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la fragola
coltivazione Architettura della pianta Davide Neri, Gianluca Savini, Francesca Massetani
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti: la foto alla pagina 13 (Sandro Botticelli, La Primavera - Firenze, Galleria degli Uffizi) è di © 2010 Foto Scala, Firenze - su concessione Ministero Beni e Attività Culturali. Le foto alle pagine 47, 60 (Ekaterina Starshaya), 66, 337 sono dell’agenzia Dreamstime.com. Le foto alle pagine 17 (ronen©), 45 (Massimiliano Pieraccini), 62 (Denis and Yulia Pogostins), 63 (©Kelly Cline 2006), 64 in alto a sinistra, 64 in basso, 65, 497 in alto a destra, 500 in alto a sinistra sono dell’agenzia iStockphoto.com.
coltivazione Architettura della pianta Qualità delle piante La tecnica vivaistica mette a disposizione molteplici tipologie di piante di fragola e consente di applicare varie strategie di programmazione. Le piante prodotte dai vivai si distinguono in base alle dimensioni, al materiale di propagazione utilizzato, alla presenza di pane di terra, al tipo di contenitore, alla modalità di conservazione dopo l’estirpazione dai vivai e alla presenza di infiorescenze differenziate. La qualità delle piante è strettamente legata alla loro tipologia e per ciascuna categoria solo determinati elementi qualitativi risultano prioritari e indispensabili per il raggiungimento del livello produttivo atteso da quel tipo di materiale. Pertanto da un punto di vista agronomico le caratteristiche di rispondenza genetica e sanitaria, necessarie e richieste dai protocolli di certificazione, sono considerate prerequisito, mentre non esiste uno standard valido per tutte le tipologie a causa delle loro diverse peculiarità. La valutazione qualitativa del materiale va correlata al possibile utilizzo in campo e la tradizionale classificazione in base alle dimensioni risulta parziale senza la definizione dell’attitudine produttiva in termini di entità e di durata. Infatti la diversificazione delle piante, derivante dalle possibili strategie di produzione, si caratterizza non solo in termini di dimensioni e di condizioni fisiologiche ma anche di differenziazione dei fiori.
Architettura della pianta
• La pianta di fragola è una rosetta
composta da un fusto (corona), con nodi molto ravvicinati, su cui sono inserite le foglie, e da radici fascicolate che si diramano alla sua base. La compattezza del fusto rende poco agevole la visualizzazione della disposizione degli organi vegetativi e riproduttivi lungo l’asse. Per questo motivo risulta utile linearizzare ed estendere il fusto in una schematizzazione grafica. Per fare ciò si procede alla dissezione delle piante e all’identificazione delle strutture presenti in corrispondenza di ciascun nodo. Successivamente le strutture vengono rappresentate visivamente adottando una simbologia convenzionale per indicare gli elementi che compongono il fusto, come quella indicata nello schema a lato. Componendo i vari elementi e disponendoli secondo la loro successione spaziale lungo il fusto, è possibile rappresentare l’architettura della pianta. Questa rappresentazione diventa un utile strumento per valutare la qualità della pianta descrivendone il comportamento vegetativo e la distribuzione degli organi vegetativi e riproduttivi
Simboli convenzionali degli elementi che compongono la pianta di fragola
Infiorescenza o gemma differenziata a fiore
Foglia espansa con gemma ascellare
Foglia espansa con germoglio
Foglia in espansione con gemma ascellare
Foglia in espansione con germoglio
Stolone
Foglia morta
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architettura della pianta Moltiplicando le piante in ambienti diversi, o con andamenti climatici differenti, esse possono presentare un numero di germogli, di stoloni, di infiorescenze, o di fiori per infiorescenza, molto variabile. Piante diverse manifestano pertanto specifiche esigenze di gestione e maggiore o minore idoneità a produrre in determinati contesti. Per basare la qualità delle piante sulla loro potenzialità produttiva, devono essere prese in considerazione le informazioni relative al numero di infiorescenze, alla loro posizione lungo il germoglio e alla fase di sviluppo di ciascuna infiorescenza. Questo tipo di informazioni può essere fornito da quella che viene definita analisi architetturale delle piante, che individua e descrive la loro struttura. La possibilità di produrre piante con diverse caratteristiche di differenziazione a fiore e accestimento deriva in particolare dalla sensibilità al termo-fotoperiodo, cioè alle condizioni di temperatura e di lunghezza del giorno, ma anche da fattori nutrizionali, ritmi endogeni di crescita ed eventuali stress. La conoscenza dei fattori ambientali e colturali attivi nel condizionare il comportamento vegetativo e riproduttivo delle piante permette di approntare tecniche di preparazione per anticipare o posticipare l’induzione a fiore e ottenere maggiore o minore presenza di infiorescenze. Attitudine vegeto-riproduttiva La temperatura e la lunghezza del giorno (fotoperiodo) sono i principali elementi in grado di condizionare lo sviluppo delle piante di fragola in direzione vegetativa o riproduttiva. Il processo primario è l’induzione a fiore che fa assumere agli apici
Aspetto di una pianta di fragola
Elementi della pianta di fragola rilevati con l’analisi architetturale
Infiorescenza terminale in distensione
Gemma. Al suo interno può trovarsi un’infiorescenza in formazione
Stolone in crescita
Germoglio in crescita
Gemma vampiro
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coltivazione un’identità riproduttiva. In un secondo momento si ha la manifestazione di specifici cambiamenti morfologici. Nelle piante di fragola caratterizzate da produzione primaverile (june bearing) l’induzione a fiore viene stimolata in condizioni brevidiurne, vale a dire con durata del giorno breve, inferiore alle 12 ore di luce giornaliera, come pure a basse temperature, inferiori a 15-16 °C. A temperature alte, superiori ai 30 °C, non è possibile l’induzione a fiore e si ha esclusivamente crescita vegetativa. Se consideriamo l’intervallo di temperatura ottimale per la crescita delle piante, compreso tra 16 e 25 °C, al suo interno la crescita vegetativa e l’induzione a fiore competono tra loro e temperatura e fotoperiodo interagiscono nel condizionare il tipo di sviluppo della pianta, per cui gli stessi valori di temperatura hanno effetti diversi a seconda della lunghezza del giorno e viceversa. Alte temperature con giorno lungo favoriscono la crescita vegetativa e in particolare la formazione di stoloni, a scapito delle infiorescenze, mentre con giorno breve favoriscono l’induzione a fiore; al diminuire della temperatura l’induzione a fiore viene stimolata anche in condizioni di giorno lungo. Inoltre, tra i due processi c’è una sorta di continuità per cui a livelli intermedi di temperatura e fotoperiodo possono manifestarsi entrambi a seconda delle condizioni fisiologiche delle piante. Le condizioni ambientali stimolanti si verificano contemporaneamente su tutta la pianta, ma vengono recepite diversamente dai differenti organi. Le strutture recettive sono rappresentate dagli apici meristematici del germoglio in crescita quando tale crescita subisce un rallentamento, mentre meristemi non in crescita non subiscono induzione e differenziazione a fiore. Sugli elementi recettivi sono necessari 14-21 cicli di termo-fotoperiodo appropriati per consentire un impulso fortemente induttivo. Le basse temperature stimolano l’induzione a fiore finché le piante sono vegetative, ma successivamente, quando tale processo è
L’architettura delle piante fornisce informazioni sul numero di infiorescenze e sulla loro posizione e indica la fase di sviluppo del fiore primario di ciascuna di esse. I numeri fanno riferimento alle fasi di differenziazione a fiore riportate nella pagina a fianco
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architettura della pianta avviato, per la formazione degli organi che compongono le infiorescenze sono necessarie temperature maggiori. In realtà, oltre ai fattori ambientali hanno effetti determinanti anche le condizioni agronomiche e nutrizionali in cui crescono le piante, che ne possono condizionare il tipo di crescita prevalente, vegetativo o riproduttivo. Per esempio la produzione di stoloni è fortemente stimolata da condizioni di elevato vigore delle piante e quindi da tutti i fattori in grado di aumentare tale vigore. Le tecniche colturali possono modificare i ritmi di crescita, manipolando così la pianta e condizionandone l’attitudine a produrre stoloni, l’accestimento e la successione della differenziazione a fiore lungo l’asse.
Differenziazione a fiore
• La formazione degli organi fiorali
all’interno delle gemme riproduttive avviene gradualmente attraverso diversi stadi di sviluppo che si susseguono con cambiamenti morfologici dall’apice ancora vegetativo al fiore completamente formato e pronto per la fioritura. A questi stadi di sviluppo sono attribuiti valori convenzionali che permettono di indicare l’avanzamento del processo di differenziazione all’interno delle piante quando se ne analizza l’architettura. Lo stadio di sviluppo viene stabilito in riferimento al fiore primario dell’infiorescenza, che risulta sempre più avanzato rispetto ai fiori laterali che si formano successivamente
Differenziazione a fiore Il numero di infiorescenze (individuate nell’analisi architetturale come gemme differenziate a fiore) e di organi vegetativi presenti in una pianta costituisce un’informazione utile sulla sua potenzialità produttiva, ma non dà indicazioni sulla precocità di produzione e sulla sua contemporaneità o scalarità. Il grado di sviluppo raggiunto dagli organi fiorali all’interno delle singole gemme differenziate lungo l’asse del germoglio permette di ipotizzare il periodo di produzione delle piante. L’induzione a fiore infatti,
Fasi della differenziazione a fiore di una gemma (da 0 = apice vegetativo a 8 = fiore formato)
0. Apice vegetativo
1. Inizio formazione del fiore primario dell’infiorescenza
5. Inizio formazione degli stami nel fiore primario
6. Inizio chiusura del fiore primario da parte dei sepali
2. Inizio formazione dei sepali del fiore primario
3. Sepali visibili nel fiore 4. Inizio formazione primario dei petali nel fiore primario
7. Fiore primario completamente 8. Fiore primario completamente formato con chiuso dai sepali, pistilli antere gialle visibili e antere verdi
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coltivazione oltre a essere condizionata dalla presenza dei fattori induttivi, può non essere contemporanea, poiché avviene solo negli apici la cui crescita risulta rallentata e ciò non avviene per tutti nello stesso momento. La scalarità di sviluppo fra infiorescenze si ripercuote sulla maturazione dei frutti e sulla scalarità di raccolta. La presenza di gemme laterali nello stesso stadio di differenziazione della gemma terminale della pianta comporta lo sviluppo di infiorescenze contemporanee che generalmente si originano dai germogli basali. Questa circostanza può comportare un eccesso di produzione in un determinato periodo. Per la forte competizione che tali infiorescenze esercitano nei confronti della fruttificazione terminale, a cui tendono a sottrarre elementi nutritivi, le gemme dalle quali hanno origine vengono definite “vampiro”. In presenza di queste gemme è spesso utile un intervento manuale per asportare i germogli basali in eccesso, al momento della piantagione delle tray plant oppure poco prima della ripresa primaverile. Se si ricerca una produzione molto intensa in ambienti freschi (per esempio in montagna), le gemme “vampiro” invece dovranno essere mantenute. In questo caso si renderà indispensabile intervenire con adeguate cure colturali (in particolare con la fertirrigazione) per supportare la crescita di molti frutti contemporanei e garantire così il raggiungimento di una buona pezzatura. A differenza delle gemme “vampiro”, gemme con diverso grado di differenziazione permettono una produzione più prolungata, quindi meno contemporanea, e consentono di estendere il periodo di fruttificazione oltre il mese grazie alla scalarità fra fiori all’interno delle singole infiorescenze. Generalmente lo sviluppo dell’infiorescenza terminale differisce maggiormente da quello delle infiorescenze dei germogli laterali in formazione che non da quello dei germogli laterali subito sottostanti.
Crescita iniziale di una gemma vampiro. Essa contiene un’infiorescenza allo stesso stadio di differenziazione della gemma terminale nei cui confronti esercita una forte competizione
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architettura della pianta Struttura dell’infiorescenza L’infiorescenza delle piante di fragola può essere composta da un numero variabile di fiori. La formazione delle infiorescenze richiede tempo e non è predefinita, per cui i fiori che le compongono possono raggiungere un numero più o meno elevato a seconda della durata della differenziazione e possono differenziarsi con diversa rapidità. Da tale rapidità di sviluppo dipende in seguito la dimensione potenziale dei frutti che derivano da fiori di diverso ordine. In ogni caso la dimensione finale dei frutti tende a decrescere passando dai fiori primari a quelli secondari e da questi ai terziari e così di seguito. L’analisi dell’architettura delle piante può fornire informazioni anche sul numero di fiori e sulla struttura delle infiorescenze. Il numero totale di fiori presenti nella pianta, vale a dire nella totalità delle infiorescenze, è un’informazione poco importante ai fini della valutazione qualitativa, in quanto le singole infiorescenze possono raggiungere composizioni molto diverse a seconda della durata della differenziazione, ma se accompagnato dalla struttura delle infiorescenze fornisce indicazioni sulla scalarità delle produzioni. Programmazione dell’architettura delle piante in vivaio Ferma restando la diversificazione possibile tra varietà e tra categorie di piante (ottenute con materiali di partenza, contenitore, tipo di conservazione differenti), per via della sensibilità ai fattori ambientali, l’architettura delle piante può risultare molto diversa anche nell’ambito di una stessa categoria in relazione alla regione di provenienza e alle tecniche di coltivazione con cui sono state prodotte. Con la gestione in vivaio si possono quindi ottenere piante che presentano attitudini produttive molto varie, per entità e periodo di produzione, sia producendo piante di categorie diverse sia gestendole in modo differente.
L’infiorescenza delle piante di fragola è composta da fiori inseriti su assi di ordine crescente, classificati rispettivamente come fiori primari, secondari, terziari ecc.
Scalarità di maturazione tra frutti all’interno delle infruttescenze Scalarità di maturazione tra infiorescenze della stessa pianta
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coltivazione A seconda del sistema colturale desiderato, l’architettura della pianta e il suo potenziale produttivo possono essere fortemente modificati in modo prevedibile modulando la tecnica di coltivazione in vivaio. La produzione di piante frigoconservate, utilizzando idonee condizioni termo-fotoperiodiche, permette di ottenere piante già indotte a fiore, pronte per la piantagione in diversi periodi dell’anno. Con le piante fresche, questi vantaggi possono essere raggiunti attraverso opportune tecniche di programmazione che consentono di orientare lo sviluppo vegeto-riproduttivo delle piante. Lo sfruttamento di latitudini e altitudini differenti, la crescita di piante in contenitore con forzature e cicli programmati sono alcuni degli strumenti che la produzione vivaistica ha a disposizione per gestire l’architettura delle piante e proporre una notevole diversità di potenziale produttivo a parità di genotipo. I fattori ambientali possono essere bilanciati dalle condizioni di crescita e modulati con l’epoca di trapianto o con lo spostamento delle piante in località diverse per latitudine e/o altitudine. Per esempio le piante possono essere allevate inizialmente in località settentrionali sfruttando le condizioni ambientali favorevoli per l’induzione e successivamente trasportate al Sud dove le temperature sono ottimali per la formazione degli organi fiorali. Un altro strumento importante è costituito dal controllo degli apporti nutrizionali, in particolare il rapporto relativo tra quantità di azoto e di fosforo. Alti quantitativi di azoto favoriscono la produzione di stoloni o di germogli, a seconda del momento in cui vengono apportati, in relazione alla maggiore velocità di crescita della pianta. L’induzione degli stoloni infatti avviene quando è
Fattori che influenzano l’architettura
• Termo-fotoperiodo: latitudine e altitudine del luogo di propagazione ed eventuali modifiche artificiali
• Epoca di trapianto e di radicazione dello stolone o della cima
• Contenitore di crescita: dimensione e forma dell’alveolo
• Cicli programmati di crescita: modifica dei ritmi di crescita
• Equilibrio tra elementi nutrizionali, in particolare N/P
• Stress nutrizionali o idrici controllati: sospensione temporanea o riduzione degli apporti idrici
La formazione di numerosi stoloni può essere indotta da un eccesso di concimazione azotata. Essi vengono normalmente rimossi dal fragolicoltore
Vivai di fragole in Trentino. L’architettura delle piante può risultare molto diversa in relazione alla regione di provenienza e alle tecniche di coltivazione con cui le piante sono state prodotte
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architettura della pianta presente una forte crescita dell’apice vegetativo. In seguito gli stoloni possono distendersi e crescere e quindi rendersi visibili oppure rimanere latenti. L’analisi dell’architettura della pianta rileva queste differenze e l’esatta posizione lungo l’asse in cui il meristema ascellare è stato indotto a stolone. Livelli di concimazione azotata troppo elevati possono indurre un ritardo nella differenziazione a fiore e un prolungamento dello stimolo a formare stoloni o gemme “vampiro” che il fragolicoltore è poi costretto a rimuovere. Infatti se il vigore stimolato dalla concimazione azotata si verifica quando l’apice della pianta sta già formando il fiore terminale, viene riattivata la crescita di meristemi ascellari altrimenti latenti, con la formazione di germogli. Se la concimazione è ancora eccessiva, quando la crescita della pianta è molto rallentata, viene stimolata la formazione di germogli nella parte superiore della pianta; essi crescono pertanto dopo l’arresto dell’apice centrale della pianta che sta differenziando a fiore. Questi germogli verranno indotti, ma produrranno fiori meno sviluppati rispetto all’infiorescenza terminale. Per contrastare la formazione di germogli e favorire una produzione più prolungata e meno contemporanea è necessario ritardare la messa a dimora. L’asportazione di parte delle foglie dalle piante in fase di propagazione stimola la crescita di germogli dalla base, a partire da meristemi già presenti nello stolone di origine. Stress programmati e concimazioni bilanciate con fosforo possono essere fortemente induttivi e favorire anche la successiva differenziazione degli organi fiorali. La concimazione deve pertanto essere appositamente studiata per le piante in vivaio e sarà necessariamente diversa da quella impiegata per le piante in produzione. Gli stress abiotici (deficit controllati di elementi nutritivi e di acqua, volumi ridotti di substrato) possono giocare un ruolo molto importante nel controllare la crescita e lo sviluppo delle piante in vivaio e determinare la qualità finale interagendo con i processi fisiologici che permettono l’induzione e la differenziazione a fiore. Volumi ridotti di substrato stimolano una precoce induzione a fiore quando la pianta sta formando il sistema radicale, ma se la crescita in vaso è troppo prolungata le radici risulteranno stressate per l’esaurimento dello spazio disponibile e le infiorescenze saranno di qualità ridotta. Le condizioni di coltivazione influenzano il vigore delle piante, inducono la formazione di quantità diverse di gemme produttive e modificano la capacità di formare nuovi germogli. Risulta utile conoscere l’architettura delle piante prima di porle in forzatura o in frigoconservazione e sulla base dell’analisi si può variare il momento in cui iniziare la forzatura o l’applicazione del freddo. A tal proposito è bene ricordare che il freddo applicato per superare la dormienza può indurre successivamente una forte crescita vegetativa in condizioni climatiche favorevoli.
