Il carciofo botanica | storia e arte | alimentazione | paesaggio coltivazione | ricerca | utilizzazione | mondo e mercato
il carciofo e il cardo
mondo e mercato Carciofo nel mondo Vito Vincenzo Bianco, Nicola Calabrese
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mondo e mercato Carciofo nel mondo Diffusione e produzione Il carciofo è coltivato nel mondo su una superficie di poco inferiore a 130.000 ettari (ha), con una produzione totale di 1.327.000 t. In generale negli ultimi vent’anni sia la superficie coltivata sia la produzione totale dei Paesi in cui la coltivazione è praticata da lungo tempo non hanno subito variazioni significative, mentre sono stati registrati notevoli incrementi in quelli in cui il carciofo è stato introdotto di recente. L’Italia è al primo posto per la superficie coltivata, circa 50.000 ha, pari al 39% della superficie mondiale e la produzione totale di capolini, con 474.000 t (36% del totale mondiale). Segue la Spagna, con meno della metà della superficie e della produzione totale rispetto all’Italia, con 20.000 ha e 215.000 t. Al terzo e quarto posto per superficie coltivata si collocano la Francia con 10.300 ha, in cui la superficie si è ridotta del 30% dagli anni ’90 in poi, e la Cina con 10.000 ha. Quest’ultimo dato è particolarmente interessante perché l’introduzione del carciofo in Cina è recente; in circa 15 anni sono stati raggiunti e superati altri Paesi in cui la coltivazione di questa specie ha una lunga e consolidata tradizione tra i quali Argentina, USA, Grecia, Marocco, Egitto e Algeria. Anche per il Perú
Punti di forza della cinaricoltura
• Vocazionalità territoriale/ambientale • Specializzazione produttiva • Alta professionalità dei produttori • Prodotto caratterizzato da importanti elementi salutistici
• Applicazione di processi produttivi evoluti
• Livello tecnologico avanzato delle imprese
• Elevata variabilità varietale
Punti di debolezza della cinaricoltura
• Inadeguatezza dell’offerta rispetto
Superficie coltivata a carciofo nel mondo
alla domanda
Superficie (.000 ha)
• Elevata quantità di prodotto
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2007
Italia
49
49
48
51
50
50
50,3
Spagna
22
27
31
18
20
19
20,0
Francia
14
14
15
14
12
11
10,3
Cina
-
-
-
4
6
10
10,0
Argentina
3
4
4
4
4
5
4,6
Cile
2
2
3
2
3
4
4,3
Perú
0,2
0,1
0,1
0,2
0,4
4
4,2
Egitto
2
2
3
3
3
4
3,6
Algeria
3
1
1
0,1
4
3
3,6
Grecia
3
3
3
2
2
3
3,3
USA
4
5
4
4
4
3
3,2
Marocco
6
2
1
2
3
4
3,2
Tunisia
2
1
2
3
3
2
2,2
Mondo
117
111
117
111
123
120
128,8
indifferenziato
• Elevata frammentazione del sistema produttivo
• Basso livello di aggregazione dei produttori • Scarsa concentrazione dell’offerta • Costi di produzione elevati • Scarsa disponibilità di manodopera • Scarso peso contrattuale nelle transazioni commerciali
• Elevati rischi di crisi di mercato • Ampia oscillazione dei redditi • Scarsità di prodotto che esprima le caratteristiche tecniche e socioculturali del territorio
358
carciofo nel mondo Produzione di carciofo nel mondo Produzione (.000 t) 1980
1985
1990
1995
2000
2005
2007
Italia
598
418
487
517
515
470
474
Spagna
288
269
428
251
285
189
215
Argentina
59
77
72
75
85
88
90
Egitto
29
41
74
40
35
70
74
Perú
1
1
0,9
1,9
4
68
72
Cina
-
-
-
14
16
55
65
Francia
103
55
97
63
64
50
55
Marocco
33
18
17
35
41
53
52
USA
43
61
51
37
40
38
41
Algeria
14
3
6
7
40
37
37
Cile
18
15
21
17
24
32
34
Grecia
44
32
34
25
26
35
25
Tunisia
13
11
12
22
17
12
19
Mondo
1254
1017
1323
1146
1330
1323
1317
Capolini di Violetto di Provenza in cassette di cartone
si registra un incremento notevole delle superfici, che sono decuplicate negli ultimi cinque anni, raggiungendo 4200 ha nel 2007. Per la produzione totale, dopo Italia e Spagna, seguono nell’ordine Argentina, Egitto, Perú e Cina. La Francia, a causa della bassa produzione unitaria (5,3 t/ha in media), è relegata al settimo posto.
Carciofaia in Spagna
359
mondo e mercato Completano la graduatoria dei primi dieci Paesi produttori Marocco, USA e Algeria. Per quanto riguarda il calendario del periodo di raccolta, è opportuno premettere che la tecnica colturale e le caratteristiche varietali influenzano notevolmente il calendario di raccolta in tutti gli areali di coltivazione. In genere, nei Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, la produzione dei capolini comincia in autunno, prosegue durante l’inverno con modalità che dipendono dalle condizioni climatiche, in alcune zone può anche interrompersi, raggiunge il culmine in primavera e termina di solito a fine maggio. Differisce notevolmente il calendario di produzione delle regioni della Francia del Nord; in queste zone, infatti, le condizioni climatiche particolari consentono la raccolta dei capolini durante la stagione estiva; pertanto la Francia può produrre carciofi tutto l’anno. Situazione simile si osserva in California (USA), dove le favorevoli condizioni climatiche delle diverse aree di coltivazione e le differenti tecniche colturali permettono l’offerta di capolini sul mercato interno durante l’intero anno. Nei Paesi del Sudamerica, l’epoca di produzione va da metà aprile a inizio dicembre e corrisponde al periodo autunnale-primaverile. In Perú, invece, la produzione si ottiene durante tutto l’anno, perché le due grandi aree di coltivazione, la zona costiera e la sierra andina, coprono nel loro insieme tutti i mesi. Questa situa-
Carciofi Blanca de Tudela al mercato di Madrid
Calendario del periodo di raccolta in vari Paesi Nazione
Gen
Feb
Mar
Apr
Italia Spagna Francia Nord Francia Sud Grecia Egitto Tunisia Algeria USA Cina Turchia Argentina Cile Perú costa Perú sierra
360
Mag
Giu
Lug
Ago
Set
Ott
Nov
Dic
carciofo nel mondo zione è molto favorevole all’industria di lavorazione (che trasforma gran parte della produzione per destinarla all’esportazione), non essendo soggetta alla stagionalità della lavorazione come invece accade negli altri Paesi produttori.
1% 0,3% 1,8% 0,7%
Esportazioni e importazioni Per quanto riguarda gli scambi commerciali del prodotto fresco, il totale delle esportazioni nel 2007 ammonta a 56.551 tonnellate (t) per un valore complessivo di 70.648.000 $. La Spagna è al primo posto per l’esportazione dei capolini con circa 21.500 t, corrispondenti al 10% della produzione nazionale e, in valore, a poco più di 29 milioni di $. La maggior parte del prodotto è esportata in Francia (65% del totale) e in Italia (29%); quantità modeste sono destinate in Germania, Belgio e Olanda. L’Egitto è il secondo esportatore mondiale con 12.000 t, pari al 16% della produzione nazionale, e in valore a 8.825.000 $. Seguono Francia e Stati Uniti con 7391 e 5172 t, per un valore di 9.817.000 e 4.574.000 $ rispettivamente; l’Italia esporta 4162 t di capolini, che corrispondono solo allo 0,9% della produzione nazionale. Questo dato evidenzia che il mercato interno assorbe la quasi totalità della produzione. Le esportazioni italiane sono dirette quasi totalmente verso i Paesi dell’Unione Europea (93%) e verso quelli extra Ue (6%); quantità modestissime raggiungono l’Estremo Oriente e il Nordamerica.
1,8%
30,3%
64%
Francia
Paesi Bassi
Italia
Regno Unito
Germania
Altri
Belgio Esportazione di carciofo fresco dalla Spagna (%)
Esportazione e importazione di carciofo nei primi dieci Paesi Esportazione
Importazione
Paese
t
(1.000 $)
($/t)
(%)*
Paese
t
(1.000 $)
($/t)
Spagna
21.465
29.385
1369
10,0
Francia
20.765
25.305
1219
Egitto
12.030
8825
734
16,2
Italia
15.165
19.505
1286
Francia
7391
9817
1328
13,4
Olanda
2329
2216
951
Stati Uniti
5172
4574
884
12,6
Canada
2166
3177
1467
Italia
4162
4762
1144
0,9
Germania
1991
3393
1704
Irlanda
1736
6080
3502
-
Belgio
1928
2571
1334
Olanda
1478
3687
2495
-
Turchia
1307
301
230
Messico
777
506
651,2
74,0
Svizzera
1281
2922
2281
Marocco
528
894
1693
1,0
Regno Unito
842
1672
1986
Tunisia
267
366
1371
1,4
Stati Uniti
766
1435
1873
Mondo
56.551
70.648
1249
Mondo
51.762
66.882
1292
* Percentuale di prodotto esportato rispetto alla produzione totale Fonte: FAO
361
mondo e mercato Importazione italiana di carciofi 18.000 16.000 14.000 12.000 10.000 8000 6000 4000 2000 0
0,4% 0,2 0,2 6,1%
93,2%
2000
2001
2002
Import (tonnellate)
2003
2004
2005
2006
Import (migliaia di euro)
Fonte: elaborazioni CSO su dati ISTAT
Unione Europea (25)
Curiosità suscitano i dati riferiti all’esportazione dell’Olanda che non è un Paese produttore di carciofo; in realtà gli olandesi importano prodotto a prezzo basso (951 $/t), lo rilavorano e lo esportano a un prezzo (2495 $/t) più che doppio di quello d’acquisto. L’importazione di carciofo fresco nel mondo è pari a 51.762 t per un valore di 66.882.000 $. La Francia è il primo Paese importatore con 20.765 t, seguita dall’Italia con 15.165 t per un valore di 19.505.000 $ e da Olanda, Canada, Germania e Belgio. La Svizzera e il Regno Unito si distinguono per l’elevato prezzo pagato, 2281 e 1986 $/t, rispettivamente. Negli ultimi anni la quantità di carciofo importata in Italia è raddoppiata, infatti nel periodo 2000-2003 era di 7000 t circa; i Paesi di provenienza del prodotto importato sono Spagna, Francia ed Egitto. Quest’ultimo è diventato di recente il maggior esportatore
Europa Extra UE (25) Estremo Oriente Nordamerica Altri Paesi Esportazione italiana di carciofo (% media del periodo 2000-2006)
Tonnellate
Importazione italiana del carciofo per Paesi d’origine 18.000 16.000 14.000 12.000 10.000 8000 6000 4000 2000 0
2000 Egitto
Raccolta del Camus de Bretagne, Francia
2001
2002
2003
Spagna
Fonte: elaborazioni CSO su dati ISTAT
362
2004
Francia
2005 Altri
2006
carciofo nel mondo di carciofo in Italia; infatti, fino al 2002 le quantità esportate erano modeste (1000 t circa), mentre negli anni successivi hanno quasi raggiunto 12.000 t. I carciofi egiziani arrivano in Italia durante il periodo invernale, prevalentemente da metà dicembre a fine febbraio, quando la richiesta del mercato è elevata, mentre in molti areali cinaricoli nazionali la produzione rallenta, o si interrompe, a causa delle basse temperature e dei danni da freddo. Diversamente la Francia esporta carciofi soprattutto nel periodo estivo, quando le carciofaie in Italia sono nella fase di riposo o la produzione deve ancora iniziare. È interessante notare che, pur essendo l’Italia il maggior produttore mondiale e pur esportando pochissimo carciofo, è anche il secondo Paese importatore, a conferma dell’elevato consumo a livello nazionale di questo ortaggio. Infatti il consumo pro capite più elevato si riscontra in Italia con circa 8 kg, cui seguono Spagna, Argentina, Grecia e Cile. Per quanto riguarda il prodotto trasformato, la Spagna, con oltre 60.000 t è di gran lunga anche al primo posto per l’esportazione di cuori di carciofo conservati soprattutto in salamoia, che esporta prevalentemente negli Stati Uniti, in Italia, Francia, Germania e Canada rispettivamente per il 55 – 12 – 9 – 7 e 6%. Altri Paesi produttori di carciofo trasformato sono Italia, Francia, Egitto, Tunisia, Turchia, Cina, Perú e Cile. L’Italia si distingue per una produzione eccellente e per una diversificata tipologia di carciofini sottolio. I principali Paesi importatori sono gli Stati Uniti, che assorbono il 53% del totale del prodotto trasformato, seguiti da Francia, Spagna e Italia. L’Egitto è tra i Paesi extracomunitari quello che monopolizza le esportazioni nell’Unione Europea del carciofo trasformato, con il 96% del totale, sia per quanto riguarda le quantità, poco più di 8600 t, sia in valore, pari a 13.600.000 $. Con il 2,7 e 0,7% seguono Tunisia e Marocco rispettivamente.
3% 2% 5% 9%
8
53%
9% 14%
USA
Germania
Francia
Regno Unito
Spagna
Belgio
Italia
Altri
Paesi importatori di carciofo trasformato (valori espressi in percentuale)
Consumo pro capite di carciofo in vari Paesi 9
5%
Capolini in vendita presso la GDO negli USA
8,1
7 5 4 3 2 1 0
2,5 2,3 2,3
2,0
1,7 1,5
1,2 1,1 1,0
0,7
0,3 0,05 0,2
Ita l Sp ia ag Ar na ge nt ina Gr ec ia Ci l Tu e nis Ma ia ro cc Fr o an ci Alg a er ia Pe rú Eg itt o US A Ci na Mo nd o
kg
6
Carciofo biologico in vendita a Tunisi
363
mondo e mercato I Paesi esportatori di carciofo in salamoia negli Stati Uniti sono principalmente la Spagna, che copre il 60% del mercato, seguita a distanza da Perú, 20% e Cile, 15%; l’Italia occupa solo la quarta posizione con il 3,2%. Le principali città di destinazione sono New York, Los Angeles, Baltimora e San Francisco. Negli ultimi dieci anni il Perú si è affacciato prepotentemente sul mercato mondiale dell’esportazione del carciofo trasformato, collocandosi al secondo posto dopo la Spagna. La buona qualità del prodotto e il costo di produzione, molto basso rispetto ad altri Paesi competitori, hanno favorito l’espansione sui mercati. Gli Stati Uniti sono il principale Paese destinatario delle esportazioni (67% del totale); quote minori raggiungono Spagna (16%) e Francia (9,2%). Seppur con quantitativi finora molto modesti (0,3% del totale esportato), i carciofi in salamoia del Perú raggiungono l’Italia, creando qualche preoccupazione alle prospettive future delle industrie del settore. La Spagna è il maggior esportatore di carciofo surgelato, con circa 6000 t, destinate principalmente a Francia (48% del totale esportato) e Italia (41%); mentre Egitto, Perú e Marocco sono i principali Paesi extracomunitari che esportano il carciofo surgelato nell’Unione Europea con rispettivamente il 72 – 17 – 8% del mercato totale.
0,7% 3,2% 2% 14,8% 59,6% 19,7%
Spagna
Cile
Cina
Perú
Italia
Altri
Paesi esportatori di carciofo in salamoia negli Stati Uniti (valori espressi in percentuale)
2,1% 3,1% 3% 9,2%
Produzione in Italia In Italia il carciofo è coltivato su una superficie di poco inferiore a 50.000 ha; la produzione totale di capolini, è di circa 518.000 t. Dall’andamento della superficie totale negli ultimi sessant’anni, si nota il progressivo incremento fino al 1971, quando è stato raggiunto il valore massimo di 63.742 ha; negli anni successivi la superficie è diminuita fino a raggiungere il minimo nel 1993 con 47.100 ha. Nell’ultimo decennio la superficie si è stabilizzata intorno ai 50.000 ha. Per quanto riguarda la produzione totale, l’an-
67,1%
15,5%
USA
Francia
Olanda
Spagna
Germania
Altri
Esportazione di carciofo trasformato dal Perú in vari Paesi (valori in percentuale)
Evoluzione della superficie destinata alla coltivazione del carciofo in Italia 70.000 60.000 50.000 ha
40.000 30.000 20.000 10.000 0 Capolini di Blanca de Tudela
1960
1970
1980 Anni
364
1990
2000 2008
carciofo nel mondo
Tonnellate
Evoluzione della produzione totale del carciofo in Italia 800.000 700.000 600.000 500.000 400.000 300.000 200.000 100.000 0
Italia Italia Superficie: 49.952 ha (Superficie: 49.952 Produzione totale: 517.999ha t
Produzione totale: 517.999 t)
1960
1970
1980
1990
2000 2008
Anni
damento ricalca quello osservato per la superficie, pur tenendo conto della notevole influenza sulla produzione delle condizioni climatiche verificatesi nelle singole annate. La produzione unitaria del carciofo in Italia è aumentata fino alla metà degli anni ’70, e leggermente diminuita nei vent’anni successivi. La tendenza alla riduzione della produzione areica si è consolidata nell’ultimo decennio, nonostante siano migliorati notevolmente la tecnica colturale (soprattutto per quanto riguarda la fertilizzazione e l’irrigazione) e il controllo dei parassiti. Attualmente le regioni in cui il carciofo è maggiormente diffuso sono la Puglia con 17.085 ha e 173.448 t di capolini, la Sicilia (14.270 ha e 159.064 t) e la Sardegna (12.952 ha e 106.860 t), che insieme rappresentano il 90% della superficie totale coltivata e l’85% della produzione nazionale. Presenze significative della coltivazione del carciofo si registrano anche in Campania (2019 ha e 34.663 t) e Lazio (1043 ha e 20.650 t).
Puglia Superficie: 17.085 ha Produzione totale: 173.448 t Sicilia Superficie: 14.720 ha Produzione totale: 159.064 t
Evoluzione della produzione del carciofo in Italia Sardegna Superficie: 12.952 ha Produzione totale: 106.859 t
1,4 1,2
t/ha
1,0
Campania Superficie: 2019 ha Produzione totale: 34.663 t
0,8 6,0 4,0
Lazio Superficie: 1043 ha Produzione totale: 20.650 t
2,0 0,0
1960
1970
1980
1990
2000 2008
Anni
365
mondo e mercato Scenari futuri del carciofo in Italia Recenti studi e indagini di mercato hanno delineato con chiarezza gli aspetti riferiti al mercato globale sui quali tutto il sistema agricolo italiano deve riflettere e confrontarsi. Alcuni Paesi emergenti, a partire da quelli del Nordafrica (Tunisia, Algeria, Marocco, Egitto), soprattutto per il prodotto fresco, e del Sudamerica (Cile e Perú), per il trasformato, sono in costante crescita organizzativa e
Calendario d’acquisto del carciofo in Italia 120.000
Tonnellate
100.000 80.000 60.000 40.000 20.000
Carciofaia in Agro di Mola di Bari, Puglia
0
I trimestre
II trimestre
III trimestre
2000
2001
2002
2004
2005
2006
Fonte: elaborazioni CSO su dati GFK Italia
Carciofaia a Villa d’Agri, Basilicata
366
2003
IV trimestre
carciofo nel mondo Acquisti di carciofo al dettaglio in Italia: quantità, valore e prezzo medio 700.000 600.000
2,84
3,50
3,11
2,86
3,29
3,28
3,26
2,32
500.000
3,00 2,50
400.000
2,00
300.000
1,50
200.000
1,00
100.000
0,50
0
2000
2001
2002
2003
Quantità (tonnellate)
2004
2005
2006
0,00
Valore (migliaia di euro)
Prezzo medio (euro/kg) Fonte: elaborazioni CSO su dati GFK Italia
commerciale e attuano politiche di vendita con prezzi molto competitivi, mentre i tradizionali competitori europei, Spagna e Francia, si presentano sui mercati in maniera compatta sfruttando al meglio la loro organizzazione e riuscendo a esaudire le esigenze
Carciofaia in provincia di Foggia
Prezzi del carciofo Violetto proveniente da diverse regioni e del Romanesco proveniente dal Lazio, registrati al Centro Agroalimentare di Roma 2,10
1,50 1,20 0,90 0,60
31/03/08
17/03/08
03/03/08
15/02/08
25/01/08
09/01/08
21/12/07
14/12/07
30/11/07
19/11/07
07/11/07
0,00
23/10/07
0,30 08/10/07
Prezzo unitario (€)
1,80
Data Carciofo Romanesco Carciofo Violetto: Puglia Sardegna
Carciofaia in Sicilia
Sicilia
367
mondo e mercato logistiche della grande distribuzione, che invece l’Italia non riesce a soddisfare. In Italia, gran parte della produzione viene offerta in maniera disorganizzata: ciò costituisce senza dubbio un handicap per la nostra produzione e quindi le vendite e i fatturati di molti prodotti ortofrutticoli, tra cui il carciofo, stanno vivendo stagioni difficili. Tanto più che alcuni Paesi importatori, soprattutto la Francia, registrano un crescente interesse da parte di Paesi nordafricani che sono considerati forti competitori; invece l’adozione di politiche di collaborazione, anziché di concorrenza, potrebbe condurre a strategie commerciali comuni tese ad ampliare la gamma dell’offerta e a estendere la stagionalità della produzione. Alla luce delle nuove politiche comunitarie, due sembrano le strade da percorrere per gli imprenditori agricoli: le piccole imprese che vendono i carciofi ai mercati locali dovrebbero specializzarsi e offrire prodotti di qualità per il mercato interno, mentre per quelle più strutturate la scelta quasi obbligata dovrebbe essere l’aggregazione, per creare gruppi vincenti fuori dai confini nazionali, che propongano innovazioni e impongano sui mercati il prodotto italiano, sfruttando in particolar modo le nuove politiche di incentivazione messe in atto dalla Comunità Europea a supporto delle Associazioni di Produttori. Altri aspetti e/o iniziative da intraprendere per incrementare le vendite e favorire la commercializzazione del carciofo potrebbero essere in sintesi: – l’ampliamento degli areali per la produzione in pieno inverno (quando la domanda è elevata e la produzione nazionale scarseggia), in modo da coprire gli spazi lasciati dall’offerta spagnola e da quella proveniente dai Paesi del Nordafrica, e durante l’estate attraverso la coltivazione in alta collina; – la promozione e la diffusione dei consumi nei Paesi a più alto sviluppo economico, come la Svizzera, la Germania e il Belgio,
Capolini della cultivar Tempo in cassette di plastica
Trasporto dei capolini al mercato Carciofaia di Violetto di Provenza
368
carciofo nel mondo senza trascurare i Paesi dell’Est e quelli con elevata presenza di popolazioni di immigrati provenienti dal Nordafrica già abituali consumatori di carciofo, specialmente nel periodo del Ramadàn; – sviluppare politiche commerciali competitive con quelle di altri Paesi produttori come Spagna e Francia; – promuovere politiche di supporto tecnico, logistico e finanziario agli imprenditori agricoli per diminuire le inefficienze e aumentare i profitti; – valorizzare maggiormente il prodotto attraverso strategie di marketing, puntando soprattutto su imballaggi, modalità di confezionamento ed etichettature che mettano in risalto le caratteristiche di bontà, sanità, sicurezza d’uso e freschezza del prodotto; – affiancare ai due marchi IGP già esistenti, Carciofo Romanesco e Carciofo di Paestum, che legano il prodotto a uno specifico territorio, quelli per i quali è già stata presentata richiesta: come Spinoso sardo, Carciofo violetto della Val di Cornia, Carciofo violetto di Sant’Erasmo, Carciofo brindisino, Violetto di Ramacca, anche se in qualche caso i marchi non hanno pienamente soddisfatto le attese; – aumentare l’offerta di prodotti prelavorati, ottenuti utilizzando cultivar propagate per “seme”, caratterizzate da elevate produzioni e naturalmente predisposte alla concentrazione della raccolta di tutto il prodotto nel periodo di 1-2 mesi; – promuovere le ricerche sulla coltivazione biologica; – favorire la coltura a ciclo annuale per le positive ripercussioni sullo stato fitosanitario delle piante; – approfondire gli studi sulle caratteristiche nutrizionali e la biodisponibilità dei principi attivi contenuti nei capolini, unitamente a mirate campagne di informazione presso i consumatori sempre più attenti agli aspetti salutistici della dieta.
