MATURIPERL’AFRICA READY4AFRICA Sabato 23 LUGLIO 2011
HAP LEO
A TU KO + -MA JOR
Una giornata da leoni
In matatu Alla scoperta della savana Pagina 2
Preservativi negli slums L’Africa che fa discutere Pagina 4
A caccia di attrezzi Nessuna tenaglia sulla Ngong Road Pagina 5
Sabato di festa Amici in visita e discoteca nel refettorio Pagina 6
Ready4AfricaNews - ANNO III, N.7
NEWS ANNO III N.7
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In matatu ALLA SCOPERTA DELLA SAVANA
Dopo la doccia di ieri oggi è tempo di sbollire, di riequilibrare, di natura. E’ sabato e la tabella di marcia prevede la visita al Parco Nazionale di Nairobi, una distesa di circa 120 kmq nella parte sud della città. Partenza ore 8.00 con matatu della HIS, Aloise è l’autista che si scarrozza e ci pare fin dall’inizio molto disponibile. Si preparano sei sfilatini del solito calibro a formaggio e prosciutto, bottiglie varie d’acqua, banane e mele, poi una sgridata a Tommaso e Andrea che fanno tardi dopo aver lavato i piatti, e via. Discussione amichevole in matatu fra il Venti e la Beacco sugli stili educativi reciproci e via, to the wild life. Si arriva in dieci minuti, poco più, ma a questo punto si tratta di capire cosa vedere. Indagine preliminare presso gli sportelli e si presentano disponibili tre cose: safari vero e proprio ero 35 cadauno, passeggiata di due km e mezzo euro 15, visita all’Orphanage, cioè a una specie di zoo per animali abbandonati euro 10. Democratica votazione in pullman dopo varie dichiarazioni di voto e si opta per il safari vero e proprio: siamo o non siamo in Africa? Si entra dopo una trafila africana di documenti per cui anche dopo aver pagato qualcun altro ricontrolla numeri e soldi per l’ennesima volta. Finalmente si è dentro. La prima mezz’ora è
desolante e temo il peggio:neanche un animale a pagarlo oro, neanche uno striminzito facocero o una scimmiotta smarrita. Unico punto di interesse il luogo in cui il presidente Omo Kenyatta ha bruciato tonnellate di zanne di elefanti sottratte ai bracconieri, azione clamorosa e costosissima che ha attirato l’attenzione del mondo su questo scandalo. Solo ieri sul giornale leggero notizia di una azione simile fatta al presidente in carica Odinga con avorio sudafricano sottratto a bracconieri in India. Poi all’improvviso si comincia da dove di solito si finisce. Mentre il matatu va in una delle tante stradicciole in terra, sconnesse e scassate quanto basta a mettere a dura prova le sospensioni, eccolo lì. Simba, il leone, il re. Viene verso di noi, un maschio, cammina nel bordo della strada caracollando stanco senza degnarci di uno sguardo. Procediamo lentissimi, si sfiora e si perde in mezzo all’erba secca, il tempo per qualcuno di fare una
fotografia. Re mi pare una parola grossa nel senso che il tipo mi pareva un po’ vecchio e disincantato ma leone era leone e la sua bella criniera da maschio ce l’aveva. Wow, si comincia bene. Le battute scettiche della corriera si perdono nell’aria tersa e comincia la caccia vera e propri, più convinti e attenti. Ed eccoli, uno alla volta nella pianura che a tratti si apre in grandi distese a tratti si nasconde fra macchie di alberi, ovunque punteggiata da acacie spinose e cespugli secchi. Prima degli impala , delle gazzelle, poi tre giraffe. Sono lontane, ciondolano il collo guardandoci perplesse, poi lentamente si avvicinano e attraversano la strada davanti a noi, quanto basta per consentirci una valanga di HAP LEO