Dimensione e forma del contenitore alveolato in cui le piante vengono fatte crescere possono influenzare il loro sviluppo vegeto-produttivo e quindi la loro architettura
Serre per la produzione intensiva di fragole
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coltivazione Indicazioni colturali fornite dall’architettura Se si dispone dell’analisi architetturale di una pianta, è possibile conoscere il numero e la posizione delle infiorescenze, degli stoloni e dei germogli nonché lo stadio di sviluppo delle infiorescenze, e individuare quindi la modalità con cui avverrà lo sviluppo delle gemme a fiore. In questo modo l’architettura del materiale vivaistico può essere messa in correlazione con la resa produttiva delle piante in determinati sistemi produttivi. L’architettura è pertanto uno strumento per stimare il potenziale produttivo delle diverse tipologie di piante e aiutare i produttori a scegliere le più idonee tecniche colturali (distanze d’impianto, concimazioni, forzature). I produttori ottengono vantaggiose indicazioni sulla reale qualità della pianta pagando il materiale per il suo reale valore produttivo e possono poi utilizzarlo al meglio combinando opportunamente le condizioni stimolanti applicate durante la preparazione in vivaio e le condizioni di coltivazione. Sapere per esempio che sono presenti gemme “vampiro” in grado di originare germogli permette di attuare tempestivamente i necessari interventi per rimuoverle o per adeguare le cure colturali in modo da ottenere una buona produzione contemporanea. Va ricordato che le dimensioni delle piante non sempre sono correlate con il numero di infiorescenze per pianta; in tal caso risulta conveniente programmare la densità di piantagione in base al numero di infiorescenze, ovvero si può parlare di numero di fiori e non di piante per unità di superficie. Una piantagione anticipata stimola l’accestimento e la differenziazione a fiore mentre se ritardata limita il carico produttivo. In ambiente meridionale, dove la piantagione viene ritardata per evitare le temperature estive elevate, risulta difficile ottenere produzioni
Interventi colturali da modulare in base all’architettura delle piante
• Epoca di piantagione • Densità di piantagione • Tecnica di forzatura • Concimazione azotata • Concimazione fosfatica • Gestione irrigua
Architettura di una pianta di piccole dimensioni con una produzione potenzialmente concentrata nel tempo e una seconda produzione molto limitata. I numeri indicano le fasi di differenziazione a fiore secondo lo schema di pag. 145
Importanti tecniche colturali come la fertirrigazione possono essere modulate dai produttori sulla base delle caratteristiche architetturali delle piante a disposizione
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architettura della pianta invernali precoci da fiori differenziati in campo, e per questo è necessario disporre di piante già differenziate in vivaio. Ugualmente è necessario disporre di piante già differenziate per ottenere produzioni autunnali e primaverili in ambienti settentrionali. Piante di piccole dimensioni con rare gemme differenziate, oltre quella terminale, comportano una stagione di raccolta molto concentrata, con frutti prodotti scalarmente dall’infiorescenza primaria nell’arco di circa un mese e con un’eventuale successiva, limitata, produzione fornita dalle altre gemme differenziate. Piante con queste caratteristiche sono vantaggiose solo con ridotte distanze d’impianto, soprattutto in ambiente meridionale dove, successivamente alla prima produzione, sono in grado di differenziare a fiore ulteriori germogli laterali. L’alta densità di piantagione ostacola la crescita di questi germogli a vantaggio della gemma più vicina a quella terminale, che produrrà un’infiorescenza secondaria in grado di fornire una seconda produzione di buona qualità. Piante ben differenziate, con l’infiorescenza terminale a uno stadio di sviluppo avanzato e numerosi germogli o gemme laterali in uno stadio di sviluppo un po’ più arretrato, saranno in grado di fornire la produzione circa 40 giorni dopo l’impianto, a partire dall’infiorescenza terminale, e di iniziare la produzione dalle altre infiorescenze quando tale produzione non è ancora terminata. La tecnica colturale non può essere programmata esclusivamente in base alla tipologia di pianta e alle sue dimensioni; il potenziale produttivo può variare per esempio in relazione alle annate e all’area di provenienza, ma conoscendone in anticipo le caratteristiche è possibile ottenere risultati soddisfacenti cambiando data e densità di piantagione, tecnica di forzatura o concimazione.
Architettura di una pianta ben differenziata a fiore con due potenziali flussi di produzione. I numeri indicano le fasi di differenziazione a fiore secondo lo schema di pag. 145
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la fragola
coltivazione Tecniche vivaistiche Pierluigi Lucchi
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti: la foto alla pagina 13 (Sandro Botticelli, La Primavera - Firenze, Galleria degli Uffizi) è di © 2010 Foto Scala, Firenze - su concessione Ministero Beni e Attività Culturali. Le foto alle pagine 47, 60 (Ekaterina Starshaya), 66, 337 sono dell’agenzia Dreamstime.com. Le foto alle pagine 17 (ronen©), 45 (Massimiliano Pieraccini), 62 (Denis and Yulia Pogostins), 63 (©Kelly Cline 2006), 64 in alto a sinistra, 64 in basso, 65, 497 in alto a destra, 500 in alto a sinistra sono dell’agenzia iStockphoto.com.
coltivazione Tecniche vivaistiche Introduzione La produzione vivaistica di piante di fragola si è affermata in Italia a partire dalla metà degli anni ’60, in particolare in Emilia-Romagna (nelle province di Ferrara e Ravenna), e successivamente in Veneto (provincia di Verona), in seguito alla crescente diffusione della tecnica di frigoconservazione delle piante estirpate dai vivai nel periodo invernale, in piena dormienza, e poi impiegate negli impianti estivi dei fragoleti. Le piante fresche (o vegetanti), utilizzate inizialmente in tutti gli areali di coltivazione, sono state successivamente abbandonate negli ambienti del Nord per i risultati agronomici non sempre soddisfacenti e inferiori rispetto a quelli dati dal materiale frigoconservato. Nell’ultimo decennio e negli ambienti meridionali si è riscoperto un interesse crescente per le piante fresche, che stanno sostituendo quasi completamente le piante frigoconservate. In queste aree, caratterizzate da inverni miti, è possibile ottenere produzioni molto precoci (fine gennaio-febbraio) piuttosto apprezzate dal mercato. L’anticipo di produzione si realizza con piantagioni di fine settembre-ottobre (circa 30-40 giorni più tardi rispetto alla messa a dimora delle piante frigoconservate) e la successiva protezione dei fragoleti sotto tunnel coperti con film plastico. Attualmente, la produzione di piante fresche a radice nuda (poco sviluppata in Italia) proviene principalmente da vivai situati nelle alture di Spagna e Polonia, caratterizzate da freddi autunnali mediamente più precoci rispetto alla Valle Padana. Controversa e ancora dibattuta è l’importanza del numero di ore di freddo (temperatura ≤ 7 °C) a cui le piante fresche devono essere sottoposte nei vivai
Vivaio di fragole nel Veronese
Vivaio per la produzione di piante fresche a radice nuda in Polonia
Foto Vivai Mazzoni
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tecniche vivaistiche prima della loro estirpazione. In genere, al momento dell’estirpazione dei vivai (inizio ottobre), il numero di ore di freddo non è molto elevato. Al fine di aumentarne l’entità, si tende a ritardare l’estirpazione delle piante: ciò però può avere riflessi negativi sulle successive produzioni in campo in quanto la pianta messa a dimora tardivamente non riesce a raggiungere un sufficiente sviluppo vegetativo prima della pausa invernale. A questo proposito va evidenziato che in alcuni areali italiani, come il Metapontino, caratterizzati da andamento climatico più freddo rispetto ad altri, come la Piana del Sele, il Lametino e il Marsalese, è particolarmente importante non ritardare l’epoca di piantagione delle piante fresche oltre la metà di ottobre. Alcune prove sperimentali hanno fornito utili indicazioni sulle ore di freddo da fornire alle piante nei vivai. In Florida, piante prodotte in vivai situati vicino alle zone di produzione e quindi con zero ore di freddo sono risultate in grado di produrre quanto piante fresche prodotte nei vivai localizzati in Canada, che invece avevano subito un elevato numero di ore di freddo prima dell’estirpazione. Anche in Italia, alcune esperienze condotte in Sicilia hanno dimostrato la buona efficienza produttiva di piante fresche che non avevano ricevuto ore di freddo prima della piantagione.
Foto R. Angelini
Vivaio nel Ferrarese per la produzione di cime radicate
Nuove tecniche vivaistiche Lo sviluppo di nuove tecniche di coltivazione della fragola, diverse da quelle tradizionali, quali la coltura autunnale tipica dell’areale veronese e successivamente diffusasi in alcune aree meridionali, le colture programmate in suolo e fuori suolo che permettono di ottenere produzioni di fragole fuori stagione, ha determinato un adeguamento di tutte le tecniche vivaistiche finalizzate a offrire un prodotto in grado di soddisfare le nuove esigenze dei produttori. Negli anni si sono adottati alcuni accorgimenti di carattere tecnico al fine di migliorare qualitativamente le produzioni di piantine. Sono pratiche comuni il livellamento e il drenaggio sotterraneo dei terreni adibiti a vivaio (al fine di evitare pericolosi ristagni idrici, causa di elevato stress per le piante e possibile fonte di infezione di funghi e batteri) così come la disinfestazione dei terreni, con opportuni geodisinfestanti ad azione nematocida, effettuata da aziende specializzate e autorizzate. I sistemi di irrigazione sono diversificati in relazione al tipo di pianta che si deve produrre: si adottano i tradizionali sistemi per aspersione, recentemente realizzati anche con microirrigatori a bassa portata (150-200 l/h), oppure si ricorre a sistemi per imbibizione del terreno che permet tono un maggiore contenimento di alcune malattie in quanto non viene mai bagnata la vegetazione. Le piante sono sempre più spesso moltiplicate in vivai sistemati in prode ben baulate, in modo da mantenere la parte aerea più asciutta e aerata, sempre al fine di prevenire l’attacco di patogeni fungini. In funzione delle diverse tipologie di piante da produrre, la tecnica vivaistica adotta differenti metodologie di produzione.
Operazione di livellamento di un terreno adibito a vivaio nel Ferrarese
Irrigazione del vivaio con microirrigatori
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coltivazione Piante frigoconservate Tipo A. È la pianta standard più diffusa nei fragoleti tradizionali del Nord Italia. Viene moltiplicata in appositi vivai costituiti nel periodo primaverile, in terreni sabbiosi ben drenati e livellati, ed estirpata meccanicamente in inverno, nella fase di pieno riposo vegetativo. Prima dell’estirpazione viene effettuata una defogliazione meccanica delle piante al fine di agevolare le operazioni successive. Una volta giunte alla sala di lavorazione in magazzino, le piante vengono private delle foglie restanti, lasciandone solo una o due centrali più giovani, poi selezionate in base al diametro del colletto compreso, per questa categoria, fra gli 8 e i 12 mm; successivamente avviene il confezionamento in casse contenenti in genere 600-700 piante ben umide, raggruppate in mazzi e poste in posizione verticale all’interno di sacchi di plastica chiusi e con poco ossigeno. Una volta etichettate, le pedane di casse vengono rapidamente collocate e accatastate in celle frigorifere per la prerefrigerazione a una temperatura di –2 °C, in grado di bloccare l’attività vegetativa delle piante senza provocare danneggiamento ai tessuti della radice e dei germogli. Le piante che presentano un diametro al colletto di 6-8 mm sono considerate di seconda scelta (A–) e confezionate in numero di 900-1000 per cassa. Nell’ultimo decennio, in alcune aree come il Cesenate e il Veronese, si è diffuso l’acquisto da parte dei fragolicoltori di piante appena estirpate dai vivai (gennaio) allo stato grezzo o sfuso. Le piante contenute in bins di plastica, precedentemente rinchiuse in sacchi sigillati di polietilene, vengono consegnate dal vivaista direttamente al produttore, il quale effettua la pulizia, la selezione e il confezionamento, provvedendo anche alla loro frigoconservazione, in genere presso le strutture delle cooperative a cui è asso-
Differenti tipologie di piante frigoconservate
• Tipo A • Tipo A+ • Waiting-Bed (WB) • Tray plant (TP) e mini tray
Vivaio in terreno sabbioso sistemato in prode Sala di lavorazione, selezione e cernita delle piante da porre poi in frigoconservazione
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tecniche vivaistiche ciato. Questo tipo di commercializzazione permette ai produttori di acquistare le piante a un prezzo più conveniente, offre lavoro alla manodopera familiare, piuttosto libera da impegni nel periodo invernale, e consente di selezionare le piante in base alle proprie esigenze aziendali. Al vivaista vanno i vantaggi di una rapida commercializzazione delle piante prodotte nei vivai, senza il carico dei costi di lavorazione e dei rischi legati alla frigoconservazione e alle eventuali giacenze di piante invendute. La produzione media di piante “A” per ettaro si può stimare in circa 500.000-600.000 unità. Tipo A+. Pianta di maggiori dimensioni rispetto al tipo A, con diametro al colletto compreso fra 12 e 15 mm. Sono ottenute in appositi vivai nei quali viene curata la distribuzione uniforme degli stoloni sul terreno, al fine di evitare densità troppo elevate che causano fittezza di vegetazione con conseguente riduzione del calibro, delle sostanze di riserva, minore differenziazione di gemme a fiore e più facile sviluppo di malattie, con maggiori difficoltà di intervento per il controllo. Per ottenere piante di qualità si effettua l’eliminazione della pianta madre nei primi mesi estivi in modo da lasciare più spazio per crescere alle piantine figlie oppure si procede all’asportazione degli stoloni emessi tardivamente al fine di mantenere le prime piante figlie opportunamente ben distanziate. Qualora si rendesse necessario si può, infine, ricorrere al taglio del filamento stolonifero che collega la pianta figlia alla madre per evitare l’emissione di nuovi stoloni. Le piante A+ vengono frigoconservate con una rosetta di giovani foglie centrali verdi in confezioni di 250-300 unità per cassa. La produzione per ettaro può variare da 150 a 250.000 piante. Da questi vivai è possibile ottenere anche piante A++ con dimensioni al colletto superiori ai 15 mm. Si fa ricorso al tipo A+ di pianta quando si intende avere un flusso di produzione subito dopo la piantagione, sfruttando le gemme a
Confezionamento delle piante da commercializzare allo stato grezzo
Fase di pulizia e selezione delle piante da frigoconservare
Umidificazione delle piante prima della messa in frigoconservazione
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coltivazione fiore differenziate in vivaio. Le piante A+ vengono utilizzate per le colture programmate in suolo e fuori suolo nel Veronese per una produzione autunnale, seguita da una successiva in primavera, e in Trentino-Alto Adige per produzioni di fragole in suolo e fuori suolo nei mesi estivi fuori stagione. Waiting-Bed (WB). Sono piante di grosso calibro, prodotte in appositi letti di attesa (questo è il significato del termine inglese) e originate da piante frigoconservate di piccole dimensioni (A–) o da piante fresche a radice nuda o cime radicate, messe a dimora verso la fine di giugno-primi di agosto, alla distanza di piantagione di 30-35 × 30-35 cm, con densità di 120-180.000 piante/ha. Lo scopo principale è quello di ottenere, tramite un ulteriore ciclo vegetativo, l’ingrossamento delle piante di partenza. Se queste sono frigoconservate, le piante ingrossate subiscono una seconda frigoconservazione prima della loro messa a dimora in campo, presentando quindi una parte di tessuti con un’età di due anni. Più giovani di quasi un anno risultano, invece, le piante WB ottenute da piante fresche. Le piante sono selezionate in base al numero di germogli che presentano al momento dell’estirpazione: in genere essi vanno da 1 a 3 e vengono frigoconservate con le giovani foglie in confezioni da 150-250 piante per cassa. Il loro utilizzo è destinato principalmente alle colture programmate: in brevi periodi devono garantire produzioni elevate e frutti di alta qualità e pezzatura uniforme. La pianta WB, rispetto alla A+, presenta generalmente produzioni più abbondanti, dovute al maggior numero di gemme a fiore che portano spesso, però, a frutti di piccola pezzatura. Questo tipo di pianta viene impiegato in piantagioni precoci, in quanto lunghi periodi di frigoconservazione riducono notevolmente le sostanze di riserva nei tessuti, abbassando la potenzialità produttiva. Per le modalità con cui è ottenuta, la pianta WB viene anche chiamata ripicchettata.