Carciofaia a Tarquinia, Lazio
Carciofaia a Policoro, Basilicata
369
il carciofo e il cardo
mondo e mercato Carciofo in Spagna Ignacio Macua, Inmaculada Lahoz
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Carciofo in Spagna Introduzione L’introduzione del carciofo in Spagna è probabilmente dovuta agli Arabi. Testimonianze riportano che nell’XI secolo erano coltivate piante di carciofo (chiamato al-kharchaf, da cui il termine spagnolo alcachofas) provenienti dal Nordafrica, più piccole di quelle attuali, di cui si utilizzavano sia i capolini sia lo stelo fiorale tenero. Nella seconda metà del XII secolo, Ibn al-Awwan riporta che gli orticoltori andalusi avevano selezionato e migliorato la tipologia delle piante, incrementando la dimensione, l’omogeneità fenotipica e il numero di capolini prodotti. Attualmente la coltivazione del carciofo occupa una superficie di circa 16.000 ha, con una produzione di oltre 200.000 t. Più dell’85% dei capolini raccolti è destinato alla trasformazione industriale, mentre la quota restante è esportata allo stato fresco (13.910 t nel 2008) o commercializzata sul mercato nazionale. Nel 1990 la superficie coltivata superava i 30.000 ha; successivamente è diminuita e in particolare un calo notevole è stato osservato a partire dal 2005. Questo, però, non ha provocato una riduzione altrettanto significativa della produzione, che negli ultimi quattro anni si è mantenuta abbastanza costante, attorno alle 200.000 t. La produzione unitaria è in media di circa 12 t/ha, con valori più elevati nelle regioni di Murcia e Alicante, dove la produzione media supera le 20 t/ha grazie all’ampia durata del periodo di raccolta. La zona di produzione si concentra prevalentemente lungo la costa del Mediterraneo: fra tutte spicca la regione di Murcia, con 6500 ha, seguita dalla Comunità Valenciana (3860 ha), dall’Andalusia (2484 ha) e dalla Catalogna (1492 ha). Esiste infine un altro nucleo di importanza significativa, quello situato nella valle dell’Ebro, formato da Navarra e La Rioja (circa 1200 ha). L’impor-
Spagna in sintesi
• Il carciofo occupa una superficie
di circa 16.000 ha, con una produzione di oltre 200.000 t
• Più dell’85% dei capolini raccolti
è destinato alla trasformazione industriale, mentre la quota restante è esportata allo stato fresco o commercializzata sul mercato nazionale
• Le aree di produzione sono concentrate lungo la costa del Mediterraneo: la regione di Murcia con 6500 ha è al primo posto, seguita da: Comunità Valenciana (3860 ha), Andalusia (2484 ha), Catalogna (1492 ha) e Valle dell’Ebro, Navarra e La Rioja (circa 1200 ha)
• La produzione si basa sostanzialmente sulla cultivar Blanca de Tudela o popolazioni da essa derivanti: Monqueline nella zona di Valencia o Aranjuez nella zona di Madrid, entrambe in progressivo abbandono. Modesta è la presenza di cultivar di provenienza francese, Macau e Calico Verde, con capolini di colore verde, e Violetto di Provenza, Tema e Calico Rosso, con brattee di colore violetto. Recentemente sono state introdotte su piccole superfici cultivar propagate per “seme”: Imperial Star, Lorca e A-106
Evoluzione delle superficie coltivata
• Due denominazioni di origine:
ettari
DO Alcachofa de Benicarló (Comunità Valenciana), per la commercializzazione allo stato fresco, e IGP Blanca de Tudela, per la commercializzazione allo stato fresco e trasformato
19.500 19.000 18.500 18.000 17.500 17.000 16.500 16.000 15.500 15.000
2002
2003
Fonte: MAPA, 2008
370
2004
2005
2006
2007
2008
carciofo in Spagna
tonnellate
Evoluzione della produzione totale 350.000 300.000 250.000 200.000 150.000 100.000 50.000 0 2002
Paesi Asturie Cantabria BaschiNavarra La Rioja 6,9% Catalogna Castiglia 3,4% 0,1% e Leon 0,1% Aragona Madrid 0,7% Comunità Estremadura Castiglia Valenciana La Mancia 1,1% 23,6% Baleari 0,4% Murcia Andalusia 39,7% 15,2%
Galizia
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Canarie Ceuta
Fonte: MAPA, 2008
Melilla
Superficie coltivata a carciofo suddivisa per regioni (Fonte: MAPA, 2008)
tanza di quest’area è data non tanto dalla quantità della produzione, quanto dal fatto che in questa zona, nelle vicinanze della città di Tudela in particolare, si produce il materiale di moltiplicazione destinato a rifornire tutte le aree cinaricole nazionali. Negli ultimi anni le esportazioni del carciofo conservato (in salamoia o sottolio) sono in diminuzione, mentre le importazioni sono aumentate in modo significativo, principalmente dal Perú (21% del totale delle esportazioni di questo Paese). La maggior parte dei carciofi conservati importati in Spagna viene rilavorata e successivamente esportata. Lo stesso avviene con il carciofo congelato, per il quale si registra l’aumento delle importazioni, mentre le esportazioni sono stabili e sono dirette soprattutto negli Stati Uniti e, in misura minore, in Italia, Francia, Germania. Per il prodotto fresco si registra, invece, uno scarso livello di importazioni (240 t nel 2008), soprattutto dalla Francia, sostanzialmente quando manca la produzione interna (da luglio a settembre), e un livello costante di esportazioni per tutto il resto dell’anno.
Evoluzione dell’esportazione di carciofo trasformato 120.000 tonnellate
100.000 80.000 60.000 40.000 20.000 0
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Conservato
Carciofaia della cultivar Blanca de Tudela in piena produzione
Congelato
371
mondo e mercato
tonnellate
Evoluzione dell’importazione di carciofo trasformato 16.000 14.000 12.000 10.000 8000 6000 4000 2000 0
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Conservato
Congelato
Cultivar La produzione spagnola si basa sostanzialmente sulla cultivar Blanca de Tudela caratterizzata da grande precocità, o su popolazioni da essa derivanti, come la Monqueline nella zona di Valencia o la Aranjuez nella zona di Madrid, entrambe in via di estinzione. Tutte si propagano per via vegetativa, tramite pezzi di rizoma. Negli ultimi anni sono state introdotte cultivar riprodotte per “seme”, ma il potente settore dell’industria le ha sempre rifiutate per via della forma e della eterogeneità dei capolini, poco adatti alla lavorazione industriale ora in uso. Attualmente si utilizzano tre cultivar con capolini di colorazione verde (Imperial Star, Lorca e A-106), molto simili fra loro, e l’ibrido Orlando, di colorazione viola. Inoltre, si registra la presenza su piccole superfici di cul-
Capolino di Blanca de Tudela
Impianto con irrigazione a goccia
372
carciofo in Spagna tivar di provenienza francese, come Macau e Calico Verde, con capolini di colore verde, e Violetto di Provenza, Tema e Calico Rosso, con brattee di colore violetto. La produzione avviene in primavera ed è interamente destinata all’esportazione. Queste coltivazioni si concentrano soprattutto nella zona meridionale di Alicante (Comunità Valenciana) e nel territorio di Murcia. Tradizionalmente il materiale di propagazione viene prodotto al di fuori dalla zona di coltivazione; più nello specifico, proviene principalmente dalla Navarra, da piante allevate in coltivazioni annuali. Da anni i coltivatori navarresi della Blanca de Tudela, sotto il controllo dell’IGP Blanca de Tudela, rappresentano un punto di riferimento per tutti i cinaricoltori spagnoli, nonché per quelli stranieri: è in questa zona, infatti, che vengono a rifornirsi di piante per rinnovare le carciofaie, seriamente compromesse da fenomeni di degenerazione, parassiti e malattie. L’Associazione Moltiplicatori Blanca de Tudela, istituita dall’amministrazione della provincia di Navarra (Istituto Tecnico di Gestione Agricola in collaborazione con la Sezione di Produzione e Sanità Vegetale del Dipartimento di Agricoltura del Governo di Navarra) e dai produttori, certifica la qualità del materiale di moltiplicazione attraverso ispezioni e opere di selezione in campo e garantisce agli agricoltori il materiale acquistato.
Pianta di Blanca de Tudela
Impianto L’epoca più frequente per l’impianto con materiale derivato dalla Blanca de Tudela è, per tutte le zone di coltivazione, l’ultima decade di luglio. Nelle zone più calde si tende ad anticipare per ottenere una produzione più precoce; ciò può avvenire solo se in quel momento non si registrano temperature elevate, perché in questo caso aumentano le fallanze, sebbene con i nuovi sistemi di irrigazione (a goccia o per aspersione) la percentuale di attecchimento aumenta sensibilmente. Attualmente, tuttavia, vista la scarsità d’acqua per l’irrigazione, nelle zone di grande produzione (Levante spagnolo, Murcia) si tende a posticipare l’impianto ad agosto inoltrato. Fatta eccezione per la Navarra, dove prevale il sistema di coltivazione annuale (80% circa), la carciofaia si coltiva da due a quattro
Rizomi di Blanca de Tudela
Calendario di produzione del carciofo in Spagna Zona
Coltura
Costa Mediterranea
Annuale
F
M
A
M
Poliennale Annuale
Interno Raccolta
G
Poliennale Impianto
373
G
L
A
S
O
N
D
mondo e mercato anni; ultimamente è sempre più diffusa la tendenza alla riduzione del ciclo di coltivazione. Nelle coltivazioni poliennali, conclusa la raccolta all’inizio dell’estate, si interrompe l’irrigazione per permettere il disseccamento delle piante; in seguito si recidono le piante a circa 5-10 cm da terra. La densità oscilla tra 8000 e 10.000 piante/ha; nelle zone di Valencia e Castellón tende ad aumentare, superando le 12.000 piante/ha. La distanza tra le file varia in funzione delle macchine disponibili: generalmente va da 1,10 a 1,40 m tra le file e da 0,70 a 0,90 m sulla fila. L’impianto viene effettuato a mano; ultimamente, però, per le grandi aziende è stato introdotto l’uso di macchine, alcune delle quali in grado di somministrare a ogni pianta una determinata quantità d’acqua prima dell’irrigazione vera e propria per migliorare l’attecchimento. Per ottenere il rizoma è necessario aspettare la fine della raccolta, dopo la quale si sospende l’irrigazione. Tale operazione, unita alle alte temperature tipiche di questo periodo, blocca gradualmente la vegetazione e lascia le piante in stato di riposo estivo fino al momento dell’espianto. Prima di essere sradicate, le piante vengono capitozzate a un’altezza di circa 15 cm da terra, per essere poi asportate interamente a mano o con l’uso di sradicatori meccanici, dotati di una lama a U in grado di penetrare a una certa profondità, sotto la fila delle piante. Successivamente i pezzi di rizoma vengono separati manualmente; quest’operazione viene effettuata nel campo stesso. La resa è di circa 3-4 porzioni per pianta, pertanto generalmente il prezzo unitario è abbastanza elevato. Successivamente si può procedere direttamente all’impianto, oppure il materiale
Estirpazione manuale delle piante
Estirpazione meccanica delle piante
374
carciofo in Spagna può essere immagazzinato in luoghi freschi e umidi o in celle frigorifere. Irrigazione Il carciofo esige molta acqua e richiede frequenti adacquate durante il ciclo colturale. Per un buon attecchimento è importante che il sistema di irrigazione riesca a garantire sufficiente umidità al terreno, evitando comunque che si formino ristagni di acqua. Successivamente il terreno va mantenuto in un regime di umidità tale da favorire la crescita delle piante e la produzione dei capolini. Tradizionalmente il sistema di irrigazione più utilizzato è quello per sommersione; attualmente è diffuso il sistema di distribuzione per aspersione, mediante irrigatori che distribuiscono l’acqua sopra la pianta. Con l’irrigazione per aspersione sono diminuite le fallanze dopo l’impianto ed è aumentata la produzione di capolini. Fertilizzazione Il carciofo è una pianta dotata di un sistema radicale esteso che esplora elevati volumi di terreno. Nonostante ciò, le radici più attive si trovano nei primi 30-40 cm di profondità. La maggior parte degli agricoltori segue le procedure di concimazione stabilite dalle normative di Produzione Integrata del Carciofo in Spagna. – Procedure di concimazione in Navarra (Normativa di Produzione Integrata). La concimazione si basa sull’apporto di 30-40 t/ha di letame nel primo anno di impianto e successivamente si differenzia a seconda che si tratti di una coltura annuale o poliennale. A) Coltura annuale – Concimazione di fondo: è consigliabile effettuare un’aratura profonda per garantire l’accrescimento dell’apparato radicale. Si raccomanda un apporto di P2O5 compreso tra 120 e 180 kg/ha e 150-250 kg/ha di K2O, in base al contenuto di questi elementi nel terreno. – Concimazione di copertura: si raccomanda un apporto di N compreso tra 250-300 kg/ha. La distribuzione avviene in base all’epoca di raccolta e al sistema di irrigazione. B) Coltura poliennale (2º anno e successivi) – Concimazione di fondo: si raccomanda un apporto compreso tra 60 e 100 kg/ha di P2O5 e 90-150 kg/ha di K2O. – Concimazione di copertura: si raccomanda un apporto di N compreso tra 200 e 250 kg/ha.
Impianto meccanizzato della carciofaia
Foto N. Calabrese
–P rocedure di concimazione nella Comunità Valenciana (Levante). Viene raccomandata la somministrazione di 200-300 kg/ha di N, 100-150 kg/ha di P2O5, 300 kg/ha di K2O e 30 kg/ha di MgO, con apporti di letame pari a 20-40 t/ha.
Carciofaia in ottimo stato vegetativo
375
mondo e mercato Raccolta Nella zona della costa mediterranea, caratterizzata da temperature miti e dalla quasi totale assenza di gelate, la raccolta ha inizio in ottobre e si conclude fra la metà di aprile e gli inizi di maggio. Le raccolte si effettuano ogni 10-12 giorni nel periodo iniziale (ottobre-gennaio), a causa della lentezza con cui crescono le piante, e 5-7 giorni nel periodo successivo. Nelle zone fredde (Navarra, Rioja, Madrid, Castiglia-La Mancia) la raccolta avviene principalmente dopo le gelate invernali, fra il mese di marzo e la fine di maggio, e si ripete a cadenza settimanale. Se la fine dell’autunno e l’inverno sono stati miti, senza gelate, si tende ad anticipare la produzione e la raccolta dagli inizi di novembre fino alle prime gelate, in seguito alle quali la produzione si arresta. Le piante che iniziano a produrre in autunno subiscono maggiormente i danni delle gelate di quelle che producono più tardivamente. Commercializzazione La commercializzazione varia a seconda della destinazione o del mercato a cui è finalizzato il prodotto. Ciò influisce anche sulle modalità e sui tempi di raccolta. Nella zona di Alicante e Murcia, la maggior parte della produzione è destinata all’esportazione; capolini di grosse dimensioni e compatti (350-500 g l’uno) vengono esportati soprattutto in Francia, Italia e Germania. Si esportano anche capolini di dimensioni inferiori (6 unità/kg), con una porzione di circa 10 cm di peduncolo. In altre zone, la produzione è generalmente destinata al mercato nazionale, con un peso medio di 6-8 unità/kg, anche se in pieno inverno le dimensioni del peduncolo sono leggermente inferiori (dai 2 ai 4 cm). La Navarra ha un modo particolare di commercializzare il prodotto allo stato fresco che viene destinato soprattutto al mercato del Nord: i carciofi vengono raggruppati in fasci da 12 con peduncolo (15-20 cm di lunghezza) e almeno una foglia. Di solito questo metodo viene adottato per le prime raccolte dell’autunno, prima dell’arrivo dell’inverno, ma soprattutto agli inizi della raccolta di primavera. Esistono due denominazioni di origine: DO Alcachofa de Benicarló (Comunità Valenciana), per la commercializzazione allo stato fresco, e l’Indicazione Geografica Protetta (IGP) per la commercializzazione allo stato fresco e trasformato. I capolini destinati all’industria costituiscono l’85% della produzione nazionale. A seconda del periodo di raccolta in 1 kg si contano 8-10 capolini. La principale zona di lavorazione è quella del Levante e di Murcia: qui si concentrano le più grandi industrie di lavorazione del carciofo, soprattutto per i prodotti in salamoia, ma anche per il prodotto surgelato, che negli ultimi anni è in forte aumento. In queste zone, il prodotto viene destinato indistintamente alla lavorazione industriale e al mercato del fresco fino a marzo-
Commercializzazione di capolini di grosse dimensioni
Commercializzazione di capolini con gambo e foglie
Commercializzazione di capolini senza gambo e foglie
376
carciofo in Spagna aprile, successivamente viene utilizzato esclusivamente dall’industria. Nelle zone di Navarra e La Rioja la maggior parte della produzione è destinata all’industria: qui, infatti, la commercializzazione del prodotto fresco è minore e coincide con la saturazione dei mercati delle zone mediterranee. Attualmente il mercato internazionale del carciofo in salamoia è gestito da aziende spagnole sia in Perú sia in Cina. L’industria produce cuori, metà o quarti da capolini di 8-10 pezzi/ kg, mentre i carciofi più grossi, soprattutto a fine campagna, sono destinati alla preparazione dei cosiddetti fondi. Problemi e prospettive Il carciofo in Spagna si basa quasi esclusivamente sulla Blanca de Tudela. Nella zona mediterranea si sta valutando l’introduzione di nuove cultivar ibride propagate per “seme” e nuove tecniche di coltivazione, per ridurre gli alti costi legati alla moltiplicazione vegetativa. In questo modo si potrebbero evitare il progressivo calo della produzione e i fenomeni di degenerazione che si osservano sempre più frequentemente con le cultivar tradizionali, e che rappresentano una perdita di redditività significativa per gli agricoltori, vincolati al materiale vegetale proveniente dalla Navarra. Il difetto delle cultivar ibride è l’assenza di precocità che caratterizza invece la Blanca de Tudela: oggi si sta cercando di anticipare la produzione per ottenere prezzi più elevati mediante l’applicazione di acido gibberellico. La produzione invernale deve essere destinata all’industria per poter essere valorizzata attraverso i nuovi processi e le nuove forme di presentazione come IV e V gamma.
Capolini destinati all’industria di trasformazione
Carciofaia con impianto di irrigazione per aspersione
Foto N. Calabrese
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il carciofo e il cardo
mondo e mercato Carciofo in Francia Cristophe Bazinet, Marc Eric Pavillard, Chrystelle Jouy
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Carciofo in Francia Introduzione Il carciofo sarebbe stato introdotto in Francia da Caterina de’ Medici, ma più probabilmente questo avvenne in occasione delle Guerre d’Italia. Gli emigranti francesi contribuirono in seguito alla sua introduzione in Argentina nel XVIII secolo (varietà Frances), poi in Louisiana nella metà del XIX secolo (varietà Créole). Situata al 3° posto in Europa e al 7° posto nel mondo, la produzione di carciofo in Francia ammonta oggi a circa 55.000 t, ed è suddivisa prevalentemente tra il dipartimento della Bretagna (82%) a nord-ovest, sulle coste dell’oceano Atlantico, e quello del Languedoc-Roussillon (14%), a sud-ovest, sul Mediterraneo. Dopo una riduzione considerevole negli anni ’90, la coltivazione del carciofo tende a consolidarsi. Questo fenomeno tiene conto da una parte dell’accresciuta diversificazione dell’offerta di acquisto degli ortaggi, che comprende ora anche i prodotti pronti al consumo, e dall’altra delle modifiche sociali e culturali dei consumatori e delle loro abitudini alimentari. Storicamente la Bretagna rimane la principale zona di produzione (80-85%), anche se è passata progressivamente dalle 93.147 t del 1968, alle 74.855 t del 1978, fino a circa 40.000 t del 2008. La coltivazione si estende nella zona costiera da Brest a SaintMalo e per circa 10 km verso l’interno, dove le piante di carciofo trovano le condizioni favorevoli per la crescita: clima oceanico con scarse variazioni termiche o idriche, terreni fertili e ricchi di limo e inverni poco rigidi. La coltivazione è essenzialmente concentrata in questa regione in due dipartimenti, Finistère e Côtes d’Armor, che riuniscono 1298 produttori (7218 ha) suddivisi rispettivamente tra le associazioni SICA Saint Pol de Léon e L’Union des Coopératives de Paimpol et de Tréguier. Più precisamente, l’82% della produzione bretone della cultivar Castel, il 62% del Petit Violet de Provence e il 57% del Camus sono realizzati nelle aziende del Finistère. Introdotta nel 1966 nel Roussillon (sud-ovest, zone costiere del Mediterraneo), la cultivar Blanc Hyérois (comprendente
Francia in sintesi
• Con una produzione di circa 55.000 t
di capolini, la Francia si colloca al 3° posto in Europa e al 7° posto nel mondo. La superficie coltivata è di poco superiore ai 10.000 ha. La coltivazione è diffusa prevalentemente tra il dipartimento della Bretagna (82%) e quello del Languedoc-Roussillon (14%)
• Le cultivar attualmente più diffuse sono:
– Camus de Bretagne, coltivata in Bretagna, nei dipartimenti del Finistère e Côtes-d’Armor, rappresenta il 75% della produzione – Castel, derivata dal Camus per autofecondazione, copre il 30% della produzione bretone – Petit Violet de Provence. L’epoca di produzione è autunnale e primaverile nell’ambiente del Mediterraneo (Roussillon, Provenza, Alpi-Costa Azzurra), ed estiva in Bretagna – Blanc Hyérois. L’epoca di produzione è esclusivamente primaverile (marzo-giugno) in zona mediterranea (Roussillon); rappresenta il 60% della produzione del bacino mediterraneo
Evoluzione della produzione francese di carciofo (tonnellate) 1989
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
96.958
63.605
61.249
71.735
49.846
59.612
50.149
53.034
50.662
Bretagna
75.588
48.506
45.226
58.066
37.005
46.535
40.687
40.207
41.473
Languedoc-Roussillon
12.303
11.553
12.576
10.426
9711
9830
7173
10.373
6833
Provenza-Alpi-Costa Azzurra
4552
1691
1720
1702
1692
1764
1251
1113
1121
Francia di cui
Fonte: Agreste
378
carciofo in Francia Foto BBV, C. Bazinet
Nord-Pas de Calais Gros Vert de Laon Picardie Gros Vert de Laon Bretagne Camus de Bretagne Castel Petit Violet de Provence
Bouches-du-Rhône Petit Violet de Provence Roussillon Blanc Hyérois (Popvert, Calico) Varietà di carciofo coltivate nelle principali zone di produzione
anche Popvert e Calico) rappresenta il 70% della produzione, che si estende intorno a Perpignan tra 250 aziende su circa 660 ha di terreni fertili e irrigui (noti come “regatiu”). Il Violet de Provence rappresenta il 25% della produzione della zona mediterranea. Quanto alla cultivar Gros Vert de Laon, è oggi principalmente coltivata da una decina di produttori su circa 4 ettari, nelle terre fresche e umifere del Marais Audomarois (Saint-Omer).