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fotografie, anche ravvicinate. Difficile destreggiarsi fra le stradine del parco e in mezzo a sterrati degni di un rally ma mettiamo a fare da copilota Daniele e arriviamo dove serve. Ancora giraffe, gazzelle, qualche struzzo pettoruto, uccelli coloratissimi in questo paesaggio bizzarro: qui natura selvaggia come doveva essere da sempre, fatta di erba e sassi e terra rossa, là sullo sfondo, a quattro cinque chilometri di distanza le quinte della città di Nairobi. Eccoci dopo un po’ di giri ad un primo punto di osservazione, un belvedere con posto picnic da cui scorgiamo persi in mezzo alla pianura dei branchi di impala pigri sotto il sole. Il tempo di una mezza mela e via. Altri giri, altri avvistamenti ad un bel ritmo, poi ci prendiamo l’abitudine e avvistare una giraffa diventa quasi normale. Ma il parco riserva qualche altro bel momento degno di nota. Attorno a mezzogiorno sosta al Leopard Point, sul fianco di una collina da cui si scorge in basso il letto di un fiumiciattolo, con un po’ d’acqua ma qualche ramo secco. E i leopardi ci sono, fra i sassi del greto, corrono a nascondersi ma non ci temono: la distanza che ci permette di vederli rende contemporaneamente difficile cogliere dettagli e per noi restano poco più che macchie veloci, guizzi furtivi di un felino fra le rocce. Ma l’incontro è affascinante, per quasi tutti il primo incontro con questo animale piuttosto raro anche nei parchi. Rifletto sul fatto che la vallata che ammiriamo sotto di noi ha più o meno le dimensioni della baraccopoli vista ieri: ma nessuno spettacolo potrebbe essere più diverso, in questa opposizione fra natura e storia, pieno e vuoto, caos e silenzio. Aperto e chiuso. Le baguette qui hanno la sorte che meritano, in onore di leone e leopardi, poi sosta di mezz’oretta. Chissà perché la visita alla baraccopoli si traduce tutte le volte per me in un momento di crisi, di confronto sulle cose della vita, a volte perfino con asprezza. O meglio lo so bene. In questo caso per fortuna ci imbarchiamo fra me Daniele e la Tamara in una discussione dai toni apocalittici ed esistenziali, dura
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ma fra amici. Ne usciamo abbastanza indenni ma la cosa incredibile è che ci troviamo qui, quasi all’equatore, in mezzo alla natura più natura a discutere di noi. O magari è la cosa più normale. Ripartiamo e dopo qualche chilometro ci aspetta uno spettacolo altrettanto bello. Una pozza d’acqua, neanche grandissima, poco distante alcune giraffe. Ci fermiamo con il matatu, le giraffe stanno lontane, timide e ci guardano. Sono più di cento, adesso che vediamo meglio, e decidiamo di sederci sulle pietre a una ventina di metri dall’acqua per vedere se verranno a bere: sulle rive ci sono le loro impronte segno che quella per loro è la meta normale. Passano lunghi minuti, noi stiamo immobili e in silenzio. Prima si avvicina un gruppo di quattro, la prima in avanscoperta, poi si accostano altre dieci, venti, una fa un paio di passi avanti, un’altra la imita e dopo una decina di minuti finalmente la più assetata mette il piede in acqua a una cinquantina di metri da noi. Entra la seconda e in un attimo entrano tutte. Devono, si bagnano e per un po’ è tutto un dibattersi di zampe e di acqua. Finchè un matatu maleducato arriva sulla scena, passa vicino a noi e le mette in futa. E’ un mezzo del parco che ci rimprovera anche perché non si potrebbe di fatto scendere dal proprio mezzo. Ripartiamo carichi di natura e di scatti, un altro po’ di giri e sono passate le due: ci dirigiamo verso l’uscita dove ci aspetta un altra piccola sorpresa. Un branco di babbuini sta in mezzo alla strada, abbastanza lontani e timorosi. Scendiamo per fare qualche fotografia, ormai siamo su un tratto asfaltato e manca poco al gate. Proviamo a lanciare qualche banana che ci siamo portati dietro e lo spettacolo diventa improvvisamente divertente: la scimmia più coraggiosa corre a recuperare il boccone, lo mangia senza nemmeno sbucciarlo e scappa nel bosco. Un adulto prepotente insegue un giovane che si è rubato il suo pezzo, qualcuno prende il coraggio per venirci più vicino. Ma arrivano altri, il tempo è poco e lasciamo in cugini minori alle loro faccende per ritirarci a fare le nostre. HAP