Cella di conservazione delle piante alla temperatura di –2 °C
Confezionamento delle piante da frigoconservare Macchina estirpatrice delle piante in vivaio
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tecniche vivaistiche Tray plant (TP) e mini tray. Sono piante anch’esse ingrossate, non in vivai ma su un substrato di torba, in contenitori alveolati di plastica da 8-9 fori di 7-8 cm di diametro (tray) e da 16-19 fori di 5-6 cm di diametro (mini tray), partendo da piante fresche cime radicate, ottenute da cime di stoloni prelevati durante l’estate e posti a radicare in ambienti protetti muniti di sistema di irrigazione tipo mist (che consiste nel distribuire l’acqua sotto forma di una fine nebulizzazione), e allevate con opportune fertirrigazioni. Questa tecnica è stata messa a punto presso alcune stazioni sperimentali del Nord Europa per far fronte ai problemi sanitari e agli scarsi risultati produttivi delle piante WB dovuti ai lunghi periodi di frigoconservazione. In pieno riposo vegetativo, le piante vengono frigoconservate, con il proprio pane di terra e con le foglie centrali più giovani, fino al momento della piantagione, che avviene generalmente nel periodo primaverile. In Francia, per alcune produzioni di alta gamma, la piantagione avviene verso la metà di dicembre in serre riscaldate, con produzioni nei mesi da febbraio ad aprile. Per questa tecnica le piante a fine novembre sono poste in cella frigorifera a una temperatura di 3-4 °C, per un periodo di tre settimane e di seguito messe a dimora in fuori suolo. Questi tipi di piante, dato anche l’elevato costo, vengono utilizzati esclusivamente per coltivazioni programmate fuori suolo e in suolo, dove sono in grado di fornire produzioni simili a quelle delle piante WB, ma con frutti di migliore qualità. In Italia, le colture programmate sono tipiche delle zone di montagna trentine dove, in alcuni casi, sono i produttori stessi che ingrossano le piante partendo da cime radicate, poste direttamente nei contenitori (sacchi o vaschette) adibiti alla produzione. Nella prima fase (fino a inizio settembre), le piante vengono fatte vegetare negli stessi ambienti di montagna dove, grazie al clima più fresco e mite, la pianta riesce
Piantagione delle piante nei contenitori tray
Pianta TP (tray plant) in contenitore Particolare delle piante TP ormai pronte per la frigoconservazione
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coltivazione a raggiungere un ottimo sviluppo vegetativo. Successivamente, con l’abbassarsi delle temperature, le piante vengono trasferite in ambienti della Pianura Padana veronese dove possono allungare il periodo di differenziazione delle gemme a fiore; si ottengono così piante potenzialmente più produttive da mettere a dimora nel periodo estivo successivo.
Differenti tipologie di piante fresche
• Cime radicate • Piante fresche a radice nuda
Piante fresche Cime radicate. Sono ottenute prelevando da vivai, opportunamente predisposti, cime di stoloni non radicati (generalmente il primo e il secondo stolone) ma provvisti di abbozzi radicali e posti a radicare in contenitori alveolari con fori del diametro di 3-4 cm sotto mist. Nell’arco di 25-30 giorni, le piante sono ben radicate e pronte per essere messe a dimora. Questo tipo di pianta ha in parte sostituito la pianta fresca a radice nuda, mantenendone i caratteri positivi (precocità di maturazione, buona qualità dei frutti) e presentando il vantaggio di avere meno problemi di ripresa dopo il trapianto con conseguente maggiore omogeneità d’impianto. La pianta cima radicata può permettere piantagioni più tardive, senza perdere in produttività e richiede minore dispendio di acqua per l’irrigazione. L’utilizzo di questo tipo di pianta si è diffuso principalmente nelle aree di coltivazione del Centro e Nord Italia (Cesenate e Cuneese), nel Nord Europa e ultimamente, soprattutto, nelle aree meridionali. Piante fresche a radice nuda. Sono ottenute principalmente in vivai, situati in Spagna e in Polonia. L’attività vivaistica si è diffusa in queste zone in quanto caratterizzate da freddi autunnali molto precoci, essenziali per le piante prima del loro trasferimento nei fragoleti meridionali in ottobre. Le piante vengono prodotte su ter-
Confezione di piante fresche a cui è stato asportato gran parte del fogliame
Produzione di piante “cime radicate” in grandi strutture serricole
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tecniche vivaistiche reni fertili, sabbiosi e con buone disponibilità idriche: si possono raggiungere produzioni massime fino a 400.000 piante/ettaro. Le piante, parzialmente defogliate meccanicamente prima dell’estirpazione, sono selezionate in due sole categorie in base al calibro del colletto e si presentano con una o due foglie per pianta, necessarie per favorire l’attecchimento e una rapida ripresa dopo la piantagione (ridotta superficie traspirante ma presenza di tessuti in grado di fotosintetizzare). Confezionate in casse di legno, vengono quindi immediatamente spedite per essere poste a dimora nelle aree meridionali di tutto il bacino del Mediterraneo. I vantaggi della pianta fresca, rispetto a quella frigoconservata, sono da attribuire a una maggiore precocità di maturazione e a una maggiore qualità dei frutti nonché alla possibilità di ritardare la piantagione, con maggiore risparmio e razionalizzazione nell’utilizzo dell’acqua irrigua. Uno dei principali fattori limitanti nell’impiego di questo tipo di pianta è la percentuale (in alcuni casi molto elevata) di fallanze che si possono riscontrare subito dopo il trapianto e che sono dovute a diversi fattori. Il periodo fra l’estirpazione delle piante e la loro messa a dimora nei fragoleti può risultare troppo lungo (a causa delle grandi distanze fra i vivai e le zone di coltivazione) con il rischio di procurare forti stress alle piante, i quali si possono ripercuotere su un ritardo nello sviluppo vegetativo o addirittura provocare la morte delle piante stesse dopo la messa a dimora. Altro fattore limitante è l’utilizzo di piante poco sviluppate, ottenute in vivai con eccessiva densità di piantagione che induce le piante a filare (con il rischio di prolungare la fase vegetativa) e a ritardare e ridurre la differenziazione delle gemme che, è importante sottolinearlo, deve essere già avviata nei vivai prima dell’estirpazione.
Confezionamento di piante fresche
Raccolta degli apici di stolone in vivaio per la produzione di piante cime radicate
Contenitore con piante cime radicate pronte per la messa a dimora in campo Tipi di contenitori
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coltivazione Piante per nuovi settori produttivi La produzione di piante di fragola interessa anche altri settori di minore importanza, che riguardano la produzione di piante per le colture biologiche, piante per l’hobbistica, e la produzione di fragoline di bosco (cloni di Fragaria vesca). Piante per le colture biologiche Le coltivazioni biologiche riguardano circa il 4,5% delle superfici coltivate a fragola in Italia, e sono concentrate principalmente in Emilia-Romagna (Cesenate). L’entrata in vigore del Reg. CE 2092/91 ha sancito le norme che regolano l’intera filiera del settore biologico, compresa la produzione delle piante. Le limitazioni, imposte da questi regolamenti, comprendono in modo particolare l’impossibilità di effettuare geodisinfestazioni e fertilizzazioni chimiche dei terreni adibiti a vivaio, così come il divieto dell’uso di prodotti antiparassitari di natura chimica per la difesa fitosanitaria nei confronti delle più comuni avversità. Di conseguenza è aumentata la difficoltà nel contenimento delle erbe infestanti rispetto al vivaio tradizionale, si ottengono minori rese di piante (meno 30-40%) ed è incrementato il rischio di malattie in grado di colpire sia l’apparato radicale sia la parte aerea della pianta con la conseguenza, nel peggiore dei casi, di compromettere l’intera produzione del vivaio. Per ovviare a queste problematiche, si è provveduto in questi ultimi anni a indirizzare la produzione di piante biologiche verso le tipologie (cime radicate, tray e mini tray) che consentono produzioni meno a rischio rispetto a quelle impiegate in un vivaio tradizionale.
Struttura con rete ombreggiante per la produzione di piante cime radicate
Tipologie per nuovi settori produttivi
• Piante per colture biologiche • Piante per l’hobbistica • Fragolina di bosco Raccolta degli apici di stoloni nei vivai ferraresi
Foto R. Angelini
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tecniche vivaistiche Piante per l’hobbistica Il settore dell’hobbistica si è sviluppato a partire dalla metà degli anni ’90. In quel periodo si commercializzava una pianta singola, in vaso, già vegetata e prossima alla fioritura. Per gli elevati costi di trasporto, si è passati alla commercializzazione di piante in contenitori alveolari di diversi fori o in pack (confezioni scomponibili). Le piante utilizzate sono prevalentemente frigoconservate e di piccole dimensioni (A-), di varietà unifere o preferibilmente rifiorenti, in grado di fornire produzioni di fragole per lunghi periodi. Il periodo di commercializzazione di queste piante è principalmente quello primaverile. I principali canali di vendita sono le rivendite agrarie, i rivenditori di piantine di ortaggi e, ultimamente, la grande distribuzione organizzata.
Foto Raggi Vivai
Fragolina di bosco La produzione italiana di fragoline di bosco, diffusa su tutto il territorio nazionale, ha conosciuto un aumento considerevole nel corso degli ultimi anni in seguito alla forte domanda di prodotto fresco da destinare principalmente alla ristorazione e al settore della pasticceria, con conseguente aumento della richiesta di piante per questo tipo di coltivazione. Le varietà utilizzate (rifiorenti e non) derivano da Fragaria vesca, la specie selvatica diploide più diffusa in Italia. A differenza delle varietà comuni a frutto grosso di Fragaria × ananassa, le piante sono moltiplicate per seme e possono essere commercializzate in diverse forme: – fresche, collocando il seme, dall’autunno al mese di giugno, in appositi contenitori alveolari su substrato di torba, calcolando
Confezione di piante di fragola per uso hobbistico
Veduta aerea di un’azienda vivaistica
Foto R. Angelini
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coltivazione che occorrono circa tre mesi dal momento della semina alla pianta pronta per essere messa a dimora in campo; – frigoconservate, principalmente importate dalla Spagna e dalla Francia, e ottenute ponendo il seme direttamente nel terreno adibito a vivaio. Questo tipo di pianta è destinato soprattutto a piantagioni estive-autunnali (negli areali siciliani è piuttosto diffuso); – frigoconservate ingrossate, ottenute in appositi vivai, nei quali viene fatta ingrossare la pianta fresca. Queste piante vengono principalmente utilizzate per ottenere una produzione subito dopo la piantagione in colture fuori suolo o in suolo.
Fasi della tecnica di micropropagazione
• Fase di proliferazione: dagli apici
vegetativi si prelevano i tessuti meristematici, che vengono posti a differenziare in mezzo di coltura contenente ormoni (citochinine). In 2-4 settimane si ottengono circa 15 o più germogli miniaturizzati privi di radice
Micropropagazione In alternativa alla normale tecnica di propagazione delle piante per stolone, è possibile ottenere piante attraverso la micropropagazione. Questa tecnica eseguita in laboratorio, in ambiente sterile, si basa sul prelievo di una parte di tessuto microscopico della pianta (apici e meristemi apicali) che, messo a moltiplicare in vitro, in idonei mezzi di coltura entro vasi sterili, in breve tempo è in grado di fornire un elevato numero di piantine. Il procedimento può essere schematicamente suddiviso in tre fasi. Dai tessuti meristematici, prelevati dagli apici vegetativi e posti in mezzo di coltura contenente ormoni (citochinine), in 2-4 settimane si formano nel contenitore circa 15 o più germogli miniaturizzati privi di radice. Questa è detta fase di proliferazione, che può essere ripetuta se questi germogli vengono separati e messi in altri contenitori con substrato nuovo oppure si può passare direttamente alla seconda fase.
• Fase di radicazione: i germogli vengono allevati in contenitori con un substrato diverso che stimola l’emissione delle radici, portando all’ottenimento di una piantina
• Fase di ambientamento: le piantine
vengono trapiantate in appositi contenitori alveolari su substrato di torba e perlite, e vengono mantenute per 4-5 settimane in serra a elevata umidità relativa. Al termine di questa fase le piantine sono pronte per essere messe a dimora in vivaio per la produzione di stoloni
Fase di ambientamento di piante micropropagate
Foto N. Gimelli
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tecniche vivaistiche Nella seconda fase detta di radicazione, i germogli vengono allevati in contenitori con un substrato diverso che stimola l’emissione delle radici; ogni germoglio forma così una piantina. Le prime due fasi si possono concludere in circa 12 settimane. La terza fase è quella dell’ambientamento: le piantine vengono trapiantate in appositi contenitori alveolari su substrato di torba e perlite, e poste in serra su bancali dove è mantenuta un’elevata umidità relativa, per un periodo di 4-5 settimane. Al termine di questa fase le piantine sono pronte per essere messe a dimora in vivaio per la produzione di stoloni. La propagazione in vitro risulta quindi un utile complemento a quella in vivaio per stoloni in quanto permette: produzione di un elevato numero di piantine in tempi brevi, senza alcun contatto con l’esterno e quindi in condizioni sanitarie perfette se si parte da piante madri sane; disponibilità pressoché continua e illimitata di materiale; conservazione in spazi ridottissimi di germoplasma o linee da mantenere o impiegare nei programmi di miglioramento genetico. Per contro, se nell’utilizzo di questa tecnica si abusa in maniera sconsiderata della possibilità di ottenere grandi quantitativi di piante in breve periodo, aumentando le moltiplicazioni e la percentuale dei prodotti ormonali utilizzati e non attenendosi scrupolosamente ai protocolli tecnici riconosciuti a livello internazionale, i rischi di produrre piante con anomalie e caratteristiche fenotipiche diverse dalla varietà originale risultano molto elevati, con ingenti danni anche di natura economica. In Italia, questa tecnica viene utilizzata anche per il risanamento di piante risultate infette da virus o nel caso in cui si renda necessario moltiplicare rapidamente una nuova varietà.
Foto N. Gimelli
Piantine micropropagate in fase di radicazione
Prelievo in ambiente sterile di gemma internodale per avviare la micropropagazione Piante micropropagate al termine della fase di ambientamento in serra pronte per la messa a dimora nei vivai
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la fragola
coltivazione Certificazione delle piante Patrizia Turci
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coltivazione Certificazione delle piante Introduzione La certificazione del materiale di propagazione vegetale è un sistema ufficiale di controllo, basato su norme tecniche ben precise, messo in atto al fine di assicurare ai produttori piante sane dal punto di vista fitosanitario e geneticamente rispondenti alle caratteristiche varietali. In Italia, il processo è volontario e ha come finalità il conseguimento di produzioni vivaistiche altamente qualificate in quanto le piante certificate derivano da materiale ufficialmente controllato nelle diverse fasi della filiera. Dal 1993, il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste (ora MiPAAF) ha attivato un processo di certificazione volontaria del materiale di propagazione vegetale su scala nazionale, includendo, fra le diverse specie, anche la fragola. Per questa coltura, il sistema di certificazione è risultato subito operativo, in quanto in alcune regioni era già presente un’attività di certificazione regionale. La Regione Emilia-Romagna, che già nel 1984 aveva un proprio sistema di certificazione (R.R. 36/84), nel 1996 ha aderito a quello nazionale (DM 289 del luglio 1991); la Regione Veneto vi ha aderito nel 2002. Il continuo evolversi della tecnica vivaistica, in linea con le richieste di mercato, verso differenti tipologie di piante di fragola ha fatto sì che, nel corso degli anni, la normativa che regola la certificazione genetico-sanitaria di questa specie subisse diverse revisioni per adeguarsi alle nuove esigenze.
