento binario riorganizza quindi il primitivo reticolo (figura 1), trasformandolo nel reticolo binario (figura 4).

figura 4 pagina 19


Il diagramma di flusso, o flow chart, dell’operazione logica all’origine di un semplice elaborato binario. pagina 20


I MODI OPERATIVI La figura 4 indica la trama fisiologica dello spazio bidimensionale operativizzato in senso binario, che ne costituisce la digitalizzazione onnipresente, sia resa o meno esplicita visivamente nel contesto delle elaborazioni fattibili. In questa trama è infatti compresa la struttura nella quale le quattro possibilità alternative relative all'elemento binario sono copresenti. Tale struttura è indicata nella figura 5 e costituisce il primo livello di aggregazione funzionale del bit spaziale.

figura 5

Essa può essere definita cellula binaria e può assumere operativamente le quattro configurazioni indicate nella figura 6, nelle quali i numeri in alto codificano le scelte operate sulla base dello schema combinatorio della figura 2.

figura 6

pagina 21


Occorre tuttavia precisare un aspetto importante della elaborazione binaria dello spazio. Esso avviene in modo lineare e sequenziale, da sinistra a destra e dall'alto in basso. Ciò comporta che per ogni cellula binaria, in cui è strutturato lo spazio, esiste una sola scelta possibile per ogni passaggio elaborativo. Una sola scelta per ciascuno dei due aspetti della bidimensionalità binaria: presenza/assenza e verticale/orizzontale. Se viene pertanto ipotizzato, a titolo esemplificativo, uno spazio da elaborare con tutte le presenze, orizzontali e verticali, dovranno essere eseguiti due passaggi elaborativi successivi e lineari, come indicato nella sequenza della figura 7.

figura 7

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Un altro aspetto fondamentale da esaminare è quello relativo al gradiente metrico adottabile per la elaborazione. La formula del bit spaziale o elemento binario è 'n/2n', che indica il rapporto delle dimensioni verticali ed orizzontali del bit stesso. La formula rappresenta il gradiente binario. In essa 'n' rappresenta l'indice basso mentre '2n' rappresenta l'indice alto. gradienti binari n=1

1/2

1

O

2

2/4

O

3 4

3/6

O O

5 6

O

7

O

8

O

O

9

O

10

O

O

E' intuibile che ad 'n' può essere attribuito un valore metrico qualsivoglia, ricordando che esso costituirà anche il valore di maglia del reticolo di partenza (figura 1). L'attribuzione di questo valore permette la individuazione dei multipli di 'n/2n', cioè di diversi gradienti binari, e la conseguente stesura di una tabella nella quale potranno essere individuati i livelli tabellari specifici di ogni spazio bidimensionale ed i gradienti binari con i quali sarà possibile operare la elaborazione. Un esempio semplificato di tabella è rappresentato nella figura 8.

11 12

O

13

O

14

O

O

O

15

O

16

O

17 18

O

O

O

figura 8 pagina 23


Elaborato binario con presenze e assenze, 1968

pagina 24


Nella tabella surriportata si può constatare che, per esempio, uno spazio bidimensionale di livello tabellare 6x6 (A) permette la elaborazione con i gradienti binari '1/2' e '2/4', mentre al livello tabellare 18x18 (B) oppure 18x12 (C) i gradienti binari disponibili sono '1/2' '2/4' '3/6'. Ciò permette successivi e sovrapposti passaggi elaborativi (quelli a livello tabellare 6x6 sono esemplificati nella figura 9).

X

Y

figura 9

X+Y pagina 25


E' stato precisato che la cellula binaria, struttura primaria, contiene le scelte alternative relative al bit spaziale. In essa sono tuttavia presenti anche due componenti che nascono indissolubilmente legati all'elemento binario, rappresentandone ciascuno un aspetto monodimensionale e perciò indirezionato. Essi sono l'intercodice prearticolatorio e l'intercodice postarticolatorio. Il primo precede linearmente gli elementi binari (verticali ed orizzontali) ed è definito dal loro indice basso ('n'); il secondo corrisponde all'interspazio fra gli stessi ed è definito dal loro indice alto ('2n'). L'intercodice prearticolatorio è il luogo ove linearmente avviene la scelta dell'elemento binario in relazione alla sua presenza/assenza e verticalità/orizzontalità. Adempie cioè ad una funzione logica ben precisa nel flusso delle scelte operative. Tale funzione si amplia poi nel permettere la discretizzazione visiva degli elementi binari nella loro sequenza (funzione della presenza). Mentre gli intercodici ora menzionati sono componenti della cellula binaria e quindi già esplicitamente definiti nel reticolo binario, i precodici avranno una individualità riconoscibile soltanto se articolati nel processo operativo. Vi sono cinque tipi di precodici e precisamente: •

• •

precodice basso - costituito dalla intera banda (o comunque porzione di essa superiore all'estensione della cellula binaria) verticale e/o orizzontale, sulla quale giacciono gli intercodici prearticolatori (valore binario = 'n'); precodice alto - ha la stessa estensione del precedente, ma su di esso giacciono gli intercodici postarticolatori (valore binario = '2n'); precodice integrato - risultante dalla fusione di un precodice basso e di un precodice alto, contigui, omogenei, cioè risultanti dallo stesso gradiente binario (valore binario = 'n + 2n');

pagina 26


• •

precodice ristretto basso - costituito dalla fusione di un bit spaziale con il proprio intercodice prearticolatorio; precodice ristretto alto - costituito dalla fusione di un bit spaziale con il proprio intercodice postarticolatorio.

