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La prestigiosa Schola Palatina coinvolge nuovamente il professor Luigi Girlanda
Nuovo importante riconoscimento per il professor Luigi Girlanda, nostro collaboratore, teologo e docente di filosofia e scienze umane al Liceo Mazzatinti, dove da anni è membro dello staff di dirigenza. La prestigiosa Schola Palatina lo ha richiamato, dopo la positiva e apprezzata esperienza dello scorso settembre con un corso sulla Divina Commedia, per una nuova serie di lezioni stavolta sul tema della pedagogia moderna.
La Schola Palatina rappresenta una delle più prestigiose realtà di formazione on line del panorama culturale cattolico nazionale. Vi insegnano alcuni dei più prestigiosi intellettuali cattolici del nostro Paese, dal vescovo di Sanremo Antonio Suetta, a Roberto De Mattei, don Nicola Bux, Ettore Gotti Tedeschi, Corrado Gnerre, padre Serafino Lanzetta, la sindonologa Emanuela Marinelli e Cristina Siccardi.
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Dallo scorso settembre la Schola riporta tra i suoi docenti anche il professor Luigi Girlanda. Il nuovo corso, intitolato “La rivoluzione educativa nella pedagogia moderna”, è articolato in quattro incon- tri a cadenza settimanale da giugno e si propone di analizzare le ripercussioni in ambito pedagogico della rivoluzione moderna. Il mondo nuovo esige un nuovo tipo di umanità e dunque un’educazione capace di condurre il bambino a diventare un uomo moderno. Dopo un’introduzione generale alla pedagogia moderna e all’analisi dei nuovi presupposti antropologici dell’educazione, il corso si soffermerà sull’approfondimento delle figure più significative del panorama pedagogico moderno.
In modo particolare verranno analizzate la pedagogia protestante (Lutero e Comenio), quella liberale di John Locke e la svolta rivoluzionaria dell’educazione secondo natura di Jean-Jacques Rousseau. Accanto all’esposizione generale della prospettiva pedagogica dei vari autori, verranno analizzati sia i presupposti filosofici e antropologici del loro pensiero sia alcuni testi chiave con una lettura guidata e critica delle pagine più significative. Si può visitare il sito della Schola per consultare i corsi e iscriversi all’indirizzo www.scholapalatina.it A. PET.
La Dottrina Nella Storia
Sollecitati da un lettore affrontiamo il tema della pena di morte. Bergoglio, ultimamente, si è spinto addirittura a modificare il Catechismo, facendo scrivere che “la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che la pena di morte è inammissibile” (n. 2267). Una modifica non da poco, visto che da sempre la Chiesa ha insegnato che, a certe condizioni (sulle quali dovremo fare chiarezza), la pena di morte è ammissibile e legittima. Per ora, limitiamoci a vedere se è proprio vero che la Bibbia (di cui i Vangeli fanno parte) insegna che la pena di morte è inammissibile. Per quanto riguarda il Vecchio Testamento la questione è presto risolta: Dio stesso, per alcuni reati - omicidio (Es 21,12), adulterio (Lv 20,10), rapimento (Es 21,16), rapporti omosessuali (Lv 20,13), falsa profezia (Dt 13,5), zoofilia (Es 22,19), bestemmia (Lv 24,16) e molti altri casi - non solo ammette, ma addirittura comanda di eseguire la pena capitale. Ammesso, e non concesso, che nel Vangelo, come vorrebbe Bergoglio, Dio avesse cambiato idea, bisognerebbe indicare in quali passi. Stando a tutta la Tradizione della Chiesa, nel Vangelo Gesù non lancia mai degli strali contro la pena di morte, ma anzi ci sono episodi in cui sembra riconoscerne la legittimità. Vediamo: durante la crocifissione uno dei ladroni accusa Gesù, ma l’altro lo riprende dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni» (Lc 23, 40s). Gesù non solo non lo corregge, ma fa di lui il primo santo canonizzato. Inoltre, quando Pilato ricorda a Gesù che lui ha il potere di metterlo a morte, egli risponde: non avresti alcun potere su di me (che quindi implicitamente gli riconosce, n.d.a.), se non ti fosse dato dall’alto (Gv. 19,11).
Pillole
Distinzione Fra Legittimit E Opportunit
Prima della modifica di Bergoglio, il Catechismo riportava la dottrina autentica della Chiesa dicendo: “L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani”. Prima di scandalizzarsi, si ragioni. La legittima autorità, supposta la piena responsabilità del colpevole, può infliggere una pena che viola un diritto inalienabile della persona? La risposta non può che essere affermativa. Tanto è vero che chi nega la legittimità della pena di morte accetta comunque quella, per esempio, dell’ergastolo. La pena di morte viola il diritto alla vita, ma il carcere nega quello, altrettanto fondamentale, alla libertà. Si dirà che la vita vale più della libertà. Si è proprio sicuri? La gente muore per la libertà. Pensiamo a Dante: “libertà va cercando, ch’è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta” (Purgatorio I). Si esce dalle contraddizioni solo se si capisce bene la distinzione fra legittimità della pena di morte (sempre riconosciuta dalla Chiesa) e sua opportunità (grazie a Dio oggi praticamente scomparsa). La parte del catechismo modificata da Bergoglio, fa parte del tema della “legittima difesa”. Anche l’omicidio è “legittimo” a certe condizioni, se non c’è altro modo di difendere se stessi e i propri cari. Nella visione cattolica, la società è come un organismo. Per cui, a certe condizioni, se non c’è altro modo di difendere efficacemente gli innocenti da un aggressore, anche la società può ricorrere alla “legittima difesa”. Si può non essere d’accordo e magari giudicare barbara questa visione delle cose. Non è mica obbligatorio infatti essere cattolici. Ormai nemmeno oltre Tevere…