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home couture by STEFANO RONCATO
Cambiare pelle. Mettersi in gioco e respirare, guardandosi attorno. Avere un punto di vista preciso, puntuale, personale. Costruito con un approccio e una cura couture, one of a kind. Si presenta così la nuova avventura di MFL-Magazine For Living, con una veste grafica più affilata e clean per incastonare una mission rinnovata. Ovvero raccontare tutto ciò che c’è da sapere sul mondo del design, dell’architettura e della progettazione a 360 gradi. Ma con uno sguardo nuovo per siglare l’ingresso in una new era. Con quella formula a più velocità creata in occasione dei 20 anni di successi del quotidiano madre, MFFashion. Il debutto non poteva che avvenire in occasione del Salone del mobile di Milano, appuntamento internazionale dove si incrociano marchi e talenti, dove si svelano tendenze. Con quella collisione creativa che diventa un mantra, partendo dal claim concettuale. Designign design, un semplice gioco di parole per raccontare un approccio innovativo, entrare a far parte del mondo del design in prima persona. Essere dove tutto accade. Andare in profondità, ridisegnare i confini, tratteggiare percorsi non ancora immaginati. Le interviste e le voci degli archi-star, dei designer più famosi e dei maestri del passato, dei talenti che stanno emergendo e di chi saranno i nomi del domani. Vedere come nascono i pezzi iconici e scopire i nuovi trend, tra prodotti e progetti che cambieranno la nostra vita e il nostro modo di abitare. Quel living svelato da immagini con le case più belle, nelle città conosciute, in luoghi appena immaginati. O ancora tutti da sognare. Per un nuovo, desiderato brivido sulla pelle.
nella foto, il divano rivestito in velluto pequin; coffee table in ottone lucido e top in bambù posato; le lampade in pergamena color crema con bordatura lace-up; cache-pot, svuota tasche e vasi realizzati a tornio in ceramica bianca con inserti in ottone. tutto disegnato da chiara andreatti per fendi
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Sculpturally Sara Rezk
44 a 46
worldwide Margot Zanni
28 let’s go vintage Nicole Bottini
48 a 54 Milano in the mood for design Nicole Bottini
30 e 31 Over the rainbow Cristiano Vitali
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wunderkammer Cristina Cimato
32 a 37 new look Cristina Cimato e Nicole Bottini
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nendo e le forme dell'acqua Margot Zanni
38 e 39 facecool Chiara Chiapparoli
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glamorous birthday Barbara Rodeschini
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family business Chiara Chiapparoli
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house jewelry Sara Rezk
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quick chat Arianna Bassi
64 London calling Cristina Cimato
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un'illustrazione di brera design district 2018 di federico conti picamus
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curvy visions Barbara Rodeschini
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il volo della farfalla Nicole Bottini
68 china imperial estate Arianna Bassi 71 e 72 ANDRÉ FU Cristina Cimato 74 e 75 marcel wanders Margot Zanni
86 a 89 seasonal tips Cristiano Vitali
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106 a 116 fantasyland Cristiano Vitali
chiara andreatti Cristina Cimato
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118 a 124 High Society Cristiano Vitali. Artwork Giorgio Tentolini
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evergreen
2009
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Sculpturally by Sara rezk
Il tavolo Infinity è una storia di successo. Una sfida, agli inizi, destinata a diventare uno dei prodotti di design più iconici e longevi di Porada. Il suo creatore è Stefano Bigi. Quando l’ha progettato, nel 2009, era un giovane creativo agli inizi della sua carriera, che ha presentato all’azienda di Como, fondata nel 1968 da Luigi Allievi, un’idea esteticamente forte e concettualmente convincente, ma difficile da produrre. Il tavolo si presentava con una base in legno massello, composta da curvature che la rendevano simile a una scultura e un piano superiore in cristallo trasparente. Porada ha talmente creduto nel progetto di Bigi da cercare il modo migliore per rendere reale il sinuoso, scultoreo ed elegante intreccio del legno massello, esattamente come rappresentato nel suo disegno. Così è nato Infinity, inizialmente un coffee table, divenuto successivamente anche un tavolo da pranzo e da sterni. Oggi è un best seller continuativo, nonché uno dei maggiori successi dell’azienda comense. Tanto da aver ricevuto svariati riconoscimenti internazionali, come il premio Young and design nel 2009 e il Golden design award nel 2012. «Per me il design è un’infinita ed esasperata ricerca del giusto equilibrio tra l'estetica e il comfort, le forme e la funzionalità. Attraverso i miei prodotti cerco sempre di suscitare emozioni e invogliare le persone a utiliz-
zare i mobili che creo. Non ho l'intento di ideare pezzi da museo, credo piuttosto che tutto quello che realizzo debba essere vissuto appieno all’interno della propria abitazione», ha spiegato il creativo Stefano Bigi. E proprio il design fantasioso, la competenza artigiana unita alle diverse tecniche di fabbricazione utilizzate per la produzione hanno reso Infinity un pezzo di design singolare. Tanto che ogni giorno ne viene consegnato uno ai consumatori Porada di tutto il mondo, dalla Spagna al Giappone, al Sudafrica, fino alla Cina. Nel corso degli anni, inoltre, le versioni di questo sculpturally table si sono susseguite. Partendo dalla sua originale forma circolare, ne sono state progettate e prodotte varianti ovali, rettangolari ed ellittiche; così come per il top, realizzato la prima volta in cristallo trasparente, e ora disponibile in vetro fumé, laccato opaco e in metallo. Nei nove anni che sono trascorsi dall'inizio della sua produzione, e in seguito alla cospicua richiesta, è aumentata anche la varietà di tipologie di legni per la base, nonché aggiunta la possibilità di farla montare su un anello metallico per fare in modo che si adatti comodamente a ogni tipo di ambiente della casa. Tutti questi elementi insieme, studiati e costantemente migliorati, danno vita a una sempre più moderna, sofisticata versione di un grande classico.
in alto, il tavolo da pranzo ovale Infinity, progettato da Stefano Bigi per Porada
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let’s go vintage by nicole bottini
Colore, ricerca e innovazione. In occasione del Salone del mobile 2018, Kartell presenta una capsule collection in collaborazione con J.J. Martin e la sua ladoublej.com, piattaforma di shopping online nata nel 2015 per offrire una nuova moda fatta di stampe, design e rarità vintage. La storica azienda milanese, fondata nel 1949 e celebre nel mondo per mobili e complementi d’arredo in plastica, diventati ormai parte del paesaggio domestico contemporaneo, incontra il gusto raffinato e vintage della giornalista americana, la cui anima è un patchwork di esperienze che partono da Los Angeles per arrivare fino a Milano, dove la editor si è trasferita anni fa per amore. «La collaborazione con La doubleJ», ha commentato Lorenza Luti, direttore marketing e retail di Kartell, «è nata quasi per caso e in modo assolutamente naturale, come spesso accade per le cose più inaspettate e di successo. La sintonia tra Kartell e La doubleJ nasce dai tanti fattori che accomunano i due brand: lo sguardo ironico e positivo sulla realtà, la ricerca della qualità e dell’eleganza, lo stile super trendy ed esclusivo, elementi che incontrano perfettamente lo spirito del lifestyle Kartell». La doubleJ non è solo una piattaforma di shopping online dedicata al vintage dove è possibile acquistare abiti, accessori e gioielli d'epoca, ma una moderna camera
delle meraviglie tutta da scoprire, con fantasie floreali, declinate sul rosa, il giallo e il verde in varie tonalità. Giocando sull'equilibrio di forme e colori, le sue stampe vestono dunque in modo nuovo alcune tra le più grandi icone Kartell. A cominciare da I componibili, iconici elementi contenitori disegnati da Anna Castelli Ferrieri, che hanno festeggiato nel 2017 i 50 anni e che hanno ricevuto numerosi riconoscimenti per l’innovazione del progetto e il loro impatto sociale sul modo di abitare contemporaneo. Non solo, sono ormai parte del patrimonio museale, essendo entrati nelle collezioni permanenti del MoMA di New York e del Centre Georges Pompidou di Parigi. Tra gli altri oggetti rappresentativi c'è anche Trix, il pouf disegnato da Piero Lissoni che diventa anche chaise longue grazie a tre elementi diversi collegati tra loro da un elegante sistema di elastici. Partecipano al progetto anche Clap, la poltroncina disegnata da Patricia Urquiola, le lampade Fly, ossia le bolle di sapone cangianti, caratterizzate da linee essenziali disegnate da Ferruccio Laviani. Infine, la poltroncina Madame, firmata da Philippe Starck e già protagonista di edizioni limitate, come quella con Emilio Pucci. Colore, ironia, e trasparenze abbracciano quindi con leggerezza il mondo di La doubleJ, dei suoi pattern vintage e del suo gusto inconfondibile.
in alto, un groupage del progetto vintage capsule collection di kartell con la doublej di j.j martin (foto di Tommaso Gesuato)
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follie
over the rainbow by cristiano vitali
Vivere il colore in maniera totale, nuova, completa. Come nuove Dorothy che raggiungono il regno di Oz. In casa, una larga gamma di cromie conquista anche gli accessori più ordinari. Ma anche all'esterno, con installazioni straordinarie in cui anziché percorrere strade di mattoni gialli, si cammina in lunghi corridoi, animati da 100 sfumature di colori. Sono 120 mila i numeri di carta, dallo 0 al 9, sospesi in una struttura a reticolo costituita da cento file, ciascuna indicante un’ora del giorno. Ecco in sintesi la ricetta di «Color of time», l’installazione che da molti mesi rappresenta l’attrazione di punta del museo di Arte e design di Toyama, in Giappone. L’autrice è Emmanuelle Moureaux: architetto, designer e artista multisensoriale che ha accettato l’invito del museo a sviluppare una riflessione sulla capacità dei materiali di andare oltre la propria natura. Non solo, ha accolto i due elementi, colore e tempo, sviluppati in un flusso in divenire. Innamorata della carta, ha dunque ragionato
sulla bellezza e sulle possibilità espressive di questo mezzo. Il punto di partenza è stato il colore, appunto, e uno studio su come poterlo mantenere vivo malgrado lo scorrere del tempo. Emmanuelle Moureaux ha ritagliato da fogli di carta colorati le ore di una giornata. Non una qualsiasi, bensì quella che ricorda un giorno importante della storia di Toyama, il 17 novembre 2017. Misurata dall’alba al tramonto, ovvero dalla luce bianca delle 6,30 del mattino all’imbrunire del crepuscolo delle 19,49. Per un totale di 799 minuti, suddivisi in un arcobaleno che individua i cambiamenti di luce di quella giornata. Da percorrere attraverso un lungo corridoio, alla cui estremità nera si trova la sedia Miss Blanche di Shiro Kuramata. Il pezzo-icona del 1988 famoso per la struttura in acrilico trasparente in cui sono annegati dei fiori. Ideale raccordo poetico con tutta l’installazione, e omaggio di Emmanuelle al grande designer giapponese, musa e ispirazione costante del suo lavoro.
in alto, l'installazione «color of time» di emmanuelle moureaux a toyama
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colorful boxes di raw color See-through è un’espressione inglese che indica trasparenza, seppure velata. Solitamente applicata alla moda, oggi sta diventando comune anche nel design. Con il ritorno, negli ultimi anni, del vetro smerigliato e cannettato applicato alle porte scorrevoli e ai mobili, l’indicazione di stile per gli interni è di giocare con le superfici vedo-non-vedo. Perfino quando si tratta dei complementi d'arredo più piccoli, come le scatole dove conservare gli oggetti personali. Lo studio di grafica Raw Color ha studiato le sue Hue Boxes in materiale resistente acrilico. Costruite con strati di fogli colorati, che sommati producono lo stesso effetto satinato di un vetro opalino, non permettono la lettura istantanea degli accessori racchiusi al loro interno. Effetto see-through. E così facendo, diventano istantaneamente dei must have di tendenza. Perché vedere bene è sopravvalutato, almeno in casa.
invisible linus di mykilos È molto comune il fastidio di vedere cavi elettrici all'interno delle abitazioni. Con il nuovo Linus di Mykilos è molto probabile che la presenza di ingarbugliatissimi fili elettrici che invadono le case, nonostante wi-fi e bluetooth, sarà presto un retaggio del passato. Rivestito con una guaina arcobaleno, Linus è infatti un cavo che supera la noia della maggior parte di quelli in commercio. E con rinnovato orgoglio merceologico, anche e soprattutto perché disponibile con terminale a spina oppure con attacco per lampadina, tornare a essere uno dei protagonisti dell’arredamento. Dando carattere a un accessorio inevitabile e impossibile da nascondere. Il progetto, nato da un’idea di Daniel Klapsing e Philipp Schöpfer, è realizzato in tre lunghezze con sequenze di colore diverse. Per non annoiarsi di troppo colore si consiglia di mescolarli ai fili classici. Ridandogli così la dignità perduta.
Il luna park table di alessandro Zambelli Al Luna park! È l’invito, di nome e di fatto, di questo tavolino firmato da Alessandro Zambelli. Un oggetto colorato e vivace che interpreta l’immaginario pop dei parchi divertimento. Disegnato per la galleria Secondome, trasmuta il vetro di Murano in zucchero caramellato attraverso la tecnica delle fusioni da lastra. I profili tondi dei lati, che fungono da sostegno, ricordano un’altra delizia da pomeriggio sulle giostre: il gelato allo stecco. E per chi preferisce invece tonalità più soft? Essendo un pezzo artigianale, Luna Park permette di personalizzare l’alternanza delle sue bande colorate. Dall’ametista al grigio, passando dal giallo, verde menta, acquamarina e blu cobalto. Per ricreare il tavolino più vicino possibile al ricordo delle giornate trascorse alle giostre.
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nEw look
Con nuovi occhi. Dall’idea della percezione di un oggetto attraverso un cambio di prospettiva, dal principio legato alla riflessione e all’esperienza di interazione nasce qualcosa di nuovo, inedito. Tanti mondi dentro un mondo. Un oggetto ma anche una sua configurazione nello spazio. Così è stato per il progetto Cassina as seen by Karl, in cui lo stilista è stato coinvolto alcuni anni fa nella scelta di mobili simbolici dell’azienda di design e in un’esposizione fotografica itinerante nella quale sono stati messi in risalto i contrasti cromatici, luminosi, geometrici e grafici cari all’azienda. Quell’esperimento, che ha visto protagonisti, tra gli altri, la Superleggera di Gio Ponti, Tre pezzi fur di Franco Albini, e i divani Aspen di Jean-Marie Massaud, è confluito ora in un libro fotografico in cui le immagini sono state scattate dallo stesso Karl Lagerfeld. Sottosopra, in dialogo tra loro, ritratti nel dettaglio, dentro una coralità o soli e maestosi, questi oggetti celebri appaiono al lettore in composizioni grafiche che li rendono insoliti e misteriosi.
La sedia Superleggera di Gio Ponti in due scatti realizzati da Karl Lagerfeld per il progetto Cassina as seen by Karl, ora diventato libro (Steidl, 64 pagine)
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«La forza della luce e della materia sono elementi fondamentali per tutti i miei progetti architettonici. La collezione di vasi Black belt ha origine da queste considerazioni. L’artigianalità del vetro nasce nel XIII secolo. Ancora oggi questo processo di lavorazione permette ai designer di realizzare concetti completamente moderni come queste particolari opere d’arte». L’antica e straordinaria abilità dei maestri vetrai, tra le più autentiche eccellenze italiane, si mette al servizio di una creatività diversa, lontana, creando così un cambio di prospettiva. Fuoco, aria e vetro. In fornace, la lavorazione della materia prima diventa parte integrante dell’atto espressivo, interpretando il pensiero estetico di Peter Marino, architetto newyorkese conosciuto per aver inserito oltre 300 opere d’arte contemporanee nei suoi progetti architettonici. La bellezza drammatica che accompagna il suo stile viene plasmata per dar vita a «Black belt per Venini», una collezione di vasi in edizione limitata che unisce passato e presente.