Per completare la rassegna delle strutture che emergono dalla elaborazione binaria dello spazio, occorre ulteriormente definire la porzione di questo composta da più cellule binarie, seppur nell'ambito di un campo più vasto e inarticolato o articolato ad un diverso gradiente binario. Tale porzione di spazio può essere definita ipercellula binaria. Questa corrisponde esattamente al campo binario nel caso che quest'ultimo sia elaborato ad un unico gradiente binario. Nella figura 10 è rappresentata la Cellula Binaria, elemnto chiave di tutto il sistema, mentre la figura 11 è una sintesi schematica di tutte le strutture individuate nello spazio bidimensionale sottoposto ad elaborazione binaria.

Cellula Binaria

figura 10

Intercodice prearticolatorio

Elemento, bit spaziale, orizzontale

‘n’ ‘n’ ‘2n’

Elemento, bit spaziale, verticale

‘2n’

Intercodice postarticolatorio

pagina 27


elemento orizzontale

sottocampo binario

precodice ristretto alto

cellula vuota

intercodice prearticolatorio elemento verticale

intercodice postarticolatorio

ipercellula cellula binaria

precodice ristretto basso

figura 11

precodice alto precodici bassi pagina 28


LA TABELLA DEI TERMINI L'elenco delle strutture evidenziate nella figura 11 costituisce la tabella dei termini (figura 11) sui quali verte l'articolazione dello spazio.

livello tabellare

gradiente binario

reticolo binario

unico

1

plurimo

2

unico

3

plurimo

4

unico

5

plurimo

6

campo binario

7

sottocampo binario

8

cellula binaria

9

ipercellula binaria

10

elemento orizzontale

11

elemento verticale

12

presenza totale

13

assenza totale

14

precodice

intercodice

basso

15

alto

16

integrato

17

ristretto basso

18

ristretto alto

19

prearticolatorio

20

postarticolatorio

21 pagina 29


Nella tabella surriportata i termini da 1 a 8 attengono alla definizione dello spazio e ne danno le caratteristiche fondamentali di operatività. I termini successivi definiscono lo spettro delle scelte attraverso le quali l'elaborazione diventa operativa. Tutti e ventuno i termini costituiscono quindi la costellazione globale entro la quale viene definita ogni elaborazione binaria possibile dello spazio bidimensionale. Se questi termini vengono disposti in una tabella combinatoria appropriata, emerge la possibilità di individuare in essa la rappresentazione grafica di tutte le scelte eseguite in qualsiasi situazione operativa. Un esempio di tabella in tal senso è quella rappresentata nella figura 12, che contiene anche le incompatibilità combinatorie, quelle cioè formate da termini che costituiscono sottoscelte alternative di un unico termine. Essa contiene inoltre, a titolo esemplificativo, gli schemi grafici delle due seguenti elaborazioni: A - 4.7.11.16.20 = gradiente binario plurimo - campo binario - elementi orizzontali (ELOR) - precodice alto - intercodice postarticolatorio B - 5.9.12.17 = reticolo binario unico - cellula binaria - elementi verticali (ELVER) - precodice integrato.

pagina 30


Cubo binario a reticoli sovrapposti, 1964. Quest’opera mi è venuta in mente, anche come eco di conversazioni precedenti, che la nostra attenzione deve continuamente essere rivolta alla ricerca del livello presociale del nostro essere. L'estetica, purtroppo, fino ad ora è stata un aspetto del livello sociale. Forse un giorno potrà essere una nuova branca della scienza. Ecco perché dobbiamo assolutamente fare in modo da evitare il rischio di adagiarsi in sterili posizioni formalistiche, con il contentino di una teorica prefazione avanguardistica. Lo spazio è sezionato in piani. Cosa avviene se lo spazio viene elaborato 'totalmente'? Qui abbiamo, a rigore, una lettura a 'salti', che passa da un livello (piano) ad un altro 'per assenza'. Con l'elaborazione totale dovremmo avere un salto 'per presenza'. E il senso di scorrimento? Qui avviene piano per piano, e sempre in Oizzontale/Verticale. pagina 31


Gianfranco Chiavacci nel suo studio nel 1973.


PARTE SECONDA CONSIDERAZIONI AGGIUNTIVE Nella prima parte di questo scritto è stata esposta la sintassi binaria che permette la elaborazione dello spazio bidimensionale. In questa seconda parte verranno svolte, in modo sequenziale e sintetico, alcune considerazioni aggiuntive che consentiranno di penetrare più profondamente nei meccanismi che presiedono alla elaborazione binaria, così come è stata impostata. Verranno enucleati pertanto quattro punti che riguardano altrettanti aspetti dell'ipotesi sperimentale proposta e cioè: lo spazio, il processo elaborativo, le scelte operative, la decodifica di particolari configurazioni dell'elaborato. 1. Lo spazio Lo spazio è bidimensionale. La sua dimensione è prevista dalla tabella dei livelli, dalla quale si desumono i gradienti binari operativi al livello scelto. Correlativamente la dimensione dello spazio può essere assunta, sempre in base alla tabella dei livelli, come dato subordinato rispetto alla scelta dei gradienti binari. Lo spazio bidimensionale è sempre operativizzabile in modo binario. Ad ogni valore di 'n' della maglia di discretizzazione dello spazio bidimensionale, corrisponderanno sempre elementi binari (bit spaziali) di formula 'n/2n' o suoi multipli. Così ad ogni valore di 'n/2n' o suoi multipli, corrisponderà sempre uno spazio bidimensionale definito dalla maglia di discretizzazione di valore 'n'. 2. Il processo elaborativo Il processo elaborativo ha andamento lineare e si svolge di norma dall'alto al basso e da sinistra a destra. Ogni elaborato è ottenuto con uno o più passaggi elaborativi in sovrapposizione. pagina 33


