Il Carciofo - Storia e Arte

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Il carciofo botanica | storia e arte | alimentazione | paesaggio coltivazione | ricerca | utilizzazione | mondo e mercato


il carciofo e il cardo

storia e arte Letteratura, pittura, cultura Vito Vincenzo Bianco Nicola Calabrese Margherita Zalum Cardon

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storia e arte Letteratura, pittura, cultura Antichità Il carciofo è un ortaggio tipico dell’area mediterranea e l’Italia ne è il principale produttore mondiale. Esso è stato coltivato ampiamente nel passato, sin dagli albori delle civiltà occidentali, anche grazie alle molte virtù che gli erano attribuite, e alle sue apprezzatissime qualità organolettiche; eppure, dal punto di vista storico, esso sembra non aver riscosso un uguale successo, e per molti aspetti la documentazione su questa preziosa pianta è lacunosa e incompleta. La situazione è resa ancora più complessa a causa del fatto che, per quanto riguarda le epoche più antiche, non è facile distinguere le notizie che si riferiscono al carciofo vero e proprio da quelle che invece sono relative al cardo selvatico. L’origine del carciofo non è del tutto chiara; anche se la zona non è stata individuata con certezza, si ipotizza che la domesticazione sia stata avviata in Sicilia. In tutte le civiltà che si sono sviluppate intorno al bacino del Mediterraneo si trova comunque traccia della conoscenza e dell’uso di questa pianta. Già nel IV secolo a.C. gli Arabi la coltivavano, sotto il nome di al-karshuf o ardi-shoki. Dai nomi arabi, che significano “spina di terra” e “pianta che punge”, con allusione alla Mosaico del III secolo d.C. proveniente da El Jem (Tunisia) rappresentante, tra le altre figure, due capolini di carciofo di diversa forma. Museo del Bardo, Tunisi

Particolare della figura precedente

Carciofi, particolare del mosaico di Arione e Orfeo, III secolo d.C., proveniente da La Chebba (Tunisia). Museo del Bardo, Tunisi

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letteratura, pittura, cultura presenza di spine sulle brattee che all’epoca erano sicuramente frequenti, sono derivati anche i nomi del carciofo nelle varie lingue nazionali europee. Così l’italiano carciofo, lo spagnolo alcachofa, il francese artichaut, l’inglese artichoke e il tedesco artischocke. La variante latina, carduus, sembra invece essere stata mantenuta per indicare la specie selvatica, differenziandola così da quella ottenuta per selezione. Certamente il carciofo era noto e apprezzato sia presso i Greci e i Romani, sia presso le popolazioni dell’Africa settentrionale. I recenti scavi archeologici effettuati nell’area di Mons Claudianus, colonia penale romana (232-68 a.C.) a circa 500 km dal Cairo, in Egitto, hanno permesso di rintracciare “semi” e brattee verosimilmente riconducibili a piante allora conosciute come carciofo. I Greci conoscevano sicuramente almeno il capostipite selvatico dell’ortaggio, perché a esso è collegata la leggenda secondo la quale il carciofo nacque dalla trasformazione di una fanciulla, chiamata Cynara a causa dei capelli cinerini, che fu sedotta da Giove e dalla quale poi il carciofo avrebbe preso il nome. Forse a questo episodio mitologico è collegata anche la fama di afrodisiaco che esso ha avuto sin dall’antichità. Lo scrittore antico Teofrasto (371-287 a.C.), filosofo e botanico, autore di un’importantissima opera sulla Storia delle piante, descrive le cardui pineae che forse si potrebbero identificare con i carciofi. Nel Mar Egeo esiste a est di Naxos una piccola isola, Kinara, celebrata per i suoi carciofi. Ed è ai Greci che si deve l’importazione del carciofo nell’Italia meridionale, durante il periodo dell’occupazione: probabilmente in Sicilia, durante il I secolo a.C., gli agricoltori riuscirono a rendere domestiche le specie selvatiche della pianta e a mettere a punto la coltivazione. Risulta infatti che in questo periodo la pianta era consumata a scopi alimentari e farmaceutici. Gli autori greci e romani del tempo sembrano voler tramandare ai posteri la memoria di questo successo colturale, ricordando il carciofo nelle loro opere e descrivendo – seppure parzialmente – le tecniche di coltivazione impiegate. Primo fra tutti Marco Terenzio Varrone, autore di un’opera didascalica intitolata De re rustica, composta nel 37 a.C. e formata da tre libri, di cui il primo tratta dell’agricoltura. Anche Gaio Plinio Secondo tratta delle modalità di coltivazione del carciofo, nella sua Naturalis Historia, un trattato naturalistico in forma enciclopedica composto di trentasette libri, solo in parte pubblicati durante la sua vita (I secolo d.C.). Per quanto riguarda i carciofi, Plinio ne distingue due tipi diversi nel portamento e nelle caratteristiche, che con tutta probabilità possono essere identificati rispettivamente con il cardo selvatico e col vero e proprio carciofo. Lo scrittore si sofferma in particolare sulle modalità di coltivazione più idonee, anche in relazione alle tecniche di propagazione della pianta: per “seme” o per talea. Inoltre, egli osserva che la coltivazione dei carciofi, specialmente nella zona di Cartagine e di