L’architetto Peter Marino in fornace al lavoro con un artigiano vetraio per il progetto Black belt by Peter Marino per Venini
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Più di una collezione di oggetti, un design brand. Più che arredi per la casa, un modo inedito di approcciare al disegno industriale. La collaborazione tra Seletti e Studio Job (Job Smeets e Nynke Tynagel), giunta ora al secondo capitolo, è nata dall’idea di progettazione democratica. In occasione della Milano design week 2017, l’azienda fondata nel 1964 a Cicognara, Mantova, ha inaugurato in città il suo primo flagship con un allestimento fuori dagli schemi, scanzonato e pop, che includeva la collezione Blow, realizzata con il duo di creativi. Questo sodalizio, così come è accaduto con il prêt-à-porter nella moda, vuole trasformare il design in un oggetto ready-to-love. L’hot dog e l’hamburger, simboli iconici della cultura statunitense, sono diventati quindi elementi di arredo con cui si può perfino scherzare. Quest’anno il rapporto tra Seletti e Studio Job dà vita alla streetlamp Cora, che arricchisce la collezione Blow con rimandi al mondo dei fumetti. Nicole Bottini e Cristina Cimato
Stefano Seletti, in primo piano, con Job Smeets e Nynke Tynagel, di Studio Job, seduti sui loro Hot dog sofa e Burger chair, dallo spirito pop
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PEOPLE
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Creatività, te cniche artigianali unite a tecnologie avanzate, amore assoluto per il pezzo unico. Un collage di talenti per raccontare il sottile confine tra arte, hand-crafted, design e installazione. BY Chiara Chiapparoli
Federica Biasi Il suo mantra è: «Come tu vuoi… così sarà». Federica Biasi ha le idee molto chiare e tende a non vedere mai, davvero mai, l’impossibilità delle cose. Classe 1989, dopo alcune esperienze in agenzie milanesi e un anno passato ad Amsterdam per approfondire i trend nordici, nel 2015 ha aperto uno studio a Milano in cui si occupa sia dell’ideazione di oggetti sia anche di consulting e interior design. Tra i suoi clienti ci sono aziende come Incipit, Mingardo, Fratelli Guzzini. Una sua abitudine? «La colazione, un momento tutto per me per chiarirmi le idee, sul futuro prossimo e anche su quello remoto».
foto sara magni
foto giovanni gastel
work: creative director and designer / for: herself / where: milan
Daniele Bortolotto & Giorgia Zanellato
foto augusto maurandi
foto Mauro Tittoto
work: founder / for: zanellato/bortolotto / where: treviso
Enrica Cavarzan & Marco Zavagno work: founder / for: zaven / where: venice «Il nostro metodo risiede nell’intersezione di diverse discipline (grafica, design, arte), e la ricerca è il motore iniziale di qualsiasi progetto. Ci interessa utilizzare tecniche artigianali e reinterpretarle in chiave contemporanea, sfruttando anche i progressi tecnologici e industriali». Così racconta Marco Zavagno, founder, insieme a Enrica Cavarzan, di Zaven, studio nato nel 2006. Dalla loro sede, a Venezia, si occupano di direzione creativa, graphic e installation design, product design e molto altro. Un esempio? Le mattonelle Practice Practice Practice, con cui hanno vinto il Wallpaper design award 2018.
foto sylvain deleu foto annica eklund
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Si sono conosciuti a Losanna, studiando design presso l'Ecal e nel 2013 hanno fondato il loro studio. Dopo soli cinque anni Giorgia Zanellato e Daniele Bortolotto possono annoverare collaborazioni con aziende come Rubelli, Moroso, Cappellini, Tod’s e Nilufar. Il loro amore per l’utilizzo del vetro nella realizzazione degli oggetti li porta a creare anche pezzi unici, come Petali, che offre una reinterpretazione in chiave contemporanea della tradizione veneziana degli specchi. Qui ogni elemento è tagliato, definito e applicato a mano. Una loro comune passione sfrenata? La musica anni Ottanta.
Stan Chen & Cristina Vezzini work: founder / for: vezzini & chen / where: london Realizzare oggetti fatti a mano attraverso un’altissima ricerca tra arte concettuale e funzionalità è il tratto distintivo del duo composto da Cristina Vezzini, italiana, 30 anni, specializzata nella tecnica della ceramica intagliata, e Stan Chen, 35 anni, di Taiwan, abilissimo nel plasmare oggetti in vetro soffiato. Si sono incontrati durante gli studi al Royal college of art di Londra e da allora lavorano insieme, lasciandosi ispirare dal mondo naturale e dal dialogo continuo tra luci e ombre. Che siano progetti di illuminazione d’interni, vasi, o lampade, ogni pezzo è realizzato manualmente, in tutti i dettagli. Unici e inconfondibili.
Antonio Facco work: designer / for: himself / where: milan Antonio Facco, milanese, classe 1991, è un sostenitore della contaminazione tra differenti settori e discipline e nel processo creativo si concentra in varie direzioni: prodotto, grafica, fotografia, interior. Il suo obiettivo è trovare l'ispirazione analizzando le abitudini delle nuove generazioni e le evoluzioni del design contemporaneo e della comunicazione. Giovanissimo e determinato, ha già collaborato con Antolini, Bolon, Augusta Westland, Mohm. Ma soprattutto Cappellini, per cui ha disegnato «Luce», una serie di tavolini in vetro entrati nello store del MoMa di Ny, disegnati proprio insieme a Giulio Cappellini.
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Simone Farresin & Andrea Trimarchi foto delfino sisto legnani
work: designers / for: studio formafantasma / where: amsterdam Formafantasma è il duo composto da Andrea Trimarchi e Simone Farresin. Dopo gli studi alla Design academy di Eindhoven, hanno aperto nella città olandese il loro primo studio, per trasferirsi poi ad Amsterdam, città che permette loro di spostarsi agevolmente in tutta Europa. Molto amati non solo dai grandi nomi del design ma anche dalle grandi aziende della moda, hanno all’attivo collaborazioni con Fendi, Max Mara Sportmax, Hermès, Krizia international. I loro progetti sono stati esposti nei più importanti musei del mondo, dal MoMA e Metropolitan di New York al Victoria&Albert museum di Londra, fino al Mudac di Losanna e al Mak di Vienna.
Andrea Mancuso & Emilia Serra work: founder / for: analogia project / where: milan
Katharina Mischer & Thomas Traxler work: founder / for: mischer’traxler / where: wien Realizzano oggetti e installazioni interattive che dialogano con l’ambiente circostante, in un equilibrio virtuoso tra artigianato e hi tech. Katharina Mischer e Thomas Traxler, rispettivamente classe 1982 e 1981, spesso utilizzano materiali non comuni e processi che interagiscono con input esterni dati da chi osserva, ottenendo situazioni estremamente poetiche. Dopo aver ottenuto un master in design concettuale a Eindhoven nel 2008 e aver lavorato a numerosi progetti, nel 2009 hanno fondato il loro studio. Da allora, i loro lavori sono presenti nelle collezioni di importanti musei come l’Art institute di Chicago, il Vitra design museum e il Mak di Vienna.
foto daniel gebhart de koekkoek
Analogia project nasce nel 2011 e dietro a esso ci sono Andrea Mancuso, designer, ed Emilia Serra, architetto. Si sono incontrati nel 2010 al Royal college of art di Londra e da allora hanno firmato collaborazioni con grandi aziende ed istituzioni, fra cui Be open foundation, Bulgari, Triennale design museum, Driade, Etro, Fendi, Hermès, Nilufar gallery, V&A museum. Si concentrano sullo sviluppo delle abilità artigianali combinate all’utilizzo delle tecnologie digitali. Hanno partecipato al progetto corale «The surreal table» per il gruppo vinicolo Santa Margherita che ha dato vita a una tavola di sperimentazione legata a tutti e cinque i sensi.
foto massimogardone de castelli
Elena Salmistraro
Riccardo Sorani work: founder / for: esh gallery / where: milan Da sempre affascinato dal mercato dell’arte, si è specializzato a Londra presso il Sotheby’s institute dove è poi diventato esperto in arte orientale. Rientrato in Italia, nel 2014 ha fondato a Milano Esh gallery, spazio destinato alla ricerca di artisti internazionali che si muovono sul confine tra art and craft. Ha una forte predilezione per gli artisti che si muovono negli ambiti di spazio e natura, in particolare orientali, tanto da essere diventato un vero e proprio riferimento per il settore. Il suo oggetto preferito in assoluto? Il vaso (nella foto accanto, l’opera Moonlight dell’artista giapponese Fuko Fukumoto).
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foto fabrizio gugenheim
Attratta dalla produzione in serie ma con anima d’artista, Elena Salmistraro è una delle più brillanti giovani creative del panorama italiano. Ha all’attivo collaborazioni con aziende del calibro di Alessi, Bosa, Seletti, Yoox e gallerie come Camp design gallery. I suoi oggetti fanno il giro del mondo partecipando a mostre itineranti nelle più importanti istituzioni di design internazionali. Nel suo lavoro si possono trovare spesso ispirazioni provenienti dalla natura e un’attenzione precisa per i dettagli; i suoi prodotti sono infatti spesso rifiniti a mano da abili artigiani. Una sua mania? Annusare sempre il cibo prima di mangiarlo.
foto giovanni gastel
work: product designer and artist / for: herself / where: milan
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Family BUSINESS Q&A with Aldo and Matteo Cibic
Innovazione, qualità e ironia. Interesse verso i cambiamenti e attenzione per l’impatto ambientale. Distanti solo anagraficamente, Aldo e Matteo Cibic hanno in comune la curiosità e la passione per il lavoro, che coinvolge in pieno la loro vita. Zio e nipote, protagonisti della scena del design internazionale, si raccontano tra attualità, ispirazioni e ricordi. Cosa vuol dire essere un designer oggi? Aldo: Cogliere i cambiamenti che stiamo vivendo e interpretarli con i progetti. Possono essere oggetti, nuovi modi di vivere o di progettare. Vuol dire far parte di team che lavorano per trovare soluzioni rispetto a quello che manca, creare più opportunità per il maggior numero di persone possibile. Per questo motivo, il mio nuovo progetto si chiama incomplete.design, una piattaforma in progress che costruisce un terreno comune per mettere a fuoco cosa abbia senso fare oggi. Matteo: Purtroppo progettare il colore e la forma di istanti di felicità, che terminano la loro esistenza inceneriti, interrati o dispersi nel mare. Mi piace pensare che un oggetto possa essere tramandato per 500 o anche mille anni. Nel vostro lavoro esiste un’influenza reciproca? A: Grazie al lavoro di Matteo mi sto avvicinando a un design più organico. A tale riguardo sono sinceramente curioso di sapere quale possa essere la mia influenza su di lui. M: Sono cresciuto con Aldo, è inevitabile che sia ancora oggi fortemente influenzato dal suo modo di concepire gli oggetti e vedere il mondo. La rotondità delle forme, una visione antropomorfa e zoomorfa degli oggetti, l’utilizzo della ceramica e del vetro come materiali prevalenti, la determinazione nel produrre progetti di ricerca e sperimentazione artistica e sociale. Qual è il tratto caratteriale che più vi piace dell’altro?
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A: Matteo è una persona incredibilmente empatica. Lo conoscono tutti e gli vogliono bene. Ha un’energia inesauribile ed è un padre fantastico. M: La modestia. C’è un’idea, o un momento, che vi lega in modo particolare? A: Personalmente gli sono molto grato per il suo prezioso apporto ai progetti presentati alle Biennali di Venezia, come Microrealities (2004) e Rethinking happiness (2010). All’epoca di Microrealities Matteo aveva solamente 20 anni. M: Ho tre ricordi lontani ma indimenticabili. Quando nel 1992 tornato da New York mi regalò un pupazzetto di Bart Simpson e un poster autografato col mio nome da Brendon, uno dei protagonisti di Beverly hills 90210. Non gli diedi alcuna soddisfazione perché non sapevo chi fossero. Poi le calde estati nella sua Lancia blu con i sedili scamosciati beige, quando 14enne mi impegnavo a cercare i numeri di telefono nella sua rubrica cartacea stampata in A4 di 400 pagine. Lui li componeva su un Motorola con lo sportellino apribile. Infine, un pranzo nello studio di via Carducci con una elegante e autoritaria signora che, limandosi le unghie sul piatto vuoto, mi faceva domande formali relative alla mia sfera più intima. E un oggetto che vi accomuna? A: L’orso in polistirolo alto quattro metri che sputava bolle di sapone, realizzato per Miart. Per farlo ha sommerso di polistirolo l'intero studio per due settimane. M: I biscotti Digestive e una fetta di limone. Qual è un libro che tutti dovrebbero leggere? A: Montaigne. L’arte di vivere, di Sarah Bakewell. M: Verde Brillante, di Stefano Mancuso. Che mi ha regalato Aldo. Chiara Chiapparoli
Aldo Cibic e il nipote Matteo. Foto di Simon
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Un’intervista doppia a due player dell'architettura e dell'interior design. domande rivolte a curatori, progettisti, architetti. per scoprire quali sono i punti chiave del loro lavoro. by Arianna Bassi
Maria Cristina Didero design curator
Cristina Celestino progettista
Se dico Design week cos’è la prima cosa che le viene in mente? Progetti da scoprire, storie da ascoltare, racconti iniziati nel passato che diventano futuro, fermento e curiosità.
Sicuramente Milano e il Fuorisalone, un evento unico al mondo.
Di cosa tratta il progetto di cui si è occupata? Quest’anno presento un solo show di Erez Nevi Pana, un talento israeliano. Il nostro lavoro si intitola «Vegan design - or the art of reduction» e si basa sull’approccio vegano di Erez nei confronti del progetto. A mio parere, riesce a unire poesia e bellezza a questa sua visione particolare nei confronti della vita di tutti i giorni e delle cose che animano il nostro fragile pianeta.
Presenterò un mio lavoro personale dal titolo Corallo. Questo è il nome che ho dato al tram storico che ho reinterpretato e che circolerà nel distretto di Brera. Una sorta di cinematografo d’epoca dove il soggetto della proiezione è la città di Milano in movimento, da degustare seduti su comodi pouf. È inoltre il mio modo per ringraziare Milano e Brera. Volevo progettare un’esperienza.
L’aspetto più interessante del suo lavoro? Realizzare progetti, dalla carta al concreto. E imparare sempre, ogni volta. Se non si è imparato nulla allora è un esercizio inutile.
La fase in cui si passa dal disegno al prototipo: lo sviluppo del progetto insieme all’azienda e agli artigiani che rendono realizzabili e concreti i disegni. È un lavoro di squadra molto complesso in cui non si smette mai imparare.
L’attenzione italiana al concetto di Home couture è un aspetto che le interessa nel suo lavoro? Il mio lavoro è occuparmi di design, tutto il resto non fa parte del mio mondo.
Sì, molto. Penso che ci sia sempre più attenzione, anche da parte dei non addetti ai lavori, agli interni e all’arredo. Vestire la propria casa è il tema, poiché gli interni in cui viviamo ci rappresentano sempre di più.
Quanto influisce l’intuito femminile nel mondo del design? Non influisce in alcun modo. Non credo nei generi. Non credo che ci sia un modo femminile e un modo maschile per affrontare un progetto, ma solo un modo originale, creativo, professionale e intelligente. E ognuno ha il suo modo.
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Penso che in questo momento il design non abbia genere, ma sicuramente la sensibilità o l’intuito femminile possono dare il loro contributo alla riuscita e alla definizione di prodotti pronti a diventare sempre più empatici.
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Le novità più hot da lle fucine del design. premi e nomi clou, anteprime, inaugurazioni, progetti e visioni future dell'abitare. di un panorama in perenne trasformazione. BY margot zanni
SECONDA CASA PER IL VICTORIA&ALBERT
BuLGARI PER LA PRIMA VOLTA AL FUORISALONE
A settembre 2018 l’archistar giapponese Kengo Kuma inaugurerà la nuova location del Victoria & Albert Museum per la prima volta al mondo al di fuori di Londra. La cittadina prescelta si trova in Scozia e si chiama Dundee. Proprio ispirandosi alle scogliere del mare del Nord, Kengo Kuma ha disegnato un imponente edificio in cemento che sarà un hub internazionale per il design, la ricerca e la formazione. (Foto di Vastu Shilpa Foundation)
Bulgari reinventa le regole del design attraverso un percorso-labirinto dedicato all’iconico anello B.zero1 e al racconto degli elementi chiave della sua creatività: materiali, modularità e colore. Una maxi installazione di 1000mq nel Design District di Brera conduce il visitatore attraverso una trama ipnotica in bianco e nero che riproduce all’infinito l’iconico anello dai forti connotati architettonici.
