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C EDITORE
Associazione ! CHIC Testata Registrata presso il Tribunale di Frosinone. DIRETTORE
CLAUDIO GIULIANI GRAFICA
Advok Studio srl - Grafica & Web info@advok.it MADDALENA ZOLFINI VALENTINA FANFERA DIRETTORE RESPONSABILE
SALVATORE PIGLIASCO SS 155 per Fiuggi n 7 03100 Frosinone Tel. 0775 961440 CREATIVE AREA / BRAND MANAGER
CLAUDIA PALOMBI chicstyle.redazione@gmail.com REDATTORE CAPO
CLAUDIA PALOMBI redazione@chicstyle.it
In copertina
In questo numero FOTOGRAFIA
RICCARDO LANCIA ANDREA SELLARI MAKEUP & HAIR ARTIST
FRANCESCA ROTONDI STYLISTS
CHIARA LUCIA GUARINO CLAUDIA PALOMBI
MODELLA - Rada Ghedea FOTOGRAFIA - Riccardo Lancia MAKEUP - Francesca Rotondi STYLIST - Claudia Palombi, Chiara Lucia Guarino BRAND DENIM - Atelier Cigala's ABITI - Elisabetta Franchi, Zed Store Frosinone LOCATION - La Tenuta Del Campo Di Sopra, Patrica
REDATTORI
ABBRUZZESE GIULIA CAPONE CLAUDIA CAVALIERE FRANCESCA CELANI ALESSANDRA COLAFRANCESCHI LUCIA DI MANNO VALENTINA EVANGELISTI ROBERTA GUGLIELMINO VIVIANA ROSAMILIA GIUSI TOMAINO MATTEO ANASTASIA VERRELLI MODELLE
RADA GHEDEA LOCATION
LA TENUTA DEL CAMPO DI SOPRA - PATRICA
PROSSIMA USCITA – PROSSIMA USCITA AUTUNNO 2018 CHIUSO IN STAMPA IL 16 GIUGNO 2018 STAMPA - ARTI GRAFICHE AGOSTINI - TIRATURA 10.000 COPIE I CONTENUTI, LE DESCRIZIONI, LE IMMAGINI E LE COLLABORAZIONI PRESTATE SI INTENDONO ESCLUSIVAMENTE A TITOLO GRATUITO
CHIC STYLE SUMMER 2018 La tua miglior lettura sotto l'ombrellone
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oda oltre le tendenze, accessori che diventano complemento essenziale per uno stile unico, bellezza e lifestyle. Allo stesso tempo, approfondimenti di attualità, news e racconti di personaggi da scoprire. Chic Style è il magazine che offre spunti di riflessione sui cambiamenti, per essere sempre al passo con i tempi. Un appuntamento imperdibile, pagina dopo pagina che come un vero personal shopper ti guida nella ricerca di capi e accessori dei marchi MADE IN ITALY. Se sei sempre alla ricerca di qualcosa di diverso perché non puntare sui brand di tendenza non ancora famosi a livello planetario? Cosa c'è di più bello che essere considerate delle pioniere in fatto di moda? Un passo sempre avanti sulle tendenze e sui nomi di domani, proprio come una cool hunter. Ma ora non occorre più fare scouting in giro per il mondo, basta sfogliare il nostro magazine e scoprire quali sono i nuovi marchi di moda di cui sentiremo parlare nel brevissimo tempo. Si tratta di designer pieni di talento e con le carte in regola per sfondare. Puoi acquistare tutte le loro realizzazioni da Mad Moda Accessori Design. Chic Style è la tua guida all'interno di questo straordinario universo, permettendoti di entrare da protagonista nel mondo della moda e del beauty, dei viaggi e del design, senza dimenticare l'architettura, il cinema, la cultura, i personaggi, gli eventi, le news e le curiosità. Buona lettura.
La Redazione
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Un’estate a colori
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Quando la Sunglasses mania chiama
INDEX
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Indossa l'arte e mettila in Armadio! Rosso mania! Ritratti Parrucchieri Otovision È (di nuovo) il Denim il trend dell’estate 2018 Il meraviglioso mondo di Anna Nails La perfezione che passa per la cruna di un AGO L’eleganza senza tempo Oro, gemme e raffinati preziosi Il Fascino raffinato della Bellezza LORY G. Capelli all’insegna della Natura Il mondo colorato di Ale Giorgini Summer Makeup Ho sempre fame di Musica Tra colori, sapori & fantasia Massimo Dolcemascolo Alla scoperta del mondo Vegan e Sugar free Una Chef che non balla da sola È l'ora dell'apericena Caesars Palace Cafe' MumcakeFrelis Un posto al sole Il mondo di Marianna Capozi Il Matrimonio Bohemien La realtà a colori di Francesca Rossi Io, curatrice in una GALLERIA I consigli di Grug Cento(belli) e buoni motivi per entrare nella STORIA
ATELIER CIGALA'S
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telier Cigala's è un marchio che si muove nel mondo del denim con un approccio speciale: associare l'allure “storico” del jeans americano a una vestibilità sofisticata e contemporanea. I jeans di Blow Up, di Marilyn negli Spostati, delle Charlie Angel's o di Thelma e Louise ripensati con tagli, tessuti e ricerca anatomica che disegnino un fisico speciale a chi li indossa. La prima collezione di Atelier Cigala's esce nel 2000 a Urbania, “la valle del jeans” italiana. L'idea è di utilizzare una pluridecennale esperienza nel fitting per costruire una linea di jeans cosmopolita e internazionale. Niente stampe, ricami, accessori invasivi. Linee pulite, vestibilità di eccellenza da scoprire indossandoli. La gamma di tessuti con cui lavora Atelier Cigala's è quella classica dell'immaginario del jeans: cotone, velluto liscio e millerighe, drill, misti di cotone e lino, gabardine, satin, nella loro interpretazione attualizzata, cioè associati a fibre elastiche in diverse modalità di tessitura per ottenere una mano molto morbida e un alto indice di recovering: l'elasticità che consente di “costruire” le forme del corpo senza allentarsi nel tempo. Il Dual Fit (Lycra associata al poliestere e “ricoperta” di cotone) è una delle proposte costanti nelle collezioni: unisce un aspetto assolutamente “naturale” a una indeformabilità quasi assoluta. La produzione di Atelier Cigala's è 100% Made in Italy.
Puoi acquistare i prodotti dei Designer
da Mad - moda accessori design
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The Queen of the Amazons Brand Jeans Atelier Cigala's I Art Director / Style Claudia Palombi – Chiara Guarino I Foto Riccardo Lancia I Mua Francesca Rotondi Modella Rada Ghedea I Assistente Federica Cecchini I Abiti Elisabetta Franchi – Zed I Location La Tenuta Del Campo Di Sopra Jeans acquistabili da Mad – Moda Accessori Design
CIGALAS BRAND 2 DI 5
Store
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nizia da lontano il processo di crescita che ha portato alla trasformazione da impresa di origine familiare ad un’importante realtà aziendale riconosciuta in tutta Italia. L'apertura del nuovo punto vendita, un format imponente ed audace, le grandi firme della moda su una superficie di 2000 mq con una vasta scelta dei più esclusivi brand per qualsiasi target, in grado di soddisfare qualsiasi bisogno e gusto. Una boutique reinventata, ingrandita, potenziata e resa comodamente fruibile a tutta la provincia grazie alla strategica posizione. Infatti raggiungere il nuovo punto vendita è semplicissimo, si trova in Via Aldo Moro, 131 Frosinone. Se volete scoprire l’immenso mondo di Zed non vi resta che visitare il nuovo megastore le sorprese non mancheranno…
VIA ALDO MORO, 131 FROSINONE - WWW.ZEDSTORE.IT - SEGUICI SU Â
Di Martina Siravo
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Di Martina Siravo
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Di Matteo Tomaino
Un’estate a colori
Borse colorate che vi metteranno di buonumore
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anno forme originali, sono coloratissime e soprattutto sono super cool... sono le borse del brand Pomikaki, marchio che nasce nel 1997 e si propone fin da subito di imporre al mercato un gusto estroso inconfondibile, fatto di dettagli ipercolorati e forme pulite, su borse in ecopelle e non. La voglia di distinguersi e di esprimere il proprio estro è tanta quanto l’ottima manifattura dei prodotti proposti. Le borse di punta del brand sono senz’altro le tracolle le quali meglio interpretano i dettami della maison: uniscono l’utile al dilettevole, sono ampie e confortevoli senza rinunciare a un design accattivante sempre aggiornato sulle tendenze del momento. Una delle tendenze di quest’estate sembra proprio essere le tracolle, decorate in stile patchwork oppure ricamate. Pomikaki le ha così reinterpretate proponendole ipercolorate e con moderne lavorazioni laser volte a ricreare motivi geometrici dall’allure floreale piuttosto che veri e propri fiori in rilievo, concentrando il focus anche sulla tracolla, della borsa stessa, in pelle o catena. La maison, sempre attenta al design, per l’estate 2018 ha proposto anche una collezione di borse stile “color block” in cui le forme semplici e pulite e i colori ‘pieni fanno da padroni. Perfette per chi desidera una borsa più formale e meno impegnativa, adatta da portare in viaggio piuttosto che in ufficio in quanto, oltre ad avere uno o più manici e una tracolla, sono di media ampiezza. Se vi trovate nei pressi di Frosinone passate a scoprire la nuova collezione Pomikaki presso la pelletteria Medici di via Marco Tullio Cicerone 15, Frosinone. Senz'altro un'ottima scelta per togliersi uno sfizio fashion, aggiungendo un pizzico di ironia che non guasta al look. Scoprite le varianti must have, tutte da collezionare.
LE BORSE SONO DA SEMPRE COMPAGNE INSEPARABILI DELLE NOSTRE GIORNATE, UN PICCOLO UNIVERSO IN MINIATURA DOVE OGNI OGGETTO CI RAPPRESENTA E RACCONTA UN PO’ DI COME SIAMO E DI QUELLO CHE CI FA SENTIRE FELICI
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Di Francesca Cavaliere
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Di Valentina di Manno
Indossa l'arte e mettila in Armadio! Quando gli abiti sembrano dipinti
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a nostra cultura si basa sull’idea che il corpo umano sia in qualche modo incompleto e che abbia quindi bisogno di una copertura, proprio come per gli animali. Per questo è nato l’abito, oltre che per offrire fondamentali informazioni su chi siamo; l’abito non è mai stato semplicemente un pezzo di stoffa atto a coprire un corpo altrimenti nudo, ciò che indossiamo ci distingue, ci classifica, ci dà appartenenza. Nel corso dei secoli l’abbigliamento si è evoluto con noi diventando sempre più comodo e funzionale adattandosi alle esigenze della quotidianità ma quello che non è mai cambiato è il profondo legame che unisce la moda con l’arte. Esattamente come un artista dispone le sue figure sulla tela partendo da forme geometriche elementari, lo stilista usa quelle stesse forme per costruire abiti e capispalla e le stoffe diventano tavolozze per comunicare stati d’animo e desideri. La moda prende spesso ispirazione dall’arte ma il vero interesse sta soprattutto nelle tecniche pittoriche quanto in quelle scultoree, nei casi di designer più sperimentali, e questa attenzione alla tecnica porta allo studio dei migliori metodi per lavorare i filati in modo che sembrino dipinta proprio come una tela. Le più recenti tecniche di stampa consentono di riprodurre qualsiasi tipo di disegno sia su tessili naturali che sintetici ottenendo risultati di ottima qualità. La stampa digitale è ormai la più utilizzata in quanto garantisce un risultato eccellente dimezzando sensibilmente i tempi di produzione ma vale davvero la pena anche ricordare pratiche ora meno impiegate ma assolutamente affascinanti che, tra l’altro, sottolineano ancor di più questo legame arte-moda. La tecnica della serigrafia, della stampa con blocchi di legno e lo stencil, sono pratiche che prevedono un maggiore impegno perché praticate manualmente e richiedono un dispendio maggiore di tempo. La stampa con blocchi di legno e sicuramente il metodo più artistico, un’antica tecnica che prevede prima l’intaglio del disegno desiderato su un blocco di legno (che diventa di per sé una vera opera d’arte) che viene poi impregnato di colore e premuto sul tessile.
Il brand Seventy – Sergio Tegon ed Anna Rachele per le nuove collezioni, hanno focalizzato l’attenzione sulla tecnica del dipinto per la realizzazione dei capi. Pezzi ricercati in tessuti di alta qualità e dai tagli sofisticati che si adattano perfettamente alla donna dinamica di oggi che non vuole rinunciare al gusto e all’eleganza. Le stampe sono realizzate in colori pastello e raffigurano scene naturalistiche che sembrano proprio realizzate ad acquarello. È possibile trovare le nuove collezioni Seventy – Sergio Tegon ed Anna Rachele presso il negozio Apponi Space di Frosinone, punto vendita dove si incontrano qualità e ricerca. MODA
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NUOVA NUOVA RANGE RANGE ROVER ROVER VELAR VELAR
WORLD WORLD CAR CAR DESIGN DESIGN OF OF THE THE YEAR YEAR WORLD CAR DESIGN WORLD CAR DESIGN WORLD CAR DESIGN OF THE YEAR WORLD WORLD CAR CAR DESIGN DESIGN OF THE YEAR OF THE YEAR OF OF THE THE YEAR YEAR NUOVA RANGE ROVER VELAR NUOVA RANGE ROVER NUOVA RANGE ROVER VELARVELAR NUOVA NUOVA RANGE RANGE ROVER ROVER VELAR VELAR
NuovaNuova RangeRange RoverRover Velar èVelar nataèper nata essere per essere all’avanguardia. all’avanguardia. Il suo Ildesign suo design futuristico futuristico unisceunisce eleganza eleganza e semplicità, e semplicità, dalle maniglie dalle maniglie delle portiere delle portiere a filo allo a filospoiler allo spoiler posteriore posteriore integrato. integrato. La trazione La trazione integrale integrale AWD AWD offre una offreguida una guida sicura sicura e raffinata e raffinata quanto quanto tutti i suoi tutti idettagli. suoi dettagli. Una vera Unaopera vera opera di design di design minimalista minimalista che che non ha non rivali. ha Range rivali. O meglio, ORover meglio, cheVelar li che ha è battuti linata ha battuti tuttiessere conquistando tutti conquistando Nuova per all’avanguardia. Nuova Nuova Range Range Rover Rover Velar è Velar nata è per nata essere per essere all’avanguardia. all’avanguardia. Nuovail Range Rover Velar èCar nataDesign perThe essere all’avanguardia. titolo titolo di World diRover World Carfuturistico Design Of Year The 2018. Year all’avanguardia. 2018. Ilil Range suo design unisce eleganza e semplicità, Nuova Velar èOf nata per essere suo design Il suo design futuristico futuristico unisce unisce eleganza e semplicità, e semplicità, Il suo Ildesign futuristico unisce eleganza eeleganza semplicità, dalle maniglie delle portiere a filo allo spoiler posteriore integrato. Ildalle suo maniglie design futuristico unisce eleganza e spoiler semplicità, dalle maniglie delle portiere delle portiere a filo allo a filo spoiler allo posteriore integrato. integrato. dalle maniglie delle portiere a filo allo spoiler posterioreposteriore integrato. La trazione integrale AWD offre una guida sicura e raffinata dalle maniglie delle portiere a filo allo spoiler posteriore integrato. La trazione La trazione integrale integrale AWD offre AWD una offreguida una guida sicura sicura e raffinata e raffinata La trazione integrale AWD offre una guida sicura e raffinata X trazione CLASS X CLASS quanto tuttidettagli. suoi dettagli. Una veraopera didesign design minimalista che La integrale AWD offre una guida sicura eminimalista raffinata quanto quanto i dettagli. suoi tutti ii suoi dettagli. Una vera Una opera vera diopera design di minimalista quanto tutti itutti suoi Una vera opera di design minimalista cheche che S.S. 156 S.S. Monti 156 Monti Lepini Lepini km 6.600, km 6.600, Ceccano Ceccano non ha rivali. O meglio, che li ha battuti tutti conquistando quanto tutti i suoi dettagli. Una vera opera di design minimalista che non hanon rivali. O rivali. meglio, O meglio, ha chebattuti li ha battuti tutti conquistando tutti conquistando non ha rivali. O ha meglio, che liche ha libattuti tutti conquistando 0775 1886433 0775 1886433 ilil di titolo di World Car Design Of The Year2018. 2018. non rivali. ODesign meglio, che ha battuti tutti conquistando il titolo titolo World di World Car Design Car Design Ofli The Of Year The 2018. Year il titolo di ha World Car Of The Year 2018. concierge.xclass@landroverdealers.it concierge.xclass@landroverdealers.it
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Consumi Consumi Ciclo Combinato Ciclo Combinato da 5,4 a 9,4 da 5,4 l/100km. a 9,4 l/100km. EmissioniEmissioni CO2 da 142 COa2 da 214142 g/km. a 214 g/km. Scopri le Scopri soluzioni le soluzioni d’acquisto d’acquisto personalizzate personalizzate di LAND di ROVER LANDFINANCIAL ROVER FINANCIAL SERVICES. SERVICES. Land Rover Land consiglia Rover consiglia Castrol Edge Castrol Professional. Edge Professional.
Consumi Consumi Ciclo Combinato Ciclo Combinato da 5,4 a 9,4 da l/100km. 5,4 a 9,4 Emissioni l/100km. Emissioni CO2 da 142 COa2 214 da 142 g/km. a 214 g/km. Ciclo Combinato dapersonalizzate 5,4 di a 9,4 l/100km. Emissioni da 142 aSERVICES. 214 2 Scopri le Consumi soluzioni Scopri le d’acquisto soluzioni d’acquisto personalizzate LAND ROVER di LAND FINANCIAL ROVERCO FINANCIAL SERVICES. Landg/km. Rover Land consiglia Rover consiglia Castrol Edge Castrol Professional. Edge Professional. Consumi Ciclo Combinato da 5,4 a 9,4 l/100km.personalizzate Emissioni COdi da 142 a 214 g/km. Scopri le soluzioni d’acquisto 2 LAND ROVER FINANCIAL SERVICES. Land Rover consiglia Castrol Edge Professional. Scopri le soluzioni d’acquisto personalizzate di LAND ROVER FINANCIAL SERVICES. Land Rover consiglia Castrol Edge Professional.