Personaggio che tiene nella mano destra un carciofo (Tebe, tomba del XIV secolo a.C. British Museum, Londra)

Visitazione, statue a colonna del portale orientale del transetto nord della cattedrale di Chartres (© Bridgeman Art Library/Archivi Alinari, Firenze)

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storia e arte Cordova, risulta assai redditizia (attestando così la loro diffusione in Spagna già in quest’epoca) e descrive le modalità di conservazione del raccolto affermando che in questo modo non passa giorno senza che i carciofi siano serviti in tavola. Il carciofo è citato anche nel X libro del trattato De re rustica di Lucio Giunio Moderato Columella, scritto nel I secolo d.C., che così fa menzione del carciofo: “piantate il carciofo spinoso, che caro sarà al bevitore Bacco, non caro ad Apollo canoro; esso viene talvolta in forma di chiuso violaceo corimbo, talvolta verdeggia la chioma colore del mirto, e il capo sul collo piegando, or tutto aperto rimane, or stringe la cima e somiglia a verde pigna, ora sembra un cestello e s’arma di spine paurose, or pallido imita la foglia d’acanto ritorta”. Nel secolo successivo, il carciofo è decritto da Galeno (129–216 d.C.), medico greco di Pergamo (oggi Bergama in Turchia), e tramite le sue opere esso entra ufficialmente nella medicina e nella farmacopea. All’attenzione che il carciofo riscuote in questo periodo fa riscontro anche l’esistenza di alcune testimonianze figurative sulla pianta: essa è rappresentata infatti in alcuni mosaici decorativi ritrovati in Tunisia, al El Jem e a La Chebba e risalenti al III secolo d.C. Entrambe le località erano molto importanti nei primi secoli dell’era cristiana, e gli edifici eretti dai Romani erano abbelliti con decorazioni musive di grande fascino, che attestano tra l’altro l’ininterrotto uso e consumo dei carciofi, anche se diversi da quelli disponibili oggi, nell’Africa settentrionale.

Fontane del Carciofo

• La fontana del Carciofo di Napoli

è una delle fontane monumentali del capoluogo partenopeo. Fu Achille Lauro a volerne la costruzione e affidò l’incarico all’ingegnere Fedele Comiti aiutato dal Massaro. È stata costruita negli anni Cinquanta del secolo scorso ed è posta al centro dell’odierna Piazza Trieste e Trento. È composta da una vasta vasca circolare in cui cade l’acqua che zampilla dal centro di una floreale corolla popolarmente detta “il Carciofo” • La Fontana del Carciofo a Madrid è stata realizzata alla fine del 1700 e si trova nel Parco del Buon Retiro, in Piazza della Repubblica di Honduras, vicino al Grande Stagno, uno dei luoghi più belli del parco. Il progetto si deve all’architetto Ventura Rodríguez e la realizzazione agli scultori Alfonso Giraldo Bergaz, Antonio Pino e Jose Rodrìguez. Esiste anche una copia dell’originale realizzata alla fine del ’900 • La Fontana del Carciofo che si trova a Palazzo Pitti a Firenze è opera di Francesco Susini e Francesco Tadda. Fu collocata nel 1641 in sostituzione di un’altra fontana, detta di Giunone, su una terrazza del fabbricato che chiude il lato nord-est del cortile dell’Ammannati, esattamente sopra la Grotta di Mosè. La fontana, dalla grande vasca ottagonale decorata con numerose statue e coronata dal carciofo in bronzo opera del Susini, domina così questa veduta e decora il punto intermedio tra palazzo e giardino. La denominazione “del Carciofo” sembra anche dovuta alla forte somiglianza con le foglie del carciofo delle decorazioni delle valve delle conchiglie con gli amorini ai lati della scalinata della fontana