Per passaggio elaborativo va intesa una serie omogenea di operazioni previste dalla sintassi binaria. Sono serie omogenee di operazioni quelle che vertono selettivamente sui singoli punti della tabella dei termini (figura 11) 3. Le scelte operative Le scelte operative relative ai vari passaggi elaborativi sono quelle previste dalla tabella dei termini. Il loro ordine è determinato in via preliminare A ordine diverso può corrispondere in alcuni casi diversa strutturazione del risultato La compatibilità delle scelte è indicata dalla tabella combinatoria Il criterio delle scelte può essere stocastico oppure finalizzato alla messa in evidenza di uno o più termini della tabella e/o alla evidenziazione delle interrelazioni esistenti tra due o più termini di essa. L'elaborazione può anche consistere nella traduzione operativa di un particolare tracciato grafico individuato nella tabella combinatoria. Così, dopo la individuazione del tracciato esemplificativo '8.9.12.16.19', può essere richiesta la stesura dell'elaborato corrispondente. La suddetta sequenza, in termini espliciti, prevede: sottocampo binario cellula binaria - elemento verticale (ELVER) - precodice alto - intercodice prearticolatorio. Il risultato è schematizzato nella figura 13.

figura 13

cellula binaria precodice alto sottocampo binario elemento verticale intercodice prearticolatorio

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Elaborazione binaria, 1972. pagina 35


LA DECODIFICA La decodifica è la lettura dell'elaborato in termini di sintassi binaria. Qualsiasi altro livello di decodifica è improprio perché decontestualizza la genetica funzionale che ha condotto all'elaborato in esame. La decodifica, come il processo elaborativo, è sequenziale e lineare. Qualsiasi configurazione è sempre in rapporto con le altre che la precedono nella sequenza operativa e con quelle escluse dalla sequenza prescelta (funzione del valore operativo).

figura 14

La configurazione soprastante si svolge in due passaggi elaborativi: 1) ELOR - ELOR - ELOR - ELOR 2) ---- - ELVER ---- - ELVER.

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Progetto per l’elaborato binario verde e azzurro del 1973.

Elaborazione binaria verde e azzurro, 1973.


Elaborazione binaria, 1972.

pagina 38


Scorrendo in sequenza la tabella dei termini possiamo elencare le scelte operative come sotto indicato: SI : 1. 3. 5. 11. 12. NO: 2. 4. 6. 7. 8. 9. 10. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21.

transelementi

L'elaborato della figura 14 viene conseguentemente indicato con la sequenza '1.3.5.11.12.' Dalla sovrapposizione di successivi passaggi elaborativi possono risultare determinati elementi e strutture (transelementi e transtrutture) diversi da quelli previsti dalla tabella dei termini (elementi e strutture di prima articolazione). La figura 15 ne indica la genesi operativa.

figura 15

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Smalto bianco, nero, azzurro, 1973.

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La loro decodifica deve avvenire in modo sequenziale, decostruendo i passaggi elaborativi che li hanno generati. Il risultato può essere anche quello di ottenere frammenti di elementi e strutture (sottoelementi e sottostrutture). CosÏ, se viene ripreso in esame l'esempio rappresentato nella figura 15, e ipotizzato che le due marcature in sovrapposizione si annullino, il risultato è quello che appare nella figura 16

figura 16

sottoelementi

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Indagine sulla centralitĂ binaria, 1979.

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I concetti di 'alto', 'basso', 'centrale' hanno una connotazione esclusivamente operativa. CosĂŹ negli esempi proposti nella figura 17 possiamo a rigore parlare rispettivamente, da sx a dx, di 'ELOR alto', 'ELOR basso' e 'Precodice ristretto centrale'. (figura 17) figura 17

Similmente deve dirsi per il concetto di simmetria. Due situazioni sono simmetriche quando lo sono le catene operative che le hanno generate. CosÏ negli esempi schematizzati nella figura 18 non si può parlare di simmetria nel primo di essi, mentre è appropriato farvi riferimento nel secondo.

figura 18

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Elaborato binario, precodice ristretto, cellula binaria, intercodice prearticolatorio, 1980.