Di Matteo Tomaino
ROSSO MANIA! Il colore di tendenza questa stagione
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e tendenze moda in arrivo dalle passerelle e dalle sfilate Primavera Estate 2018, infatti, non lasciano spazio ad alcun dubbio: questa estate al rosso non si sfugge. Così audace, accattivante e passionale da non poter resistere alla tentazione di indossarlo. Come? Su dettagli discreti piuttosto che in total look per un effetto “color block” molto più strong. Di tendenza, da sempre ormai, è l’accattivante abbinamento rosso acceso e rosa schiaparelli. Apparentemente può sembrare che un colore non stia molto bene con l’altro ma basta provare per ricredersi. Se lo si vuole indossare con più discrezione basta concentrare il focus su piccoli dettagli come scarpe o borse, potendo anche osare con nuance di rosso più accese. In quali occasioni poter sfoggiare il rosso? Tutte, salvo rare eccezioni come i matrimoni. Per l’estate la tonalità più adatta è senz'altro il corallo: perfetto con la pelle abbronzata si sposa alla perfezione con colori neutri in tinta unita che contribuiscono a smorzarne un po’ l’effetto fluo. Per un outfit più casual abbinatelo al bianco, mentre per look da sera scegliete il nero o il grigio. Un'altra tendenza di questa stagione sono le balze e i voulant che MAD (Moda Accessori e Design) di Frosinone, in Corso della Repubblica 87, ha sapientemente riproposto, di colore rosso ovviamente! Da morbidi abiti e pantaloni con dettagli a voulant fino t-shirt estive e borse. Gli abiti fluenti sono perfetti per essere indossati nelle afose serate estive, magari per andare a cena fuori piuttosto che a farsi una passeggiata sul lungomare. Per il tempo libero, invece, si può optare per i pantaloni abbinati a borse e accessori in tinta, per un effetto total look rosso da indossare rigorosamente in occasioni informali. Curiosità: il rosso, nella moda, è comunemente associato al couturier Valentino. La leggenda che un giovanissimo Valentino Garavani amasse trascorrere i pomeriggi nel negozio di passamaneria della zia, indugiando sugli scampoli scarlatti. Durante l'apprendistato da Jean Dessès a Parigi, lo stilista romano si recò all'Opera di Barcellona e lì fu folgorato dai costumi di scena: la forza ieratica del vermiglio l'aveva letteralmente "infiammato". "Capii in quel momento che dopo il bianco e il nero, non esiste colore più bello".
DALLE NUANCE ACCESE COME IL CREMISI E IL ROSSO VENEZIANO FINO ALLE TINTE PIÙ SCURE COME IL PORPORA E IL BORDÒ. COME INDOSSARLO ? VE LO CONSIGLIAMO NOI !
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Corso della repubblica 57 Frosinone - Tel. 0775 1693695 -
MadModaAccessoriDesign
Voglia di luminosità con Ritratti Parrucchieri
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li effetti del sole sui capelli sono decisamente forti: secchezza, chiome stoppose ed opacità. Tutto ciò accade se il capello non è stato adeguatamente protetto. Come comportarsi contro l'odioso “effetto paglia”? Quello che i parrucchieri di Ritratti Parrucchieri consigliano è di usare una protezione, perchè è possibile, prestando la giusta attenzione, contenere l’aggressione estiva che presenta il conto in autunno. Adesso si pongono le basi per una eccessiva perdita di capelli autunnale, per questo è necessario utilizzare specifici filtri solari che proteggano il fusto del capello dall’azione aggressiva dei raggi solari. L'idratazione in spiaggia deve essere accompagnata con trattamenti e maschere strutturanti in salone, così da notare già da subito una chioma più bella e luminosa. Il salone di Ritratti Parrucchieri è ricco di prodotti di alta qualità da applicare anche a casa per vivere l'estate in pieno relax senza rinunciare al benessere. In salone potete avere non solo capelli sani e belli, ma anche unici. É esclusivo di zona di una nuova tecnica di colorazione e schiaritura: Arpège, ideata da Marco Todaro, hair colorist e partner del brand Matrix Professional. Un'armonia di toni in un mix di pigmenti per ricreare centinaia di sfumature quanto più naturali possibile. Il grande vantaggio è di riuscire a nascondere la ricrescita senza ricorrere a tinte uniformi poiché si realizza sul colore naturale. Una colorazione che valorizza il volto attraverso la personalizzazione in base all'incarnato, così ognuna avrà il suo colore unico e originale. A questo punto non vi resta che osare e lasciare baciare i vostri capelli dal sole, ma senza seccarli, divertitevi a cambiare look senza rovinare i capelli e senza paura di sbagliare.
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Di Martina Siravo
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OTOVISION guarda in grande
Dopo il grande successo dei primi stores aperti, Otovision e Mag sono pronti per rivoluzionare ed ampliare la loro sede in Via Monte Lepini. Un amplio spazio innovativo per un nuovo showroom d'avanguardia che rappresenta un traguardo nella storia di famiglia. Un cammino di generazione in generazione attraverso un percorso di crescita e costanza di un’offerta chiara, trasparente ed innovativa con prodotti di alta qualità per il benessere visivo. “Passione e professionalità al vostro servizio sempre in modo più grande.” Lasciatevi conquistare dal mondo Otovision.
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OGGI
OGGI OGGI
CAMBIANO I TEMPI, MA NON L’IMPORTANZA CAMBIANO II TEMPI, CAMBIANO TEMPI, DI OTTIMIZZARE IL TUO LAVORO. MA NON L’IMPORTANZA
MA NON L’IMPORTANZA DI IL TUO LAVORO. Ieri lo hai deciso in riunione, trascritto nei documenti, nei faldoni. DIOTTIMIZZARE OTTIMIZZARE IL TUOarchiviato LAVORO. Oggi organizzi una call, riassumi su un file, archivi in un database. Advok a comunicarere chidocumenti, sei. Ieri lo hai Con deciso in continua riunione, trascritto nei archiviato nei faldoni. Ieri lo hai deciso in riunione, trascritto nei documenti, archiviato nei faldoni. Oggi organizzi una call, riassumi su un file, archivi in un database. Oggi organizzi una call, riassumi su un file, archivi in un database.
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Di Viviana Guglielmino
È (di nuovo) il Denim il trend dell’estate 2018
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ra il 2001 quando Britney Spears e Justin Timberlake, che all’epoca erano compagnia di vita, si presentarono sul red carpet degli American Music Awards vestiti in total denim. Il loro look fece molto discutere, tanto da essere considero uno dei meno glamour dell’evento. Nel 2014, agli MTV Video Music Awards, Katy Perry e Riff Raff riproposero lo stesso outfit indossato anni prima dalla coppia Spears-Timberlake, ma anche in questo caso il loro total denim non riscosse molto successo. A distanza di qualche anno le cose sono decisamente cambiate. Il denim si conferma anche per quest’estate la tendenza must have della stagione calda. A decretarlo sono stati gli stilisti, certamente, ma l’ultima parola è toccata come sempre alle It Girl, tra cui Rihanna, Alexa Chung, Chiara Ferragni, Gigi Hadid, Karlie Kloss e Kylie Jenner, che hanno reso il look total denim un vero e proprio trend di stagione cui è impossibile rinunciare. Ma quali sono i capi realizzati con il celebre tessuto da indossare in estate? Zed Store ha fatto la sua personale selezione per la collezione primavera/estate 2018. Il must dei must è senza dubbio il jeans. Questo capo è perfetto in tutte le sue varianti: dal modello a vita alta alla versione sportiva in tessuto scolorito, strappi alle ginocchia e orlo a taglio vivo. Nel guardaroba non possono assolutamente mancare né il pantaloncino in denim, perfetto per un look da giorno, e il giubbino di jeans, da sempre considerati i capi d’abbigliamento tipici della stagione calda. Tra le proposte di Zed Store figurano anche gilet e giacche in total denim da indossare come alternativa al classico giubbino. Con cosa va indossato? Praticamente con tutto. Il bello di questo tessuto è proprio questo, può essere abbinato a qualsiasi colore dalle tonalità tenui alle più accese. Le più temerarie amano abbinare il denim con il denim stesso, creando look in unica tinta di grande impatto. MODA
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Tra nuances nude e magiche iridescenze
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Il meraviglioso mondo di Anna Nails
he la sua passione fosse quella di rendere le unghie delle donne mini-opere d'arte prêt-àporter, Anna Zuccaro lo ha scoperto soltanto dopo la sua prima formazione da estetista. Il mondo della nail art, per lei, è diventata una professione che oggi, parole sue, «forse si sta svendendo ma che, in realtà, è frutto di grande impegno e tanti sacrifici. Gli stessi che ho fatto io - rivela con altrettanta soddisfazione - per arrivare ad avere un centro tutto mio». A Supino, ma non solo visto che la sua clientela viene addirittura da fuori provincia, 'Anna Nails' è il tempio della nail art anche se il centro offre un ampio ventaglio di servizi legati al mondo del beauty: trattamenti per l’abbronzatura, make-up classico, di lunga durata o permanente, eliminazione dei peli superflui, maschere e procedimento total body. Ma quello di Anna e delle sue ragazze non è soltanto un salone di bellezza: riveste anche la caratteristica di polo didattico, con
moduli di insegnamento in diverse discipline e rilascio di attestati professionalmente validi. Attualmente è distributore del marchio 'Extreme Nails' con cui Anna ha già partecipato alla Fiera di Roma e ha in programma un Nail College, dove le ragazze, che seguiranno un percorso master, potranno poi abilitarsi all'insegnamento per il marchio stesso. Quanto alla tendenza dell'estate 2018, conferma che sono tornati in voga i toni nude, «sebbene – dice Anna – le mie clienti adorano il nail stravagante e ci scelgono anche per questo. Sui colori direi che vanno molto il giallo senape, il rosa acceso e il verde tiffany. Quanto al rosso, resta sempre e comunque un must». Le giovanissime, invece, si concentrano in particolare sulle forme delle unghie, dalla classica mandorla alla modernissima ballerina, particolarmente stretta nei laterali e più a punta. L'unghia quadrata - la square - è la preferita dalle signore più agé: un classico che non passa mai di moda. Un po' come il tubino nero di Audrey Hepburn!
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Di Giulia Abbruzzese
La perfezione che passa per la cruna di un AGO Fulvio Paglia ha imparato il mestiere andando a bottega da ragazzino
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Foto Andrea Sellari
a porta di vetro al civico 34 di via Marco Minghetti è chiusa a chiave. Ma dal marciapiede, quando non c’è il riverbero del sole che trova spazio tra i palazzi, s’intravede una figura china su un pezzo di stoffa, mentre il braccio e la mano assecondano movenze regolari e fluide che sul blu di un fresco lana disegnano impunture e strani incroci con il filo bianco. In trentacinque metri quadrati che calpesta per almeno dieci ore al giorno, Fulvio Paglia, classe 1943, dà forma e stile a quella meticolosità artigiana imparata sin da quando era poco più che un ragazzino, “per gioco” dice lui. Lo studio non era il suo forte ma il padre, impiegato al municipio di Boville Ernica, non gli avrebbe permesso di intaccare la sua reputazione, tanto più che alla scuola di avviamento frequentata da quel giovane irrequieto una delle professoresse era la figlia del segretario comunale. Così, fuori dai banchi ma dentro la piccola sartoria del paese, Fulvio andava tutti i giorni per stare accanto all’amico Benedetto e imitarlo in ciò che faceva. Una volta maggiorenne, però, affinché quel gioco potesse diventare il futuro, i genitori lo spedirono a Roma. È lì, in via della Croce, a pochi passi da piazza di Spagna, che la sua naturale dimestichezza per ago, filo e forbici risponde ai comandi del laboratorio di D’Elia, dove quella che sembrava una predisposizione a metodo e precisione trova terreno fertile per evolversi in maestria. Anche se, dice Fulvio e ci tiene a sottolinearlo,“il vero mestiere l’ho imparato a Ceccano, da Peppino Masi. Lo ricordo ancora quell’agosto: a Roma le attività chiudevano tutte per ferie e io tornai qui per le vacanze estive. Venni a Frosinone a trovare Lino, un amico che faceva il sarto poco più avanti di dove sono io ora. Quando il suo principale seppe dove lavoravo mi propose di tornare in Ciociaria per affiancarlo. E io accettai perché guardando gli abiti che confezionavano capii subito quanto erano capaci”. Fulvio restò in quella sartoria per molti anni, facendo sua con gli occhi e con le dita un bel po’ di tutta I N T E RV I E W
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quell’abilità manuale che trasformava informi pezzi di stoffa in abiti da uomo di raffinata eleganza e ineguagliabile fattura. Finì con il portarsi a casa il lavoro e, quasi senza volerlo, a farsi dei clienti suoi. Un giorno decise che era arrivato il momento, quello di spiccare il volo. E si mise in proprio, seguito da due lavoranti. Ma il suo piccolo laboratorio, che ancora oggi funziona come un orologio svizzero, lo aprì soltanto nel 1973 perché quel rispetto reverenziale per chi, come Masi, gli aveva insegnato a cucire, non gli avrebbe permesso di fargli concorrenza solo qualche metro più sotto. Oggi, dopo quasi mezzo secolo, Fulvio Paglia è il sarto per eccellenza, quello che in quaranta ore firma modelli unici con tessuti scelti tra Holland&Sherry, Scabal (entrambi campionari made in London) e il lanificio piemontese dei fratelli Cerruti con sede a Parigi. Che tipo di clientela chiede le sue creazioni? «Chi vuole indossare pezzi unici, pensati e realizzati su ogni centimetro della propria fisicità e non si accontenta della grande distribuzione. Oggi sono anche molti i giovani che vengono a farsi fare un abito, soprattutto per le cerimonie». Quali sono i colori che scelgono in prevalenza? «Tanto blu, in tutte le tonalità. In questa stagione, ad esempio, molti mi hanno chiesto completi in blu elettrico e azzurro: qualcuno addirittura ha osato con il glicine. Anche se il grigio non passa mai di moda. Piuttosto quello che cambia è il modello: via i pantaloni larghi, che a me piacciono comunque, e niente giacche lunghe. Sotto un abito elegante il gilet è di rigore, magari reinventato con delle punte». La taglia perfetta per un abito perfetto? «Quella ideale è una 48. Si può realizzare sul manichino senza neanche bisogno di provare». Invece normalmente quante prove fa fare al cliente per un abito? «Tre». Ma lei per le sue creazioni ha preso anche diversi aerei… «Più di qualcuno, sì. Ricordo ancora quando un mio cliente, che prima viveva qui, mi chiamò dicendomi se potevo andare da lui, a Londra, per confezionare degli abiti. Io, che non avevo saputo del suo trasferimento, pensai inizialmente che fosse uno scherzo e allora mi feci dare il numero per richiamarlo e verificare che parlasse sul serio. Una volta arrivato a casa sua, tirai fuori il campionario della ditta inglese che, guarda caso, aveva la sede proprio in quella via, Regent Street. Scendemmo lì a comprare la stoffa per i suoi abiti». In media quanti completi riesce a realizzare in un anno? «Diciamo circa quattro al mese. Ma negli anni ottanta e novanta ne facevo il doppio, quando avevo anche dei collaboratori. Purtroppo, con la crisi e la mancanza di scuole che insegnino ai giovani questo mestiere, anche il nostro settore ha subito una drammatica battuta d’arresto e i numeri di una volta sono soltanto un ricordo». Non per quanti l’immagine resta, e diventa sempre
OGGI VESTE POLITICI, AVVOCATI E RAMPOLLI. E PER CUCIRE È VOLATO A LONDRA
di più, il segno distintivo di una professione, di uno status o anche soltanto di un aspetto curato, soprattutto nelle occasioni speciali, quelle che fanno storia. Fulvio Paglia ha già deciso quando della sua, quella della sartoria, scriverà il “the end”: il 2021. Sarà quello l’anno in cui immagina di mettere ago e filo nella scatola del tempo. Intanto, però, accarezza delicatamente le stoffe, quei pochi e leggerissimi grammi con cui continua a realizzare abiti di fine sartoria. E i suoi di vestiti chi li cuce? «Sempre io – confessa sorridendo – con l’aiuto di mia moglie. Io le dico come prendere le misure e lei esegue. Poi, mentre li sto cucendo, ogni volta mi ripete la stessa cosa: “Non dare la colpa a me se poi non vengono come vuoi tu”». Ma ormai Fulvio gli abiti potrebbe farli a occhi chiusi e, una volta aperti, constatare, senza la minima presunzione, di aver dato vita a un altro, inimitabile, capolavoro. I N T E RV I E W
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Di Francesca Cavaliere
Quando la Sunglasses mania chiama...
i centri OTOVISION rispondono forte e chiaro!
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on importa quale sia l'ora del giorno - o della notte -, la stagione o se le condizioni meteorologiche siano favorevoli o avverse: è sempre il momento giusto per inforcare un bel paio di occhiali da sole! Non si tratta di essere favorevoli o contrari: gli occhiali da sole sono un accessorio intramontabile - un vero e proprio must have - che, grazie alle sue molteplici funzioni, è a dir poco indispensabile. I sunglasses proteggono i nostri occhi dai raggi ultravioletti, così come dal freddo e dal vento. Allo stesso tempo, sono perfettamente in grado di camuffare occhiaie, sguardi stanchi o poco attenti. Completano qualsiasi look conferendo, a chiunque li indossi, un seducente alone di mistero. Resistergli? Mai! Total black, multicolor, specchiati, minimal, tondi, vintage, squadrati: ce n'è davvero per tutti i gusti. E in questo mare magnum di stili e di griffe da cui lasciarsi tentare, i centri Otovision da oltre 20 anni rappresentano un porto sicuro per tutte le fashioniste e gli appassionati di sunglasses. Tantissimi i modelli delle migliori marche tra cui poter scegliere, per poter essere sempre al passo con le ultime tendenze. E ora che l'estate si avvicina - che sia a bordo piscina, in riva al mare o in città - è arrivato il momento di indossare il paio di occhiali
che meglio rispecchi il nostro mood ed esalti ogni nostro lineamento. I modelli di questa Primavera Estate 2018 coprono una tale varietà di stili che, ognuno, potrà trovare quello perfetto per sé. Per tutte le appassionate di moda vintage, tornano a grande richiesta le montature dal gusto un po’ retrò. Dalle linee affusolate del "cat-eye" a quelle più ampie del "butterfly-eye", lo sguardo si trasforma, diventa iperfemminile ed ultra seducente. L'essenzialità del design - ora, privato di inutili ed eccentrici fronzoli - permette anche a chi non abbia mai indossato tali modelli considerandoli troppo eccentrici - di poter finalmente osare. Da provare assolutamente quelli a farfalla, proposti da Emilio Pucci e Jimmy Choo. Con Marc Jacobs, invece, si ritorna indietro di qualche decennio, fino agli anni ’70. Declinati in misure più over che mini, con montature molto più cool e moderne, gli occhiali tondi diventano il sogno proibito di ogni fashion addict. Ai modelli minimal, piccoli e geometrici, e quasi futuristici – ma, molto anni ’90 – si contrappongono poi gli oversize – gli occhiali da sole da diva per eccellenza - di Moschino e Balenciaga: stupendi! Tra gli evergreen, non potevano non esserci gli occhiali da sole aviator: grande classico di Ray - Ban e Carrera, riproposto per la bella stagione anche da Tom Ford.
