i quaderni di MOdiSCA 1 COMUNITA’ MONTANA LARIO ORIENTALE
Mostra Fotografica dal 25 ottobre 2008 Villa Vasena-Ronchetti Sala al Barro - Galbiate
Mary e Vittorio Varale dalle Dolomiti alla Grigna
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N. 43 E’ una collana editoriale della Comunità Montana del Lario Orientale
Hanno partecipato alla realizzazione di questo catalogo:
COMUNE DI BELLUNO BIBLIOTECA CIVICA DI BELLUNO Cesare Perego, Alberto Benini, Sabrina Bonaiti, Ferruccio Ferrario, Paolo Tentori, Giovanni Grazioli, Francesco Comba
Con il patrocinio di
COMUNE DI BELLUNO
con il contributo di:
PENSA COSTRUZIONE E ASFALTI s.r.l. via Privata dei Bravi, 8 23868 Valmadrera (lc) Tel. 0341.581096 Mail: info@gruppopensa.it
Fanno parte del gruppo di lavoro di MOdiSCA (Montagne di Scatti) Cesare Perego (rapporti istituzionali e associazioni) Sabrina Bonaiti (acquisizione interviste, raccolta materiale documentario e fotografico) Mirella Tenderini (raccolta materiale documentario e fotografico) Greta Valnegri (coordinatrice del progetto) Alberto Benini (acquisizione interviste, raccolta materiale documentario e fotografico) Alberto Berti (responsabile portale e protocolli biblioteca digitale) Carlo Caccia (acquisizione interviste, raccolta materiale documentario e fotografico) Ferruccio Ferrario (acquisizione interviste, raccolta materiale documentario e fotografico) Renato Frigerio (raccolta materiale documentario e fotografico) Ruggero Meles (acquisizione interviste, raccolta materiale documentario e fotografico) Giorgio Spreafico (acquisizione pagine storiche giornale “La Provincia”, raccolta materiale documentario e fotografico) Paolo Tentori (responsabile buone pratiche digitalizzazione, registro metadati e protocolli biblioteca digitale) Questo quaderno è dedicato alla memoria di Daniele Chiappa ideatore e primo coordinatore di MOdiSCA
COMUNITA’ MONTANA LARIO ORIENTALE
Comunità Montana del Lario Orientale via Pedro Vasena 4 - SALA AL BARRO DI GALBIATE Tel. 0341240724 Mail:larioest@tin.it http://www.cmlarioorientale.it 2
Montagne di Scatti (MOdiSCA) è aperto alla collaborazione di associazioni, gruppi sportivi, privati che vogliano condividere il loro materiale documentario (foto, filmati, documenti, letteratura alpinistica) per la messa in rete secondo il diritto d’autore delle Creative Commons. Attualmente (ottobre 2008) il patrimonio acquisito è di circa 10.000 foto, 30 filmati storici, 12.000 scansioni da riviste e libri storici, 20 interviste filmate a personaggi dell’alpinismo lombardo, basi di dati e 500 pagine di cronaca alpinistica.
Dove non diversamente specificato, le immagini appartengono al Fondo Varale. In copertina e retro: due immagini di Mary Varale scattate nel 1933
Nasce il Progetto MOdiSCA di Cesare Perego (Presidente Comunità Montana del Lario Orientale)
Ci sono immagini che ti inseguono, che ti porti dietro anche senza averlo deciso, istantanee del passato forse rimaste nel primo cassetto perché per un niente riaffiorano, e sono così nitide che quando le guardi è come se un altro te stesso all’improvviso ti camminasse a fianco, con le mani affondate in tasca, e si mettesse a raccontare sapendo bene da che parte cominciare. Ti ricordi? Si, mi ricordo. In quei momenti smetti di essere quel che sei: ridiventi quel che eri, fai misteriosi viaggi nel tempo, li fai alla velocità della luce e quando torni, torni portando con te emozioni ancora capaci di darti un brivido. Giorgio Spreafico (dalla prefazione a Nell’ombra della luna)
Nell’accumularsi recente di nuova edilizia che ha riempito i vuoti, grandi e piccoli, lasciati dalle fabbriche, al cui interno si sono inconsapevolmente allenate alla forza e alla destrezza generazioni di alpinisti, se ne è andato da non molto, a Lecco, uno dei capolavori di architettura spontanea venuta su per addizioni successive, intanto che la forza motrice integrava e poi sostituiva quella dell’acqua, magistralmente ritratto negli anni novanta da Alessandro Papetti in uno dei suoi Interni di fabbrica. Sarebbe stato il luogo ideale per una struttura che contenesse insieme una palestra di arrampicata, il museo della montagna e dell’industria lecchese. Certo ci sarebbe voluta una mente architettonica provvista di talento visionario per incastrare, in quel dedalo di scale di ferro, il percorso museale, che poi avrebbe potuto continuare all’esterno, lungo la valle del Gerenzone, fra vecchie chiuse e vecchie captazioni, raggiungendo l’inizio della Val Calolden, il sentiero che tutti percorrevano per arrivare in Grigna. Se la gente di questa terra ha una peculiarità, è quella di aver intrecciato lavoro in fabbrica e attività alpinistica, cercando di recuperare insieme quell’abilità di contadini di pendenza che veniva dalle generazioni pre-industriali.
Davvero questo percorso sarebbe stato il tributo più bello a questa memoria unica e irripetibile. Come lo sarebbe, implicitamente, ad un sistema produttivo sviluppatosi in una quantità incredibile di aziende grandi e piccole, queste ultime poco studiate nella loro specificità. E se oggi la Comunità Montana del Lario Orientale, dopo aver realizzato la palestra d’arrampicata di via Carlo Mauri a Lecco, dopo aver restaurato le antiche miniere ai Piani Resinelli trasformandole in un parco minerario, creato il museo della cultura contadina a San Tomaso di Valmadrera e aver dato un senso a molte testimonianze che segnano le montagne del Lario, ha avviato un progetto per mettere in linea le immagini e le voci dei grandi e meno grandi alpinisti del passato, forse è giunto il momento in cui rendersi definitivamente conto che la terra del ferro, per salvare la sua memoria, deve affidarsi a strumenti che nulla hanno della concretezza che ne ha formato il carattere e scritta la storia. Questo catalogo della mostra fotografica dedicata a Mary Varale, realizzata dal Comune di Belluno e in questi giorni ospitata nella nostra sede, dà il via, nella logica di collaborazione fra diversi soggetti, a Montagne di Scatti- Centro Documentazione sull’Alpinismo e la Montagna lecchese, un progetto che trova riscontro nelle scelte perseguite nei vari documenti programmatici della nostra Comunità Montana e che si pone l’obiettivo di conoscere, promuovere, salvaguardare, valorizzare il patrimonio di carattere storico, culturale, sportivo, economico sociale, diffuso su tutto il territorio e che trova nelle Grigne il suo territorio di elezione. Questo progetto nasce per lo sviluppo della montagna vissuta, scalata e da promuovere. La sua attenzione si concentra sui temi della montagna e dell’alpinismo nella terra lariana e sul’alpinismo lecchese nel mondo. La cooperazione interistituzionale rappresenta uno dei suoi elementi determinanti e la sua riuscita avrà indubbi riflessi anche sull’economia del territorio, a cominciare dagli aspetti turistici. La Regione Lombardia con la Provincia di Lecco e la Città di Lecco, seguono con attenzione il nostro lavoro nella consapevolezza che questa nuova impresa lecchese non fallirà, ne possiamo essere certi, visto l’entusiasmo e la collaborazione che abbiamo incontrato in questi primi mesi di lavoro, da parte di privati e associazioni che operano alla raccolta e alla catalogazione del materiale messoci a disposizione. 3
Mi preme sottolineare che MOdiSCA nasce con l’intento preciso di diventare patrimonio collettivo e testimonianza della nostra storia. Tutti sono invitati a collaborare, diventando protagonisti di questa “cordata virtuale”. Da parte mia nutro per Daniele Chiappa, ideatore e primo coordinatore di MOdiSCA, che ci ha lasciati prima di giungere a vedere i frutti del suo entusiasta e tenace lavoro, una grande riconoscenza personale e istituzionale che mi impegna a dare concretezza alla sua memoria. Custodisco gelosamente il suo libro Nell’ombra della luna: storie di soccorso alpino con la dedica che mi ha scritto in quella che è stata la sua ultima Epifania, con l’impegno che diventasse patrimonio di MOdiSCA: Epifania 2008, Al carissimo Cesare, in un prezioso “passaggio storico” da “uomini arditi”, di grande passione, in ambienti straordinari. A te che sei rimasto l’unica “boa di salvataggio” di questo lavoro sull’Alpinismo Lecchese. Con stima, affetto e simpatia. Daniele Chiappa (Ciapìn) Questo primo quaderno di MOdiSCA, parte integrante della collana editoriale Natura e Storia della Comunità Montana del Lario Orientale, non può dunque che essere dedicato alla memoria di Daniele, in riconoscenza per il lungo, oscuro lavoro di progettazione, per aver saputo tessere quella rete di rapporti che ci hanno permesso di entrare in possesso di molto materiale e di avviare questo enorme lavoro che ci vedrà impegnati anche per il futuro in suo ricordo.