PARTE TERZA UN'IPOTESI DI SCALA CROMATICA I punti assunti come base dell'ipotesi di una scala cromatica, che sia correlata all'elaborazione binaria dello spazio bidimensionale, sono: 1. il colore è usato come marcatura degli elementi e/o strutture che vengono determinati nel corso dell'elaborazione dello spazio secondo la sintassi binaria; 2. il colore, quindi, non ha funzione espressiva, plastica e non costituisce un particolare ipercodice culturale pittorico; 3. il colore è elemento descrittivo dello spazio, mostra cioè lo stesso come dato elaborato, attraverso la differenziazione cromatica degli elementi e/o strutture che lo operativizzano; 4. filogeneticamente viene dopo il codice binario, non dandosi il colore come valenza autonoma nella elaborazione binaria dello spazio. GENESI DELLA SCALA CROMATICA Il punto di partenza è costituito dalla triade cromatica AZZURRO - GIALLO - ROSSO. Sono questi i termini elementari sui quali si basa la ricerca che qui viene proposta. Da questi possono essere derivati, attraverso opportuna miscelazione, i termini di prima coniugazione. La miscelazione, ammessa la costanza dei termini elementari per ogni fase di essa, dovrà avvenire con precisi criteri di controllabilità, al fine di ottenere una scala cromatica costante in ogni sua zona e congruente alla elaborazione binaria dello spazio. Escluso il ricorso ad una campionatura di ordine fisico-chimico, possibile, ma che qui non interessa in quanto condurrebbe ad un diverso ambito di ricerca, non rimane che la individuazione di un criterio operativo tale che permetta il rispetto delle attese insite nel tipo di elaborazione richiesta. Si dia a questo punto, come ipotesi di lavoro, la necessità di marcare due

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serie di bit spaziali dello stesso gradiente binario, di cui una verticale e l'altra orizzontale. Si è di fronte, giova rimarcarlo, a due serie geneticamente omogenee, ma diversamente articolate. Occorre quindi, per il principio della congruenza più sopra richiamato, individuare il procedimento idoneo ad ottenere, per miscelazione dei termini elementari, due termini di prima coniugazione ugualmente omogenei ma diversamente articolabili. Si tratta in sostanza di adottare un procedimento analogico che permetta di passare da un contenuto (in questo caso: orizzontale) ad un altro contenuto (verticale), in assenza di una forma comune ad entrambi (orientamento). Occorre cioè non tanto trovare la marcatura specifica della verticalità e della orizzontalità dei bit spaziali dello stesso gradiente binario, quanto individuare, per le due marcature, una genesi omogenea tale che renda intrinsecamente operabile una diversa articolazione. Se si pone attenzione al meccanismo che permette l'articolazione orizzontale/verticale del bit spaziale, si scopre che ciò avviene a causa della particolare struttura dei bit stessi, resi orientabili dalla loro costruzione in base alla formula 'n/2n' Il meccanismo consiste e si riduce quindi alla particolarità della quantificazione. E la quantificazione può diventare il criterio basilare per la costruzione della scala cromatica binaria.

Sequenze di moduli binari a gradienti differenziati 4-2 6-3 12-6 .

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QUANTIFICAZIONE DELLA SCALA CROMATICA BINARIA Partendo dalla triade cromatica formata da AZZURRO (da ora indicato con A) - GIALLO (idem con G) - ROSSO (idem con R) e operando la quantificazione in base alla formula ormai consueta , si ottiene la tabella della figura 19..

1A + 2G

VE/G = Verde

maggiore giallo

VE/A = Verde

minore azzurro

VI/R = Viola

maggiore rosso

VI/A = Viola

minore azzurro

AR/G = Arancio

minore giallo

AR/R = Arancio

maggiore rosso

VE (Verde) 1G + 2A 1A + 2R VI (Viola) 1R + 2A 1R + 2G AR (Arancio) 1G + 2R figura 19

Pertanto le due coppie di marcature cromatiche da adottare per le due, piÚ sopra ipotizzate, serie di bit spaziali, rispettivamente verticali e orizzontali, andranno evidentemente scelte tra VE (verde)/ G e VE/A oppure tra VI (viola)/R e VI/A oppure tra AR (arancio)/G e AR/R.. Il risultato, che la tabella vista sopra evidenzia, è una scala cromatica strettamente legata ai termini elementari, dai quali discende attraverso una quantificazione rigida ed analoga, come procedimento, a quella che ha generato il reticolo che organizza in senso binario lo spazio fino ad allora inarticolato.

pagina 47


ROUTINE, SUBROUTINE e SSUBROUTINE CROMATICHE Se i termini elementari e i termini di prima coniugazione cosĂŹ ottenuti vengono disposti graficamente in modo appropriato, si perviene alla redazione della routine cromatica che appare nella figura 20. All'interno della routine di figura 20 sono individuabili tre subroutine (di A, di G, di R) nelle quali il termine centrale, il primario, corrisponde al termine elementare e quelli esterni, i secondari, hanno in comune tra loro, pur nella diversitĂ cromatica, il quantificatore '2' con il quale sono entrati nella miscela che ha loro dato origine.

VI/A VI/R

A br

ou

tin

e

di

A VE/A

subro

R

utine

di R

su

AR/R VE/G

tine d u o r b su AR/G

iG

G figura 20

pagina 48


Sono cioè, se ci riferiamo per esempio alla subroutine di G, ' /G' che equivale a 'tendente a G'. Partecipano cioè del primario (G), dal quale derivano, attraverso una costante tendenziale. Una volta chiarito il procedimento attraverso il quale è stata ottenuta la scala cromatica riportata nella routine di figura 20, è possibile procedere ulteriormente nella coniugazione dei termini. Questa volta entreranno evidentemente in gioco non solo i termini elementari, ma questi e quelli di prima coniugazione già individuati. Si otterranno così termini di seconda coniugazione, che uniti agli altri precedentemente determinati, formeranno una scala cromatica più ampia, della quale, nella figura 21, appare la versione in forma di routine.