ACCESSORI
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Di Giulia Abbruzzese
L’eleganza senza tempo
Foto Andrea Sellari
CHE TI PRENDE PER IL… COLLO
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a cravatta ben messa è uno dei tratti di genio che non si analizzano né si insegnano: si sentono e si ammirano”. Così Honoré de Balzac a proposito di quella striscia di stoffa, diventata nei secoli il canone dell’eleganza maschile, che non conosce tramonto e che la vulgata attribuisce a un’invenzione dei croati durante la Guerra dei Trent’Anni. In realtà, come spiega bene Paratico del Corriere della Sera in un suo articolo, di cravatta ne parlava, Eustache Deschamps già nella seconda metà del 1300 mentre, sul finire del Cinquecento, era presente nel libro dell’eclettico Vecellio (1590) dedicato ai costumi del mondo. Ma l’accessorio simile a quello che si indossa oggi nasce intorno al 1850 in Inghilterra, a Macclefield, un grande centro industriale specializzato nella stampa della seta, la Como inglese del XIX secolo. Da allora, in tutte le sue varianti di toni, nodi e fantasie, è entrata a far parte del guardaroba maschile (poi anche femminile), diventando un elemento irrinunciabile per l’uomo di classe che non vuole passare inosservato. A tal punto che Lucilla Mara de Vescovi, creatrice del marchio Countess Mara, si espresse così: ‘Dite ad un uomo che vi piace la sua cravatta e vedrete la sua personalità schiudersi come un fiore’. In alcuni ambienti è addirittura un lasciapassare: un senatore del Parlamento italiano, ad esempio, non può entrare a Palazzo Madama senza indossarla, ad eccezione di particolari disposizioni, come quella emanata nel luglio 2007 dall’allora ministro della Salute, Livia Turco, che esonerava dipendenti pubblici e privati dalla cravatta per via di un’ondata di caldo particolarmente insopportabile. E poi c’è chi ne è un grande appassionato da sempre, come il consigliere provinciale e comunale di Forza Italia e membro delegato Anci, Danilo Magliocchetti, che ha riservato un’apposita ala dell’armadio alle sue 144 cravatte, rigorosamente divise per colore. Un amore che sboccia presto, in occasione dello struscio frusinate: tra la fine degli anni settanta e l’inizio del 1980 - lui è classe 1964 - per conquistare una ragazza il sabato pomeriggio va a passeggiare ‘in Provincia’ (viale Marconi) ed è tra i primi a sfoggiare le cravatte di Walt Disney, un’assoluta novità per l’epoca. Mentre i coetanei indossano t-shirt e jeans, lui, schiena dritta e portamento da gentleman di altri tempi, mostra fiero i disegni di Paperino, Pluto, la Banda Bassotti e altri. Quella prima collezione, abbinata persino a una giacca sartoriale color cammello e a un abito principe di Galles, firmati dal sarto Pellicane in Corso della Repubblica, spiana la strada a una passione aumentata con gli anni, tanto che oggi, non soltanto in ambiente politico ma anche professionale e istituzionale, è diventato l’uomo simbolo dell’eleganza fatta cravatta. E forse non tutti sanno che le regala, ne ha due di scorta nel portabagli della sua auto, le disegna nelle riunioni
A RIGHE, CON PUNTINI, STEMMI O FANTASIA: LA CRAVATTA CONSERVA IL SUO FASCINO OLTRE OGNI MODA MAGLIOCCHETTI NE HA 144, LE DISEGNA NELLE SALE D’ASPETTO E SOGNA DI FIRMARE UNA LINEA SUA
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Ringraziamo il negozio Camicia d'Arte di via Marco Tullio Cicerone a Frosinone
in cui si annoia ma non le presta. Unica eccezione potrebbe essere il figlio Pierfrancesco (il condizionale l’ha usato lui). Lo incontriamo nel negozio 'Camicia d'Arte' in via Marco Tullio Cicerone. Lei penserà che le sto per fare domande di politica. In realtà voglio sapere tutto sulle sue cravatte: ci sta? «Eccome! Insieme alla politica sono una delle mie più grandi passioni». Sulle altre sorvolo. Mi dica, invece: chi le ha comprato la prima cravatta? «L’ho comprata io a Sora con i soldi della paghetta. Avevo 15 anni quando uscì la serie della Walt Disney: la prima che acquistai aveva il fondo giallo e il disegno di Paperino. Poi, man mano, le collezionai tutte, saranno state una decina». E quella che ha pagato più di tutte? «Una di Eugenio Marinella, comprata due anni fa nel suo negozio di Napoli. Purtroppo ora non ce l’ho più: è morta per mano dell’inchiostro di una penna stilografica. L’avevo pagata 135 euro ed era spettacolare». Quanto sarebbe disposto a spendere oggi per aver annodata al collo la più bella che si sia mai vista? «A duecento euro ci arriverei». Su sette giorni della settimana, quanti è vestito in giacca e cravatta? «Cinque. Il sabato le sostituisco con tuta e scarpe da running. La domenica, a meno che non ci siano cerimonie o particolari occasioni, mi piace vestire più casual». Consigliere, almeno d’estate le cravatte le tiene al fresco… «Niente affatto. Ho la grande fortuna di non soffrire particolarmente il caldo e mentre gli altri si sbottonano, le tolgono o non le indossano affatto, io le porto senza problemi». I suoi selfie in auto mentre è in viaggio per la capitale sono ormai noti a tutti gli internauti e ogni volta spicca una cravatta di colore diverso. Quali predilige? «Se la circostanza è ufficiale o istituzionale, opto per blu, marrone o bordeaux. Negli altri casi oso con tutti i toni, dal rosa all’arancio, dal fucsia al verde acido, dal giallo all’azzurro. L’unica che non ho e che non mi piace è la cravatta nera». Ma quella di Forza Italia ce l’ha sì? «Sì, me la regalò qualche anno fa Benito Savo». E a quelli di Forza Italia qualcuna lei ne ha regalata? «A molti: Tajani, Abbruzzese, Iannarilli. Ma anche all’onorevole Pallone, a Mauro Vicano e al sindaco Ottaviani». Si potrebbe dire che li ha presi tutti per il collo… A chi ne ha adocchiata una che vorrebbe nel suo armadio? «Ne ricordo una indossata da Riccardo Mastrangeli (assessore al Bilancio del Comune di Frosinone, ndr): è bordeaux e celeste con i puntini. Davvero
molto bella». E quella più brutta che ha visto indosso a qualcuno? «Durante un evento istituzionale a Roma anche se non ricordo esattamente chi fosse il tizio: indossava una cravatta rossa su una camicia beige. Era da denuncia penale». Un’icona di eleganza in giacca e cravatta per lei è…? «Luca Cordero di Montezemolo, Diego Della Valle e Gianni Letta lo sono tutti e tre». Quanto tempo ci mette per fare un nodo? «Ormai meno di venti secondi». Noi ne facciamo uno come “Striscia la notizia” e scommettiamo che a fine anno lei arrivi a sfiorare le duecento cravatte. Pensa di farcela? «Se mi impegno un pizzico di più di quanto già faccio ora, credo proprio di sì». I N T E RV I E W
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Oro, gemme e raffinati preziosi nel DNA della famiglia Rapone
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Foto Andrea Sellari
ordialità, simpatia, serietà e competenza. È grazie a queste caratteristiche che la storica gioielleria Rapone di Isola del Liri, in Corso Roma 36 dal 1969, è diventata negli anni un punto di riferimento importante non solo per la clientela fissa della città ma per chiunque varchi la soglia del negozio. Un locale piccolo ma raffinato e accogliente, come il sorriso della signora Maria e lo sguardo rassicurante di Giovanni: insieme, mezzo secolo fa, hanno dato vita a un’attività longeva e affermata nel settore dell’oreficeria e orologeria. Arredamento minimal in toni moderni, con vetrine curatissime e marchi importanti tra i quali spiccano anche i gioielli Boccadamo. «Siamo loro partner praticamente da sempre – spiegano Sandra e Paola, le figlie dei signori Rapone, che tra oggetti di lusso sono praticamente cresciute – e quello che apprezziamo in particolare di questo brand è l’inesauribile capacità di rinnovamento, anche grazie alle collezioni che abbracciano e incontrano le esigenze dei diversi tipi di clienti». Giovanni, che è ancora l’amministratore della società, ha iniziaI N T E RV I E W
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NEL 2019 LA GIOIELLERIA DI CORSO ROMA A ISOLA DEL LIRI FESTEGGERÀ I 50 ANNI DI ATTIVITÀ: GIOVANNI E MARIA L’HANNO ‘CONSEGNATA’ ALLE FIGLIE. E IN VETRINA SPICCA BOCCADAMO
to riparando orologi e con l’ad di Boccadamo ha seguito un corso sui diamanti. «Insieme a Tonino – racconta – abbiamo fatto parte anche dell’Associazione Orafa di Frosinone prima ancora che la sua azienda diventasse la struttura imponente che è oggi». La gioielleria Rapone vanta una numerosa clientela dall’estero (Russia, America e Canada) anche grazie alla possibilità offerta di acquistare in tax free. Per Giovanni, Maria, Sandra e Paola, una famiglia unita dall’amore e dalla passione per la loro attività, il cliente è stato, resta e sarà sempre al centro di tutto: viene consigliato, coccolato, seguito e orientato in qualsiasi tipo di acquisto, dalla bigiotteria all’accessorio più costoso. E per questo ha scelto Boccadamo quando ancora il marchio non era famoso come oggi: «Questa azienda ha una cura particolare anche per il packaging – dice Giovanni – e per la sponsorizzazione del brand, che ha permesso di veicolare i prodotti in circuiti più ampi e su vetrine di calibro internazionale. Siamo estremamente soddisfatti di questo rapporto che ormai dura da quattordici anni».
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Di Giulia Abbruzzese
Il Fascino raffinato della Bellezza che rende unica la donna Valiosa
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Foto Andrea Sellari
ocò Chanel diceva che‘‘la bellezza non sta né dentro né fuori, sta nell’aria che ti circonda’’. È questa la sensazione che avverto quando le mie décolleté crema varcano la soglia di Valiosa. Un sottile profumo floreale attira solo per un momento il mio sguardo su un bouquet di fiori bianchi e rosa, che fanno l’inchino a un vaso trasparente di acqua e sassolini bianchi. Lo scintillio di gocce pendenti e piccole geometrie multiformi, che piovono dal soffitto in un gioco a incastri del lampadario, ricorda i saloni reali delle feste, resi appena più sobri dalla modernità di tinte fango e tortora scelte per esaltare il contenuto di un mobilio raffinato e minimal. Qui mi perdo in un mare di riflessi dorati, proiezioni di luci, sfaccettature di pietre nere, rosa e rosse, incastonate su argento ed ebano, inseguite da perle che sposano cromia a linee pulite ma poi si lasciano andare a movimenti più dolci e sinuosi. A sinistra, superando la leggera trasparenza delle teche di vetro, c’è tutta la discreta preziosità di diamanti, rubini e smeraldi: tagliano il bagliore in mille sfumature direzionate verso l’alto, quasi a voler uscire da quella gabbia di cristallo. Nei ripiani più alti la porcellana assume le forme di elefanti e lumi total white mentre il pavimento, che sembra emulare il corallo, si spezza in venature che riflettono il luccichio di bracciali e collane e fanno da sfondo a un tripudio di gemme e innesti, senza che uno possa mettere in ombra gli altri. Difficile fermare occhi, immaginazione e desiderio di avere indosso, anche solo per un momento, quelle gioie così particolari che della donna esaltano eleganza, classe e ricercatezza quasi ne fossero dirette emanazioni. In un abito verde prato che accarezza le forme longilinee e rimanda a occhi cristallini e a un collarino avvolto delicatamente al collo, Angela Conti rispecchia esattamente una filosofia di vita che racchiude in una I N T E RV I E W
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frase: “Se vivessimo secondo la regola delle tre B, il mondo sarebbe certamente più vicino a quello cui tutti tendiamo. Dovremmo sempre perseguire il Bello, avere il coraggio di fare il Bene e accontentarsi solo delle cose Buone”. Il manifesto di ‘Valiosa’, un angolo di terra in cui incanto, classe e femminilità hanno fatto il nido, è per gran parte lì. Carica di charme, siciliana nel cuore e nella profondità dello sguardo, Angela ha preso a morsi la vita quando, diciottenne, ha lasciato le alghe, il frumento e la salsedine di Licata per cercare senso e fortuna più a nord, portando con sé i valori radicati di una famiglia tradizionale del sud. Dopo vent’anni di lavoro nella capitale, nel 2011 torna a Valmontone, dove nel frattempo si sono trasferiti i suoi genitori, e conosce Stefania Giannini, con un passato nel settore della gioielleria. Dal loro incontro, un istinto di pancia e un budget di appena diecimila euro in due, nel 2012 nasce Valiosa, nome portoghese che indica la preziosità di una donna che scaturisce fin dalla sua anima. Un progetto che inizia tutto in salita e si affaccia nel panorama economico ancora a terra, dopo la crisi profonda del 2008. «Mentre tante aziende chiudevano – racconta Angela – due quarantenni, con poche risorse ma con ancora troppa energia per restare all’angolo, hanno deciso di aprire. Per essere competitive e distinguerci dalla massa, capiamo subito che il must da seguire è diversificare. E così, non potendo permetterci marchi economicamente onerosi ma volendo comunque dare un corpo e un’anima a Valiosa, decidiamo di andare controcorrente strizzando l’occhio alle case emergenti. Ci avviciniamo a ‘Kurshuni’, una linea made in Turchia in argento che non incolla le pietre, le incastona; a Firenze entriamo in contatto con Marzia Fornieri che ha vinto il premio come miglior disegnatrice emergente di preziosi con la sua linea ‘Cocò gioielli di natura’». Di famiglia borghese siciliana, Marzia si ispira alla mitica Chanel nell’utilizzo delle perle ma, per fare in modo che non abbiano un prezzo proibitivo, sostituisce l’oro con il legno pregiato in natura: l’ebano. Introduce l’argento e il gioco è fatto.«Ma sposiamo anche il classico di ‘Rajola’, casa con una tradizione centenaria e la firma su tre dei trenta gioielli più belli di Liz Taylor riprodotti per una mostra» dice ancora la Conti. E racconta che proprio i titolari di questo marchio hanno dato credito e fiducia alle due imprenditrici dalla prima volta in cui entrarono nel polo fieristico del Tarì di Caserta. «Ci accolse la figlia Mariella, una donna bella, signorile, di gran classe. Nonostante non l’avessimo illusa sulle nostre disponibilità finanziarie che non ci avrebbero permesso impianti costosi, lei ci tranquillizzò: “Voglio credere in voi, vi affido la merce e vediamo come va” ci disse. Da allora abbiamo organizzato eventi, frequentato fiere e siamo cresciute». Poi, un giorno di due anni fa, Angela e Stefania sono costrette a fare i conti con la realtà impietosa del-
DUE IMPRENDITRICI QUARANTENNI CON IL SOGNO DI VINCERE UNA SFIDA A VALMONTONE C’È UN ANGOLO DOVE LA FEMMINILITÀ NON SI ESALTA. SI CREA
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la recessione economica, che sembra non voler liberare il Paese dalla sua morsa: tasse, debiti e calcolatrice alla mano non possono far altro che dichiarare conclusa la loro esperienza. È sempre il racconto di Angela a scandire le tappe di un percorso tortuoso ma ricco di soddisfazioni: «Quando decidemmo di abbassare la serranda era poco prima di Natale: chiamai un nostro fornitore del Tarì, Maurizio Vitaliano, e gli confessai di non essere più in grado di onorare i debiti, offrendogli in cambio quello che non avevamo venduto. Lui rifiutò: “Tieniti la merce, passa le feste, poi vieni e decidi: se sarai ancora dell’idea di chiudere, faremo come dici tu”. Quello che accadde fu quasi magia: dopo dieci giorni riuscimmo a vendere uno dei suoi bracciali da tremila euro e, a mano a mano, anche tutto il resto. Insomma, iniziammo a risalire la china». Oggi Valiosa è ancora e sempre di più la vetrina per splendide e innovative linee di gioielli, che non prescindono mai dalla qualità dei materiali utilizzati ma rappresentano l’altro volto della bellezza, quello niente affatto scontato ed estremamente versatile: oltre ai Capricci di Rajola, Cocò e Kurshuni, ospita Maria e Luisa Jewels, Stefano Patriarchi, Mikò, le pregiate essenze naturali di Tiziana Terenzi e la fine porcellana di Hervit. Il sogno di Angela e Stefania è diventato ancora più forte perché la madre di tutte le scommesse l’hanno già vinta: regalare a ogni donna la possibilità di entrare nello spirito di Valiosa ed esprimere un nuovo tipo di femminilità, dolcemente ispirata all’eleganza anni Cinquanta ma concettualmente modernissima nella scelta di pietre, metalli e linee assolutamente sorprendenti. Esco dal negozio, mi sento ricca anche soltanto per la splendida esperienza sensoriale che ho vissuto e penso che lì ogni donna può concedersi il lusso di conoscere il bello. Ogni donna merita di sentirsi… Valiosa.
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LORY G.
La professionalità che fa girare ogni... testa
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Foto Andrea Sellari
osa consiglio a chi vuole intraprendere la mia professione? Innanzitutto capire se alla base c'è la passione per questo settore. Senza non si va da nessuna parte!». Parola di Lory G., al secolo Loredana Giansanti, da undici anni titolare del salone in via Cerquotti, a Morolo. Ma il suo nome risuona oltre regione e arriva fino al meraviglioso panorama ligure di Sanremo, dove la giovane hair stylist è ormai di casa da ben sei anni. E non solo: il mondo della televisione ormai conosce il suo nome anche se lei, donna determinata e grande professionista, ama il suo salone e le sue clienti, che coccola e rende uniche. Dopo un'esperienza di 14 anni in un'attività del capoluogo, Loredana decide di fare il grande salto e nel 2007 apre il suo negozio a Morolo. Una passione, fatta di tanti sacrifici ma anche di grandi soddisfazioni, che trasmette alle sue dipendenti, attualmente quattro. Tutte giovanissime e qualificate, che lavorano in perfetta sincronia assicurando a ogni donna professionalità e massima attenzione. Da due anni, poi, Lory G. utilizza un metodo innovativo per il riempimento capillare attraverso una membrana che consente l'infoltimento della quinta dimensione. «È un trattamento di 'Capelli for you' – spiega – che lavoriamo soltanto noi in tutta la provincia di Frosinone e che consente, a chi ha dovuto fare i conti con la caduta dei capelli per diverse ragioni, di sottoporsi a un rinfoltimento attraverso l'applicazione di una particolare membrana». Le abbiamo chiesto, prima di salutarla, qual è la tendenza dell'estate 2018: «C'è un grande ritorno all'effetto naturale, sia sul colore che sulla piega. Non mancano i carrè piuttosto sfilzati e il lungo morbido molto spazzolato. Questo, devo confessarlo, è quello che amo di più!».