Raccolta meccanizzata
Cultivar Le cultivar presenti attualmente in Francia sono riprodotte agamicamente; le più diffuse sono: – Camus de Bretagne (Macau - 1825): varietà a produzione tardiva (maggio-novembre), pianta poco ramificata, con capolini verdi, tondeggianti e di grosse dimensioni (300-800 g). Coltivata essenzialmente in Bretagna, nei dipartimenti del Finistère e Côtes-d’Armor, rappresenta il 75% della produzione francese. I capolini sono consumati cotti, di solito bolliti in acqua. – Castel (creazione Inra 1995): cultivar derivata dal Camus per autofecondazione, molto adatta alle condizioni pedo-climatiche bretoni e di dimensione maggiore (500-800 g). Copre il 30% della produzione bretone. – Petit Violet de Provence (VP45 creazione Inra 1968): varietà precoce, pianta ramificata, produce capolini medio-piccoli (150-300 g), di forma conico-cilindrica con brattee di colore violetto. L’epoca di produzione dipende dalle zone di coltivazione: autunnale (settembre-dicembre) e primaverile (marzo-maggio) nell’ambiente del Mediterraneo (Roussillon, Provenza-Alpi-Costa Azzurra), ed estiva in Bretagna. I capolini sono consumati
Filiera ortiva bretone
• Al primo posto in Francia, la filiera
ortiva bretone riunisce 2500 agricoltori che producono e distribuiscono sotto il marchio collettivo di Prince de Bretagne più di 25 specie di ortaggi per il mercato fresco, confezionati in contenitori diversi. Coordinata da un organismo regionale, il Cerafel, questa filiera si è impegnata dal 2001 in una procedura certificata Agri-Confiance “Qualità-Ambiente”
379
mondo e mercato
Camus de Bretagne Castel
crudi o cotti. È diffusa anche in Italia con il nome di Violetto di Provenza. – Blanc Hyérois (Macau - 1830): varietà con accrescimento ri goglioso, molto ramificata, dai grossi capolini verdi globosi (300-600 g). L’epoca di produzione è esclusivamente primaverile (marzo-giugno) nella zona mediterranea (Roussillon). Consumata cruda e cotta, questa varietà rappresenta il 60% della produzione del bacino mediterraneo. Altre cultivar meno diffuse sono: – Gros Vert de Laon (Français - 1778): varietà resistente al freddo, più piccola e tardiva rispetto al Camus; capolini di tipo globoso, di colore verde, caratterizzati dall’apertura molto precoce delle brattee. La coltivazione è circoscritta nella regione della Piccardia (nord-est); probabilmente è stata introdotta dall’imperatore Carlo Magno e ha conosciuto la sua massima diffusione nel XIX secolo e all’inizio del XX secolo.
Foto R. SICA CENTREX, D. Alvarez
Blanc Hyérois Foto ENRx/CRRG
Gros Vert de Laon
Cultivar Castel micropropagata
380
carciofo in Francia
Foto N. Calabrese
Salambo
– Violet du Gapeau: varietà simile al Violet de Provence, la sua produzione è localizzata nel dipartimento di Bouches-du-Rhône (sud-est). – Caribou (creazione Inra 1970): ibrido tra Camus de Bretagne e Blanc Hyérois, con caratteristiche intermedie tra i due genitori. –S alanquet e Salambo (creazioni Inra 1991): ibridi F1 con capolini di tipo globoso e di colore violetto. – Calico e Popvert (creazioni Inra 1999 e 2000): cloni derivanti da ibridazione, di tipo Blanc Hyérois. –O pal (creazioni Inra 2002 – commercializzazione Nunhems): ibrido F1 di tipo cilindro-conico violetto. In Francia le cultivar sono registrate nel Catalogo Ufficiale delle specie ortive (1952) o nell’allegato del Registro delle antiche varietà per i coltivatori non professionisti (1997). Nel 2007 erano registrate sette cultivar nel Catalogo Ufficiale e una sola nel Registro.
Coltivazione in Bretagna senza ausilio di irrigazione
Carciofaia di Camus de Bretagne all’inizio della produzione
Foto N. Calabrese
381
mondo e mercato Tecnica colturale Il ciclo di coltivazione può essere annuale, biennale o poliennale. La moltiplicazione avviene per via vegetativa, utilizzando prevalentemente carducci o ovoli. Per l’impianto, il terreno viene preparato con un’aratura a 30 cm di profondità e con 1-2 lavorazioni successive con cui si interrano da 40 a 50 t/ha di letame bovino per la concimazione di fondo. Nei dipartimenti di Roussillon e Provenza-Alpi-Costa Azzurra, nel Sud, la tecnica di coltivazione è simile a quella degli altri Paesi del Mediterraneo, in cui il ricorso all’irrigazione è necessario. La coltura va in riposo durante l’estate e, se l’inverno è particolarmente rigido, la crescita delle piante e la produzione di capolini rallentano o si interrompono. Invece, in Bretagna, le condizioni climatiche consentono la coltivazione e la raccolta dei capolini durante l’estate; l’irrigazione non è necessaria e la crescita delle piante si arresta solo durante l’inverno. La coltivazione del carciofo necessita dell’impiego notevole di manodopera, che incide per circa il 48% del costo di produzione, rispetto al 21% nel caso di coltivazione meccanizzata. In Bretagna gli apporti di azoto alla carciofaia sono limitati: da 50 a 70 kg/ha durante il primo anno di coltivazione, mentre, nel secondo e terzo anno, l’apporto è di circa 80 kg/ha, somministrando concime minerale o letame bovino. La scarducciatura si effettua in primavera e in autunno sulle colture al secondo anno di coltivazione. Il controllo delle infestanti e dei parassiti, viene effettuata seguendo le indicazioni di un disciplinare di produzione redatto in accordo con le organizzazioni commerciali bretoni.
Foto BBV, C. Bazinet
Impianto effettuato con carducci
Ciclo di coltivazione del carciofo nelle diverse aree di produzione Nord - Pas de Calais Piccardia
Bretagna Cultivar
Camus de Bretagne Castel
Coltura Impianto
Violet de Provence
Gros Vert de Laon
Violet de Provence
Blanc Hyérois
Poliennale
Annuale
Poliennale
Da aprile a maggio (anno n) Densità 10.000 piante/ ha
Da giugno ad agosto (anno n) Densità 20.000 piante/ ha
Da aprile a maggio (anno n) Densità 12.000 piante/ ha
1a: da agosto a ottobre (anno n)
1a: da agosto a novembre (anno n)
Da ottobre a novembre (anno n)
1a: da aprile a maggio (anno n+1)
2a: da giugno ad agosto (anno n+1)
2a: da luglio ad agosto (anno n+2)
Da aprile a giugno (anno n+1)
2a: da marzo ad aprile (anno n+2)
Da 4 a 7 t/ha
Da 7 a 8 t/ha
Da 6 a 9 t/ha
Poliennale Da marzo a maggio (anno n)
Raccolta(e)
Roussillon - Provenza - Alpi - Costa Azzurra
Da aprile a maggio (anno n) Densità 14.000 piante/ ha
3a: da maggio a giugno (anno n+2) Produzione areica
1a: da 6 a 7 t/ha 2 -3a: da 8 a 12 t/ha a
Da 4 a 6 t/ha
382
carciofo in Francia Commercializzazione per il mercato del fresco In Francia i consumatori apprezzano il carciofo Camus cotto, condito con salse a base di aceto. I cuochi lo impiegano talvolta in ricette più elaborate. Il Petit Violet de Provence e il Blanc Hyérois sono maggiormente utilizzati nella cucina della Francia meridionale. Sono in particolare degustati crudi, quando i capolini sono raccolti compatti, con brattee ben serrate, o cotti assieme ad altri ortaggi. Il Gros Vert de Laon è anch’esso consumato crudo o cotto a seconda dello stadio di raccolta. La produzione francese di carciofo è essenzialmente destinata al mercato del fresco (mercati di prossimità e negozi di ortofrutta [±40%], reparti frutta e verdura della grande distribuzione [±60%]). Per il trasformato, i cuori di carciofo, ottenuti da capolini di piccole dimensioni, sono commercializzati o surgelati o conservati sottolio o in salamoia. Notevole è la produzione di fondi di caciofo, che si ottengono da capolini di grosse dimensioni con ricettacolo di almeno 10 cm di diametro. Infine il prodotto commercializzato in fitoterapia sotto forma di estratti secchi di foglie o di capsule gelatinose contenenti estratti normalizzati al 5% di cinarina è ottenuto da coltivazioni riservate specificamente a questo mercato e praticate principalmente nella regione della Loira. Tuttavia il saldo commerciale della produzione francese di carciofi resta negativo, con un’esportazione di 6600 tonnellate verso i Paesi dell’Europa del Nord e del Mediterraneo, rispetto a un’importazione di 22.300 tonnellate, prevalentemente dalla Spagna (± 80%) e dall’Italia (± 15%). Le produzioni del Sud e del Nord della Francia trovano generalmente uno sbocco sui mercati locali e nazionali. In Bretagna l’immissione sul mercato si effettua attraverso la vendita all’asta con determinazioni del prezzo al ribasso. Una parte di questa produzione è destinata all’esportazione verso i Paesi europei tra cui, in ordine decrescente, Italia, Germania, Belgio, Gran Bretagna, Spagna, Paesi Bassi, Svezia e Svizzera. Le varietà
Selezione dei capolini
Foto Prince de Bretagne
Foto Prince de Bretagne
Carciofo alla vinaigrette
Castel, Petit Violet de Provence e Camus de Bretagne
383
mondo e mercato Foto Prince de Bretagne
Foto Prince de Bretagne
Cassetta di cartone
destinate all’esportazione sono il Camus, con il 12, 16 e 14% della produzione totale rispettivamente per gli anni 2006, 2007 e 2008, e il Petit Violet de Provence, con rispettivamente il 14, 20 e 26%. Tra il 1998 e il 2001 è stata registrata in Francia una riduzione notevole (–16,5%) del consumo di carciofi; da allora c’è stata un’inversione di tendenza. Per quanto riguarda la commercializzazione della produzione bretone sul territorio francese, i tassi annuali di penetrazione per regione (dal 30 al 40%), di penetrazione nelle famiglie (37,4%), il numero di acquisti (3,52 carciofi/anno/nucleo familiare) e il prezzo medio annuale (3,3 euro/kg) sono rimasti stabili negli ultimi anni. Questi risultati sono dovuti soprattutto a una politica commerciale innovativa, che coniuga tradizione e adattamento dell’offerta alle attese del consumatore. Sui banchi le cassette in legno (10 kg) o cartone (5 kg) di Camus de Bretagne o Castel affiancano le confezioni in mazzi (bouquets) con 12 o 15 capolini di Violet de Provence, i sacchetti in film plastico “salvafreschezza” (2 pezzi di Camus o 4-6 pezzi di Violet de Provence) e la vaschetta per la cottura diretta nel microonde (2 pezzi di Camus).
Cassetta in cartone e capolini avvolti da film plastico Foto Prince de Bretagne
Sacchetto salvafreschezza Camus de Bretagne Foto Prince de Bretagne
Problemi e prospettive I rischi di erosione genetica sono scarsi perché sono ancora numerose le cultivar tradizionali. Inoltre, dal 1995, sotto l’egida del BRG, in Francia esiste la rete nazionale di gestione delle risorse genetiche CYNARA, che rappresenta una delle maggiori collezioni di germoplasma al mondo, insieme a quella di Bari (in Italia). Questa rete si appoggia a centri di raccolta sparsi in diverse regioni: stazione INRA di Plougoulm (Finistère), SICA Centrex a Torreilles (Pirenei Orientali), GEVES a Cavaillon (Vaucluse), Association provençale de recherche et d’expérimentation légumières (APREL) di Hyères (Var) e Association régionale des fruits et légumes de Corse (AREFLEC) a San Giuliano (Corsica). Verso la fine degli anni Cinquanta, per sostenere l’incremento del mercato tendenzialmente indirizzato verso un’eterogeneità di cul-
Sacchetto salvafreschezza Violet de Provence
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carciofo in Francia tivar, la ricerca accademica francese avviò due programmi di miglioramento del carciofo, l’uno per la creazione di nuovi cloni, l’altro indirizzato verso la creazione di varietà ibride F1 riprodotte per “seme”. Gli obiettivi di qualità, produttività, precocità e resistenza alle malattie alla base di tali programmi sono tuttora attuali. La ricerca sulla resistenza alle malattie, crittogamiche in particolare, costituisce l’obiettivo principale del miglioramento varietale. Tuttavia la selezione per reincrocio con specie selvatiche o con il cardo resta complessa. I principali parassiti del carciofo si differenziano a seconda delle varietà e delle zone di produzione. Essi possono generare un deterioramento della qualità commerciale dei capolini di carciofo e l’incidenza economica di tali problemi sanitari è diversa a seconda della varietà. Se il Camus de Bretagne e il Violet de Provence sono moderatamente sensibili alle crittogame, il Castel e il Blanc Hyérois sono invece molto sensibili rispettivamente alla peronospora e all’oidio. Anche le caratteristiche idonee alla commercializzazione del prodotto fresco e alla trasformazione industriale devono essere prese in considerazione dal selezionatore. Per le quattro cultivar francesi, la capacità di essere idoneamente conservate dopo la raccolta varia sensibilmente: è ottima per Castel e Petit Violet de Provence, buona per Camus de Bretagne e abbastanza buona per Blanc Hyérois. Per Camus, è in media di 3-4 giorni sui banchi di vendita. Una conservazione accompagnata da buona qualità rappresenta una sfida economica fondamentale. Per le cultivar con capolino di grosse dimensioni da destinare alla produzione di fondi, è importante che il peso del ricettacolo sia compreso, a seconda delle varietà, dal 6 al 22% del peso totale del capolino fresco.
Foto Prince de Bretagne
Vaschetta per la cottura diretta nel microonde del Camus de Bretagne
Carciofaia di Violetto di Provenza in piena produzione, Bretagna
Foto N. Calabrese
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il carciofo e il cardo
mondo e mercato Carciofo in Tunisia Toufik Ouselati, Ismail Ghezal
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Carciofo in Tunisia Introduzione In Tunisia la coltura del carciofo risale almeno al III secolo d.C., attestata da quattro mosaici presenti in diversi musei. Il primo si trova a Chebba (Tunisia centro-orientale) e, all’interno del mosaico di Arione e Orfeo, mostra due capolini allungati con brattee che divergono in maniera molto ampia, poco o affatto spinose. Il secondo, risalente alla metà del III secolo d.C. e proveniente da El Jem (Tunisia centrale), è esposto nel Museo del Bardo a Tunisi e rappresenta, in uno dei 40 riquadri, due capolini di carciofo. Il terzo si trova nella cornice del museo di El Jem e mostra due capolini: uno con brattee ben serrate e l’altro con brattee divergenti. Il quarto, che si trova al museo di Sousse (Tunisia nord-orientale), raffigura invece un cardo. Per la superficie coltivata, il carciofo occupa il settimo posto tra gli ortaggi coltivati in Tunisia, dopo pomodoro, patata, peperoncino, cipolla, cocomero e melone. La media delle superfici impiegate durante gli ultimi tre decenni è di circa 2000 ha, con una produzione media di 14.000 t di prodotto fresco. La coltura del carciofo è principalmente localizzata nella bassa valle del Medjerda (Governatorati di Béja, Manouba, Ariana e Bizerte), dove si registra più del 95% delle superfici coltivate. In particolare la delegazione di Jedaida (Governatorato di Manouba), con i suoi 600 ha, è la zona di maggiore concentrazione del carciofo. È importante sottolineare che la concentrazione in questa zona (la più vecchia area irrigua pubblica del paese) è una conseguenza dell’adattamento di questa coltura al tipo di terreno e alla qualità dell’acqua con elevata salinità che caratterizzano questa regione. Il resto della superficie (5%) è ripartito tra i Governatorati di Jendouba, Nabeul, Sousse, Zaghouan e Kairouan.
Tunisia in sintesi
• Il carciofo occupa una superficie
di circa 2200 ha, con una produzione di poco superiore a 19.000 t
• La coltivazione è principalmente
localizzata nella bassa valle del Medjerda (Governatorati di Béja, Manouba, Ariana e Bizerte), che raggruppa più del 95% della superficie coltivata. La delegazione di Jedaida (Governatorato di Manouba), con i suoi 600 ha, è la zona in cui è maggiormente concentrata la coltura; le altre aree sono ripartite tra i governatorati di Jendouba, Nabeul, Sousse, Zaghouan e Kairouan
• La cultivar più diffusa è Violet d’Hyères che occupa il 65% della superficie; l’epoca di raccolta comincia in novembre e prosegue fino al mese di maggio. La produzione media è di 4-6 capolini/pianta per il consumo fresco e di 2-4 capolini che possono essere utilizzati per la trasformazione. Altra cultivar, diffusa su circa il 30% della superficie coltivata, è Blanc Oranais. È molto precoce, la raccolta comincia all’inizio di ottobre e produce 6-8 capolini/pianta, che vengono esclusivamente impiegati per il consumo fresco. Altre cultivar presenti su limitate superfici sono: Violet d’Alger, Violet de Bari e Annabi; tra le popolazioni locali si cita la Belde
Cultivar Le principali cultivar in Tunisia sono Violet d’Hyères (65% delle superfici) e Blanc Oranais (30%); altre cultivar presenti: Violet d’Alger, Violet de Bari e Annabi. Tra le popolazioni locali si cita la Belde. Violet d’Hyères. Originaria della regione di Hyères, in Francia, è considerata come semiprecoce. Cultivar vigorosa, a rapido accrescimento, che comincia a produrre capolini verso la metà di novembre in caso di impianto nel mese di agosto. La produzione prosegue fino al mese di maggio. Il capolino è allungato, conico, 386
carciofo in Tunisia con brattee ben serrate e colorate uniformemente di violetto. Con la raccolta del capolino principale, si elimina la dominanza apicale e si favorisce l’emissione dei capolini secondari che vengono raccolti successivamente. La produzione media è di 4-6 capolini/pianta per il consumo fresco e di 2-4 capolini che possono essere utilizzati per la trasformazione industriale.
Bizerete Ariana Manouba Nabeul Jendouba Béjà Zaghouan Sousse Kairouan
Blanc Oranais. Blanc si riferisce al colore verde pallido delle brattee, mentre Oranais è dovuto alla regione d’origine di Oran, in Algeria. È molto precoce e comincia a produrre dall’inizio di ottobre. Le piante sono di medio vigore e la produzione dei capolini principali e secondari avviene quasi contemporaneamente, per cui il periodo di raccolta è abbastanza breve. Infatti il ciclo di produzione è concentrato in due epoche distinte: la autunnale, che si ottiene dall’asse principale e da quelli laterali della pianta; la primaverile, che si ottiene principalmente a partire dai carducci emessi successivamente. Produce 6-8 capolini/pianta che vengono esclusivamente impiegati per il consumo fresco.
T U N I S I A
Tecniche colturali La coltura occupa il terreno dal mese di luglio fino alla fine di maggio. Le cultivar di tipo bianco sono gestite come coltura annuale, mentre quelle di tipo violetto sono biennali o anche triennali. La moltiplicazione viene eseguita per circa il 90% con porzioni di rizoma provvisto di almeno 3-4 gemme, in cui spesso è presente il residuo del fusto che ha prodotto il capolino. Segue l’impiego degli ovoli (8%) e solo il 2% degli agricoltori usa i carducci, appena asportati dalla pianta o radicati in vivaio.
A lg e r ia L ib ia Zone d’estensione Zone tradizionali Zone di produzione del carciofo in Tunisia
25000 Tonnellate
20000 15000 10000 5000 0 1973 1975 1977 1979 1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007 Anni Superficia (ha)
Produzione totale (t)
Produzione areica (t/ha)
387
10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
t/ha
Evoluzione della superficie, della produzione totale e areica (1971-2007)
mondo e mercato Il materiale di moltiplicazione è autoprodotto dagli agricoltori, che sono sempre più consapevoli dell’importanza di effettuare una accurata selezione del materiale di propagazione per ottenere carciofaie produttive e sane. Pertanto seguono con molta attenzione la selezione in campo di materiale con ottime caratteristiche di precocità, stato fitosanitario, omogeneità e rispondenza agli standard varietali. Le densità di impianto è compresa di solito tra 7-8000 piante/ha, per le cultivar tardive e a elevato accrescimento, 10.000 per il Violet d’Hyères e 14-15.000 piante/ha per quelle di basso-medio vigore come il Blanc Oranais. L’impianto viene eseguito nella prima metà del mese di luglio per le cultivar precoci e la prima metà di agosto per quelle semi-precoci e tardive. Il fabbisogno di acqua è dell’ordine di 700 mm, durante tutto il ciclo di coltivazione. Nelle regioni della bassa valle del Medjerda, il 40-60% del fabbisogno è fornito dalla pioggia. La salinità dell’acqua di irrigazione supera, nel periodo estivo coincidente con il periodo di impianto e di risveglio delle carciofaie di secondo e terzo anno, i 2 g/l.
Preparazione dei carciofi in fasci Foto N. Calabrese
388
carciofo in Tunisia Programma di fertilizzazione consigliato per la cultivar Violet d’Hyères irrigata con impianto a goccia
Periodo Dal 15 agosto Dal 15 novembre al 15 novembre al 15 gennaio
Dal 15 gennaio al 15 aprile
Rapporto N:P2O5:K2O
2:1:1
2:1:2
2:1:1
N: kg/mesi
50
30
16 Carciofaia di Violet d’Hyeres
Durante gli ultimi vent’anni e in seguito agli incentivi dello stato, diversi agricoltori hanno adottato il sistema di irrigazione a goccia. Per beneficiare dei vantaggi che tale sistema di irrigazione offre, in particolare a livello della buona gestione delle irrigazioni e della possibilità di frazionare i fertilizzanti, alcune ricerche effettuate in Tunisia hanno permesso di elaborare un programma di fertilizzazione da proporre agli agricoltori che utilizzano questo sistema di irrigazione. La proposta di fertilizzazione che riguarda le cultivar assimilabili al Violet d’Hyères indica, per l’obiettivo di produzione prefissato (12 t/ha) e in funzione dello stadio fenologico della coltura, le quantità di fertilizzante da apportare e gli equilibri da rispettare tra gli elementi N, P2O5, K2O.