FRANK LLOYD WRIGHT IN MOSTRA A TORINO NIGHT FEVER AL VITRA DESIGN MUSEUM Voglia di ballare al Vitra design museum di Weil am Rhein. La mostra «Night Fever. Designing Club Culture 1960 - Today», mette in scena architetture e interni d’autore delle discoteche più celebri del mondo. Dai club italiani degli anni 60, ai leggendari Studio 54 e Palladium di New York, fino al più recente Ministry of Sound di Londra ripensato dall’OMA studio. Fino al 9 settembre. (Foto di Rod Lewis)
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La Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli presenta «Frank Lloyd Wright tra America e Italia» a cura di Jennifer Gray. La mostra approfondisce il pensiero di Wright sull’architettura organica dal suo primo soggiorno in Italia nel 1910, fino alla sua ultima visita nel 1951. Un viaggio attraverso fotografie, disegni originali, cataloghi, litografie e oggetti. Fino al 1° luglio 2018. (Foto di The Frank Lloyd Wright foundation archive)
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LA CINA SCEGLIE IL BOSCO VERTICALE
COPENHAGEN FLOATING
Stefano Boeri firma il primo Bosco Verticale in Asia nella metropoli di Nanchino. Più di 1.000 alberi e 2.500 arbusti andranno a ricoprire circa 6mila mq distribuiti su due torri. rooftop club privato. Una foresta verticale che contribuirà a rigenerare la biodiversità locale riducendo le emissioni di CO² e producendo 60 kg di ossigeno al giorno. La prima torre prevede un Park Hyatt hotel e la seconda uffici, una green architecture school, un museo e un rooftop club privato. (Foto di Stefano Boeri architetti)
Reinventare il rapporto tra mare e città. È questo l’obiettivo dello studio Marshall Blecher and Foxtrot che firma il progetto Ø1 a Copenhagen. Delle vere e proprie isole fluttuanti che si propongono come nuovi spazi pubblici per guardare le stelle, fare barbecue, pescare. Altre isole saranno progettate per ospitare una sauna, un giardino, un allevamento di arselle e altri eventi locali. (Foto di Marshall Blecher and Foxtrot)
IL GUSTO DI TOKYO APPRODA A MILANO
HAPPY BIRTHDAY ROYAL ACADEMY
L’atelier creativo Vudafieri-Saverino partners firma l’interior design del nuovo ristorante giapponese contemporaneo Kanpai. Nel cuore di Porta Venezia un progetto che propone in modo inedito i riti e le atmosfere degli Izakaya. All’interno monitor che ricreano le luci al neon tipiche delle strade di Tokyo, un grande murales di Gaudio, metallo che si fonde con il legno di bambù, arredi essenziali, luci soffuse, colori caldi e rilassanti che evocano la cultura nipponica. (Foto di Santi Caleca)
Compleanno regale per la Royal Academy di Londra che festeggia i 250 anni con una ristrutturazione ad opera dell’architetto David Chipperfielld. Il progetto collega Burlington Gardens all’antistante Burlington House. Piccadilly avrà un nuovo hub culturale e di formazione, gallerie d’arte, più spazi pubblici e un nuovo teatro per le conferenze. Dopo l’approvazione di Sua Maestà Regina Elisabetta II l’inaugurazione è prevista per il 19 maggio 2018. (Foto di David Chipperfield architects)
AL PRITZKER TRIONFA L’INDIA L’architetto indiano Balkrishna Vithaldas Doshi è il quarantacinquesimo vincitore del Pritzker Price, il premio più importante per l’architettura. Dopo aver lavorato con Le Corbusier, al quale dedica il premio, è diventato famoso in patria per le sue opere dedicate all’India come la Scuola di Architettura di Ahmedabad. È il primo indiano ad aggiudicarsi il prestigiosissimo award. (Foto di Vastu Shilpa Foundation)
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MISSONI GOES TO MIAMI Ben 57 piani, 249 unità abitative dai 70 ai 350 mq, prezzi a partire da 400 mila euro. Si chiama Missoni Baia ed è il primo condominio di lusso dello storico brand di moda. Affacciata sull’oceano nel quartiere di Edgewater la luxury tower avrà cinque piscine, un campo da tennis, un fitness center, una spa con vista sulla baia, una sala cinema, un salone di bellezza, un asilo e una spa per animali domestici. Il progetto sarà inaugurato nel 2020. (Foto di Missoni Baia)
INAUGURAZIONI D’AUTORE Lo studio Zaha Hadid Architects ha ufficialmente completato il suo primo progetto newyorkese. Un edificio residenziale con nastri d’acciaio e angoli arrotondati in vetro accanto all’High Line Park. Situato nel cuore di Chelsea, il progetto futuristico possiede un cinema IMAX, una palestra e una piscina interrata di 23 metri. (Foto di Hufton+Crow)
APERTURE DI DESIGN In occasione della Milano design week, Arclinea inaugura il suo nuovo flagship store di via Durini 7, place to be per il design che conta. Un progetto che diventa punto di riferimento esclusivo dove scoprire la collezione disegnata da Antonio Citterio.
VENEZIA IN ROSA Due donne saranno alla direzione della sedicesima Biennale di Architettura di Venezia. Si chiamano Yvonne Farrell e Shelley McNamara e hanno fondato lo studio Grafton Architects nel 1978 a Dublino. Hanno raggiunto la fama internazionale con i loro progetti dedicati a scuole e università come il nuovo campus della Bocconi di Milano che nel 2008 gli ha fatto conquistate il World Building of the Year. Dal 26 maggio al 25 novembre 2018. (Foto di Grafton architects)
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MILANO in the mood for design by nicole bottini
La 57ª edizione del Salone del mobile di Milano, in scena dal 17 al 22 aprile, dichiara un cambio di passo, stilando un Manifesto. E la città risponde con una dichiarazione d’amore al sistema, all’essere umano e ai suoi sentimenti. Il design torna alle origini e riscopre la sua funzione sociale: essere al servizio dell’uomo per migliorarne la vita. Per anni si sono susseguite installazioni spettacolari, dentro e fuori il perimetro della fiera, mostre scenografiche, o addirittura cortometraggi firmati da illustri registi. Per i suoi 57 anni, la kermesse più importante al mondo nel settore della progettazione, che quest’anno vede scendere in campo il Salone internazionale del mobile assieme al Salone internazionale del complemento d’arredo, le biennali EuroCucina e Salone del bagno, e il Salone satellite, fa un passo indietro. Una sorta di riflessione, un nuovo punto di partenza. E lo attua dando vita al suo primo Manifesto: un atto d’amore, un patto di intenti finalizzato a canalizzare le forze che a Milano possono lavorare insieme per mantenere il ruolo di leadership della manifestazione e del capoluogo lombardo, oltre che attrarre pensieri, progetti e risorse nuove. «I progettisti di tutto il mondo vogliono essere presenti a questa settimana per mostrare la loro creatività», ha affermato Claudio Luti, presidente del Salone del mobile. «Il Salone
è qualcosa di più che vedere solo prodotti: è un’occasione emozionante per raccontare una storia, vedere le facce e gli occhi delle persone, conoscere il sistema. E poi c’è tutta Milano, che diventa un salone liquido, toccando anche le periferie. Il primo Manifesto è un impegno a fare sempre meglio e un invito alla città, che è al centro di tutto e da dove tutto è partito, a fare rete, a crescere insieme; per moltiplicare la forza centripeta e attrattiva del Salone e consolidare quel place to be irrinunciabile per i grandi brand, i loro progetti, le loro risorse umane ed economiche. Dobbiamo rimanere unici e siamo qui per questo». Un invito a innovare, dunque, un’esortazione a non sedersi sugli allori per i successi ottenuti e non cedere all’autocelebrazione, ma a guardare al di là di quanto già fatto, per dare forma a un design e a un’architettura più attenti alle esigenze dell’essere umano e a quelle di una società in continua evoluzione, che gode di progetti avveniristici ma che ha bisogno anche di tante piccole emozioni da vivere nel quotidiano. Per sottolineare e valorizzare il legame con la città stilato nel documento di intenti, una mostra-installazione progettata da Carlo Ratti associati, presente in piazza del Duomo, davanti a Palazzo Reale. Unico padiglione extra fiera, indaga il rapporto tra la natura e l’abitare, offrendo spunti alla progettualità
Sopra, HARU stuckon design del brand giapponese nitto, installazione realizzata con nastri adesivi colorati
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nelle foto, in senso orario, il tappeto triple slinkye di patricia urquiola per cc-tapis; le luminarie da tavolo di Renata Pereira​di Oficina 021 presentate all'interno della mostra rio+design; il manifesto di milan design market 2018 e the diner, il progetto della rivista statunitense Surface in collaborazione con David Rockwell
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nelle foto, in senso orario, Tulipaniera di eligo, parte del progetto the surreal table di santa margherita winery; ÂŤparadigmaÂť, mostra di fabrica in collaborazione con PIERRE FREY che andrĂ a reciprocity 2018, triennale di liege; jane, disegnato da jean marie massaud per poltrona frau; Cloudie di emir polat per Milan Design Market
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green negli spazi interni delle case. E offrire uno scorcio su un piccolo miracolo, ossia la coesistenza delle quattro stagioni, tutte insieme nello stesso spazio. Questa installazione rappresenta il punto di partenza di una riflessione più ampia, che intende analizzare i valori del salone, il suo profondo legame con Milano e con le aziende, i brand e i designer che lo hanno reso grande nel mondo. Una presa di coscienza e un maggiore impegno a fare meglio quello che ha sempre fatto: Sistema con la S maiuscola. E come risponde Milano a questa dichiarazione d’amore? Con la stessa intensità. I suoi distretti legati al design animano la città con eventi, mostre e installazioni, tutti legati all’essere umano, alle sue emozioni e ai suoi bisogni. Brera design district mette l’uomo al centro, scegliendo per la sua nona edizione il tema «Be human: progettare con empatia». Del resto, un ambito come quello della progettazione che più di altri ha la missione di coniugare utilità e bellezza, non può prescindere dall’empatia, cioè la capacità di immedesimarsi e di comprendere i
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bisogni prima di creare soluzioni. E i creativi che quest’anno animano il quartiere sono tutti talenti che credono nell’aspetto emozionale del design e nell’empatia che si crea tra gli oggetti, i luoghi e le persone. Cristina Celestino, con la sua visione estetica e progettuale delicata, emozionale ed evocativa, rilegge in chiave contemporanea lo storico tram 1928, trasformandolo in un salotto in viaggio tra le vie del quartiere. Un ideale «Cinema Corallo» su rotaie, in cui convivono materiali preziosi e richiami al passato. Elena Salmistraro mette al centro l’aspetto artistico per arrivare a suscitare sensazioni e nutrire l’anima attraverso il design. In Piazza XXV Aprile realizza un’installazione per Timberland legata al simbolo della maison: la quercia. Il 2018 segna il consolidamento per le 5VIE art+design. Nato cinque anni fa, fonda il suo stesso essere su arte, ricerca, segno contemporaneo e passione per l’artigianalità e il territorio. «Giunti alla quinta edizione, abbiamo deciso di spingere il concept che abbiamo inaugurato negli anni passati, vale a dire quello di dare una linea
in alto, mamoworks di maximilian moosleitner in esposizione presso futurdome, all'interno di ventura future
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editoriale ben precisa al distretto», ha affermato Alessia Del Corona Borgia, uno dei soci fondatori del quartiere. «Abbiamo quindi selezionato un pool di straordinari curatori, per dare lustro al distretto, con l’obiettivo di creare un polo della creatività». Il gruppo di virtuosi curatori è composto da Nicolas Bellavance-Lecompte, Maria Cristina Didero, Annalisa Rosso e Alice Stori Liechtenstein. A ciascuno di loro è stato chiesto di esprimersi attraverso una selezione di artisti e designer capaci di interpretare la mission di 5VIE, abitandone i luoghi. E per il terzo anno di fila, torna anche la provocatoria e coloratissima sfilata di Seletti con Design pride. «Common Future» è il fil rouge dell’Innovation Design District, nato l’anno scorso per valorizzare l'area compresa tra Porta Nuova e Porta Volta, una zona di Milano che, grazie agli interventi di riqualificazione avvenuti in questi ultimi anni, è di fatto il simbolo di una città nuova, proiettata verso il futuro. Ricollocando l'uomo al centro della considera-
zione progettuale, il tema di quest’anno consiste nell’indagare i processi di innovazione che vengono avviati oggi e che possono davvero impattare sulle prossime generazioni. E a proposito di futuro, lo spazio The mall ospita Space&Interiors, mostra organizzata da MADE eventi (Gruppo FederlegnoArredo). Quest'anno la curatela è stata affidata a Stefano Boeri che, seguendo l’idea del titolo «The future of living and the planet of the future», si è spinto oltre qualsiasi prospettiva, immaginando di portare l'arte del design addirittura su un altro pianeta. Sempre vicino a Piazza Gae Aulenti, Andrea Boschetti affronta il tema della mobilità sostenibile e degli scenari futuri nel campo dell’automotive. La design week milanese, quest'anno più che mai, si pone quindi come termometro del modo di vivere contemporaneo e delle esigenze delle persone. Una natura sociale che intende la progettazione come parte integrante della vita. Per un futuro di qualità, innovazione, creatività.
in alto, Beugel Stoel di Gerrit T. Rietveld, Collezione Cassina I Maestri
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jv project lounge, progetto permanente di matteo ragni studio, ideato in sinergia con jannelli e volpi
superdesign Il Superstudio Più di via Tortona, tra i primissimi a credere nel Fuorisalone e in un nuovo modo di comunicare il design, compie i suoi 18 anni. E per festeggiare al meglio, sceglie per questa edizione un tema ambizioso: «Only the best». La mission di Superdesign show verso qualità, eccellenza e ricerca rimane invariata e viene esplicata puntando su grandi nomi, progetti innovativi, soluzioni tecnologiche che migliorano l’ambiente e la vita di ogni giorno, Paesi da sempre in prima fila nel design di qualità, come il Giappone, e centri emergenti del nuovo design, come un sorprendente Egitto. Sono quattro i punti
cardinali, i progetti più attesi ed estesi, che animano il Superstudio nei giorni frenetici della design week: la grande mostra personale di Nendo, tra i più acclamati studi internazionali di design; un progetto dell’architetto Kengo Kuma, con un’installazione esperienziale che sfrutta al meglio l’uso di soluzioni anti-inquinamento per Dassault systèmes, brand ad alta tecnologia e sostenibilità; la mostra «Smart city», che si estenderà fino a metà maggio; e il Superloft, abitazione immaginaria ma reale, con la partecipazione dei più interessanti protagonisti del design Made in Italy e dei maestri artigiani.