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UNA PASSIONE FATTA DI TANTI SACRIFICI MA ANCHE DI GRANDI SODDISFAZIONI
VIA CERQUOTTI - MOROLO
Di Roberta Evangelisti
Capelli all’insegna della Natura
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a stagione estiva si è aperta definitivamente e tutte noi abbiamo già cominciato a scoprire la pelle ai raggi del sole che, man mano che la rendono più ambrata, schiariscono anche le nostre chiome. È il momento di pensare ad un nuovo hair color che ci accompagni durante tutta l’estate, ma con una premessa: è obbligatorio non parlare di “colore”, ma di una vera e propria “palette”. Sì, perché l’unica tendenza da seguire è il proprio bisogno, la parola d’ordine è personalizzare. Attraverso lo studio dell’incarnato e della scala cromatica dell’iride, della forma del viso e della personalità di ognuna, è possibile ottenere la propria nuance. Tutti gli hair stylist concordano nell’escludere i colori pieni a favore dei colori multisfaccettati e che diano un risultato assolutamente naturale. Ed è proprio la natura, con la sua infinita tavolozza, ad ispirare le sfumature da prediligere quest’anno: biondi caldi e non troppo chiari, sfumature ramate molto delicate per le brune, per un risultato che lascia ombra alla base e luce sulle punte. Ma le più audaci potranno puntare su teste policrome che traggono ispirazione dal piumaggio degli uccelli, petali e iridi. Senza abbandonare le sfumature fredde, che però si fanno ancora più delicate e che ricordano la pigmentazione dei minerali. Via libera a sperimentazione e fantasia, purché sia fatta da mani sapienti ed esperte; coloristi ed hair stylist, come dei pittori su una tela, elaboreranno sfumature uniche ed inimitabili per ogni testa. È il caso del salone di bellezza Ritratti Parrucchieri, sito nel pieno centro di Frosinone, specializzato nella cura ed in tutti i trattamenti di capelli, uomo e donna. Lo staff con esperienza pluriennale, non solo vi offrirà competenza e qualità, ma saprà consigliarvi a seconda delle diverse esigenze, in concomitanza coi i trend del momento, attraverso una consulenza gratuita su barba e capelli per gli uomini e sui tagli medi e corti per le donne. Non vi resta che affidarvi e lasciarvi coccolare, la vostra testa sarà in buone mani.
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Di GiusiRosamilia
Il mondo colorato di Ale Giorgini
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le Giorgini, classe 1976, vicentino, disegna da quando era solo un bambino. Dapprima erano solo scarabocchi e figure confuse che con il tempo hanno preso forma, vita. Autodidatta, oggi è un illustratore con grandi collaborazioni nel suo curriculum: Armani, Jeep, Puma, Martini, Disney, Warner Bros, Opinel, Lavazza, Mr Porter, Kinder Ferrero, Foot Locker, Emirates, MTV. Ha pubblicato le sue illustrazioni su The Hollywood Reporter, Boston Globe, Chicago Magazine, L’Espresso, Il Sole 24 Ore, Il Corriere della Sera. Ha partecipato ad una serie di mostre in giro per il mondo e dal 2013 è presidente e direttore artistico di “Illustri Festival”. Insegna Illustrazione allo IED di Torino, alla Scuola Internazionale di Comics (Padova) e presso Idea Academy (Roma). Nel 2017 ha fondato “Magnifico Illustrators Agency” insieme ad altri illustratori famosi del panorama italiano: Francesco Poroli, Mauro Gatti, Alessandro Gottardo, Riccardo Guasco. Ale Giorgini è propositivo, ricettivo: cerca di captare informazioI N T E RV I E W
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ni e cambiamenti del mondo e interpretarne i bisogni mutevoli. L’obiettivo dell’associazione è quello di anticipare i bisogni del cliente, senza aspettare una specifica richiesta. Una sfida ardua che stimola ancor di più un percorso di lavoro insieme ad una squadra speciale. I suoi disegni sono una parentesi felice e serena, un momento di relax da concedersi sempre per alienarsi e fuggire via dalla routine. Da quando ti sei avvicinato al mondo dei disegni e dell’arte in genere? «Mi verrebbe da dire che lo sono da sempre. Disegno fin da quando ho ricordo e non c’è stato un momento particolare nel quale ho deciso di avvicinarmi al mondo di cui oggi faccio parte. Se dovessi individuare una data o un periodo specifico, allora direi il 2008, quando ho deciso di dedicarmi a questo lavoro a tempo pieno». Qual è stata la tua formazione? «Sono un autodidatta. Alle scuole medie sono stato bocciato in educazione artistica con “gravemente insufficiente” da un professore che poi ha invitato i miei genitori a non farmi seguire alcun percorso artistico perchè - secondo lui - ero negato. Per questo motivo sono finito a fare l’istituto tecnico per geometri. Ufficialmente sono diplomato come geometra, ma non l’ho mai fatto in vita mia. Ho invece continuato a disegnare cercando di dimostrare - prima di tutto a me stesso - che in realtà non ero poi così negato». A cosa ti ispiri? «A tutto quello che mi circonda». Quali sono i temi trattati? «Nessuno in particolare. Se devo trovare un elemento comune nei miei disegni, allora dico il sorriso. Con le mie immagini non racconto storie intime o avventure epiche. Il mio obiettivo è quello di strappare un sorriso e qualche secondo di serenità a chi guarda le mie illustrazioni». A guardare i tuoi lavori sembrano veri e propri dipinti di arte moderna. Hai mai pensato che ci possa essere un legame? «Preferisco immaginarli come semplici disegni con il compito di arrivare a più persone possibile, piuttosto che ad essere definiti esempi di arte moderna». I colori utilizzati appartengono sempre ad una tavolozza di nuance calde e intense allo stesso modo, credo che la scelta non sia casuale, vero? «Nelle mie illustrazioni il colore ha lo scopo principale armonizzare i tratti e districare le forme contenute nei miei disegni e renderle visibili. La scelta della palette colore è quindi sempre funzionale ai soggetti rappresentati e all’atmosfera che voglio creare: i colori a contrasto servono poi a definire il più possibile le forme disegnate: ci sono volte in cui i miei disegni in bianco e nero sembrano dei rompicapi che solo con l’aggiunta del colore diventano chiari agli occhi di chi li guarda. Spesso utilizzi degli oggetti di uso comune per completare un tuo lavoro. Ad esempio un paio di forbici che fanno da becco per un uccellino. Come mai questa scelta?
«Quella a cui ti riferisci è una serie di immagini nata disegnando sulle fotografie. La scorsa estate ho fatto un viaggio di 40 giorni in giro per l’Italia durante il quale ho raccolto foto di luoghi, piazze, panorami e dettagli sui quali mi sono divertito ad aggiungere elementi disegnati che le facevano diventare qualcos’altro. É un esercizio utile a guardare alle cosa da un punto di vista differente e quindi mi serve a tenere allenato il mio lato creativo». Quali messaggi pensi di veicolare attraverso la tua arte? «Nessun messaggio e nessun secondo livello di lettura. Il mio obiettivo è quello di mettere in pausa per una frazione di secondo il grigio e le tensioni con cui spesso nella vita di tutti i giorni abbiamo a che fare. E riuscire a regalare un sorriso e qualche attimo di serenità a chi guarda i miei disegni». Disegnare è un modo per esprimersi, un modo per mettere a nudo la propria anima, un mezzo di comunicazione importante in un mondo pieno di foto, pubblicità, cartelli. Come pensi di farti largo tra una serie infinita di immagini che quotidianamente bombardano la nostra vita? «Cercando di essere semplicemente me stesso». Qual è il tuo prossimo progetto o quello che stai realizzando in questo periodo? «Mi piacerebbe riuscire a rallentare un po’ e a concedermi un lungo viaggio per ricaricare le batterie. Direi che è un bel progetto!»
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Di Anastasia Verrelli
Summer Makeup LESS IS MORE!
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n estate difficilmente si sopporta il makeup, sembra di avere una grossa maschera appiccicosa sul volto. Ma per molte ragazze sarebbe impossibile uscire di casa senza, ed è proprio per questo che con il caldo è consigliabile avere un trucco leggero ed eseguito con pochi prodotti. Sarebbe opportuno per tutte, anche per chi non lo ritiene fastidioso, visto che il sudore e l’umidità renderebbero tutto un gran pastrocchio. Ombretti e fondotinta avrebbero una pessima tenuta e, colando, otterreste certamente il risultato opposto da quello desiderato. Anche in estate la pelle necessita sì di prodotti coprenti per essere protetta, ma solo quelli che proteggono dai raggi solari. Infatti sarebbe meglio evitare prodotti supercoprenti e dalla texture troppo densa, ne uscirebbe fuori solo un mascherone. Il consiglio è di usare un fondotinta minerale in polvere che non occlude i pori ma, se proprio si vuole usare uno liquido, utilizzate quello opacizzante per evitare l’eccessiva lucidità della pelle dovuta anche all’aumento della produzione di sebo a causa del caldo. Fate attenzione al colore però! Ricordate che in estate sicuramente vi abbronzerete, assicuratevi quindi di non prendere tonalità troppo chiare. Per fissare il fondotinta utilizzate la cipria, ma il consiglio è sempre lo stesso: non abbondate! Sempre per mantenere un effetto naturale, si può applicare anche un po’ di blush in polvere e un rossetto dai toni caldi, non scuri! E così anche per gli occhi: primer e ombretto chiaro, e mascara esclusivamente waterproof! Le ragazze più alla moda, che amano seguire le tendenze, potranno fare una piccola eccezione a queste piccole regole/consigli: con le nostre care matite nere o colorate ci si potrà sbizzarrire con strane forme e geometrie, rendendo gli occhi il punto focale del makeup. I migliori prodotti per affrontare il caldo li possiamo trovare da P&B Diffusion, negozio al dettaglio e all'ingrosso di prodotti per la cura del corpo e dei capelli, attrezzature varie, cosmetici e articoli di profumeria in Via Aldo Moro, Frosinone! Da anni leader nel loro settore, con un personale gentile ed efficiente, pronto a dare ancora più consigli su come
affrontare l’estate, ed ogni altra stagione, sempre in modo perfetto. Inutile dire che si riforniscono solo dei migliori prodotti in circolazione. I marchi parlano da sé: Pupa, Bellaoggi, LYALISSE, Deborah, Dermolab e tante altre! Per l’estate inoltre da P&B puoi trovare ulteriori cosmetici indicati per la stagione: creme solari, burrocacao, doposole e tanti prodotti per la cura dei capelli, come “Matirya Densi-On”, il nuovo trattamento anti-diradamento K-time che contrasta l’assottigliarsi della chioma, stimolando il rinnovamento capillare. E, per chi non ha tempo di prendere il Sole, ma non vuole comunque rinunciare ad una pelle abbronzata, direttamente da Beverly Hills arriva l’Abbronzatura Spray delle Star di Hollywood della linea “That’so sun makeup”. E’ facile e sicuro, dura pochi istanti e si può fare direttamente presso il Punto Vendita P&B Diffusion. Il trattamento viene svolto all’interno di una pratica cabina ed è dotato di un innovativo sistema elettrostatico che garantisce un risultato uniforme e un colore dall’aspetto naturale e dorato su tutto il corpo. Non ci resta che andare per affrontare al meglio questa meravigliosa estate! BEAUTY
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Di Lucia Colafranceschi
Ho sempre fame di Musica Quale episodio della tua vita, se c’è stato, ti ha, anche iovane e amatissimo cantautore italiano solo per un attimo, fatto desistere dal continuare per la nonché noto personaggio televisivo, Valetua strada? rio Scanu si è fatto apprezzare anche nella «Credo che tutti abbiamo vissuto dei momenti di sconforto sua tappa ciociara da centinaia di fan, che lo dove dici ‘basta, sono stanco di lottare contro il monopohanno accolto a braccia aperte per ascoltare lio delle radio, contro un sistema marcio e corrotto’. Ma la presentazione del suo ultimo libro ‘Giuro di dire la vepoi l’affetto del pubblico e la certezza che rità’. Non c’era occasione più ghiotta, anIL CANTANTE SARDO nessuno di noi è eterno mi danno la forza che per noi di Chic Style, per incontrarlo RACCONTA IN UN LIBRO di rialzarmi e di sorridere: nessuno può ime strappargli qualche battuta sulla sua vita L'AMORE PER LE NOTE pedirci di sognare». professionale e, perché no, conoscerlo un E PER LA SUA FAMIGLIA Polemiche a parte, la tua vita sentimenpo’ meglio. Giovanissimo e già con una carriera E A CHIC STYLE CONFESSA: tale non è sotto i riflettori come la tua densa e ricca di soddisfazioni. Come fai PER RIMANERE A GALLA passione per la musica? Una tua volontà DEVI RESTARE FEDELE o una scelta di comodo? a districarti e a difenderti dalla luce acA TE STESSO «Non ho bisogno di far sapere al mondo cecante del successo? chi amo per accaparrarmi qualche coperti«Quando ami ciò che fai riesci a fare tutto: na. Credo di essermi aperto a 360 gradi nel mio libro, senza ci vogliono passione, costanza e dedizione e poi arrivano le filtri, diretto e immediato. Il resto rimane nel mio privato». soddisfazioni. La strada è ancora lunga, ma sono nato per la C’è un personaggio che ti ispira in modo particolare? musica e invecchierò con la musica. Che io rimanga o no un E secondo te è importante per un ragazzo di oggi, con personaggio di “successo”». sogni e ambizioni, avere un modello di riferimento su Hai dei punti di riferimento per poter affrontare il palcui provare a costruire il proprio futuro? coscenico e catapultarti con fermezza nel mondo del suc«Io amo le grandi voci, come per esempio Celine Dion, cesso, della pubblicità, della mondanità? Alex Baroni, Withney Houston. Sono stati i miei insegnan«La mondanità non mi appartiene, sono tale e quale al bamti di canto ma non posso basare il mio futuro su di loro. bino che viveva alla Maddalena. Il centro della mia vita riQuello lo costruisco sui principi e i valori che mi ha tramane la mia famiglia, il mio punto di riferimento, la mia unismesso la mia famiglia». ca certezza. Questo mondo non ti risucchia se rimani fedele Idee chiare, spirito da guerriero e una vita semplice ma alla tua identità». ricca. Tra note di passione e armonia di suoni, l’artista sarOggi hai il successo che meriti, ma quanti sacrifici hai dodo è pronto a volare alto per continuare a far sognare i suoi vuto affrontare per conquistarti questo ruolo nel mondo fan e chi, come lui, vive, e ama farlo, di musica pura. della musica? E cosa ti senti di consigliare ai ragazzi che vogliono farlo? «Il successo va e viene: se è frutto del tuo lavoro, dei tuoi sacrifici, del tuo sudore allora perdura nel tempo e ti rende orgoglioso. Ma se dipende da qualcuno ha una scadenza a brevissimo termine. Ai ragazzi posso soltanto consigliare di vivere tutto con semplicità senza far voli pindarici perché poi se si cade ci si fa davvero male. Si passa dal riempire l’Arena di Verona a non essere nemmeno più riconosciuti per strada. Un consiglio mi dici? Rimanere se stessi, non scoraggiarsi mai perché la musica vera, quella che arriva al cuore, magari non avrà il successo che merita oggi, ma resterà nel tempo». A volte non si è in grado di dare forma ai propri sogni. I N T E RV I E W
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Foto fornita dall'ufficio stampa
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Valerio Scanu dice la verità
Di Giusi Rosamilia
Tra colori, sapori & fantasia Mangiare bene è un’arte
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hiara Gavioli è una ragazza di Milano che vive a Mantova. Ha due grandi passioni correlate: il buon cibo e la fotografia. Chiara è una foodie. Foodies è un neoologismo nato recentemente. Non è uno chef, nemmeno un professionista, ma semplicemente un appassionato competente della gastronomia. È una foodblogger, ha la sua pagina Instagram e il suo blog “Mangio Quindi Sono”, attraverso cui mette a disposizione di tutti la sua arte e la sua inclinazione in cucina. Amante della buona tavola (foodie significa “buongustaio”), sempre alla ricerca di nuove tendenze da scoprire, al passo con il mondo che cambia in continuazione e sempre pronta a sperimentare ai fornelli, Chiara cucina fin da quando era piccola. La prima volta ha cucinato per più di dieci persone, però, è stato per fare una sorpresa alla mamma in occasione del suo compleanno, un pò per gioco, un pò per sperimentare qualcosa di nuovo e da lì non si è più fermata. Poi, grazie all’incontro fortunato con il suo attuale marito, o meglio con la cucina dell’attuale marito, non ha più smesso di stare ai fornelli. Ha capito subito che dalla pratica nasce l’esperienza e che la cucina è una questione di gusto si, ma anche di estetica, di logica e di creatività. Ha fatto degli errori i suoi punti di forza, motivi per migliorarsi. Il buon cibo è fatto per esser condiviso con chi si ama. Ed è proprio da questa idea che nasce il blog: un modo per creare una community interessata alle sue ricette, al suo modo di preparare le pietanze, incuriositi dal suo modo artistico di impiattare. Lei risponde a tutti quelli che le chiedono informazioni, suggerimenti e consigli in campo culinario creando ricette stravaganti e sempre innovative. Chiara, raccontaci un pò di te, come è iniziata la tua passione? «La mia passione per la cucina ha data antica, ho più o meno sempre cucinato da che ho memoria, anche quando ero ragazza e ci si vedeva per cene e feste con amici l’incaricata dell’organizzazione e FOODBLOGGER