Blanc Oranais
Avversità Le principali malattie fungine osservate in Tunisia sono: – oidio (Leveillula taurica), che si manifesta soprattutto nel periodo autunnale sulle cultivar precoci; – peronospora (Bremia lactucae), che compare nel periodo invernale, soprattutto durante le annate piovose; – muffa grigia (Botrytis cinerea), che compare sui capolini, anch’essa durante le annate piovose. Per quanto riguarda i virus, ne sono stati isolati quattro dal carciofo coltivato in diverse regioni del Paese: virus latente del carciofo (ArLV), virus dell’arricciamento maculato del carciofo (AMCV), virus X della patata e virus del mosaico del cetriolo (CMV). I principali parassiti animali sono gli afidi, le nottue e le lumache. Gli afidi più comuni sono Brachycaudus cardui e Aphis fabae; oltre al danno diretto dovuto alla suzione della linfa, sono temuti soprattutto per la loro capacità di trasmissione dei virus.
Foto N. Calabrese
Attacco di botrite su capolino
389
mondo e mercato Tra le nottue citiamo principalmente le nottue polifaghe, che compaiono all’inizio dell’autunno, e la nottua specifica del carciofo (Gortyna xanthènes), che compare all’inizio della primavera. Le lumache, infine, sono attive soprattutto in inverno e nei periodi piovosi, provocando danni sulle foglie e deprezzando i capolini.
Foto N. Calabrese
Periodo di produzione La produzione del carciofo in Tunisia si estende dall’inizio di ottobre fino alla fine del mese di maggio. Una parte di tale produzione è commercializzata nei mercati ortofrutticoli all’ingrosso, il resto è venduto o nei luoghi di produzione o nei mercati settimanali e di quartiere. Solitamente sono venduti in mazzi di 3-4 capolini, con gambo tagliato a circa 30 cm o più, con le relative foglie. Il rifornimento dei mercati è garantito essenzialmente dal carciofo di tipo blanc durante i periodi autunnali e invernali, mentre le quantità di carciofi di tipo violet superano quelle di tipo blanc soltanto a partire dalla seconda metà del mese di febbraio. Negli ultimi anni una quota seppur modesta, ma progressivamente crescente di capolini è stata commercializzata presso la GDO, favorita dall’apertura, soprattutto a Tunisi, di nuove strutture di vendita tecnologicamente avanzate.
Forte attacco di afidi su capolino Foto N. Calabrese
Prospettive Nonostante l’antica tradizione della produzione del carciofo in Tunisia e gli sforzi profusi per la sua promozione, in particolare attraverso il contributo efficace della SAM (Station d’Appui de Manouba) e di altre istituzioni agricole, per quanto concerne la sperimentazione, la formazione, il controllo e l’elaborazione di supporti di divulgazione, le superfici coltivate a carciofo restano limitate e assicurano soltanto l’approvvigionamento del mercato interno, invece di prevedere progetti di esportazione e di trasformazione. La promozione di questa coltura può avvenire soltanto attraverso l’armonico sviluppo di tutte le componenti della filiera: agronomica, commerciale e industriale. L’introduzione e la diffusione della coltivazione biologica, che è in corso di sperimentazione e verifica a Manouba e a Chott Mariem, potrà influenzare positivamente le vendite sul mercato interno e all’estero.
Danno da afidi su foglie Foto N. Calabrese
Filiera agronomica. Comporta l’incremento delle superfici coltivate, il miglioramento quantitativo e qualitativo della produzione, l’ampliamento del calendario di produzione. Incremento delle superfici. Quest’azione può essere realizzata attraverso l’estensione della coltura in nuove regioni o in quelle tradizionali le cui superfici sono rimaste limitate. Tale
Danno da lumache su foglie
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carciofo in Tunisia estensione avviene grazie all’attuazione di programmi di ricerca-sviluppo basati su: – lo studio del comportamento di diverse cultivar per selezionare quelle che meglio si adattano alla zona interessata; – la formazione dei tecnici e dei produttori alle tecniche di coltura e ai principali circuiti di commercializzazione di questo prodotto. Miglioramento della produzione, della qualità e del calendario di raccolta. È importante sottolineare che le conoscenze della ricerca e della sperimentazione acquisite dalla SAM e dalle diverse istituzioni agronomiche, riguardanti tutti i fattori di produzione, sono sufficienti per elaborare un pacchetto tecnico che permette di ottimizzare la gestione di questa coltura. Commercializzazione. È evidente che nessuna azione di sviluppo di questa coltura può realizzarsi senza che siano assicurati sbocchi di commercializzazione tanto a livello del mercato locale, quanto dell’esportazione e della trasformazione. –M ercato locale. Attraverso la promozione di nuove ricette e modalità di preparazione di piatti a base di carciofo. Questa azione dovrebbe essere realizzata attraverso i media, le fiere e le degustazioni. –T rasformazione. Nonostante gli sforzi profusi dagli industriali tunisini o in accordo con soci stranieri al fine di avviare un’industria di trasformazione del carciofo, attraverso la creazione di infrastrutture per la trasformazione e la stipula di contratti di produzione con gli agricoltori, quest’attività non si è sviluppata e la trasformazione resta dipendente dall’eccedenza di produzione e dalla domanda del mercato estero. Infatti i dati relativi alla quantità di capolini trasformati dall’industria negli ultimi anni, pur evidenziando l’incremento del prodotto lavorato, confermano che l’approvvigionamento dipende quasi esclusivamente dalla disponibilità o meno della materia prima e non da una precisa programmazione. La quantità massima di capolini destinati alla trasformazione è stata registrata nel 1999 con 3524 t, mentre nel 1997 sono state trasformate solo 100 t. L’incremento della trasformazione può essere assicurato soltanto dall’esistenza di un’infrastruttura produttiva, a partire dalle cultivar specifiche aventi le caratteristiche richieste per la trasformazione (omogeneità, numero di capolini, calibro e caratteristiche qualitative). sportazione. È importante ricordare che, alla fine degli anni –E Sessanta, la Tunisia esportava più di 4000 t di prodotto fresco. Attualmente, l’esportazione ammonta soltanto a 350 t. Come per la trasformazione, la promozione dell’esportazione deve avvenire nell’ambito di accordi commerciali con promotori stranieri, alla stregua di altri ortaggi, come per esempio la lattuga.
Raccolta dei capolini
Vendita di carciofi in fasci al mercato di Tunisi
Capolini destinati al mercato locale
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il carciofo e il cardo
mondo e mercato Carciofo in Egitto Mahmoud Sharaf-Eldin
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Carciofo in Egitto Introduzione Il carciofo in Egitto è stato probabilmente introdotto dall’Etiopia. Antichi documenti riportano che il re egiziano Tolomeo Evergete, nel III secolo a.C. faceva mangiare carciofi ai suoi soldati, poiché credeva che infondessero forza e ardimento. Tra le raffigurazioni presenti su una tomba del XIV secolo a.C., proveniente da Tebe ed esposta al British Museum a Londra, si osserva una persona che tiene un carciofo nella mano destra. Il carciofo è raffigurato sulle decorazioni di ciotole e scodelle risalenti all’antico Egitto. Gli scavi archeologici effettuati nell’aerea del Mons Claudianus, antica colonia penale romana del II secolo d.C. a circa 500 km dal Cairo, hanno riportato alla luce brattee e “semi” verosimilmente appartenuti al carciofo selvatico. Attualmente l’Egitto occupa l’ottava posizione nel mondo per la superficie coltivata, pari a 3600 ha, e il quarto posto per quanto riguarda la produzione totale con 74.000 t. Negli ultimi vent’anni la superficie è rimasta pressoché costante con valori compresi tra 3 e 4000 ha, mentre la produzione totale è notevolmente aumentata, infatti nel 1995-2000-2005 era rispettivamente di 35-40 e 70.000 t. In Egitto si riscontrano alcune zone con le condizioni pedoclimatiche ideali per ottenere elevate produzioni e capolini di ottima qualità. La coltivazione è prevalentemente concentrata nei dintorni delle città costiere e in aree limitate di alcuni governatorati: AlSharqia, Ismailia, Al-Giza, Al-Minya, Al-Behaira. Quest’ultimo, che si trova nel nord dell’Egitto, sulle rive del Mediterraneo e a ovest della città di Alessandria e del suo trafficatissimo porto, è quello in cui la coltivazione del carciofo è più diffusa; gran parte della produzione di capolini ottenuta nel governatorato di Al-Behaira è
Egitto in sintesi
• L’Egitto si colloca all’ottavo posto
nel mondo per la superficie coltivata, con 3600 ha e al quarto per la produzione totale con 74.000 t. Negli ultimi vent’anni la superficie è rimasta invariata rispetto ai valori attuali, mentre la produzione totale è notevolmente aumentata; infatti nel decennio 1995-2005 la produzione è passata da 35.000 a 70.000 t
• La cultivar più diffusa è la Balady,
molto apprezzata sul mercato interno, con produzione precoce e capolini di colore verde. Per l’esportazione si utilizzano i capolini della cultivar locale denominata Violetto, di provenienza francese, simile al Violetto di Provenza. Le esportazioni in Italia di prodotto fresco si sono decuplicate dal 2000 a oggi
• Negli ultimi vent’anni sono state
introdotte con successo alcune cultivar propagate per “seme”: Imperial Star, Green Globe, Emerald e Green Globe Improved, caratterizzate da capolini compatti, di grandi dimensioni, di colore verde, tendenti al grigiastro, con brattee senza spine e lucide
Foto N. Calabrese
Carciofaia in piena produzione
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carciofo in Egitto destinata all’esportazione per il mercato fresco, prevalentemente sui mercati europei Cultivar La cultivar storicamente più diffusa è la Balady, di origine locale, molto apprezzata sul mercato interno, con produzione precoce a partire da novembre; i capolini sono di colore verde e le brattee tendono ad aprirsi precocemente. Per l’esportazione si utilizzano capolini di colore violetto provenienti da una cultivar locale denominata Violetto, di provenienza francese e simile al Violetto di Provenza. Negli ultimi vent’anni sono state introdotte alcune cultivar propagate per “seme”: Imperial Star, Green Globe, Emerald e Green Globe Improved, caratterizzate da capolini compatti, di grandi dimensioni, di colore verde, tendenti a volte al grigiastro, con brattee senza spine e lucide. La cultivar Large Green, è contraddistinta da capolini di grosse dimensioni, di colore verde con numerose sfumature di violetto. Ricerche condotte in Egitto hanno evidenziato che i capolini delle cultivar propagate per “seme” hanno peso fresco, diametro e parte edibile maggiori rispetto a quelli della cultivar locale Balady e che, se raccolti quando sono ancora compatti, possono essere consumati anche crudi, perché il contenuto di fibra delle parte basale delle brattee è basso. Per la trasformazione industriale, produzione di cuori di carciofo o di fondi conservati prevalentemente in salamoia, si utilizzano indifferentemente tutte le cultivar. Negli ultimi anni si è andata affermando la coltivazione per la produzione di foglie di carciofo, da impiegare nell’industria farmaceutica. La richiesta di foglie è in progressivo e costante aumento negli ultimi anni. Per questo tipo di produzione sono utilizzate le cultivar propagate per “seme”.
L ib a n o Isr a e le Al-Sharquia Al-Behaira Ismailia Al-Giza Al-Minya
EGI T T O
S u d a n
Cultivar Large Green Cultivar Imperial Star
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mondo e mercato Tecnica colturale La propagazione del carciofo si effettua solitamente per via vegetativa, utilizzando, a seconda dell’epoca di impianto, i carducci, gli ovoli o porzioni di rizoma con almeno 2-3 gemme. Il ciclo di coltivazione è in prevalenza annuale. Per le cultivar propagate per “seme”, si trapiantano piantine di 6-8 settimane allevate in serra in contenitori alveolari. La semina viene eseguita in luglio; dopo 4 settimane dall’emergenza, le plantule vengono ripichettate in contenitori con alveoli del diametro di 14 cm e fertirrigate 1 o 2 volte con una soluzione nutritiva contenente 1g/l di 15-5-30-3 rispettivamente di N-P-K-Ca. Nel caso di coltivazione per la produzione di foglie, si ricorre alla semina diretta in campo nel mese di settembre. Per la concimazione di fondo si somministrano 90 e 65 kg/ha rispettivamente di P2O5 e K2O due settimane prima dell’impianto e complessivamente 200 kg N/ha, distribuiti in 4-5 interventi durante il ciclo colturale. Il metodo irriguo più diffuso è quello a goccia, anche se in alcune zone con maggior disponibilità d’acqua si ricorre al sistema per infiltrazione da solchi. La pacciamatura con film plastico trasparente o di colore nero è utilizzata da alcuni agricoltori per il controllo delle infestanti o per aumentare la temperatura del terreno durante l’inverno.
Piantine propagate per “seme” pronte per il trapianto Carciofaia in piena produzione
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carciofo in Egitto La raccolta dei capolini comincia in novembre e termina alla fine di aprile dell’anno successivo.
Foto N. Calabrese
Prospettive Il mercato interno del carciofo in Egitto è in aumento, sia per la richiesta di prodotto fresco sia per il trasformato. Anche le esportazioni sono in aumento; quelle del prodotto fresco si concentrano durante l’inverno e sono rivolte prevalentemente ai mercati europei, favorite sia dalla maggiore richiesta dei consumatori, sia dalla minore disponibilità del prodotto sul mercato interno a causa delle condizioni climatiche avverse. Le esportazioni in Italia di prodotto fresco si sono decuplicate dal 2000 a oggi. Sono in corso ricerche per avviare e razionalizzare l’attività vivaistica e produrre materiale di propagazione con elevate caratteristiche di omogeneità, rispondenza varietale e stato sanitario certificato. Per i motivi precedentemente illustrati e considerando la prossima eliminazione di alcuni vincoli commerciali che attualmente limitano le esportazioni dei prodotti ortofrutticoli in Europa e che favoriranno gli scambi commerciali, si prevede nei prossimi anni l’ulteriore aumento delle superfici coltivate e della produzione totale di carciofo.
Carciofaia a inizio produzione
Carciofaia con notevole presenza di infestanti
Foto N. Calabrese
395
il carciofo e il cardo
mondo e mercato Carciofo in Marocco Mohamed Razine
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Carciofo in Marocco Introduzione La coltivazione del carciofo in Marocco occupa una superficie di circa 3500 ha con una produzione totale di 52.000 t. Le regioni in cui è maggiormente praticata sono quelle della bassa Moulouya, Saïs, Haouz e Gharb. In quest’ultima si concentra l’80% della produzione nazionale, con 2650 ha e con una produzione complessiva di 42.000 t. La produzione unitaria è compresa in media tra 15 e 18 t/ha, con valori massimi di 30 t/ha. Nella regione di Gharb i terreni sono prevalentemente argillosi, il clima è del tipo subumido-umido, con temperature che variano tra i 2 e i 45 °C.
Marocco in sintesi
• Il carciofo è coltivato in Marocco
su 3500 ha con una produzione totale di 52.000 t; nella regione di Gharb si concentra l’80% della produzione nazionale; altre regioni interessate alla coltivazione sono quelle di Saïs, Haouz e la bassa Moulouya. La produzione unitaria è compresa in media tra 15 e 18 t/ha, con valori massimi di 30 t/ha
• Le cultivar più diffuse sono quelle
Cultivar Le cultivar che presentano capolini con brattee di colore verde chiaro (Blanc Hétérosis, Blanca de Tudela, Imperial Star) sono le più comuni, mentre quelle con capolini di colore violetto, quali Violet d’Alger e Salanquet, hanno diffusione più limitata. Di solito in ogni carciofaia sono coltivate assieme due o più cultivar; gli impianti monovarietali sono limitati ai piccoli appezzamenti.
con capolini di colore verde chiaro, Blanc Hétérosis, Blanca de Tudela, Imperial Star; quelle con capolini di colore violetto, quali Violet d’Alger e Salanquet, hanno diffusione più limitata. L’impianto si effettua generalmente in luglio-agosto; il materiale di propagazione è costituito dal rizoma, intero o suddiviso in pezzi. Imperial Star è l’unica cultivar propagata per “seme”. La densità varia da 8000 a 12.000 piante/ha
Principali zone di coltivazione del carciofo in Marocco Sp a g n a Mar Mediterraneo Tangeri Tétouan Kenitra Oujda RABAT Fès Casablanca Meknès
OCEANO AT L A N T I C O
Marrakech Agadir Canarie (Spagna) Alg e ria
M a u rita n ia Cultivar Imperial Star
396
M a li
carciofo in Marocco Imperial Star è l’unica propagata per “seme”, mentre tutte le altre cultivar sono propagate vegetativamente. Questa tecnica di moltiplicazione ha favorito nel tempo l’aggravarsi di problemi agronomici e patologici quali l’eterogeneità delle piante e la diffusione di parassiti, in particolare dei virus. Tecnica colturale La lavorazione del terreno comprende l’aratura, 2-3 fresature e infine un’assolcatura per la sistemazione delle aiuole. L’impianto si effettua generalmente in luglio-agosto, a volte anche in settembre. Il materiale di propagazione utilizzato è costituito dal rizoma, intero o suddiviso in pezzi, prelevato all’inizio dell’estate da piante di un anno durante la fase di riposo. Alcuni agricoltori preferiscono capitozzare le piante a un’altezza di 20 cm dal terreno, prima che siano completamente secche e utilizzare questo materiale per l’impianto. La densità varia da 8000 a 12.000 piante/ha. Alcuni agricoltori arrivano fino a 15.000 piante/ha, disponendole in file binate e utilizzando l’impianto di irrigazione a goccia posto tra le file all’interno della bina. Nelle zone dove spira il vento caldo chiamato chergui, che causa numerose fallanze al trapianto, si dispongono le aiuole in modo ortogonale alla direzione del vento stesso e le piantine vengono piantate sul fianco dell’aiuola per ottenere maggiore riparo. L’attecchimento delle piante varia dal 40 al 90%. Le erbe infestanti costituiscono a volte un problema, soprattutto su terreni pesanti come nella zona di Gharb. Il controllo delle malerbe è effettuato di solito con interventi manuali; solo occasionalmente si utilizza il diserbo per il controllo delle Graminacee.
Violet d’Alger in piena produzione
397
mondo e mercato Il metodo irriguo più diffuso è quello per infiltrazione laterale da solchi; per questo motivo il terreno è opportunamente preparato in modo che le piante siano disposte al centro di aiuole con i solchi per l’irrigazione ai lati. A mano a mano che la pianta si accresce, il terreno viene lavorato in modo che il solco sia progressivamente più distante dalla pianta. Questo sistema consente anche un buon controllo delle infestanti. Nella maggior parte dei casi l’irrigazione è effettuata con il metodo per infiltrazione da solchi. A seconda della disponibilità d’acqua e delle condizioni pedo-climatiche, il numero di interventi irrigui può variare tra 8 e 14 (in alcuni casi può arrivare fino a 20); il volume stagionale totale varia tra 10.000 e 17.000 m3/ha. A volte si adotta il metodo irriguo a goccia, in questo caso le prime due irrigazioni sono comunque effettuate con il sistema per infiltrazione da solchi; successivamente, quando le piantine hanno attecchito, si dispone l’impianto per l’irrigazione a microportata. Il volume irriguo stagionale si aggira intorno a 8000 m3/ha. Per quanto concerne la fertilizzazione, si distribuiscono manualmente 5 q/ha di 14-28-14 rispettivamente per N-P-K come concimazione di fondo, mentre per la concimazione di copertura si apportano dopo ogni raccolta fino a 12 q di nitrato ammonico. Quando si utilizza il metodo di irrigazione a goccia, alcuni agricoltori arrivano a somministrare fino a 260-210 e 350 kg/ha di N-P2O5 e K2O. Raramente si apportano altri elementi, come il magnesio, il calcio o lo zolfo. La concimazione di copertura è effettuata a mano disponendo il concime alla base di ogni pianta, dopo la pioggia o l’irrigazione.
Capolini per il mercato fresco
Raccolta del carciofo
• La raccolta inizia alla metà di ottobre
e si conclude di solito alla fine di maggio; i capolini raccolti nel periodo autunno-invernale sono di buona qualità e sono destinati al mercato fresco; successivamente le brattee tendono a divaricarsi, il pappo si accresce velocemente e la qualità dei capolini peggiora anche se si anticipa la raccolta di qualche giorno
Raccolta e lavorazione dei capolini Il periodo di raccolta comincia alla metà di ottobre e termina di solito alla fine di maggio; i capolini raccolti fino a febbraio sono di buona qualità. La raccolta viene effettuata quando il ricettacolo ha raggiunto circa 10 cm di diametro, mentre il gambo è tagliato a circa 20 cm di lunghezza. Con l’aumento delle temperature e delle ore di luce, le brattee tendono a divaricarsi, il pappo si accresce velocemente e la qualità dei capolini diventa scadente anche se si anticipa la raccolta di qualche giorno. La produzione oscilla tra 12 e 15 t/ha. Il prodotto raccolto viene venduto direttamente sul campo ad intermediari, che successivamente portano i capolini ai mercati all’ingrosso o ai magazzini per il confezionamento. Il prezzo di vendita è più alto nel periodo ottobre-febbraio, quando la quantità dei capolini raccolti è modesta e la qualità elevata; invece a partire da febbraio, in concomitanza dell’aumento della produzione e con il peggioramento della qualità dei capolini, il prezzo diminuisce e comincia anche l’attività delle poche industrie di trasformazione che operano in questo settore. A volte l’industria stipula contratti di fornitura con gli agricoltori in cui sono stabilite la tecnica colturale, la tracciabilità di tutte le fasi della produzione e la qualità dei capolini; in questo caso il prodotto trasformato è destinato all’esportazione.
• La raccolta viene effettuata quando
il ricettacolo ha raggiunto circa 10 cm di diametro, mentre il gambo è tagliato a circa 20 cm di lunghezza
• L’industria di trasformazione utilizza
i capolini con ricettacolo di grosse dimensioni per la produzione di fondi in salamoia o in aceto, mentre quelli più piccoli sono destinati alla preparazione di cuori o di fette
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carciofo in Marocco I capolini con ricettacolo di grosse dimensioni (>10 cm) sono utilizzati per la produzione di fondi in salamoia o in aceto, mentre quelli più piccoli sono destinati alla produzione di cuori o di fette. Per ottenere 1 kg di carciofi trasformati, sono necessari in media 3,5 kg di carciofi freschi. Questo valore aumenta progressivamente con l’incremento del diametro del carciofo lavorato. Prospettive Negli ultimi anni la tecnica di coltivazione del carciofo in Marocco non si è evoluta così come è avvenuto per altre colture ortive; inoltre il prodotto fresco o trasformato è stato poco valorizzato sia sul mercato interno sia all’estero. Le aziende cinaricole sono di solito di piccole dimensioni e la produzione è destinata quasi unicamente al mercato locale, se si escludono poche centinaia di tonnellate destinate all’esportazione (230 t nel 2007/2008 e 250 t nel 2008/2009). I problemi di maggiore importanza nella tecnica di coltivazione sono rappresentati dall’ampia diffusione della moltiplicazione vegetativa (e dalle conseguenze negative di natura agronomica e patologica che ne derivano), dalla modesta efficienza del metodo irriguo impiegato (l’irrigazione a goccia è poco diffusa), dallo scarso controllo, sia manuale sia con il diserbo, della flora infestante, che a volte viene fatta crescere e poi utilizzata come foraggio nell’allevamento del bestiame. Per questi motivi sono state intraprese nell’ambito del programma nazionale di sviluppo agricolo, numerose sperimentazioni riguardanti l’introduzione di cultivar propagate per “seme”, il risanamento del materiale di propagazione e la razionalizzazione della tecnica colturale con l’obiettivo di aumentare la produzione per unità di superficie e diminuire i costi di produzione. Inoltre sono state varate politiche che garantiscono l’assistenza tecnica alle aziende e favoriscono l’aggregazione e l’organizzazione dei produttori, in modo da aumentare la competitività di questa coltura sia sul mercato interno sia per l’esportazione.