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A sinistra: Mary e Vittorio Varale, a passeggio per Bordighera nel 1942 A destra: Mary Varale in manovre di corda, 1933
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Gli alpinisti lecchesi e Mary di Sabrina Bonaiti e Alberto Benini
L’arrampicata nel lecchese nasce per merito di Giovanni Gandini e del gruppo legato alla sezione lecchese dell’Associazione Proletaria Escursionisti che nel 1926 scalò, nei meandri della Grignetta, una minuscola ed elegantissima guglia. L’associazione, che portava iscritto nel suo nome la sua condanna, fu sciolta di lì a breve in occasione delle prime leggi speciali fasciste. Ma la dedica alla sarta Giulia Resta, eccellente arrampicatrice anche lei, rimane come un omaggio in codice ad una fede politica che molti nel gruppo conservarono durante gli anni del Fascismo. Lo attestano l’arresto di Giulia e di suo marito Pino Riva, nel 1938 per aver tentato di favorire l’espatrio di un ricercato politico e la morte nelle file della Resistenza di un altro componente del gruppo, Pierino Vitali (Terramatta) il cui nome è legato a un piccola caratteristica guglia della Val Tesa. Anche Gandini stesso, malgrado l’adesione di facciata al regime, doveva essere ben poco allineato, se fu fra i sospettati (con relativo corredo di botte e torture) di un attentato in cui restò uccisa la moglie di un gerarca fascista. A ogni modo il fatto è che nel 1926 a Lecco un alpinismo esisteva e poteva competere con quello dei milanesi. Dunque i membri del Dopolavoro Nuova Italia (Cassin e Boga in testa) si misero in gara con un gruppo preesistente. Il clima di competizione appare evidente se si pone caso al fatto che fu Dell’Oro (Boga) con G.B. Villa e Mario Villa nell’agosto del 1930 ad aprire la prima via nuova (come precisato, pur nella disattenzione generale su nomi e date, da Giancarlo Mauri) proprio sulla Punta Giulia, attribuendole il nome del dopolavoro che raccoglieva questi alpinisti autodidatti alle prime armi. E se il nome di Riccardo Cassin è poi passato a rappresentare tutto l’alpinismo lecchese, la sua grande rilevanza non deve far dimenticare i nomi del Boga, di Vittorio Panzeri (Cagiada) , di Luigi Pozzi (Bastianel), tutta gente che possedeva fiuto dell’itinerario e talento realizzativo straordinari e che, per una somma di cause, non trovò modo che episodicamente di provarsi sulle grandi pareti. Mentre la cordata composta da Vittorio Ratti e Gigi Vitali, sfuggì questo destino di (semi)oscurità grazie alle magnifiche prove sulla Su Alto e sulla Noire. UN ALPINISMO AL FEMMINILE Una menzione particolare, al di là di un mero riconoscimento di facciata, spetta alle molte donne 6
Elisa, Rosalba, Angelina, Cecilia, Costanza, Teresita, Marinella, Graziella, Clara, Giulia - il cui nome rimarrà per sempre legato ai rifugi, alle torri e alle vie aperte dai loro compagni o mariti. Così come vanno ricordate le alpiniste che firmano in Grigna alcune prime ascensioni, come Andreina Panigalli (compagna di Gandini e in seguito di Dones e Basilli) e Fanny Guzzi che fece cordata con Gino Carugati su diverse vie nuove. Nomi che preparano l’entrata in scena di Maria Gennaro, all’anagrafe alpinistica registrata come Mary Varale, straordinaria figura di alpinista che contribuì in modo significativo a dare un’anima alla Grigna “la montagna più bella del mondo” secondo le parole di Riccardo Cassin. Con il suo inseparabile giubbettino rosso, la “signora di Milano”, come verrà affettuosamente chiamata dai suoi compagni di cordata, comincia a frequentare le Grigne già dal 1926. Tra il 1926 e il 1931, Mary Varale – che aveva già affrontato cime importanti come Ortles, Gran Zebrù, Cevedale e salito alcune vette del gruppo del Rosa scala più volte il Sigaro Dones, lo Spigolo Dorn, il Cecilia, l’Ago Teresita e la fessura Dones. Nello stesso periodo affronta in solitaria o come capocordata l’Angelina, la cresta Segantini, il Campaniletto e la parete Fasana sul Pizzo della Pieve.
Tra una scalata e l’altra in Grigna, Mary frequenta le Dolomiti e apprende le nuove tecniche di arrampicata. Risale infatti al 1925 la sua iniziazione a fianco di Tita Piàz che, sin dalla prima salita alla Punta Winkler, rimane colpito dall’audacia e dalle capacità atletiche della Varale. Più avanti arrampicherà con grandi alpinisti dolomitici come Comici, Andrich, Blanchet, Zanutti e i fratelli Dimai. Questa frequentazione e l’apprendimento delle nuove tecniche si riveleranno di fondamentale importanza per il futuro dell’alpinismo in Grigna. Il ruolo svolto da Mary Varale nel trasmettere ai lecchesi gli ultimi aggiornamenti della scuola dolomitica fu determinante. Lo riconoscono gli stessi protagonisti che, in un toccante articolo intitolato I nostri ricordi della cara Meri (scritto proprio così, come si legge: “ Meri”) pubblicato sul “Notiziario CAI di Lecco” del 1964, scrivono: “Ricorderemo sempre, con gratitudine, che le prime esperienze di discesa a corda doppia, alla Piàz come si diceva, fu da lei che le apprendemmo. Prima di allora si discendeva con sistemi primordiali, niente affatto sicuri: la mortale disgrazia del “Guel”, il primo lecchese caduto in roccia, si deve a questa inesperienza. Arrampicava con noi, ci diceva che noi avremmo potuto anche sulle Dolomiti eseguire passaggi da lei conosciuti per molto difficili”. Più avanti si legge: “Ci disse anche d’un nuovo sistema di assicurazione: quello delle due corde a forbice, che aveva visto usare da Comici per le traversate di sesto grado. Ci parlava del grande arrampicatore triestino, lo chiamava il suo Maestro. Un giorno ci disse: ‘Bisogna farlo venire in Grigna. Voi imparerete da lui quello che ancora non sapete, lui vi apprezzerà per il molto che valete’. Fu di parola e la collaborazione del suo Vittorio, che anche lui s’era dato a valorizzare le nostre forze nascenti dalle colonne dei
giornali con un calore mai visto prima d’allora, davvero rappresentò una svolta nella storia dell’alpinismo lecchese”. Firmato: “I Suoi compagni di cordata”. È del 1931 l’apertura della via sulla Guglia Angelina, prima nuova salita firmata Riccardo Cassin, in cordata proprio con Mary. Naturale la dedica, che ne fa per generazioni di scalatori, la “Mary all’Angelina”. Nel 1932, con Dell’Oro, Mary sale lo spettacolare spigolo del Fungo. EMILIO COMICI IN GRIGNA CON MARY Nell’estate del 1933, come aveva promesso, Mary Varale conduce in Grigna Emilio Comici. Non è affatto azzardato considerare il 1933 come il momento di svolta a partire dal quale gli alpinisti autodidatti di origine operaia si lasciano finalmente alle spalle quanto ancora di artigianale e improvvisato caratterizzava il loro rapporto con la montagna. Senza gli insegnamenti di Comici sulla tecnica artificiale e senza l’affettuoso e generoso ruolo di intermediazione svolto da Mary Varale e dal marito Vittorio, affermato giornalista sportivo, l’alpinismo lecchese non sarebbe diventato così grande o, perlomeno, non sarebbe cresciuto qualitativamente tanto in fretta. Grazie a Mary e a Vittorio, le Grigne che venivano spregiativamente considerate “paracarri” rispetto alle Dolomiti, cominciano a essere considerate con rispetto. E, soprattutto, gli scalatori lecchesi che Vittorio Varale nel 1932 descrive come “poveri…che non sanno neanche di essere atleti”, ricevono quella spinta propulsiva che li avrebbe proiettati nel mondo del grande alpinismo. Si crea presto, anche grazie alla presenza di Mary Varale, un’alchimia speciale fatta di amicizia, complicità, collaborazione. Insieme a Comici aprono vie nuove, spesso fino ad allora considerate inaccessibili: la via dei diedri al Nibbio (Comici, Piloni, Dell’Oro, ma nella cordata doveva esserci anche Mary). Subito dopo, sempre nell’estate del 1933, Cassin, con Piloni e Lazzeri, risolve il problema della parete Sud della Torre Costanza, per lunghi anni valutata come una delle più impegnative della Grigna. Sarà poi la volta del Sasso Cavallo (parete Sud) con Augusto Corti, della Torre Costanza (via del Littorio) dove con Riccardo saliranno il Boga e, ancora una volta, Mary Varale. Quel che sarebbe accaduto poi, è storia nota: nel settembre di quello stesso anno, Emilio Comici, in cordata con Mary e Renato Zanutti, scala lo Spigolo Giallo mentre, per i lecchesi si apre una nuova stagione 7
che li porterà, dopo mesi di preparazione sulle montagne locali, ad affrontare finalmente le Dolomiti. Nell’estate del 1934 il gruppo lecchese formato da Cassin Gigi Vitali, Luigi Pozzi (Bastianel), Vittorio Panzeri, Mario Dell’Oro e Giovanni Giudici (Farfallino) raggiunge le Dolomiti. Dopo un primo tentativo, Cassin, Pozzi e Vitali fanno loro la Piccolissima di Lavaredo. E’ l’inizio di una stagione straordinaria . Per Mary Varale, invece, la stagione alpinistica si chiuderà di lì a poco: dopo la straordinaria impresa del Cimon della Pala (1934) al fianco di Andrich e Bianchet, la battagliera Mary rivolgerà al presidente della sua sezione, Francesco Terribile, queste coraggiose parole:
Milano, 20 luglio 1935 Caro Signor Terribile, Non si stupisca della lettera di dimissioni, anzi la prego di non insistere perché le ritiri ma di mandarmi subito il benestare che mi occorre per ragioni personali. Sono profondamente disgustata della persecuzione contro di me da quei buffoni della Sede Centrale che hanno negata la medaglia ad Alvise [Andrich, ndr] soltanto perché ha avuto la colpa di scegliere come compagna di cordata l’odiata signora Varale. Nelle proposte fatte nel mese di febbraio Alvise c’era; poi hanno fatto i giochi dei bussolotti per cacciarlo fuori e hanno scoperto la formula delle 3 salite ogni anno come ha dichiarato il generale Vaccaro a mio marito. Il generale ha detto che la proposta di sole tre medaglie è proprio venuta da Manaresi e che tiene a sua disposizione il documento. L’ingiustizia dell’esclusione della punta Civetta e del Cimon de la Pala è troppo grossa e dimostra che c’è il partito preso per farci del male dopo aver sfruttato le nostre fatiche e il rischio della morte per prendere lui l’onorificenza al merito sportivo (Manaresi!) Nota: si fece conferire la medaglia! In questa compagnia di ipocriti e di buffoni io non posso più stare, mi dispiace forse di perdere compagnia dei cari compagni di Belluno, ma non farò più niente in montagna che possa rendere onore al Club Alpino dal quale mi allontano disgustata anche per un ‘altra ingiustizia commessa col rifiutarmi un articolo. Se le importa sapere e farlo sapere, le dico che Chabod davanti ai miei occhi è volato sul quarto grado in Grigna e l’altro ci ha messo venti minuti per fare un passaggio che noi passiamo in 30 secondi. Evviva le medaglie d’oro! 8
Mi saluti gli amici e abbia di me il buon ricordo che io ho dei bellunesi. Cordiali saluti a lei e alla sua signora. Mary Varale Prendere posizione così esplicitamente contro l’allora presidente nazionale del CAI, Angelo Manaresi, dirigente nominato dal regime di Mussolini, significava chiudere definitivamente con l’attività alpinistica nell’ambito del sodalizio. Così, dopo aver scalato 217 cime in 11 anni (1924-1935) da prima e da seconda di cordata, in solitaria, aver partecipato all’apertura d importanti itinerari, questa donna combattiva e generosa abbandona per sempre il CAI e il grande alpinismo. Non prima però di aver impartito una grande lezione di coraggio civile, e di aver lasciato al gruppo degli alpinistioperai lecchesi una fondamentale eredità che forse oggi, dopo tanti anni, ci si avvia finalmente a riconoscerle. Le foto che illustrano questo articolo provengono dall’archivio degli eredi di Rocco Spini
Arrampicate della Grignetta di Mary Varale L’articolo rifiutato a Mary dalla “Rivista Mensile” di cui si fa cenno nella sua lettera di dimissioni dal CAI, venne ritrovato molti anni dopo da Vittorio Varale (Mary era morta nel 1963) che, con tipico gesto signorile, lo inviò alla sottosezione di Belledo del CAI di Lecco. Questa lo pubblicò, corredandolo di una breve nota di commento, nell’annuario “Rassegna di montagna” del 1966 (pp.9-16) da dove la riproduciamo. Accompagnando l’invio dell’articolo, Vittorio ne precisava la genesi e ne svelava la sorte: «Lo scritto di Mary è inedito. L’ho ritrovato fra le mie vecchie carte, e ve lo mando volentieri. Era stato spedito per la pubblicazione alla Rivista Mensile del C.A.I. a guisa di preannuncio della Guida delle Grigne in corso di stampa per la collezione dei Monti d’Italia. In un primo tempo, l’articolo fu accettato; successivamente si pretese di apportarvi tali modifiche e mutilazioni, cui mia moglie giustamente si oppose. Allora, con sua lettera in data 26 aprile di quell’anno in freddo stile burocratico, il segretario generale del C.A.I. e redattore capo della Rivista, le restituì il manoscritto».
devono avere un significato e rappresentare un risultato. E’ bene sapere che, vergini fino a pochi anni addietro, ora tanto le pareti di San Martino sopra le case di Castione e di Rancio, quanto la più alta parete del Corno di Medale sopra Malavedo, sono state superate dagli arrampicatori locali. Soltanto i profani che sono con noi in corriera possono disinteressarsi dal volgere lo sguardo sui due appicchi – avanguardie dei “tesori” che si trovano alle loro spalle; quanti di noi sentiamo l’amore per le arrampicate guardiamo invece con attenzione quelle pareti grigie e gialle e pensiamo alla gioia di coloro che per primi le superarono a onta delle difficoltà, dei pericoli e delle leggende che orribili e velenosi serpenti colassù annidati ne impedissero il passaggio. La corriera quasi costeggia la base della Medale
Non c’è neanche bisogno di parlarne in famiglia e studiare in anticipo i particolari della gita che per un giorno ci porterà a respirare l’aria buona dei monti: già si sa che ogni sabato sera della buona stagione, vale a dire dall’aprile all’ottobre – tolta la lunga vacanza che si va a passare nelle Dolomiti – gli arrampicatori di Milano e dintorni accorrono in “Grigna”. E’ un’ abitudine ormai alla quale siamo tutti legati, e vi rimaniamo fedeli per le soddisfazioni che ci dà. Qualche volta potremo volgere altrove i nostri passi senza neanche allontanarcene troppo: andremo al Resegone o ai Corni di Canzo, allo Zuccone di Campelli o alla Presolana dovunque ci sia della roccia sulla quale posare le mani, ma la “Grignetta” rimane la nostra favorita, e altrettanto il suo vicino “Grignone”, massiccio e pelato, che per noi fa tutt’uno con la sorella minore. Quei sabati, chi lavora in casa sbriga alla svelta le proprie faccende e chi è in ufficio chiede il permesso d’uscire con breve anticipo: giusto alle 19 e un quarto c’è la comodità d’un diretto in partenza alla Stazione centrale, il quale dopo 67 minuti ci sbarca a Lecco. Appena fuori, sul piazzale si trovano pronte le autocorriere, e non c’è pericolo che partano vuote verso la Valsassina, dove appunto siamo diretti per poi salire sui monti. Da Lecco vediamo vicinissima alla nostra sinistra profilarsi l’estremità meridionale del Coltignone, che cade a picco sui sobborghi dell’industre cittadina lombarda. Subito l’occhio esperto riconosce che quelle pareti 9
attraversando le case di Laorca; risale le prime serpentine della Valsassina, ed ecco Ballabio, dopo appena venti minuti da Lecco. Qui siamo già a 655 metri di altitudine, e la piramide rocciosa della Grigna Meridionale apparirebbe ai nostri occhi se le prime ombre della sera non fossero calate sulla terra. Alcuni lumi brillano in alto, e verso di essi ci dirigiamo dopo esserci alleggeriti della giacca che riponiamo nel sacco carico di provvigioni per l’indomani. Appena fuori del paese attraversiamo il cantiere per i lavori di costruzione della strada carrozzabile che sarà inaugurata nell’ottobre prossimo; noi ci accontentiamo di salire su a piedi come sempre. Un’acqua che scorre schiumosa; un ponticello; due sentieri aspettano i viandanti. Quello di sinistra, detto della “Ferrata”, porta al Piano dei Resinelli che è un delizioso, verde e ombroso luogo di quiete e di riposo, sparso di piccoli rifugi, di ville e d’una chiesetta; il sentiero di destra, che risale il torrentello, è detto della “Val Grande” e segna il cammino per giungere al Rifugio-albergo Carlo Porta, della sezione di Milano del C.A.I. Esso sorge all’estremità settentrionale del Piano dei Resinelli e un poco al di sopra di questo, come dire più vicino ai costoni e alle creste che scendono dalla Grignetta. E’ in una posizione delle più amene ed è frequentatissimo soprattutto per la tranquillità che vi si gode e per il modo in cui è tenuto. Ad arrivare quassù non abbiamo mica compiuto una grande impresa; siamo appena a 1.400 metri d’altitudine, e senza sudare né affannarci come fanno certe comitive di cittadini, vi siamo arrivati da Ballabio in poco più d’un’ora di cammino. Guardiamo l’orologio: non sono ancora le 22. Tre ore fa eravamo ancora sul tram diretti alla Stazione centrale: non è vero che una montagna più a portata di mano di questa è difficile scoprirla? Ma non è soltanto questa facilità d’accesso che fa la Grignetta così frequentata e accogliente. Dopo uno sguardo alla miriade di luci che si vedono brillare laggiù nella pianura, si va a nanna, e la meraviglia la vedrete al mattino (se non pioverà) e con essa farete la scoperta dei tesori di questa montagna. Ma io non voglio precedere il volume delle Guide del C.A.I. proprio dedicato a questo gruppo e la cui pubblicazione, curata dal Saglio, è imminente. Vi si troveranno ampie e complete descrizioni d’ogni genere, dal geologico che tratta della conformazione prettamente dolomitica della roccia onde si compongono le due Grigne fino ai numerosi e quasi tutti pittoreschi 10