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della cucina ero sempre io. Ma in realtà ho davvero iniziato a imparare a cucinare soltanto quando ho iniziato a convivere con quello che è ora mio marito: abbiamo iniziato ad andare a cena in ristoranti che curavano molto la materia prima e mi sono appassionata di “sapori” e ho iniziato a capire cosa vuol dire attenzione alla qualità, così a casa ho iniziato a sperimentare di più. La passione per la fotografia invece è più recente e può essere definita di necessità virtù: imparare a fotografare i piatti realizzati è stata la naturale evoluzione del corso degli eventi, nata dalla volontà di fissare nella memoria e condividere non solo l’immagine di ciò che cucino, ma anche l’emozione che si prova assaggiandolo». Cosa ricordi della tua prima volta in cucina? «La prima volta che ho cucinato un pasto vero per circa 8/10 persone avevo 11 anni. Era il compleanno di mia madre, e per scherzo aveva detto che per una volta le sarebbe piaciuto non dover cucinare almeno per il suo compleanno. L’ho presa in parola: a sorpresa ho invitato nonni e zii e quasi da sola ho cucinato una cena a base di pesce per tutti. Non ricordo assolutamente di come sia andata a finire, ricordo solo che non ero sicurissima di come cucinare gli scampi, ma siamo ancora tutti vivi quindi troppo male non penso sia andata! Ironia della sorte? Ora mia madre è allergica ai crostacei!» Da cosa è nata l’idea di aprire un blog personale e chi ti ha aiutato? «L’idea di Mangio Quindi Sono è nata nel 2013/2014: pubblicavo spesso sul mio profilo personale foto (orrende!) dei piatti che mi inventavo per rendere la dieta che seguivo meno tediosa e molte persone mi dicevano: ehi perché non apri un blog! Contemporaneamente un mio amico chirurgo vascolare mi ha chiesto di collaborare ai contenuti sul tema dell’alimentazione sana di un portale che stava creando, dedicato alla salute e alla bellezza al femminile, e sono entrata a far parte del team di come Food Advisor. Da lì il passo ad aprire il sito è stato breve. Mio marito (allora solo fidanzato) è stato la persona fondamentale nella creazione di MQS: non solo perché si è occupato della parte tecnica iniziale, essendo lui un super nerd e avendo esperienza di informatica per lavoro, ma soprattutto perché mi ha supportato e incoraggiato tutto il tempo. Lo fa ancora oggi. E’ stato sempre lui a prestarmi la sua reflex per fare i primi scatti, una vecchia Nikon D5000, che non avevo assolutamente idea di come usare». I social sono un canale forte di comunicazione al giorno d’oggi. Trovi riscontro positivo con i tuoi followers? «Non sono una grande appassionata di Instagram in realtà, soprattutto ora che l’algoritmo cambia continuamente e penalizza i piccoli brand come il mio. Amo invece Pinterest alla follia e ne sono dipendente. Per quanto riguarda il riscontro nel pubblico, punto sulla qualità e non sulla quantità, e questo mi penalizza nelle collaborazioni con le aziende forse, ma mi permette di avere un bel rapporto con chi mi segue, che spesso commenta o mi scrive per avere consigli e per ringraziarmi dei tip che metto a disposizione». Chiara, dando uno sguardo alla tua pagina Instagram la prima parola che mi viene in mente è: FOODBLOGGER
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“wow”. Le foto sono tutte omogenee, rispettano un gusto preciso, sono scattate tutte sicuramente dalla stessa persona che ha uno stile inconfondibile. Una buona presentazione rende appetibile una pietanza ed è quello che succede guardando la tua pagina, viene la voglia di assaggiare tutto. Chi si occupa di fare le foto? Come è stata pensata la pagina Instagram? «Mi occupo io di fare le foto, dallo styling del piatto, all’editing dei raw. La fotografia è ormai una parte essenziale della mia vita, sta diventando la mia professione, ma è stato un processo lungo arrivare dove sono ora. Inizialmente scattavo a sentimento, senza avere alcuna nozione tecnica, con risultati quanto meno dubbiosi, poi circa un paio di anni fa ho iniziato a seguire corsi e workshop, finché non sono approdata nelle classi Dazzero, di Monique d’Anna, a cui devo tantissimo. Ho cambiato approccio, attrezzatura e ora le mie foto sono di tutt’altra qualità! E’ un lavoro impegnativo, minuzioso, io non sono mai contenta dei miei scatti. C’è sempre qualcosa da migliorare. Continuo a cambiare stile, e continuerò a farlo finché non troverò la mia strada». Tenendo conto che Instragram è un social di sole immagini come credi che si possibile farsi notare? «Instagram oggi è molto diverso dagli albori, ed è ancora diverso rispetto all’Instagram di 2 o 3 anni fa: l’algoritmo penalizza molto chi non ha già molti followers, e si è persa un po’, a mio parere la naturalezza delle interazioni. Se l’obiettivo sono i numeri non so davvero cosa consigliare a un neofita, in questa giungla di foto bellissime e followers comprati. Se invece l’obiettivo è creare qualcosa di proprio, un proprio mondo, puntare sicuramente sulla qualità è la scelta vincente. Meno post, fatti meglio, didascalie curate, niente follow-unfollow, seguite chi vi ispira, chi vi fa sospirare di meraviglia, non chi pensare dovreste seguire perché è un big del settore». Curiosità banale, ma che forse tutti pensando dopo aver visto o letto ciò che scrivi e fotografi. Qual è il tuo piatto preferito e perché? «Se esco a cena adoro mangiare pesce crudo, all’italiana o alla giapponese, come confort food la pizza però non potrà mai avere rivali, la mia preferita è bianca ai funghi porcini. Il mio piatto preferito invece nell’ambito della cucina sana è il filetto di salmone al forno con cavoletti di bruxelles e patate dolci arrostite alla paprika: semplice e delizioso! Tra le mie ricette sul blog invece quelle che preferisco cucinare (e mangiare!) sono il ramen con il trucco per avere il brodo denso in breve tempo e la pokè bowl: adoro i sapori asiatici!» Cucinare per come lo intendi tu non è assolutamente un atto meccanico o necessario per la sopravvivenza, ma tutt’altro. Ci vuoi spiegare cosa significa esattamente per te? Leggendo le tue ricette e osservato le foto dei piatti mi viene da pensare che cucinare prima e mangiare dopo
sia per te un’arte, un modo per esprimersi, un modo di essere e di vivere, un modo di intendere la vita in generale. Ho indovinato? «Nel mondo esistono solo due cose che accomunano a livello culturale tutti i popoli: il cibo e la musica. Non importa che lingua parli, che religione professi, in quale parte del mondo vivi: a un certo punto ci si riunirà insieme per consumare un pasto. Il cibo è un linguaggio universale. Quindi sì, decisamente per me mangiare non è un mero atto di sopravvivenza, ma un’esperienza multisensoriale, che coinvolge occhi, olfatto, tatto e udito oltre che il mero gusto. Il motto del mio blog è: cibo per il corpo, per gli occhi, per l’anima. Il cibo è medicina, nutrimento, sostentamento, ecco perché cerco di creare piatti nutrienti, ricchi di sostanze positive per il corpo, ma ovviamente è solo un piccolo tassello della cucina. Cucinare è un atto di amore, mangiare è un’esperienza culturale incredibile, che non può essere minimizzata con un mero atto biologico. C’è chi si alimenta e chi si nutre e sono due atti diversi, ecco perché è nato MQS: per combattere l’idea che mangiare sano equivalga a mangiare triste, anzi il contrario, la cucina sana è ricchissima di FOODBLOGGER
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colori, di sapori forti, di profumi. E ovviamente prima ancora di mangiare con la bocca si mangia con gli occhi; anche solo cambiare aspetto a un piatto, renderlo più accattivante con colori inconsueti, attiva stimoli diversi nel nostro cervello ed è in grado di gratificarci maggiormente. Non è per tutti così forse, ma per me il cibo è uno strumento di condivisione, un’esperienza a tutto tondo: adoro invitare a cena le persone che amo e preparare piatti fatti in casa con ottime materie prime, magari con un bicchiere di vino mentre si chiacchiera. Così come adoro uscire a cena e andare in locali o ristoranti che non offrono solo di saziarmi ma di sperimentare, di provare quella sensazione di meraviglia e di stupore nel gustare abbinamenti inconsueti o ingredienti nuovi, una sorta di sindrome di Stendhal insomma. Il cibo è commozione ed epifania». Domanda che sicuramente le donne che ci tengono molto alla linea vorrebbero farti: quante delle cose che posti mangi davvero? «Il mio blog nasce come spin off per così dire della mia dieta: da quando circa nel 2012/13 ho iniziato a cambiare alimentazione, ho iniziato a informarmi e studiare per rendere più sani e leggeri i miei piatti e ho imparato molti trucchi che ho iniziato a condividere sul blog. Per questo su MQS si possono trovare ricette low carb come vegane, senza glutine come senza zucchero, la mia filosofia alimentare è “inclusiva”, voglio che tutti coloro che seguono una dieta possano trovare spunti utili, per cui le mie ricette sono sempre rielaborazioni in chiave sana. Non sempre sono “light” nel senso classico del termine ma cerco sempre di ragionare in termini di benefici dell’organismo e bilanciare i macronutrienti. Ci sono comunque dei momenti della mia vita in cui devo seguire un’alimentazione più rigida del solito e adeguare i miei piatti ad essa». Qual è il processo creativo che si nasconde dietro una ricetta e alle foto che scatti? «Parto spesso da un’idea vaga, può essere una foto che ho visto che mi ha colpito, o più frequentemente un ingrediente di stagione che voglio utilizzare: mi lascio ispirare dai colori e dai profumi, cerco sempre di farmi consigliare dai miei vari fornitori di fiducia e porto a casa ingredienti di prima qualità, poi rifletto su come vorrei costruire il piatto. Decido il metodo di cottura, mi immagino il risultato visivo finale, mi appunto ingredienti e dosi papabili su un taccuino e quando ho le idee chiare mi metto al lavoro e cucino cercando di far uscire il meglio dalla materia prima, appuntandomi eventuali modifiche in corso d’opera. Poi passo alla parte tecnica e fotografica, deciso quante e quali foto scattare, quali piatti e posate usare, come gestire la luce e come impostare la mia reflex. Faccio qualche foto di prova e poi continuo a fotografare finché non sono soddisfatta del risultato. È un lavoro minuzioso, ogni foto è un tassello per capire cosa non va e cosa vorrei cambiare fino a ottenere un risultato il più possibile vicino a quanto mi ero prefissata. In un secondo momento importo le foto scattate sul mio MacBook e inizio a svilupparle ed editarle, decidendo quale mood dare al risultato. L’ultima fase è quella di stesura del post vero e proprio, curo molto l’introduzione ai miei post, la parte di storytelling, cerco di
bilanciare nozioni tecniche relative ai valori nutrizionali o agli ingredienti usati, a articoli più personali, che descrivono come mi fa sentire quel piatto e cosa significa per me. E’ un lavoro lungo, che richiede un’organizzazione ferrea, almeno per me, ma si deve anche saper improvvisare e cogliere l’ispirazione del momento. Fotografare il cibo è un lavoro che lavora sulla bellezza in quanto fattore stimolante di sentimenti: in una foto si cerca di catturare e di trasmetterlo a chi guarda non solo il sapore, ma l’emozione che ne scaturisce. Quali sono i tuoi sogni nel cassetto? «Diciamo che più che sogni mi piace chiamarli progetti in cantiere: vorrei collaborare con diverse aziende per sviluppare ricette basate sui loro prodotti e vendere le mie fotografie per creare contenuto online e offline. Alcune mie foto sono state pubblicate su riviste di cucina e trovo entusiasmante lavorare in quel senso: partire da un’idea, un tema, e creare ricette originali e curarne la fotografia è molto gratificante. Sto contattando anche alcuni ristoranti e servizi di ristorazione per offrire la mia collaborazione; ormai avere un sito e curare il social marketing è fondamentale per tutte le attività e nel campo Food in questo senso si incontra un ostacolo incredibile: non si può assaggiare un prodotto online. Non si può blandire il consumatore con il rumore della carne sulla griglia, o con l’odore del pane appena sfornato, perchè non ci sono odori né sapori su internet, c’è solo la foto come strumento di marketing efficace. E quella foto deve essere incredibile, non deve solo illustrare in cosa consiste il piatto, deve convincere a operare una scelta sulla base del sentimento, dell’emozione, che suscita in chi la guarda E questo è quello che posso fare io, non foto pubblicitarie, piatte e finte, ma foto ricche, piene di emozioni, che creano un livello di interconnessione tra il piatto e il cliente». FOODBLOGGER
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Tutto in una notte:
Massimo Dolcemascolo una vita tra tradizione e innovazione
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e le persone fossero come i dolci basterebbe un piccolo assaggio per coglierne l'essenza, le origini, il valore, ma la vita è più complessa e non tutti i suoi ingredienti si lasciano scoprire al primo morso; così in questo numero di Chic Style abbiamo cercato di capire quali fossero gli ingredienti di una vita segnata dal successo come quella di Massimo Dolcemascolo: artigiano, imprenditore, fondatore della Pasticceria Dolcemascolo. Hai iniziato la tua attività da giovanissimo nel laboratorio di famiglia sotto la guida di tuo padre, qual'è stato l'insegnamento più importante che ti ha lasciato? «Il rispetto per la professione di artigiano e quindi la ricerca delle migliori materie prime e la loro esaltazione attraverso i giusti metodi di lavoro, senza mai dimenticare che l'artigiano è un uomo e anche il miglior ingrediente va modellato seguendo la propria personalità e le proprie intuizioni». E in questa lunga carriera quali sono state le tue migliori intuizioni? «Io ho sempre amato il lavoro in laboratorio, e nei suoi momenti di quiete provare, sperimentare nuovi prodotti. Quando ero a Roma lavoravamo principalmente come fornitori di altri bar, ma era un lavoro diurno, il laboratorio di notte era chiuso, così feci una sorta di contratto con mio padre: “lasciami produrre di notte, io ti pagherò le spese e una percentuale sul venduto”, I N T E RV I E W
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all'inizio lui tentò di dissuadermi, ma poi mi lasciò campo aperto. La produzione che avevo in mente di fare erano i cornetti». Perché proprio i cornetti? «Al tempo i prodotti surgelati ancora non esistevano e a Roma se facevi un buon cornetto eri molto considerato». Come andò? «Avevo 18 anni e iniziai con 100 cornetti, le attrezzature erano pessime, facevo lievitare l'impasto in una stanza con una pentola piena d'acqua sul fornello per scaldare l'ambiente, eppure la mia ricetta venne presto apprezzata. Da 100 pezzi arrivammo a 2000, poi 6000, fino a 18.000 pezzi al giorno. Nel pieno dell'attività avevo 15 dipendenti e nonostante questo non riuscivo a soddisfare tutte le richieste che arrivavano». Poi l'approdo a Frosinone, da dove nasceva questa scelta? «Da un lato la ricerca di una vita più tranquilla, Simone aveva 5 anni e Matteo era appena nato, ma anche un modello di lavoro per alcuni versi difficile da gestire: Roma è una città complessa, con tutto quello che comporta. Poi c'era anche la voglia di rimettersi in gioco; era come ricominciare daccapo». Nel 1990, quasi trent'anni fa, aprivi il primo laboratorio e punto vendita in città, ora la Pasticceria è affermata sia qui che a livello nazionale e sta riscuotendo sempre più consensi, quali sono state le soddisfazioni maggiori? «Ce ne sono state tante, a ripensarci sembra ieri, eppure sono passati molti anni. Sicuramente il vedere un'attività che, seppure con alti e bassi, picchi e arresti, è stata sempre in crescita. Avere un'idea e vederla riscuotere successo è esaltante, però il mio grande traguardo è stato quando entrambi i miei due figli hanno deciso di proseguire l'attività di famiglia e il modo con cui lo stanno facendo è fonte di orgoglio e grande soddisfazione». Qual'è l'ingrediente principale dietro le tue creazioni? «L'umiltà. Io non mi sono mai seduto su un piedistallo, ma ascolto tutti con lo stesso piglio: dallo chef affermato, fino al giovane apprendista e se hanno da insegnare sono pronto ad imparare. La vita, il lavoro, sono come le stagioni dell'anno, ci sono periodi in cui hai tanto per fare quello di cui hai bisogno, altre in cui devi fare quel tanto con niente. Se non sei umile, se non sai adattarti, se non sei sempre pronto a rimetterti in gioco e magari ricominciare da capo, la vita ti schiaccia, ed è in quel momento che si vede lo spessore di un uomo e la sua capacità di essere padrone della propria vita». I N T E RV I E W
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Di Anastasia Verrelli
Alla scoperta del mondo
Vegan e Sugar free
intervista alla blogger di Italy Quit Sugar
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ulie ha 26 anni ed è originaria di un piccolo paesino nei pressi di Domodossola (VB). Il suo nome non è italiano perché ho origini asiatiche: mamma filippina, papà italiano. Da poco convolata a nozze e trasferita in centro a Brescia. La vita della città è tutt’altra cosa rispetto a ciò a cui era abituata. Si occupa di comunicazione e il suo ruolo è quello di addetta stampa della squadra Kawasaki Puccetti Racing. Lavorare nel mondo dei motori è sempre stato il suo sogno fin da bambina. E’ spesso via per le trasferte, ma quando è a casa si dedica alla sua seconda passione: la cucina, e in parte anche la fotografia. Ed è proprio da qui che è nata la sua avventura del blog “italy quit sugar” . Quando hai deciso di diventare vegana? Raccontaci la tua esperienza. «Non so se esiste un momento preciso in cui ho deciso di diventare vegana. In realtà credo che sia una scelta maturata in me nel tempo e che è frutto di una serie di esperienze e di pensieri che sempre più mi hanno portato in questa direzione. In passato sono stata una persona con una alimentazione particolarmente scorretta, come forse tanti che, vittime dei ritmi frenetici della vita, si trascurano credendo che sia un aspetto secondario da trattare. Poi però, quando mi sono accorta che fisicamente ne stavo risentendo ho deciso di dare una svolta. Ho iniziato eliminando lo zucchero seguendo i consigli di un libro che ho scoperto in internet documentandomi su come migliorare la mia alimentazione. Il libro si chiama I Quit Sugar della scrittrice australiana Sarah Wilson. Il suo libro mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto capire che spesso quello che mangiamo ci fa più male che bene. Nonostante il poco tempo a disposizione mi sono ostinata ad organizzarmi per non rinunciare a nulla e piano piano ho eliminato qualsiasi tipo di prodotto confezionato. La scelta di passare ad una alimentazione vegana è arrivata parallelamente. Al tempo avevo un ragazzo la cui famiglia aveva un piccolo allevamento. Nella mia ingenuità io mi affezionavo agli animali. Li vedevo