Francesco del Tadda (1479-1585), Fontana del Carciofo, Giardino di Boboli, Firenze (© 2009. Foto Scala, Firenze, per concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali)

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letteratura, pittura, cultura Medioevo ed Età Moderna In epoca medievale le notizie sul carciofo si fanno molto scarse, ma certamente esso non scompare dagli orti e dai giardini, né tantomeno dalle tavole degli europei. La sua conoscenza è attestata dal fatto che esso riaffiora, insieme a un’ampia varietà di motivi decorativi fitomorfi, scolpito in alcuni capitelli che sorreggono le statue della cattedrale di Chartres (inizio XIII sec.). Intorno al Trecento, inoltre, esso era coltivato nella zona del Maghreb, a quel tempo sottoposto alla dominazione araba e musulmana. Ma il periodo di maggiore fortuna del carciofo ha inizio con l’età moderna. Da Napoli, esso è importato a Firenze nel 1466 da Filippo Strozzi; pochi anni dopo, è notato a Venezia come una curiosità. E dalla Toscana ben presto di diffonde in tutto il resto d’Europa. Già prima del 1530 esso è coltivato in Francia, come attesta l’opera di de l’Aigne, Singulier traicté contenant les propriétés des tortues, escargots, grenouilles et artichauts, stampata a Parigi. Nel 1532 aiuole di carciofi sono ricordate in Avignone, mentre nei decenni successivi la sua presenza è registrata anche in altre città della Francia. Assai rapidamente la sua coltivazione si estende dalla Linguadoca, alla Valle della Loira, all’Ile del France. Nello stesso periodo, il carciofo è introdotto in Inghilterra, probabilmente a opera degli Olandesi: si sa che esso era coltivato nel giardino di Enrico VIII a Newhall.

Jacques Le Moyne (de Morgues) (1533-1588), Carciofo: Cynara scolymus, c.1568, Victoria & Albert Museum, Londra (© The Bridgeman Art Library/Archivi Alinari, Firenze)

Christian Berentz (1658-1726), Ortaggi e frutta, Galleria Nazionale d’Arte Antica, Roma (© 2009. Foto Scala, Firenze, per concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali)

Blas de Ledesma (1590-1614), Natura morta con asparagi, carciofi, limoni e ciliege, Museo Bowes, Barnard Castle, County Durham, UK (© The Bridgeman Art Library/Archivi Alinari, Firenze)

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storia e arte Quadro sinottico storico e agronomico del carciofo Autore Tolomeo Evergete, re egiziano

Anno* III sec. a.C.

Montelucci Teofrasto Marco Terenzio Varrone Caio Plinio Secondo il vecchio

Riferimento Fa mangiare carciofi ai suoi soldati, poiché crede che infondessero forza e ardimento Foglie di carciofo nelle tombe Etrusche di Tarquinia

371-287 a.C

Descrive caratteristiche e proprietà del Cardui pineae

116-27 a.C.

Semi macerati in acqua di rose, gigli e alloro per conferire al carciofo un gusto ancora più gradevole

23-79

Una delle mostruosità del mondo. I Romani ricchi consumavano carciofi con miele, aceto, aromatizzati con cumino, così preparati erano disponibili tutto l’anno

Dioscoride Pedanio

40-80

Descrive il carciofo

Lucio Giunio Moderato Columella

I sec. d.C.

Nel De re rustica afferma che il carciofo è caro a Bacco, perché apprezzato dai bevitori, e suggerisce di concimare le piante con la cenere, da cui qualcuno fa derivare l’appellativo di Cynara

Marijke Van der Veen

II sec. d.C.