due momenti dell'ultima edizione di Superdesign show
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wunderkammer by cristina cimato
Etro chiude il cerchio intorno alla casa e inaugura la prima linea Home interiors insieme al gruppo Jumbo, con il quale è stato siglato un contratto di licenza. Dopo aver disegnato tessuti per l’arredamento, biancheria e oggettistica, la maison guarda agli spazi del living a tutto tondo, esasperando in modo virtuoso la propria storia. «Nei mobili imperversa un’omologazione verso il contract», ha spiegato Jacopo Etro, «quindi abbiamo scelto di assecondare la nostra filosofia legata all’etnia, eccentricità, eclettismo e colore». La collezione, che fa il suo debutto al Salone internazionale del mobile di Milano, rappresenta un viaggio dentro il mondo Etro, realizzato come un percorso in una serie di Wunderkammer. Ogni stanza ospita un’ispirazione. La prima è giocata sui colori e i materiali che raccontano il nomadismo attraverso il pezzo iconico della linea, la sedia smontabile Babel. «Abbiamo reso omaggio al concetto di tenda e alle poltrone da campo militari, smontabili e trasportabili», ha precisato Jacopo Etro, «definite da colori caldi come i bruciati e i marroni». C’è poi spazio al mondo surrealista in cui il leit-motiv è quello della scimmia. Animale divertente e iconico per gli artisti negli anni 20 e 30, utilizzato nei dettagli come le chiusure, i pomelli. «Abbiamo poi una serie psichedelica, con colori forti e divertenti. Mobili di ispirazione ottomana reinterpretati completamente. La palette
qui si accende di viola, arancio, fucsia. Abbiamo usato il bambù ma declinato sul metallo», ha aggiunto il manager. La stanza da letto, infine, è un omaggio alla pace dei sensi, all’India del sud, al bianco e ai colori chiari, impreziositi da giochi di trompe l’oeil. «I mercati di riferimento cui ci rivolgiamo con questa collezione sono quelli di Asia, Russia, Medio Oriente ma anche Stati Uniti ed Europa perché crediamo nell’eleganza e nella raffinatezza del nostro ambiente casalingo. Il prodotto è pensato principalmente per la clientela private». L’obiettivo della maison, per la quale il comparto copre una quota del 5% sul fatturato, è di arrivare almeno al 10% e per questo si sta studiando anche l’oggettistica. Tra i progetti di diffusione dell’estetica Etro, uno dei più interessanti è poi Aimo e Nadia bistRo, legato alla galleria di Rossana Orlandi, per cui i designer hanno immaginato uno spazio ricco di tessuti. Tre luoghi differenti, in cui ci sono carte da parati, damaschi, tessuti figurativi. In questo tempio gastronomico eclettico trovano spazio alcuni pezzi di design contemporaneo della galleria. «Questa esperienza è stata costruttiva e non escludo ci siano altri progetti che ci vedranno coinvolti con investimenti mirati. Se dovessi unire il nostro nome a una realtà, punterei sul Piemonte e sul cioccolato, per riuscire a portare all’estero e riscoprire marchi storici e dormienti che andrebbero rilanciati».
in alto, una stanza della prima collezione di home interiors firmata etro
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exhibition
nendo e le forme dell'acqua by margot zanni
La zona Tortona di Milano riconquista il suo originario splendore grazie alla grande mostra personale di Nendo al Superstudio più. Il più acclamato studio di design contemporaneo, e la sua anima creativa Oki Sato, occupano con «Nendo: forms of movement» uno spazio di oltre 800 mq dove portano in mostra dieci concept basati sull’idea di movimento che nasce dalla funzione, dal materiale o dal metodo di produzione di un oggetto. «Tutti i lavori raccontano le tecniche degli artigiani giapponesi che usano materiali molto delicati e precise tecnologie di produzione», ha raccontato Oki Sato. «L’esposizione mette in mostra non solo i prodotti finali ma anche modelli e bozze condividendo con il visitatore sia gli aspetti manifatturieri che il processo creativo del nostro studio», ha aggiunto il designer. «Gli oggetti reagiscono alle persone e le persone reagiscono agli oggetti. Qui cerchiamo di mostrare questa relazione. Per esempio ci sono oggetti-contenitore che hanno coperchi di dimensioni diverse che si aprono e chiudono a seconda del tocco, cerniere multiuso che si aprono a nuovi utilizzi e clessidre che disegnano il tempo partendo dal controllo della sabbia». Lo scorso anno Nendo ha stupito la città meneghina con l’installazione «Invisible outlines», realizzata all’interno dello showroom di Jil Sander in piazza Castello. Un mondo
bianco e minimalista in cui il creativo si aggirava regalando inchini e sorrisi. «Non sono un gran collezionista di moda», ha spiegato, «ho solo una grande collezione degli stessi identici vestiti. Così non è difficile scegliere che cosa indossare ogni giorno. La vera sartorialità per me è rappresentata dagli arredi». La ristrutturazione recentemente completata dello store Shiseido a Tokyo, per esempio, segue proprio questa filosofia. L’interior design integra tutti gli elementi chiave dell’arredamento d’interni con i principi cardine del mondo del makeup. Il tutto estremamente caratterizzato dall’estro di artigiani locali. Il Giappone, infatti, è più che protagonista al Superstudio. Oltre a Nendo arriva un’intera enclave di aziende affermate, startup e hub di promozione del design made in Japan tra tecnologie all’avanguardia e tradizioni millenarie che affascinano ancora oggi il pluripremiato designer. «Sono nato in Canada e sono tornato in Giappone all’età di 11 anni. Il posto in cui sono cresciuto in Nord America era molto bucolico, rurale, molto diverso da Tokyo. Quando sono tornato tutto mi sembrava così fresco e affascinante, nessun altro bambino giapponese aveva le stesse sensazioni del quotidiano. Credo che questa distanza, nel modo in cui si guarda alla vita, abbia caratterizzato immensamente il mio design».
in alto, un oggetto di «Nendo: forms of movement», la personale in scena al Superstudio più
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celebration
glamorous birthday by Barbara Rodeschini
«Versace è puro lifestyle, è uno stile di vita che comprende tutto per chi lo sceglie», così commentava Gianni Versace nel 1992, all’inizio della partnership avviata con Rosenthal per la produzione di porcellane. Venticinque anni dopo, sotto la direzione creativa di Donatella Versace, oggi mente creativa della casa di moda fondata dal fratello Gianni, quell’intuizione, che diede una nuova linfa al concetto di stile, è ancora più rivoluzionaria. Grazie a Rosenthal meets Versace, l’arredo e il design hanno scoperto la seduzione della couture, un primo contatto che ha scritto una nuova pagina della decorazione d’interni portando in tavola e negli arredi la forza propulsiva del mondo fashion. E se Versace è stato pioniere in questo senso, oggi con le celebrazioni per una partnership lunga un quarto di secolo, le due maison sottolineano come il desiderio di rispecchiarsi nel proprio stile di vita sia quanto mai attuale e vincente anche per un pubblico cosmopolita e composto da Millennials. Venticinque anni di novità e di ricerca il cui il tema dominante è sempre stato lo stesso: portare la bellezza all’interno dell’intimità della casa. Venticinque anni che hanno segnato l’evolversi del costume e che hanno documentato la passione per l’eccellenza Made in Italy in un territorio inaspettato. Un’alchimia resa possibile grazie al fascino della maison della Medusa,
ma anche alla competenza nella realizzazione di porcellane, da parte dell’azienda tedesca fondata nel 1879 in Baviera e che dal 2009 fa capo al gruppo Sambonet. Una magia creativa, un lusso quotidiano che rivive in una limited edition esclusiva. Composta da 25 piatti, un numero magico e celebrativo, set da tè decorati, la collezione riedita e sintetizza i motivi più iconici e indimenticati del marchio di via Gesù. Tra i protagonisti ci sono i cult, come la Medusa, anche blue, Marco Polo, Le Roi Soleil, Barocco, Les Trésors de la Mer, Le Jardin de Versace e Gold Baroque, ma anche Gold Ivy, Russian Dream, Marqueterie, Floralia nelle versioni Blue, Wild, Green e D.V., Primavera, Vanity, Les Rêves Byzantins, Le Grand Divertissement, Asian Dream, Prestige Gala, Etoiles de la Mer I♥Baroque. Decori senza tempo, che hanno conquistato negli anni il mondo della moda e sedotto anche quello del design. Pronti ad accogliere una new entry per il 2018, La Scala del Palazzo, che trae ispirazione da Palazzo Versace a Milano tramite gli elementi architettonici, interrotti da spirali métal, che svelano la bellezza dell’atrio dello storico building; e Medusa Silver Collection, che declina il logo signature nella versione argento su superfici mat e brillanti, per un tea set in edizione limitata.
in alto, la limited edition Rosenthal meets Versace per i 25 anni della collaborazione
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object
house JEWELRY by sara rezk
Nel 1978 Gene Moore, storico window designer di Tiffany & Co., esponeva all’interno di una delle sue vetrine un barattolo in vernice illuminato da una luce al neon. Oggi, quell’uso di oggetti comuni all’interno di un progetto creativo per Tiffany, segno inconfondibile del designer americano, muta la sua funzione. E quegli oggetti, finora utilizzati dalla storica maison di gioielli newyorchese come decoro, trovano la propria funzione autonoma, all’interno della casa. Sono i protagonisti della prima collezione Tiffany home & accessories, che debutta quest'anno al Salone del mobile di Milano. «Credo che ciò che rende unica la collezione sia il fatto che esprime la migliore qualità, maestria artigianale e design, con un grado di funzionalità che permette di usare questi oggetti ogni giorno», ha detto Reed Krakoff, chief artistic officer di Tiffany & Co. Una linea, dunque, che esprime la volontà di mescolare oggetti di uso comune ai materiali più pregiati, sostenendo l’idea che le cose belle non siano necessariamente limitate alle occasioni speciali, ma alla vita di tutti i giorni. E così torna il barattolo in vernice, questa volta mutato in glacette e realizzato in cristallo con bordi in argento; una cannuccia, un bicchiere, un goniometro, tutti prodotti a mano in argento, dagli artigiani della griffe di gioielli fondata da Charles Lewis Tiffany. Non mancano le citazioni al passato, come quella agli oggetti da tavola
di ispirazione industriale disegnati nel 1979 da John Loring, design director emeritus di Tiffany, che oggi diventano il servizio da té Loring, con motivi che ricordano il battistrada in acciaio tipico della metropolitana di New York. «Nel concetto di design americano, la forma segue la funzione. Questa è l'idea alla base della collezione. I nostri archivi sono pieni di oggetti che incarnano questo spirito. Come una scatola di pillole d'argento a forma di box per il cibo d’asporto o il combinatore telefonico in argento che le signore tenevano nella borsetta e tiravano fuori per telefonare», ha aggiunto Krakoff. Un lusso semplice, oggetti che vogliono prendere le distanze da tutte le cose preziose riposte su uno scaffale e utilzzate solo in occasioni speciali. Realizzati con intelligenza irriverente, per integrare la qualità che contraddistingue le creazioni di Tiffany da più di 150 anni. È così che Krakoff ha pensato la collezione, che spazia da pezzi con motivi grafici come il wheat leaf, applicato sulle porcellane, o a quelli ispirati alla punta di un diamante per la collezione Diamond point; ai servizi da té in porcellana e alla piccola pelletteria contraddistinta dall colore iconico della maison, il Tiffany blue. Ogni pezzo è pensato per raccontare un’idea, una storia, essere parte di una narrazione. Quella che ha inizio quest’anno, in occasione dell’evento internazionale dedicato al design e all’home decor.
in alto, alcuni pezzi della collezione di debutto tiffany home & accessories
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project
london calling by cristina cimato
Giorgio Armani rinsalda il suo legame con Londra. Dopo la presentazione della collezione primavera-estate 2018 di Emporio Armani, la riapertura dello store in New bond street e la collaborazione con il Bfc-British fashion council e le principali scuole di moda del Regno Unito, lo stilista ha aggiunto un altro progetto importante nella City. Una speciale inaugurazione ha, infatti, salutato l’apertura delle boutique Giorgio Armani e Armani/Casa in Sloane street. Per la prima volta in assoluto, lo spazio originario, interamente rinnovato, accoglie, in un continuum, le due anime del marchio, la moda e l’arredamento di interni. Questo nuovo concept, che si estende su una superficie di 1.000 metri quadrati (800 di boutique e 200 dedicati alla casa) è stato studiato personalmente dallo stilista. «Un tempo l’architettura dei punti vendita era concepita per esprimere i valori del marchio in maniera duratura, solida, oserei dire statica. Oggi le abitudini di acquisto sono mutate, ed è naturale quindi che cambino i negozi, oltre che l’offerta», ha spiegato Giorgio Armani, «nel futuro immagino soluzioni più fluide, modulari, facilmente riconfigurabili, sempre ricercate nella scelta dei materiali. Nel caso delle due boutique comunicanti in Sloane Street ho voluto creare un messaggio unitario. Ho creato ambienti nei quali lo stile Armani è presentato come un lifestyle avvolgente, prezioso ed elegante in un
percorso libero e naturale tra le diverse categorie di prodotto». Il negozio dedicato alla casa ha due vetrine, ingresso su Sloane street e comunica con la boutique attraverso un collegamento curvilineo interno. Inoltre, un’apposita area è dedicata alla presentazione dei progetti dell’Interior design studio, il servizio completo di design di interni offerto a privati e a property developers. Il concept riprende gli stessi cromatismi dei pavimenti e delle pareti del punto vendita di abbigliamento, assicurando un senso di uniforme continuità. «I due luoghi sono distinti ma dialogano, che è poi proprio il mio modo di lavorare su abbigliamento o casa: i principi estetici sono gli stessi, l’applicazione è specifica di ciascun linguaggio», ha precisato lo stilista. Come in uno studio di design, gli spazi sono definiti da teli doppi di fine rete metallica color platino a tutta altezza, così da creare impalpabili divisioni tra i diversi ambienti. La lampada Logo, simbolo del marchio, è riprodotta sulla carta da parati. «Londra è una città stimolante, in continuo cambiamento, dinamica. Non ho altri progetti nell’immediato, ma è una città in cui mi piacerebbe portare un progetto importante e comunque se dovessi pensare a un concept simile in un’altra città non lo porterei così com’è a Londra, ma lo ripenserei in funzione del luogo. Sono molto stimolato da questa idea di unicità legata al genius loci», ha concluso lo stilista.
in alto, uno spazio del nuovo Giorgio Armani london (foto beppe raso)
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furniture
curvy visions by barbara rodeschini
Entra in una dimensione distintiva l’idea dell'abitare 2018 di Visionnaire. Superate le tendenze bespoke, oggi l'architettura e l'arredamento si fondono alla ricerca di nuove formule uniche e personali. In una fusione tra genius loci e committenza, ora il design guarda agli spazi abitativi con una visione più che sartoriale, dove spazio e arredo dialogano tra loro rendendosi unici per chi li vive. Un concetto contemporaneo che trova un interprete sensibile in Visionnaire. La palette cromatica attinge ai colori della terra e delle foreste rendendo così l’elemento naturale, il vero protagonista. «Gli spazi domestici oggi rispecchiano l’home philosophy di chi li vive e di chi li progetta con un’attenzione particolare, per rendere i momenti in casa i più personali possibile. Il vero lusso è il tempo e deve essere accogliente, in grado di rispettare i ritmi della vita di oggi ma anche di favorire una fruizione dello spazio di grande qualità», ha spiegato Eleonore Cavalli, art director di Visionnaire. «Ogni progetto nasce dalla sintesi di diversi fattori che lo rendono speciale, one of a kind nel rispetto del luogo, del committente e dello spazio. Lavoriamo in tutto il mondo e ogni intervento è indipendente, pensato su misura e non replicabile altrove». Un percorso vocato al dettaglio, nell’architettura ma anche nella scelta di proporre un Made in Italy capace di rispettare le tradizioni e la cultura
dei luoghi in cui interviene. «Ogni cliente è diverso e ha abitudini e tradizioni che ne caratterizzano l’identità. A noi spettano il piacere e il dovere di modulare il nostro lavoro secondo indicazioni personali. E se nel 2017 abbiamo intrapreso un percorso attento alla sostenibilità con Greenery, il 2018 ci vede impegnati nell’analisi del benessere abitativo con Respiro, il nuovo concept che mette in comunicazione interior design e persona, all’insegna di un ritmo naturale che si traduce nel lusso dell’abitare di oggi», ha continuato Cavalli. E se la progettualità cambia in base alle latitudini, nel nord il fulcro della casa è il suo cuore, nelle località di mare è il suo lato social e via dicendo, Visionnaire guarda alla ricerca come veicolo per sperimentare nuove soluzioni d'arredo. Così, in occasione del Salone del mobile di Milano 2018, sarà svelato in anteprima il marmo curvo ottenuto piegando una lastra e applicato, ad esempio, ai tavoli della serie Kerwan, disegnata da Alessandro La Spada, in cui il materiale è curvato sui tre lati e l'acciaio si fonde otticamente con la pietra . Non solo, Visionnaire accoglie poi il contributo di top designer come Roberto Lazzeroni, Marco Piva e Armando Bruno che si aggiungono al team di collaboratori storici del brand composto da Mauro Lipparini, Giuseppe Viganò, Fabio Bonfà, Maurizio Manzoni, Roberto Tapinassi e Steve Leung.