Carciofaia all’inizio della raccolta
Diserbo di una carciofaia Carciofaia nella zona di Gharb
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il carciofo e il cardo
mondo e mercato Carciofo in Turchia Benìan Eser, Atnan Uğur
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Carciofo in Turchia Introduzione Per il carciofo, in turco Enginar, è stato registrato, negli ultimi anni, un aumento notevole della superficie e della produzione totale. Infatti, dal 1990 a oggi, la superficie e la produzione sono triplicate. Nella zona meridionale del Paese si trovano tutt’oggi delle specie selvatiche. Alcuni documenti dimostrano che questo ortaggio era noto già nel XVII secolo e costituiva un piatto prelibato della cucina di palazzo degli imperatori ottomani. Le popolazioni che vivono nelle regioni costiere occidentali, e in particolare quelle provenienti dalle isole egee, conoscono benissimo questo ortaggio. Oltre ai capolini, in alcune regioni si utilizzano anche i gambi. L’olio d’oliva è un ingrediente importante nella preparazione di pietanze a base di carciofo. Il carciofo è diventato un ortaggio apprezzato per i suoi effetti salutari, tanto che negli ultimi 10 anni la sua richiesta è aumentata. Inoltre, i medici consigliano ad alcuni pazienti di inserire questo ortaggio nella loro dieta. La regione egea, localizzata nella parte occidentale del Paese, e quella del Mar di Marmara, che si trova nella parte nord-ovest della Turchia, sono le zone più note per la produzione.
Zone di coltivazione, superficie e produzione del carciofo in Turchia Città
Area (ha)
Produzione (t)
1
Bursa
1000
13.000
2
Yalova
0,25
300
3
Samsun
0,002
25
4
Izmir
997
12.000
5
Antalya
211
2400
6
Adana
105
1800
2313,25
29.525
Totale
Principali zone di coltivazione del carciofo in Turchia B ul g a ri a
Mar Nero
Gr ec ia
Istanbul
Samsun
Izmit Bursa
Ge o r g ia
Armenia ANKARA
Balıkesir
TU RCHI A
Manisa Izmir Konya Antalya
Mar Mediterraneo
Ir an
Kayseri Diyarbakır
Kahramanmaraş Mersin
Cipro
400
Adana
Gaziantep
Ş anlıurfa
S ir ia
Ir a q
carciofo in Turchia Il clima e le cultivar in queste regioni sono diversi. Le condizioni climatiche, in particolare le condizioni di umidità, della regione del Mar di Marmara sono adatte alla coltivazione del carciofo. La possibilità di gelate nei mesi invernali non consente l’utilizzo di cultivar precoci. Nella regione egea, durante i mesi invernali, il rischio di gelo è minore rispetto alla regione del Mar di Marmara e le cultivar precoci si coltivano con maggior sicurezza. Tra le nuove zone di produzione, quelle in prossimità delle città di Antalya e Adana presentano un clima più caldo della regione egea e per questo motivo è probabile che tali zone abbiano grandi possibilità in futuro per la produzione di carciofo precoce. La città di Bursa è la più grande zona di produzione della regione del Mar di Marmara; a questa si aggiunge la città di Izmir, con la stessa quantità di produzione, tanto che il 90% della produzione totale proviene da queste città. Con l’aumento della domanda la coltivazione si è estesa in nuove promettenti aree come le città di Adana e Antalya a sud e la città di Samsun a nord, vicino al Mar Nero.
Turchia in sintesi
• Il carciofo è attualmente coltivato in
Turchia su 2700 ha con una produzione totale di 32.000 t. Dal 1990 a oggi, superficie e produzione sono triplicate
• La regione egea, nella parte occidentale con la città di Izmir, e quella del Mar di Marmara, che si trova a nord-ovest con la città di Bursa, sono le zone dove è maggiormente diffusa la coltivazione. In queste aree si concentra il 90% della produzione totale. Tra le nuove zone di produzione, quelle in prossimità delle città di Antalya e Adana a sud, e di Samsun a nord, vicino al Mar Nero, che hanno un clima più caldo, si prestano alla produzione di carciofo precoce
Tecnica colturale e raccolta Il ciclo produttivo della carciofaia generalmente dura 7-8 anni; le cultivar più diffuse sono Sakiz e Bayrampasa, anche se negli ultimi 5-6 anni sono state introdotte cultivar ibride propagate per “seme” e idonee alla coltura annuale. Come materiale di propagazione si usano parti di ceppaia suddivise in modo da avere almeno due gemme ognuna; il reperimento di questo materiale è difficoltoso e generalmente proviene da campi alla fine del ciclo pluriennale di produzione o è prelevato durante la fase di riposo estivo delle piante in carciofaie in produzione. Tale materiale prima della messa a dimora viene trattato con agrofarmaci contro agenti patogeni del terreno.
• Le cultivar più diffuse sono Sakiz
e Bayrampasa, moltiplicate vegetativamente; negli ultimi 5-6 anni sono state introdotte cultivar ibride propagate per “seme”, quali Concerto, Opal, Menuet, Prelude, Emerald, Mundi, Maydo ed Etna, idonee alla coltura annuale
Foto N. Calabrese
3000
35000
2500
30000
2000 1500 1000 500
25000 20000 15000 10000
Produzione totale (t)
Superficie (ha)
Superficie e produzione totale di carciofo in Turchia
5000
0 0 1961 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2004 2007 Anni Superficie Produzione totale
Carciofaia prima dell’entrata in produzione
401
mondo e mercato L’altro metodo per l’impianto è l’utilizzo dei carducci. Come noto, su ogni pianta se ne formano molti e generalmente se ne lasciano due, mentre gli altri si eliminano. La scarducciatura si effettua due volte all’anno. La prima ha luogo in autunno, quando i carducci hanno raggiunto i 25-30 cm di altezza, mentre la seconda si esegue generalmente a marzo. I carducci sono un buon materiale di moltiplicazione e devono essere provvisti di una piccola parte di rizoma; prima di piantarli si taglia la parte apicale delle foglie. La percentuale di attecchimento spesso è molto bassa; per ovviare a tale inconveniente si usano carducci fatti radicare in vivaio. In riferimento all’irrigazione si deve tenere presente che le piante, tranne che per il periodo giugno-metà agosto, sono in attiva vegetazione. Pertanto per ottenere capolini precoci è necessaria una prima adacquata abbondante, che si esegue generalmente nella prima metà di agosto e serve a favorire il risveglio delle piante, in riposo a causa dell’elevata temperatura e per la mancanza di acqua. In alcune zone in cui vi è carenza di acqua per l’irrigazione, i coltivatori per il risveglio delle piante attendono le prime piogge estive e autunnali, e naturalmente in questo caso la produzione non è precoce. Il periodo di raccolta inizia a novembre e finisce nella seconda metà di giugno in relazione alle aree di coltivazione e alle cultivar. La raccolta precoce inizia sulla costa egea e mediterranea alla fine di novembre, con la Sakiz, e termina a metà aprile. Successivamente, si inizia a raccogliere dalle piante cosiddette del tipo primitivo; la raccolta prosegue fino alla metà di giugno. Nella regione del Mar di Marmara, dove la Bayrampasa è la principale cultivar, la raccolta inizia nella prima metà di maggio e dura fino alla fine di giugno.
Rizoma
Rizoma con carducci Materiale usato per la propagazione
402
carciofo in Turchia
Carducci pronti per il prelievo Carducci pronti per l’impianto
Cultivar, qualità e commercializzazione Le cultivar tradizionali, com’è stato già accennato, sono la Sakiz e la Bayrampasa, entrambe propagate per via vegetativa. La Sakiz è sensibile al freddo, precoce e coltivata nelle regioni egea e mediterranea. Per la maggior parte si consuma allo stato fresco. La forma dei capolini è simile a una coppa e le brattee sono generalmente aperte.
Piante del tipo primitivo
• Variazione fenotipica probabilmente
attribuita a cause fisiologiche o genetiche o a una struttura chimerica, favorita dalla lunga e continua moltiplicazione vegetativa
• La formazione della pianta del tipo
primitivo è un grosso problema per la gestione della precocità. Nelle piantagioni di Sakiz, quando l’età della carciofaia aumenta, anche il tasso di comparsa di piante di tipo primitivo aumenta. Bisogna prestare molta attenzione a selezionare ed eliminare questo tipo di piante dalle carciofaie di Sakiz durante la scarducciatura. Questa è l’operazione più importante quando si mettono a dimora i nuovi impianti e anche durante la coltivazione. Per l’impianto la tecnica migliore è usare carducci selezionati e radicati
Capolino di Bayrampasa
403
mondo e mercato Per il consumo si rimuovono le brattee esterne, si taglia la parte apicale delle brattee rimanenti e si elimina parte del gambo. Alla fine del periodo di raccolta, le brattee diventano molto fibrose, pertanto si usa solo il ricettacolo. Nelle carciofaie della Sakiz a volte compaiono piante indicate come del tipo primitivo, resistenti al freddo, ma che producono tardivamente. Probabilmente si tratta di variazioni fenotipiche attribuite a cause fisiologiche o genetiche o a una struttura chimerica, favorita dalla lunga e continua moltiplicazione vegetativa. I capolini sono più grandi rispetto a quelli della Sakiz e, generalmente, vengono consumati i ricettacoli (fondi). Questi si trovano nei mercati locali già pronti per il consumo, immersi in acqua con succo di limone, per evitare l’imbrunimento. La Bayrampasa è resistente al freddo. Si coltiva nella regione del Mar di Marmara e ha un periodo di raccolta breve. I capolini sono più grandi rispetto alle altre cultivar; hanno forma sferica e se ne consumano soprattutto i ricettacoli, che sono venduti anche in acqua e limone come quelli del tipo precoce.
Capolino di Sakiz
Preparazione di fondi
404
carciofo in Turchia Anche l’industria conserviera e dei surgelati utilizza i capolini. In Turchia si trovano anche nuove cultivar propagate per “seme”, quali: Concerto, Opal, Menuet, Prelude, Emerald, Mundi, Maydo ed Etna. Alcune di queste sono raccomandate per la produzione di cuori, ma al momento la loro produzione non è rilevante. Inoltre vengono prodotti cuori conservati in salamoia, particolarmente nella regione egea. Alcune aziende hanno importato cultivar dalla Spagna e dall’Italia idonee alla produzione di cuori. Problemi e prospettive Il carciofo è un ortaggio che offre buone prospettive per i coltivatori. Negli ultimi anni è stato registrato un aumento notevole delle importazioni di capolini per il consumo fresco e si prevede che la domanda aumenterà ulteriormente in virtù del riconoscimento da parte dei consumatori dei suoi effetti benefici: questo rappresenta un grande vantaggio per i produttori. D’altra parte, la mancanza di materiale di propagazione sano e di alta qualità costituisce un grave problema e ne limita la diffusione. Ciò è particolarmente vero per le cultivar precoci. Per esempio, non è possibile mettere a dimora la Sakiz originaria a causa della mancanza di materiale risanato; inoltre l’eliminazione dei tipi primitivi è un problema che deve essere risolto. La diffusione delle nuove cultivar propagate per “seme”, che presentano elevata produttività e capolini idonei sia al mercato fresco sia all’industria della trasformazione, potrà costituire un’ottima opportunità per gli imprenditori agricoli perché contribuirà ad ampliare l’offerta del prodotto sia sul mercato interno, sia su quello estero. Consentirà inoltre di estendere il calendario di raccolta anche ai mesi estivi, in cui è notevole la presenza di turisti, con la coltivazione a ciclo annuale in zone di alta collina.
Il piatto più famoso a base di carciofo è il Dolma. Per la preparazione, si taglia la metà superiore, si prepara una miscela con riso, olio d’oliva, cipolla e aneto che si pone tra le brattee. Si aggiunge altro olio d’oliva e si cucina Foto N. Calabrese
Importazioni di carciofo fresco 1400 1200 Importazione (t)
1000 500 600 400 200 0
1977
2000
2002 Anni
2004
2006
Carciofaia con impianto di irrigazione a goccia
405
il carciofo e il cardo
mondo e mercato Carciofo negli Stati Uniti Daniel Leskovar, Mohammad Abdul Bari
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Carciofo negli Stati Uniti Introduzione Il carciofo fu introdotto negli Stati Uniti nel 1700 da immigrati francesi in Louisiana. Thomas Jefferson, terzo presidente americano, coltivava carciofi nella sua azienda di Monticello, in Virginia centrale, nel 1767. La diffusione del carciofo rimase molto limitata fino all’inizio del ’900, quando immigrati italiani coltivarono alcuni ettari di terreno a carciofo in California, nella zona di Half Moon Bay. Il consumo di carciofo nella dieta americana, pari a 0,3 kg pro capite, è rimasto costante negli ultimi vent’anni, ma è di secondaria importanza se paragonato a quello di altri ortaggi. Nel 2007 il carciofo è stato coltivato su 3200 ha, con una produzione totale di 41.000 t. La coltivazione avviene quasi esclusivamente in California; le principali zone di produzione sono la costa centrale (contee di Monterey, Santa Cruz e San Mateo) e quella meridionale (contee di Santa Barbara, Ventura, Orange e San Diego), il deserto di Coachella Valley (contee di Riverside e Imperial) e la Valle Centrale.
Carciofo e Marilyn Monroe
• In California la coltivazione del carciofo ha una lunga tradizione, tanto che dal 1947 si tiene ogni anno, nella città di Castroville, una manifestazione dedicata a questo ortaggio. Nella prima edizione un’allora sconosciuta Marilyn Monroe fu incoronata al concorso di bellezza come Regina del carciofo, primo passo di una carriera che la rese celebre in tutto il mondo
Principali zone di coltivazione del carciofo negli Stati Uniti
ALASKA Isole HAWAII
C
A
WA
L
OR
MT ID WY
I NV
F
San Mateo
AZ
R
N
Monterey
UT
CA
O
Santa Cruz
ND
WI
SD IA
NE CO
KS OK
NM TX
VT ME
MN
NY
MI
PA IL IN OH WV VA MO KY NC TN AR SC MS AL GA LA
I FL
A
Santa Barbara Ventura
Riverside Orange
San Diego
Imperial
406
NH MA RI CT DE MD
carciofo negli Stati Uniti Superfici ridotte sono coltivate con successo per i mercati locali in altri Stati, come Arizona, Virginia, New York, Oregon e Texas. Negli ultimi vent’anni il carciofo è stato coltivato nella valle del Rio Grande, nel Texas meridionale, situata al confine tra Stati Uniti e Messico. A causa delle temperature più elevate la produzione era limitata a quella regione. Oggi, grazie agli studi effettuati in Texas, il carciofo si è diffuso in nuove zone di produzione più idonee per le condizioni climatiche come la regione di Winter Garden, nel Sud-Ovest (contee di Uvalde e Atascosa) e nell’area circostante la Hill Country. In altri Stati, estensioni minori sono coltivate nella Yuma County, in Arizona, e nella Willamette Valley, nell’Oregon. Nella parte settentrionale dello Stato di New York, già negli anni Venti sono stati effettuati studi per proteggere i carciofi dal freddo. In Virginia le principali aree di coltivazione sono quella centrale e settentrionale di Piedmont e la zona montuosa, dove l’elevata altitudine mitiga le temperature estive e consente un buon accrescimento della pianta e un’interessante produzione di capolini. Nella maggior parte degli Stati nordorientali e occidentali il carciofo è coltivato in aziende la cui produzione comprende anche altri ortaggi.
Carciofo negli Stati Uniti
• La coltivazione a scopo commerciale del
carciofo negli USA risale ai primi del ’900, quando immigrati italiani piantarono le prime carciofaie in California, che ancora oggi detiene largamente il primato della coltivazione con più del 95% della superficie e della produzione totale
• Superfici ridotte sono coltivate in altri
Stati come Arizona, Virginia, New York, Oregon e Texas
• Nel 2007 il carciofo è stato coltivato
su 3200 ha, con una produzione totale di 41.000 t. Nel 2007-2008 il valore totale della produzione lorda vendibile della California ha superato i 50 milioni di dollari
Tecnica colturale Sulla costa centrale della California, da cui proviene più del 75% della produzione americana, si verificano le condizioni ideali per la produzione (temperature di 11 °C di notte e 22 °C di giorno). Tali condizioni si registrano durante tutto l’anno, quindi le piante, in presenza di acqua, non vanno mai in riposo. Tuttavia il periodo di massima produzione è compreso tra marzo e aprile. La dicioccatura viene effettuata dalla metà di maggio fino alla metà di giugno così da favorire l’emissione di nuovi germogli per ottenere la produzione estiva e autunnale. In altre zone della California i carciofi sono coltivati come coltura annuale; in questo caso per l’impianto si utilizzano piantine propagate per “seme” allevate in serra e poi trapiantate in pieno campo, in modo da programmare la produzione secondo le richieste del mercato. L’impianto avviene da novembre a giugno e la raccolta da aprile a ottobre. Questo periodo coincide con quello di scarsa produzione della coltura poliennale. Nell’area di produzione del deserto, i carciofi sono piantati da agosto a ottobre e le raccolte si effettuano da dicembre a marzo. In genere, in California, la coltivazione è attuata con tecniche convenzionali, anche se dal 2001, nelle principali aree di produzione, oltre 350 ha sono stati destinati a coltivazione biologica. In Texas il carciofo si coltiva come pianta annuale. Le piante, moltiplicate per “seme”, sono allevate nelle serre del sud e poi sono trapiantate in campo da fine settembre a novembre. Anche qui, come in California, il periodo di massima produzione è tra marzo e aprile. Sono in corso studi mirati alla produzione autunno-invernale, con trapianto ad agosto e raccolta dalla fine di no-
• Le cultivar più diffuse sono: Imperial
Star, Desert Globe, Emerald, Big Heart e Green Globe Improved. Le epoche di raccolta dei capolini coprono tutto l’anno in funzione delle tecniche colturali e delle diverse zone di produzione
Applicazioni di gibberelline per anticipare la produzione
407
mondo e mercato vembre a febbraio. In questo caso, poiché le esigenze di vernalizzazione naturale durante la fase giovanile possono non essere soddisfatte, si applica l’acido gibberellico (GA3) per indurre la formazione del capolino e anticipare la raccolta ai mesi invernali. In genere, sono sufficienti 2-3 trattamenti fogliari a intervalli di 2 settimane. In Virginia la coltivazione è a ciclo annuale; il trapianto è effettuato da fine marzo ad aprile e i capolini si raccolgono da metà agosto a settembre, periodo che coincide con i prezzi del mercato più elevati. In modo analogo, nello Stato di New York l’impianto avviene in maggio e il massimo della produzione si ottiene a inizio agosto. Impianto Le carciofaie poliennali della costa della California centrale sono propagate mediante porzioni di rizoma provviste di gemme, prelevate da piante di età diverse. Questo materiale viene piantato a mano in buchette profonde 10-15 cm su file distanti 270-300 cm e a 90-110 cm sulla fila. La carciofaia viene estirpata dopo 5-10 anni, quando le piante perdono vigore. Il ciclo colturale inizia con la dicioccatura, effettuata a livello del terreno, da metà maggio a metà giugno per la raccolta dall’autunno alla primavera, o a fine agosto-settembre per la raccolta nell’estate successiva. Applicazioni di acido gibberellico si effettuano una o due volte in luglio o agosto per anticipare la raccolta. Di solito i trattamenti con GA3 o GA4+7 si eseguono circa 6 settimane prima dell’inizio della raccolta. I vecchi fusti, su cui sono già stati raccolti i capolini, vengono rimossi per stimolare lo sviluppo di nuovi germogli. Per questa operazione, detta di capitozzatura, che si effettua a intervalli di 3-4 settimane a seconda della crescita dei nuovi fusti, si utilizza un apposito coltello per tagliare il vecchio fusto poco sopra il livello del terreno.
Impianto a fila binata; le piante sono disposte a quinconce
Impianto a fila singola Pacciamatura con differenti film plastici presso la Stazione Sperimentale di Uvalde, Texas
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carciofo negli Stati Uniti In alcune zone della California le carciofaie a ciclo annuale vengono seminate direttamente in campo, ma in genere si effettua il trapianto per controllare meglio le infestanti e i parassiti. Le piantine sono allevate in serra per circa 6-8 settimane e poi trapiantate in campo a una distanza di 1,8-2,0 m tra le file e circa 60 cm sulla fila. Le colture annuali, per la flessibilità del ciclo colturale, sono utilizzate per alimentare il mercato nei periodi di minor produzione delle carciofaie tradizionali. Infatti è possibile programmare le raccolte a seconda dell’epoca di impianto; di solito intercorrono 4-6 mesi dal trapianto all’inizio della produzione dei capolini. La coltura annuale è praticata anche in altri Stati come Arizona, Virginia, New York e Texas. In questo Stato sono in corso studi per valutare la produzione mediante l’uso di subirrigazione, pacciamatura con film plastico e densità di piante.
Foto V. Magnifico
Cultivar La coltivazione poliennale con la cultivar Green Globe rappresenta oltre la metà della produzione di carciofo in California. Le cultivar propagate per “seme” comprendono Imperial Star, Desert Globe, Emerald, Big Heart e Green Globe Improved. Alcune grandi società commerciali, come Ocean Mist Farms e Dole hanno costituito proprie cultivar come la Big Heart, con capolino verde di grosse dimensioni, diffusa nel sud della California. Altre cultivar presenti localmente in California sono Lyon, Fiesole (simile ai Violetto di Provenza e al Violetto di Toscana), Anzio (simile al Romanesco), e Campania (con capolino grande e brattee violette). In Texas le
Ecotipo californiano di carciofo Green Globe
Pianta e capolini della cultivar Imperial Star Valutazione di cultivar: in primo piano Imperial Star
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mondo e mercato due ultivar principali sono Green Globe Improved e Imperial Star, una cultivar precoce con brattee lucide e di colore verde. Nel Texas meridionale, è coltivata con successo l’Emerald. Le cultivar con elevate produzioni, messe a confronto in prove dimostrative nella regione Winter Garden, sia presso campi sperimentali sia in aziende private, includono Madrigal, Concerto e Lorca. Altre cultivar provate nel 2007-2009 sono: Exp. Red, Opal, e Purple Romagna con capolino di color violetto, Blanca de Tudela, Harmony ed Emerald con capolino verde. In Virginia, New York e Arizona le cultivar utilizzate o valutate sono Imperial Star, Emerald, Early Emerald Pro e Green Globe.