VI/A

VI/R

VI/R VI/R R R

AR/R AR/R

A

A

VI/A

◎ br

ou

A A

tin

di R

su

◉ e

◎ di

A

AR/R

A

VE/A VE/A VE/G

AR/R

VE/A

R

d utine subro

AR/G AR/G AR/R

figura 21

VE/A

utine

R

R ◉

VI/A

subro

VI/R

VI/A

VI/A

VI/R

iG

AR/G

AR/G

G

G

AR/G

VE/A

VE/G

VE/G

VE/G

G

G

VE/G

G

pagina 49


In questa figura compaiono sia le subroutine che Ssubroutine. Ogni subroutine è formata da tre Ssubroutine, una ciascuna per il primario e per i due secondari. E stato delucidato il rapporto cromatico esistente a livello di subroutine tra il primario ed i secondari. Tale rapporto persiste anche nella routine cromatica contenente i termini di seconda coniugazione. Persiste tuttavia sempre e solo a livello di primari e secondari, in quanto questi ultimi, nell'ambito della subroutine di appartenenza, hanno anche un termine estremo della loro specifica Ssubroutine che assume altre caratteristiche. A tale riguardo è necessario osservare che questi termini costituiscono particolari legami cromatici con i termini delle Ssubroutine contigue. Ciò del resto accadeva anche nella routine illustrata nella figura 20. La particolarità di questi legami consiste essenzialmente nel fatto che ciascun termine ha una composizione cromatica reciproca di quella del termine contiguo. Così infatti abbiamo le coppie:

AR/R AR/G

e

AR/G

VI/R

AR/R

VI/A

e

VI/A

VE/A

VI/R

VE/G

VE/G e VE/A

Questi termini possono essere definiti, a causa del reciproco rapporto esistente fra loro, termini di legame. VERSO UNA SINTASSI CROMATICA? L'osservazione effettuata a proposito dei termini di legame, consente di rilevare che ogni passaggio da una subroutine o da una Ssubroutine a quella contigua, che equivale a dire da una caratteristica sostanziale ad un'altra, avviene attraverso termini in tal modo articolati. Esiste cioè una costante che percorre tutta la routine. pagina 50


Al fine di interpretare esplicitamente il fenomeno, è forse opportuno rappresentarlo graficamente con una linea spezzata, assumendo che i termini giacenti sullo stesso tratto di linea orizzontale abbiano identica composizione cromatica sostanziale, anche se diverso indice di tendenza (fattori questi indicati nella formula di ciascun termine rispettivamente come numeratore e denominatore del rapporto). Il risultato è rappresentato nella figura 22 (limitatamente ad uno spezzone di routine). AR/G AR/R

AR/G

AR/G G

VE/G G

subroutin di AR/G

subroutin di VE/G subroutin di G

subroutin di VE/A

figura 21

VE/G

VE/G VE/A

G AR/G

G

G VE/G

VE/A VE/G

VE/A

VE/A A

La linea spezzata riflette un andamento di tipo binario. In ogni punto in cui essa devia dal percorso vi è un cambio di polarità nei termini che lo contraddistinguono. Vi è cioè il passaggio tendenziale da una Ssubroutine all'altra attraverso l'inversione dei fattori dei termini nella formula cromatica, nella quale il numeratore passa ad essere denominatore o viceversa. Un cambio di polarità che riflette molto da vicino l'analogo processo che si verifica nella sequenza binaria al momento dell'inversione polare tra 0 e 1 (o viceversa). Ma un altro aspetto emerge direttamente dal tipo di percorribilità della scala cromatica che via via si è evidenziato. E' la natura articolatoria del colore, che si impone come dato primario su qualsiasi reminiscenza di natura emotiva, percettiva o quant'altro. Analogamente a quanto era accaduto per lo spazio bidimensionale, dopo la messa a punto del criterio strutturante binario, il colore assume una referenpagina 51


Materia e luce, 1984.

pagina 52


za tutta interna a se stesso, sul proprio versante operativo. E' questo certamente un elemento non secondario per valutare fino a che punto, partendo dalla ipotesi originaria ed adottando i criteri di quantificazione cromatica che sono stati precisati, si sia pervenuti alla definizione di una scala cromatica 'pulita', cioè la più vicina possibile alla sintassi binaria dello spazio, alla quale deve fornire elementi di marcatura congruenti. Il problema consisterà ora nel saggiare la duttilità di questo strumento nella concreta realtà della elaborazione binaria. E da questo aspetto discenderanno certamente nuovi arricchimenti e più precise informazioni sulla meccanica e sul comportamento della marcatura cromatica binaria.