e interessanti itinerari turistici che intersecano i costoni della svelta piramide, ne scavalcano le creste, s’immergono nei canaloni, ne risalgono per ogni parte i versanti fino a comprendere il pacifico Grignone anch’esso meta di tante domenicali escursioni. Il tema a me affidato è meno ampio: riferire alla buona le impressioni e i ricordi di chi frequenta la Grignetta a scopo d’arrampicamento. Ricarichiamoci dunque del sacco, nel quale avremo messo il fedele paio di pedule reduci da tante battaglie; non dimentichiamo la corda lasciata ogni domenica sera in consegna alla “sciura Maria”, né il martello con la necessaria dotazione di chiodi e di moschettoni; e incamminiamoci all’attacco delle rocce. I passi possono indirizzarci verso tre direzioni. Senza lasciare il piano dei Resinelli, il Corno del Nibbio ammicca perché gli si vada a fare una visitina. Curioso destino questo monticolo, erboso e in declivio da tre parti, tagliato a picco dal versante Nord-Nord-Est. Quella parete che ne risulta, alta all’incirca cento metri, non aveva storia fino a due anni fa. Soltanto qualche anziano riferiva che prima della guerra ne era stata tentata la scalata da parte di milanesi, ma senza riuscirvi. In quanto agli arrampicatori lecchesi non vi badavano neppure, pur avendola continuamente sotto gli occhi. Nella primavera del 1933 il caro amico e mio maestro Emilio Comici accettò l’invito di venire in Grignetta a tenervi un corso di tecnica d’arrampicamento per la Sezione di Lecco; io fui incaricata di fargli da… guida, e ricordo che appena gettato lo sguardo verso il Nibbio mentre salivamo al Porta uscì in un’esclamazione: - Guarda che bella parete! Nessuno l’ha mai “fatta”? Alla mia risposta negativa, soggiunse: - Andremo noi. Infatti andammo a metterci le mani qualche giorno dopo, tornandone con la certezza che, per quanto difficile, la parete era fattibile. Io non potei partecipare alla prima ascensione per vari motivi, fra cui non secondario quello della presenza d’un centinaio di curiosi che si erano dati convegno sul prato proprio di fronte al Nibbio come per assistere a uno spettacolo, e cedetti il mio posto a Piloni nella cordata di Comici-Boga. Ma vi ritornai la settimana dopo con uno dei più bravi capocordata lecchesi, e fu davvero una magnifica arrampicata. Di passaggi di sesto grado ve n’è più d’uno; ma non sono quelli pel cui superamento si debba ricorrere alla forza. Appartengono piuttosto al genere che d’una scalata sia pure estremamente difficile fa un modello di
tecnica e di eleganza. Per ciò, data anche la sua ridotta lunghezza, l’arrampicata non risulta faticosa. Questa “via Comici” ha reso immediatamente popolare il modesto Corno del Nibbio altrimenti votato alla sorte più oscura malgrado il suo riferimento manzoniano. Divenne subito orgoglio dei frequentatori della Grignetta il ripeterla: e primi furono appunto i lecchesi e qualche milanese. Non solo, ma a fianco di essa, e senza badare ai mezzi, altri percorsi sono stati aperti. Sul fronte della parete ora risultano tracciate ben quattro “vie”; e una quinta, meno difficile ma anch’essa divertente, è sullo spigolo di destra, con passaggio finale sulla parete. Ho l’impressione di aver concorso anch’io un pomeriggio dell’estate scorsa che non si sapeva più dove andare, all’apertura di una nuova “via” o variante da quella parte,
su per un camino; ma non è il caso di soffermarci troppo, perché è l’ora di lasciarci alle spalle il Piano dei Resinelli, dove torneremo all’imbrunire, un po’ stanchi, ma felici. L’alta piramide della Grignetta (ma non fidiamoci troppo di questo diminutivo, perché la Grignetta non è tascabile, anzi, traditrice, e sempre infida), è davanti a noi, nitida e bruna con qualche striatura di giallo propria della dolomia, nella tersa chiarità mattinale. Dove andremo oggi a rampicare? Due direzioni ci aspettano. Per fila dest’, si va sul versante orientale; piegando a sinistra ci s’interna nella parte più caratteristica della Grigna, tutta formata da guglie, aghi, punte, torrioni che in numero impressionante, e con formazioni delle più bizzarre, popolano la cosiddetta Val Tesa e gli adiacenti valloncelli. Qui, sparsi per un vasto raggio sia a monte che a valle del sentiero chiamato “Direttissima” - che è la via più breve per giungere alla romita Capanna Rosalba al di là di tutta questa merlettatura – qui si trovano i pinnacoli cari agli arrampicatori lombardi, e le cui “vie” comuni sono tanto frequentate che non esagero nel dire che gli appigli risultano lucidi per il lungo uso. Sono la Punta Angelina con vicinissimo il sottile e appuntito Ago Teresita; è la triade della Lancia-TorreFungo; quest’ultimo circondato da una nomea tragica che non merita; sono i tozzi torrioni Clerici, Casati, Vaghi, Palma; è l’inclinata e gonfia Mongolfiera; in basso, che spunta come uno stelo di sasso sulla ripida china erbosa, è la svelta Punta Giulia; più avanti altre torri ed altre guglie si slanciano verso il cielo, e sui loro fianchi scoscesi si vedono le cordate all’opera; quasi in bilico su due profondi canaloni si vede un singolare e altissimo cilindro roccioso, ed è il Torrione Costanza; e ancora procedendo verso la Capanna Rosalba – che si trova al termine della cresta che scende dalla vetta – passeremo di fianco ad altre bizzarre ed appuntite costruzioni, mansuete e bonarie a seconda dei versanti che si scorgono, oppure lisce e strapiombanti. In questa zona si trova il maggior numero di scalate; mentre in quella orientale già accennata la cosa si riduce al Sigaro ed ai Torrioni Magnaghi pei vari versanti. Qualche spuntone – dedicato alla guida Fiorelli o alla bella Ginetta o a due sconosciuti Gendarmi – sono sovente anch’essi saliti, ma nulla hanno a che fare con i “classici”, che sono i Magnaghi e il Sigaro. Qui, lecchesi hanno recentemente aperto due itinerari assai difficili, e per questo divertenti: il loro nome è “via Rizieri” e “via Cassin” – e nessuno glieli cambierà. Spenderò una parola pel Canalone Porta – selvaggia spaccatura che 11
porta fin sotto la vetta – perché rappresenta nella zona il tipico esempio delle difficoltà di primo grado. Accennato così sommariamente alla dislocazione delle principali – nel senso di conosciute - arrampicate di cui è ricca la Grignetta, la parte descrittiva vecchio stile potrebbe ritenersi avviata verso la conclusione. Le cose stanno alquanto diversamente. Se fino a qualche anno addietro questa popolare cima delle Prealpi aveva un’importanza esclusivamente locale, cristallizzata fra il convegno preferito dalle rumorose masse escursionistiche e la curiosità di vedervi talvolta impegnata qualche cordata di milanesi prima di portarsi sulle rocce della Val Masino e poi di là muovere verso e classiche scalate sui giganti delle Alpi, con la diffusione del gusto dell’arrampicamento in Italia e conseguentemente fra i giovani del Lecchese e del Comasco – oltre, s’intende, al contributo dato da Milano coi suoi atleti venuti da vari rami dello sport -, la Grignetta divenne in breve la palestra tipica, riunente in sé tutti i requisiti richiesti dalla bisogna: vicinanza dai grandi centri; facilità degli approcci; varietà delle scalate, a portata di tutte le forze – con passaggi fino allo “estremamente difficile”, e sulle varie strutture che presenta la roccia dolomitica, cioè parete aperta, fessure, camino, diedro. Le “vie” aperte da Fasana, da Fanton, da Andreoletti, da Dorn nell’anteguerra; poscia da Carugati, da Polvara, da Porro, da Albertini, da Gasparotto non rimasero più deserte per settimane e settimane, ma ogni domenica vedevano aumentate le schiere dei percorritori che le risalivano. Ora queste schiere sono diventate talmente fitte, che ben si può affermare che la Grignetta è degna di contare fra le più frequentate palestre di arrampicamento in Italia, a fianco, se non predominante, sulle consimili delle Dolomiti. Mezza dozzina di cordate sul Costanza, dieci sul Fungo o sull’Angelina sono spettacoli che si vedono ogni domenica, da maggio a ottobre. In quanto al valore dei “prodotti” di questa scuola è doverosa una prima constatazione di fatto: cinque anni fa in Grigna si ripetevano soltanto “vie vecchie”, le cui massime difficoltà toccano il quarto grado e solo in qualche passaggio sfiorano il quinto. Orbene, gli arrampicatori locali (e con essi intendo gli appartenenti alla sezione di Lecco del C.A.I., alla Società Alpina Stoppani e alla Società Escursionisti Lecchesi) vi hanno da allora aperti, poi ripetendoli sovente, numerosi nuovi percorsi in cui le difficoltà di quinto e di sesto grado si susseguono, e la cui altezza non è vero che sia soltanto 12
di qualche tratto di corda ma va fino ai 400 metri della “diretta” del Sasso Cavallo (tanto per citarne una). Vi sono molti pregiudizi da sfatare in alpinismo: ed uno è quello che le scalate della Grigna siano brevi e facili. Paracarri, passaggisti! – ogni tanto si sente dire fuori di qui da qualcuno che vuol saperla lunga, ma mi piacerebbe vederlo su certi passaggi che dico io. Il valore dei “prodotti” di questa scuola – nella totalità autodidatta – è altresì affermato e documentato dalle prove da essi date nelle brevi campagne dolomitiche effettuate negli ultimi tre anni, culminanti nel 1934 con le ripetizioni di due grandi “vie” quali la parete Nord della Cima Grande di Lavaredo e lo Spigolo Giallo pure di Lavaredo, e l’apertura d’un nuovo percorso sul fianco Sud della Cima Piccolissima. I nomi di questi scalatori sono diventati popolari in Grignetta, e ben lo meritano, perché ai lecchesi principalmente si deve se l’arrampicamento lombardo è stato ora portato così avanti. Dovrei citarli qui, questi nomi di cari amici e fedeli compagni di cordata, ma troppo lungo ne risulterebbe l’elenco, eppoi non rispecchierebbe tutta la mia gratitudine e la mia ammirazione. Tali nomi li leggerete nella Guida e, quest’estate, ne sono certa, nelle cronache delle Dolomiti. Una palestra, e una scuola, da cui escono siffatti atleti sono dunque qualcosa di più e di meglio da considerare come semplice curiosità o fatto di scarso significato: i risultati raggiunti affermano invece uno spirito e un’efficienza di prim’ordine nei quadri dell’alpinismo nazionale. Proseguiamo dunque nella nostra passeggiata domenicale. Incrociamo le comitive d’escursionisti che si sparpaglieranno nei boschetti e poi dopo aver mangiato e ben bevuto li animeranno di canti e di danze; salutiamo i gruppi di amici che corda in spalla, si avviano fischiettando verso le rocce, e già li vediamo inerpicarsi sugli erbosi zig-zag della “direttissima” verso la Val Tesa, oppure immergersi nel sassoso Canalone Porta risalendone le superstiti nevi che ricuoprono gli enormi massi precipitati chissà quando dalla vetta. Il sentiero che stiamo percorrendo, o le tracce che chiamiamo sentiero sono piuttosto ripide, ed è bene non forzare il passo, anche perché siamo alle prime uscite della stagione e il fiato è da rifare. Si ha un bell’essere andati a sciare quasi tutte le domeniche d’inverno: in roccia è un’altra cosa, e per cominciare è consigliabile qualche scalata non molto difficile. Poco alla volta ci riabitueremo agli sforzi: le dita e le braccia sugli appigli, le gambe puntellate in spaccata, e l’occhio a ricercare la