Foto N. Calabrese
Raccolta In California i capolini delle carciofaie poliennali si raccolgono tutto l’anno, ma il picco di produzione si ottiene tra marzo e maggio. Anche dalle carciofaie a ciclo annuale propagate per “seme” si ottiene produzione durante tutto l’anno: in inverno proviene dalle zone del deserto, mentre negli altri periodi dell’anno si raccoglie sulla costa e nella Central Valley. Le produzioni più elevate si ottengono da carciofaie con periodo di raccolta dall’autunno alla primavera. I capolini sono generalmente raccolti a mano 1 o 2 volte a settimana, a seconda delle condizioni meteorologiche. Durante gli inverni freddi, la raccolta può avvenire ogni 2 settimane. Negli impianti poliennali si effettuano comunemente 30 o più raccolte durante la stagione produttiva, mentre in quelli annuali il periodo di produzione è più breve e ciò riduce i costi di raccolta; ad esempio, in Texas, la raccolta è concentrata da marzo ad aprile.
Cultivar Opal
Carciofaia in California
Foto V. Magnifico
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carciofo negli Stati Uniti I capolini si raccolgono quando hanno raggiunto le dimensioni massime, ma prima che le brattee comincino a divergere o che il pappo si allunghi oltre 8-10 mm. Le brattee di alcune cultivar propagate per “seme” non si aprono nel corso della maturazione così rapidamente come per la Green Globe; ciò rende più difficile individuare il momento più opportuno per la raccolta. Questi capolini non aumentano di dimensione se lasciati sulla pianta oltre il periodo di raccolta ottimale; quelli ultramaturi sono caratterizzati dall’allungamento del pappo e dalla presenza di brattee interne violette. Il taglio longitudinale a metà del capolino può aiutare l’agricoltore a decidere quando effettuare la raccolta. I carciofi si raccolgono a mano, con 8-10 cm di fusto, e sono posti in appositi sacchi di tela tenuti aperti da una struttura di metallo. I capolini sono imballati su strutture di confezionamento mobili che si spostano attraverso il campo assieme agli addetti alla raccolta. In alcuni casi vengono posti in cassoni e poi confezionati in magazzino. A volte i capolini sono raccolti con gambo lungo fino a 30 cm. I capolini sono esaminati sul campo, per quanto concerne difetti, danni o presenza di parassiti; quelli non commerciabili sono eliminati. I capolini sono selezionati in base al calibro e posti in contenitori di cartone, ognuno dei quali può contenere 18-24-36-48-60 capolini in funzione del diametro, che è rispettivamente di 11,3; 10-11,3; 8,8-10; 7,5-8,8 e 6,9-7,5 cm. Le confezioni da 18 sono le più comuni. Le confezioni singole devono pesare almeno 9,9 kg ciascuna. I capolini più piccoli vengono venduti alla rinfusa in confezioni che ne contengono da 100 a 175. Durante il periodo estivo e quando le temperature sono elevate, i capolini già confezionati sono sottoposti a prerefrigerazione in vacuum cooling (raffreddamento in depressione), o in celle a circolazione forzata dell’aria, prima di essere conservati in celle frigorifere a 1 °C con il 95% di umidità relativa. La distribuzione avviene con camion refrigerati. Al dettaglio i carciofi sono venduti a peso o singolarmente.
Foto V. Magnifico
Foto V. Magnifico
Commercializzazione Dalla California proviene oltre il 90% della produzione di carciofo degli Stati Uniti. I prezzi tendono a essere più bassi a marzo, quando c’è il picco di produzione delle carciofaie poliennali. Nell’ultimo decennio la superficie coltivata è in leggera diminuzione: si è passati, infatti, da 4000 ha nel 1997 a 3220 nel 2007; la produzione unitaria si attesta su 10,5 t/ha. Nel 2007 le esportazioni di prodotto fresco sono state di 5172 t e le importazioni di 766 t; mentre per il prodotto trasformato sono state importate circa 60.000 t di cui il 30% dal Perú. Dati forniti dal Department of Food and Agricolture della California hanno stimato per il 2006 il valore della produzione lorda vendibile (PLV) pari a circa 10.000 dollari/ha; mentre per il 2007-2008 il valore totale della PLV ha superato i 50 milioni di dollari.
Carciofi a Castroville (California): raccolta (in alto e al centro) e capolini pronti per essere lavorati (in basso)
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il carciofo e il cardo
mondo e mercato Carciofo in Argentina Stella Maris Garcia
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Carciofo in Argentina Introduzione In Argentina assume il nome di alcaucil, parola che deriverebbe dall’arabo harscioh o al-karshuf e che significa “spina di terra” o “pianta che punge”. La migrazione italiana avvenuta in seguito alla prima guerra mondiale ha introdotto in Argentina le prime varietà di carciofo, insieme alle pratiche agronomiche e alle modalità di consumo originarie, che sono state poi adattate alle condizioni locali. Per molti anni l’area coltivata a carciofo in Argentina è stata stimata intorno ai 4000 ha, ma a partire dal 1980 il calo di redditività ne ha determinato una drastica riduzione, pari circa al 50%: la coltura poliennale immobilizza infatti la superficie occupata per diversi anni, a differenza di altre specie orticole, che prevedono la possibilità di effettuare 2 o 3 avvicendamenti annuali. In Argentina non esistono dati statistici ufficiali relativi alla produzione, a parte quelli rilevati dal censimento del 2002 sulla superficie coltivata. Da questi risultava che la superficie totale era di 782 ettari distribuiti in tutto il Paese e concentrati nelle principali province di produzione: Buenos Aires (55,46%), San Juan (22,84%), Santa Fe (11,19%) e Mendoza (8,76%). Stando ad alcune stime, nel 2007 a La Plata (Buenos Aires) si contavano 700 ha impiantati, a San Juan e Mendoza (che formano la regione di Cuyo) 400, a Rosario 200 e a Mar del Plata circa 100 ha. Attualmente la superficie coltivata a carciofo in Argentina si aggira intorno ai 2000 ha, con produzione unitaria media di 12 t/ha. Nella zona di La Plata (provincia di Buenos Aires) si concentra il nucleo produttivo più importante, con il 64% della superficie totale del Paese; seguono la Cintura Orticola di Rosario (provincia di Santa Fe) con il 14% e, con un valore analogo, la zona di Cuyo, che comprende le province di San Juan e Mendoza. A San Juan, il 65% della produzione viene destinato all’industria conserviera della provincia di Mendoza. Esistono inoltre piccoli nuclei produttivi di superficie ridotta nelle Cinture Orticole delle grandi città (Mar del Plata, Córdoba, Tucumán ecc.). Le zone di La Plata e Rosario presentano un clima temperato, non soggetto a gelate fra i mesi di ottobre e aprile e un livello di precipitazioni pari a circa 1000 mm all’anno. I terreni contengono un livello di sostanza organica oscillante fra il 2% e il 5% e un alto contenuto di argilla. La zona di Cuyo (San Juan e Mendoza), al contrario, è caratterizzata da terreni sabbiosi con alte percentuali di sostanza organica e da un clima secco con precipitazioni che sfiorano i 100 mm all’anno.
Argentina in sintesi
• Nel 2007, il carciofo è stato coltivato in
Argentina su 4600 ha con una produzione totale di 90.000 t (rispettivamente quinto e terzo posto nella graduatoria mondiale)
• Nella zona di La Plata si concentra
il 64% della superficie coltivata a carciofi del Paese; seguono la Cintura Orticola di Rosario con il 14% e, con un valore analogo, la zona di Cuyo, che comprende le province di San Juan e Mendoza. A San Juan il 65% della produzione viene destinato all’industria conserviera della provincia di Mendoza. Piccoli nuclei produttivi sono presenti in prossimità delle grandi città, Mar del Plata, Córdoba, Tucumán
• Le cultivar più diffuse sono: Romanesco,
detto anche Francés (francese), Francés precoz (francese precoce) o Ñato francés, Ñato, tipo tardivo, noto anche come Ñato criollo o Violeta nella Cintura Orticola di Rosario, Blanco o Blanco de San Juan e Precoz italiano. Nuove varietà in corso di introduzione sono Oro verde, Esmeralda, Gauchito, Gurí ed Estrella del Sur
Varietà Romanesco, conosciuta anche con i nomi di Francés, Francés precoz o Ñato francés. È la varietà più diffusa in termini di superficie
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carciofo in Argentina Nell’area di influenza della Cintura Orticola di Rosario il carciofo occupa il quarto posto all’interno delle colture orticole, preceduto da pomodoro, lattuga e sedano; esso costituisce una fonte di reddito nei momenti in cui non si effettuano altre colture orticole di grande interesse. La produzione è destinata a rifornire il mercato locale e altre aree di consumo, fra cui Córdoba, Santa Fe e Buenos Aires. La produzione argentina è sostanzialmente destinata al mercato del fresco, con valori di consumo pro capite annuo pari a 2,6 kg. La lavorazione industriale avviene principalmente nella provincia di San Juan. La produzione dei capolini è commercializzata esclusivamente sul mercato interno; la possibilità di aprirsi al mercato internazionale, grazie all’offerta di un prodotto di qualità e fuori stagione, è penalizzata dal tasso di cambio, che ha più volte impedito l’accesso a mercati esteri con prezzi competitivi rispetto ad altri Paesi concorrenti.
Pa r a g u a y
San Juan
Rosario (provincia di Santa Fe)
Brasile
La Plata U r u g u a y Mendoza (provincia C ile
di Buenos Aires) ARGEN T I N A
Varietà Romanesco. Detto anche Francés (francese), Francés precoz (francese precoce) o Ñato francés. Caratterizzato da capolini semisferici verdi con striature violacee e brattee prive di spine. La produzione comincia a fine giugno e si protrae fino alla fine di agosto, epoca in cui il freddo blocca la produzione; l’utilizzo di gibberelline permette di anticipare la raccolta al mese di maggio. La resa è di 6-7 capolini/pianta con peso medio di 200-250 g per capolino. È la varietà principale coltivata nella zona di La Plata e nella Cintura Orticola di Rosario.
Principali zone di produzione del carciofo in Argentina
Ñato. Tipo tardivo, noto anche come Ñato criollo o Violeta nella Cintura Orticola di Rosario. Caratterizzato da capolini tendenzialmente globosi, solidi e compatti. Presenta brattee esterne mucronate e violacee. L’infiorescenza pesa fra i 200 e i 300 g, con una resa di 7 capolini/pianta. La produzione avviene in primavera e fra metà settembre e novembre, periodo in cui le alte temperature provocano l’apertura delle brattee compromettendone il valore commerciale. Negli anni Ottanta era la varietà più coltivata a livello nazionale, ma per la sua epoca di produzione molto tardiva è stato soppiantato dal tipo Romanesco, di produzione più precoce. Blanco o Blanco de San Juan. Tipo precoce. Pianta di dimensioni ridotte, dalle foglie verdi, inermi, con presenza di eterofillia. Si distingue per i capolini ovali, compatti, di colore verde chiaro, e di piccole dimensioni (140-160 g). La produzione avviene in due periodi, entrambi seguiti da una fase di interruzione per via dei freddi intensi: da inizio marzo a fine maggio (autunno) e da inizio luglio a metà settembre (inverno). Probabilmente si tratta della cultivar spagnola Blanca de Tudela con la quale presenta numerose ana-
Varietà Ñato, detta anche Ñato criollo o Violeta, di ottima qualità, ma di produzione tardiva
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mondo e mercato logie. In Argentina questa varietà viene coltivata nelle province di Mendoza e San Juan. Precoz italiano. Tipo precoce, noto anche come Italiano o Ñato italiano. Caratterizzato da capolini violacei con sfumature verdi e spine rudimentali. Produce 5-6 capolini/pianta di 140-160 g, da metà luglio a settembre (inverno). Oro verde FCA. Pianta a portamento semieretto, con un’altezza media di inserzione del primo capolino a 45 cm, foglie pennatosette prive di spine. Il capolino principale, caratterizzato da brattee mucronate, è inerme, compatto, di forma sub-globosa e colorazione verde chiara, con un rapporto lunghezza/larghezza pari a 0,96. Si tratta di una varietà a ciclo tardivo; la raccolta inizia approssimativamente a partire dalla metà di settembre (primaverile). Varietà Oro verde FCA
Esmeralda FCA. Varietà tardiva. Pianta dal portamento espanso, con un’altezza media di inserzione del primo capolino a 40 cm, foglie pennatosette prive di spine. Il capolino principale è inerme, di forma tronco-conica e colorazione verde opaca, con un rapporto lunghezza/larghezza pari a 1,08. Varietà tardiva, di qualità pregiata; la raccolta inizia approssimativamente a partire dalla fine di settembre (primaverile). Gauchito FCA. Tipo tardivo. Selezione creata a partire da materiale di origine francese. Pianta dal portamento eretto, foglie pennatosette e infiorescenza tronco-conica compatta. Le brattee, inermi, presentano una colorazione verde opaca. La produzione totale di capolini è di 17 t/ha al termine del primo anno di coltivazione. Guri FCA. Tipo tardivo. Selezione creata a partire dall’incrocio tra una varietà locale e una di origine francese. Pianta dal portamento eretto, foglie pennatosette e infiorescenza tronco-conica compatta. Le brattee sono inermi e variegate. La produzione totale di capolini è di 15 t/ha al termine del primo anno di coltivazione.
Varietà Esmeralda FCA
Estrella del Sur FCA. Prima e unica varietà di origine argentina ottenuta da moltiplicazione per “seme”. Epoca di produzione tardiva; priva di spine. I capolini sono di colore viola intenso, mostrano una spiccata omogeneità, sia per la forma sia per il colore e si caratterizzano per la grande compattezza e per l’assenza di difetti.La produzione totale è di 11 t/ha. Le varietà Oro verde FCA, Esmeralda FCA, Gauchito FCA, Gurí FCA ed Estrella del Sur FCA sono tipologie ottenute dai ricercatori della Facoltà di Scienze Agrarie dell’Università Nazionale di Rosario (Argentina). La varietà Blanca de Tudela (originaria
Varietà Gauchito FCA
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carciofo in Argentina
Varietà Guri FCA
della zona spagnola di Tudela) è stata introdotta in Argentina intorno al 1930 e ha iniziato a essere coltivata nella provincia di San Juan con la denominazione Blanco o Blanco de San Juan; in Cile ha assunto invece la denominazione Argentina, dal suo luogo di provenienza. La stessa cosa è avvenuta con le varietà Romanesco e Precoce di Jesi coltivate in Italia, che in Argentina hanno assunto rispettivamente le denominazioni Francés e Precoz italiano.
Capolini di tipologia Precoz italiano
Propagazione e tecnica colturale In Argentina l’utilizzo di varietà per riproduzione da “seme” è molto recente; esso non supera il 3% della superficie coltivata, ed è rappresentato quasi esclusivamente dalla varietà Imperial Star. Tuttavia, grazie alla diffusione di nuovi ibridi importati, le zone di La Plata y Cuyo raggiungono un tetto di 50 ha a riproduzione sessuata. Nelle zone di La Plata e Rosario si utilizzano i carducci come materiale di propagazione; l’uso di ovoli è limitato ai centri produttivi delle province di Mendoza e San Juan. La grande diversità climatica delle zone di coltivazione e la presenza di varietà a cicli differenti fanno sì che le epoche di impianto e di raccolta varino a seconda delle aree di produzione. Nella zona di La Plata i carducci sono impiantati sia in autunno sia in primavera, con una forte prevalenza di quest’ultimo periodo. L’impianto autunnale comporta un breve intervallo di raccolta a novembre; infatti, a dicembre, le alte temperature estive impediscono di ottenere capolini di qualità. Per quanto riguarda l’epoca di impianto primaverile, la raccolta avviene nell’agosto successivo; l’impiego di gibberelline consente l’anticipo della produzione al mese di maggio, ampliando notevolmente il periodo di raccolta dei capolini.
Pianta della tipologia Blanco de San Juan
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mondo e mercato Nella zona di Rosario prevale l’impianto autunnale (marzo-aprile), con epoca di raccolta simile a quella di La Plata con la stessa di data di impianto. Nelle province di Mendoza e San Juan le porzioni di ceppaia sono impiantate durante il riposo vegetativo del periodo estivo, fra la metà di gennaio e i primi di febbraio. Con la varietà Blanco de San Juan, priva di particolari esigenze dal punto di vista termico e del fotoperiodo, si riesce a ottenere una modesta produzione già dall’autunno, con tempi anticipati rispetto a quella di La Plata, e un periodo di raccolta più ampio in primavera. Generalmente le carciofaie vengono trattate come colture poliennali; infatti permangono per 3-4 anni nello stesso appezzamento in cui sono state impiantate. Nel caso di moria delle piante, la coltura viene abbandonata perché la scarsa densità non permette un buon livello produttivo. È diffuso l’impiego di fitoregolatori, fra cui le gibberelline, utilizzate per ottenere maggiore precocità; in genere si effettuano 2 applicazioni fogliari localizzate al centro della rosetta nei mesi di marzo e aprile, con dosi che variano dalle 30 alle 50 ppm per ogni applicazione. Nella Cintura Orticola di Rosario alcuni esperimenti effettuati sulla varietà Francés hanno permesso di anticipare la raccolta ai mesi di marzo-aprile; ciò è stato possibile solo nel caso in cui fossero state applicate dosi molto elevate di gibberelline a fine gennaio, riducendo significativamente la qualità commerciale dei capolini. La densità è di circa 9000 piante/ha, che in genere si dispongono a una distanza di 1,40 m tra le file e di 0,80 m sulla fila. Per le piante della varietà Blanco de San Juan, meno vigorose, la distanza utilizzata è di 0,50 m. Per quanto riguarda l’irrigazione, si fa ricorso sia a sistemi per infiltrazione sia a sistemi per aspersione; trattandosi di una coltura a ciclo lungo, si sta introducendo l’uso dell’irrigazione a goccia per riuscire a sfruttare anche le tecniche di fertirrigazione.
Coltivazione in sintesi
• Il ciclo di coltivazione e la tecnica
colturale variano a seconda del clima delle aree di produzione e delle caratteristiche delle cultivar
• Nella zona di La Plata e Rosario si
utilizzano i carducci come materiale di propagazione e l’impianto avviene in autunno o in primavera; a La Plata prevale l’impianto primaverile, mentre a Rosario quello autunnale. Nelle province di Mendoza e San Juan le porzioni di ceppaia sono impiantate durante il riposo vegetativo del periodo estivo, fra la metà di gennaio e i primi di febbraio
• La densità si aggira su 9000 piante/ha,
con le piante disposte in genere a 1,40 m tra le file e a 0,80 m sulla fila. Per le piante della cultivar Blanco de San Juan, meno vigorose, la distanza utilizzata è di 0,50 m
• La coltivazione è poliennale;
generalmente le carciofaie sono allevate per 3-4 anni. La diffusione di cultivar propagate per “seme” e coltivate annualmente è ancora modesta e non supera il 3% della superficie coltivata. Tuttavia, nelle zone di La Plata e Cuyo sono coltivati 50 ha con i nuovi ibridi di recente introduzione
• L’impiego di gibberelline è comune;
Raccolta. I capolini sono raccolti normalmente con le brattee compatte e selezionati in base alle dimensioni; quelli sovramatu ri, si caratterizzano invece per la presenza delle brattee aperte e si raccolgono a partire da novembre, periodo che coincide con temperature elevate. Il momento della raccolta varia a seconda delle zone di produzione e delle caratteristiche del ciclo di produzione delle singole varietà, precoce, semiprecoce o tardivo. La raccolta del Romanesco inizia in agosto, con la possibilità di anticipo a maggio-giugno nel caso in cui si siano effettuate applicazioni di acido gibberellico. Per le varietà più tardive (Ñato, Oro verde ed Esmeralda), la raccolta inizia a metà settembre; in questo caso è impossibile otte-
in genere si effettuano 2 trattamenti fogliari nei mesi di marzo e aprile, con dosi che variano da 30 a 50 ppm per ogni applicazione
• Per l’irrigazione, la tecnica per
infiltrazione da solchi e quella per aspersione sono ancora le più comuni, mentre l’irrigazione a goccia va rapidamente diffondendosi e con questa l’impiego della fertirrigazione
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carciofo in Argentina nere una maggiore precocità, perché queste varietà non rispondono all’applicazione di acido gibberellico. La produzione unitaria media nazionale è di 7 t/ha; attualmente, però, con l’introduzione delle nuove varietà si possono ottenere anche produzioni unitarie di 12-14 t/ha. A raccolta conclusa e durante il mese di dicembre la pianta viene capitozzata a livello del terreno; ciò permette l’emissione di nuovi germogli, che saranno utilizzati per una nuova piantagione. I produttori effettuano quest’operazione manualmente, con zappe o machete, oppure meccanicamente, con lame rotanti, a seconda dell’estensione della coltura. L’utilizzo di questi macchinari, fortemente aggressivo, provoca sul rizoma danni e ferite che favoriscono l’insediamento dei parassiti.
Raccolta
• La raccolta viene effettuata
manualmente con l’uso di coltelli. I capolini principali sono tagliati insieme al gambo (20 cm) e alle 2 foglie più vicine all’infiorescenza; per quelli secondari la lunghezza del fusto è ridotta a circa 10 cm
• A mano a mano che sono raccolti,
i capolini vengono depositati in ceste o “corbe” collocate su un traino di legno, che viene trascinato da cavalli lungo la coltura a due file alla volta. Questo tipo di raccolta viene utilizzato nella Cintura Orticola di Rosario
Scarducciatura. Quando i carducci raggiungono una dimensione adeguata, vengono distaccati dalla pianta madre in modo da lasciarne solo 1 o 2 per pianta; un’eccezione è rappresentata dalla varietà Blanco de San Juan, che si propaga con porzioni di ceppaia (rizoma): in questo caso si lasciano sul rizoma stesso alcune gemme che, dopo l’impianto e in seguito a piogge (o irrigazione), daranno origine a nuovi germogli.
• Un tempo a La Plata si utilizzavano
carri ad assi elevati che passavano direttamente sopra le piante; attualmente, però, questo sistema è sempre meno utilizzato e sostituito da quello delle ceste
• Il prodotto raccolto viene inserito, con
gambo e foglie, in cassette che possono contenere 1 o 2 dozzine di capolini oppure, senza gambo, in cassette con imballo che consente la vista del prodotto. Anticamente i capolini con 2 foglie venivano venduti a mazzi di 12, legati da un filo all’estremità dei gambi
Carciofaia con forte presenza di infestanti
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mondo e mercato Commercializzazione La redditività delle carciofaie varia in funzione dell’epoca di raccolta e della forte variabilità dei prezzi che si riscontra sia durante l’anno sia tra le diverse annate di coltivazione. Infatti durante l’anno il valore del prezzo di vendita dei capolini segue un andamento inverso al calendario di raccolta: i prezzi sono più alti all’inizio, quando l’offerta del prodotto è più limitata, e diminuiscono progressivamente con l’aumento della produzione. Il fattore stagionalità e il livello di disponibilità dell’offerta fanno sì che all’inizio della campagna di vendita i prezzi siano anche 4 volte superiori a quelli registrati alla fine della raccolta stessa. I prezzi di vendita registrano notevoli variazioni nel corso dell’anno; in genere i valori più alti si registrano nei mesi di giugno e di luglio, per poi stabilizzarsi a livelli più bassi nel periodo ottobre-dicembre. L’offerta dei capolini è caratterizzata da scarsi volumi nei primi 6 mesi dell’anno, poi cresce progressivamente fino a raggiungere il massimo in ottobre, per calare bruscamente nei mesi caldi di novembre e dicembre.