Gianfranco Chiavacci, Pistoia, 1980.

pagina 53



Biografia


Gianfranco Chiavacci in un ritratto degli anni ’90.

pagina 54


Gianfranco Chiavacci nasce il 1 dicembre 1936 e muore il 1 settembre 2011 a Pistoia, città dove ha sempre lavorato e abitato. Interessato all’arte fin da ragazzo, nei primissimi anni Cinquanta inizia a dipingere. Prima da semplice autodidatta osservando le opere del passato e poi, frequentando le mostre e sempre più l’ambiente artistico toscano, traendo ispirazione da quelle di arte contemporanea. Le sue prime opere pittoriche sono della metà degli anni cinquanta e mostrano un interesse per il clima informale di quegli anni e per la lezione dell’astrattismo internazionale che conosce tramite cataloghi e riviste. Si avvicina alle esperienze di arte visuale e cinetica e ai suoi esponenti, con i quali viene in contatto a Milano e Firenze, in particolare grazie alla Galleria Numero di Fiamma Vigo, vivace luogo di dibattito sui problemi della ricerca artistica. Nel 196465 inizia un rapporto di amicizia e di collaborazione sul piano teorico con il conterraneo artista Fernando Melani, che durerà tino alla morte di questi nel 1985. Nel 1962, per motivi di lavoro, inizia a frequentare i corsi IBM per programmatore e operatore, questo lo introduce al pensiero scientifico di cui si trova riscontro nei primi tentativi di mutuare il linguaggio informatico in pittura. L’impiego del linguaggio binario, sugli allora mastodontici elaboratori elettronici, e lo studio della sua logica, trovano applicazione già nei primi lavori del 1963, l’assunzione della binarietà, definita dall’artista stesso “come logica a due stati (da non confondere con la dualità o il dualismo) e come tecnica - processo strumentale per creare e indagare sperimentalmente il mondo formale attinente alla bidimensionalità diviene nucleo fondante della sua ricerca teorica e operativa fino agli ultimi lavori del 2007, quando dichiara di essere giunto a uno stato conclusivo. L’artista non usa mai la macchina informatica per la produzione delle opere ma la logica binaria a essa inerente come processo logico-esecutivo; quindi il suo interesse non e per la tecnica ma per il pensiero che la sostiene. Le opere, quasi duemila, spaziano dalla pittura, realizzata con eterogenee tecniche classiche e sperimentali, a opere tridimensionali vicine alla scultura, da sperimentazioni materiche a interessanti indagini fotografiche, da piccoli libretti a diffusione limitata a episodi classificabili come mail-art. Vasta e interessante è anche la produzione di testi teorici presentati autonomamente o in occasione di

pagina 55


Gianfranco Chiavacci in un suo autoritratto del 1975.


esposizioni personali. La sua ricerca nell’ambito dell'astrattismo e del secolare rapporto tra arte e pensiero scientifico ne fanno un artista tra i più interessanti ed emblematici della situazione culturale italiana della seconda metà del secolo scorso. Particolarmente interessante è la ricerca iniziata nei primissimi anni Settanta che riguarda la fotografia che pratica da sempre e di cui conosce i principali esponenti e sperimentatori storici delle avanguardie e del dopoguerra. Anche in questo caso l’artista e interessato alla logica del mezzo, al processo esecutivo della nascita dell’immagine fotografica, alla possibilità di intervenire sugli aspetti linguistici e alle capacita di astrazione dell’immagine. Questa ricerca che durerà fino a metà degli anni Ottanta, si svolge parallelamente e internamente a quella pittorica; al pari di questa giunge a risultati qualitativamente molto alti e interessanti dal punto di vista innovativo. Attuata sia con mezzi semplici che con tecniche e materiali sofisticati, offre risultati sorprendenti in questo campo. La produzione fotografica di Gianfranco Chiavacci abbraccia non solo riflessioni concettuali sulla processuali fotografica ma anche ricerche sul movimento dell’oggetto nello spazio, sul colore e sulla definizione di tempo: tutto questo in sintonia con le speculazioni di quegli anni.

pagina 57


Mostra collettiva "Sincron-Rimini 71", Rimini, 1971.


Principali esposizioni • Collaborazione differenziata, Chiavacci, Lupetti, Melani, a cura della sezione culturale Flog, Galleria Flog, 11-25 gennaio1965, Firenze. • Piccolo formato, Galleria numero, 2-17 gennaio 1966, Firenze. • Mostra estate 1966 Internazionale, Galleria numero, 16 luglio – 9 settembre 1966, Firenze. • Mostra piccolo formato, Galleria numero, 5 - 20 gennaio 1967, Firenze. • Gianfranco Chiavacci, personale, Galleria numero, 18 febbraio – 3 marzo 1967, Firenze. • Gianfranco Chiavacci, personale, Galleria FG, 1-16 giugno 1967, Pistoia. • Affiches a Bologna, Galleria Quarantadue, giugno 1968, Bologna. • Mostra provinciale degli artisti pistoiesi, Museo Civico, Sala Ghibellina, 18-30 giugno 1968, Pistoia. • Mostra mercato d’arte contemporanea, a cura della Galleria numero, Palazzo Strozzi, novembre- dicembre 1968,Firenze. • Confronto 69, Galleria d’arte contemporanea Sincron, 1 aprile 1969, Brescia. • 11 giorni di arte collettiva a Pejo ‘69, a cura del centro operativo Sincron, 24 agosto – 3 settembre 1969, Pejo, (Trento). • I Rassegna Biennale Regionale Arte Figurativa Fortezza Vecchia, Palazzo del Portuale, 19 ottobre – 5 novembre 1969,Livorno. • II Incontro Post Pejo, Galleria d’arte contemporanea Sincron, 28 marzo - 7 aprile 1970, Brescia. • Fuoco e Schiuma, a cura del centro operativo Sincron, 18-20 settembre 1970, S. angelo Lodigiano (Milano). • Incontro Sincron Rimini 1971, a cura del centro operativo Sincron, Palazzo del Podestà, 3-16 aprile 1971, Rimini. • Ti.Zero uno. Operazioni estetiche e strutture sperimentali, ti.Zero centro sperimentale di ricerca estetica, giugno 1971, Torino.