Certificazione delle piante
• La CEE con la direttiva 92/34 definisce tre categorie di materiale certificato: Virus-esente, Virus-controllato e CAC. Le prime due categorie seguono le norme di certificazione volontaria, mentre la categoria CAC (Conformitas Agraria Comunitatis = Conformità Agricola Comunitaria) individua le condizioni minime dei materiali per la commercializzazione richieste dall’Unione Europea, ovvero: – c onformità ai requisiti previsti dalla direttiva 77/93 CEE (patogeni da quarantena) – a ssenza di organismi nocivi o malattie pregiudizievoli la qualità (da esame visivo), in particolare quelle elencate nell’allegato II del decreto – i dentità e purezza del genere – c ommercializzazione con l’indicazione della varietà di appartenenza – v igore e dimensioni soddisfacenti per l’impiego come pianta da frutto
Processo certificativo La produzione di piante certificate è il risultato finale del processo che è ufficialmente controllato da istituzioni pubbliche e private e articolato in 4 fasi successive: 1) Centro di Conservazione per la Premoltiplicazione (CCP): questa fase dà origine a materiale di categoria “prebase” contraddistinto dal cartellino-certificato di colore bianco con banda trasversale viola. In opportuni Centri, pubblici o privati, riconosciuti per l’alta professionalità e per le specifiche competenze in materia, le piante madri “capostipiti” sono coltivate in serre a rete, a prova di insetto, collocate in zone libere da coltivazioni di fragola per un raggio di almeno 100 m, che devono rispondere a determinati requisiti: la pavimentazione deve garantire il completo isolamento tra i contenitori e il terreno; il tetto deve essere rigido e le pareti con una doppia rete antiafide a maglia 20/10 (screen-house); devono essere provviste di vestibolo con pareti a doppia rete e doppia porta; devono disporre di impianti idonei alla disinfezione delle attrezzature utilizzate. Durante il processo produttivo tutte le piante madri sono soggette a
Foto P. Lucchi
Centro di Conservazione per la Premoltiplicazione (CCP) del CRA-FRF a Cesena (Az. Martorano 5)
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certificazione delle piante due tipi di controlli fitosanitari: visivi e saggi di laboratorio per virus, funghi, fitoplasmi, batteri e nematodi (fogliari e radicali). Tutte le piante madri sono sottoposte a controlli visivi di corrispondenza genetica del fenotipo eseguiti durante tutto il ciclo vegetativo, con particolare attenzione in corrispondenza della fioritura e, in caso di necessità, sono previste indagini con il supporto di tecniche molecolari. 2) Centro di Premoltiplicazione – prima fase (CP1): questa fase dà origine a piante di categoria “base” contraddistinte da cartellino-certificato di colore bianco. In questi Centri, sempre costituiti presso Enti pubblici o privati, riconosciuti idonei dal MiPAAF su proposta del Comitato Nazionale per la Certificazione (CNC) e dai Servizi Fitosanitari Regionali, e in possesso dei requisiti e delle autorizzazioni previsti dalla normativa fitosanitaria vigente, la coltivazione delle piante madri “prebase” provenienti dal CCP avviene in screen-house dotate dei seguenti requisiti: pareti e soffitto di rete con maglia 20/10 e provviste di vestibolo con doppia porta, isolamento dalle acque superficiali e dall’ambiente circostante, protezione dalle acque meteoriche nel periodo autunno-invernale, pavimentazione che garantisce il completo isolamento tra i contenitori e il terreno. Le piante devono essere allevate in contenitori singoli (bin) e devono essere collocate in zone libere da coltivazioni di fragola per un raggio di almeno 100 m. In questa fase i controlli fitosanitari sono visivi su tutte le piante madri, mentre i saggi di laboratorio si effettuano, per virus e fitoplasmi, sul 2% delle piante madri; per i batteri su un campione multiplo proveniente al massimo da 5 piante; per i funghi sul 30% delle piante madri presenti, mentre per i nematodi si effettuano osservazioni visive. Tutte le piante madri sono sottoposte a controlli visivi di corrispondenza genetica del fenotipo esegui-
Quadro normativo relativo al materiale certificato
• D.M. 24 luglio 2003 – Organizzazione
del servizio nazionale di certificazione volontaria del materiale di propagazione vegetale delle piante da frutto (Pubblicato nella G.U. 15 ottobre 2003, n. 240)
• D.M. 4 maggio 2006 – Disposizioni
generali per la produzione di materiale di moltiplicazione delle specie arbustive ed arboree da frutto, nonché delle specie erbacee a moltiplicazione agamica (Pubblicato nella G.U. 21 luglio 2006, n. 168)
• D.M. 20 novembre 2006 – Norme
tecniche per la produzione di materiali di moltiplicazione certificati della Fragola (Pubblicato nella G.U. 20 giugno 2007, n. 141)
Quadro normativo relativo a produzione e commercializzazione dei materiali di moltiplicazione
• Direttiva 2000/29/CE (Passaporto) Misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità
• Direttiva 2008/90/CE denominata CAC
(Conformità Agricola Comunitaria) che regola “la commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e delle piante da frutto destinate alla produzione di frutti”
Centro di Premoltiplicazione – prima fase (CP1): piante allevate in cassoni sotto screen-house nel Ravennate
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coltivazione Elenco degli organismi nocivi di cui accertare l’assenza nelle piante di categoria “prebase”, “base” e “certificato” Nome scientifico
Organismo nocivo
Sigla
Stato sanitario Virus-esente (VF)
VIRUS Strawberry mild yellow edge virus
Ingiallimento leggero del bordo della fragola
SMYEV
X
Arabis mosaic virus
Mosaico dell’arabis
ArMV
X
Tomato black ring virus
Anulatura nera del pomodoro
TBRV
X
Tomato ring spot virus
Maculatura anulare del pomodoro
TRSV
X
Raspberry ring spot virus
Maculatura anulare del lampone
RRSV
X
Strawberry latent ring spot virus
Maculatura anulare latente della fragola
SLRSV
X
Strawberry mottle virus
Maculatura della fragola
SMV
X
Strawberry vein banding virus
Scolorazione perinervale della fragola
SVBV
X
Strawberry crincle virus
Arricciamento della fragola
SCV
X
Tobacco necrosis virus
Necrosi del tabacco
TNV
X
C.a.
X
FUNGHI Colletotrichum acutatum FITOPLASMI Strawberry letal decline (Stolbur) (XII*)
Declino letale della fragola
SLD
X
Aster yellow (I*)
Giallume dell’astro
AY
X
Strawberry green petal (I*)
Virescenza della fragola
SGP
X
Strawberry marginal chlorosis (Stolbur) (XII*)
Clorosi marginale della fragola
SMC
X
Strawberry witches broom (I*)
Scopazzi della fragola
WB
X
BATTERI Xanthomonas fragariae
Maculatura angolare
X.f.
X
Xanthomonas arboricola
Avvizzimento batterico
X.a.
X
NEMATODI Meloidogyne hapla
X
Pratylencus vulnus
X
Aphelencoides fragariae
X
Aphelencoides ritzemabosi
X
* Classificazione basata sul gene che codifica per RNA ribosomiale 16S
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certificazione delle piante ti durante tutto il ciclo vegetativo, con particolare attenzione in corrispondenza della fioritura e, in caso di necessità, sono previste indagini con il supporto di tecniche molecolari. 3) Centro di Premoltiplicazione – seconda fase (CP2): questa fase dà origine a piante di categoria “base” contraddistinte da cartellino-certificato di colore bianco. In questi Centri, costituiti presso Enti pubblici o privati, riconosciuti idonei dal MiPAAF su proposta del CNC e dai Servizi Fitosanitari Regionali, e in possesso dei requisiti e delle autorizzazioni previste dalla normativa fitosanitaria vigente, è consentita la coltivazione delle piante madri “base” (provenienti dal CP1) sia in tunnel-screen sia in pieno campo, in zone libere da coltivazioni di fragole per 500 m, su terreni esenti da nematodi (tale esenzione deve essere documentata), fumigati e sottoposti a una rotazione di almeno 5 anni. Le piante madri sono sottoposte a controlli fitosanitari visivi su ognuna e a saggi di laboratorio per virus e fitoplasmi (0,2%), batteri, funghi e inoltre vengono effettuate osservazioni visive per i nematodi. I controlli del fenotipo sono effettuati sul 2% delle piante madri e, in caso di necessità, sono previste indagini con il supporto di tecniche molecolari. 4) Centro di Moltiplicazione (vivaio): questa fase dà origine a piante di categoria “certificato” contraddistinte dal cartellinocertificato di colore azzurro. La coltivazione delle piante madri provenienti dal CP2 avviene in pieno campo su terreni che non devono aver ospitato la fragola da almeno 4 anni (ridotti a 2 nel caso di disinfestazione con opportuni fumiganti), ed esenti dai principali nematodi. Questi vivai devono essere collocati in zone libere da impianti di fragola da frutto per un raggio di almeno 250 m e separati dagli altri vivai di categoria CAC da
Fasi del processo di certificazione
• Centro di Conservazione per la Premoltiplicazione (CCP)
• Centro di Premoltiplicazione – prima fase (CP1)
• Centro di Premoltiplicazione – seconda fase (CP2)
• Centro di Moltiplicazione (vivaio)
Centro di Premoltiplicazione – prima fase (CP1), particolare di vestibolo con doppia porta
Schema di certificazione adottato in Italia Pianta
Centro di conservazione per la premoltiplicazione (CCP) Screen-house
Materiale prebase
Centro di premoltiplicazione prima fase (CP1) Screen-house
Centro di premoltiplicazione seconda fase (CP2) Campo aperto
Materiale base 1
Materiale base 2
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Vivaio Campo aperto
Piante certificate
coltivazione una fascia con un bordo di almeno 5 m. Le piante sono sottoposte a controlli visivi sia per gli aspetti fitopatologici sia di corrispondenza varietale. In caso di presenza di materiale sintomatico, o di dubbi sulla corrispondenza fenotipica, vengono effettuati saggi di laboratorio. Diffusione della certificazione In Emilia-Romagna e in Veneto, regioni nelle quali è concentrata l’attività vivaistica nazionale delle piante di fragola e dei fruttiferi, le superfici dei vivai di fragola hanno subito una contrazione (–13%), attestandosi nel 2009 sui 299 ha, di cui il 71% certificabile (211 ha). Anche la produzione nazionale di piante sia certificate (122,5 milioni) sia di categoria CAC (Conformità Agricola Comunitaria; 40 milioni) è in linea con la diminuzione delle superfici. L’interesse del mondo vivaistico e produttivo verso nuove tipologie di piante (piante fresche cime radicate e a radice nuda, tray, mini tray 355 e piante da apice di stolone) ha fatto sì che, anche per queste, venisse attivata la certificazione (nel 2008 hanno rappresentato il 24% sul totale delle piante certificate). Queste produzioni sono concentrate principalmente presso due grandi aziende vivaistiche localizzate nel Ferrarese Negli ultimi anni, quasi la totalità delle superfici vivaistiche italiane è risultata certificata.
Centro di Premoltiplicazione – seconda fase (CP2) nel Ferrarese Foto P. Lucchi
Certificazione in Europa e negli USA Dei 27 Paesi che attualmente costituiscono l’Unione Europea, solo 18 hanno un proprio schema di Certificazione che riguarda la fragola. Negli USA, Paese da cui ogni anno si esportano in Europa elevati quantitativi di piante, sia di categoria base sia Centro di Premoltiplicazione – seconda fase (CP2) del CIV di Ferrara
Superfici vivaistiche certificate e CAC in Italia dal 2004 al 2009 400 350 300
29%
Ettari
250 58%
200 150
67%
71%
66%
71%
29%
34%
29%
2007
2008
2009
71%
100 50
42%
33%
0
Vivaio per la produzione di piante di fragola certificabili nel Ferrarese
2004 certificate
168
2005 CAC
2006
certificazione delle piante Produzioni di piante certificate in Emilia-Romagna e in Veneto dal 1995 al 2008 140
Totale
Milioni di piante
120
Veneto
Foto R. Angelini
Emilia-Romagna
100 80 60 40 25 0
1995
1997
1999
2001
2003
2005
2007
certificato, la certificazione segue uno schema di moltiplicazione molto simile a quello adottato in diversi Paesi europei. A seconda dei Paesi produttori, il materiale ottenuto nei Centri di conservazione e premoltiplicazione (CCP) viene identificato con denominazioni diverse; nella maggioranza dei Paesi, le piante sono allevate in screen-house, a esclusione di Polonia, Ungheria e USA dove la produzione di materiale prebase può avvenire anche in pieno campo, purché in condizioni di isolamento. La premoltiplicazione, così come avviene in Italia, distinta in CP1 e CP2, si effettua solo in Francia, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, mentre negli altri Paesi è previsto un solo livello di premoltiplicazione.
Azienda vivaistica nel Ferrarese
Foto P. Lucchi
Superfici vivaistiche certificate e risultate non idonee dal 2000 al 2008 250
1%
Ettari
200 150 100
4% 28% 72%
1% 22%
96%
78%
50 0
17%
100% 2000
non idoneo
2001
2002
2003
99%
100%
2005
2006
100%
99%
2007
2008
83%
2004
Tray plant certificabili in contenitore
certificato
169
coltivazione Nella maggioranza dei casi, la produzione di piante di base avviene in pieno campo, a eccezione di Bulgaria, Olanda e Slovacchia dove, come in Italia, la prima fase di premoltiplicazione avviene in condizioni di isolamento sotto tunnel-screen. Anche per i vivai certificabili si evidenziano differenze sia nella denominazione adottata per l’individuazione del materiale prodotto, sia nelle distanze richieste per la produzione del materiale certificato. Per quanto riguarda i controlli sanitari, in tutti i Paesi si effettuano controlli visivi nelle diverse fasi del processo certificativo, così come avviene in Italia, mentre i saggi di laboratorio, in Francia e Polonia, vengono eseguiti solo se ritenuti necessari. Anche le percentuali di piante da sottoporre a controllo sono diverse.
Cartellino-certificato di colore azzurro che contraddistingue le piante di categoria “certificato”
Confronto tra sistemi di certificazione delle piante adottati in ambito UE e USA Conservazione CCP Paese
Sigla Condizioni di materiale conservaz.
Premoltip. CP1
Dist. da Fragaria
CP1 Prem. CP1/ Sigla 1 fase1
Premoltip. CP2 Distanze CP2 Sigla CP1
Vivaio
CP2/ Dist. Distanze CP2 Vivaio Sigla fase2 VIV
IT
Prebase
screen
-
base
si
screen
100 m
base
campo
BG
-
screen
-
-
si
screen
-
-
-
CZ
SE1
screen
-
E1
si
campo
2-200 m
E2
campo
ES
F1
screen
-
M2/F2
-
300 m
F2
FR
M1/F1
screen
-
-
campo
-
M2 /F2
500M (250 da VE)
certificato 250 m -
-
2-200 m
C
2m
campo
1000 m
VF o VT
100 m
campo
300 m
CA
-
plant certifle 50 m F3 / M3
HU
KTU
screen
-
-
-
-
-
UTU
-
in ambiente non contaminato da virus
LV
Prebasic
screen
-
-
-
-
-
basic
campo
500 m
certified
no
NL
SEE
screen
-
SE
si
screen
-
EE
campo
500 m (250 m VE)
E
-
PL
SE
campo in isolamento
200 m
E1
si
campo
200 m
200 m
O
50 m
RO
-
screen *
-
-
-
screen
-
-
campo
50-300 m
no
SK
-
screen *
-
-
si
screen
-
-
campo
200 m
-
UK
Superelite
screen
campo 3/50/ 400/1500
-
-
-
-
elite
campo
campo 3/400/500
A
3m400 m
1 miglio
“California certified strawberry plants”
500 piedi
USA “foundation screen e/o 1 miglio in California stock” campo isolato campo
-
si
* = se necessario
170
-
-
E2 (campo) campo
* registered campo stocks”
certificazione delle piante Foto P. Lucchi
Tipologie di piante certificate nel 2008 1% 7% 16% 76%
Frigoconservate Fresche cime radicate Fresche a radice nuda Tray-mini tray Produzione di piante madri di categoria prebase presso il Centro di Conservazione per la Premoltiplicazione (CCP) del CAV di Tebano (Faenza)
Per quanto concerne i controlli genetici, lo standard europeo è modulato secondo lo standard italiano che prevede controlli visivi nelle diverse fasi della filiera. A livello europeo si stanno muovendo i primi passi per la costituzione di un Working Group Certification, che ha come finalità quella di definire un protocollo univoco di Certificazione Europea. È senz’altro importante anche l’istituzione di un registro nazionale delle varietà certificate.
Cartellino-certificato di colore bianco che contraddistingue le piante di categoria “base”
Controlli sanitari adottati in alcuni Paesi per i diversi tipi di piante Fonte
Prebase
Base
Certificato
Saggi lab.
Controlli visivi
Saggi lab.
Controlli visivi
Saggi lab.
Controlli visivi
Saggi lab.
Controlli visivi
Italia
100%
X
100%
X
0,2-2%
X
*
X
Spagna
100%
X
*
X
*
X
*
0,5-1%
Regno Unito
100%
X
100%
X
*
X
*
0,5-1%
Olanda
100%
X
100%
X
*
X
*
X
Polonia
* (micro)
X
*
X
*
X
*
X
Francia
* (micro)
X
*
X
*
X
*
0,5-1%
USA - California
100%
X
100%
X
*
X
*
0,5%
* = se necessario
171
la fragola
coltivazione Tecnica colturale Pierluigi Lucchi
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti: la foto alla pagina 13 (Sandro Botticelli, La Primavera - Firenze, Galleria degli Uffizi) è di © 2010 Foto Scala, Firenze - su concessione Ministero Beni e Attività Culturali. Le foto alle pagine 47, 60 (Ekaterina Starshaya), 66, 337 sono dell’agenzia Dreamstime.com. Le foto alle pagine 17 (ronen©), 45 (Massimiliano Pieraccini), 62 (Denis and Yulia Pogostins), 63 (©Kelly Cline 2006), 64 in alto a sinistra, 64 in basso, 65, 497 in alto a destra, 500 in alto a sinistra sono dell’agenzia iStockphoto.com.
coltivazione Tecnica colturale Introduzione La tecnica colturale della fragola ha subito una costante evoluzione negli ultimi venti anni. Il sistema più diffuso è la tradizionale coltura annuale con un solo ciclo di fruttificazione nella primavera successiva all’impianto estivo. In alcune zone italiane, si sono affiancate altre tecniche di coltivazione più innovative come le colture autunnali del Veronese che, sempre con ciclo annuale, realizzano la doppia fruttificazione, una nel periodo autunnale che segue la piantagione e sfrutta le gemme differenziate nei vivai, l’altra nella primavera successiva. Negli ambienti più freschi di montagna sono diffuse le colture programmate finalizzate a destagionalizzare la produzione di fragole nel periodo estivo, generalmente molto più remunerativo di quello tradizionale primaverile. Negli ambienti meridionali, l’utilizzo ormai diffuso delle piante fresche, poste a dimora a inizio autunno e coltivate sotto protezione (tunnel), consente una precoce e prolungata produzione, da due mesi circa dalla piantagione fino al mese di giugno.