via e riprendere confidenza col vuoto. Dove andiamo oggi? - Sull’Angelina! – rispondono i miei compagni, e mezz’ora dopo, giunti all’attacco col gesto più che con la parola m’invitano a legarmi al capo della corda. Cara, vecchia Punta Angelina, sulla quale tanti anni fa misi la prima volta le mani. Ero una novizia della roccia; delle montagne non conoscevo che le lunghe, estenuanti salite su per il ghiaccio, e qui, in questo piccolo mondo selvaggio e diruto, tutto mi sembrava strano: luoghi e persone. Arrampicare su quella breve e ripida “via comune” dietro un celebre alpinista milanese mi pareva un fatto eccezionale. Subito esposta è la parete d’attacco che si percorre diagonalmente, ed ivi è consigliabile non “volare”, giacché il compagno di sotto non potrà tenervi.
Ma onesta è la qualità della roccia, e le mani ritrovano subito l’agilità e la sicurezza di una volta. L’occhio pure, e trenta metri più su dove un breve ma strozzato caminetto obbliga a un delicato passaggio, ci si volta con gioia a salutare le altre cordate che proprio a picco sotto le nostre pedule si accingono a seguirci. Questa breve e divertente scalata passa pel cavallo di battaglia dei principianti, come il Sigaro lo è per quelli di una classe superiore: ma s’intende che io parli delle vie “normali”, caratteristiche dell’anteguerra o subito dopo questa, giacché gli itinerari aperti in seguito sono di ben altro genere. La Guida di prossima pubblicazione soddisferà – vogliamo sperare – ogni legittima curiosità a questo riguardo, ma si può già dire che ogni punta o guglia o torrione sono stati in questi ultimi quattro anni saliti e risaliti per ogni parete, o spigolo, o fessura. Così, su questa Angelina oltre alle due precedenti “vie” altrettante ne sono state aperte, e quella sulla parete E il mio primo di cordata Cassin ha voluto darle il mio nome. In quanto al Sigaro, l’originaria “via” aperta nel 1915 se è tuttora la più frequentata, ora è fiancheggiata da due nuovi percorsi di straordinaria arditezza e difficoltà. L’apertura di questi ed altri itinerari è merito, come già detto, dei giovani lecchesi, il cui entusiasmo per l’arrampicamento è davvero commovente. Il tempo vola; è l’ora di scendere. Due corde doppie dall’Angelina, quattro dal Sigaro, vi riportano al piede delle rocce, dove sull’erba vi aspetta il sacco con le provviste e qualche amico salito fin quassù a godersi lo spettacolo. Più o meno rapidamente si svolgono queste arrampicate; talvolta si perde molto tempo perché una piccola folla si forma in vetta; le corde s’imbrogliano, e la manovra per la discesa in doppia non si può fare che per uno alla volta. Mi è capitato di rimanere l’ultima a smistare dal chiodo della prima doppia ben diciassette persone: cinque minuti per individuo fate voi il calcolo a quanto somma, e stare un’ora in bilico su quell’aerea terrazza, e insegnare come si mette la corda, davvero che dopo un po’ si ha il diritto di essere stufa… E quando credevo di avere finito e mi accingevo a scendere a mia volta, vedo spuntare altre teste vicino alla croce di vetta e mi sento invitare ad aspettare un altro po’ per un supplemento di lavoro. Dove andare ancora? Siamo partiti presto dai Resinelli; e adesso saranno appena le undici. Possiamo mangiare un boccone, e poi dirigerci altrove. Le mani si sono snodate, e l’immaginazione pure. Come è bello arrampicare dopo 13
tanti mesi di riposo; sentire la roccia sotto le nostre dita farsi calda a poco a poco per il sole che vi batte; il corpo ritrova la naturalezza dei movimenti che le prime volte ci sembravano così difficili e assurdi, e ogni problema di equilibrio ora è affrontato e risolto con un piacere, con un istinto che ci fanno nascere nel cuore una gioia infrenabile. Talvolta vien di cantare a mezzo dell’arrampicata; sempre un gorgheggio di saluto e di vittoria esce dal petto una volta raggiunta la vetta. I visi dei miei compagni rispecchiano la felicità di ognuno, e stringendo la loro mano forte e callosa ci diciamo più e meglio di dieci discorsi. Si provano a ripetere i miei jodel, e non riuscendovi fingono d’arrabbiarsi; dal basso rispondono voci; altre rieccheggiano dalle vette vicine e la Grignetta si fa tutto un volo di richiami e di canti che s’intrecciano e si snodano nell’aria mattutina. Gente ci chiama per nome dalla Cresta Segantini che è sopra le nostre teste. Vediamo le cordate profilarsi contro il cielo. E’ questa cresta un altro dei piccoli capolavori della Grigna, rigida merlettatura che unisce il Colle Valsecchi alla vetta della montagna con un susseguirsi di punte, di denti, di gendarmi il cui superamento, e relative discese, offrono due ore di divertentissima arrampicata. È consigliabile percorrerla in primavera o in autunno avanzato e non importa se c’è un po’ di neve, così si evitano gli imbottigliamenti, trovarvi dozzine di cordate che ritardano la marcia, o fanno cadere sassolini sulla testa, come sovente capita nelle domeniche d’estate. Vi si possono compiere varianti a piacere, da scoprire sui due versanti a picco della Val Scarettone e della Val Tesa. Dal punto di vista delle difficoltà questa arrampicata rappresenta un tipico secondo grado, poi c’è il terzo e anche di più, basta andarlo cercare. A proposito di questi gradi bisogna dire che fino a quattro anni fa nessuno ne faceva parola in Grignetta, non sapevano che cosa fossero. Adesso, oltre ai passaggi in roccia vi si classificano anche la maggiore o minore eccellenza della pastasciutta servita nei vari Rifugi o la venustà delle numerose signorine o signore che salgono quassù. Qualcuno inorridirà di questa mescolanza del sacro al profano; una colpa c’è, e in parte si deve allo scrivente – che per la prima ne parlò ai suoi nuovi amici. Debbo aggiungere che non ne sono affatto pentita? Fra questi lecchesi e gli alpinisti cittadini vi era un tempo un certo distacco: più evoluti e più colti, forse un tantino scettici, questi ultimi mostravano di non apprezzare 14
i reali progressi che gli arrampicatori locali andavano facendo. Ora, però, l’equivoco è del tutto dissipato. Quando presi a frequentarli, subito mi accorsi delle loro grandi possibilità se trasferiti a metterle in atto in un campo più vasto e più completo alpinisticamente. A quell’epoca io avevo una certa esperienza fino al quinto grado, e volentieri soddisfacevo alla curiosità dei miei amici, che mi chiedevano di quale grado era questo o quel passaggio che facevamo assieme. Quando gli dicevo che le difficoltà della parete “APE” del Teresita poteva in certo modo equipararsi a quella della “parete Preuss” della Piccolissima di Lavaredo, stentavano a credermi. Gli pareva troppo bello che fossero capaci di tanto, e vedevano le Dolomiti attraverso le amplificazioni di chi pur essendoci stato non le ha comprese, ma non vuole ammetterlo. Nessuno gli aveva mai parlato delle scalate che, oltre alle classiche, negli ultimi anni avevano tanto portato avanti il limite delle possibilità. Perciò la prima volta che i futuri Accademici Cassin e “Boga”, l’uno con Eros Bonaiti e l’altro con me, misero le mani sulle Dolomiti, gli si leggeva in faccia, oltre alla felicità, la certezza di non essere inferiori alla bisogna, qualunque essa fosse. Quel giorno di fine settembre che con Boga andammo a “fare” la parete della Tofana di Roces era freddo e pioveva: ma in poco meno di tre ore ce la sbrigammo, e quella che i classici avevano definito “la più vertiginosa traversata delle Alpi” al mio compagno risultò un passaggio come ne aveva superati tanti in Grignetta, solo un po’ più lungo. Con questa preparazione, che è anche spirituale e proviene dal senso dell’agonismo e della lotta così diffuso ormai nella gioventù sportiva col rivelarsi delle nuove forze dell’arrampicamento milanese qui domenicalmente presenti, è naturale che la frequentazione della Grignetta a scopo di scuola e di allenamento assuma ogni anno una sempre maggiore intensità. L’arrampicatore delle altre regioni che vorrà venirvi a passare qualche giorno troverà cordiale e comprensiva accoglienza fra noi. Emilio Comici – che credo se ne intenda – dalla prima volta che ci venne non manca ogni primavera di ritornarci. Aprile 1935