in alto, il tavolo in marmo kerwan di visionnaire, disegnato da alessandro la spada
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Project
China imperial estate by arianna bassi
L’Italia è da sempre il Paese del buon gusto, della moda, del lusso e della qualità artigiana. Tutto il mondo conosce la storia del Made in Italy e da decenni ormai ne insegue il successo. La capacità nel campo del design e dell’arredamento domestico è arrivata fino in Cina, dove il brand di lusso Tonino Lamborghini offre alla clientela locale un’esperienza d’eccellenza di total living italiano. Fondata nel 1981 a Bologna dal commendator Tonino Lamborghini, l’azienda prende spunto dall’heritage famigliare in campo meccanico, per evolversi in un lifestyle experience brand che include, oltre ai prodotti di lusso come orologi, occhiali, abbigliamento, hotel a 5 stelle e da gennaio 2018 anche progetti di real estate. La scelta di iniziare il progetto in Cina non è casuale, ma deriva da un lunghissimo rapporto di business aziendale: «Per me la Cina rappresenta da sempre un place to be», ha commentato Tonino Lamborghini, «35 anni fa sono stato uno dei primi imprenditori italiani a investire e fare business con idee e prodotti che già all’epoca erano dedicati a questo meraviglioso Paese. Oggi, con questa nuova collaborazione, posso affermare definitamente che la Cina rappresenta la mia seconda casa». Il progetto vedrà la costruzione di edifici di lusso sia a scopo residenziale sia commerciale in diverse città dell'ex Impero celeste, come per esempio a
Zhengzhou, Shanghai, Shenzhen, Chengdu e Hangzhou. «L'idea alla base di questa nuova partnership è la progettazione di edifici dove la combinazione di cultura e design italiano si integrerà perfettamente con la cultura locale. I progetti evocheranno immediatamente un senso di esclusività e richiameranno fortemente i valori e la filosofia del mio marchio», ha dichiarato Lamborghini alla presentazione del progetto, «La carta da parati, l’arredamento e le ceramiche arricchiranno gli interni e l'eccellenza italiana si esprimerà in tutta la sua esplosiva vitalità e creatività. Il nuovo progetto di real estate incarna perfettamente il mio motto: «Se non posso darvi l'Italia, vi darò il suo feeling!». Il primo esperimento edile di Tonino Lamborghini in Cina aveva visto la costruzione di un hotel a 5 stelle a Suzhou, a Kunshan e uno a Huangshi. Ma l’azienda non si ferma qui e prevede di inaugurarne altri sette nei prossimi cinque anni, data l’occupancy rate media del 70% delle strutture già aperte. Un sapiente mix di cultura italiana, design di lusso e tradizione cinese è la caratteristica principale alla base dei progetti Tonino Lamborghini real estate, che mirano ad avvicinare sempre di più l’Italia alla Cina con partnership strategiche tra aziende leader nel campo degli investimenti di lusso.
in alto, il futuro luxury resort Yijiang yunyi di tonino lamborghini a Jingxian, Xuancheng City
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rubrica
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André fu
interview by cristina cimato Una collezione di 25 oggetti, incarnazione di altrettante storie e di viaggi nel mondo di Louis Vuitton. Ideato nel 2012, il progetto Object nomades evoca ed esprime un ambito della maison tra i più radicati e riconoscibili, ossia quello della realizzazione di articoli da viaggio. Quest'anno, in occasione del Salone internazionale del mobile, agli oggetti in catalogo si aggiungono sette nuovi lavori della collezione Les petites nomades ma anche due nuove creazioni che fanno parte della main collection, Diamond mirror di Marcel Wanders e Ribbon dance di André Fu. Il designer di Hong Kong è famoso per i suoi interventi nell’alta hôtellerie e in lussuosi ristoranti, come nel celebrato Upper house di Hong Kong, e vincitore di numerosi premi tra cui Designer of the year per Maison & Objet Asia, nel 2016, nonché fondatore di AFL-André Fu Living per il design di oggetti in collaborazione con artisti e artigiani. «Mi piace lavorare su progetti su diverse scale, spostandomi da un interregno all'altro», ha spiegato André Fu a MFL-Magazine For Living. Ora, il creativo entra a far parte del nutrito gruppo di artisti che, negli anni, ha immaginato oggetti speciali e insoliti per Louis Vuitton. Tra gli altri, il sopracitato Marcel Wanders, Fernando & Humberto Campana, Tokujin Yoshioka, Atelier Oi, Patricia Urquiola, Maarten Baas, Damien Langlois-
Meurinne, Nendo, Gwenaël Nicolas, Raw Edges e India Mahdavi. André Fu ha creato la seduta Ribbon dance, che si compone di una struttura curva, realizzata in pelle, in grado di unire la doppia seduta disegnando intorno a essa il simbolo dell’infinito. Qual è stata l'ispirazione che l'ha condotta al disegno della sua poltrona? Penso molto al mio lavoro in relazione al tema del viaggio, dell’ospitalità e del design. Lo sviluppo di questo oggetto è durato 18 mesi ed è passato attraverso ben 40 fasi evolutive. È stata una sfida perché, assieme all'azienda, volevamo creare qualcosa di innovativo, al di là dell’ordinario. La mia visione, anche in questo caso, si è ancorata a quella di un design che va oltre la materia e la forma per entrare in dialogo diretto con lo spazio e con le energie di un luogo. Come il movimento di un nastro di danza che avvolge le persone impegnate in una conversazione ravvicinata. Infatti, è come se ci fosse una cornice intorno a due persone che stanno trascorrendo il tempo insieme. Quale è la sua estetica? Ne ha solo una o diverse? Sono molto affascinato dalla purezza delle linee, aspetto coltivato durante la mia formazione come architetto. Sono incuriosito da come il lusso si sia evoluto negli ultimi anni. Lo
nella foto, un ritratto di andré fu
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vedo come qualcosa che va oltre la superficialità. La mia creatività si è sviluppata tra l’Asia e l’Occidente, tra Hong kong, dove sono nato, e Cambrigde, luogo dei miei studi. Ma ora è come se questa polarità si fosse fusa nel mondo in cui si vive attualmente, frutto esso stesso di una combinazione di diversità. In che modo si riesce ad armonizzare questo dualismo? Sono sedotto dall’idea di calma e di serenità. La velocità della vita è in continua accelerazione. Bisogna ritrovare il tempo per riflettere e concentrarsi. È un po’ il senso della mia Ribbon dance, ossia un luogo dove si può ancora vivere il momento. Lo scorso anno ha ultimato un hotel in Francia che sembra evocare, nella forma, un tempio orientale. Che idea ha mosso questo progetto? Villa La Coste è situata all'interno dello Château La Coste di Aix en Provence, in Francia, una prestigiosa cantina biologica con centinaia di ettari di vigneto e un museo a cielo aperto al quale hanno contribuito, nel tempo, architetti di fama internazionale come Renzo Piano, Richard Rogers, Richard Serra, Frank Gehry, Louise Bourgeois e Tadao Ando. Questa destinazione di lusso si trova all'interno di un vigneto e comprende 28 ville e spazi
comuni. L'ispirazione è derivata dallo spirito artigianale del vigneto e dalla visione artistica mozzafiato del castello. Ho voluto creare gli spazi in modo da dare la sensazione che essi, pur essendo contemporanei, siano anche senza tempo. Quale luogo nel mondo ama maggiormente? Sicuramente tra i posti d'elezione c'è Kyoto, con i suoi giardini tranquilli, città che rivela una sorta di qualità spirituale. Uno dei miei lavori che rispecchia maggiormente questa idea è l’Upper house di Hong Kong, un progetto che abbraccia la filosofia di un posto accogliente, calmo, confortevole, capace di andare oltre l’architettura. C'è un artista o designer che le sarebbe piaciuto conoscere? Ce ne sono molti. Uno di questi è Mark Rothko. Lo ammiro per la sua capacità di andare oltre le due dimensioni della tela e dello spazio e di creare colori che vanno al cuore del colore. E poi, naturalmente Le Corbusier, un maestro nella geometria poetica. Qualche progetto futuro? La prossima estate sarò impegnato in un progetto in Thailandia, a Bangkok. Poi in una galleria d'arte fracese con sede a Shanghai. In un perenne incontro tra Est e Ovest.
nelle foto, dall'alto, in senso orario, ribbon dance, progetto di andré fu per la collezione object nomades di louis vuitton, l'upper house di hong kong e l'andaz di singapore
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rubrica
Marcel Wanders interview by Margot Zanni
Asceso nell’Olimpo dei designer nel 1996 con la mitica Knotted chair, Marcel Wanders ha fondato il suo studio ad Amsterdam e con esso ha firmato oltre 1.900 prodotti per iconici brand come Alessi, Baccarat, Flos, Hyatt hotel corporation, Louis Vuitton, una serie di oggetti per la collezione permanente del MoMa di New York e svariate opere di interior design come il luxury hotel Mondrian Doha in Qatar. Si distingue per il suo stile eclettico, irriverente e mai banale che nel 2016 lo ha visto protagonista di una retrospettiva al Centre Pompidou di Parigi. I pezzi scelti per quella mostra, segno tangibile di un processo industriale innovativo, sono stati acquistati dal museo per fare ingresso nella collezione permanente. Nel lavoro di Marcel Wanders, ciò che è flessibile diventa rigido, quello che è denso si trasfoma in trasparente, ciò che è piatto evolve in dimensionale. Per il Salone 2018 il designer collabora con Laufen, l’azienda svizzera di bagni di lusso, dove porta in scena un progetto dal gusto bohémien, cosmopolita e contemporaneo. Per Natuzzi presenta le collezioni Agronomist e Oceanographer dove conduce nel design gli arredi, gli elementi e l’atmosfera della Puglia, sede storica dell’azienda. Da una parte i colori della terra con i toni del beige, del mattone e delle case bianche di Ostuni, dall'altra il mondo acquatico e sottomarino
della costa salentina. Infine, per Roche bobois si scatena con Globe trotter, una linea di divani, tavoli, sedie, lampade e tappeti ispirata al mito degli avventurieri e degli inventori leggendari. Il progetto celebra, attraverso l'emblema dei fratelli Montgolfier, tutti gli esploratori e i collezionisti di oggetti preziosi, appassionati della natura e delle culture cosmopolite incontrate nel corso dei propri viaggi. Quali sono state le sue ispirazioni per i progetti più recenti? Per la maggior parte delle persone l’ispirazione viene da musica, colori, architettura, persone, viaggi. Per me l’ispirazione viene dall’interiorità. Puoi legarmi a una sedia o bendarmi ma io sarò comunque ispirato. Sono sempre aperto a tutto, è un atteggiamento interiore. È con questo approccio sempre in testa che ho fondato il nostro studio che oggi conta più di 50 designer. Ed è attraverso questa natura collaborativa che spingo perché i progetti siano sempre più ambiziosi. L’umanità è parte integrante della sua filosofia. Quale è la sua visione del design contemporaneo? La mia passione assoluta è riportare il tocco umano verso il design dando vita a una nuova
Nella foto, un ritratto di Marcel Wanders
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era dove i designer, gli artigiani e i consumatori sono uniti e connessi tra loro. Il design contemporaneo deve esprimere la freddezza dell’industrialismo ma anche la poesia, la fantasia e il romanticismo degli anni passati che stanno tornando alla luce in questo periodo storico. Cerco di muovermi dal materialismo al concettualismo per poi riconnettermi a quello per cui è fatto il design, ovvero smuovere lo spirito umano. Liberandosi dell’eredità modernista e plasmandosi nel rinascimento contemporaneo dell’umanesimo, il design diventa più significativo, eccitante e sorpendente. Il design può anche essere legato alla personalizzazione? Penso che il design sia autentico solo se personalizzabile. Il nostro solo scopo deve essere quello di elevare l’animo umano attraverso le nostre creazioni. Ogni volta che progettiamo un oggetto o uno spazio dobbiamo considerare dall’inizio alla fine come una persona vivrà il nostro disegno e che ruolo avrà all’interno della sua vita quotidiana. La parte artigianale deriva dal pensiero e dalla filosofia del creativo che deve essere sempre presente e chiara nei progetti a cui si dà vita. L’attenzione al dettaglio, la qualità dei materiali e l’umanità nel farlo rendono l’esperienza sartoriale e unica.
Cosa le viene in mente con il concetto di «home couture»? Mi ricorda il concetto di un modo di essere dedicato alla convivialità. La tua casa dovrebbe essere il tuo santuario e riflettere il tuo stile. Essere un luogo dove l’eleganza contemporanea e la funzionalità danno vita a un ambiente accogliente. Mi fa pensare che il ruolo del design sia proprio quello di creare una esperienza in cui tu si è connessi con gli altri. Lei è un collezionista o ha una passione particolare per qualcosa? Colleziono esperienze. I miei souvenir sono le conversazioni e le relazioni che ho avuto con le persone incontrate in giro per il mondo: amo parlare con persone di culture differenti e immergermi nei loro usi e costumi. Ho una passione smodata per i viaggi. È un’esperienza così forte che mi apre occhi e mente e che mi fornisce prezioso materiale per i miei lavori. Dove la vedremo in futuro? Spero mi vediate sempre connesso lavorativamente alle culture più interessanti e diverse del mondo. Nei prossimi mesi e anni il nostro studio mostrerà lavori sorprendenti mentre non smetteremo di costruire partnership con i brand più iconici. Continueremo a creare un luogo di amore, a vivere con passione e a realizzare i nostri desideri più entusiasmanti.
in questa pagina, da sinistra in senso orario, l’atrio dell’hotel Mondrian Doha in Qatar, del 2017, Globe trotter per Roche bobois, 2018 (foto di Didier Delmas), una zona di Oh!, Complesso residenziale di lusso a Quito, Ecuador, progettato nel 2016
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Chiara Andreatti interview by cristina cimato
Una casa aperta, uno spazio accogliente, un microcosmo che guarda all’eredità di un marchio storico. Il tutto nelle mani di una giovane designer. Per festeggiare i dieci anni di presenza a Design Miami/, Fendi ha scelto Chiara Andreatti per il progetto Welcome!, un open environment conviviale. «È una delle giovani designer più interessanti nel panorama internazionale. Ha creato elementi di design che uniscono materiali dalle lavorazioni artigianali a quelli più naturali, rendendo preziosi e ricchi di dettagli gli oggetti di uso quotidiano», ha detto in esclusiva a MFL-Magazine For Living Silvia Venturini Fendi, direttore creativo uomo, bambino e accessori donna della maison, parte del gruppo Lvmh. In questo salotto convivono, infatti, il lusso rurale ed elementi raffinati, preziosi, certosini. Come ha approcciato all’incarico affidatole da Fendi? Ho fatto uno studio dell’archivio storico, dagli anni 60-70 in poi. Da lì c’è stato un trasferimento delle icone della griffe sugli oggetti. Il ricamo lace up che delle borse è riportato nelle lampade in pergamena e nei braccioli dei troni, per esempio. O il motivo Pequin nel disegno del divano. C’è stato anche un gioco di tridimensionalità. Ho trasferito l’idea di cannucciato della pelliccia Astuccio, del 1972, nella grafica dei piani dei tavoli, utilizzando il
bambù. Ho prediletto materiali poveri a cui ho aggiunto il luccichìo che fa parte di Fendi. Che tipo di casa ha immaginato? Ho pensato al mondo della borghesia, quello di Gabriella Crespi, alla Milano bene e un po’ aristofreak di quegli anni. Estraniandomi al contempo da esso. Il mio salotto è accogliente ed è pensato per tutti. Dominato da toni naturali, calmi e caldi, un luogo dove prendere respiro dal mondo esterno. La stanza è stata creata nel gusto tipico di Miami. Boiserie di gesso, borotalco soft. Cosa le trasmettono gli anni 70? Il fermento. Soprattutto per le donne. Penso alle designer che viaggiavano e portavano in Europa influenze esotiche. Nuovi materiali per architetture e arredi. Materie non comuni a quell’epoca. Prima dell’avvento della plastica e in parallelo a essa. A quale oggetto di Welcome! è più legata? Le lampade in pergamena. Sono elementi instabili alti un metro e mezzo e hanno rappresentato per me una battaglia con la gravità. È stata una sfida, ma il risultato è sinuoso, esile. Come quello di un’opera d’arte.
nella foto, un ritratto di Chiara Andreatti (foto di francesca ferrari)
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Cosa la ispira nel momento della definizione di un’idea? Presto molta attenzione a ciò che mi circonda e faccio ricerca sull’arte contemporanea, l’architettura, l’artigianato. Quando viaggio, mi piace la ricerca di nuove estetiche e metodi. Da sempre ho attrazione e curiosità per il nuovo, per la diversità e per ciò che è sbagliato di qualsiasi oggetto, lavorazione o finitura, cercando di concretizzare e archiviare ogni stimolo in una raccolta di immagini iniziata nel 2002 e mai conclusa che riunisce tutto ed è essenziale per i miei progetti. Quale luogo nel mondo ritiene più ricco di spunti e con un orizzonte più fecondo? Non c'è un posto più ricco di un altro. Ma sono da sempre affascinata dalla natura, dalla terra, dalle civiltà primitive che hanno saputo rimanere autentiche, impassibili al progresso, nelle quali l’ingegno nell’utilizzo della materia che proviene dalla terra è ancora molto importante. La natura è un punto essenziale sia nella mia fase di progettazione sia nella mia vita quotidiana, serve a tenere stretto il legame con le nostre origini e a dare un ritmo al nostro tempo. Inoltre, cerco di rapportarmi al progetto e al materiale tenendo come costante l’unione fra artigianato e processo industriale.