pagina 59


“Binaria� mostra personale a cura di Gianluca Marziani, Palazzo Collicola, Spoleto, 2013.

pagina 60


• Multipli Sincron 250, Prototipi, Serigrafie, ti.Zero centro sperimentale di ricerca estetica, 14 dicembre 1971 – 15 gennaio 1972, Torino. • Ricerche plastico-visuali, ti.Zero centro sperimentale di ricerca estetica, 18 gennaio – 19 febbraio 1972, Torino. • Gianfranco Chiavacci. Binarietà, personale, ti.Zero centro sperimentale di ricerca estetica, 8-26 maggio 1973, Torino. • A Pistoia anche. Barni, Buscioni, Chiavacci, Coccoli, Donatella, Ghidini, Landini, Melani, Simoncini, Ulivi, La Porta vecchia galleria d’arte contemporanea, 10-22 novembre 1973, Pistoia. • Diapositive movimento-colore. Rotazioni Traslazioni Sfuocature, serata personale dedicata alla ricerca fotografica, Galleria Vannucci, 10 maggio 1975, Pistoia. • Grafica / Atto primario. Una verifica 1970/1980. Biagi, Chiavacci, Giovannelli, Simoncini, Tesi, Ulivi, organizzata dal bollettino d’arte “Grapho”, Municipio, Sala consiliare, 26 marzo – 6 aprile 1980, Montecatini terme (Pistoia). • Por la Paz, Mostra internazionale di Mail Art, a cura del centro operativo Sincron, Università di Santo Domingo, ottobre 1984, Santo Domingo. • Dell’ arte e della vita, generazioni a confronto, a cura di andrea Del Guercio, ex cinema nuovo Giglio, 5-30 luglio 1984, Pistoia. • IV Omaggio agli Etruschi, internazionale di Mail art, Galleria Sincron, 27 aprile 1985, Brescia. • Analisi e stile. Gianfranco Chiavacci, Donatella Giuntoli, Giorgio Ulivi, a cura di Siliano Simoncini, Palazzo comunale, ex • centro Marino Marini, 27 gennaio – 11 febbraio 1990, Pistoia. • Gianfranco Chiavacci. Limiti, personale, a cura di Bruno Corà, opera associazione culturale per le arti visi- ve, 16 maggio – 5 luglio 1994, Perugia. • Incontro con l’artista: Gianfranco Chiavacci, a cura di Bruno Corà e Aldo Iori, accademia di Belle arti ‘Pietro Vannucci’, 16 maggio 1994, Perugia. • Nello studio, Opere recenti, personale, Studio di Gianfranco chiavacci, 14 maggio – 18 giugno 1995, Pistoia.

pagina 61


“1967� mostra personale alla Galleria Die Mauer, Prato, 2016.

pagina 62


• Fernando Melani (e gli amici di Fernando Melani): Barni, Berti, Beragnoli, Castellani, Chiari, Chiavacci, Fabro, Giuntoli, Landini, Nigro, Paolini, Pistoletto, Ranaldi, Ruffi, Simoncini, Ulivi, Galleria Vannucci, 12 aprile – 31 maggio 1996, Pistoia. • Nello studio & Progetto Fenoma Umano, personale, Studio di Gianfranco chiavacci, 31 maggio – 30 giugno 1997, Pistoia. • Proiezioni d’Arte, Alleruzzo, Biagi, Chiavacci, Dami, Mei, Papotto, Ulivi, a cura di Marco Bazzini, Palazzo fabroni arti visive contemporanee, Fortezza di Santa Barbara, 19 settembre – 19 ottobre 1997, Pistoia. • Abitanti / Arte in relazione, a cura di MarcoBazzini, Bruno Corà, Mauro Panzera, Palazzo Fabroni arti visive contemporanee, 14 ottobre – 16 dicembre 2001, Pistoia. • Fiamma Vigo e n. Una vita per l’arte, a cura di Maria Grazia Messina e Rosalia Manno Tolu, archivio di Stato, 7 ottobre – 20 dicembre 2003, Firenze. • Preziose carte. Un viaggio nei libri d’artista, a cura di Paolo tesi, Museo civico Pinacoteca Crociani, Salone di Palazzo Ricci, 13 dicembre 2003 – 21 marzo 2004, Montepulciano (Siena). • Gianfranco Chiavacci, Personale, Galleria Vannucci, 20 dicembre 2003 – 31 gennaio 2004, Pistoia. • Sonde / 10 anni con gli artisti a Palazzo Fabroni, a cura di Bruno Corà e Mauro Panzera, Palazzo fabroni arti visive contemporanee, 17 gennaio – 14 febbraio 2004, Pistoia. • Gianfranco Chiavacci, Personale, a cura della Galleria Vannucci, arcadia, 30 aprile – 13 maggio 2005, Pistoia. • Quasi Pagine. libro d’artista libro oggetto libro ambiente, a cura di Paolo tesi, Biblioteca San Giorgio, 23 aprile – 16 giugno 2007, Pistoia. • Gianfranco Chiavacci, personale, a cura di Aldo Iori, Sale affrescate del Palazzo comunale e Palazzo Azzolini, 23 novembre 2007 – 3 febbraio 2008, Pistoia. • Gianfranco Chiavacci, personale, Mac,n, 7-29 giugno 2008, Monsummano terme (Pistoia).