Coltivazione della fragola in pieno campo
• La tecnica colturale più diffusa per la
coltivazione in campo della fragola è quella annuale, che prevede un solo ciclo di fruttificazione nella primavera successiva all’impianto estivo
• Nel Veronese si attua anche una coltura autunnale, sempre con ciclo annuale, che prevede una doppia fruttificazione: una nel periodo autunnale che segue la piantagione e un’altra nella primavera successiva
• Negli ambienti più freschi di montagna sono diffuse le colture programmate finalizzate a una produzione più tardiva, cioè nel periodo estivo
Terreno La fragola è una specie che può essere coltivata in diversi tipi di terreno, anche se predilige quelli di medio impasto e si adatta bene anche nei suoli argillosi, purché dotati di un buon drenaggio. In genere sono da preferire terreni tendenzialmente acidi o subacidi con un pH compreso tra 5,5 e 7. In presenza di un pH più elevato, da parte della pianta si ha un difficile assorbimento del ferro, che si può manifestare con i tipici sintomi di ingiallimento più o meno marcato delle foglie (clorosi).
• Negli ambienti meridionali, l’utilizzo dei mezzi di protezione (tunnel) consente un calendario di produzione molto ampio, da due mesi circa dalla piantagione fino al mese di giugno Fragoleto di pieno campo nel Cesenate con pacciamatura di paglia nelle interfile per mantenere puliti i frutti da residui terrosi
172
tecnica colturale Preparazione del terreno Questa specie esige una preparazione del terreno molto accurata, per evitare ristagni idrici che favoriscono il marciume delle radici e altre malattie fungine, nonché il marciume dei frutti in primavera. È bene perciò procedere al livellamento del terreno e alla sistemazione della rete di scolo, specialmente se il terreno è di natura più argillosa, in modo da agevolare il deflusso delle acque in eccesso. Dopo l’aratura, da effettuare principalmente in quei terreni che non hanno mai ospitato la fragola, o dopo la vangatura nei casi di ristoppio della coltura, si effettua una seconda e più superficiale lavorazione a una profondità di 20-25 cm, con la quale si interrano la sostanza organica (possibilmente letame) e i concimi organici utili allo sviluppo della pianta. Si deve operare in modo da affinare il più possibile il terreno (utilizzando erpici o frangizolle), allo scopo di eliminare le erbe infestanti e di migliorare la struttura fisica del terreno per facilitarne l’adesione alle radici della pianta. Nei terreni più sabbiosi, può essere opportuno procedere a una rullatura.
Rotazione
• Per impiantare un fragoleto è
opportuno scegliere un terreno che non abbia ospitato la coltura della fragola negli ultimi anni. Se ciò non è possibile occorre procedere alla fumigazione prima dell’impianto
Rotazione Per la fragola esiste la necessità di ricorrere ad ampie rotazioni per evitare problemi di stentato sviluppo, stati di stress o di “collasso” delle piante. Il quadro sintomatologico, facilmente osservabile, solitamente viene riferito al probabile incremento della massa d’inoculo dei parassiti ipogei che si determina quando la coltura ritorna sullo stesso terreno dopo brevi intervalli di tempo. La presenza di varie specie di Rhizoctonia, Fusarium, Pythium,
Differenti tipologie di fumigazione del terreno prima dell’impianto Affinamento del terreno con erpice rotante prima della formazione delle prode e della stesura del film di pacciamatura
173
coltivazione Phytophthora e Verticillium è stata ripetutamente osservata su piante collassate, anche se i parassiti menzionati non sono risultati costantemente presenti in tutti i casi di deperimento progressivo delle piante. Spesso lo sviluppo stentato delle piante coltivate, evidenziato in seguito alla monosuccessione, va attribuito a un fenomeno più complesso e definito stanchezza del terreno, causato da fattori di natura nutrizionale, parassitaria e metabolica, i quali con ogni probabilità agiscono congiuntamente e in modo non sempre proporzionale nell’indurre le piante in condizioni di sofferenza. La rotazione generalmente migliora la struttura del suolo, ne mantiene la fertilità chimica e riduce la presenza dei patogeni nel terreno. È importante anche un’accurata scelta delle colture in precessione: è sconsigliabile la coltivazione della fragola in successione con una solanacea (patata, pomodoro ecc.) per i problemi fitosanitari che questa può trasmettere (Verticillium, Rhizoctonia ecc.) mentre sono da raccomandare colture come pisello e fagiolino, miglioratrici sia della struttura sia della fertilità del terreno. Un’adeguata rotazione dovrebbe prevedere il ritorno della fragola dopo due o tre anni, ma non meno, di altre colture. Un esempio di possibile avvicendamento colturale potrebbe essere rappresentato da bietola-ortive-frumento e fragola oppure piante ortive-leguminose da granella o da sovescio e fragola. Interessante risulta la realizzazione di colture intercalari da sovesciare per apportare sostanza organica e migliorare l’attività microbiologica nel terreno. La scelta in questo caso deve ricadere su essenze che producono molta massa verde, per esempio veccia e orzo. Altre essenze consigliate nella rotazione, con azione principalmente rivolta al risanamento dei terreni affetti da fenomeni di
Foto R. Angelini
Fragoleto a fila singola con pacciamatura di paglia in Val Martello (BZ)
Coltura di crucifere ad azione biocida da sovesciare prima dell’impianto del fragoleto
174
tecnica colturale stanchezza, sono quelle appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae, in grado, in seguito all’interramento della loro biomassa, di rilasciare nel terreno molecole volatili ad azione biocida. Sono chiamate biocide per la loro capacità di liberare, in seguito a trinciatura, composti di degradazione dei glucosinolati (isotiocianati, nitrili o tiocianati), caratterizzati da un’elevata capacità biologica nei confronti di batteri, funghi, nematodi, insetti terricoli ed erbe infestanti.
Foto R. Angelini
Solarizzazione La solarizzazione dei terreni è una pratica ormai molto diffusa nelle coltivazioni degli ambienti meridionali dove le alte temperature e il forte irraggiamento solare nei mesi estivi consentono elevate somme termiche in grado di garantire un buon effetto disinfestante. L’effetto solarizzante si ottiene attraverso lo sfruttamento dell’energia solare in grado di sottoporre i terreni a una sorta di blanda pastorizzazione (40-50 °C) e può essere proficuamente aumentato con apporti consistenti di sostanza organica che consentono alle piante di superare gli stress dovuti alla stanchezza del terreno e migliorano le caratteristiche fisico-chimiche del suolo. Per ottenere una buona azione solarizzante è necessaria una copertura del terreno con film plastici in polietilene (PE) verde o trasparente, per un periodo minimo di 4-8 settimane. Occorre ricordare come questo tipo di trattamento presenti alcuni limiti, legati particolarmente alla necessità di mantenere il suolo libero da colture per circa 2 mesi, durante il periodo più caldo dell’anno, e allo spettro di azione non sempre sufficiente a garantire un’ottimale efficacia contro i diversi patogeni tellurici.
Solarizzazione del terreno con film plastico trasparente sotto serra
Fragoleto nell’area di Verona due mesi dopo la piantagione
175
coltivazione Impianto e pacciamatura L’impianto della fragola è tradizionalmente effettuato su prode ben baulate, con un’altezza al colmo variabile da 10 a 30 cm a seconda della tessitura del terreno. La piantagione su prode assicura alle piante un maggior franco di coltivazione, mantiene la pianta in un microclima più asciutto, evitando pericolosi ristagni idrici, e limita il pericolo di infezioni di natura fungina sui frutti. Le prode devono avere una lunghezza non superiore a 100 m, specialmente se si fa ricorso a sistemi di irrigazione con manichetta semplice e se si intende effettuare la protezione della coltura. Questo limite è necessario per non avere problemi di uniformità nella distribuzione dell’acqua e per evitare difficoltà di gestione del tunnel nelle fasi di apertura/chiusura indispensabili per arieggiare le piante. Le prode vengono realizzate con l’ausilio di uno speciale assolcatore che permette di regolarne sia l’altezza sia la larghezza e, nello stesso tempo, sono posti in opera la manichetta per l’irrigazione e il film pacciamante. In quasi tutte le aree i fragoleti sono costituiti con due file per prode, a eccezione degli ambienti di montagna (per esempio nel Cuneese) dove è dominante la fila singola. Anche nella pianura cesenate si fa ricorso, in alcuni casi, alla fila singola (file laterali del tunnel), per rendere più agevole la raccolta dei frutti e favorire un maggiore arieggiamento delle piante. In caso di fila singola la densità di piantagione diminuisce leggermente (–10%) rispetto alla fila binata, ma aumenta la produttività per pianta. Fragoleti a file triple o quadruple sono stati realizzati soprattutto in alcuni ambienti dell’Italia meridionale al fine di anticipare di qualche giorno l’inizio della maturazione dei frutti in quanto la prode più ampia permette l’ottimizzazione della temperatura del suolo.
Formazione della prode e stesura del film plastico di pacciamatura e della manichetta per l’irrigazione seguita dalla piantagione delle piante frigoconservate nel Cesenate
Impianto di un fragoleto con pacciamatura totale del terreno nell’area veronese Film plastico verde di pacciamatura della prode nel Sud Italia
176
tecnica colturale Questa tecnica mantiene un certo interesse solo per le varietà che presentano piante di medio-scarso sviluppo vegetativo: va comunque adottata l’attenta gestione delle fertirrigazioni al fine di evitare un’eccessiva fittezza di vegetazione, spesso causa di allegagione irregolare dei frutti e della diffusione di marciumi. La pacciamatura delle prode è tradizionalmente effettuata con un film plastico di polietilene scuro, con fori posti a una distanza di 30-40 cm fra le due file e di 20-40 cm sulla fila, in funzione del tipo e della vigoria della pianta, nonché del tipo di coltura. I vantaggi offerti dall’utilizzo di questa pratica colturale riguardano soprattutto il contenimento delle erbe infestanti e la pulizia dei frutti che, a contatto diretto con il terreno, tenderebbero a imbrattarsi. In alcune aree (Veronese, Piana del Sele) si ricorre alla pacciamatura totale del terreno, per avere un efficace controllo delle erbe infestanti e minori variazioni del regime idrico e termico del suolo in virtù delle più ridotte perdite per irradiazione. Negli ambienti di montagna non sono rari gli esempi di film di pacciamatura sempre di polietilene ma di colore bianco (verso l’esterno). I vantaggi sono dati dal ritardo della maturazione dei frutti rispetto a quando si usa il film plastico completamente nero (aspetto di grande interesse per gli ambienti che finalizzano la loro produzione verso i periodi più tardivi) e dal contenimento dei danni da scottature solari sui frutti. Ancora limitato, dopo il forte interesse iniziale, è risultato l’impiego di film plastici fotoselettivi che, con spessori estremamente ridotti (20-40 micron), funzionano come dei veri e propri filtri. In base ai loro diversi colori (marrone, verde, rosso, giallo), tali film filtrano opportunamente la radiazione solare consentendo il passaggio di luce e di calore in profondità e garantiscono un microclima ottimale a livello di tutto l’apparato radicale e della parte aerea della pianta.
Teli biodegradabili
• Il principale problema dato dai film
plastici utilizzati per la pacciamatura del terreno è il loro smaltimento, visto che il materiale di fabbricazione è il polietilene. Per ovviare a questa problematica, da vari anni sono stati posti in commercio film la cui composizione prevede l’impiego di sostanze biodegradabili come per esempio amidi ricavati da diverse colture (mais, altri cereali). Tali film, una volta interrati, si biodegradano nel suolo, risolvendo così sia lo smaltimento sia il lavoro di rimozione dal campo. La durata di questi teli di copertura è di 2-9 mesi, in rapporto soprattutto al tipo e allo spessore, e il loro impiego è molto diffuso in orticoltura mentre su fragola sono in fase di sperimentazione teli in grado di poter resistere per tutto il ciclo colturale (da 12 a 14 mesi)
Foto R. Angelini
Prode pacciamata con film plastico nero
Stesura meccanica del film plastico nero di pacciamatura della prode nel Cunese
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coltivazione Epoca di trapianto Il periodo di piantagione è molto variabile a seconda delle zone, delle varietà e del tipo di tecnica colturale che si adotta. L’individuazione dell’epoca migliore risulta di fondamentale importanza per la buona riuscita di un fragoleto. A titolo orientativo, per le varietà unifere, negli ambienti di montagna del Nord, la piantagione inizia generalmente ai primi di giugno alle quote più alte e prosegue per tutto il mese via via che ci si abbassa di quota. Negli ambienti settentrionali di pianura la piantagione ha inizio verso metà luglio con piante frigoconservate, e prosegue fino ad agosto nel caso siano utilizzate piante fresche cime radicate. Nei fragoleti veronesi predisposti per la produzione autunnale, la piantagione va dall’ultima decade di agosto fino alla prima decade di settembre. Negli ambienti meridionali gli interventi di piantagione iniziano a metà agosto quando si fa ricorso a piante frigoconservate, per arrivare alla prima decade di ottobre con le piante fresche cime radicate e a radice nuda. Le varietà rifiorenti, utilizzate principalmente per ottenere più flussi di produzione nei periodi fuori stagione estivo-autunnali, vengono messe a dimora generalmente in primavera (aprile-maggio).
Trapianto delle piante fresche a radice nuda nella Piana del Sele
Protezione della coltura La coltura protetta interessa attualmente il 60% circa della superficie investita a fragola in Italia e ha un costante trend positivo. L’incidenza della protezione varia in base all’areale di coltivazione. Negli ultimi anni, si sta registrando in alcuni ambienti settentrionali, come il Cesenate e il Cuneese, una tendenza a intensificare la protezione dei fragoleti dalla pioggia a partire dalla fioritura, senza influenzare quindi l’epoca di maturazione come invece avviene per le protezioni tradizionali messe in opera molto più anticipatamente (gennaio).
Trapianto di piante frigoconservate con l’ausilio della forchetta
Particolare del trapianto Due differenti tipologie di film plastici di copertura delle strutture protettive nell’area della Piana del Sele
178
tecnica colturale A seconda dell’obiettivo dell’intervento protettivo si evidenzia un’importante evoluzione dei film plastici impiegati. Per incrementare la precocità di maturazione dei frutti si è passati dal tradizionale film di polietilene (0,2-0,15 mm di spessore) al polietilene additivato, o all’EVA, che consente un maggior effetto serra. Il tradizionale film di polietilene, più economico dei film additivati, è ancora molto impiegato nelle protezioni non finalizzate ad anticipare la maturazione dei frutti. L’evoluzione della tipologia delle strutture protettive ha interessato quasi tutti gli areali di coltivazione. Nella zona di Marsala, sono diffusi tunnel singoli larghi 4 m, alti al colmo 2 m e lunghi 25 m, in grado di coprire 4 file binate. In genere questi sistemi protettivi sono sprovvisti di sistemi di apertura laterale e il film plastico è direttamente ancorato al suolo per limitare i danni causati dal vento. Presentano aperture inadeguate (fessurazioni del film) che spesso forniscono un insufficiente arieggiamento delle piante con conseguenti gravi danni per la presenza di frutti deformati, dovuti a scarsa impollinazione e allo stress delle piante per le alte temperature interne. Per ovviare a questi problemi i fragolicoltori si stanno orientando verso tunnel multipli che permettono un notevole miglioramento dell’effetto serra per il maggiore volume interno e migliorano l’arieggiamento delle piante grazie all’innalzamento del film plastico nei punti di congiungimento degli archi e all’agevole apertura delle testate dei tunnel. Verso queste tipologie si stanno orientando anche i fragolicoltori di Huelva (Spagna) i quali sostituiscono i tradizionali tunnellini che proteggono una sola bina. Negli ambienti meridionali, gli impianti realizzati con piante fresche vengono protetti con un doppio film plastico di copertura, soprattutto in quelle zone, come il Metapontino, in cui sono piuttosto frequenti abbassamenti termici o ritorni di freddo nei mesi
Tradizionale protezione della coltura della fragola negli ambienti siciliani. Si noti il particolare tipo di tunnel privo di aperture laterali
Tunnel cesenate con aperture laterali regolabili manualmente
Trattamento antiparassitario in coltura di pieno campo con barra irroratrice nel Cesenate
179
coltivazione di gennaio e febbraio, quando la pianta può essere nella fase di inizio fruttificazione. Nel Cesenate, la coltura protetta tradizionale interessa circa il 30% della superficie ed è realizzata con un caratteristico tipo di tunnel singolo (denominato cesenate), provvisto di spondine laterali apribili per consentire un adeguato arieggiamento delle piante sistemate su 4 bine. La copertura è posta in opera nel mese di gennaio e, in genere, consente un anticipo della maturazione di 25-30 giorni rispetto a quella della coltura in pieno campo. Attualmente vi è la tendenza a impiegare tunnel multipli, analoghi a quelli utilizzati in altre aree settentrionali (Veronese) e meridionali, posti in opera al momento dell’impianto ma coperti durante il periodo di fioritura al fine di proteggere la fruttificazione da prolungate e dannose piogge primaverili che causano l’insorgenza di marciumi sui frutti. Questo tipo di tunnel è privo di spondine laterali e di chiusura delle testate in modo da consentire il più ampio arieggiamento delle piante. L’effetto serra è limitato, anche per l’utilizzo di un film plastico di polietilene, e l’anticipo di maturazione, rispetto a quella in pieno campo, è quasi trascurabile (3-4 giorni). Nel Cesenate, unica zona italiana dove la coltura di pieno campo ha un ruolo ancora dominante, da diversi anni si è diffuso l’utilizzo dei film di tessuto non tessuto (TNT) per coprire prevalentemente i fragoleti costituiti con varietà a maturazione mediotardiva. In genere, la posa in opera del TNT sulle piante avviene a fine febbraio, dopo la pulizia del fogliame, e viene rimosso solo all’inizio della fioritura, avendo cura di ripristinarlo nelle giornate in cui si possono verificare brinate primaverili notturne e mattutine. Questo tipo di protezione consente un anticipo della maturazione dei frutti di circa una settimana rispetto al pieno campo. È opportuno non prolungare la copertura delle piante oltre l’inizio della
Foto R. Angelini
La muffa grigia è una delle malattie più temibili per la fragola
Tunnel di tipo cesenate con le aperture laterali aperte al massimo per favorire l’abbassamento dei valori di temperatura interna
180
tecnica colturale fioritura in quanto si rischia di precludere una perfetta allegagione e l’innalzamento delle temperature diurne può portare a un eccessivo sviluppo delle piante. Nel Veronese, la coltura protetta interessa la quasi totalità delle superfici coltivate a fragola. La tipologia tradizionale è rappresentata da un tunnel multiplo con aperture laterali fra un arco e l’altro. Il film di copertura è posto in opera alla fine di settembre allo scopo di proteggere le piante durante la raccolta autunnale dei frutti e non viene più rimosso. In inverno i tunnel vengono aperti per consentire alle piante di soddisfare il proprio fabbisogno in freddo invernale. La chiusura del tunnel si esegue nuovamente verso la fine di gennaio e in qualche caso, per accentuare l’anticipo di maturazione, le piante vengono coperte anche con film di TNT (tessuto non tessuto). La possibilità di protezione continua della coltura consente alle piante di avere temperature, anche nei mesi invernali, più miti rispetto all’esterno. È questo il motivo per cui in queste aree sono coltivate anche varietà adatte a climi più meridionali (per esempio Nora). Nel Cuneese, affiancato ai tipi di protezione usati per la tradizionale coltura protetta finalizzata all’anticipo della maturazione e che interessa in modo marginale alcune zone di pianura, si è sempre più diffuso il sistema di protezione delle colture finalizzate a produzioni tardive (metà-fine giugno, in relazione all’altitudine). Si tratta di strutture molto semplici realizzate con archi leggeri, su cui è posto un film di copertura di polietilene, senza spondine laterali, in grado di proteggere 4-5 file singole. La copertura è adottata anche per le coltivazioni di varietà rifiorenti finalizzate a produzioni di fragole nel periodo estivo-autunnale. Per ridurre la temperatura all’interno dei tunnel si utilizzano le reti ombreggianti (al 20-25%) appoggiate al film plastico.