nascere, crescere. Ci davo persino dei nomi! Poi inaspettatamente me li trovavo nel piatto e mi rifiutavo di mangiarli perché conoscevo la storia dietro ad ognuno di loro. Ho cominciato anche a realizzare che non esiste nessuna differenza tra gli animali che conoscevo e quelli che trovavo già confezionati al supermercato! Mi sono sentita veramente incoerente e ho realizzato che ciò che mangiavo non era un prodotto industriale, ma qualcosa di vivo. Così, gradualmente ho iniziato a diventare vegana. All’inizio è stato difficile anche perché facendo questa vita si è sempre via e l’alternativa non è sempre facile da trovare. Ma quando il principio che c’è dietro è sentito realmente, diventa naturale rimanere fedeli alla propria scelta». Cosa significa per te esserlo? «Per me essere vegana non significa nulla di particolare. Non voglio etichettarmi o sentirmi parte di una corrente di pensiero o a un FOODBLOGGER
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gruppo di persone tendenzialmente “diverse”. Non sono un’attivista e anzi, capisco perfettamente che per molti sia ancora impossibile fare il “click” che ha permesso a me di fare questa scelta. Rispetto l’idea di ognuno. Purtroppo è il sistema e credo che dando il mio esempio senza forzare la cosa, gradualmente aumenteranno coloro che faranno questa scelta. Già lo vedo con conoscenti o amici, che prima per curiosità mi chiedono e poi si approcciano a questo “stile di vita” (non so se sia corretto chiamarlo così). La mia scelta è legata molto alla realizzazione importante del valore della vita e credo che sia fondamentale fare questo percorso per riuscire a fare quello che sto facendo io. Per me essere diventata vegana ha rappresentato una sorta di percorso e di evoluzione di me stessa». Dove prendi spunto per le tue ricette? «L’ispirazione per le mie ricette arriva da diversi fronti. Sicuramente internet è la prima fonte di ispirazione. Ci sono foto che mi colpiscono anche di piatti che in generale non sono nati e pensati per una dieta vegana, così li rivisito e cerco di renderli anche in chiave più salutare, quindi senza usare zuccheri e aggiungendo le proteine. In realtà in questo periodo mi sto facendo molto ispirare dalla cucina mediorientale e dalle persone con cui ho a che fare. I miei viaggi, le diverse culture, le persone che fanno parte del mio ambiente lavorativo. Amo avvicinarmi alle diverse culture e cercare di rileggere i loro piatti per provare sapori nuovi che spesso ignoriamo». Come è nata l'idea del blog? «L’idea del blog è nata assolutamente per gioco e un po’ come luogo dove continuare a crescere e “studiare” l’evolvere del mondo della comunicazione al di fuori del mio lavoro e dell’ambiente moto. Sono sempre stata una a cui piace scrivere e raccontare e ho sempre avuto anche l’ambizione di poter ispirare o insegnare ad altri quello che sicuramente a me ha dato veramente tanto. Posso dire che è da poco più di un anno che ho iniziato a prendere sul serio il blog e a lavorarci con costanza. Ancora non ho un obiettivo preciso, la mia ambizione principale è quella di riuscire a crescere all’interno del mondiale Superbike o addirittura un giorno trovare un posto fisso una bella squadra in MotoGP. Ho ancora tanto da imparare e nel frattempo mi diverto a sperimentare e a condividere frammenti di vita e di cucina su Italy Quit Sugar». Hai qualche consiglio per chi vuole intraprendere la tua stessa strada? «Il mio consiglio principale per qualsiasi persona voglia iniziare ad alimentarsi in maniera vegana è quella di affidarsi per prima cosa ad un esperto. Non bisogna sottovalutare il cambio repentino di nutrienti e il discorso carenze. Spesso mi viene chiesto se mangio abbastanza proteine, se son sicura che non mi manchi niente. Un buon nutrizionista può darci la traccia per capire come alimentarci, poi sta a noi essere creativi in cucina e non annoiarci mai con le ricette che possiamo inventare. Il veganismo fai da te può davvero essere pericoloso, soprattutto visto che molti credono che essere vegani significhi semplicemente mangiare insalata o pasta in bianco. C’è tutto un mondo da scoprire e io spero che con le mie ricette, le mie foto e il mio blog riuscirò a fare capire quanti ingredienti e quante cose si possono fare
con davvero una semplicità disarmante e pochissimo tempo in cucina. Per chi invece vuole provare ad aprire un proprio blog il consiglio più grande che posso dare è quello di avere pazienza e crederci e soprattutto avere un tema specifico su cui concentrarsi. Se si spazia troppo si passa in secondo piano, invece bisogna crearsi un pubblico mirato che si affiderà al sito come fonte di ciò che sta cercando. La qualità dei contenuti non va sottovalutata e fa davvero la differenza». Anche dalle meravigliose foto della tua pagina instagram vediamo che riesci a mantenere un'ottima alimentazione senza però rinunciare ai dolci. Svelaci il tuo segreto. «Il segreto dei miei dolci è il fatto di essere per prima cosa senza zucchero e quindi non creano “dipendenza”. Lo zucchero è come una droga e più ne mangiamo più ci viene voglia di mangiarne. Questo ovviamente crea una spirale che ci porta sulla cattiva strada. Io ho seguito il mio percorso e mi sono “disintossicata”. Non rinuncio ai dolci perché ho imparato a controllarmi e soprattutto cerco di bilanciare la mia giornata alimentare concedendomi magari una fetta di dolce in più, ma consumando magari meno carboidrati durante un altro pasto principale. Oppure riducendo una porzione di frutta che comunque è una dose importante di zucchero. Bisogna un po’ guardare il quadro generale di ciò che si mangia nell’arco di un’intera giornata. Comunque il vero segreto è questo: “Dobbiamo essere gentili con noi stessi”. Le rinunce o le cose forzate ci fanno immancabilmente ricadere nelle tentazioni o rinunciare ai buoni propositi. Un dolce ogni tanto va bene, basta essere consapevoli delle scelte che si fanno. E comunque i dolci vegani sono buonissimi! Provate qualche mia ricetta per convincervi!» E noi senz’altro lo faremo! FOODBLOGGER
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Di Giulia Abbruzzese
Una Chef che non balla da sola E punta a raggiungere… Gloria
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Foto di Dario Facci
ome un ragazzino che ha il pallone incollato sulle scarpe. O una bimba che quasi neanche cammina ma già si solleva sulle punte per riuscire nella piroetta perfetta. Giada ha appena cinque anni quando i suoi amici si sporcano mani e magliette di terra, nei giardinetti sotto casa, alla Stazione. Le sue, invece, sono sempre appiccicose di uova e farina. La cucina è il regno di nonna Gloria che le trasmette, senza volerlo e senza accorgersene, la formula chimica dell’amore per le cose buone. Così i suoi occhi, verdi più del nome che porta dal 7 marzo 1994, non smettono mai di rubare tecnica, tempi e gestualità alla cuciniera di famiglia, mentre in televisione il primo canale manda in onda 'La prova del cuoco'. Oggi Giada guarda orgogliosa oltre le grandi vetrate del suo ristorante e continua a ringraziare quell’anziana signora che porta sempre con sé, anche sulla pelle, come una guida che le tiene continuamente una mano poggiata sulla spalla sinistra. Siamo in via Valle Martire 12, ai confini tra Frosinone e Torrice, in una piccola collina che restituisce, a chi la sfida in salita, un panorama mozzafiato regalando un angolo di tranquillità, a due passi dal traffico della città. Qui, dal 29 aprile 2015, la famiglia Loreto gestisce “Fior di zucca’’, un locale da 200 coperti che unisce la passione di Giada per la pasta fatta in casa, le competenze del settore apprese in un anno e mezzo di scuola, alla sede romana del Gambero Rosso, e la pinsa, antenata della pizza e certificata dal mulino Di Marco. Cinque anni di Ragioneria, costretta dalle limitazioni di un capoluogo di provincia e fortemente attaccata alla promessa che sua madre Tiziana le fece per compensare la tristezza di non aver potuto frequentare l’Alberghiero: iscriversi, dopo la maturità, a un corso di cucina. Quel corso di cucina. A diciotto anni accetta, con la consapevolezza I N T E RV I E W
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e la forza più mentale che fisica di un adulto, un lungo Marco: Giada e i suoi sono il numero 9 di 49 nel mondo. periodo di sacrifici: la sveglia che tutte le mattine suona «La mia giornata inizia intorno alle 9 – racconta la giovaalle quattro e mezza, quando d’inverno la città è ostaggio ne imprenditrice che ama la nail art, i tatuaggi e da quattro di un silenzio nero e profondo, le ricorda ogni giorno la anni Marco Terramagra, studente universitario di Biologia grande opportunità che le è stata concessa. Giada sonnecche l’aiuta al ristorante – con il reperimento delle materie chia nel vagone del treno diretto a Roma e quando arriva prime che noi prendiamo fresche ogni giorno, non facendo in via Gasparri, qualche volta anche con magazzino. A seconda di ciò che troviala febbre a 38, è pronta per lezioni di fimo dai produttori di zona, decidiamo il A 24 ANNI sica, chimica, abbinamento vino/cibo e menù che, di conseguenza, varia contiGIADA LORETO tante altre ore e pagine di teoria. Ma il nuamente. Intanto si procede con la liebello per lei è quando si va in cucina, si vitazione della pinsa e si organizzano le GUIDA LA GIOVANE crea, si compone, si sperimenta, si osa diverse preparazioni. Dalle 16 alle 18 ho BRIGATA e si assaggia. Tra i suoi maestri ci sono due ore di pausa, poi di nuovo al lavoro DI ‘FIOR DI ZUCCA’ Enrico Pezzotti, Daniele Usai e Antonelfino a verso le due di notte». Giada ha lo Migliore: da qualcuno fa uno stage, solo 24 anni ma le idee mature anche sul UN DIPLOMA dagli altri ruba con lo sguardo e a più AL GAMBERO ROSSO suo futuro, nel quale vede moltiplicarsi d’uno si ispira quando immagina la sua le sedi di “Pinsarte” (quella di Ceprano E SUA MAESTÀ carriera. Fa esperienza e scuola anche al l’ha aperta il 22 aprile scorso ed è gestita LA PINSA ROMANA 'Museum' dei fratelli Gianmarco e Alesda Andrea Marsella) e il suo nome comsandro Giansanti, a Fiuggi. Tra mestoli parire tra i più apprezzati nel mondo della e pentole viene a sapere di un locale in vendita. Accanto ristorazione. Ai ragazzi della sua età, che hanno sogni ma a papà Silvano, ristoratore ed ex gestore dell’Ariston di sono spesso frenati dalle difficoltà anche solo apparenti, Frosinone, accetta la sfida e rileva la struttura. Una squadra dice di provare, investire su se stessi, credere nelle proprie di under 30 (il suo aiuto cuoco, Valerio Di Mascio, è appecapacità. «Io mi ritengo fortunata perché ho sempre avuto na ventenne e il pinsaro, Simone Roccini, è un ragazzo di accanto a me la mia famiglia, il mio punto di forza, quello Ripi) che lavora a tempo di musica e servono piatti della da cui partire e al quale tornare. Ma sono stati necessari tradizione rivisitati con l’estro e la semplicità di Giada: dai anche sacrifici da parte mia, che rifarei comunque mitortini di carote, provola e curry passando per i raviolotti gliaia di volte». Che dica la verità lo si intuisce dalla luce ripieni di polenta con sugo di spuntature, dalle trofie con che ha negli occhi e da un sorriso che la illumina nonostancrema di cannellini, ‘nduja e scaglie di marzolina a una te le tante ore passate ai fornelli. E, per essere competitiva grande varietà di pinsa (il termine deriva dal participio in un mondo in cui il food cammina veloce, – anche troppo passato del verbo ‘pinsère’ che significa schiacciare, ma– contaminando settori e varcando sempre nuove frontiere, cinare, pestare a indicare una focaccia sottile di epoca rolei non dovrà mai rinunciare a migliorarsi né sottrarsi alle mana). Ne hanno studiate 114 varianti, anche se il cavallo sfide. Anche se a Giada, della “cucina spettacolo” che si fa di battaglia è quella con zucchine a julienne, fiori di zucca in tv, interessa poco: «Il mio guru? Nonna Gloria. È a lei e alici. In sala, tra vini imbottigliati e tavoli apparecchiati, che dedico tutto perché da lei tutto è partito. E non smetappeso alla parete c'è il certificato rilasciato dal mulino Di terò mai di dirle grazie!».
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OGGI
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CAMBIANO I TEMPI, MA NON L’IMPORTANZA CAMBIANO I TEMPI, DINON COMUNICARE. MA L’IMPORTANZA
DI IeriCOMUNICARE. lo hai scritto in una lettera, riassunto in un telegramma, chiarito in una telefonata. Oggi scrivilo in una mail, riassumilo su WhatsApp, condividilo sui Social Network.
Ieri loCon hai scritto in una lettera, riassunto in un telegramma, chiarito in una telefonata. Advok continua a raccontare chi sei. Oggi scrivilo in una mail, riassumilo su WhatsApp, condividilo sui Social Network.
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Di Alessandra Celani
È l'ora dell'apericena l'estate nel... bicchiere
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i chiama aperitivo o apericena e nella seconda metà degli anni 2010 è diventato un fenomeno sociale e di costume estremamente diffuso, soprattutto tra i giovani. Nato nell'Italia settentrionale, si è poi sviluppato in tutta la penisola, toccando principalmente le grandi città, dove attualmente è persino più apprezzato della classica cena al ristorante. Così è stato anche a Frosinone, dove l'apericena oggi risponde quasi a una tradizione, a un modo per rilassarsi dopo una giornata di lavoro e di scambiare due chiacchiere con amici o colleghi, davanti a un buon bicchiere di vino o a un calice di bollicine. All'aperto o all'interno del locale, l'aperitivo in città si è trasformato in un vero e proprio rito da celebrare se vogliamo sentirci veramente alla moda. Da formale ed elegante a quello divertente con le amiche, la scelta dei locali per tutti gli amanti di questo genere, anche nel capoluogo, è abbastanza ampia. Quest'anno poi, nella lunga lista delle location si inserisce pure 'Sfizi e Delizie' di via Tommaso Landolfi 5 (traversa di via Aldo Moro), nota ai più per i suoi fantastici dolci, tra cornetti, bombe, fagottini... I proprietari, Daniele Raponi e Maurizio Vona, hanno voluto dedicare una parte della loro giornata all'ora dell'aperitivo, 'Sfizi Hour', che sarà un appuntamento fisso dell'estate 2018. Alla produzione artigianale di dolci, hanno deciso di affiancare quella del salato. L'idea è stata studiata nei minimi particolari: dall'allestimento del buffet alle tovoglie utilizzate per apparecchiare la tavola, dai bicchieri alle posate, ai tovaglioli. Il colpo d'occhio è fantastico: allegro, colorato e nello stesso tempo confortevole ma anche easy. "Non sarà il classico appuntamento con noccioline e patatine - ha sottolineato Daniele Raponi - La nostra idea è quella di proporre qualcosa di diverso, che si avvicina di più al nostro 'mondo', con cornetti, fagottini, pizzette salate e cocktail per tutti i gusti. Si partirà ufficialmente il prossimo 13 luglio alle 18.30 e poi sarà possibile gustare i nostri aperitivi ogni sera, fino alla fine dell'estate".
LA PROPOSTA GOLOSA E CHIC DI 'SFIZI E DELIZIE'
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Sapori irresistibili a tutte le ore del giorno
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a storia di Caesars Palace Cafe' inizia nel 2007 da un sogno che è divenuto prima realtà e poi storia. Il locale propone solo il meglio in ogni fascia oraria con prodotti capaci di esaltare ogni sapore. Qualità, Professionalità e Passione sono gli ingredienti segreti. La missione è comprendere ed esaudire le esigenze del cliente andando sempre in contro alle nuove tendenze . In due sole parole Caesars Palace Cafe' è tradizione italiana e punto di riferimento della gastronomia dolce e salata. Il locale è il posto giusto per gustare un’ottima colazione, un pranzo ricco, un caffè tra amici, un gelato o un aperitivo, trovando al suo interno un laboratorio di cucina ed una gelateria artigianale. Alla base del prestigio conquistato vi sono la selezione dei migliori prodotti sul mercato. I fiori all’occhiello della pasticceria sono senza dubbio i cannoli siciliani e i croissant, realizzati con il massimo della cura e con la selezione di materie prime di qualità. Il locale propone però un'offerta di qualità anche nelle fasce orarie più salate dai prodotti di pasticceria salata a primi e secondi piatti eleaborati. Per concludere in bellezza la freschezza ed artigianalità dei dolci come scelta conclusiva del momento di gusto e non come semplice consuetudine, questo è il motto. Questo è il Caesars. Un luogo speciale, un prolungamento della propria casa, la scenografia quotidiana dei rituali più amati, come il caffè coi colleghi, la colazione con relativa sfogliata ai giornali, il pranzo di lavoro, la chiacchierata con le altre mamme dopo l'entrata a scuola, l'aperitivo con gli amici e così via. Al Caesars Palace Cafe' c’è una grande atmosfera dentro e fuori e noi vi invitiamo di viverla. Ora puoi gustare tutto anche nel nostro nuovissimo GARDEN.
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Di Roberta Evangelisti
MumcakeFrelis
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alla mia famiglia. Tra le tante ricette che hai proposto quale è stata la tua preferita? «I ravioli di Nonna Leonida, una ricetta che ha il sapore della mia infanzia. E' la ricetta ligure, di mia nonna paterna, colei che mi ha insegnato tantissimo in cucina e che è mancata un anno fa... è stato un duro colpo perché mia nonna era un po come una seconda madre essendo figlia di genitori separati». Nelle tue fotografie si percepisce creatività e gusto estetico, quali sono le tue ispirazioni? «Caravaggio! Sono particolarmente legata alla storia dell'arte che ho sempre amato e studiato; poi ovviamente una impronta forte me l'ha data la mia insegnante di fotografia Monique D'anna». Amo molto le foto in stile dark mood, ma anche il white, soprattutto d'estate, mi soddisfa!» qual è il consiglio che ti senti di dare alle donne che, come te, sono mamme e mogli, ma non vogliono rinunciare a coltivare le proprie passioni, facendole diventare un lavoro? «Di credere in quello che fanno, e provarci... i risultati arrivano, molto lentamente purtroppo, ma man mano che uno si applica e ci mette il cuore qualcosa raccoglie e se si ha voglia di reinventarsi e crearsi un nuovo lavoro bisogna credere in se stesse».