pagina 63


“Works: 1957 - 2005� retrospettiva a cura di Corinne Tapia, Sous Les Etoiles Gallery, New York, 2018.

pagina 64


• Gianfranco Chiavacci, personale, Palazzo Achilli, 7-31 agosto 2008, Gavinana (Pistoia). • Gianfranco Chiavacci, personale, Polo tecnologico, 19 settembre – 5 ottobre 2008, Quarrata (Pistoia). • Gianfranco Chiavacci, personale, Palagio, 17 ottobre – 5 novembre 2008, Pescia (Pistoia). • Gianfranco Chiavacci ‘1970’, Lato, in collaborazione con Die Mauer arte contemporanea, 9-30 aprile 2011, Prato. • Gianfranco Chiavacci, mostra personale, Banca iPiBi, in collaborazione con Die Mauer arte contemporanea, 28 maggio – 28 giugno 2011, Pistoia. • Gianfranco Chiavacci – Ricerca Fotografica, a cura di Angela Madesani e Aldo Iori, Milan image art fair 2012, in collaborazione con Die Mauer arte contemporanea, 4-6 maggio 2012, Spazio Superstudio Più, Milano. • Binaria, mostra a cura di Gianluca Marziani e Piergiorgio Fornello, Palazzo Collicola arti visive, 29 giugno - 29 settembre 2013, Spoleto. • Fotografia Totale, mostra a cura di Valerio Dehò, Palazzo Fabroni arti visive contemporanee, 8 dicembre 2013 - 9 febbraio 2014, Pistoia. • Gianfranco Chiavacci | François Morellet: rigorosi, rigolards… a cura di Alessandro Gallicchio, Galleria Die Mauer e Artforms, Prato, 18 settembre al 17 novembre 2015. • Gianfranco Chiavacci 1967 mostra dedicata al riallestimento di un nucleo di opere esposte nella prima personale di Chiavacci alla galleria Numero di Firenze nel febbraio del 1967. • Chiavacci, Gori, Turco, uno spazio tre personali Die Mauer arte contemporanea, Prato, ottobre 2016. • Gianfranco Chiavacci: Works 1957 - 2005 a cura di Corinne Tapia, Sous Les Etoiles Gallery, New York, US, 17 settembre - 18 novembre 2018. • Painting with Light mostra collettiva, Yossi Milo Gallery, New York, 17 gennaio – 23 febbraio 2019.

pagina 65



INDICE

1

Introduzione

p.

9

2

Premessa

p.

11

3

Parte prima, Il mutante

p.

13

4

La mutazione - Il processo analogico

p.

15

5

La struttura mutata

p.

16

6

I modi operativi

p.

21

7

La tabella dei termini

p.

29

8

Parte seconda, Considerazioni aggiuntive

p.

33

9

La decodifica

p.

36

10

Parte terza, Un’ipotesi di scala cromatica

p.

45

11

Genesi della scala cromatica

p.

45

12

Quantificazione della scala cromatica binaria

p.

47

13

Routine, Subroutine e Subsubrutine cromatiche

p.

48

14

Verso una sintassi cromatica

p.

50

15

Biografia

p.

55

16

Principali esposizioni

p.

59



“Un lavoro semplicissimo, fatto di si e di no. Non semplice integralmente. L’equivalente che ho trovato nella pittura è questo gesto, questo porre del materiale sopra una superficie. E da lì è nata questa idea che s’è formata molto presto di iniziare ad utilizzare i miei strumenti abituali di lavoro per approfondire quest’aspetto teorico. Da qui sono partito con delle cose molto semplici che però mi rispondevano totalmente. Forse sono fatto un po’ così anche io. Approfondendo questo aspetto senza curarmi di tutti gli altri aspetti che competono a chi si occupa di arte. Ho insistito in questa mono tonia. E questa mono

tonia, ad un

certo punto, è esplosa. E’ diventata un qualcosa di globale. Per cui, non è che vedo il mondo fatto a quadrettini, però vedo, questa enorme possibilità nel linguaggio che ho adottato. Una possibilità che poi diventa formale, con varianti, con molte autoprovocazioni, perché ci sono anche queste, per verificare certe situazioni. Posso dire di essere vissuto in un mondo, da un punto di vista, un po’ monastico, nel senso che ho lavorato quasi sempre molto ritirato, senza esibire, e nello stesso tempo sentivo crescere questa ricchezza. A questo punto non ho da aggiungere molto.”

Gianfranco Chiavacci, Pistoia, maggio 2011.




"... nell'universo entro cui ci muoviamo c'è anche la Binarietà ...dal concetto matematico (a base due) alla logica binaria, dalla teoria dell'informazione alla bionica... lÏ dentro ho cercato la mia sintonia, la mia risonanza e mi sono ri-trovato, col quadrato, dentro la mia gabbia logica".

Gianfranco Chiavacci, 1973.


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