Le foto che illustrano questo articolo provengono dall’archivio degli eredi di Mario Dell’Oro (Boga)
La mostra fotografica IL FONDO VITTORIO VARALE Il Fondo “Vittorio Varale” conservato presso la Biblioteca Civica di Belluno, è costituito dal lascito che il giornalista Vittorio Varale, alla sua morte avvenuta nel 1973, destinò alla sezione bellunese del C.A.I. la quale, dopo averne preso visione, lo affidò nel 1976 all’Amministrazione Comunale di Belluno. Il tutto è rimasto giacente presso la sede della Biblioteca Civica fino al 1995 quando, arrivato da poco alla direzione della biblioteca, valutandone l’elevato interesse culturale per la storia dell’alpinismo e del ciclismo, decisi di avviarne l’inventario, la catalogazione e l’informatizzazione. Del lavoro si occupò a titolo di volontariato per diversi anni il sig. Francesco Comba, coadiuvato successivamente dal sig. Silvano Talamini, entrambi motivati da una grande passione per la montagna e favoriti dalla condizione di pensionati. Il Comba approfondì a tal punto la materia da divenire il vero e proprio curatore del fondo e a lui dobbiamo gran parte delle informazioni e delle ricerche che sono alla base di molte successive iniziative di valorizzazione, tra le quali quest’ultima. Il materiale che costituisce il lascito comprende: corrispondenza professionale e privata, giornali e riviste, libri, documenti, oggetti vari e fotografie. Della corrispondenza sono state catalogate e inserite nel sistema informatico, 5490 lettere sia di Varale che dei suoi corrispondenti. La prima lettera è datata 19 marzo 1911, l’ultima 6 novembre 1973. Molte sono le firme di personaggi noti, sia del giornalismo, sia del mondo dello sport. Per l’alpinismo sono presenti lettere di Tita Piaz, Emilio Comici, Riccardo Cassin, Cesare Maestri, Nino Oppio, e dei bellunesi Attilio Tissi, Bepi Pellegrinon, Armando Da Roit, Piero Rossi, Alvise Andrich, Furio Bianchet… Numerosi gli scambi di corrispondenza con i familiari; commoventi le lettere dedicate alla lunga malattia ed alla prematura scomparsa della moglie Mary. Come giornalista vanno ricordate, a diverso titolo, le numerose collaborazioni: “Gazzetta dello Sport”, “Sport Giallo”, “Corriere dello Sport”, La Stampa, “Il Secolo Illustrato”, “Tempo”, “Gazzetta d’Italia”, “Resto del Carlino”. Firmò anche “Lettere dall’Italia” per “L’Equipe” di Jacques Goddet. Fu anche scrittore di libri dedicati al ciclismo, all’alpinismo ed ai campioni dello sport in genere. Dei suoi libri dedicati all’alpinismo sono presenti nell’archivio bellunese: Arrampicatori del 1932, La battaglia del sesto grado del 1965 scritto in collaborazione con Domenico Rudatis e Reinhold Messner, Sotto le grandi pareti del 1969, Sesto Grado del 1971. La raccolta di oltre 2000 fotografie, di cui è in corso la digitalizzazione, comprende i primi scatti datati 1900 dedicati ai pionieri del ciclismo, della boxe, e quelli più recenti di alpinismo, molti dei quali sono dedicati alla moglie Mary, che fu una delle prime donne alpiniste che affrontarono il sesto grado. La raccolta di quotidiani, settimanali, fascicoli, depliants, stralci di pubblicazioni di carattere sportivo, politico e di costume di cui è in corso l’individuazione ed il riordino, copre un arco di tempo che va dai primi del novecento agli anni settanta. La Biblioteca Civica di Belluno, dopo l’ordinamento del fondo e la catalogazione, ha messo il materiale del fondo a disposizione di chiunque voglia approfondire la conoscenza di quell’ intelligente cronista che fu Vittorio Varale, del giornalismo del suo tempo, di Mary Varale e della sua esperienza alpinistica. Sono finora tre le tesi di laurea realizzate da giovani che hanno studiato i documenti di Varale: L’alpinismo durante il regime fascista negli scritti del giornalista sportivo Vittorio Varale di Genny Garamante, Universita degli studi di Trieste, a.a. 2004/2005; Vittorio Varale e la stampa : catalogazione analitica degli articoli di giornale raccolti nel “Fondo Varale” conservato presso la Biblioteca civica di Belluno di Donata Caselli, Università degli studi di Udine, a.a. 2003-2004 e Il fondo fotografico Vittorio Varale (18911973) della Biblioteca civica di Belluno di Paola Nard, Università degli studi di Udine, a.a. 2006-2007. Tutti i lavori sono stati presentati pubblicamente tra le iniziative della Biblioteca, il primo ha ricevuto il premio “De Nard” per tesi di laurea meritevoli di carattere locale. Parte del materiale fotografico, epistolare e documentario è stato utilizzato a Belluno nell’ambito della manifestazione “Oltre le vette 1999”, è stato esposto nel 2001 ad Auronzo di Cadore in occasione delle manifestazioni volute dalla sezione del C.A.I di Auronzo per ricordare Mary Varale, come “la donna dello Spigolo Giallo” e nel 2002 a Bordighera, dove sono sepolti i coniugi Varale, la sezione del C.A.I. ha organizzato una tavola rotonda e un’esposizione di fotografie e cimeli del fondo. La Biblioteca ha poi ricavato un sito dedicato (http://biblioteca.comune.belluno.it/varale.html) nel quale è possibile avere informazioni varie e consultare libri e epistolario. Tutto il materiale (comprensivo dei libri, articoli e fotografie sia di ciclismo che di alpinismo) è consultabile nel catalogo in linea (OPAC) della biblioteca sul sito http://biblioteca.comune.belluno.it/. Il progetto di digitalizzazione del fondo fotografico partecipa a un concorso per il finanziamento da parte del Ministero per i Beni Culturali nell’ambito di Biblioteca Digitale Italiana per il 2009, di cui sapremo a breve l’esito. La lunga attività giornalistica di Vittorio Varale e l’intensa attività alpinistica della moglie Mary, offrono lo spunto per ancora molti altri studi e progetti culturali che possono onorare la loro memoria, ma anche favorire la conoscenza di un appassionante periodo storico sportivo, dove insieme all’azione atletica viveva nei protagonisti e negli appassionati che li seguivano un sano sentimento di ammirazione. Giovanni Grazioli (Direttore Biblioteca Civica di Belluno) 15
Mary Varale ad Agordo, 1934
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Mary Varale in corda doppia sul Campanil Basso, 1929
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A sinistra: Mary Varale con Tita Piaz, 1929 A destra: Mary Varale in parete, 1933
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Mary Varale in corda doppia dal balcone del rifugio Porta, 1929
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Mary Varale con Emilio Comici (al centro) ed altri alpinisti al Rifugio Porta sotto la Grignetta
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Mary in due foto di vetta
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Assi della Grigna: Mario Dell’Oro, Mary Varale, Riccardo Cassin, Giovanni RIva
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Mary Varale con gli sci ai Piani Resinelli
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A sinistra: Mary Varale in corda doppia A destra: saluti romani in vetta alla Torre Costanza
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Sopra: Vittorio Varale con Mary, Rifugio Porta, 1933 Sotto: Mary Varale (a destra) con Tony e Romilda Gobbi
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Mary Varale al rifugio Rosalba, Grignetta
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Appunti per una biografia di Vittorio e Mary Varale di Francesco Comba e Alberto Benini
1891: Vittorio Varale nasce il 21 aprile a Piedimonte D’Alife (Caserta) dove il padre Luigi, è stato inviato come procuratore delle imposte. 1901: a 10 anni si trasferisce al nord. 1908: a 17 anni tronca gli studi e si impiega in una impresa di costruzioni dove ha come collega Vittorio Pozzo. 1909: scrive: Giovanni Gerbi: la sua infanzia, i suoi debutti, le sue avventure, la sua carriera. In seguito il volume verrà ripubblicata col titolo: Gerbi e le corse dei suoi tempi: vent’anni di sport ciclistico. Il libro è recensito dalla “La Gazzetta dello Sport”. 1910: primi servizi da inviato al seguito di corse ciclistiche. 1911: segue per “La Gazzetta dello Sport” la corsa ciclistica Parigi-Torino; contemporaneamente si occupa di cronaca calcistica per “Il lavoro” giornale socialista di Genova, con resoconti di partite di nazionale e internazionali. 1914/18 condivide la direzione de “La Gazzetta dello Sport” con Ugo Toffaletti. Nel 1914 pubblica: Van Houwaert, il piu grande campione del Belgio, morto per la patria: biografia aneddotica. 1915/18: Tullio Morgagni lo chiama al “Secolo Illustrato”: promuove la campagna per la valorizzazione individuale dell’aviatore in guerra. 1917: riformato per due volte, viene riconosciuto idoneo ai servizi sedentari. In seguito viene esonerato perché comandato alla direzione de “La Gazzetta dello Sport”. 1918: scaduto l’esonero viene destinato alla zona di guerra. Accreditato dal Ministero della Guerra presso il Comando Supremo, trascorre settimane intere presso i comandi di grandi unità al fronte. Fonda l’Opera per l’addestramento sportivo del soldato (O.A.S.S.). Organizza manifestazioni sportive per finanziare l’acquisto di attrezzi sportivi, medaglie, coppe, palloni per i militari al fronte. Assieme al colonnello Tifi, già consigliere della Federazione di Ginnastica, inventa il percorso di guerra.