Come definirebbe la sua creatività? Un istinto guidato dalla ricerca dello storico e dalla curiosità del nuovo. Qual è stato o sono stati i suoi maestri? Sono molte le personalità che hanno influito sulla mia formazione. In particolare, rimango sempre affascinata dal mondo e dai lavori legati alle artiste/designer donne. Hanno un’abilità e una reattività proprie, inconfondibili. Come Anni Albers e le donne del Bauhaus, da annoverare per la loro sensibilità nel campo del tessile e del bijoux, oppure Louise Bourgeois, capace con il suo lavoro di testimoniare il legame stretto con la memoria. C’è qualche designer del passato con cui avrebbe volentieri collaborato e qualche figura interessante oggi? Christophe Delcourt, Faye Toogood per l’utilizzo di un’estetica eterea e calda e per la grande esperienza sui materiali. Sicuramente poi, parlando di product design puro, i fratelli Bouroullec e Inga Sempè. Nella scena italiana, in fatto di sperimentazione di immagine e ricerca, sono sicuramente da tenere sott'occhio due designer: Valentina Cameranesi e il giovane Guglielmo Poletti.
nelle foto, alcuni ambienti del progetto welcome!, con i dettagli di lampade, tavolo, divano, fioriere e vasi
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Carlo Ratti interview by Arianna Bassi
La sostenibilità ambientale, il regreening e il rapporto contemporaneo tra l’uomo e la natura sono i protagonisti dell’installazione «Living nature. La natura dell’abitare», visibile dal 17 al 25 aprile davanti al Palazzo Reale di Milano. L’ha progettata Carlo Ratti, ingegnere e architetto, fondatore dello studio di design e innovazione CRA-Carlo Ratti Associati (che ha il suo headquarter a Torino e due altre sedi a Londra e New York), nonché professore al Mit di Boston, dove dirige il Senseable city lab. Nello spazio di 500 metri quadrati, concepito con criteri di risparmio energetico, si incontrano quattro microcosmi naturali e climatici che permettono alle quattro stagioni dell’anno di coesistere nello stesso momento, una accanto all’altra, dentro un concetto naturale di armonia e di tolleranza. Com’è nata l’idea di Living nature? Con questo progetto vogliamo esplorare il modo in cui le nuove tecnologie permettono nuove interazioni tra natura e vita urbana. Si tratta di un padiglione-giardino che al suo interno riproduce, uno accanto all’altro, quattro microclimi diversi, uno per ogni stagione dell’anno. Così nell’arco di pochi metri è possibile passare dalla primavera all’autunno, giocare a palle di neve nell’inverno o rilassarsi al caldo d’estate. Un progetto per esplorare
nuove armonie, ma anche affrontare i temi della sostenibilità ambientale e del cambiamento climatico. L’installazione è in collaborazione con Barbara Romer: ci conosciamo da molti anni e proprio da un incontro a Dubai abbiamo iniziato a parlare di questo progetto, partendo da una sua idea. Perché portare questa installazione proprio a Milano durante la Design week? Per la comune volontà con il Salone del mobile di esplorare la relazione tra natura e uomo, con l’obiettivo di rafforzare e coltivare un nuovo dibattito sul design sostenibile nello spazio urbano, compreso l’ambiente domestico. È necessario un riallineamento del rapporto uomo-città e uomo-natura? Il conflitto tra città e campagna è un tema ricorrente, che attraversa la storia del pensiero occidentale dai tempi dei romani fino a oggi, ogni volta con forme e modi diversi. Crediamo che oggi, finalmente, sia possibile ottenere una riconciliazione tra questi due modi fondamentali dell’abitare umano, anche grazie alle nuove tecnologie. Questo è proprio uno degli aspetti che abbiamo voluto provare a esplorare in molti dei nostri progetti: oltre a Living nature, per esempio, nel grattacielo di 280 metri progettato con Big per Capitaland, ora in
nella foto, Carlo Ratti (foto di Lars Kruger)
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costruzione a Singapore. Oppure, sempre a Milano e con Patrick Blanc, il dehors Trussardi in piazza della Scala. Nel XX secolo l’idea prevalente era quella di portare la città verso la campagna. In Inghilterra, Ebenezer Howard coniò il termine «Garden city», e presto molti satelliti di Londra seguirono quel modello. Pochi anni dopo, sull’altro lato dell’Atlantico, Frank Lloyd Wright teorizzò «Broadacre city»: città di ampi spazi in cui la natura regnava sovrana. A molti decenni di distanza ci troviamo all’inizio di un ciclo di urbanizzazione ancora più massiccio. Ecco allora che credo dovremmo trovare soluzioni diverse. Non più la città che conquista la campagna, come nel secolo passato, ma la campagna che ritorna in città. Grazie alle nuove tecnologie, oggi possiamo portare il verde dove prima non c’era, pensiamo per esempio alla coltivazione idroponica o alle tecnologie della rete che sostengono il successo degli spazi di urban farming. Quanto è importante ancora oggi parlare di sostenibilità ed efficienza energetica? Direi che parlare di sostenibilità ed efficienza energetica è essenziale. Con «Living nature» vogliamo suggerire una diversa prospettiva su come affrontare i temi della sostenibilità ambientale e del cambiamento climatico, portando anche nel cuore di Milano uno spazio
nel quale soddisfare il nostro istintivo amore per la natura, quella «biofilia», per dirla con il biologo di Harvard Edward O. Wilson, che ci fa sentire meglio quando siamo immersi tra gli elementi naturali. Il padiglione si propone come progetto pilota relativo alla gestione dei flussi energetici e al controllo del microclima urbano: le celle fotovoltaiche presenti sul tetto trasformano l’energia solare in energia elettrica; quest’ultima a sua volta viene immagazzinata in batterie che a loro volta alimentano i sistemi di controllo della luce solare e della temperatura nelle varie aree stagionali. Quanto sono nevralgici il concetto di controllo del clima e lo spreco di energia a esso correlato? Molto. Facendo sempre riferimento a «Living nature», il progetto punta a controllare i flussi energetici in modo nuovo, per limitare gli sprechi e assicurare il massimo comfort. Come si sa, l’aria condizionata che conosciamo oggi ha almeno due limiti: consuma molta energia ed espelle calore altrove. Il nostro concept è quello di usare il calore espulso e riutilizzarlo. Insomma, un uso circolare delle risorse energetiche partendo da fonti rinnovabili. Esplorare in piccolo oggi una delle grandi sfide della città di domani.
in alto, in senso orario, il Trussardi dehor di piazza della Scala a Milano (foto Pino dell’Aquila), il progetto «Living nature. La natura dell’abitare» in versione outdoor e indoor
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Giulio Cappellini interview by Arianna Bassi
Architetto, designer, art director e difensore del Made in Italy, ma solo se di qualità. Talent scout fin dagli anni 80, devono a lui il successo nomi come Jasper Morrison, Marc Newson e i fratelli Bouroullec. Il Salone del mobile 2018 lo vede protagonista in diverse location: dallo stand in fiera dal titolo Design portraits, allestimento fatto di luce in cui i prodotti sono protagonisti, passando per il negozio di Santa Cecilia in cui viene presentato «Cappellini goes gipsy», un omaggio al nomadismo delle nuove generazioni, fino ad arrivare al «Capellini point» in Porta Nuova, dove vengono svelate le tre etichette create in collaborazione con San Pellegrino. Dopo aver ripreso la direzione artistica del Superstudio più, una delle location più famose e corteggiate del Fuori Salone, ha creato il Superloft, uno spazio di 500 metri quadrati che lui stesso definisce: «Una casa internazionale ma con radici italiane, dove ho voluto far vivere insieme prodotti industriali e artigianali, che a parer mio rappresentano bene l’Italia, che oggi è tecnologia e sartorialità». Il concetto di casa standardizzata è ancora attuale? Il mercato del design oggi è il mondo, quindi va da sé che una casa a Hong Kong sia diversa da una a Milano. Non credo nelle case standardizzate, che sono tutte uguali, le trovo
allegre come potrebbe esserlo una clinica psichiatrica. La contaminazione culturale è molto importante. L’idea dell’immagine unificata nel mondo non crea più sorpresa. Il Made in Italy è sempre un punto di riferimento all’estero? In Italia si fanno delle cose belle e delle cose orrende allo stesso tempo. Io scandalizzo la gente quando dico che non serve andare in Cina per trovare delle copie, si trovano anche qui. Devo però dire che del prodotto italiano nei nuovi mercati viene premiata l’attenzione all’artigianalità e alla sartorialità. Dobbiamo lavorare sulla cura dei dettagli, altrimenti il mondo è pieno di buoni prodotti, non è necessario che si acquistino quelli italiani. La qualità del dettaglio è l’elemento che fa la differenza. La Design week milanese è sempre un punto di riferimento? Sono convinto che anche quest’anno sarà un Salone molto vivace, i segnali ci sono tutti. La gente viene in Italia per vedere le nuove tendenze, per fare business, tocca a noi difendere la qualità. Nel mondo ci sono più Design week che settimane dell’anno, ma il Salone del mobile milanese continua a restare il faro. Abbiamo conquistato un primato che non possiamo permetterci di perdere. A Milano lavoriamo in casa e questo ci rende vincenti.
nella foto, un ritratto di giulio cappellini (foto antonio facco design studio)
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Il volo della farfalla by nicole bottini
Il movimento di un lepidottero. È stato questo il pensiero che ha ispirato il designer e architetto giapponese Naoto Fukasawa quando, con la sua matita, ha creato gli schizzi per Grande Papilio, poltrona disegnata nel 2009 e ormai consacrata tra i pezzi di culto del design contemporaneo. La visione progettuale è proprio quella di una seduta che accoglie con grazia; la grazia, appunto, del movimento di una farfalla in volo, che in latino si chiama papilio. Questa poltrona è disegnata all’interno di un cono rovesciato, ed evidenzia, sia nell’ampiezza della sezione superiore dello schienale sia nella forma sinuosa, il desiderio di accogliere e di offrire la massima comodità a chiunque si sieda. Ed è proprio la funzionalità a ossessionare il designer nipponico, che all’interesse per le forme antepone quello per i comportamenti delle persone: «Volevo che la seduta apparisse confortevole in modo
naturale, che avesse la stessa forma che potrebbe avere il relax se fosse rappresentato da un’immagine». Sono proprio le ali che si protendono ai lati della poltrona che evidenziano ancora di più la sensazione di tranquillità e isolamento che vuole offrire. Il telaio interno è formato da tubolari profilati d’acciaio e i puntali sono in materiale termoplastico. È dotata di un meccanismo che la rende girevole e la mette in contatto a 360° con l’ambiente circostante. Si può anche completare con il pouff abbinato, anch’esso impostato sulla volumetria a tronco di cono rovesciato. Il rivestimento dell’imbottito è sfoderabile, segnato dalla linea verticale della cerniera sul retro dello schienale. Mantenendo poi la sua plasticità, identica alla versione indoor ma con un aspetto più leggero grazie ai materiali, Grande Papilio entra anche nella collezione per esterni.