Ritrova brattee secche di carciofo nella località di Mons Claudianus a circa 500 km a sud del Cairo, Egitto

Mori del Nordafrica e i Saraceni

800

Coltivano il carciofo a Granada in Spagna e in Sicilia

Linda Stradley

800-1500

Nel periodo citato è forse migliorato nei monasteri tanto da assumere la forma che pressappoco oggi conosciamo

Henry Bresc

1000-1100

Afferma che il carciofo era coltivato nei giardini dei Normanni in Sicilia

Ibr al – Awwan

1100

Attesta che i giardinieri dell’Andalusia avevano migliorato il carciofo selvatico proveniente dal Nordafrica

Filippo Strozzi

1466

Introduce il carciofo in Toscana, i semi provenivano da Napoli, portati dai Mori

Ermolao Barbaro

1453-1493

Francesco Colonna

1499

Pier Andrea Mattioli

1544

Agostino Gallo

1566

Castore Durante

1585

GianVettorio Soderini

Afferma di aver visto il carciofo coltivato nei giardini di Venezia come rarità Cita il carciofo come rarità cara a Venere I carciofi chiamati archiciocchi in Lombardia… veggonsi carciofi di diverse sorti imperocchè spinosi e non spinosi, serrati e aperti, chiusi, grandi, lunghi… Nel Dieci giornate della vera Agricoltura e piaceri della villa descrive con “quali modi si può far venire gli articiocchi grossi” Descrive il carciofo e le sue proprietà farmacologiche

Fine XVI sec.

Afferma che il carciofo è presente e apprezzato

Davanzati

1600

Afferma che il carciofo è presente e apprezzato

Basilius Besler

1612

Nell’Hortus Eystettensis riporta l’illustrazione del Cinara genuensium e del C. maior Boloniensis

Giacomo Castelvetro

1614

Gaspard Bahuin

1623

Vincenzo Tanara

1604-1645

Afferma che il carciofo era ben conosciuto e apprezzato in Italia e “che non durano tutto l’anno come sovente fanno in Inghilterra” In Pinax Theatri botanici descrive sei tipi di carciofi, oltre ad alcune varietà esotiche assimilate a queste piante ma scoperte da poco in varie regioni del mondo Descrive il carciofo

Principe Borghese

1697

In un pranzo in onore di Papa Innocenzo XII fa servire 3400 carciofi

Filippo Nicosia

1735

Ne Il podere fruttifero e dilettevole riporta tipi a foglie non aculeate con le varietà cacocciuli a pignu e c. paolina e specie a foglie aculeate

Angelo D’Ambrosio

1756

Seminario di Otranto (Lecce), sono servite pietanze a base di carciofo ai seminaristi

De Salis Marschlins

1789

Segnala il carciofo in provincia di Bari

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letteratura, pittura, cultura Quadro sinottico storico e agronomico del carciofo Autore Filippo Re Johan Wolfang Goethe

Anno* 1811 1749-1832

Riferimento Ne L’Ortolano dirozzato menziona il carciofo a calice spinoso e non spinoso Scrive che in Italia i contadini mangiano carciofi

Pollini

1821

Descrive il carciofo

Chabrol de Volcic

1824

Nelle Statistiche riporta che in alcuni paesi costieri della Liguria, e soprattutto a Varazze e Alassio, si coltivano carciofi

Treville

1859

Descrive il carciofo

Inzenga

1861

Palermo, carciofo primaticcio

don Rebo

1867

Descrive il carciofo

Stefano Iacini

1883

Riporta che diversi comuni, come San Remo, Alberga, Pietra Ligure, Spotorno ecc., esportano carciofo. A Borgio, presso Finale, hanno costruito la stazione ferroviaria con il ricavato della vendita dei carciofi e delle pesche

Menicastri

1894

Distingue i carciofi domestici senza spine, spinosi e spinosissimi

*Si riferisce al periodo storico interessato o all’anno di pubblicazione dell’opera indicata