he noi donne siamo multitasking è storia nota, ma a testimonianza che siamo anche un pozzo di creatività e resilienza, c’è la storia di Lisa, mamma di Dimitri e moglie di Cesare, con la passione per il cakedesign e la fotografia, che ha saputo unire ciò che ama di più per trasformarlo in business. Lisa, nel tuo blog ti presenti in primis, come mamma e moglie, raccontaci di te: come è nata l’idea di aprire un blog in cui coniughi cucina e fotografia? «Tutto è nato con il 2° compleanno di mio figlio; avevo voglia di creare qualcosa di particolare, una torta diversa dalle solite che preparo. Ho visto in rete queste creazioni in pasta di zucchero e mi hanno stregata! Avendo fatto il liceo artistico, ho dimestichezza a creare con le mani e ho voluto provare... ho fatto una torta a forma di barbapapà e ne sono stata molto soddisfatta tanto da cimentarmi ancora per ogni occasione possibile in questa nuova tecnica del cake design. Dalle torte al blog il passo è stato breve; volevo far conoscere le mie creazioni e volevo creare un diario sul mio essere mamma. Negli anni tutto si evoluto, come mi sono evoluta io, crescendo con le competenze che mi servivano per migliorare questa creatura che avevo creato, e a cui cercavo di dedicare sempre più tempo senza però toglierne
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Di Martina Siravo
Se la tv non invecchia è perché ha trovato…
‘UN POSTO AL SOLE’ Di Giulia Abbruzzese
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uella che si vede dalla terrazza di Villa Volpicelli è una Napoli in giacca e cravatta con i piedi a mollo nel mare. Dal Vesuvio, che ne osserva movimenti e movenze, si accende l’occhio di bue puntato sulle torri merlate e sui giardini a strapiombo, a protezione di un fortino che un tempo fu luogo della batteria borbonica. Dal 1999, per più di cinquemila puntate e oltre due milioni di telespettatori è semplicemente Palazzo Palladini, il condominio che porta storie, segreti, amori e dissapori nelle case degli italiani che si mettono a tavola. Quando il taxi si ferma, dopo una discesa tortuosa che, tra splendide strutture ammantate di verde e bouganville, porta direttamente da ‘Giuseppone a mare’, ho come la sensazione che varcando quella soglia ricavata nella pietra mi aspetti qualcosa di ancestrale e vagamente paradisiaco. Non è soltanto una percezione, la mia: il viale è circondato da una rigogliosa vegetazione che lascia penetrare la luce al centro della strada, formando una ‘retta via’ da non abbandonare se non si vuole essere risucchiati dal fitto bosco. Sulla destra, tra piccoli arbusti e alberi secolari, m’imbatto nella statua rossa di un fauno che mi fa rivivere in un flashback il “Blocco Cinquemila” dell’11 maggio. Sono proprio lì, sul
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set di “Un posto al sole”, il daily-drama più longevo della televisione italiana, prodotto in terra partenopea, dal 21 ottobre 1996, da Rai Fiction, FremantleMedia Italia e Centro di Produzione Rai di Napoli. Nata come soap opera ma diventata, negli anni, un vero e proprio fenomeno di costume, è una serie che intreccia i temi classici di una fiction con attualissimi spaccati di quotidianità: dalla camorra al bullismo, dalla delinquenza giovanile al gioco d’azzardo, dall’omofobia alle molestie sessuali, dalla tossicodipendenza allo stalking. L’attaccamento alla cronaca e agli aspetti sociali parte da lontano, dal 1994, quando a Giovanni Minoli, capostruttura di RaiDue, venne commissionata una serie che facesse da lancio al tg. Ma non sul modello ‘Beautiful’: uno sceneggiato dell’Italia reale. Et voilà. È proprio nel riflettersi continuamente nei mille volti della vita e la capacità, mai perduta, di fornire le situazioni più disparate in cui chiunque può identificarsi, che risiede il segreto del successo sempre crescente di un prodotto che, in oltre quattro lustri, ha collezionato numeri da capogiro: 18.701 attori provinati, 120 registi, oltre 86.600 scene girate, più di 125.000 minuti di trasmissione, 36 matrimoni, 25 funerali, 4.913 schiaffi, poco meno di quattro milioni e duecentomila caffè e circa 383.000 litri di acqua. Uno ‘show dei record’ che mantiene intatto il suo appeal conquistando generazioni trasversali di pubblico e arrivando a tagliare il traguardo dell’8,5% di ascolti. Insomma, avete capito dove sono finita? E mentre ripenso al mitico Raffaele (l’attore Patrizio Rispo), il portiere che cadendo da una scala incontra, in una sorta di viaggio onirico, alcuni personaggi scomparsi dalla serie (sua moglie Rita, interpretata da Adele Pandolfi, e sua madre, l’attrice Isa Danieli), ecco che a pochi metri vedo un uomo alto e distinto, ventiquattrore alla mano e sguardo di ghiaccio. Riconosco il cinico Roberto Ferri, imprenditore senza scrupoli e con un passato tutt’altro che cristallino, spesso al centro di intrighi finanziari e familiari. È nel giardino del palazzo e sta parlando con il figlio Filippo (Michelangelo Tommaso).
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Roberto Ferri, il cattivo che piace. Anche a Riccardo Quando il regista grida “stooooop!” lui, Riccardo Polizzy Carbonelli, si volta verso di me e mi porge la mano con un sorriso rassicurante, infilando una serie di battute che ne definiscono immediatamente un elegante lato ironico. Lei, così divertente e costretto da diciassette anni a fare il cattivo: ormai si è abituato a Roberto Ferri? «Lei non so. Io ormai sì (e sorride, ndr), da quando Luisa Amatucci, al mio esordio, mi disse ‘Benvenuto nel frullatore!’. Da allora questo personaggio mi ha identificato e io ce l’ho messa tutta per farlo bene. Poi, se guardo indietro, vedo delle acerbità ma del resto tutto è perfettibile». Anche se spero poco, quanto di Roberto Ferri c’è in Riccardo? «Tutte le mie frustrazioni. Da piccolo leggevo molto Topolino e mi faceva tanto ridere il miliardario Paperon de’ Paperoni: quando veniva trattato male perché taccagno, lui diceva ‘Quanto costa questo? Lo compro e lei è licenziato!’. Ecco, le ingiustizie, le vessazioni, ovviamente più serie di quelle da fumetto, io le metto in Roberto Ferri. D’altra parte tutte le persone hanno a che fare con il negativo che non sempre parte da se stessi: io in lui riverso l’impiegato antipatico dell’ufficio comunale piuttosto che il commerciante scontroso. Di Ferri, invece, ho la caparbietà, una certa tenacia nel raggiungere un obiettivo, con la differenza che Riccardo non va a tracimare cadaveri mentre Roberto potrebbe persino passarci sopra!». Il suo parlare ha il ritmo armonico dell'affabulazione e mentre lo ascolto penso realmente che la sua sia un’interpretazione esattamente antitetica a una naturale cordialità assolutamente amabile. «Però Ferri mi piace molto perché, sebbene io non sia cresciuto con l’esempio degli eroi negativi in tv, gli attori che li interpretavano erano bravi e affascinanti. Come Alberto Terrani, Ubaldo Lay, Adalberto Maria Merli che, nel ruolo di canaglie, alla fine giustificavi, pur non parteggiando per loro. Su Roberto Ferri ho le mie idee ma poi sono un soldato e quindi obbedisco. In alcuni momenti lo vedrei un po’ più maturo, riflessivo, meno impulsivo». ‘Un posto al sole’ ha festeggiato da poco cinquemila puntate ma non le dimostra affatto: qual è il segreto di questa longevità? «Il fatto che sia una real opera è sicuramente uno degli ingredienti. Spesso, in questi ultimi periodi, ci criticano perché c'è un po' troppa violenza ma quello che stiamo vivendo è un momento di oscurantismo, di accanimento, nei confronti delle donne, dei bambini, delle forze dell’ordine, degli insegnanti. Ecco noi raccontiamo questo: le dipendenze, le angherie, i soprusi e una socialità che appartiene a molti. Con la città di Napoli, poi, così come con le maestranze, il centro di produzione Rai e la FremantleMedia si è creata una sorta di cordone: il nostro è veramente un condominio
allargato, sembrerebbe quasi un villaggio vacanze, dove si salva sempre un rapporto di rispetto e collaborazione. Dico sempre che quella di ‘Un posto al sole’ è una seconda famiglia che non è seconda a nessuno. Un altro segreto è che siamo molti protagonisti e molte guest ma è la storia che vince, non c’è il ‘primadonnato’: c’è un equilibrio di vicende e personaggi». Ma la sua, di famiglia, è a Roma e lei viaggia spesso. Come si organizza? «Se mi chiede dove vivo le rispondo in treno ma mi considero un pendolare di lusso come lo è, di questi tempi, avere un lavoro, anche per noi attori. Poi, certo, torno dalla mia famiglia a Roma quando sono libero anche dalle altre attività: oltre a questa soap, faccio anche teatro e doppiaggio». La scena più difficile che ha interpretato nel ruolo di Roberto Ferri? «Quella più tosta è stato il rientro di Filippo che tutti credevano morto. Quando Ferri lo rivede la reazione non è facile da interpretare: non ho giocato sulla commozione, perché d’accordo con il regista Stefano Amatucci, le lacrime avrebbero stonato. Invece l’abbiamo buttata sull’intontimento, sulla percezione di aver visto una sorta di fantasma. È stata sicuramente la scena che mi ha più coinvolto». Mentre ascolto piacevolmente Riccardo, ecco che vedo arrivare una donna dal fisico asciutto, capelli ramati e occhiali a specchio. Il suo incedere è leggero e sicuro. Mi concentro sul volto e la riconosco: è il commissario di polizia Giovanna Landolfi, nei jeans di Clotilde Sabatino.
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Giovanna e il forte senso di giustizia in una Napoli dai mille volti «Essere parte della grande famiglia di ‘Un posto al sole’ è un orgoglio per me, anche perché credo sia l’unica realtà produttiva e artistica di questo tipo nel nostro Paese, che continua a durare nel tempo con grande qualità, importanti temi affrontati e attori eccezionali, al di là di me». È fiera, Clotilde, di impersonare da 14 anni un rappresentante delle forze dell’ordine e si ritiene anche molto fortunata perché, dice, «se non avessi fatto l’attrice, avrei fatto la poliziotta». Un sogno in parte realizzato con il suo personaggio? «Sì. Mi piace moltissimo interpretare il commissario Landolfi: ho fatto anche delle domande per entrare nell’Arma. È un campo che mi ha sempre affascinato». Qual è la Napoli che viene fuori dalla fiction? «Direi tutta. C’è molta autenticità». Il commissario Landolfi è una donna ferrigna, determinata, coraggiosa: quanto c’è di lei in Clotilde? «Un bel po’. Io mi interesso anche di temi sociali e ho il privilegio, attraverso la Polizia di Stato con la quale sono in contatto e che mi chiama come testimonial in diversi eventi e manifestazioni, di affrontare questioni importanti: ultimamente, ad esempio, sono stata a Palermo, per parlare di violenza di genere. Ho la possibilità di utilizzare il mio lavoro per lanciare messaggi forti sulla legalità anche attraverso il rapporto con i giovani e gli studenti». La sua giornata tipo? «Mi alleno, corro, studio inglese, faccio lezioni di canto, mi dedico alla spesa, curo i miei genitori e ho un marito. Una vita normalissima direi».
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Il ‘direttore d’orchestra’ del condominio: Raffaele Giordano Da lui non si può prescindere se si vuole comprendere appieno lo spirito di un real-drama in una Napoli generosa e violenta, ironica e coraggiosa, fiera e disarmante. Perché lui, Patrizio Rispo in arte Raffaele Giordano, è il ‘capo’ di palazzo Palladini, una sorta di guida e confidente per tutti i vari personaggi che nella villa intrecciano storie, vicissitudini, dubbi, successi, gioie e qualsiasi altro sentimento venga fuori dalla scrittura degli autori. Un portiere tuttofare che in qualche modo tiene con disinvolta maestria le redini di una coralità multiforme ed eterogenea, che riesce a gestire con semplicità, leggerezza e quel tocco di comicità che fa dei suoi siparietti con Renato (Marzio Honorato) e Otello (Lucio Allocca) i momenti più divertenti della soap. Possiamo dire che lei sia il personaggio-emblema di ‘Un posto al sole’: non ha finito col diventare un po’ Raffaele Giordano anche nella vita reale? «Come dico per scherzo ai miei colleghi: io sono il brand, voi siete gli attori. E comunque è proprio così: la mattina si entra in un film di fantascienza, in un buco nero, in un’altra dimensione e chi vive più di me è Raffaele Giordano. Per strada mi chiedono di esserlo, altrimenti ci restano male. Insomma: Patrizio lo sono due ore la sera quando torno da mia moglie». Cosa spinge un attore a restare ancorato per tanti anni allo stesso ruolo? «Quella di recitare trecento giorni all’anno è un’occasione più unica che rara, è come vincere una lotteria. E avere l’opportunità di approfondire un personaggio è assolutamente stimolante. In 22 anni ho fatto l’equivalente di 1.700 film ma non c’è routine perché non cavalco la maschera e quando mi si offre l’occasione sterzo sempre. Se uno lo sa cogliere è uno stimolo continuo, c’è una dignità di lavorare tutti i giorni e una popolarità che ti rende ascoltato, visto, apprezzato». In un’intervista lei ha detto che quando smetterà di fare l’attore si dedicherà alla politica: non lo ha fatto finora per non essere tacciato di sfruttare la sua popolarità? «Io la faccio già, tutti i giorni. Educo le persone per strada, appartengo ad associazioni di impegno civile e sostengo quelle di beneficenza. Probabilmente, se dovessi smettere l’avventura di ‘Un posto al sole’, avrei l’età per non fare più l’attore e potrei pensare alla politica. Finora prestare il mio volto per portare voti non mi interessava anche se poi ho sempre lavorato dietro le quinte». Qual è l’aspetto più gratificante di essere un personaggio riconoscibile ovunque? «Essere circondato da affetto: non sono neanche più considerato come un attore ma come un parente stretto. Mi capita, ad esempio, che se sono fermo davanti a un portone, mi domandino se io faccia veramente il portiere oppure che mi si chiedano ricette. Addirittura qualcuno voleva farsi un un selfie durante un funerale». A proposito di ricette: nella soap è un bravissimo
cuoco, nella vita reale? «Anche. Stasera, ad esempio, siamo tutti a casa mia a vedere il concerto omaggio a Pino Daniele e io ho preparato polpette, insalata, purè, straccetti con rosmarino e vino bianco e una salsa per la pasta che conto di inventare tra un po’». Sul set nascono amicizie ma anche contrasti: con chi del cast ha un rapporto davvero speciale? «Contrasti non ci sono stati: abbiamo sempre attutito ed evitato che ci fosse un clima di primattorismo. Tra noi siamo legatissimi: io in particolare con la mia famiglia composta da Ilenia Lazzarin, Marina Giulia Cavalli, Francesco Vitiello, Lorenzo Sarcinelli. A Lucio Allocca e Marzio Honorato mi lega un’amicizia storica che nasce con il teatro e poi ho adottato Maurizio Aiello, un personaggio che va e viene». E Raffaele Giordano per quanto ancora lo vedremo in ‘Un posto al sole’? «Se è per questo la invito sin d’ora al mio funerale di Stato, nella fiction e nella vita. Mi raccomando: indossi un tailleur nero e sia elegantissima!». I N T E RV I E W
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Di Giusi Rosamilia
Il mondo di Marianna Capozi talentuosa illustratrice e grafica ciociara
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arianna Capozi è un’illustratrice e grafica cresciuta a Pofi in provincia di Frosinone. Vive a Roma in una casa con un immenso terrazzo in cui, nelle domeniche soleggiate, sarà pronta ad organizzare workshop di illustrazione tra amici. Adora dedicarsi ai suoi progetti personali e realizzare oggetti handmade. Si appassiona spesso di cose nuove, al momento il suo amore è l’argilla. Adora creare, sperimentare, comunicare con le immagini e disegnare di getto con una fantastica paint app sul cellulare momenti della sua vita. In breve, è felicissima del suo lavoro. Ma ora conosciamola meglio con qualche domanda. Come è nato il tuo amore per l’arte? «È stata una scoperta crescente, negli anni ho incontrato persone che mi hanno affinato occhi, sensibilità e gusto. Devo soprattutto a loro il mio amore per la bellezza». Qual è stato il tuo percorso? «Ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Frosinone, il corso di Media Art. Un corso ricco di buoni propositi (e di nerd) che mi ha dato una buona infarinatura su diversi campi e una preparazione adatta per essere abbastanza versatile e autonoma nel mondo del lavoro. Mi sono poi specializzata in illustrazione all’ISIA di Urbino (mentre la nomino mi si stringe lo stomaco per l'emozione). É un mare di bellezza e creatività, è condivisione, è una doccia di stimoli continua, è freschezza, è crescita. Mi sono trovata benissimo e, soprattutto, mi sono trovata a casa». Il territorio in cui sei cresciuta, Pofi, ti ha aiutato a sviluppare la tua creatività? «No, e neanche Frosinone mi ha aiutato. È un pensiero personale che può sembrare snob, ma è sincero e mi rattrista ogni volta che ci penso. Non sono cresciuta in un mondo sensibile a questo tema, ma in un ambiente che insegna la tecnica e senza stimolare la creatività, un mondo che fa navigare su una corrente che non arriva all’immaginario. Stringendo il cerchio invece vi dico che la mia famiglia mi ha dato tanto, a suo modo. Pur non avendo forse la sensibilità che cercavo, posso dire che a casa
si respira quella creatività che rende vivi. Inizialmente non ero di questa idea, poi ho riflettuto su alcuni dettagli che non stavo considerando. Pochi giorni fa i miei mi hanno costruito un tavolo luminoso fissando due lampade Led all’interno di un cassetto di un vecchio mobile, con tanto di manico che mi permette di trasportarlo con facilità. Posso non essere orgogliosa di questo? La qualità di un progetto viene soprattutto dall’idea, e questo è un concetto che sfugge spesso al territorio ciociaro». Hai mai preso ispirazione dal tuo paese per qualche illustrazione? «Non credo, lo avrei ricordato». Qual è oggi il tuo lavoro? «Ho appena terminato l’esperienza da grafica e illustratrice in Rai dove ho conosciuto persone bellissime che mi hanno stimolato e migliorato. Ora lavoro ai miei progetti personali che (spero) presto vedrete on-line, preparo un programma con i miei laboratori di illustrazione e continuo le collaborazioni con studi, autori e commissioni private». I N T E RV I E W
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Suggestivo e Hippie:
il Matrimonio Bohemien
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etrò e dall'atmosfera semplice ma raffinata, il matrimonio stile Bohèmien è ancora tra i temi più originali: abiti eterei e delicati dal sapore vintage, fiori spontanei, un ricevimento con decori retrò e un party divertente. Stiamo parlando di un matrimonio ovviamente non formale e con richiami alla cultura gitana ma rivisitato in chiave chic. Profonde scollature, balze a ispirazione vintage e le trasparenze sono il centro focale degli abiti. Perfetti per una donna semplice ma elegante, lo stile Bohèmien è un vero e proprio stile di vita, un ritorno alla alla natura e a quello che ci può offrire. Via libera dunque alla creatività ed ad un look sposa che predilige forme morbide e sinuose, pizzi e merletti. Quando si parla di abiti da sposa non si può non parlare di Pronovias, che per la sua collezione 2019 punta a stupire con le sue forme sofisticate e tessuti di grande pregio con una linea dedicata a questo tema. Diamo un'occhiata insieme a queste proposte da Atelier White F. di Federica Palleschi Via Maria 31 03100 Frosinone e lasciati conquistare dal ricercato stile boho!