Fragoleto parzialmente coperto con tessuto non tessuto (TNT). Una parte è scoperta per le operazioni di pulizia delle piante per eliminare il vecchio fogliame alla ripresa vegetativa, dopo la pausa invernale
Impianto a fila singola sotto tunnel coperto con film plastico e rete ombreggiante nel Cuneese
181
coltivazione Colture autunnali La coltura autunnale è tipica del Veronese, dove interessa quasi tutta la superficie investita a fragola, ma si sta diffondendo anche in altre aree, come il Cesenate e gli ambienti meridionali. Questa tecnica colturale consente un doppio flusso produttivo, il primo nel periodo autunnale, circa 45-50 giorni dopo la piantagione, e il secondo nella primavera successiva, contemporaneamente alla coltura protetta tradizionale. La tecnica si basa sull’impiego di piante ingrossate, caratterizzate da germogli con numerose gemme a fiore differenziate l’anno precedente in vivaio, in grado di fornire fiori e frutti nel periodo immediatamente successivo alla piantagione. La lunga frigoconservazione a cui sono sottoposte queste piante (circa 8 mesi) determina una notevole perdita di sostanze di riserva con conseguente diminuzione della loro potenzialità produttiva. È stato dimostrato che alcuni tipi di piante ingrossate (A+ e TP) conservano le loro sostanze di riserva per più lunghi periodi di tempo rispetto alle WB; queste ultime risultano pertanto più idonee a piantagioni più precoci. L’ingrossamento della pianta in vivaio è una fase particolarmente importante che richiede apposite tecniche e costi elevati. Recenti studi con genotipi rifiorenti hanno evidenziato livelli produttivi autunnali piuttosto interessanti facendo ricorso a piante di tipo A (non ingrossate) o a piante fresche cime radicate.
Produzione di fragole in autunno nel Veronese
Interventi ordinari dopo la piantagione Asportazione dei fiori e degli stoloni Nel periodo estivo, in particolare nei fragoleti tradizionali costituiti con piante frigoconservate e destinati alla sola produzione prima-
Fragoleto del Cesenate durante il periodo autunnale
182
tecnica colturale verile, è necessario asportare i fiori che le piante emettono dopo la piantagione. Questo intervento si esegue al fine di evitare che uno sviluppo stentato delle piante comprometta la produzione primaverile. L’asportazione delle infiorescenze avviene manualmente e in più passaggi. Anche la destolonizzazione delle piante, effettuata nel periodo estivo-autunnale, ha come scopo quello di evitare l’indebolimento della pianta, favorendo l’aumento della produzione, con frutti di maggiore pezzatura. L’asportazione degli stoloni si dovrebbe eseguire quando questi raggiungono una lunghezza di 20-30 cm e, generalmente, richiede uno o due interventi. Questa operazione viene compiuta manualmente, con l’ausilio di forbici o coltelli, o meccanicamente attraverso l’utilizzo di decespugliatori opportunamente modificati e in grado di eliminare la gran parte degli stoloni senza arrecare danni alle piante, riducendo notevolmente i tempi di lavoro.
Foto Az. V. Momtalti)
Pulizia del fragoleto a fine inverno Prima della ripresa vegetativa primaverile, negli impianti costituiti nelle aree del Centro e Nord Italia, si procede alla pulizia del fragoleto, che consiste nell’eliminazione delle foglie deperite o secche e degli stoloni residui, rinnovando in questo modo la pianta. Il rinnovo dell’apparato fogliare a fine inverno è finalizzato anche alla riduzione degli attacchi da parte di malattie fungine e batteriche, di acari (in quanto si eliminano le forme ibernanti) nonché a un maggiore arieggiamento della pianta.
Asportazione autunnale degli stoloni con l’ausilio di un decespugliatore nel Cesenate
Asportazione del fogliame di un fragoleto alla ripresa vegetativa primaverile con l’ausilio di un tosaerba opportunamente modificato
Lavorazione del terreno nell’interfila con motocoltivatore per l’eliminazione delle erbe infestanti
183
coltivazione
Raccolta nella Piana del Sele con l’ausilio di piccoli portacestini che agevolano le operazioni
L’operazione di pulizia viene compiuta manualmente o meccanicamente, attraverso l’utilizzo di tosaerba opportunamente modificati, in grado di eliminare la parte vecchia del fogliame senza intaccare il germoglio centrale della pianta. Risulta di fondamentale importanza allontanare il materiale vegetale asportato, non accumularlo vicino ai fragoleti e, possibilmente, bruciarlo in modo da garantire la distruzione dei patogeni e degli insetti in esso contenuti.
Bicicletta per agevolare la raccolta delle fragole nel Cesenate
Raccolta È decisamente la fase più delicata e impegnativa di tutto il ciclo colturale della fragola e pertanto richiede particolari cure che la rendono molto onerosa. I frutti devono essere raccolti quando hanno raggiunto la colorazione rossa sulla totalità della superficie, ma spesso l’operazione
Raccolta delle fragole in Val Martello (BZ)
Raccolta delle fragole in coltura fuori suolo nel Veronese, con l’ausilio di carrelli che ne agevolano le operazioni
184
tecnica colturale viene anticipata di qualche giorno quando il prodotto deve raggiungere i mercati più distanti. I frutti sovramaturi e/o quelli che si presentano deformati a causa di un’anomala allegagione devono essere commercializzati a parte, pena il deprezzamento dell’intera partita. Lo stacco del frutto, che avviene manualmente per il consumo fresco mentre può essere meccanizzato per il prodotto destinato all’industria, deve essere eseguito in modo da conservare il calice e un breve tratto di peduncolo. La raccolta è resa più agevole grazie all’impiego di piccoli carrelli, di varie forme, costruiti artigianalmente e adattati in base alle esigenze della singola azienda. Curioso è l’utilizzo negli ambienti romagnoli, in fase di raccolta e per le altre operazioni colturali, delle “biciclette”. Si tratta sostanzialmente di carrioli a 3 ruote che vengono posti a cavallo della bina lungo la quale l’operatore, seduto su un sedile, è in grado di spostarsi con l’uso delle gambe che poggiano a terra. Nella bicicletta vengono sistemati su una bilancia la confezione con i cestini e il contenitore per i frutti di scarto. I frutti sono collocati direttamente in cestini di polietilene trasparente, che possono essere di varie dimensioni (da 125, 250, 500 g), scelti in funzione delle esigenze di mercato e disposti nei contenitori (anch’essi di forma e di materiale diversi). Nell’attesa del conferimento ai magazzini di raccolta, i frutti non devono rimanere esposti al sole ma tenuti all’ombra e, dove possibile, essere conservati in celle frigorifere alla temperatura di 3-5 °C.
Raccolta
• In Italia la raccolta delle fragole
interessa ormai l’intera annata. Si inizia nel mese di dicembre nelle colture protette della Sicilia, seguite dalle produzioni protette di Campania e Basilicata. Verso la metà di aprile, ha inizio la raccolta in coltura protetta in Veneto, Emilia-Romagna e Marche, seguita a distanza di circa 15 giorni da quella delle produzioni in campo aperto. A metà giugno hanno inizio le produzioni di montagna del Piemonte, e più tardi quelle del Trentino. In autunno entrano in produzione le colture del Veronese
Raccolta in pieno campo nel Cesenate con l’ausilio di apposite attrezzature denominate “biciclette”
185
la fragola
coltivazione Concimazione Massimo Tagliavini, Carlo Andreotti
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti: la foto alla pagina 13 (Sandro Botticelli, La Primavera - Firenze, Galleria degli Uffizi) è di © 2010 Foto Scala, Firenze - su concessione Ministero Beni e Attività Culturali. Le foto alle pagine 47, 60 (Ekaterina Starshaya), 66, 337 sono dell’agenzia Dreamstime.com. Le foto alle pagine 17 (ronen©), 45 (Massimiliano Pieraccini), 62 (Denis and Yulia Pogostins), 63 (©Kelly Cline 2006), 64 in alto a sinistra, 64 in basso, 65, 497 in alto a destra, 500 in alto a sinistra sono dell’agenzia iStockphoto.com.
coltivazione Concimazione Introduzione Gli apporti di macro- e microelementi al substrato di coltura, che realizziamo mediante le diverse tecniche di concimazione e l’impiego di diversi prodotti (sia di sintesi sia naturali), consentono il raggiungimento di obiettivi colturali, individuabili nel mantenimento del livello di fertilità del terreno, nella crescita equilibrata delle piante e nel raggiungimento di un soddisfacente esito produttivo e qualitativo della coltura. Una gestione razionale e attenta della concimazione rappresenta quindi, anche per la fragola, un aspetto fondamentale della sostenibilità ambientale ed economica della coltura. In questo contesto, appare dunque decisivo considerare in modo completo e integrato le conoscenze relative alle esigenze nutrizionali della coltura, alle dinamiche di assorbimento dei nutrienti nel corso della stagione nonché le tecnologie disponibili per la distribuzione dei fertilizzanti e il monitoraggio delle condizioni di fertilità del substrato.
Dinamica delle asportazioni
• La conoscenza della dinamica di
assorbimento degli elementi nutritivi da parte della pianta è fondamentale per: – sincronizzare la disponibilità di elementi nutritivi nel terreno con le esigenze delle piante – ottenere l’espressione della massima performance produttiva da parte delle piante – ottenere fragole con caratteristiche qualitative ottimali – ridurre gli input di fertilizzanti di sintesi al terreno
Esigenze nutrizionali e dinamiche di assorbimento Conoscere l’ammontare complessivo degli elementi nutritivi assorbiti dalla coltura nel corso del suo ciclo vegeto-riproduttivo rappresenta la base di partenza imprescindibile per la realizzazione di piani di fertilizzazione razionali. Per la fragola, come del resto anche per le altre colture, risulta inoltre assai importante comprendere le dinamiche di assorbimento degli elementi nutritivi più importanti. Solo raggiungendo un equilibrio tra domanda (di elementi nutritivi) e offerta (degli stessi elementi mediante le tecniche di concimazione) è possibile raggiungere l’obiettivo di produzioni soddisfacenti per quantità e qualità delle fragole, con un basso input di nutrienti. La fragola è una pianta perenne che, negli ambienti colturali italiani, è coltivata prevalentemente secondo un ciclo colturale an-
– ridurre i costi di coltivazione, aumentando la sostenibilità ambientale della coltura
Quantificazione delle asportazioni
• La quantità di elementi nutritivi
Distribuzione percentuale dei nutrienti presenti nei diversi organi della pianta
asportata dalle piante è influenzata da diversi fattori, tra i quali: – la varietà coltivata
N
P
K
Ca
Mg
– il livello produttivo raggiunto
Radici
15
14
4
25
17
– la tecnica colturale impiegata
Colletto
3
3
2
7
6
– la disponibilità degli elementi nutritivi nel terreno per effetto della concimazione o della naturale presenza nel suolo
Foglie
23
25
16
40
32
Piccioli
6
9
11
16
16
Fiori (+ stelo)
3
5
8
5
3
Frutti
50
44
59
7
26
Fonte: adattata da Lieten and Misotten, 1993
186
concimazione Biomassa totale, produzione di frutti e assorbimento totale di nutrienti per tonnellata di fragole prodotte da parte di varietà differenti di fragola coltivate in Italia e in Francia attraverso il ciclo colturale annuale Italia
Valori pedologici ottimali per la coltura della fragola
Francia
Idea
Marmolada
Elsanta
Biomassa t ss/ha
9
7,5
6,5
Frutti t/ha peso fresco
39,6
29,5
30,6
N kg/t di fragole
2,4
2,4
3,7
P kg/t di fragole
0,4
0,5
0,9
K kg/t di fragole
3,3
3,2
5,2
• Tessitura: media-moderatamente fine • Drenaggio: buono, non si verificano ristagni idrici
• Profondità utile: fino a 50 cm • pH: tra 5,5 e 7,0 • Calcare attivo: < 5% • Salinità: < 2 mS/cm
Fonte: adattata da Tagliavini et al., 2000 e da Raynal-Lacroix et al., 1999
nuale. Gli organi di maggiore accumulo di elementi nutritivi sono i frutti, le foglie e le radici. Nella normale pratica colturale della fragola, i residui vegetativi delle piante sono rimossi dal terreno dopo la raccolta dei frutti. In questo caso, dunque, le asportazioni totali derivanti dall’accumulo dei vari elementi nei diversi organi della pianta possono essere considerate come asportazioni nette, ai fini della reintegrazione dei nutrienti nel terreno mediante la fertilizzazione. L’ammontare totale delle asportazioni per i singoli elementi nutrizionali è inoltre fortemente influenzato da specifici fattori colturali, quali: la fertilità del terreno, la tecnica colturale, il genotipo impiegato.
Foto N. Opstad
Caratteristiche e dinamiche dei principali elementi nutritivi Azoto (N). La sua carenza si manifesta con la comparsa di colorazioni verde chiaro nelle foglie adulte e da una riduzione della crescita vegetativa e della produzione di stoloni. Gli effetti delle concimazioni azotate sui principali parametri vegeto-produttivi sono fortemente influenzati dalle dosi e dalle epoche di somministrazione. Per una coltura di fragola a ciclo annuale, con trapianto a luglio e maturazione dei frutti nella primavera-estate dell’anno successivo, l’assorbimento complessivo di N è quantificabile in circa 90 kg/ha (variabili con la varietà considerata e i livelli produttivi raggiunti). Tra il trapianto e il termine della stagione vegetativa nello stesso anno (periodo agosto-metà ottobre) la fragola assorbe circa 20 kg N/ha. Praticamente nulle sono le richieste di N da parte delle piante di fragola nel periodo di riposo vegetativo, mentre esse aumentano sensibilmente a partire dalla ripresa vegetativa. Nel periodo compreso tra aprile e giugno (fine maturazione), la fragola asporta i rimanenti 70 kg/ha circa, con un picco di fabbisogno individuabile a cavallo tra inizio fioritura e maturazione.
Sintomi di eccesso di azoto in foglie di fragola, con danni (lesioni necrotiche) da eccessiva concentrazione del fertilizzante
187
coltivazione Asportazioni di azoto durante le diverse fasi colturali 35 30 25 20 15 10 5 0
Concimazione azotata
• Una disponibilità insufficiente di N per
la pianta (concentrazione fogliare < 2%) provoca: – riduzione dell’accrescimento vegetativo – limitata emissione di stoloni – c omparsa di sintomatologia fogliare (clorosi, ingiallimenti, necrosi)
Trapianto-fine stagione veg.
Riposo veg.