La graduale “ conquista” da parte della pianta di zone di coltura sempre più settentrionali è il portato dello straordinario progresso che interessa l’agricoltura nel XVI secolo: l’uomo è in grado non solo di mettere a punto modalità di coltivazione che proteggano la pianta dai rigori dell’inverno, ma anche di conseguire un maggiore controllo sul suo ciclo vegetativo, estendendone il periodo di raccolta e raffinando le modalità di moltiplicazione. Ne fanno fede in Italia l’opera di Bartolomeo Taegio, La villa (1559), ove per l’appunto si consiglia di attenersi al metodo francese – che consisteva nella piantagione scaglionata, in irrigazioni e cure attente – per ottenere la raccolta di carciofi tutto l’anno; e il testo di Olivier de Serres, Le Théâtre d’agriculture et mesnage des champs, pubblicato nel 1600, che conferma e precisa alcuni aspetti del metodo. Negli stessi anni, Gianvettorio Soderini aggiunge nel suo trattato Della cultura degli orti e dei giardini ulteriori notizie sulla coltivazione dei carciofi in Liguria, dimostrando così il fervore del dibattito agronomico e la vitalità degli scambi che caratterizzano il XVI e XVII secolo. In effetti, alcuni studiosi hanno affermato che tra Cinque e Seicento, grazie all’osservazione empirica della pianta e del suo comportamento, è stato messo a punto l’essenziale delle tecniche di moltiplicazione vegetativa e di coltivazione. Un miglioramento altrettanto rilevante nelle modalità di coltivazione del carciofo si avrà solamente tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, quando saranno definite le tecniche moderne di coltivazione, che permetteranno un adattamento totale alle condizioni ambientali e una padronanza completa del ciclo vegetativo.

Raffaello (1483-1520), Psiche portata in Olimpo, Villa della Farnesina, Roma (Franco Cosimo Panini Editore © su licenza Fratelli Alinari)

Abraham Bosse (1602-1676), I cinque sensi: il gusto, Museo delle Belle Arti, Tours (© 2009. White Images/Scala, Firenze)

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storia e arte A partire dal Cinquecento, il carciofo comincia ad apparire con sempre maggiore frequenza nei trattati di cucina, anche se l’apprezzamento che riscuote non è univoco: ai primi del secolo Ludovico Ariosto (1474-1533) riteneva che in esso: “durezza, spine e amaritudine molto più si trovi che bontade”. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, esso è assai gradito e, anzi, il consenso aumenta in parallelo con la sua crescente accessibilità da parte di fasce sempre più ampie della popolazione. Del crescente uso dei carciofi nella cucina italiana nel corso del Cinque e Seicento fa fede Michel de Montaigne, il celebre autore francese dei Saggi, che ha lasciato un interessantissimo diario del suo viaggio in Svizzera, Italia e Germania del 1580-1581 (pubblicato però solo nel 1774) che rappresenta oggi un documento storico di inestimabile valore. Qui si annota che: “in tutta Italia vi danno fave crude, piselli, mandorle verdi, e lasciano i carciofi pressoché crudi”. Lo stesso Rabelais e anche Stendhal non risparmiano lodi in favore del carciofo. Ulteriori riferimenti riportano che in un memorabile pranzo offerto dal principe Borghese al Papa Innocenzo XII il 22 aprile 1697, nella sua tenuta di Corraceto sulla via per Nettuno, tra le derrate impiegate siano stati utilizzati 3400 carciofi. Nel corso del XVI secolo, della pianta sono sottolineate da vari autori le proprietà afrodisiache. È per esempio il caso di Pier Andrea Mattioli, celebre medico e botanico, che fu anche autore di una ponderosa opera destinata a riportare consensi larghissimi

Quando si litiga per un piatto di carciofi

• Il famoso pittore Michelangelo Merisi,

conosciuto come Caravaggio, era noto per il suo carattere permaloso e litigioso. Una delle sue liti più famose, con un garzone dell’Osteria del Moro a Roma, avvenuta nel 1604, riguarda il carciofo. Caravaggio entra nell’osteria, si siede e ordina un piatto di carciofi. Il garzone porta al pittore i carciofi; alcuni cotti all’olio, altri invece al burro. Caravaggio chiede chiarimenti su quali siano gli uni e quali gli altri. Il garzone suggerisce al pittore che basta odorare per riconoscere quelli al burro e quelli all’olio. L’artista, irritato per la risposta, tira piatto e carciofi in faccia al garzone poi lo insegue per tutta l’osteria con la spada sguainata

David Teniers il Giovane (1610-1690), Paesaggio rurale con corte, ortaggi e frutti, Museo del Louvre, Parigi (© RMN/JeanGilles Berizzi/distr. Alinari, Firenze)