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Di Lucia Colafranceschi
La realtà a colori di Francesca Rossi Creatività e pance… ‘Arternative’
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UN DIPLOMA ALL’ACCADEMIA DI BELLE ARTI, UN LAVORO PERDUTO E UNA VITA REINVENTATA. PENNELLI, GESSI E PASTE POLIMERICHE: ECCO COSA CI COMBINA NEL SUO LABORATORIO
Foto di Andrea Sellari
n vulcano di idee, una sana iperattività artistica, una calma serafica da far invidia: questi gli elementi con cui si può descriverla, senza rischiare di cadere nella retorica. Lei è Francesca Rossi, un passato da segretaria in un’azienda editoriale di Frosinone, mamma di uno splendido bimbo di poco più di tre anni e appassionata artista alternativa. Ciò che ci incuriosisce è proprio l’originalità di quello che crea, l’esclusività dei suoi pezzi-capolavoro. Una passione che si fa strada quasi per gioco, ma che alla fine si rivelerà il motore trainante della sua attività. Come nasce la passione per l’alternatività? «Fin da piccola. Sono sempre stata una bambina difficile da stupire, non ho mai amato le banalità, le cose in serie, industriali, mi sono sempre sentita un po’ ‘la pecora nera’. Non mi sono mai mischiata a nessuna corrente, ho sempre avuto le mie idee e ho iniziato a creare sin da piccolissima: vestitini per le bambole, scarpe, disegnavo, coloravo. Poi, a un certo punto, ho pensato di farlo anche per gli altri: mi sono detta che forse non ero la sola alla ricerca di qualcosa di ‘diverso’ e che, magari, sarei potuta essere una risorsa. Da lì è iniziato un percorso di diversi anni che mi ha portata ai risultati di oggi». Cosa rappresenta per te l’essere alternativa? «Differenziarsi, proporre altro rispetto al sistema, alienarsi dalla massa, dallo statico, dall’eguale. ‘Alternativo’ è la possibilità di scegliere cosa preferire e anche di non scegliere, ma di creare, mescolare. ‘Alternativo’ è la risposta a una società a volte troppo piatta e uguale a se stessa». Perché le tue creazioni sono del tutto originali? «Perché ciascuna di loro è pensata per un diverso evento o una diversa situazione. Perché invento e non produco in serie. Le mie creazioni comportano un’idea iniziale, uno studio e una ricerca». C'è una tecnica particolare che usi, o un materiale ‘diverso’ dai soliti per dar vita alle tue opere?
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«Nasco decoratrice, per cui ho sperimentato sempre i materiali più diversi e particolari. Nel mio laboratorio utilizzo colori, resine, stoffe, gomme ma per lo più paste polimeriche e gessi. Con le prime creo le personalizzazioni, decoro cornici e altri supporti, realizzo statuine, bomboniere e oggettistica. I gessi li uso per i calchi del corpo. A marzo ho seguito un corso a Firenze dove ho acquisito una particolare tecnica per il Belly Cast, calco in gesso che riproduce fedelmente il pancione dopo l’ottavo mese, un ricordo 3D della gravidanza (nel suo negozio, Francesca custodisce gelosamente alcuni spazi preziosi: l’area maternità, l’area laboratorio, l’area incontro, l’area creativa e l’area espositiva dove tra l’altro ospita opere in ceramica raku di artisti locali, ndr). Oltre ai calchi, realizzo dipinti sul pancione, il Bump Painting. Le finalità sono chiaramente estetiche ma gli effetti si rivelano positivi anche per la psiche della mamma e del bambino». Ti sei reinventata: il laboratorio che hai costruito non è il tuo primo lavoro. Quanto hanno giocato in tutto ciò la tua fantasia e il tuo estro? «Molto. Dopo aver perso il lavoro potevo piangermi addosso o creare qualcosa. Inizialmente ho cercato un’altra occupazione ma nessuna proposta mi soddisfaceva. Così, dopo vari tentativi, ho deciso di mettere su ‘ARTERNATIVE’. La mia fantasia e il mio estro hanno avuto un ruolo determinante». Se ami il tuo lavoro, tutto è più facile. Pensi di essere stata fortunata a mettere su un laboratorio creativo che potesse trasformare le tue emozioni in capolavori di indubbia originalità? «No, non fortunata. Al contrario. Mi ritengo una persona testarda, ambiziosa, decisa, forte e soprattutto coraggiosa e voglio raccontarti in breve la mia storia perché spero sia esempio per i giovani di oggi. Ho deciso che volevo studiare e mi sono iscritta all’università. Lavoravo e frequentavo il giorno, studiavo la notte. Ho conseguito nel 2009 il diploma all’Accademia di Belle Arti di Frosinone con 110/110 con lode e bacio accademico; nel 2011 un diploma specialistico con 110/110 con lode e bacio accademico. Nello stesso anno mi sono abilitata come ceramista e dall’anno successivo per ben tre anni ho fatto il cultore della materia in Decorazione presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone. Ho viaggiato, partecipato a mostre ed eventi, conseguito titoli e riconoscimenti e ho lavorato alle mie passioni. Nel 2015 ho avuto un bambino e contemporaneamente ho perso il lavoro che facevo da 11 anni, ma non mi sono scoraggiata. Mentre facevo la mamma maturava in me l’idea di aprire un ‘laboratorio’, che oggi è realtà». Una realtà bella, perfezionata dall’amore e dalla solidarietà: gli occhi lucidi di Francesca, mentre ci mostra una tela dipinta da piccoli artisti in erba che sarà venduta all’asta privatamente e il cui ricavato andrà in beneficenza alla Lega Italiana Fibrosi Cistica Lazio Onlus, è un’emozione che non ha prezzo!
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Di Giulia Abbruzzese
Io, curatrice in una GALLERIA E sempre in cerca d’ispirazione
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iù di qualche artista contemporaneo, incrociando il suo sguardo circondato da un'imponente cascata di ricci rossi, avrà immaginato, anche solo per un attimo, di essersi imbattuto nella musa di Rossetti in ‘‘The Garland’’ o nella più sensuale donna che Gustav Klimt ritrasse in ‘‘Danae’’. Lei, invece, è assolutamente moderna anche se di classico ha un diploma del liceo Vincenzo Simoncelli di Sora che le ha aperto la strada per la laurea triennale in Conservazione dei Beni Culturali prima e quella magistrale in Storia dell’Arte subito dopo. Sette mesi nella città dei Murazzi, del Museo egizio e della Vecchia Signora, durante i quali però non si è sentita proprio a casa. E poi Federica Petricca, 28 anni, un fidanzato ingegnere e un adorabile Cavalier King di nome Pablo, ha impostato il navigatore dell’auto in direzione Modena, dove nel 2015 ha iniziato a lavorare prima come assistente e in seguito come curatrice di mostre. In realtà l’arte l’ha sempre amata, qualunque forma avesse. Dopo un’indimenticabile esperienza negli States, aveva anche pensato di trasferirsi oltreoceano ma il destino, l’offerta di una multinazionale inglese e quella galleria le hanno stretto un cappio intorno a testa e vita. E lei, che lì convive da tre anni con il suo compagno, non ha saputo dire di no. Nell’arte spera di ricongiungersi con il futuro e con una professione nella quale esprimere tutto il suo estro e la sua creatività. Dell’arte stessa parla quasi fosse in estasi. Cosa significa per te avere a che fare ogni giorno con la creazione allo stato puro? «Significa confrontarsi con le meravigliose sfumature della vita, cercare di comprendere il lavoro degli artisti e di trasmetterlo agli altri nel miglior modo possibile. L’atto stesso del creare si ripete costantemente in ogni azione: dall’ideazione di un’opera alla sua concretezza, passando per l’ispirazione che essa stessa insinua nel curatore per la realizzazione di una mostra. Assisto all’evoluzione della bellezza in tutte le sue forme e questo è per me qualcosa di straordinario».
FEDERICA PETRICCA, L’AMORE PER L’ARTE E PER UN INGEGNERE CON CUI HA TROVATO IL SUO NORD, CI SVELA I SEGRETI PER ENTRARE IN UN’OPERA E RITROVARSI IN UN “LOOP FANTASMAGORICO”
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Come si veste una curatrice di mostre? «Questo è un ambiente che ti permette uno stile libero da costrizioni: non bisogna essere necessariamente eleganti, almeno non nel quotidiano. Ci sono giorni in cui indosso maglietta e jeans, altri invece in cui scelgo pantalone a palazzo con camicia e giacca. Cerco di non inciampare nella banalità e di essere sempre in linea con l’occasione». Qual è l’aspetto più entusiasmante del tuo lavoro? «Il confronto con gli artisti, ascoltare le loro idee, cercare di capire cosa li spinge a creare e dare vita a progetti che esprimano appieno la loro ricerca: credo non ci sia nulla di più gratificante. Indipendentemente dalla vendita di un’opera e da tutto quello che comporta essere una gallerista, io continuo a sentirmi una curatrice in cerca di ispirazione». Descrivi la tua giornata, da quando entri in galleria a quando ne esci. «La prima cosa che faccio è osservare le opere che sono esposte mentre attraverso la galleria per arrivare alla mia scrivania, mi godo la ROPE come se ci entrassi per la prima volta. Dopo inizio a sondare nuovi artisti, mi informo sulle novità del mercato, cerco ispirazione per altri progetti, pianifico mostre, eventi e fiere. Il tutto tra il piacevole viavai di curiosi e appassionati che visitano ogni giorno la galleria». Tra gli artisti che hai avuto modo di conoscere, quale secondo te interpreta più realisticamente il nostro tempo? «Posso dirti con una certa sicurezza Matteo Mezzadri. È un artista che si interroga molto sulla società contemporanea, ne analizza i sistemi e si focalizza sulla percezione che essa ha del proprio tempo. Progetti come ‘‘La materia oscura’’ (esposto al Museo Archeologico di Venezia fino al 12 settembre nella mostra Arteologia) e Controcampo-Lampedusa, studiano con occhio critico il nostro tempo concentrandosi su rilevanti deficit socioculturali. La sua arte lo racconta senza filtri e convenzionalismi». Cosa significa osservare un'opera d'arte e comprenderla? «Osservare un’opera è già un primo passo verso la sua comprensione. Spesso giudichiamo ancor prima di guardare e questo blocca la nostra curiosità perché giungiamo in modo estremamente veloce alla deduzione, senza farci delle domande e senza provare a comprendere. L’arte ha sempre qualcosa da dire ma raramente si prende coscienza di questo; invece di ascoltare quello che l’opera vuole dirci, diciamo la nostra e passiamo a quella successiva (una qualsiasi mostra regalerà questo loop fantasmagorico). Comprendere vuol dire ascoltare quello che sentiamo dentro di noi osservando l’opera stessa, le emozioni e le sensazioni che inspiegabilmente proviamo in quel momento». C'è un elemento o un accessorio femminile che è stato riprodotto in arte con maggiore fortuna? «Più che un elemento o un accessorio, direi che è la figura femminile stessa è stata in passato ed è tutt’oggi protagonista del mondo dell’arte. Moltissime le figure di spicco: Frida Kahlo, Marina Abramo-
vić, Gina Pane e Vanessa Beecroft, solo per citarne alcune tra le più conosciute, hanno utilizzato il proprio corpo o quello della donna in generale per esprimerne lo status. La Beecroft in particolare, attraverso le sue modelle, agghindate come manichini e calate in ambientazioni stranianti, obbliga a interrogarsi sugli stereotipi a cui siamo ormai assuefatti. L’ossessione per il corpo e per il cibo, caratteristiche della nostra società, sono al centro della sua ricerca artistica». Quali sono, secondo te, i canoni di una bellezza che si può definire artistica? «Non è facile definirli. Gli obiettivi e i messaggi di cui l’arte si fa portavoce oggi si estraniano dall’esaltazione del “bello” convenzionale; l’arte contemporanea va contro gli attuali stereotipi di bellezza prediligendo quel “non-bello” che diventa sublime. Naturalezza e semplicità sono sicuramente canoni di bellezza che l’arte ha sempre apprezzato e continua a preferire rispetto all’artificiosità del nostro tempo».
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Come arredare con stile la propria casa
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on l’arrivo della bella stagione il nostro amico Grug ha un gran da fare: rinnovare, ristrutturare o semplicemente ripensare gli spazi di un’abitazione sono esigenze che si ‘risvegliano’ quasi di pari passo con la natura, la luce calda del sole e la voglia di nuove idee. A rivolgersi al nostro architetto-designer-arredatore stavolta è Marco, un giovane avvocato che vuole riorganizzare il suo living. Per lui, che è spesso fuori casa per lavoro, quella è la zona del relax, dove vivere appieno la comodità del suo appartamento unita alla possibilità di usufruire anche di angoli finora inutilizzati per rendere l’ambiente estremamente confortevole, anche per le serate in compagnia degli amici, senza rinunciare allo stile e a quel tocco di eleganza. Marco ha fornito a Grug la piantina vuota dell’area che intende rivoluzionare e una soluzione che non lo convince affatto. Grug ci ha pensato un attimo, ha calcolato le misure et voilà: il gioco è fatto.
1 Pianta vuota
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Ed ecco come Grug ha ideato la zona living: 1
In un ambiente di piccole/medie dimensioni una consolle allungabile è preferibile rispetto a un tavolo in quanto non ostruisce il passaggio verso la zona notte e allo stesso tempo permette di avere una zona living più grande
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È sempre utile pensare a un armadio all’ingresso per i cappotti degli ospiti: con questa soluzione si avrà sempre uno spazio ordinato senza dover utilizzare eventuali camere nella zona notte.
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È opportuno evitare divani al centro stanza in spazi ristretti, si consiglia quindi di posizionarli lungo le pareti; inoltre rispetto al classico divano con chaise-longue è meglio avere due divani indipendenti che permettono sia di fare conversazione, attraverso una disposizione perpendicolare degli ospiti, che di avere più sedute. Al posto del classico tavolinetto da soggiorno, più ingombrante e meno utile, è più intelligente optare per un pouff, che all’occorrenza si presta a un’ulteriore seduta, con un tavolinetto più piccolo e alto in sovrapposizione.
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Bisogna sempre cercare di evitare il camino ad angolo perché crea angoli disarmonici con il resto della stanza: parete tv e camino su un’unica parete ne ottimizzano lo sfruttamento senza sacrificare gli spazi.
Alla realizzazione
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Di Giulia Abbruzzese
Cento(belli) e buoni motivi per entrare nella STORIA Un diploma al Conservatorio di Frosinone e un progetto che farà strada
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Foto Laura Rossi
l 9 aprile 1975 era di mercoledì e Federico Fellini vinceva il suo quarto Oscar con il film “Amarcord”. Ed è proprio l’amarcord legato alla sua infanzia a illuminare Marco Centobelli per quella che, quarantatré anni dopo, sarebbe diventata una creazione destinata a riscuotere grande successo. Siamo a Napoli, la città dei controsensi, del rumore, della poesia, degli schiamazzi e della musica, di una musica che investe i vicoli della città, di un dialogo bisbigliato tra un uomo e una donna, i suoi genitori… In una grande casa tra sampietrini, traffico e profumo di panni stesi, quel giovane, nato con la passione per l’elettronica quasi fosse una di quelle voglie sulla pelle, si accorse di quanto la tecnologia potesse contaminare un mondo quasi etereo come quello delle note. A quattordici anni, chiuso nella sua stanza, già creava piccoli amplificatori e dispositivi audio grazie ai soldi che guadagnava con i lavoretti del dopo scuola. Ma da lì, dai piedi del Maschio Angioino, partì per cercare occupazione e fortuna al nord. Solo nel 2001, trasferitosi a Frosinone su mandato dell’azienda Prima Electro, specializzata in elettronica nel ramo industriale con sedi nel Canavese e a Moncalieri, iniziò a lavorare al suo progetto, che poi divenne oggetto della tesi di laurea al Conservatorio “Licinio Refice” e che oggi ha un nome comune e uno proprio: “Microfono Cento”. Di giorno si occupava di macchine a controllo numerico, di notte coltivava una passione che lo avrebbe spinto a iscriversi al triennio di musica elettronica. Ci spieghi in cosa consiste questo apparecchio? «L’idea di creare un microfono nasce, sostanzialmente, dall’intento di realizzare un dispositivo che potesse catturare e trasmettere le emozioni insite nel messaggio sonoro. È un microfono a condensatore e implementotecnologia valvolare. In termini di risposta ai transienti I N T E RV I E W
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Foto Laura Rossi Foto Claudia Mancone
CON IL MICROFONO CENTO CANTARE TUTTA UN’ALTRA MUSICA ADESSO È POSSIBILE
Marco Centobelli - Foto di Julia Kabakova
e timbro racchiude caratteristiche superiori ai microfoni attualmente in commercio, presenta nove figure polari e ne gestisce la direzionalità attraverso un selettore a bordo del proprio alimentatore. Al Conservatorio di Frosinone, e in particolare con i miei docenti del Crea (Centro Ricerca ed Elaborazione Audiovisiva), abbiamo condotto una serie di prove confrontandolo con microfoni di altissima fascia: ne sono stati impiegati tre esemplari al Premio delle Arti dei Conservatori, nel dicembre scorso, per l'orchestra diretta dal maestro Alessandro Cadario. È stato testato presso gli studi “House of Glass di Gianni Bini” e utilizzato dalla cantante Karima nel progetto musicale di Piero Frassi. Anche “Rebirth”, il brano del cantante Wrongonyou (Marco Zitelli), è stato registrato con il mio microfono negli studi “Impronte Records dei fratelli Zampa” ed ha aperto l'ultimo concerto del primo maggio a Roma. Infine è stato usato presso gli studi “Pepperpot di Roma nel progetto Piano Day” e nelle collaborazioni con l’artista Angelina Yershova di Mediaset e con il produttore discografico Santos. In questo periodo sono in fase di registrazione di brevetto e in attesa di fondi per la realizzazione di un nuovo device». Che differenze ci sono tra il microfono Cento e uno tradizionale? «I punti di forza di questo dispositivo sono sostanzialmente la bassissima rumorosità di fondo, l’alto grado di sensibilità, le nove figure polari, l’alta flessibilità d’impiego e il suo eccellente timbro. Ho lavorato su un’elettronica con componenti di alto pregio e precisione». Resterà un prototipo oppure hai intenzione di realizzarne altri? «Sto già lavorando al Centouno, che presenta la stessa elettronica del Cento ma ne modifico i tempi di integrazione e ne ricavo una risposta al transiente differente, realizzando il mio match microfonico scomposto. Il Centodue invece sarà alimentato direttamente dal mixer, presenterà un’elettronica totalmente diversa e caratteristiche particolari per la gestione del cambio polare. Si tratta, in sostanza, di un nuovo progetto rispetto alla prima creazione, per il quale utilizzerò sempre materiali tecnologici di ultima generazione o attingerò da tecnologia usata in ambito prevalentemente militare». Dove hai acquistato materiali e i componenti per realizzare questo dispositivo? «Per il body mi servo di un costruttore americano che mi fornisce il grezzo e che io personalizzo col mio logo e i miei colori, mentre per quanto concerne l’elettronica è interamente un mio progetto: mi occupo di assemblare i diversi elementi che lo compongono. Non ho comunque intenzione di farne una produzione in serie ma esemplari personalizzati per pochi intenditori e di alto livello. Sono prodotti unici e realizzati artigianalmente con cura maniacale in due varianti: bianco perlato e nero entrambi con il logo verde, racchiusi in uno scrigno tecnologico, che ne preserva l’integrità e li protegge meglio di una guardia del corpo!».
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