dall'alto in senso orario, la seduta Grande Papilio e alcuni momenti della produzione della poltrona disegnata nel 2009 da Naoto Fukasawa per B&B Italia
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must-have
seasonal tips safari
Un viaggio fantastico tra proposte ironiche, sicurezze classiche e il virtuosismo delle nuove lavorazioni tecnologiche. by cristiano vitali
a tutta carrara
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nada debs Funquetry shift. Cabinet con ante intarsiate
armani casa Lux. Plaid in lana con frange
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natura morta
movimento classico
primo novecento
Nodus One stroke. Tappeto in lana con decoro-disegno saint louis The spring. Fermacarte in cristallo decorato cassina i maestri Barrel taliesin. Poltroncina in ciliegio
Ichendorf milano Animal farm. Brocche in vetro knindustrie Paesaggi. Servizio in fine bone china
astier de villatte Nuages kamel. Piatto con nuvole
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lasvit Yakisugi. Bicchieri in cristallo con texture legno
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amura Mimesi. Divano rivestito con tessuto ÂŤMuscosÂť
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bd barcelona Dalia. Madia in alluminio lavorato
magic circus China. Applique in ottone e vetro opalino
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new lace
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artek Kiki. Poltrona con tessuto Kvadrat by Raf Simons handvÄrk Tavolo in metallo con piano in marmo nero royal leerdam crystal Orange vases. Omaggi agli 80s
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rubelli casa Greta. Trio coffee table. Design Marco Piva
atelier macramè Poudre. Specchi e supporto in marmo
paradisoterrestre Marcel. Poltrona in tessuto-futurista
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brutalism
gun-soo kim Another stone. Tavolo in pietra e foglia d'oro
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seventies
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il giardino di legno Remix. Sedia in metallo verniciato
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oluce Atollo. Lampada in marmo portoro. Pezzo unico
mareike lienau Tappeto patchwork in lana
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rimadesio Alambra. Madia in alluminio e vetro riflettente
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romantic escape A pochi chilometri da Cannes si erge una delle ville piÚ eleganti di Theoule sur mer. Tra giardini all’italiana, arredamento multiculturale, piscine a sfioro e riferimenti al design anni cinquanta
testo angelo ruggeri foto Michael Zingraf
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foto Michael Zingraf Real Estate, affiliate of Christie’s International Real Estate
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ranquillità e raffinatezza. Sono queste le due parole che descrivono al meglio questa villa situata in collina a Theoule sur Mer, distante circa 15 minuti di auto da Cannes. Davanti a essa il mare e il porto romantico, ricco di piccole barche di pescatori amatoriali, e yacht da grandi e ricche vacanze. La sensazione che si vive quando si entra nel giardino della casa maestosa, costruita a inizio Novecento, è quella di un’eleganza senza tempo, immersa in una proprietà di 2,5 ettari. Una raffinatezza che viaggia nel passato e nel presente, ma che si proietta nel futuro. Un giardino all’italiana, tra erba sempre verde, piante secolari e siepi geometriche che abbracciano tutto il perimetro della proprietà. Ristrutturata recentemente, ma rimasta pressoché invariata rispetto al decennio di costruzione, grazie all’utilizzo di materiali originari dell’epoca e riposizionati ad hoc sulle facciate della casa. Non può mancare la piscina, che si affaccia sugli appezzamenti di giardino fino a raggiungere le onde lievi del mare, accanto al solarium. Il momento più affascinante per apprezzare la villa? Il tramonto. I raggi del sole, infatti, baciano tutte le facciate e riproducendo una luce da film. La casa si sviluppa su tre livelli per ben 1.400 metri quadrati, con otto stanze da letto. Un castello da vacanze per qualche nobile famiglia parigina o del Centro Europa, amante del clima mediterraneo. O semplicemente una residenza invernale per godere di una temperatura più mite rispetto a quella continentale. L’ingresso è un inno alla diversità di culture. Infatti, l’intera villa è arredata mixando stili e visioni diverse: sia in fatto di design, sia in fatto di provenienza. Dall’Oriente all’Occidente. Dalle favole delle Mille e una notte a quelle inventate dai Fratelli Grimm. Come i pouf morbidi e ricoperti in pelle che provengono da un souk marocchino e le lanterne appese alle pareti, ricordi di un viaggio in India. O ancora i tavolini in vetro e ferro battuto, realizzati a mano da esperti artigiani italiani. Il corridoio principale, il cui pavimen-
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In queste pagine, il salotto in stile orientale della villa a theoule sur mer. In apertura, la dimora vista dall'alto
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nelle foto, in alto, un angolo per il relax che affaccia sul giardino, ornato di piante, pouf e lanterne in stile marocchino; sotto, la sala da pranzo dell'abitazione, con mobili in legno antico, percorsa da una moquette a fiori e arricchita da quadri e oggetti provenienti da diverse parti del mondo
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nelle foto, in alto, la veranda che dÀ sul giardino con piscina, avvolta da una coltre di piante rampicanti con un tavolo in pietra per i pranzi all'aperto. Sotto, una veduta panoramica della villa
to è ricoperto da mattonelle lucide declinate in un verde smeraldo, è impreziosito da statue africane. Sulle credenze, realizzate in legno antico, sono presenti lampade esoteriche che illuminano lo spazio al calare della notte, per creare un’atmosfera perfetta per la lettura di un libro, accomodati su una selezione di poltrone di velluto color salvia dal profumo sfacciatamente anni 50. Alle pareti, invece, sono appesi dipinti che richiamano i mondi lontani provenienti dal Continente nero. Poi, finalmente, si giunge al salotto. Un trionfo di luce, dovuto alle numerose finestre che percorrono l’intero perimetro della sala, avvolge l’atmosfera. A terra, moquette floreale. La nuance delle pareti, di un azzurro mare, esalta magnificamente l’arredamento. Uno scrittoio e due statuette dai profili orientali, mobili in legno scuro con ricami in oro, fanno viaggiare la mente direttamente verso il Paese del Sol Levante, tra l’incantevole fioritura dei ciliegi, le antiche lotte tra Samurai e l’amore passionale per le «spose della notte». Proprio come nel film Memorie di una geisha (2005) di Rob Marshall. Così come i quadri appesi e i soprammobili dal profumo esotico. Al centro del salotto, infine, vi è un tavolo in legno intrecciato a mano con sedie in coordinato, che permette, una volta seduti, di godersi il panorama a strapiombo sul mare. Last but not least, la veranda. Un luogo dedito al relax, ricoperto da piante rampicanti, che regala la possibilità di pranzare all’aperto, ammirando il tramonto o la piscina illuminata. Country-style. Su un lato della casa, si arrampica un'antica edera. Intorno alla dimora, invece, si distende un giardino lussureggiante, punteggiato di cespugli di bosso, in cui svettano i cipressi solitari. Una scala in pietra naturale conduce verso una passeggiata privata nel verde, dalla quale si gode una vista aperta verso il golfo di Cannes e, occhi in su, verso le colline.
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tribeca clan l'architetto massimiliano locatelli apre le porte della sua casa di new york. un grande loft dallo spazio modulabile frutto dell’incontro tra l'800 statunitense e le icone del design italiano testo cristina cimato foto christian harder
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nella foto, in primo piano, il tavolo scomponibile lago garda di massimiliano locatelli e le sue sedie ml01, dotate di un meccanismo interno che le trasforma in panchette. nel cubo di vetro, la cucina in acciaio. in apertura, la grande sala con il divano in midollino di franco albini
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veva un solo ordine imprescindibile per il suo agente immobiliare: mai a sud di Canal street. Ed eccolo lì, nella sua casa amata al primo istante, sulla Broadway all'angolo con Franklin Avenue, proprio a sud di Canal street, a Manhattan. Il loft nel cuore di Tribeca dell'architetto Massimiliano Locatelli, fondatore nel 1993 dello studio Cls Architetti a Milano (assieme a Giovanna Cornelio, Annamaria Scevola e Davide Agrati), si trova nel Semel Bernard building, un palazzo storico intitolato a un imprenditore ebreo del commercio tessile e filantropo, che qui aveva la sua fabbrica. La parte produttiva era al piano terreno, dove oggi c'è un locale per gli amanti del buon cibo, Gourmet garage, mentre gli uffici occupavano tutta l'altezza del palazzo. «Appena ci ho messo piede, l'ho subito adorata, e succede sempre così per le case che abito, le scelgo in pochi minuti», ha raccontato il designer in esclusiva a MFL-Magazine For Living. L'abitazione newyorkese, dove trascorre almeno una settimana al mese, è un felice incontro tra l'edificio di inizio secolo, ricco e ornato di marmi, con le proporzioni tipiche di un periodo lontano, le grandi finestre ripetute in sequenza e gli alti soffitti, e un design che affonda le radici nell'Italia degli anni 60 e 70. Questo connubio conduce verso un approccio contemporaneo dell'abitare.
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Cosa le è piaciuto subito di questo loft? Il palazzo porta con sé i segni del passato, ma all'interno è molto luminoso, diversamente da ciò che accade nella maggior parte dei casi a New York, dove ci sono finestre in soli due lati dell'appartamento, con una parte centrale piuttosto buia. Le finestre qui occupano tre lati della casa e la pianta a L permette una privacy altrimenti difficile da ottenere con un quadrato. Quale intervento è stato fatto all'interno? Diciamo che ho buttato giù tutto e ho ricostruito lo spazio in modo flessibile. Una delle modifiche più interessanti è stata quella di chiudere la cucina con una vetrata. In questo modo ho coniugato diverse esigenze, prima di tutto quella estetica di avere uno sguardo privilegiato in una parte della casa mai da nascondere, soprattutto per gli americani. Allo stesso tempo fare di questo fulcro uno spazio a sé, così da non creare troppo disturbo per chi è al lavoro ai fornelli. Ho conservato tutte le modanature originali e riportato in vista ciò che era stato controsoffittato quando l'edificio era occupato dagli uffici. Il cubo di vetro è un contenitore ma anche una cornice. Al suo interno, c'è una cucina industriale in acciaio. Come è composto l'appartamento?
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nella foto, un dettaglio della camera con il letto di gio ponti disegnato per l'hotel parco dei principi di sorrento. alla parete, un'opera di alexander may. nella pagina accanto, uno scorcio della libreria E22 e le poltrone p40 di osvaldo borsani. il tavolino in legno è di george nakashima
C'è uno spazio ampio occupato dal soggiorno, poi ci sono due camere da letto, due bagni e altrettante cabine armadio. Una delle particolarità è legata alla stanza degli ospiti, che non viene usata sempre. Si trova in uno spazio aperto sul salone che, all'occorrenza, può essere chiuso grazie a una parete scorrevole. L'ho immaginata come una grande alcova. Come ha scelto i pezzi che caratterizzano l'interior design? Alcuni li ho disegnati io stesso. Come il tavolo Lago Garda, posto davanti alla cucina, ma già in salotto. È un oggetto che ho disegnato nel 2014 con diversi elementi, commercializzato da Nilufar. È composto e scomposto allo stesso tempo, unito e divisibile. Può arrivare a ospitare fino a 40 persone sedute, come è accaduto durante un Thanksgiving day, ma diventa anche molto intimo, perfetto anche per una cena a due. Il tema della coppia torna anche nelle sedie ML01, un mio progetto del 2015. Hanno una struttura in ferro verniciato nero e un rivestimento in velluto. La loro particolarità è il meccanismo che permette di sfilare e abbassare lo schienale trasformandole in una panchetta con seduta, non più singola, ma doppia. Come ha scelto gli altri arredi? Le lampade a muro L78 sono di Osvaldo Borsani, del 1960, progettate per la decima Trien-
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nale di Milano. Sono sue anche la grande libreria a muro che domina una parte della sala e le poltrone P40, icone del design italiano. Di fronte al ungo divano ci sono alcuni tavolini componibili di Mario Bellini, Gli scacchi, realizzata per C&B Italia/B&B Italia. Il tavolino in legno è di George Nakashima, un abilissimo artigiano e designer che lavora il legno, mentre il divano in midollino è di Franco Albini. Alcuni quadri alle pareti, così come le maschere sul pilastro della sala sono dell'artista Alexander May. L'unico spazio appartato è la sua stanza da letto. Come l'ha personalizzata? Il letto è di Gio Ponti, realizzato per l'hotel Parco dei principi di Sorrento, uno dei primi design hotel del mondo. Quello basta per personalizzare qualsiasi ambiente. Poi c'è un'opera di May. Per il resto è uno spazio molto libero. Nella sala da bagno padronale convivono l'Europa e il nuovo Mondo, l'Italia e la parte più nascosta di New York... Sì, perché ho voluto portare qui una tipicità italiana, ossia il marmo di Carrara, declinato però in modo insolito. È stato ripensato con una forma, quella delle piastrelle, che si ispira alle Metrotiles utilizzate per la subway di New York.
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fantasyland by cristiano vitali
Cambiano i tempi e cambia anche il gioco delle forme e degli stili. Che diventano anticonformisti ma mantengono un occhio di riguardo alla tradizione, Custode della sartorialità classica, eppure rivoluzionaria, nel superare la fisica dei materiali. pronti a essere Torturati, levigati, mescolati tra loro fino all’estenuazione. È il principio dell’inclusione, un atteggiamento che sostiene la convivenza pacifica dei linguaggi: dai localismi fino alle grandi tendenze della decorazione. per dare vita a una proficua ricerca dell’effetto sorpresa
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Fratelli Boffi
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Gothik A, madia in vetro con decorazioni in legno di rovere grigio che riprendono gli stilemi decorativi gotici. Design Ferruccio Laviani
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Marni
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La Vereda, sedia in ferro e plastica intrecciata a mano. Fa parte di un progetto sociale per il miglioramento delle pratiche di adozione e affidamento dell’infanzia
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MM Lampadari
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Leaf, grande chandelier a 12 luci, struttura in ottone, rame satinato e ottone lucido
Meridiani
Plinto, tavolo da pranzo con piano e base in parallelepipedo laccati, accoppiato a una struttura in ottone bronzato
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Cassina
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Beam, grande divano imbottito in poliuretano con basamento in alluminio anodizzato. Design Patricia Urquiola
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GLI INGREDIENTI DELLA CERAMICA ITALIANA CHE FANNO LA DIFFERENZA SONO ROBERTO, GIORDANO, LORETTA E DAVIDE.
CERAMICS OF ITALY. ITALIANS MAKE THE DIFFERENCE. Gli ingredienti della ceramica italiana che fanno la differenza sono gli italiani. Come Roberto, Giordano, Loretta e Davide, che ogni giorno con il loro lavoro contribuiscono a fare della ceramica italiana la migliore del mondo. Solo i più importanti produttori italiani di ceramica - piastrelle, sanitari e stoviglie possono fregiarsi del riconoscimento Ceramics of Italy, garanzia di qualità, design e stile italiano. Per questo chiedi sempre il marchio Ceramics of Italy, sinonimo di eccellenza della ceramica in tutto il mondo.
ceramica.info
Ceramics of Italy, promosso da Confindustria Ceramica - l’Associazione dell’industria ceramica italiana - è il marchio settoriale di Edi.Cer. S.p.A. società organizzatrice di Cersaie (Salone internazionale della ceramica per l’architettura e dell’arredobagno Bologna, 24-28 settembre 2018 - www.cersaie.it).
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Roberto Baciocchi
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Divano con basamento e schienale modulati sulla forma triangolare, rivestimento in velluto a fantasia
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Fucina
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Piatto, coppia di tavolini realizzati con lastre di ferro. Design Sam Hecht e Kim Colin, Industrial Facility
Barovier&Toso
Camparino, lampada da tavolo realizzata com la tecnica del rostrato. Con base in marmo e batteria al litio ricaricabile
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Lasvit
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Neverending glory, sospensioni in vetro soffiato a mano, ispirate agli chandelier di cinque importanti teatri d’opera del mondo
Fendi casa
LouLou, ampia poltrona rotonda con seduta e schienale imbottito. Rivestimento in tessuto e piedini in legno laccato nero
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Fornasetti
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Architettura celeste, mobile contenitore trumeau con decoro applicato composto da architetture di osservazione astronomica su fondo celeste
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artemide
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NH1217, sospensione composta da una sfera in vetro soffiato montata su un anello in ottone che scorre su una barra di metallo. Design Neri&Hu
Cantori
Mondrian art form, grande tavolo con piano in cristallo e base composta da tondini di metallo con finitura in oro
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NUOVE APERTURE
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nuura Blossi, chandelier a otto luci in metallo tinto nordic gold e paralumi realizzati in vetro
fritz hansen Swan, poltroncina con base in alluminio tinto, seduta imbottita e rivestita in pelle
vogels Next OPI, cavalletto per schermo tv con supporti regolabili
zpstudio Anfore, vasi in tre formati e tre colori realizzati in porcellana biscuit
High Society by cristiano vitali. artwork giorgio tentolini
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grupica Tree bookcase, libreria free standing modulare ispirata alla forma di un albero
fratelli boffi Madeleine, divano curvo con piedini in rovere e rivestito dal tessuto DD Artemis
culti milano Welcome oderosae, diffusore per ambienti con midollini naturali per il rilascio della fragranza
borbonese global living Vassoio, tavolino con piano in vetro, base in marmo giallo Siena e struttura in ottone bronzato. Prodotto e distribuito da Zanaboni
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sub-zero
riva 1920
French door, combinato di frigo e freezer con sistema ice maker. Distribuito da Frigo2000
Glass, cambusa jumbo dotata di doppia anta in vetro, zoccolo e cassetti in legno massello
alessi 9091, bollitore in acciaio con fischietto in ottone. Design Richard Sapper
consept Fashion espresso cup Karl, tazzina da caffè in bone china con cameo di Karl Lagerfeld
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baxter
riflessi
Etah, sedia con struttura metallo, seduta e schienale imbottiti rivestiti in pelle
Living, consolle con struttura a gambe inclinate in ottone e piano in ceramica Noir desir
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luceplan Farel, lampada sospesa a cupola fonoassorbente. Design Diego Sferrazza
doimo cucine Vogue, cucina laccata cappuccino, rovere tinto vite ed ecomalta tufo
Zanotta Emil, tavolo da appoggio con struttura e piano in metallo laccato lucido
calligaris Fifties, sedia con base in metallo con seduta e schienale in cuoio
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opera contemporary Dorothy, letto con testata imbottita, impunture e piedi in metallo dorati
bat eye
essential home
Cask, specchio a muro modulare e cornice realizzata in rame
Ivete palm tree lamp, lampada da terra in marmo e in ottone a forma di palma
flexform Helen, chaise longue con struttura in metallo e seduta in cuoio intrecciato. Design Antonio Citterio
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ikea ghidini 1961
Omedelbar, appendiabiti in materiale metallico color oro con supporto per scarpe. Design Bea Ă…kerlund
Trio, lampada da tavolo in ottone satinato. Design Aldo Cibic
poliform Home hotel, mobile contenitore dotato di due ante e due cassetti disponibile in differenti finiture
LIVING DIVANI Ceiba Screen, paravento a cinque cornici e tessuto in lino. Design Luis Arrivillaga
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portego Elemento uno, due, tre, specchio da parete in vetro di Murano della collezione Scena mirrors
radar Odeon, applique in stucco di Parigi ispirato alle decorazioni da soffitto della collezione Haussmann
tato Biba, sospensione con struttura metallica e sfera luminosa in vetro lucido. Design Lorenza Bozzoli
vimar Eikon evo, placca da muro per interruttori in pietra Bianco di Carrara
kreoo antonio lupi
Kora, vasca ricavata da un unico blocco di marmo sollevato da terra grazie a una struttura di metallo
Controverso, lavabo da terra ottenuto da un blocco di marmo fresato. Design Paolo Ulian
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MF Living Focus
Evolving Italian Design Ferroli riscrive le regole di riscaldamento e climatizzazione. Design e ricerca sono i pilastri di una strategia Made in Italy che coniuga efficienza energetica, sostenibilità e usability
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ecnologia e visione sono cardini dello sviluppo di Ferroli Spa. La società italiana con sede a San Bonifacio in provincia di Verona, specializzata nella produzione di impianti clima smart, archivia il 2017 con un fatturato consolidato di 318 milioni e con la redditività che cresce del 50%. Risultati concreti che evidenziano come l’azienda abbia avviato un circolo virtuoso portando le proprie competenze sul core business dei Wall Hung Boilers, che incidono per il 38% delle vendite, e sull’Electrical Storage Water Hetars, che pesano per il 24%. Un percorso nitido, che guarda al futuro e che ha portato Ferroli a diventare punto di riferimento nei sitemi di riscaldamento e climatizzazione anche in Spagna, Romania, Russia, Cina e Vietnam. Con sessanta anni di esperienza, l’azienda guidata dall’amministratore delegato, Maurizio Prete, vede il 2018 con le migliori prospettive e con l’impegno di potenziare il business secondo il claim Evol-
ving Italian Design, che punta ad aumentare eccellenza, qualità e tecnologia nel rispetto del prestigio del Made in Italy nel mondo. Novità, che sono state anticipate in concomitanza con l’ultima edizione di MCE Mostra Convegno Expocomfort 2018, il Salone internazionale delle tecnologie per il riscaldamento e la climatizzazione, con Ferroli che focalizzerà l’impegno dei nove stabilimenti, di cui quattro in Italia, uno in Spagna, tre nell’area del Far East e uno in Bielorussia, su diversi fronti tra cui il potenziamento delle linee di Hot Water Heat Pumps, gli scaldabagno in pompa di calore e di Heating Heat Pumps, le pompe di calore per riscaldamento e climatizzazione. Una road map che porterà a una crescita del 2% nel mercato extra europeo. Nel dettaglio, il piano di sviluppo ha già raggiunto i primi risultati con il lancio della nuova release di BlueHelix Tech RRT, la nuova caldaia che integra la tecnologia gas-adaptive su componenti elettroniche di ultima
generazione. La nuova versione di BlueHelix Tech RRT trasforma l’impianto di riscaldamento in una piattaforma intelligente, in grado di adattarsi automaticamente alla tipologia di gas in rete e di comunicare con l’utente con interfacce più intuitive. Un progetto importante che rientra in una strategia attenta alla social responsibility grazie a un modello che, da un lato, s’impegna ad utilizzare componenti con il minor impatto ambientale come il refrigerante R32 e i bruciatori a ridotte emissioni NOx; dall’altro facendo propri i temi della circular economy, finanziando consorzi per il recupero e il riciclo dei materiali al termine del loro ciclo vitale. Non solo, Ferroli punta anche sul concetto di usability. In previsione di una sempre maggiore attenzione all’ambiente, la società inaugura una nuova direzione di ricerca per lo sviluppo di prodotti ad usabilità intelligente, in grado di profilare l’utilizzo medio dell’utente aumentando l’efficienza energetica e riducendo lo spreco di risorse in anticipo sulle future normative europee per il risparmio idrico. Tra i primi risultati della Ferroli usability c’è la linea di scaldabagni elettrici Smart, capace di portare l’acqua a temperatura evitando sovra-riscaldamenti, miscelazioni e riducendo i costi di gestione per i clienti.