Josè Lopez-Enguidanos (1760-1812), Natura morta con frutti e ortaggi, Reale Accademia di Belle Arti di San Fernando, Madrid (© The Bridgeman Art Library/Archivi Alinari, Firenze)

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letteratura, pittura, cultura per più di due secoli: i Discorsi sul De materia medica di Dioscoride Pedanio, pubblicati per la prima volta in italiano nel 1544 e poi tradotti in latino dieci anni dopo. Questa seconda edizione del testo, corredata da un ricchissimo apparato iconografico di straordinaria qualità determinerà la fortuna dell’opera e imprimerà una svolta decisiva alla storia della botanica nel Cinquecento. Nella stessa linea anche il medico personale di Luigi XIII, La Framboisière, che scrive: “I carciofi scaldano il sangue e spronano in modo naturale al gioco amoroso di Venere, sono buoni per lo stomaco e fanno venire appetito, sono tanto apprezzati per la loro bontà che non si combina un sontuoso banchetto senza carciofi”. Benché la sua diffusione rispetto al passato si sia ampliata notevolmente, nel corso del Cinquecento il carciofo è ancora una pianta piuttosto rara, e considerata un bene di lusso, destinato alle tavole dei ricchi: non a caso in questo periodo esso merita gli appellativi di “principe delle verdure d’inverno” e “diavoleria mangereccia”. Le stesse modalità di coltivazione messe a punto in Italia e in Francia, cui si è accennato sopra, erano in realtà assai complesse e dispendiose; erano perciò attuate solo negli orti gravitanti attorno alle città, in rapporto di stretta dipendenza da un mercato privilegiato di acquirenti benestanti se non decisamente agiati. Nei contesti periferici e rurali il carciofo continua a essere coltivato secondo metodi più tradizionali, che però ne limitano la disponibilità a un breve periodo dell’anno.

Giuseppe Arcimboldo (1530-1593) (seguace), L’allegoria della terra, collezione privata (© The Bridgeman Art Library/Archivi Alinari, Firenze)

Carciofo alla corte di Francia

• Anche se la documentazione storica

la contraddice, la leggenda vuole che a far conoscere in Francia il carciofo sia stata la fiorentina Caterina de’ Medici, andata in sposa ad Enrico II. In ogni caso, la regina sembra essere stata particolarmente ghiotta di quest’ortaggio, al punto che a corte non poteva darsi un banchetto senza che fosse imbandita una piccola montagnola di carciofi. Evidentemente la sovrana ne apprezzava le proprietà digestive e l’azione benefica sul fegato, traendone giovamento nonostante le memorabili abbuffate: “si credeva di vederla scoppiare”, come tramanda un cronista dell’epoca. Anche il re Luigi XIV era un grande consumatore di carciofi

Vincenzo Campi (1536-1591), Fruttivendola, Pinacoteca di Brera, Milano (© Archivi Alinari, Firenze, per concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali)

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storia e arte Proprio il carattere di curiosità e la prerogativa di bene in qualche misura pregiato sembrano giustificare il fatto che tra la seconda metà del Cinquecento e la metà del Seicento esso goda di un’improvvisa fortuna figurativa, comparendo in molti dipinti di natura morta. Tra le prime opere in cui si ritrova l’ortaggio è la Fruttivendola di Vincenzo Campi, dipinta nel 1580 e conservata a Milano, alla Pinacoteca di Brera; si tratta di una delle prime opere in cui l’interesse per la raffigurazione di soggetti naturalistici si fa predominante sui contenuti stessi dell’opera. Dello stesso periodo, anche se non della stessa temperie culturale, sono l’Estate (Parigi, Museo del Louvre, circa 1573) e il Ritratto di Rodolfo II come Vertumno (Båsta, Stoccolma, Skoklosters Slott, databile al 1591) di Giuseppe Arcimboldo, opere ispirate al clima di lambiccata raffinatezza e di virtuosismo estremo che contraddistingue le corti europee (in particolare quella asburgica) nella seconda metà del Cinquecento. A partire da questi esempi più precoci, ben presto il carciofo comincia a far bella mostra di sé in una ricca serie di raffinate pitture di natura morta, accanto ai fiori rari e preziosi, alle frutta ricercate e agli oggetti insoliti che fanno parte del repertorio dei pittori più à la page. Proprio negli ultimi decenni del Cinquecento e nei primi del Seicento si afferma infatti il nuovo genere pittorico della natura morta, la cui nascita può essere ricondotta al generale clima di vivo interesse per il mondo naturale che contraddistingue la civiltà europea dell’epoca. Infatti, come è ben noto, l’arrivo di moltissime piante e animali dalle Americhe, così come dal Vicino ed Estremo Oriente, ebbe conseguenze di straordinaria portata in tutti gli ambiti della