Attrezzo utilizzato per creare e tracciare le file per l’impianto Foto N. Calabrese
Problemi e prospettive Fino a qualche anno fa la coltivazione della carciofaia era praticata anche per 6-7 anni; attualmente, a causa di problemi sanitari, la durata massima si estende a 3 anni. Tra i virus identificati spiccano il Tomato Spotted WiIt Virus (TSWV) nella regione di Cuyo e Rosario, il Cucumber Mosaic Virus (CMV), individuato nella zona di La Plata, e l’Artichoke Latent Virus (ALV); sebbene non produca alterazioni visibili nelle piante, quest’ultimo è stato individuato di recente a La Plata e nella zona di Rosario. Lo scarso livello di meccanizzazione e di industrializzazione, nonché l’assenza di una politica adeguata in materia di esportazioni, impediscono l’espandersi della coltivazione del carciofo. A ciò si aggiunga anche il disinteresse dei consumatori nei confronti di questo ortaggio, determinato soprattutto dalla difficoltà di preparazione, nonché dalla scarsa conoscenza delle sue proprietà
Capolini usati per la preparazione di fondi
35 30 25 20 15 10 5 0
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nn a Fe io bb ra io Ma rzo Ap rile Ma gg io Gi ug no Lu gli o Ag os t Se tte o m br e Ot tob No re ve m b Di re ce m br e
Percentuale
Flusso mensile dell’offerta media di capolini (%)
Carro per la raccolta ad assi elevati utilizzato in passato a la Plata (Argentina)
Mesi
418
carciofo in Argentina
2,0 1,8 1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0
Commercializzazione dei carciofi
br e ve m
re
durante l’anno e segue un andamento inverso al calendario di raccolta: è più elevato all’inizio, quando l’offerta del prodotto è limitata, mentre diminuisce con l’aumento della produzione
• L’offerta dei capolini è caratterizzata
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• Il prezzo di vendita dei capolini varia
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Andamento mensile dei prezzi (US $/kg)
da scarsi volumi nei primi sei mesi dell’anno, poi cresce fino a raggiungere il massimo in ottobre, per calare notevolmente nei mesi caldi di novembre e dicembre
Mesi
benefiche e dall’assenza di una buona campagna promozionale finalizzata all’aumento del consumo. Il miglioramento genetico e la creazione di nuove varietà potrà consentire l’ampliamento del calendario di raccolta, l’uniformità delle coltivazioni e il miglioramento della qualità dei capolini. Negli ultimi anni alcuni produttori della zona di La Plata si sono associati con l’obiettivo di riavviare la produzione del carciofo e incentivare il mercato interno ed estero, organizzando nel 2007 e nel 2008 la Festa Nazionale del Carciofo: un’ottima occasione per diffondere le tecniche di produzione più innovative e incentivare e promuovere il consumo di questo ortaggio.
• I prezzi registrati all’inizio della
campagna di vendita possono essere anche quattro volte superiori a quelli registrati alla fine della raccolta stessa
Carciofaia prima della raccolta
Foto N. Calabrese
419
il carciofo e il cardo
mondo e mercato Carciofo in Perú Santiago Fumagalli Galli, Andres Casas Diaz
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Carciofo in Perú Introduzione Il carciofo è stato introdotto in Perú sin dall’epoca della conquista spagnola, ma fino agli anni Novanta la superficie coltivata è rimasta limitata a 300-400 ha, situati nella Cordigliera centrale. Era presente solo una cultivar, denominata Criolla, di probabile origine italiana, simile allo Spinoso sardo, moltiplicata vegetativamente; la produzione era destinata principalmente al consumo fresco. L’area di coltivazione era concentrata quasi esclusivamente nella zona nota come Concepción, situata presso la valle del fiume Mantaro, nella regione di Junín e, limitatamente, nei pressi di Lima. A partire dalla fine degli anni Novanta e con l’inizio del terzo millennio, è stata avviata l’introduzione di cultivar propagate per “seme” in areali differenti, allo scopo di valutare sia l’adattabilità alle diverse condizioni pedoclimatiche, sia l’idoneità alla trasformazione industriale. La loro coltivazione a fini commerciali è iniziata nel 2001-2002 e, negli anni successivi, le cultivar propagate per “seme” si sono diffuse progressivamente in diverse valli della costa e della Cordigliera andina, dal livello del mare fino a 2500 metri di altitudine. Attualmente si stima che il carciofo sia coltivato su 7000 ha; i dati statistici della FAO riportano per il 2007 la superficie totale di 4200 ha, che pongono il Perú tra i primi cinque produttori mondiali. La coltivazione è praticata prevalentemente sulla costa, con il 70% circa della produzione, nelle regioni di Lima, La Libertad, Ancash e Ica, mentre sulla Cordigliera oltre alla regione di Junín si segnalano quelle di Huanuco, Ayacucho e Arequipa. La produzione delle nuove aree è destinata quasi esclusivamente alla trasformazione industriale, per la preparazione di cuori, quarti e fondi di carciofo, conservati principalmente in salamoia ed esportati negli USA e in Europa.
Perú in sintesi
• Con 4200 ha e 72.000 t si pone al 7°
e 5° posto rispettivamente per superficie coltivata e produzione. Il notevole incremento delle superfici dell’ultimo decennio è dovuto principalmente all’introduzione di cultivar propagate per “seme” in nuovi areali di coltivazione situati lungo la costa del Pacifico
• La coltivazione è praticata soprattutto
sulla costa, con il 70% circa della produzione, nelle regioni di Lima, La Libertad, Ancash e Ica, mentre sulla Cordigliera, oltre alla regione di Junín, quelle di Huanuco, Ayacucho e Arequipa
• La cultivar tradizionalmente presente
è Criolla, di probabile origine italiana e simile allo Spinoso sardo. Tra le nuove cultivar propagate per “seme”, Imperial Star è la più diffusa, seguita da Lorca e da A106. Sono in fase di valutazione cultivar ibride (Madrigal e Symphony)
• Attualmente rappresenta uno dei
principali competitori sui mercati internazionali per il prodotto conservato perché abbina una buona qualità a prezzi di vendita molto concorrenziali 4% 3%
Principali zone di produzione del carciofo in Perú
4%
10% 16%
63%
Superficie
7000 ha
(anno 2008)
Costa
4900 ha
(70%)
Sierra
2100 ha
(30%)
Stati Uniti
Spagna
Costa
Francia
Paesi Bassi
Sierra
Germania
Altri
Zone potenziali
Destinazioni principali del carciofo trasformato (2008)
420
Calamanca Las Libertad Ancash
Huanuca Pasco Junín Lima Hinca Cusco Aracucha Ayaurmas Ica Arequina
carciofo in Perú Cultivar La cultivar tradizionalmente presente in Perú è la Criolla, pianta di altezza media con foglie e capolini muniti di grosse spine, colore delle brattee viola con sfumature verdi; la propagazione è effettuata tramite carducci. Le carciofaie sono allevate per 2-3 anni. Tuttavia, in seguito all’introduzione delle nuove cultivar propagate per “seme”, quella attualmente più diffusa è la Imperial Star, introdotta dalla California, seguita da Lorca e da A 106, di origine spagnola. Il ciclo di coltivazione è annuale; sono tutte caratterizzate da buon vigore ed elevata produttività, i capolini sono tendenzialmente globosi, di colore verde con leggere sfumature viola alla base delle brattee esterne. Sono in fase di valutazione alcune cultivar ibride, tra cui Madrigal e Symphony che, in prove sperimentali effettuate in Italia e Spagna, hanno mostrato ottima produttività con capolini di ottima qualità particolarmente richiesti dall’industria di trasformazione. Esigenze ambientali Il carciofo predilige climi temperati con notti fresche (intorno agli 11-13 °C) e temperature diurne di circa 22-24 °C. Nella zona costiera il trapianto ha inizio in febbraio e si conclude a maggio; la raccolta avviene tra giugno e dicembre. Nelle aree di coltivazione della Cordigliera, il ciclo inizia normalmente alla fine dell’inverno, dopo l’epoca delle gelate, intorno al mese di agosto, mentre la raccolta si effettua tra dicembre e giugno. L’alternanza dell’epoca di raccolta nelle due differenti zone di coltivazione garantisce la produzione di capolini continua per tutto l’anno, anche se la maggior parte è concentrata in primavera, perché l’area di coltivazione più ampia è quella costiera.
Capolini della cultivar Criolla
Tecnica colturale Le tecniche di coltivazione sono influenzate notevolmente dalle diverse condizioni pedoclimatiche dei due areali di produzione e dalle cultivar utilizzate. Nella zona costiera il ciclo colturale inizia con il trapianto di piantine con 3-4 foglie vere provenienti da “seme” e allevate in vivaio per 20-25 giorni. La distanza a cui sono poste le piante è di 1,6-2 m tra le file e di 0,5-0,70 m sulla fila; la densità varia tra le 10.000-12.000 piante/ha. I capolini sono
Capolino della cultivar Lorca
Calendario di produzione del carciofo in Perú Paese
Mesi di semina e raccolta del carciofo Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Perú Costa Perú Cordigliera Impianto
Raccolta
421
Ago
Set
Ott
Nov
Dic
mondo e mercato destinati quasi esclusivamente all’industria della trasformazione. Invece, nella zona della Cordigliera andina, dove è molto diffusa la cultivar Criolla, la crescita delle piante è meno vigorosa, per cui spesso il sesto di impianto è più ravvicinato (1,2-1,4 m tra una fila e l’altra) e la densità può raggiungere anche le 14.000 piante/ha. I capolini sono per lo più destinati al consumo fresco o alla lavorazione industriale per la preparazione di fondi. Il metodo irriguo più diffuso è quello per infiltrazione laterale da solchi; per questo motivo il terreno è opportunamente preparato in modo che le piante siano disposte al centro di porche con i solchi per l’irrigazione ai lati. A mano a mano che la pianta si accresce, il terreno viene lavorato in modo che il solco sia progressivamente più distante dalla pianta. Questo sistema consente anche un discreto controllo delle infestanti. All’inizio del ciclo di coltivazione il turno irriguo è ravvicinato (ogni 3-5 giorni) con volumi di adacquamento modesti; con la crescita delle piante si arriva progressivamente a turni di 10-15 giorni. Nella zona di Ica e in alcuni impianti di Arequipa si possono osservare carciofaie con sistemi di irrigazione per aspersione automatizzati. In genere la fertilizzazione viene effettuata in entrambi gli areali somministrando in totale 280-150-280 kg/ha rispettivamente di N, P2O5 e K2O. L’azoto e il potassio vengono frazionati in 4 parti uguali e distribuiti a 20, 50, 80 e 110 giorni dal trapianto (gdt), mentre il fosforo viene somministrato interamente con il primo in-
Capolini della cultivar Symphony Imperial Star
422
carciofo in Perú tervento (20 gdt). Il quantitativo dei fertilizzanti può variare in base alla fertilità del terreno, della cultivar e della tecnica colturale. Specialmente nelle carciofaie allevate lungo la zona costiera, è frequente l’impiego di gibberelline (GA3 o GA4+GA7) per favorire l’anticipo della produzione dei capolini. Di solito si effettuano 2 o 3 trattamenti tra 50 e 90 gdt, a intervalli di 15 giorni dalla prima applicazione. Le dosi impiegate variano molto in base alla zona di produzione e al tipo di cultivar (ibrida o a impollinazione aperta) e aumentano progressivamente, da 30 a 100 mg/l, con il procedere dei trattamenti. Per il controllo della flora infestante, oltre all’impiego di tecniche di preparazione del terreno adeguate, si fa ricorso a erbicidi come il pendimetalin, in dosi di 4 l/ha distribuito prima del trapianto. Per quanto riguarda gli insetti, i parassiti più comuni sono le larve terricole di lepidotteri (Agrotis spp.), chiamate volgarmente vermi grigi, larve di ditteri minatrici, afidi (specialmente Aphis fabae) e larve che danneggiano le foglie e i capolini (Spodoptera spp., Heliothis virescens). Si segnalano casi frequenti di marciumi delle radici causate da batteri, prevalentemente Erwinia carotovora. Sulle foglie sono frequenti gli attacchi di oidio, mentre sui capolini è segnalata a volte la presenza di muffa grigia. Nei terreni posti lungo la costa è stata riscontrata frequentemente la presenza di nematodi del genere Meloidogyne spp.
Capolino di A106
Foto R. Angelini
Capolini di A106
423
mondo e mercato Raccolta I capolini delle cultivar inermi e propagate per “seme” sono raccolti con il diametro compreso tra 4 e 8 cm e con il gambo di 2-3 cm. Subito dopo la raccolta sono posti in cassoni e trasportati rapidamente presso le industrie di trasformazione, dove vengono calibrati e lavorati per la preparazione di cuori interi, metà o quarti. Il prodotto così ottenuto viene conservato in salamoia, in fusti di banda stagnata per essere successivamente rilavorato, oppure è inscatolato o confezionato in barattoli di vetro pronti per la vendita diretta. Nel caso in cui i capolini non possano essere lavorati rapidamente, sono conservati in celle frigorifere a una temperatura compresa tra 2 e 5 °C. La produzione totale delle carciofaie propagate per “seme” è influenzata notevolmente dai fattori pedoclimatici nonché dalle tecniche agronomiche e dalla cultivar impiegata. In genere oscilla fra 10 e 25 t/ha, con un valore medio compreso tra 14 e 16 t/ha. La produzione della cultivar autoctona Criolla, destinata al consumo fresco, registra minori variazioni, probabilmente perché il materiale di propagazione che viene selezionato dagli agricoltori è abbastanza omogeneo. Si raccolgono da 100.000 a 150.000 capolini/ha, corrispondenti a 18-22 t/ha.
Capolino con grande ricettacolo, idoneo alla preparazione di fondi
Foto R. Angelini
Capolini per l’industria Foto R. Angelini
424
carciofo in Perú Produzione di carciofo trasformato negli ultimi cinque anni Foto N. Calabrese
Peso netto (t)
25.000 18.642
20.000
21.208
20.904
12.912
15.000 10.000
5351
5000 0
2004
2005
2006
2007
2008
Prospettive Il Perú sta sempre più consolidando il proprio mercato del prodotto trasformato soprattutto verso i Paesi esteri; per questo motivo le superfici destinate a carciofo variano di anno in anno. Per il 2009 si stimano circa 4000 ha interamente destinati alla produzione per l’industria. È ormai dimostrato che in Perú il carciofo può essere prodotto nell’arco di tutto l’anno; questo è un vantaggio competitivo che gli addetti dell’agroindustria desiderano sicuramente sfruttare. Per questa ragione le aree coltivate potrebbero subire un ulteriore incremento. Altro obiettivo dell’industria è quello di migliorare la produttività del processo e la qualità del prodotto trasformato con l’impiego di cultivar più idonee alla lavorazione, che presentino in particolare il capolino di forma conica o cilindrica (e non globosa come quelle attualmente in uso), compatto, privo di foro al centro e con grosso ricettacolo.
Capolini della cultivar Madrigal
4% 10%
Esportazioni di carciofo trasformato negli ultimi cinque anni (dollari USA × 1000) 90.000
16%
70.000
64.257,206
60.000
Sociedad Agricola Viru S.A.
50.000
44.084,425
Camposol S.A.
40.000 20.000
Danper Trujillo S.A.C. Danper Arequipa S.A.C.
22.001,462
Altri
10.000 0
63%
79.843,618 82.584,135
80.000
30.000
7%
2004
2005
2006
2007
Principali aziende esportatrici di carciofi (2008)
2008
425
il carciofo e il cardo
mondo e mercato Carciofo in Cile Costanza Jana Ayala
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Carciofo in Cile Introduzione In Cile non esistono testimonianze certe su come questa specie sia giunta nel Paese; tuttavia, si pensa che l’ondata migratoria dall’Italia generata dalla Prima guerra mondiale abbia determinato la sua introduzione in Argentina. Dalle zone di produzione argentine di San Juan e Mendoza esso sarebbe arrivato in Cile, principalmente nelle aree settentrionale e centrale. Da allora ha iniziato a essere coltivato per il mercato interno per il consumo allo stato fresco, arrivando a coprire una superficie totale di circa 2500 ha. Questo valore si è mantenuto stabile fino alla metà degli anni Novanta, quando la superficie coltivata è raddoppiata in seguito all’aumento della produzione per la lavorazione industriale. Attualmente la superficie coltivata è di circa 5000 ha, con una concentrazione della produzione nelle regioni centrali del paese. Trattandosi di un prodotto che entra nel mercato in periodi di scarsa offerta di altri ortaggi, il carciofo possiede un alto valore economico nonostante il basso livello di consumo pro capite (1 kg all’anno per ogni abitante). Nel linguaggio popolare è molto diffusa l’espressione “pegarse el alcachofazo” (letteralmente, “prendersi una carciofata”), che significa accorgersi, rendersi improvvisamente conto di qualcosa. Un altro modo di dire comune è “tener corazón de alcachofa” (“avere un cuore da carciofo”), utilizzato in due accezioni: la prima, derivata dalla celebre Ode al carciofo del Nobel cileno Pablo Neruda, designa coloro che dietro la corazza di un brutto carattere celano un cuore nobile. La seconda deriverebbe dal modo popolare di consumare questo prodotto, vale a dire mangiandolo con le mani e privandolo progressivamente delle foglie fino ad arrivare al cuore.
Cile in sintesi
• Con 4300 ha, il Cile occupa il sesto posto per la superficie coltivata e l’undicesimo per la produzione totale, con 34.000 t
• Le aree di produzione si concentrano
nella zona centrale del Paese; le regioni di Coquimbo e Valparaíso coprono il 94% della produzione nazionale. La coltivazione è comunque diffusa in tutto il Paese ed è presente perfino in molti orti familiari
• La produzione è concentrata su due tipi
di cultivar: quella argentina e quella cilena. Queste, anche se selezionate per il mercato da molti decenni, presentano ancora notevole polimorfismo. La cultivar o tipo argentino, che deve il nome alla forte somiglianza con il Blanco temprano coltivato in Argentina e anche con la cultivar Blanca de Tudela di probabile origine spagnola, è destinata al consumo fresco, quando sul mercato scarseggiano altre varietà, o, prevalentemente, alla lavorazione industriale
426
carciofo in Cile Aree di coltivazione In Cile l’orticoltura si sviluppa, con una grande varietà di specie, nell’arco di tutto il territorio (latitudine 18° S-56° S), lungo 4000 chilometri e suddiviso in 15 regioni. All’orticoltura è destinato un totale di 93.616 ettari, equivalente al 4% del sistema produttivo nazionale. Nella zona centrale (regioni di Coquimbo, Valparaíso e Metropolitana di Santiago), caratterizzata da un clima mediterraneo, si concentra l’84% della produzione orticola nazionale. Fra gli ortaggi il carciofo occupa il quarto posto quanto a superficie coltivata, subito dopo mais, pomodoro e cipolla; la sua produzione si concentra anch’essa nelle regioni centrali del Paese, fra Coquimbo e Valparaíso, che coprono il 94% della produzione nazionale. Ciononostante, la coltivazione è diffusa in tutto il Paese, ed è presente perfino in molti orti familiari della zona più australe del territorio. La zona centrale del Cile è caratterizzata da condizioni agroecologiche definite da una forte influenza del mare. Più in particolare, nella regione di Coquimbo la temperatura media si mantiene per tutto l’anno fra i 7° e i 12° C, con elevata umidità relativa (fra l’80 e l’85%), il che garantisce la possibilità di produrre capolini di buona qualità in periodi relativamente precoci.
Arica-Parinacota Tarapacá Antofagasta
Atacama Coquimbo Valparaíso Region Metropolitana Libertador General Bernardo O’Higgins Maule Biobio Araucania Los Rios Los Lagos
Cultivar In Cile la produzione è storicamente concentrata su due tipi di cultivar: quella argentina e quella cilena. Queste, anche se selezionate per il mercato da molti decenni, presentano ancora forte variabilità genetica. Negli ultimi vent’anni si è aggiunta la cultivar francese. Le tipologie in questione si distinguono per le seguenti caratteristiche.
Aisén del General Carlos Ibañez del Campo
Magallanes y Antártica Chilena
Superficie coltivata a carciofo distribuita nelle quindici regioni del Cile 30.000
Cartina politica del Cile, diviso in quindici regioni. La produzione del carciofo è diffusa prevalentemente nelle regioni centrali di Coquimbo e Valparaíso. In queste aree si concentra il 94% della produzione nazionale
Superficie (ha)
25.000 20.000 15.000 10.000 5000 0
cá ta a bo so na ns le io ia os en es os ta pa agas acam uim araí olita iggi Mau io-B ucan Lag Ays llan s Ri naco a r a o i B ra os Ta ntof At Coq Valp trop O’H ag L Par A L M a e A y L M ica Ar Regioni del Cile Superficie a ortaggi
Superficie a carciofi
427
mondo e mercato Cultivar o tipo argentino. Denominata così perché presenta una forte somiglianza con il Blanco temprano (bianco precoce) coltivato in Argentina e anche con la cultivar Blanca de Tudela dalla quale è possibile presumere una probabile origine spagnola. La pianta, di taglia ridotta (0,5-1 m), presenta un portamento eretto ed emette numerosi carducci; le foglie di colore verde chiaro o grigiastro hanno di solito margine intero e sono prive di spine. Fra l’autunno e la primavera produce numerosi capolini conicoovoidali compatti, di dimensioni medie (i principali pesano fra i 200 e i 250 g), colore verde-grigiastro, brattee allungate e prive di spine. Dal punto di vista organolettico presenta un sapore delicato; si presta sia a essere consumata allo stato fresco, quando sul mercato scarseggiano altre varietà, sia alla lavorazione industriale. Quest’ultima ha finito per diventare la sua destinazione principale: la forma del capolino, infatti, la rende particolarmente adatta alle macchine per la lavorazione. Cultivar o tipo cileno. Si presume che questa cultivar abbia un’origine francese; il suo progenitore più probabile è il Gros vert de Laon. Pianta di grandi dimensioni (1,5 m circa), caratterizzata da portamento semieretto e con pochi carducci; presenta foglie dal picciolo grande, rosa alla base, e lamina grigiastra, fortemente pinnata e priva di spine. La produzione si concentra tra l’inizio e la fine della primavera, con pochi capolini cilindrico-ellissoidali semicompatti, di grandi dimensioni (i principali pesano fra i 300 e i 350 g) e colorazione verde scura, brattee arrotondate, leggermente ripiegate verso l’interno, spine e peduncoli lunghi e spessi. Dal punto di vista organolettico, presenta un sapore intenso e brattee e fondi carnosi. Cultivar francese. Corrisponderebbe al Camus de Bretagne. Pianta e capolini di grandi dimensioni, con brattee aperte e car-
Foto V. Magnifico
Carciofo di tipo cileno
Carciofo di tipo francese
Capolini del tipo francese pronti per la raccolta Carciofo di tipo argentino
428
carciofo in Cile nose di colorazione verde chiara e dotate di spine. Produce 2-3 capolini per pianta. Tecnica di coltivazione ed epoca di raccolta La modalità di consumo più diffusa riguarda il carciofo allo stato fresco, mentre quelli trasformati vengono destinati interamente all’esportazione. Nel mercato interno è possibile individuare una stagionalità dell’offerta, determinata dalle diverse cultivar. Fra i mesi di aprile e settembre si raccolgono i carciofi di tipo argentino, destinati a un doppio utilizzo (prodotto fresco e trasformato); fra agosto e novembre è possibile raccogliere capolini di tipo cileno, mentre da giugno a settembre è il turno della varietà francese: in entrambi i casi il prodotto è consumato unicamente allo stato fresco. La moltiplicazione è effettuata quasi esclusivamente per via vegetativa. Il carciofo cileno e quello francese si propagano utilizzando i carducci, mentre per il tipo argentino si utilizza l’ovolo prelevato quando la pianta si trova già a riposo. La propagazione per via sessuata è poco utilizzata nelle colture commerciali; tuttavia negli ultimi anni sono state introdotte alcune cultivar riprodotte per “seme”. La densità di piante varia in funzione della cultivar: per quelle cilena e francese si utilizzano densità di circa 12.500 piante/ha, perché le piante raggiungono grandi dimensioni. La cultivar di tipo argentino, più piccola e a portamento eretto, viene coltivata con una densità compresa tra 20.000 e 25.000 piante/ha. Le epoche di impianto coincidono con l’autunno per le aree a clima mite e con la primavera per quelle con clima rigido. La carciofaia viene coltivata solitamente per 2-3 anni; tuttavia con il peggioramento delle condizioni sanitarie delle piante, molti agricoltori rinnovano annualmente la carciofaia.