1919: Pubblica: Baracca: la carriera, le battaglie, le vittorie del grande aviatore raccontate nelle lettere alla madre. 1922: nel mese di ottobre diventa comproprietario e direttore di “Sport” comunemente conosciuto come “Sport giallo”, pur mantenendo (fino al 1924) il posto di redattore di “La giustizia” e di corrispondente di “Il mattino” (fino al 1926). In seguito (1926) sarà costretto a cedere “Sport”, restando disoccupato. Gli verrà proposta la direzione dell’ufficio milanese del trisettimanale “Corriere dello Sport” fondato a Bologna nel 1924. Leandro Arpinati rileva la testata e la trasforma a partire dal 1927 in “Littoriale”. 1923: da questa data è assunto da “La Gazzetta dello Sport”, nella direzione del reparto pubblicazioni varie, opuscoli, volumi. Pubblica: Girardengo : i suoi debutti, la sua carriera, le sue vittorie. 1926: Mary Gennaro lo inizia all’alpinismo. 1928: Curzio Malaparte lo invita a collaborare con “La Stampa” per il ciclismo e l’alpinismo. Scrive: Binda: i suoi debutti, la sua carriera, le sue vittorie. 1928: viene inviato al Tour de France. 1928/32: redattore di “Lo sport fascista”. 1930/43: collaboratore, poi redattore de “La Stampa”. 1932: pubblica Arrampicatori, un volume di oltre 260 pagine con copertina disegnata da Domenico Rudatis e “la classificazione delle più note scalate dolomitiche”. Nello stesso anno scrive: Learco Guerra nel suo tempo 1933: sposa, il 13 luglio, Maria (Mary) Gennaro che era nata a Marsiglia nel 1895 da Giovanni e da Olinta Pizzamiglio. 1936/43: gerente della rivista “Relazioni internazionali”. 1938: si trasferisce da Milano a Torino. 1943: redattore de “La stampa” con responsabilità (dopo il 25 luglio) di firmare il giornale. Dopo l’8 settembre abbandona il giornale e si dà alla macchia per sottrarsi all’arresto o alla deportazione. 1944: viene espulso dal sindacato fascista dei giornalisti per “indegnità politica”. 27
1945: il 25 aprile rientra a Torino e riprende il posto di lavoro. Viene eletto consigliere della ricostituita “Associazione della Stampa Subalpina” e diventa membro del collegio dei probiviri fino al 1948. 1945: assunto dal 1/8 alla “Gazzetta d’Italia”. 1950: dimissionario da “La Gazzetta del Popolo” e “Gazzetta Sera” dove era in forza dal 1947. 1952: riceve il premio giornalistico Pirelli per il ciclismo. 1954: riceve il premio giornalistico Saint-Vincent per l’alpinismo. 1958: Mary manifesta i primi sintomi della malattia che la porterà all’infermità e poi alla morte. 1961: riceve il premio giornalistico dell’Unione Stampa Sportiva Italiana per i suoi articoli retrospettivi. 1963: Mary muore il 9 gennaio. 1964: pubblica: Avventure su due ruote. 1965: pubblica per Longanesi: La battaglia del sesto grado (1929-1938) con prefazione di Gianni Brera. Il volume contiene anche lo scritto/manifesto di Domenico Rudatis: Il riconoscimento del sesto grado. 1966: corrispondente e redattore di “Tuttosport”. 1966: pubblica l’opuscolo: Il Premio Bancarella sport ‘66 e La battaglia del sesto grado. 1968: nei primi mesi dell’anno viene ricoverato all’ospedale di Sampierdarena per un blocco renale. 1969: ancora per Longanesi scrive: I vittoriosi: eventi e personaggi visti e descritti in mezzo secolo di giornalismo sportivo. Anche in questo caso la prefazione è firmata da Gianni Brera. Per la casa editrice Tamari di Bologna: Sotto le grandi pareti: l’alpinismo come sport di competizione con prefazione di Guido Tonella. 1970: Stampa a proprie spese l’opuscolo polemico: Risposta al G.I.S.M. (Gruppo italiano scrittori di montagna) che tenta di riproporre la sciocca e ormai superata polemica contro l’alpinismo di competizione . Sul frontespizio si dichiara “compilatore e responsabile”. 1971: Sempre per Longanesi modifica e aggiorna La battaglia del sesto grado che vede la luce col nuovo titolo di Sesto grado. Il sottotitolo recita: L’affermazione (di Vittorio Varale). Gli sviluppi (di Reinhold Messner). I valori (di Domenico A. Rudatis) il volume è impreziosito da due disegni di Raymond Peynet. Il libro conosce (auspice Reinhold Messner) una traduzione tedesca, uscita nel 1981. 1973: Scrive, ancora per Tamari: L’altra facciata d’una pagina di storia. Nello stesso anno il 29 novembre, muore a Bordighera. Nel cimitero della cittadina viene sepolto accanto a Mary. 28
L’attività alpinistica di Mary Varale L’elenco delle ascensioni è quello che la Varale ha allegato alla sua lettera di dimisssioni dal C.A.I. Nella trascrizione si sono conservate alcune informazioni e/o denominazioni dubbie, mentre sono stati integrati o corretti alcuni evidenti lapsus. 1895: Mary Gennaro nasce a Marsiglia da Giovanni e Pizzamiglio Olinta. 1924 (probabilmente) si iscrive al C.A.I. 1924 Ortles via comune e discesa cresta dalla Hintergrat Gran Zebrù, dal Passo della Bottiglia Cevedale, da sola Santnerspitze, da sola Vertainspitze (Cima Vertana), da sola Traversata Lyskamm, gruppo del Rosa, da sola Piramide Vincent, da sola Punta Parrot, da sola Punta Dufour, da sola Punta Nordend, da sola Punta Gnifetti, da sola 1925 Marmolada, via comune, da sola Torre Winkler (gruppo Catinaccio), fessura Winkler Piz Piaz (gruppo Catinaccio), 3 volte Piz Pederiva (gruppo Catinaccio), 4 volte Tre Torri di Sella (gruppo Sella), 2 volte tutte e tre Bernina Scerscen (gruppo Bernina) Piz Palù (gruppo Bernina) Tre Mogge (gruppo Bernina) 1926 Monte Mucrone - dal Limbo, come capocordata Guglia Angelina (gruppo Grigne) 3 volte Punta Emma (gruppo Catinaccio), via Piaz N.E. Pizzo del Diavolo (Val Brembana) Pizzo Coca (Val Brembana) Grivola (Gran Paradiso) versante Sud Sass Pordoi, 3 volte – parete Sud – via Piaz Piz Boé, Pordoi 3 volte, da sola Croda da Lago, via comune 2 volte, da sola Paterno, via comune 2 volte, da sola
Torre Grande del Nuvolau, via comune, da sola Torre Inglese via, comune, da sola Torre Romana, via comune 2 volte, da sola Torre Barancio, via comune, da sola Guglia Angelina (Grigne), via comune, 2 volte, capocordata Sigaro Dones (Grigne), via comune, 2 volte Spigolo Dorn (Grigne), via comune Spigolo Cecilia (Grigne), capocordata 1927 Cresta Segantini (Grigne), salita e discesa da sola Guglia Angelina (Grigne), capocordata Fungo, (Grigne), 3 volte Sigaro Dones (Grigne), 2 volte Angelina (Grigne), via Polvara Ago Teresita (Grigne), via APE, 2 volte Magnaghi (Grigne) Fessura Dones 1928 Campaniletto, (Grigne), 2 volte capocordata Cresta Segantini, (Grigne), 2 volte, da sola Guglia Angelina (Grigne), capocordata Sigaro Dones (Grigne), via comune Pizzo Badile, 2 volte, capocordata Punta Sant’Anna, (Val Masino) 1° ascensione - via dei camini Pizzo Cengalo (Val Masino) da sola Punta Sertori (Val Masino), via Fiorelli Campaniletto (Grigne), 2 volte, capocordata Spigolo Cecilia (Grigne), 2 volte Ago Teresita (Grigne), via APE 1929 Cresta Segantini (Grigne), capocordata, (probabilmente con Franco Calvetti) Guglia Angelina (Grigne), 4 volte, capocordata Pizzo della Pieve (Grigne), parete Fasana Torre Delago (Catinaccio), spigolo O, 5 volte Torre Stabeler (Catinaccio), via Fehrmann – 2 volte Torre Stabeler (Catinaccio), via comune – capocordata Torre Delago (Catinaccio), Fessura Pichl – 4 volte Catinaccio, parete Est – via Piaz – 2 volte Spiz Piaz (Catinaccio), 4 volte Parete Laurino (Catinaccio), via Rizzi Parete Laurino (Catinaccio), spigolo – 2 volte Piz Pederiva (Catinaccio), 2 volte Torre orientale (Catinaccio), 1° ascensione parete sud Torre orientale (Catinaccio), camino Piaz – 4 volte