Giovanna Garzoni (1600-1670), Vassoio con carciofi, Galleria Palatina, Firenze (© 2009. Foto Scala, Firenze, per concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali)

Elizabeth Blackwell (1757-1782), Carciofo, dall’Herbarium Blackwellianum, 1757 (© Bridgeman Art Library/Archivi Alinari, Firenze)

Candeliere e coppa con coperchio del servizio S. Andrea in porcellana di Meissen (1744-1745), scuola tedesca (© Bridgeman Art Library/Archivi Alinari, Firenze)

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letteratura, pittura, cultura

Adolfo Tommasi (1851-1933), Primavera, Galleria d’Arte Moderna, Firenze (© 2009. Foto Scala, Firenze, per concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali)

Giorgio De Chirico (1888-1978), Melanconia di un pomeriggio, Museo nazionale d’Arte moderna, Parigi (© Collection Centre Pompidou, Dist. RMN/Jean-Claude Planchet/Distr. Alinari, Firenze)

cultura europea e favorì la nascita di un collezionismo botanico che interessò tutto il continente, coinvolgendo rappresentanti di tutte le classi sociali (dai principi e cardinali ai più modesti gentiluomini, agli artisti, scienziati, monaci, avventurieri e via dicendo). In relazione a questo fenomeno prende vita una vasta produzione di immagini botaniche e zoologiche, finalizzate in primo luogo a documentare l’esistenza di esemplari inconsueti di piante (spesso fiori, ma anche ortaggi e frutta), poi anche a esibirle ed esporle all’ammirazione dei riguardanti. Ed è chiaramente in questa cornice intellettuale e culturale che anche le rappresentazioni dei carciofi trovano la loro giustificazione. Dal Settecento ai giorni nostri Al XVIII secolo possono essere fatte risalire le prime descrizioni di diverse varietà di carciofo, anche se si può presumere che già da tempo ne fossero noti diversi tipi. In altre parole, in questo periodo si osserva uno spostamento dell’interesse dalle problematiche di tipo agronomico e orticolturale, prevalenti presso gli autori cinque e seicenteschi, a quelle classificatorie e tassonomiche, in linea con la contemporanea evoluzione della botanica e con il grande sforzo di giungere a un sistema univoco di classificazione del mondo vegetale, sforzo coronato dal successo di Linneo. Nella sua opera su Il podere fruttifero e dilettevole, stampata nel 1735, Filippo Nicosia barone di San Giaime compie una prima grande distinzione tra le varietà di carciofo che hanno le spine e quelle che invece ne sono prive, e procede con ulteriori distinzioni, all’interno di ciascun gruppo, tra i diversi colori delle foglie.

William Morris (1834-1896), Il carciofo (ricamo realizzato su lino da Mrs. Godman nel 1877), Victoria & Albert Museum, Londra (© The Bridgeman Art Library/Archivi Alinari, Firenze)

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storia e arte

Carciofo visto dai premi Nobel

• Grazia Deledda (1871–1936) nella

novella Il tesoro degli zingari, così descrive il carciofo: “…vidi gli orti già tutti fioriti, le canne che rinascevano, carciofi che parevano, sugli alti gambi argentei, grandi boccioli di rose...”