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Preservativi negli slums L’AFRICA CHE FA DISCUTERE Il nostro viaggio come gli altri è occasione per discutere, per infiammarci. E’ come se vedere le cose nella loro realtà ti costringesse a riportare a galla vecchie questioni che la vita normale ti aveva costretto ad anestetizzare, a chiudere in un cassetto . Il viaggio di ritorno dal Parco scoppia la questione preservativi. Una infelice osservazione del Venti scatena il finimondo. Di fatto nell’immondizia di Mathare avevo osservato un solo preservativo e mi era venuto alla mente la posizione della Chiesa in merito all’uso di metodo contraccettivi e preventivi, una dichiarazione di qualche anno fa di Benedetto XVI. Ho fatto due più due e la discussione è partita. E’ la prima di una serie che mi aspetto nei giorni prossimi, anzi a pensarci bene già ieri sera a cena avevamo finito per punzecchiarci malamente nel gruppo dei furlans irritando Claudia e irritandoci fra noi. Niente di male, succederà ben di peggio nei giorni a venire ma è incredibile osservare come la tensione segua un regime
quasi matematico, come l’incontro con certe realtà più reali delle altre porti a galla nodi e provochi sconti diretti. Con Luca Marchina di Karibu avevo avuto uno scambio di Email su concezioni non ben allineate in merito al fare volontariato (ma a tu per tu ho chiarito proprio ieri), con la Claudia abbiamo questionato per un’ora di preservativi sì preservativi no negli slums per difendere dalla diffusione dell’HIV, con Carlo finirò per litigare stasera su certe modalità particolari della nostra missione. Chi sarà il prossimo? Niente di male, quando si litiga in mezzo alle cose le cose stesse ti forniscono l’antidoto e pur nelle differenze evidenti ti accomuna un fine comune che è di gran lunga superiore. C’è chi è più teorico, chi più operativo, chi più stanco chi meno, a chi interessa una cosa a chi no. Chiaro. Ma sappiate che venite in Africa dovete prepararvi a litigare. Non saranno i discorsi di Benedetto XVI, magari saranno le noccioline americane ma questo paese non ti lascia in pace
HAP
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A caccia di attrezzi NESSUNA TENAGLIA SULLA NGONG ROAD
Usciti dal parco scatta un safari diverso. Col matatu ci facciamo portare sulla Ngong Road a cercare attrezzi che ci servono lunedì per lavorare in baraccopoli. Una pala, un piccone, un rastrello per spianare il terreno e costruire un campetto di calcio, seghe, tenaglia, chiodi per costruire i banchi che ci hanno chiesto. Meraviglioso, siamo proprio in mezzo alla sequela di artigiani che lavorano lungo lo stradone, saldatori, falegnami, artigiani anche noi a caccia dei nostri attrezzi. Il primo baracchino di Hardware, così recita l’insegna, ci dota di pala, piccone ma non conoscono la tenaglia e di seghe ad arco neanche a parlare. Daniele caccia il suo block notes, disegniamo tenaglie e seghe ma non c’è verso. Neanche al secondo, venti metri più in là, neanche al terzo e al quarto che si intervallano a distanze regolari.
Intanto la comitiva sul pullman si sta scocciando, credo, anche perché abbiamo degli orari per preparare la cena alle bambine e agli ospiti che devono venire. Tentiamo un quarto ma ci vorrebbe rifilare dei morsetti da saldatrice che con le tenaglie c’entrano come cavoli a merenda. In compenso compriamo due borse di Sabbia che a Daniele servono per cementare una vasca alle suore. Ormai sono scatenato e vado sicuro con cinquanta centesimi anche se il tipo ne pretenderebbe duecento. Stessa sorte per uno spezzone di ferro che trovo fra un’officina e l’altra e che mi servirà per fare dei riduttori per il fornello delle suore. Lo dico perchè fra questa gente che lavora, che si ingegna, che buca, sega, batte, salda mi trovo bene. Anche se a dire il vero potrebbero ben tenere una tenaglia e una sega come si deve!!