Fine riposo Inizio fiorituraInizio vegetativo-inizio inizio maturazionefioritura maturazione fine maturazione
N (kg/ha)
• Un apporto eccessivo di N può invece determinare:
Studi condotti sulla composizione minerale dei vari organi della pianta di fragola hanno consentito di evidenziare il ruolo della rimobilizzazione delle riserve interne di N nel soddisfacimento della richiesta di questo elemento da parte degli organi in accrescimento. Una parte maggioritaria (quantificabile in circa il 40%) dell’N impiegato nelle prime fasi della ripresa vegetativa primaverile proviene infatti dalle riserve stoccate durante l’autunno precedente nel colletto e nelle radici della pianta di fragola. La costituzione di queste riserve appare chiaramente dipendente dalla disponibilità di N a livello radicale; a tale proposito, ricerche condotte in Francia consentono di indicare moderate fertilizzazioni azotate come particolarmente utili, soprattutto quando realizzate nella prima parte dell’autunno, in presenza di condizioni ambientali (di temperatura del terreno e di ore di luce) ancora favorevoli all’attività radicale. Occorre infine considerare attentamente gli effetti, diretti e indi-
– c rescita vegetativa abbondante con piante troppo vigorose – d ensità fogliare elevata con aumento delle problematiche dovute agli attacchi di Botrytis – r itardo di alcuni giorni nella piena maturazione dei frutti – c onsistenza ridotta della polpa delle fragole (riduzione della durata del periodo post-raccolta e della shelf life)
Foto N. Opstad
Effetti di apporti differenziati di azoto autunnali o primaverili Concimazione
Concentrazione % N
Ca
RSR (°Brix)
Consistenza polpa (g)
Autunnale (kg/ha) N=0
0,58
0,99
6,4
312
N=55
0,86
1,01
6,5
308
Significatività
ns
ns
ns
ns
Primaverile (kg/ha)
Foglie di fragola clorotiche per effetto di insufficiente disponibilità azotata
N=0
0.78b
1.06a
6.4b
302a
N=55
0.90a
0.97b
6.8a
287b
N=110
0.89a
0.97b
6.8a
289b
Fonte: Faedi et al., 2005
188
concimazione Asportazioni di fosforo durante le diverse fasi colturali Foto G. Baruzzi
7 6 5 4 3 2 1 0
Trapianto-fine stagione veg.
Riposo veg.
Fine riposo Inizio fiorituraInizio vegetativo-inizio inizio maturazionefioritura maturazione fine maturazione
P (kg/ha)
retti, delle concimazioni azotate sulla qualità finale della fragola. Apporti eccessivi di N in primavera possono infatti determinare un decadimento qualitativo dei frutti. In particolare, un aumento eccessivo della concentrazione di questo elemento nel frutto di fragola è accompagnato da una corrispondente riduzione della presenza di calcio, con conseguente minore consistenza della polpa e tempi di shelf life ridotti.
Frutti affetti da albinismo (scarsa e disforme colorazione)
Fosforo (P). I sintomi della carenza di P sono riconducibili a una crescita limitata della pianta e a una colorazione verde scuro delle foglie (abbinata a volte a malformazioni e presenza di punti necrotici nel lembo fogliare). In cultivar di fragola particolarmente sensibili, la carenza di P può determinare il fenomeno dell’albinismo dei frutti. Anche il P è assorbito in maniera prevalente a partire dalla fase di fioritura e durante il successivo sviluppo dei frutti, seppure i quantitativi siano decisamente inferiori rispetto agli altri macronutrienti (tra i 15 e i 20 kg di P per ettaro di fragoleto in pieno campo a seconda del livello di produzione). In terreni naturalmente ben dotati di P, il fabbisogno della fragola per questo elemento risulta in genere già soddisfatto dalla naturale fertilità del suolo; in tali situazioni, apporti ulteriori di fertilizzanti fosfatici non hanno effetti marcati.
Ruolo del potassio
• Il potassio (assorbito come K ) svolge +
un ruolo particolarmente importante per la qualità finale delle fragole. Influisce infatti sull’accumulo di amido e zuccheri nei frutti durante il processo di maturazione e quindi sulla loro dolcezza. La disponibilità di K+ è critica soprattutto in primavera, in corrispondenza dello sviluppo delle nuove foglie e dei frutti. Nella soluzione del terreno, il K+ si sposta per diffusione e, in condizioni di terreni secchi o di elevate concentrazioni di altri cationi (Ca2+, Mg2+, Na+), la capacità di assorbimento da parte della fragola puó essere insufficiente, determinando l’insorgenza dei sintomi di carenza
Potassio (K). È un elemento presente sotto forma cationica (K+) che gioca un ruolo importante nella regolazione del potenziale osmotico delle cellule, nelle relazioni idriche della fragola e nel potenziale fotosintetico. La carenza di questo elemento si manifesta con clorosi (seguite nei casi più gravi da necrosi) dei margini delle foglie; a volte sono interessate anche le zone internervali più interne della foglia, in cui può manifestarsi la comparsa di colorazione rossastra. In casi di carenza, le dimensioni delle foglie sono ridotte e anche la capacità di accrescimento degli stoloni è debo189
coltivazione Asportazioni di potassio durante le diverse fasi colturali 50 40 30 20 10 0
Trapianto-fine stagione veg.
Riposo veg.
Fine riposo Inizio fiorituraInizio vegetativo-inizio inizio maturazionefioritura maturazione fine maturazione
K (kg/ha)
le. Questo elemento è ripartito soprattutto nei frutti, mentre i primi sintomi di carenza sono evidenziati a livello delle foglie mature. Il fabbisogno di K nella fase di maturazione dei frutti è elevato, con un picco di circa 3 g per pianta al giorno, equivalenti a circa 60 kg/ ha di K nel periodo tra inizio fioritura e inizio maturazione dei frutti. In tale fase le foglie diminuiscono il loro contenuto di K che viene traslocato verso i frutti. L’assorbimento complessivo di K per ettaro varia in funzione del livello di produzione (indicativamente si passa da 90 a 125 kg/ha). Apporti ulteriori di fertilizzanti potassici in terreni sufficientemente dotati di questo elemento non sempre comportano aumenti di assorbimento da parte della pianta, né effetti rilevanti sulla qualità finale delle fragole.
Sintomi da potassio-carenza in foglie di fragola
Magnesio-carenza
• La disponibilità di Mg per la pianta è ridotta quando:
– il livello di K nel terreno è eccessivo
Magnesio (Mg). Questo elemento svolge nella pianta molteplici funzioni. Essendo presente come atomo centrale nella molecola della clorofilla, la sua carenza determina clorosi internervali
– eccessivo impiego di fertilizzanti a base di N ammoniacale – pH del terreno inferiore a 7
Asportazioni di magnesio durante le diverse fasi colturali
– condizioni limitanti per la crescita delle radici (suoli freddi, troppo secchi o troppo umidi)
14 12 10 8 6 4 2 0
• Interventi correttivi: – apporti al terreno: calce magnesiaca (su terreni acidi per aumentarne il pH); solfato di magnesio o solfato di potassio magnesiaco – applicazioni fogliari: solfato di magnesio o magnesio in forma chelata
Trapianto-fine stagione veg.
Mg (kg/ha)
190
Riposo veg.
Fine riposo Inizio fiorituraInizio vegetativo-inizio inizio maturazionefioritura maturazione fine maturazione
concimazione Asportazioni di calcio durante le diverse fasi colturali Calcio e consistenza della polpa
50
• La concentrazione di calcio nei frutti
40
è correlata positivamente con la consistenza della polpa. Tale accumulo appare inoltre vincolato all’entità degli apporti azotati, soprattutto nella stagione primaverile. Dosi eccessive di N stimolano l’emissione di nuove foglie che, traspirando, richiamano quantità notevoli di Ca2+, rendendolo meno disponibile per i frutti. Lo spostamento dello ione Ca all’interno della pianta segue infatti la via xilematica attraverso il flusso traspiratorio
30 20 10 0
Trapianto-fine stagione veg.
Riposo veg.
Fine riposo Inizio fiorituraInizio vegetativo-inizio inizio maturazionefioritura maturazione fine maturazione
Ca (kg/ha)
che possono portare a ingiallimenti diffusi e filloptosi anticipata a carico delle foglie mature. A livello dei frutti un’elevata carenza di questo elemento può provocare colorazioni rosso-chiaro, tendenti all’albinismo. Le quantità totali di Mg asportate dalla coltura della fragola sono comprese tra 20 e 25 kg per anno e per ettaro. L’assorbimento è concentrato soprattutto nel periodo successivo alla ripresa vegetativa e fino allo sviluppo dei frutti mentre, in maniera analoga al Ca, la richiesta cala durante la fase finale di maturazione delle fragole. Calcio (Ca). Lo ione Ca2+ partecipa alla costituzione della parete cellulare e della lamella mediana che si forma nel processo di divisione cellulare. All’interno della pianta il Ca è trasportato unicamente per via xilematica in maniera passiva, seguendo il flusso traspiratorio. Stati di carenza per questo elemento sono
Piante di fragola con sintomi da Ca-carenza. Nelle due immagini (sopra e a sinistra) sono evidenti deformazioni e disseccamenti soprattutto a livello dei lembi e degli apici delle giovani foglie di fragola
191
coltivazione
Assorbimento elementi nutritivi (%)
Fattori in grado di indurre la clorosi ferrica
• Suoli a pH elevato (7,3-8,5) e calcarei • Eccesso di acqua nel suolo (in suoli calcarei compatti, poco drenati, con scarsa aerazione)
• Scarso tenore in sostanza organica nel terreno
• Interazione con altri nutrienti (rame, manganese, zinco, molibdeno) Foto W. Faedi
100
100
80
80
60
60
40
40
20
20
0
Accumulo sst. secca (%)
Incremento percentuale della biomassa prodotta (SS%) dal trapianto (fine luglio) alla maturazione dei frutti (inizio giugno)
0
Trapianto Fine sta- Riposo Inizio fiori- Inizio matuFine (fine gione veg. veg. tura (metà razione (me- maturazione luglio) (ottobre) (gennaio) aprile) tà maggio) (inizio giugno)
N
P
K
Mg
Ca
SS
* l’assorbimento di alcuni elementi nutritivi segue abbastanza fedelmente l’andamento di crescita della SS, mentre altri elementi (come in particolare Mg e Ca) evidenziano un assorbimento chiaramente piú intenso dell’accrescimento della pianta nelle fasi precedenti allo sviluppo e maturazione dei frutti
evidenziati a livello dei giovani organi in formazione (apici del germoglio, giovani foglie) dove compaiono sintomi di clorosi e necrosi. Il consumo annuale della coltura è stimabile tra gli 80 e i 90 kg/ha. Il Ca è assorbito soprattutto in corrispondenza della fioritura e dell’accrescimento del frutto, quando le asportazioni sono valutabili attorno ai 60-70 kg/ha. Apporti di Ca (per esempio mediante fertirrigazione) sono suggeriti in suoli scarsamente dotati di questo elemento. In genere, per evitare carenze di calcio occorre non eccedere nella fertilizzazione azotata, in quanto dosi eccessive di N si traducono in una maggiore crescita vegetativa e nell’emissione di nuove foglie che, traspirando, richiamano il Ca assorbito rendendolo meno disponibile per i frutti; in tali situazioni, i frutti hanno una polpa meno consistente e una shelf life ridotta.
Piante di fragola non concimate con primi sintomi di carenze e clorosi fogliare
Microelementi. Il boro (B) riveste un ruolo importante in diversi processi fisiologici delle piante quali il metabolismo glucidico, la risposta ormonale e la germinabilità del polline. L’insufficiente disponibilità di B determina una minore allegagione, un incremento nel numero di fiori abortiti e, conseguentemente, una riduzione nel numero di fragole per pianta e un’elevata presenza di malformazioni nei frutti. Il livello critico di carenza si manifesta, nella maggior parte delle cultivar di fragola, con concentrazioni fogliari inferiori a 20 ppm di B (sulla sostanza secca); i sintomi di carenza sono evidenti inizialmente sulle foglie, che presentano una tipica necrosi dell’apice del lembo. Mentre in condizioni di pieno cam-
Differente suscettibilità di due cultivar di fragola a condizioni clorosanti del terreno
192
concimazione po non sono stati condotti appositi studi, esperienze eseguite in coltura idroponica sulla cultivar Elsanta evidenziano che una fertirrigazione con 10-15 µmol di B/l è sufficiente per garantire livelli quali-quantitativi ottimali. Carenze di B sono spesso prevenute o curate grazie ad apporti fogliari, preferibili a quelli al suolo quando esiste il rischio di far innalzare la disponibilità dell’elemento nel terreno dalla soglia di carenza a quella di tossicità. Le carenze di ferro (Fe) sono frequentemente osservate negli impianti di fragola su suoli alcalini o calcarei. Talvolta esse sono anche indotte o accentuate da stati di scarsa aerazione o di basse temperature del suolo, o da irrigazioni con acque ricche in carbonati. In tali condizioni, le radici della fragola, al pari di molte altre specie Fe-inefficienti, hanno difficoltà ad assorbire il ferro, normalmente presente nel terreno nella sua forma ossidata (Fe3+). Le carenze di ferro si manifestano di norma in primavera, attraverso tipici fenomeni di clorosi internervale delle foglie apicali; se non viene curata, essa porta a un aumento dell’incidenza di aborti fiorali e di frutti malformati. La Fe-carenza viene spesso prevenuta o curata mediante applicazione di prodotti a base di Fe-chelato, applicati al suolo (per esempio come Fe-EDDHA e tramite molecole simili) o alle foglie (per esempio Fe-DTPA). Esistono tuttavia mezzi alternativi di cura o prevenzione della clorosi ferrica che prevedono la somministrazione al suolo di ammendanti organici
Foto R. Nestby
Sintomi da eccesso di zinco in piante di fragola coltivate fuori suolo
Fattori in grado di determinare l’insorgenza di clorosi ferrica in piante di fragola Fattori di induzione della clorosi ferrica
Meccanismo Fattori riconducibili al terreno
pH del suolo elevato Suoli calcarei
Scarsa disponibilità di Fe - impossibilità di Fe-riduzione Effetto tampone sul pH della rizosfera - contrasto dell’acidificazione promossa dalle radici Possibile effetto diretto del bicarbonato
Scarsa aerazione del suolo e compattazione
Scarso sviluppo e attività radicale
Bassa temperatura del terreno
Limitazione nell’assorbimento del Fe
Livello elevato dei fosfati
Riduzione
Irrigazione con acqua calcarea
Alcalinizzazione del terreno con incremento della concentrazione di bicarbonati a livello della rizosfera
Eccesso di N nitrico disponibile
Aumento del pH della rizosfera - accrescimento eccessivo con conseguente aumento della richiesta di nutrienti Fattori riconducibili alla pianta
Infezioni patogene
Riduzione nella disponibilità di carboidrati e nell’assorbimento di Fe - possibile sequestro di Fe da parte di microrganismi patogeni
Eccessiva carica produttiva nella stagione precedente (fragola in coltura poliannuale)
Insufficiente accumulo di scheletri di C di riserva - scarso sviluppo radicale primaverile e conseguente insufficiente assorbimento di Fe
193
coltivazione arricchiti con sali di ferro oppure misure atte ad abbassare il pH della rizosfera. In particolari suoli (per esempio calcarei o sabbiosi) o substrati, anche lo zinco (Zn) deve essere considerato tra i gli elementi minerali necessari alla fragola. In condizioni di Zn-carenza (concentrazione fogliare inferiore a 15 ppm) i parametri riproduttivi della fragola (allegagione e dimensione finale dei frutti) appaiono negativamente influenzati. Mentre in condizioni di pieno campo non sono stati condotti appositi studi, esperienze eseguite in coltura idroponica evidenziano che una fertirrigazione con 7,5-10 μmol di Zn/l è da considerarsi adeguata.
Foto R. Angelini
Tecniche di concimazione della fragola Per tradurre le informazioni sulle quantità di nutrienti asportati dalla fragola in piani di concimazione adatti alle diverse situazioni, è necessario conoscere le caratteristiche chimico-fisiche del terreno, la presenza di acqua e il sistema irriguo. Nei fragoleti gestiti attraverso la produzione integrata, con buona approssimazione, si può affermare che prevale la tendenza, a partire dalla ripresa vegetativa, a distribuire i nutrienti in più riprese e attraverso la fertirrigazione. Nei suoli maggiormente fertili e dotati di un discreto livello di sostanza organica e di colloidi di scambio, la naturale disponibilità di nutrienti, soprattutto azoto, che deriva dal loro rilascio nel suolo dovrebbe indurre i tecnici a consigliare una riduzione delle quantità di concime, la cui entità andrebbe commisurata alla fertilità del terreno. Al contrario, nei suoli scarsamente fertili (per esempio sabbiosi) la frequenza degli interventi di fertirrigazione dovrebbe essere elevata, e le dosi eventualmente aumentate per compensare le inevitabili perdite. In ogni caso, risulta importante gestire in modo corretto gli apporti idrici, per non lisciviare dal volume di suolo interessato dalle radici della fragola gli elementi minerali apportati, vanificando i vantaggi della fertirrigazione. La produzione organica di fragola fonda la propria pratica di concimazione sul miglioramento della fertilità del terreno: l’aumento della sostanza organica e il conseguente miglioramento della fertilità biologica del suolo ne costituiscono gli assi portanti. Qui, diversamente da quanto sopra descritto, si mira maggiormente a consentire che la dinamica dei nutrienti nel suolo permetta il rilascio di forme assimilabili per le radici della fragola. La concimazione di fondo, che precede la messa a dimora delle piantine, si presta in maniera particolare ad arricchire il suolo con elementi dotati di scarsa mobilità e ad aumentare il livello di sostanza organica dei terreni, sottoposti in alcune zone a un notevole sfruttamento nel corso dei successivi cicli colturali. La duplice azione positiva svolta dalla sostanza organica (SO) nel terreno (messa a disposizione di elementi nutritivi più o meno prontamente disponibili e miglioramento della struttura fisica del
Centralina per la fertirrigazione
Vantaggi della fertirrigazione
• Distribuzione degli elementi nel volume di suolo a elevata densità radicale e in presenza di acqua
• Migliore mobilità di elementi come P eK
• Migliore efficienza del fertilizzante (quindi minori quantità totali necessarie)
• Distribuzione in piccole dosi con
riduzione del rischio di lisciviazione (soprattutto per l’azoto)
• Apporti tempestivi e subito efficaci
194
concimazione terreno stesso) può essere preservata con apporti di concimi e ammendanti come il letame e il compost. Per un terreno a normale dotazione di S.O. (variabile dallo 0,8 al 2%, passando da terreni sabbiosi a terreni argillosi), gli apporti consigliati nella fase di preparazione del fragoleto sono di circa 10 t di sostanza secca/ha (corrispondenti a circa 40-50 t/ha di letame), che possono essere aumentati o diminuiti in funzione della natura del terreno e della sua dotazione di partenza in sostanza organica.