• Pablo Neruda (1904 – 1973), nell’Ode

al vino ed altre odi elementari, dedica una poesia al carciofo di cui si riportano alcuni versi: “Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero, ispida edificò una piccola cupola, si mantenne all’asciutto sotto le sue squame,… e un bel giorno, a ranghi serrati, in grandi canestri di vimini, marciò verso il mercato a realizzare il suo sogno: la milizia… ma allora arriva Maria col suo paniere, sceglie un carciofo,… lo compra, lo confonde nella sua borsa con un paio di scarpe, con un cavolo e una bottiglia di aceto finché, entrando in cucina, lo tuffa nella pentola. Così finisce in pace la carriera del vegetale armato che si chiama carciofo, poi squama per squama spogliamo la delizia e mangiamo la pacifica pasta del suo cuore verde”

Autore non identificato, Imbarco dei carciofi a Porto Torres, 1934. (© Touring Club Italiano/Gestione Archivi Alinari, Firenze)

Una simile ripartizione in base ai caratteri delle foglie, o della forma della calatide, è poi ripresa dagli autori successivi, fino a ben entro il XX secolo, pur risultando questi criteri ormai insufficienti a fronte dell’enorme numero di cultivar note in varie aree del Continente. Nel corso degli anni Settanta si è quindi tentato di procedere a un lavoro di identificazione e descrizione di tutte le varietà esistenti che tenesse conto di un numero più ampio e ragionato di caratteri della pianta.

Eugene Benoit Baudin (1843-1907), Natura morta, collezione privata. (© Bonhams, London/The Bridgeman Art Library/Archivi Alinari, Firenze)

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letteratura, pittura, cultura La diffusione del carciofo ha avuto un’altra fase di grande espansione nel XVIII e XIX secolo, quando gli emigranti Francesi e Spagnoli portarono la pianta negli Stati Uniti, rispettivamente in Louisiana e in California. È soprattutto in quest’ultimo stato che essa ha trovato condizioni particolarmente favorevoli per la crescita, tanto che i cardi selvatici vi sono diventati addirittura infestanti. Sempre durante il Settecento e l’Ottocento, a opera di emigranti europei, il carciofo è giunto anche in America del Sud (Brasile, Cile, Argentina). Durante l’Ottocento, in parallelo con l’intensificarsi degli studi scientifici e medici sul carciofo, ha preso avvio anche una grande espansione della coltivazione di quest’ortaggio in Italia, soprattutto nelle regioni meridionali: durante l’epoca di dominazione borbonica, nel 1811, l’ufficio statistico del Regno di Napoli segnalava la presenza di carciofi nella zona di Eboli, di Capaccio e in Capitanata; coltivazioni di carciofi furono impiantate anche nelle zone adiacenti i famosi templi di Paestum. Il vero boom della coltivazione di questa pianta nell’Italia del Sud si è avuto però alla fine degli anni Venti del Novecento, grazie alle vaste opere di bonifica e trasformazione agraria portate dalla riforma fondiaria. È infatti in questo periodo che viene avviata la coltivazione del carciofo in pieno campo, che poi (a parte il periodo bellico) ha visto molti decenni di continuo incremento produttivo, sia grazie alle sempre più estese superfici destinate alla coltivazione, sia grazie all’aumento della produzione.

Re e Regina del carciofo

• Il carciofo viene universalmente

considerato ‘il re dell’orto’; la cronaca americana della prima metà del ’900 riporta notizie curiose di due noti personaggi che, per motivi diversi, sono stati definiti l’uno il re l’altra la regina del carciofo

• Ciro Terranova (1889-1938), era un

malavitoso di origine siciliana che fu soprannominato King of Artichoke, perchè controllava totalmente la vendita del carciofo a New York. Infatti comprava le cassette di carciofo dalla California e imponeva, con tutti i mezzi, la vendita al mercato all’ingrosso con notevole sovrapprezzo, terrorizzando i venditori che ostacolavano i suoi affari. Questa situazione durò parecchi anni, fino a quando l’allora sindaco Fiorello La Guardia, anch’egli di origine italiana, si presentò al mercato del Bronx e mise al bando l’esposizione, il possesso e la vendita di carciofi. Ciro Terranova assieme ad altre cinque persone, fu accusato di violazione delle leggi commerciali e allontanato dalla città

• Castroville in California è una città al

centro di un’area già nota dalla prima metà del ’900 per la produzione di carciofi, e per questo motivo è sede dal 1947 di un festival annuale del carciofo. Durante la prima edizione della manifestazione, nel 1947, fu eletta reginetta di bellezza, Queen of artichoke, la giovane e allora sconosciuta Marilyn Monroe, che poi diventò un’attrice di fama internazionale

Haydn Cornner (1961-), Carciofo dopo il diluvio, collezione privata (© Portal Gallery Ltd/The Bridgeman Art Library/Archivi Alinari, Firenze)

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