HAP
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Sabato di festa AMICI IN VISITA E DISCOTECA NEL REFETTORIO
Siamo a casa alle cinque e mezza, carichi di martelli e sacchi di ghiaia. Il tempo di scaricare, comincia a piovere ciascuno si ritira per riposarsi e darsi una lavata. Ma ecco che arrivano gli amici della HIS,Violette con marito e figli. Li accolgo alla porta, chiamo Carlo e li lascio a parlare nel refettorio. Si scambiano email dal tempo della nostra prima calata africana, è rimasto un rapporto particolare con la Nella e con la Silva e le cose da raccontarsi sono tante. Intanto vado di là perché stasera è cena collettiva e Tamara con Daniele e un gruppetto di ragazze si stanno smazzando alla grande per una mega pasta al forno. Ricetta di Carlo: pasta gratinata al forno, in salsa di pomodoro con gratinatura lieve e filo d’olio finale. Una delizia ma le dosi da settanta pongono qualche problema e io ovviamente sbaglio le dosi del sale lasciando il tutto leggermente insipido. Tamara si produce in numeri di alta cucina francese coadiuvata da almeno quattro apprendiste cuoche neodiplomate. Il Daniele affetta cavoli cappucci come se non avesse fatto altro nella sua vita e di là si sta apparecchiando che neanche per una festa di matrimonio. Suor <Anastasia tira fuori per l’occasione il servizio buono con piati in plastica nuovi, tavolo d’onore per noi e gli ospiti. Non ho molta voglia di convenevoli e spudoratamente lascio a Carlo questa in incombenza. Allo scadere di un’ora però il Costa si incazza e mi richiama ai miei doveri istituzionali che,
eufemisticamente parlando, assolvo piuttosto malvolentieri. Mi assido e mogio mogio, obtorto collo, consumo il mio desinare al tavolo degli ospiti anche se preferirei essere in cucina a smanettare. Infatti scappo quasi subito ma alla fine tocca ritirarsi a ragionare di soldi, partenariato, finanziamenti, progetti. La cosa ha qualche aspetto imbarazzante ma deve ammettere che è una pillola indispensabile. Mettiamo a fuoco alcune cose importanti che ci serviranno per i prossimi incontri con il preside della HIS. Poi è il momento dei regali, per noi e per gli amici che sono rimasti in Italia. Hanno una collanina per ogni studente, un bracciale per me e Carlo, una collana per Claudia e Tamara. Per la cultura africana l’ospite va onorato con qualcosa di prodotto con le proprie mani e queste cose le ha fatte proprio lei. Ha anche una borsa di dolci che ci sbaferemo domani. Alle nove ci salutano, in tempo per tenere un’ultima riunione collettiva, litigare ancora un po’ e pianificare la giornata di domani. Oggi si è pagato un po’ lo stress di ieri e il safari ha solo smorzato
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e ritardato un po’ l’effetto di detonazione. Ma domani mattina tutto tornerà nei suoi binari e l’avventura ripartirà senza problemi. La cena è andata alla grande, pasta gratinata, insalata di cappucci pomodori e carote, per concludere perfino salame al cioccolato preparato con le manine sante delle nostre meravigliose allieve. Poi Carlo accende un miniimpianto di luci psichedeliche che qualche ospite avrà regalato alle bimbe, loro mettono su musica in totale autonomia come fanno sempre e nel refettorio si scatena un pandemonio di balli afro-italiani da non credere. Allegria contagiosa, e uno si chiede come facciano a essere così vive e belle in questo diavolo di miseria e di disperazione che noi sentiamo. Eppure è così e non possiamo che restare ammirati. La bilancia che ieri gli slum hanno messo in crisi ritrova un po’ di equilibrio in queste danze: l’Africa toglie, l’Africa dà, devi solo aspettare.
Istantanee
REDAZIONE: JOLANDA BARRA ANNA BATTISTELLA CLAUDIA BEACCO SILVIA BURIOLLA PAOLO VENTI CARLO COSTANTINO EDOARDO PICCININ ANDREA SANTIN ALESSANDRO GIACINTA TOMMASO MARTIN VALERIA DE GOTTARDO MARTA GREGO MARTINA DE FILIPPO ANNALISA SCANDURRA CHIARA VENA GIULIA LORENZON ANGELA BRAVO TAMARA NASSUTTI DANIELE MARCUZZI
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23 Luglio 2011
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