"Classe e partito" di Emilio Quadrelli

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Classe e partito

I borghesi hanno ottime ragioni per attribuire al lavoro una soprannaturale forza creativa, poiché proprio dalla natura condizionata del lavoro risulta che l’uomo, possessore soltanto della propria forza – lavoro, deve essere, in tutte le condizioni sociali e culturali, schiavo di altri uomini che si sono resi proprietari delle materiali condizioni di lavoro. (K. Marx, Critica al programma di Gotha)

“La Fine della Storia” Il tema della fuoriuscita dal Novecento è, da tempo, l’argomento sul quale si è incentrata l’attenzione della teoria politica. Sullo sfondo di ciò, vi è l’era del capitalismo globale e tutte le ricadute che questa si porta appresso. La tesi forte che ha fatto da cornice a queste elaborazioni è il noto enunciato intorno all’ultimo uomo e alla fine della storia. Questa è stata l’idea – forza di un’intera epoca. Essa si fondava su due asserzioni strettamente concatenate l’una all’altra: - Il modo di produzione capitalista poteva dirsi il punto d’approdo definitivo dell’intero iter storico dell’umanità e ciò portava la borghesia a fregiarsi del titolo di “classe universale”. - Come conseguenza di tutto ciò la dimensione propria del “politico” doveva considerarsi definitivamente tramontata. Se il modo di produzione capitalista era da considerarsi eterno e di conseguenza la borghesia appariva come l’ultima classe apparsa sul proscenio storico, allora ogni raggruppamento politico, e le linee di “amicizia” e “inimicizia” a cui inevitabilmente questo rimanda, non potevano che risultare un apparato teorico e concettuale del tutto privo di applicazione concreta nel mondo contemporaneo. L’era globale finiva così per espellere la politica dal suo orizzonte. Il tutto si riduceva a un puro e semplice problema di governance, dove la dimensione conflittuale generale propria del “politico” veniva ridimensionata in una serie di “particolari”. Sotto tale aspetto il dibattito intorno alle culture e al culturalismo che ha fatto da sfondo alla teoria politica e sociale per circa un ventennio è quanto mai indicativo. Se ripensiamo al ruolo egemone svolto da alcune discipline come la sociologia della cultura e l’antropologia culturale negli anni che ci stanno immediatamente a ridosso ne abbiamo una facile conferma. Basti pensare, oltre al tema culturalista legato al fenomeno della nuova immigrazione, al proliferare di “studi culturali” intorno alle “culture metropolitane”, tra le quali i casi ultras o punk, hanno avuto spesso un ruolo predominante. Il senso 1


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