Torri di Vajolet (Catinaccio), 1° traversata notturna; salita e discesa, in ore 3,25 Teufalwandespitze, (Catinaccio), via Dibona, 3° assoluta e 1° femminile Mongolfiera (Larsec), 1° assoluta Dito di Fabio (Larsec), 1° assoluta Fiamma Pederiva (Larsec), 1° assoluta Cinque Dita (Sella), spigolo S.O. Cinque Dita (Sella), camini Schmidtt Torre Grande (Nuvolau), via Myriam, 2° femminile, 1° femminile italiana Marmolada, parete S – in ore 3,15 1930 Guglia Angelina (Grigne), capocordata – 3 volte Cresta Segantini (Grigne), da sola – 2 volte Fungo (Grigne) via comune – 3 volte Ago Teresita (Grigne), via APE – 2 volte Sigaro Dones (Grigne), via comune Croz del Rifugio (Brenta) via Gaspari Brenta Bassa (Brenta), camino Pederiva e discesa camino Deye, 5 volte Torre di Babele (Civetta), 1° femminile Cima dei Tre [Scarperi] (Brenta), 1° ascensione assoluta Punta Fiamme, Pomagnon spigolo – 2 volte Sasso Pordoi, parete S – via Piaz Sigaro Dones (Grigne) via comune Guglia Angelina (Grigne), via Polvara 1931 Torrione Costanza (Grigna), via comune Punta Giulia, (Grigna), Guglia Angelina (Grigna), via Polvara – 3 volte Fungo (Grigna), 5 volte Sigaro (Grigna), 3 volte – via comune Ago Teresita (Grigna), 2 volte – parete APE Cresta Segantini (Grigna), 2 volte – sola e capocordata Torrione Costanza (Grigna), parete N, 1° femminile e 2° assoluta con trasporto in vetta dell’emblema fascista da me donato. Guglia Angelina (Grigna), 1° ascensione parete SE con Cassin: via Mary Castelletto inf. di Vallesinella (Brenta), via HeimannGasperi Castelletto inf. di Vallesinella (Brenta), via Kiene – 1° femminile Croz del Rifugio (Catinaccio), via Piaz – 2 volte Croz del Rifugio (Catinaccio), via comune – 3 volte Cima Brenta Bassa (Brenta), camino Deye 29
Campanile Basso (Brenta), via comune Campanile Basso (Brenta), via Fehrmann – 2° femminile Cima Margherita (Brenta), via Videsott – 1° femminile Cima Tosa (Brenta), via comune – 2 volte – capocordata Punta Teresa (Brenta), via Agostini Campanile Alto (Brenta), via Videsott – 1° femminile Cima Piccolissima (Tre Cime), parete Preuss – 3° femminile Cima Piccola (Tre Cime), via comune – da sola Cima Grande (Tre Cime), via Dulfer – 1° femminile italiana Cima Ovest (Tre Cime), parete S con variante Dulfer Cima Ovest (Tre Cime), parete O via Dulfer Cima Piccola (Tre Cime), parete N via Ferhmann Guglia De Amicis (Cristallo ), via Dulfer – 3 volte Torre Leo (Cadini), via Dulfer – 2 volte Torre del Diavolo (Cadini), via Dulfer – 2 volte Campanile Dibona (Popena), 4° assoluta e 1° femminile Guglia di v. Popena alta (Popena) 2° assoluta e 1° femminile Pomagnon, spigolo Gilberti, 2° assoluta e 1° femminile Fungo (Grigne), 3 volte Zuccone Campelli, camino Bramani Cresta Segantini, (Grigne), capocordata Torrione Costanza (Grigne) 1932 Guglia Angelina (Grigne), capocordata Fungo, (Grigne) 1° ascensione diretta dalla Val Tesa (V grado sup.) Spigolo del Fungo
Costanza (Grigne), via comune Pizzo della Pieve, (Grigne), parete Fasana – capocordata Ago Teresita, (Grigne), 2 volte Torre Grande di Averau, (Nuvolau), fessura Dimai – 1° fem.it (V grado sup.) Tofana di Roces (Tofane), via Dimai parete S Col Rosà, via Dimai Pomagnon, camino Tersckak – 2 volte Torrioni Magnaghi (Grigne), traversata tre torrioni – da sola Cresta Segantini (Grigne), capocordata 3 volte Guglia Angelina (Grigne), 1° assoluta parete O. Via 28 ottobre Guglia Angelina (Grigne), via comune – capocordata Torre C.A.I. (Resegone) via comune Sigaro Dones (Grigne), 2 volte 1933 Guglia Angelina (Grigne), via comune, 3 volte – capocordata Punta Giulia (Grigne), 2 volte Cecilia (Grigne), spigolo Sigaro Dones (Grigne), Torrioni Magnaghi, (Grigne), traversata, capocordata Zuccone Campelli (Grigne), 1° ascensione Fessura Comici (con Comici, Cassin e Boga) Torre (Grigne), 1° ascensione parete SE Cresta Segantini (Grigne), 3 volte capocordata Torre C.A.I. (Resegone), 1 volta capocordata
Mary Varale con Furio Bianchet e Alvise Andrich, 1934 30
Pizzo della Pieve (Grigne), 2 volte parete Fasana Torrioni Magnaghi (Grigne), canalino Albertini – 2 volte Fungo (Grigne), 3 volte Cima Piccola Lavaredo via comune – 2 volte Torri Leo e del Diavolo (Cadini) via Dulfer – 2 volte Guglia De Amicis (Cristallo) via Dulfer – 3 volte Cima Piccola Lavaredo 1° ascensione spigolo all’antecima S. (VI grado). Spigolo giallo Torre Winkler, (Catinaccio) 2 volte Cima Piccola (Tre Cime di Lavaredo) variante bassa e via Helversen - 2 volte Sass Pordoi, parete S – 2 volte Torre Inglese (Nuvolau) capocordata con A.Bonacossa Torre Romana (Nuvolau), capocordata con A.Bonacossa Croda del Rifugio (Nuvolau), prima ascensione via dei camini SE Torri Leo e del Diavolo (Cadini) via Dulfer – 2 volte Traversata Torrioni Magnaghi (Grigne), capocordata – 2 volte Codera, (Val Codera), varie ascensioni con A.Bonacossa Ago Teresita (Grigne), 2 ascensioni via APE Torrione Costanza (Grigne), via normale Torrione Costanza (Grigne), via Cazzaniga, trasporto in vetta emblema fascista offerto dal segretario politico di Lecco in sostituzione dell’altro da me offerto che ignoti hanno asportato.
Torrione Costanza, (Grigne), nuova via sulla parete E (VI grado). Madrina del gagliardetto del Gruppo Arrampicatori Fascisti Nuova Italia di Lecco. 1934 Corno del Nibbio (Grigne), spigolo e variante Cassin – 5 volte Torrioni Magnaghi (Grigne), traversata capocordata – 2 volte Guglia Angelina (Grigne), via comune – 5 volte Guglia Angelina (Grigne), via Polvara – 3 volte Ago Teresita (Grigne), diedro Cassin e parete N – 2 volte Guglia Angelina (Grigne), via XXVIII ottobre Fungo, (Grigne) via comune – 2 volte Pizzo della Pieve (Grigne), parete Fasana capocordata Cinquantenario (Grigne), via comune – 2 volte Torrione Costanza (Grigne), via comune Corno del Nibbio (Grigne), via Comici, 1° femminile VI° Corno del Nibbio (Grigne), camino Mosca Torrione Magnaghi (Grigne), fessura Dones – 2 volte Torrione Magnaghi (Grigne), fessura Cassin Punta Ginetta (Grigne), 1° ascensione spigolo SO – 2 volte Cresta Segantini (Grigne), 3 volte capocordata Guglia De Amicis (Cristallo) via Dulfer – 2 volte Piccola Torre di Falzarego, 1° ascensione dello spigolo Cima O di Lavaredo, tentativo di 200 metri alla parete N VI° Torre Venezia (Civetta) via Cozzi Zanutti Cimon de la Pala 1° ascensione direttissima parete SOO (VI grado) Canalone Porta (Grigne) Cresta Segantini (Grigne), 2 volte capocordata 1935 Cresta Segantini (Grigne), capocordata Cresta Segantini (Grigne), sola Corno del Nibbio (Grigne), spigolo e variante Cassin – 2 volte Corno del Nibbio (Grigne), camino Mosca – 2 volte Guglia Angelina (Grigne), via comune capocordata Torrioni Magnaghi (Grigne), fessura Dones Torrioni Magnaghi (Grigne), traversata Fungo (Grigne), 2 volte Sigaro (Grigne), via comune Pizzo Badile (Val Masino) capocordata 1963 Mary Gennaro Varale muore il 9/12 a Genova 31
Con il contributo di:
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