Carduccio utilizzato per la propagazione del carciofo di tipo francese o cileno
Materiale usato per la propagazione vegetativa del carciofo di tipo argentino
Pianta di carciofo propagata per “seme” pronta per il trapianto “Semi” messi a germogliare su un substrato di torba
429
mondo e mercato Dopo l’impianto, nel caso si utilizzi il metodo irriguo per infiltrazione da solchi, si provvede alla rincalzatura delle piante per evitare l’accumulo di acqua in prossimità delle stesse; il volume irriguo oscilla tra 17.000 e 20.000 m3 con l’irrigazione per gravità, da 9000 a 11.000 m3 con l’irrigazione a goccia e fra 10.000 e 13.000 m3 nel caso in cui si utilizzino impianti per aspersione. Le infestanti sono controllate con erbicidi o con mezzi meccanici. Il ricorso a regolatori della crescita avviene solo per la cultivar francese: l’applicazione viene effettuata 60 giorni prima della data prefissata per la raccolta. La produzione areica varia in dipendenza della cultivar e delle tecniche colturali, da 8 a 20 t/ha. Qualità, mercato e utilizzazione Negli ultimi 10 anni la possibilità di produrre capolini destinati alla lavorazione industriale ha determinato un aumento considerevole della superficie coltivata e un’importanza sempre maggiore di questo prodotto nella realtà economica cilena. Ciò è stato possibile grazie alla crescente domanda del mercato internazionale, soprattutto di quello statunitense, nonché a una serie di investimenti nel settore e all’adattamento delle tecniche di coltivazione alle esigenze dell’industria, con l’adozione di varie strategie di gestione finalizzate a ottenere il prodotto desiderato, molto diverso da quello tradizionale destinato al consumo fresco. Fino al secolo scorso il Cile esportava esclusivamente il prodotto fresco, in quantità ridotte e limitate all’area del Centro e Sudamerica. A partire dal 2002 ha iniziato a esportare anche carciofi lavorati e conservati sottaceto o in salamoia, sia in Europa sia in altre parti del
Sistema di irrigazione per infiltrazione da solchi in carciofaia di un anno
Esportazioni di carciofo fresco e trasformato Piante di carciofo irrigate con impianto a goccia
Piante di carciofo irrigate per aspersione con il pivot
Esportazione prodotto trasformato (t)
ANNO
Esportazione prodotto fresco (t)
Totale mondo
UE
1998
649,82
-
-
1999
504,37
-
-
2000
587,71
-
-
2001
403,43
-
-
2002
0,323
219,90
-
2003
38,31
177,20
-
2004
47,27
254,80
-
2005
49,18
1996,20
1678,30
2006
39,20
5579,40
4477,30
2007
-
4926,50
4327,10
2008
-
3442,80
2688,30
Fonte: dati elaborati dall’Ufficio di Pianificazione Agricola del Cile (ODEPA) con informazioni del Servizio Doganale Nazionale
430
carciofo in Cile mondo. Nel 2006 le esportazioni hanno toccato i 5.000.000 di kg di carciofi, per un valore di 10 milioni di dollari. La produzione nazionale, tuttavia, è diminuita dopo l’ingresso sul mercato del Perú, principale competitore nell’esportazione di carciofi trasformati. Attualmente la lavorazione industriale del carciofo si suddivide tra la produzione di conserve (80%) e di surgelati (20%). I capolini che superano 7,5 cm di diametro sono destinati al mercato del fresco, mentre quelli più piccoli vengono impiegati per la lavorazione industriale. Il principale prodotto industriale è rappresentato dai cosiddetti carciofini, interi o divisi in 4 parti, e viene commercializzato principalmente in contenitori da 3 kg, in salamoia o in aceto. Problemi e prospettive I problemi principali legati alla produzione nazionale del carciofo, e più in particolare alla varietà di tipo argentino destinata alla lavorazione industriale sono i seguenti. – Nel Paese non si è mai proceduto a una selezione del materiale di propagazione; si osserva infatti una grande variabilità fra le piante coltivate nella stessa carciofaia, pur avendo tutte la stessa origine. Ciò determina grandi differenze in fatto di qualità, precocità, forma e peso del capolino. – Gli agricoltori si autoproducono il materiale utilizzato per l’impianto, spesso affetto da parassiti, e contribuiscono così alla loro diffusione con gravi ripercussioni agronomiche e fitosanitarie. Allo stato attuale non esistono vivai o aziende agricole che si dedicano alla produzione di piantine di buona qualità, in grado di garantire un elevato standard sanitario e l’omogeneità del prodotto. – Stagionalità della produzione per l’industria. Nella regione di Coquimbo la raccolta inizia solitamente dal mese di aprile in avanti; nonostante ciò, circa il 70% della produzione si concentra soltanto in 4 mesi (da agosto a novembre), con un calo della qualità in dicembre. Tutto ciò determina una notevole carenza di materia prima per l’industria in buona parte dell’anno. – Scarsa differenziazione di processo e di prodotto, la sola in grado di garantire l’accesso a nuovi mercati e un incremento di valore: gli Stati Uniti assorbono l’84% delle esportazioni, rappresentate prevalentemente da carciofi conservati in contenitori di grandi dimensioni destinati al canale della ristorazione collettiva (mense aziendali e catene di ristoranti). Pressoché inesistente è la produzione di qualità superiore, oggi in via di espansione a livello mondiale. Allo scopo di fornire una soluzione ai problemi considerati, a partire dal 2008 l’Istituto Nazionale di Ricerche Agropastorali del Cile (INIA) ha iniziato a sviluppare un programma di ricerche basato su: selezione clonale della varietà di tipo argentino; miglioramento della tecnica di propagazione delle piante; valutazione di nuove varietà propagate per “seme”; sviluppo di nuovi prodotti trasformati dotati di un valore aggiunto più elevato.
Raccolta di capolini di tipo argentino
Variabilità fra capolini di carciofo coltivati in una stessa carciofaia
Forte irregolarità di attecchimento dopo l’impianto
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il carciofo e il cardo
mondo e mercato Aspetti commerciali Roberto Piazza, Duccio Caccioni
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Aspetti commerciali Introduzione Da grande Paese produttore di quelli che molti chiamano “i fiori che si mangiano”, il territorio italiano vede la presenza dei capolini di carciofo dal mese di settembre a tutto il maggio dell’anno successivo, con gradienti di maturazione che seguono quasi perfettamente i meridiani che da sud a nord segnano l’Italia. L’offerta di carciofi termina quindi a primavera inoltrata, offrendo ai consumatori privati e all’industria di trasformazione i piccoli “carciofini” da lavorare nelle maniere più diverse secondo gli usi e le tradizioni delle cento province italiane. Oltre all’offerta nazionale è possibile oggi ritrovare nei nostri mercati anche carciofi prodotti nei Paesi del bacino del Mediterraneo, o ancora nel Centro Europa. Specie durante gli inverni particolarmente rigidi, con gelate che interessano la aree di produzione e che provocano conseguenti diminuzioni dell’offerta, si procede spesso all’importazione dall’Egitto, come anche dalla Tunisia (più rare le importazioni da Israele). Nei mesi estivi la domanda degli aficionados di questo ortaggio viene generalmente soddisfatta con l’importazione di prodotto dalla Francia (Bretagna in particolare). Dal primo luglio 2009 i carciofi destinati al mercato del fresco non saranno più soggetti alle norme di qualità dello specifico regolamento CE 1466/2003 (a modifica del reg. 963/98). Di fatto, le norme di qualità del carciofo, come di altri 25 prodotti ortofrutticoli precedentemente normati, sono state abrogate con il Regolamento (CE) 1221/2008, che modifica il Regolamento 1580/2007 per quanto riguarda le norme di commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli. Il Regolamento 1221/2008 aggiorna la legislazione relativa ai prodotti ortofrutticoli modificando il 1580/2007 secondo quanto stabilito dai Regolamenti (CE)
Non c’è dubbio che questa sia una bella composizione; tagliato il nastro, però, si perde la conoscenza di tutta la filiera oltre che della tracciabilità
Ottima la lavorazione, la presentazione, la pulizia, e allora, perché non farsi riconoscere?
Lo Spinoso sardo meriterebbe un imballaggio che richiamasse i colori, i paesaggi e la storia di questa terra meravigliosa
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aspetti commerciali 1234/2007 e 361/2008. Saranno quindi a valere gli standard UN/ ECE. Le norme UN/ECE coprono di fatto il 72,5% dei carciofi commerciati nel mondo sviluppato (circa 1,2 milioni di tonnellate – fonte: ONU). Gli standard UN/ECE relativi al carciofo risalgono al 1962 e sono stati revisionati nel 1996 e nel 2003 (UN/ECE standard ffv-03). Se si vorrà continuare a vincere la sfida della qualità, si dovranno quindi applicare le norme UN/ECE sia sui mercati interni sia esteri. Si dovrà inoltre essere precisi nella lavorazione, creativi nell’imballaggio, pignoli nell’etichettatura, e si dovrà garantire in maniera assoluta la sanità del prodotto, per comunicare ai clienti e ai consumatori la sempre più ricercata e apprezzata sicurezza alimentare, elemento che è ormai diventato un prerequisito per tutti i prodotti agroalimentari. Ciò sta a significare che è più che mai importante applicare alle colture di carciofo tecniche agronomiche a basso impatto ambientale (leggi produzione integrata) e, ovviamente, rispettare i tempi di carenza, dopo avere effettuato i trattamenti con gli agrofarmaci specifici quali fungicidi, insetticidi e acaricidi. Norme di commercializzazione Queste norme hanno lo scopo di definire le caratteristiche che devono presentare i capolini dopo la raccolta e il loro condizionamento negli appositi imballaggi.
I produttori di Ispica (Ragusa) applicano a questa coltivazione la cultura che hanno maturato con pomodori, meloni, zucchine, peperoni, melanzane e tanti altri ortaggi
Caratteristiche minime. In tutte le categorie, tenuto conto delle disposizioni particolari previste per ognuna di esse (Extra – Prima – Seconda, ovvero Ex, 1a, 2a) e delle tolleranze ammesse, i carciofi devono essere: – i nteri; – sani: sono esclusi i capolini colpiti da marciumi o da alterazioni tali da renderli inadatti al consumo;
I “Tre piccioni” sanno volare alto, farsi apprezzare, riconoscere e ricordare
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mondo e mercato – puliti, praticamente privi di sostanze estranee visibili; – di aspetto fresco, in particolare senza alcun segno di avvizzimento; – esenti da parassiti e da danni provocati da attacchi da parte degli stessi; – privi di umidità esterna anormale; – privi di odori e/o sapori estranei. I peduncoli, o gambi, devono presentare un taglio netto (perpendicolare all’asse) ed essere di lunghezza non superiore a 10 centimetri (a esclusione del tipo spinoso). Secondo gli standard UN/ ECE le condizioni dei capolini “…devono rendere questi passibili di trasporto e manipolazione in maniera che arrivino in condizioni soddisfacenti al luogo di destinazione…”. Classificazione. I carciofi sono così classificati: – Categoria Extra. I carciofi classificati in questa categoria devono essere di qualità superiore. Essi devono presentare le caratteristiche della varietà e/o del tipo commerciale. Le brattee centrali devono essere ben serrate in funzione delle caratteristiche della varietà. I capolini non devono presentare difetti, a eccezione di lievissime alterazioni superficiali dell’epidermide delle brattee, purché esse non pregiudichino l’aspetto generale, la qualità, la conservazione e la presentazione del prodotto nell’imballaggio. I fasci vascolari della parte inferiore non devono presentare alcun inizio di lignificazione.
Carciofi prodotti in Puglia. Ottima la qualità intrinseca, discreto l’imballaggio, ma manca una corretta etichettatura sull’azienda agricola e sul territorio di provenienza
– Categoria Prima. I carciofi di questa categoria devono essere di buona qualità; devono presentare le caratteristiche della varietà e/o del tipo commerciale; le brattee centrali devono essere ben serrate in funzione delle caratteristiche della varietà. Sono ammessi i seguenti leggeri difetti che non devono tuttavia
La concorrenza straniera è sempre in agguato: la qualità intrinseca è discreta e l’immagine ottima
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aspetti commerciali pregiudicare l’aspetto generale, la qualità, la conservazione e la presentazione nell’imballaggio del prodotto: lievi deformità; lievi alterazioni dovute al gelo (screpolature); lievissime ammaccature. I fasci vascolari della parte inferiore non devono presentare un inizio di lignificazione. –C ategoria Seconda. Questa categoria comprende i carciofi che non possono essere classificati nelle categorie superiori ma che corrispondono alle caratteristiche minime sopra definite. Tali carciofi possono essere leggermente aperti. Essi possono presentare i seguenti difetti, purché conservino le caratteristiche essenziali di qualità, di conservazione e di presentazione del prodotto: deformità; alterazioni dovute al gelo; lievi ammaccature; lievi macchie sulle brattee esterne; inizio di lignificazione dei vasi della parte inferiore. Calibro. Il calibro è determinato dal diametro massimo della sezione equatoriale dei capolini. Il diametro minimo è fissato a 6 centimetri. La seguente scala di calibrazione è obbligatoria per i capolini delle categorie Extra e Prima, facoltativa per quelli della categoria Seconda: – diametro da cm 13 e oltre; – diametro da cm 11 inclusi a cm 13 esclusi; – diametro da cm 9 inclusi a cm 11 esclusi; – diametro da cm 7,5 inclusi a cm 9 esclusi; – diametro da cm 6 inclusi a cm 7,5 esclusi. Inoltre il diametro da 3,5 cm inclusi a 6 cm esclusi è ammesso per i carciofi della varietà Poivrade o Bouquet.
L’esposizione “alla rinfusa” penalizza qualità e quantità vendute; i prezzi sono i più bassi e nei mercati si propongono prodotti anonimi, difficili da riconoscere nelle settimane successive ai primi arrivi
Anche se si tratta di carciofini da mettere sottolio, sottaceto, o comunque da trasformare, l’utilizzo dell’imballaggio usato, con immagini e scritte che nulla hanno a che fare con il prodotto, sta a significare una grave carenza delle più elementari nozioni di marketing oltre che di correttezza commerciale
I produttori siciliani, quando vogliono, non sono secondi a nessuno
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mondo e mercato Tolleranze – Tolleranze di qualità – categoria Extra. È tollerato il 5% di carciofi non rispondenti alle caratteristiche della categoria, ma conformi a quelle della categoria Prima; – categoria Prima. È tollerato il 10% di carciofi non rispondenti alle caratteristiche della categoria, ma conformi a quelle della Categoria Seconda; – categoria Seconda. È tollerato il 10% di carciofi non rispondenti alle caratteristiche della categoria né alle caratteristiche minime, a esclusione dei prodotti colpiti da marciume o affetti da qualunque altra alterazione che li renda inadatti al consumo. – Tolleranze di calibro. Per tutte le categorie è tollerato il 10% di capolini non conformi alle disposizioni riguardanti la calibrazione o il calibro indicato, ma corrispondenti al calibro immediatamente superiore o inferiore, con un diametro di almeno 5 cm per i carciofi classificati nel calibro minimo previsto (da 6,0 a 7,5 cm). Nessuna tolleranza di calibro è prevista per i carciofi della varietà Poivrade o Bouquet.
Affrontare il mercato in queste condizioni significa il suicidio dell’agricoltore e del prodotto (anche se per la sua qualità gustativa non lo meriterebbe)
Presentazione – Omogeneità. Il contenuto di ciascun imballaggio deve essere omogeneo e comprendere esclusivamente carciofi della stessa origine, varietà o tipo commerciale, qualità e dello stesso calibro (nel caso in cui si applichi una calibrazione). La parte visibile del contenuto dell’imballaggio deve essere rappresentativa dell’insieme. – Condizionamento. I carciofi devono essere condizionati in maniera da assicurare una protezione adeguata del prodotto. I materiali utilizzati all’interno dell’imballaggio devono essere nuovi,
Se il sud del Paese sposasse questa coltura, l’Italia potrebbe diventare la California d’Europa: non abbiamo concorrenti in fatto di qualità organolettica, bellezza, colori e profumi dei nostri prodotti; li dobbiamo rendere riconoscibili per farli apprezzare e richiedere nel tempo
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aspetti commerciali puliti e di natura tale da non provocare alterazioni esterne o interne dei prodotti. L’impiego di materiali, in particolare di carte o marchi recanti indicazioni commerciali, è autorizzato a condizione che la stampa e/o l’etichettatura siano realizzate mediante inchiostro e/o colla non tossici. Gli imballaggi devono essere privi di qualunque corpo estraneo. Indicazioni esterne. Gli imballaggi devono recare, in caratteri raggruppati sullo stesso lato, leggibili, indelebili e visibili dall’esterno, le indicazioni qui di seguito riportate. – I dentificazione. Per l’imballatore e/o lo speditore è obbligatorio il nome, l’indirizzo o il simbolo di identificazione rilasciato o riconosciuto da un servizio ufficiale. Tuttavia, nel caso di utilizzazione di un codice (identificazione simbolica), è necessario indicare accanto a detto codice la dicitura “imballatore e/o speditore” (o una abbreviazione equivalente). –N atura del prodotto: – “carciofi”, se il contenuto non è visibile dall’esterno; – denominazione della varietà per la categoria extra; – ove del caso la denominazione Poivrade o Bouquet; – ove del caso la denominazione Spinoso. –O rigine del prodotto. Paese (Stato) di origine sempre; eventualmente (va colto come “preferibilmente”) si auspica che venga indicata anche la zona di produzione (comune, provincia, regione). –C aratteristiche commerciali: – categoria (Ex, 1a, 2a)
Freschi, belli, buoni e sani, hanno però il grave difetto di non portare al consumatore alcuna immagine o notizia relativa al territorio di provenienza Per vendere bene e guadagnare di più occorre puntare sulla qualità complessiva dell’offerta
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mondo e mercato – numero di capolini – calibro (ove del caso) espresso con il diametro minimo e massimo dei capolini. Si ricorda che la normativa europea in vigore fino al 1° luglio 2009 permetteva per le regioni: Sicilia, Sardegna, Puglia, Campania, Lazio, Toscana (sul loro mercato interno) la lavorazione in mazzi con steli più lunghi di 10 centimetri. Considerazioni sulle norme Alla luce delle recenti modifiche dei regolamenti comunitari relativi alle norme di qualità e di un ulteriore Decreto Ministeriale, è parere largamente condiviso dagli addetti ai lavori che i prodotti adeguati alle precedenti norme di qualità continueranno a fare da guida nel mondo del commercio. L’importatore che tratta migliaia di quintali di prodotti ortofrutticoli a migliaia di chilometri di distanza ha infatti più che mai bisogno di parlare con il suo interlocutore (esportatore) un linguaggio comune, chiarificatore delle caratteristiche del prodotto, che eviterà dannose contestazioni e controversie. Dal nostro canto, come si può chiaramente vedere dalle illustrazioni riportate, siamo più che mai favorevoli che i carciofi italiani, che vengono definiti come “i migliori del mondo” in ogni comune o provincia dove vengono prodotti, portino con sé, fino al consumatore, le immagini e le caratteristiche del territorio di produzione e di lavorazione. Solo così i consumatori potranno collegare i gusti, i profumi e i sapori con ciò che le popolazioni dei territori interessati sono capaci di produrre. Infatti, oggi, in piena globalizzazione, i consumatori sentono più che mai la necessità di conoscere le caratteristiche e la storia di ciò di cui si nutrono. Per chi vuole produrre e vendere bene, è più che mai necessario proporre un prodotto fresco, buono, bello e sano, ma anche segnalare un produttore e un’azienda agricola (magari anche certificati); proporre una massa critica
Una buona qualità dei capolini, vestiti con l’abito della festa, li farà riconoscere in tutte le zone di consumo italiane e straniere Queste immagini potrebbero essere definite “prima e dopo la cura”, dall’anonimato alla notorietà. La lavorazione del prodotto è esemplare in entrambi i casi: in uno il prodotto è muto, nell’altro parla un linguaggio corretto!
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aspetti commerciali significativa, con un’offerta continuativa nel tempo, presentare l’immagine storica prevalente del proprio territorio, prospettare un sistema, offrire e vendere servizi precisi che vadano dalla lavorazione del prodotto alla sua logistica. Occorre quindi fare una comunicazione accattivante, far conoscere ai giovani consumatori le ricette culinarie tipiche del territorio di produzione o di consumo, far parlare ai carciofi la lingua dei nostri padri ma anche quella dei nostri figli, occorre vendere, assieme a essi, un “sogno”. Nell’era della comunicazione (pur con tutti i suoi difetti), nell’era dell’immagine (con ancora più difetti della precedente), non si può non comunicare e non scegliere di essere sempre visibili. La qualità non percepita o non comunicata, purtroppo, si annulla e soccombe rispetto a chi comunica e fa percepire i messaggi salutistici, al limite con sistemi che possono sembrare eccezionalmente aggressivi e persino banali, ma che vengono recepiti da buona parte dei consumatori, i quali, piaccia o meno, sono attratti da quei messaggi, da quelle immagini, da quel modello culturale che, spesse volte a parole si rinnega, ma che nella pratica muove enormi interessi, fa vendere, fa acquistare, fa guadagnare di più gli imprenditori agricoli, il mondo del terziario, quello della logistica. Tutto ciò ha un buon riscontro da parte dei consumatori ai quali è dato ciò che in fondo chiedono: sicurezza, bontà, sanità, bellezza e cultura alimentare, quella contadina ma anche quella della nouvelle cuisine.
Esempio di un’ottima presentazione del prodotto, in grado di fidelizzare la clientela
Quando nelle zone di produzione la lavorazione del prodotto è rimasta alla tradizione di cinquanta anni fa, la logistica è anacronistica e per muovere pochi “fasci” vengono coinvolte tante persone
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