Nell’immagine la nuova release BlueHelix Tech RRT
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story teller
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kitchen experience by sara rezk
Poliform prosegue nel processo di trasformazione della sua brand experience. Da quest’anno, infatti, il marchio Varenna, che nel 1996 è entrato a far parte dell’azienda di arredamento guidata da Aldo e Alberto Spinelli, e Giovanni Anzani, si firmerà a nome Poliform. Il progetto, fortemente voluto dai tre amministratori delegati dell’azienda di Inverigo, ha l’obiettivo di far convergere la struttura aziendale in un unico brand che esprima i valori di un’impresa che guarda al futuro, puntando a trasmettere in modo più efficace i suoi valori. Il passaggio verrà sostenuto nel corso dell’anno da una campagna di comunicazione che spazierà tra canali digitali e carta stampata, a dimostrazione di un legame con la storia passata che si amplia e di uno sguardo sempre attento sulle prospettive future. Come, lo spiega Giovanni Anzani. Da dove nasce l’esigenza di questo cambiamento all’interno dell’azienda? Abbiamo deciso di convergere in un unico brand in grado di esprimere al meglio i valori e le caratteristiche di un’azienda proiettata verso il futuro. Una scelta coraggiosa, parte di una più grande e ambiziosa trasformazione, che contribuirà alla crescita dell’azienda. Un’unica strategia e una visione comune ci porteranno a una comunicazione più efficace, creando
importanti sinergie. Abbiamo individuato nel marchio Poliform il luogo per unire la storia passata e il futuro dell’azienda, in grado di proiettarne quei valori intangibili che ne fanno un punto di riferimento nel mondo del design. Siamo certi che il passaggio ci garantirà grandi vantaggi in termini di copertura del mercato, di migliore allocazione delle risorse interne e di incisività delle campagne a beneficio di tutte le linee produttive. La storia di Poliform è quella di un successo che dura da più di quarant’anni. Qual è il segreto alla base della solidità del marchio? Poliform è stata fondata nel 1970, evoluzione di un’impresa artigiana nata nel 1942. Fin dall’inizio la nostra azienda ha espresso una forte concezione industriale con l’obiettivo di sfruttare appieno le potenzialità di una produzione seriale e ingegnerizzata. Uno degli elementi fondamentali che hanno aiutato la crescita di Poliform sta nell’apporto di prestigiosi designer che hanno collaborato con l’azienda quali Jean-Marie Massaud, Marcel Wanders, Rodolfo Dordoni, Emmanuel Gallina, Paolo Piva e Carlo Colombo. La collezione Poliform è il risultato di un impegno costante nel proporre al grande pubblico la più ampia varietà di scelta per realizzare la propria dimensione domestica. Alla base della qualità di Poliform
nelle foto, il divano componibile bristol disegnato da Jean-Marie Massaud per poliform e giovanni anzani, uno dei tre amministratori delegati dell'azienda
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story teller
c'è un patrimonio di conoscenza del legno che ha le proprie radici nella tradizione artigiana della Brianza, che si rinnova diventando un know-how tecnologico all’avanguardia. Qual è oggi il prodotto di maggior successo dell’azienda? Il prodotto di design che ha segnato la svolta verso il successo e il futuro di Poliform sono stati i sistemi notte. Verso la fine degli anni 80 Paolo Piva ha disegnato per noi l’armadio Io, un progetto che ha rappresentato un vero e proprio studio del concetto del contenimento, composto da moduli richiudibili su se stessi e con attrezzature interne curate nei minimi dettagli. Negli anni questa idea si è evoluta fino a diventare oggi il sistema Senzafine: armadi progettati con una modularità evoluta, in grado di inserirsi in ogni spazio. In che modo avete diversificato negli anni l’offerta per i vostri clienti? La gamma delle nostre proposte ha mantenuto come elemento distintivo lo stretto legame con l’attualità, dimostrando una profonda capacità di cogliere le esigenze e i gusti di un pubblico eterogeneo e internazionale e di anticipare le tendenze dell’abitare. Quanta attenzione prestate alla sostenibilità? La responsabilità sociale è un concetto fondamentale nella nostra filosofia imprenditoriale, una scelta che rispecchia la volontà dell’azienda di rispettare il territorio in cui siamo nati. Un’assunzione di responsabilità che va oltre gli aspetti economici e legali e si fonda sul dialogo instaurato con i diversi interlocutori all’interno della propria comunità di riferimento. Poliform riconosce l’importanza del design sostenibile e ha adottato, nel corso degli anni, un approccio progettuale che fonde innovazione tecnologica e attenzione alle risorse. Quest’anno, in cui le cucine Varenna iniziano a essere firmate a marchio Poliform, la vostra strategia di comunicazione è molto cambiata…
Esatto, nella nuova campagna stampa il lifestyle del brand si muove tra ambientazioni suggestive che raccontano la sua forte corporate identity attraverso un’esperienza che coinvolge le emozioni. Protagoniste le più recenti collezioni living, notte e cucine frutto di una ricerca stilistica e tecnologica in costante evoluzione a conferma del percorso creativo intrapreso dall’azienda che non si limita a proporre esclusivamente soluzioni di arredo di design ma veri e propri stili di vita. Il concept della campagna pubblicitaria, che comunica l'eleganza del lifestyle esclusivo di Poliform, vede come protagonista assoluto il brand ed è frutto della consulenza creativa con Apartamento studios. Contemporanei, ma legati all’heritage di un’azienda che ha una lunga storia. Come riuscite a coniugare le due cose? Ogni progetto, ogni proposta possiedano esigenze funzionali differenziate che sono proprie del nostro Dna: per esempio i sistemi componibili vengono associati alla massima versatilità, gli armadi devono consentire il massimo grado di personalizzazione sia a livello estetico sia di organizzazione degli interni, i complementi non possono prescindere dal design e dalla capacità di incontrare i gusti e i desideri personali. Noi riusciamo a rispondere al meglio a queste richieste associando il valore aggiunto della qualità realizzativa e della perfezione formale al design e alla creatività. Quali sono attualmente i progetti per il futuro di Poliform? Siamo sempre attenti ai nuovi mercati e alle nuove opportunità di business che si presentano in tutto il mondo. La nostra rete di responsabili commerciali è molto dinamica e predisposta alla ricerca di nuovi partner per le aperture di monomarca firmati Poliform o business occasionali legati a progetti di alto rilievo.
in alto, la cucina phoenix di poliform
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The shape of water DECKWell è l’innovativo sistema di copertura che trasforma la piscina in uno spazio abitativo di design
Nelle immagini alcuni esempi di copertura Astrapool
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leganza, sostenibilità e sicurezza. Sono questi i codici distintivi delle coperture per piscina firmate AstraPool. Il marchio, che fa capo alla società spagnola Fluidra, che controlla i marchi come AstraPool, Zodiac, Piscine Laghetto, Cepex, Ctx professional e Gre, da sempre si distingue per la qualità e il design delle sue proposte. Fondata nel 1969, AstraPool da più di quarant’anni è sinonimo di piscina, diventando il marchio di riferimento internazionale per la progettazione, fabbricazione e vendita di prodotti per piscine residenziali, pubbliche e wellness, con aziende produttive e filiali in tutto il mondo. Alla base del successo della società c’è passione e costante interesse nel migliorarsi guardando alla tecnologia, alla sicurezza dei propri clienti e sostenibilità. AstraPool infatti adempie rigorosamente alla Normativa Europea in tema di sicurezza nelle piscine residenziali e pubbliche, mentre è costantemente impegnata per trovare soluzioni green che rispondano alle esigenze attuali di risparmio idrico, efficienza energetica, conservazione dell’acqua e riduzione dell’inquinamento acustico. Con DECKWell, si porta il concetto di copertura automatica in una nuova dimensione ad alto tasso design, evolvendola in una terrazza
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abitabile. Soluzione innovativa, DECKWell è la sintesi perfetta tra estetica e sicurezza dato che è conforme alla normativa francese AFNOR sulla sicurezza in materia di coperture per piscine private, NF-P90-308. Dotata di binari grigio chiaro e deck in legno composito, la copertura DECKWell trasforma lo spazio piscina in una terrazza mobile che si adatta perfettamente all’ambiente circostante: è disponibile nelle finiture miele, antracite o sabbia. Una volta chiusa la piscina, grazie alla maniglia integrata, la terrazza mobile protegge l’acqua da
tutte le impurità esterne e si trasforma in uno spazio abitativo sicuro e confortevole per tutti i membri della famiglia. Realizzata in due o quattro moduli, DECKWell si distingue da altri tipi di coperture anche per essere meno ingombrante e questo la rende ideale anche per i giardini con piscina di ridotte dimensioni. DECKWell si aggiunge all’apia gamma di coperture per piscina Made in AstraPool. Un’offerta di qualità che spazia da soluzioni automatiche in doghe in PVC vuoto estruso, con sei finiture differenti trattate anti macchia, anti urto, anti UV e per resistere all’azione di prodotti chimici e al peso di bambini e animali; a quelle sommerse ideali per piscine di nuova costruzione con le referenze ROUSSILLON, CERET e CONFLENT, qui il motore è posizionato in un vano interrato annesso alla piscina e sia il rullo avvolgitore che la copertura sono all’interno e si integrano perfettamente con l’ambiente circostante. Non mancano poi le proposte di coperture esterne, con i modelli N-CARLIT, NARBONNE e BAHIA, che sono la scelta perfetta per la ristrutturazione della piscina. AstroPool permette di configurare la propria copertura automatica, collegandosi al sito www.astrapool.it, grazie all’esclusivo configuratore.
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addresses
il quotidiano dei mercati finanziari
Direttore ed Editore Paolo Panerai Direttore ed Editore Associato Gabriele Capolino
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Magazine For Living
Caporedattore Stefano Roncato (sroncato@class.it) Caposervizio Chiara Bottoni (cbottoni@class.it)
Grafica Valentina Gigante (vgigante@class.it) Hanno collaborato Cristina Cimato, Federica Camurati, Sara Rezk, Arianna Bassi, Nicole Bottini, Chiara Chiapparoli, Barbara Rodeschini, Angelo Ruggeri, Cristiano Vitali, Margot Zanni foto
Marshall Blecher and Foxtrot, Santi Caleca, Massimo Gardone De Castelli, Gebhart De Koekkoek, Didier Delmas, Tommaso Gesuato, Fabrizio Gugenheim, Pino Dell'Aquila, Sylvain Deleu, Annica Eklund, Giovanni Gastel, Christian Harder, Hufton+Crow, Lars Kruger, Rod Lewis, Delfino Sisto Legnani, Sara Magni, Augusto Maurandi, Simon, Beppe Raso, Michael Zingraf
Presidente Giorgio Luigi Guatri Vice Presidente e Amministratore Delegato Paolo Panerai Vice Presidenti Pierluigi Magnaschi, Luca Panerai Consigliere Delegato Gabriele Capolino Consigliere per le Strategie e lo Sviluppo Angelo Sajeva Consigliere (Chief Luxury Coordinator) Mariangela Bonatto Concessionaria Pubblicità Class Pubblicità spa Direzione Generale: Milano, via Burigozzo 8 - tel. 02 58219522 Sede legale e amministrativa: Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 Sede di Roma: via Cristoforo Colombo 456 - tel. 06 69760887 - fax 06 59465500 Presidente, Angelo Sajeva Vice Presidenti, Mariangela Bonatto, Andrea Salvati, Gianalberto Zapponini Vice Direttore Generale Stampa e Web, Business, Stefano Maggini Vice Direttore Generale TV e TelesiaTv, Consumer, Giovanni Russo Per Informazioni Commerciali: mprestileo@class.it Class Editori spa Direzione e Redazione 20122 Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 - fax 02 58317429 Amministrazione e abbonamenti: 20122 Milano, via Burigozzo 5 tel. 02 58219285 - 02 5821929 - fax 02 58317622 Registrazione al Tribunale di Milano n. 210 del 19/4/86 Distribuzione Italia: Erinne srl - via Burigozzo 5, 20122 Milano - tel. 02 58219.1 Responsabile Dati Personali Class Editori spa, via Burigozzo 5, 20122 Milano Stampa: G. Canale & C. S.p.A. viale Liguria 24, 10071 Borgaro (To) Supplemento a MF - Spedizione in a.p. 45%, articolo 2, comma 20/b, legge 662/96 - Filiale di Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 266 del 14/4/89 Direttore responsabile Paolo Panerai
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