Foto G. Baruzzi
Fertirrigazione La fertirrigazione è una tecnica ampiamente impiegata in fragolicoltura, che consente di abbinare il rifornimento idrico alle piante con la somministrazione di elementi nutrivi in copertura. I vantaggi di questa tecnica sono numerosi e riassumibili nella possibilità di frazionare gli apporti in copertura (dopo il trapianto delle fragole) mantenendo la composizione della soluzione circolante nel terreno su livelli ottimali per i vari nutrienti, evitando l’instaurarsi di condizioni di carenza o di consumi di lusso (dannosi alla coltura) e perdite per lisciviazione di elementi mobili, come l’azoto, responsabili di inquinamento delle falde. Le caratteristiche principali della soluzione nutritiva per la fragola sono quelle di un pH su valori subacidi (5,0-6,5) e di una conducibilità elettrica (EC, mS/cm) variabile tra 1,0 e 1,6 mS/cm nel periodo post-trapianto (estivo-autunnale) e tra 1,8 e 2,0 mS/cm nel periodo fioritura-sviluppo e maturazione dei frutti. Per quanto riguarda la composizione della soluzione nutritiva, questa deve essere modellata in funzione delle caratteristiche di partenza del substrato di coltura, della tipologia della concimazione organica realizzata in pre-impianto, nonché sulle specifiche esigenze nutrizionali delle piante durante le varie fasi del ciclo colturale. Per quanto concerne i principali macronutrienti, la componente azotata rappresenta la
Impianto per la gestione di un impianto fertirriguo
Relazione tra pH e disponibilità di macro- e micronutrienti pH
4,0
5,0
6,0
7,0
Importanza del pH per la disponibilità di macroe microelementi
8,0
N, S, K, Ca, Mg
FeAI-P
P, B
• Al variare del pH nel suolo cambia la
solubilità dei macro- e microelementi, con conseguenze dirette sulla possibilità della pianta di soddisfare le proprie esigenze. Un pH del terreno all’interno dell’intervallo 5,5-7 è considerato valido per la coltura della fragola
Ca-P
Fe, Mn, Zn, Cu Mo Al3+
195
coltivazione Confronto tra concimazione tradizionale e fertirrigazione frazionata Contenuto di nutrienti nel terreno
Fertirrigazione e sostenibilità della coltura
• Il frazionamento degli apporti
dei nutrienti conseguibile con la fertirrigazione permette di mantenere la concentrazione degli stessi nella soluzione circolante del terreno in maniera ottimale, evitando consumi di lusso (dannosi per la pianta) e perdite per lisciviazione (con danni ambientali)
Consumi di lusso e lisciviazione (spreco e inquinamento) C Intervallo ottimale Rischio di carenze nutritive
F
Periodo di coltura F = fertirrigazione in continuo C = concimazione di fondo + (poche) concimazioni di copertura Fonte: Pardossi e Delli Paoli, 2003
frazione più importante della soluzione nutritiva con concentrazioni variabili tra 100 e 120 mg/l. La forma nitrica (N-NO3-) è di solito predominante rispetto a quella ammoniacale (N-NH4+). Il K, sotto forma di nitrato (KNO3) o solfato (K2SO4), dovrebbe essere presente in concentrazioni crescenti man mano che si avvicina la maturazione dei frutti, sino a livelli di 250 mg/l. Il P (come fosfato monopotassico o fosfato monoammonico) è presente nella soluzione nutritiva con concentrazioni stabili, attorno ai 45 mg/l. L’erogazione della soluzione nutritiva è eseguita sulla base delle esigenze idriche della coltura, nonché sulle condizioni meteorologiche presenti.
Foto G. Baruzzi
Caratteristiche dei sali minerali per la fertirrigazione
Disseccamento dei margini fogliari dovuti all’impiego di una soluzione fertirrigua con conducibilità elettrica (EC) troppo elevata
196
Formula
Titolo (%)
Peso formula
Solubilità a 20 °C (kg/100 l)
CaCl2
50 CaO – 64 Cl
111,1
–
FeEDDHA
6-7 Fe
932,0
–
KH2PO4
52P2O5 – 34 K2O
136,1
22
(NH4)H2PO4
12N – 62P2O5
115,0
27
NH4NO3
34N
80,0
192
5[Ca(NO3)2]
15,5N – 26 CaO
1080,5
122
Mg(NO3)2
11N – 17MgO
256,3
72
KNO3
13N – 47K2O
101,1
35
MgSO4
16,5 MgO – S13
246,3
71
K2SO4
50K2O – S18
174,3
12
CO(NH2)2
46 N
60,0
100
concimazione Concimazione fogliare La concimazione fogliare della fragola è uno strumento che può affiancare l’apporto dei fertilizzanti al suolo o sostituirsi a esso, come nel caso di alcuni microelementi. I vantaggi della concimazione fogliare risiedono nella rapidità della sua azione e nella maggiore efficienza dei fertilizzanti applicati che, se non vengono assorbiti direttamente dalle foglie, giungono poi sul terreno. La concimazione fogliare è vantaggiosa rispetto a quella al suolo nei seguenti casi: – quando la richiesta di nutrienti supera la capacità di assorbimento delle radici; – quando sussistono condizioni disagevoli per la crescita delle radici, dovute a pH, temperatura, umidità e aerazione del terreno sfavorevoli;
Condizioni di clorosi ferrica, come quelle riportate nell’immagine, possono essere affrontate e risolte rapidamente mediante interventi mirati di concimazione fogliare
Composti impiegati nella fertilizzazione fogliare e loro dosi di applicazione Elemento
Composto
Concentrazione dell’elemento nutritivo (%)
Dose (kg/ha)
Concentrazione della soluzione (g/l)
B
Ac. borico (H3BO3)
10
3-12
0,6-1,5
Poliborato (Na2B4O7)
20
3-6
0,6-1
CaCl2 .2H2O
27
2-5
2-3,5
Ca(NO3)2.4H2O
15,5
4-8
5-6
FeSO4
37
0,75-2
0,5-1,5
FeDTPA /EDTA
4-6
3-5
3
MgSO4.7H2O
9,6
7,5-15
5-12
MgCl2. 6H2O
25
1,5-4,5
1-3
Mg(NO3)2
16
4,5-9
3-6
Mn
MnSO4H2O
32,5
1-3
0,5-2
N
Urea[CO(NH2)2]
46,6
2,5-15
2-40
NH4NO3
26-27
4
2-4
KNO3
13
7,5
5
Ca(NO3)2.4H2O
13
7,5
5
NH4PO4
26,6
0,5-1
0,5
KH2PO4
22,7
1-1,5
0,6
KH2PO4
29
10
8-10
KNO3
38,7
7,5
5-8
ZnSO4
58
0,3-2
1-2
ZnCl2
50
0,4-2,4
1-2
ZnEDTA
2,5
0,6-1
0,6-0,8
Ca
Fe
Mg
P
K
Zn
197
coltivazione – per prevenire o curare specifiche carenze dei singoli organi dovute a problematiche di distribuzione dei singoli elementi all’interno della pianta, come per esempio accade per il Ca che è traslocato soprattutto con il flusso traspiratorio verso le foglie, determinando l’insorgenza di disordini da Ca-carenza a livello dei frutti. Un caso particolare è rappresentato dalla concimazione fogliare a base di urea. Studi eseguiti sulla fragola hanno dimostrato che l’urea può essere impiegata nella concimazione fogliare, per incrementare in tempi rapidi il contenuto di N nella fragola, specie nelle fasi di maggiore richiesta di questo elemento.
Quantità di elementi nutritivi assorbiti dalla fragola in funzione della disponibilità dell’elemento nel suolo Quantità assorbita (g pianta-1) N
P
K
Controllo non concimato
1,22
0,3
2,15
Fertilizzazione (N-P-K)
1,86
0,28
2,28
Significatività
*
n.s.
n.s.
Valutazione dello stato nutrizionale della fragola Fondamentale, per una razionale applicazione dei trattamenti fogliari, è la disponibilità di informazioni sempre più precise sui livelli ottimali degli elementi nelle foglie in funzione delle specifiche condizioni colturali (cultivar, tecnica colturale ecc.) e ambientali (andamento climatico stagionale). A titolo di esempio, si riportano nella tabella sottostante gli standard di riferimento per i principali elementi valutati nelle foglie di fragola all’inizio della fioritura.
Fonte: adattata da Tagliavini et al., 2005 * La disponibilità di N nel terreno a seguito della fertilizzazione ne determina il maggiore assorbimento. Cosí non accade per P e K
Concimazione della fragola in coltura biologica La gestione della fertilizzazione, nella coltura biologica della fragola, rappresenta certamente uno degli aspetti più complessi e articolati della tecnica colturale. Per le piante la disponibilità di Foto R. Angelini
Valori indicativi delle concentrazioni dei diversi elementi nella foglia di fragola * Elemento
Unità
Deficienza
Intervallo ottimale
Eccesso
Azoto
%
<2
2-3
>3
Fosforo
%
<0,20
0,25-0,35
>0,40
Potassio
%
<1
1-2
>2,5
Zolfo
%
<0,10
0,15-0,35
-
Calcio
%
<0,5
0,5-1,5
>1,7
Magnesio
%
<0,25
0,25-0,40
>0,5
Sodio
%
-
0,02-0,1
>0,5
Ferro
ppm
<30
100-200
-
Manganese
ppm
<20
100-300
-
Zinco
ppm
<15
20-80
>100
Rame
ppm
<5
5-20
>20
Boro
ppm
<20
20-100
>150
Fonte: rielaborazione di dati analitici riportati in letteratura * Metodo: foglie completamente espanse, mature ma non troppo vecchie. Campionamento a inizio maturazione frutti. Intervalli di concentrazione come da indicazioni da fonti bibliografiche differenti
Contenitori per i concimi liquidi impiegati in fertirrigazione
198
concimazione N appare critica nelle prime fasi di sviluppo post-trapianto ed è fondamentale per l’esito qualitativo e quantitativo della produzione. A differenza dei concimi azotati di sintesi impiegati con il metodo convenzionale, l’N contenuto nei fertilizzanti organici si rende disponibile alla pianta secondo processi prevedibili con minore precisione, il che può esporre la coltura a periodi di carenza o generare perdite dell’elemento per lisciviazione. Il processo di mineralizzazione, che rende disponibile alla pianta l’N presente in forma organica, è fortemente condizionato da fattori ambientali pedologici, quali la temperatura, la disponibilità idrica, la componente argillosa e il pH. Applicazioni pre-impianto dei concimi organici troppo anticipate o tardive rispetto alla messa a dimora delle piante possono tradursi in discrasie più o meno pericolose. La concimazione pre-impianto della fragola (particolarmente importante per la produzione biologica) può basarsi anche su un precedente sovescio di leguminose (veccia, favino) e graminacee, seminate e poi sfalciate, naturalmente essiccate e interrate nel mese di maggio. Laddove disponibile, la concimazione di fondo trae beneficio dalla somministrazione del letame maturo. La diffusione e il successo delle colture biologiche hanno inoltre reso disponibili sul mercato varie tipologie di compost che possono essere impiegate con successo, a patto che ne sia conosciuto il tenore in elementi nutritivi e il comportamento una volta integrate con il substrato di coltura. Sono inoltre disponibili concimi organici liquidi, ammessi dai disciplinari di produzione biologica. A questi concimi, a base di aminoacidi, acidi umici, farina di sangue ecc., con percentuali variabili di N, si può ricorrere nelle concimazioni autunnali e primaverili della fragola somministrandoli attraverso il sistema di microirrigazione (manichette) sotto pacciamatura plastica, sebbene possano generare problemi di occlusione dei gocciolatori o dei vari filtri meccanici presenti nel sistema di fertirrigazione.
Concimazione in coltura biologica
• La problematica principale connessa
all’impiego di fertilizzanti organici è quella di prevedere con sufficiente accuratezza il tempo necessario per il processo di mineralizzazione della sostanza organica e quindi l’epoca della reale disponibilità degli elementi nutritivi, in particolare dell’N, per la pianta
• I principali fattori in grado di incidere
sul processo di mineralizzazione della sostanza organica sono: – temperatura del terreno – disponibilità idrica – componente argillosa del terreno – pH del terreno
Piante di fragola concimate, con ottimo aspetto e colorazione delle foglie
199
la fragola
coltivazione Irrigazione Paolo Mannini
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coltivazione Irrigazione Introduzione Una perfetta gestione delle irrigazioni e una corretta scelta del sistema irriguo assicurano ottimi risultati in tutti gli ambienti di coltivazione europei, e particolarmente in quelli mediterranei nei quali l’irrigazione diventa una pratica colturale assolutamente indispensabile per il fragoleto. Per contro, irrigazioni mal eseguite o eccessive possono determinare un peggioramento del titolo zuccherino e modificazioni dell’acidità, molto negativi per il sapore del frutto. Una cattiva gestione dell’acqua può anche causare stati d’asfissia radicale o marciumi del colletto delle piante, con rilevante perdita di produttività della coltura.
Irrigazione della fragola
• L’irrigazione della fragola è
indispensabile in tutti gli ambienti di coltivazione italiani per garantire il raggiungimento di rese e qualità dei frutti adeguate. Anche negli ambienti più piovosi nessuna coltura di fragola viene effettuata senza il ricorso ad alcuni interventi irrigui
Coltura sensibile allo stress idrico, ma di modesti fabbisogni idrici La fragola è una coltura particolarmente sensibile anche a brevi periodi di stress da carenza idrica durante tutto il ciclo colturale. La sensibilità è principalmente data dalla limitata profondità e dalla scarsa efficienza dell’apparato radicale che ne limitano fortemente la capacità d’estrazione dell’acqua dal suolo, ma deriva anche dalla tecnica colturale poiché la fragola viene trapiantata
Nella provincia sud-occidentale dello Yunnan, in Cina, l’acqua viene ancora portata con secchi “a bilancia” e versata con cura lungo le file delle fragole
Foto R. Angelini
200
irrigazione durante il periodo estivo e sono perciò necessarie irrigazioni al momento della messa a dimora per evitare la crisi di trapianto e la riduzione del numero di piante, con la conseguente decurtazione della produzione. – La pianta è caratterizzata da radici poco espanse ed efficienti: nelle fasi di massimo sviluppo colonizzano solo un piccolo volume di terreno, compreso tra i 25 cm di diametro e i 20-25 cm di profondità. In tale contesto la quantità d’acqua facilmente utilizzabile per la coltura, pari alla metà di quella disponibile a terreno saturo, è di appena 10 mm nei terreni sabbiosi e giunge alla modesta quantità di 24 mm in quelli di medio impasto-argillosi. Questo ridotto volume d’acqua a disposizione nel suolo porta a repentini stress idrici la coltura, rendendo necessarie irrigazioni frequenti e di piccolo volume. – La modesta profondità delle radici condiziona fortemente la possibilità di rifornimento idrico dalla falda ipodermica. Gli apporti idrici per risalita da falda possono avvenire sui terreni di medio impasto solo se essa raggiunge profondità non superiori al metro. In tal caso le necessità irrigue risulteranno molto ridotte. – La pacciamatura con film plastico annulla quasi del tutto l’efficienza delle piogge nelle colture in pien’aria. Le piogge di piccolo-medio volume (5-20 mm) non riescono a umettare il terreno a contatto con le radici, rendendo necessari maggiori volumi irrigui che dovranno essere erogati con sistemi microirrigui posti sotto pacciamatura. Pur molto sensibile alla carenza idrica, la coltura è però, per molti motivi, caratterizzata da un basso fabbisogno irriguo: – Il ciclo colturale dell’anno produttivo è collocato in primavera, con riserve idriche nel suolo ancora elevate e bassa domanda evapotraspirativa dell’ambiente. – Il periodo intercorrente tra la ripresa vegetativa e la fine delle raccolte è breve e anticipato, quindi con consumi idrici ridotti. – Il consumo idrico è modesto per la bassa superficie fogliare traspirante che, infatti, durante il periodo primaverile di massi-
Pianta di fragola con apparato radicale poco sviluppato se paragonato ad altri fruttiferi
Valori indicativi della quantità d’acqua (millimetri o litri/m²) contenuta in quattro tipi di terreno alla profondità di 25 cm Terreno
Acqua alla capacità di campo (% in volume)
Acqua al punto di appassimento (% in volume)
Acqua disponibile (% in volume)
Acqua disponibile (mm)
Acqua facilmente utilizzabile (mm)
Sabbioso
15
7
8
20
10
Franco sabbioso
21
9
12
30
15
Medio impasto
31
14
17
42
21
Franco argilloso
36
17
19
48
24
201
coltivazione ma espansione, arriva a un LAI, indice di area fogliare, modesto e pari a 1,2-1,4 (1,2-1,4 m2 di area fogliare per ogni m2 di terreno). L’area fogliare traspirante è quindi abbastanza equilibrata rispetto all’apparato radicale. – La coltura è solitamente trapiantata su un film plastico nero, specialmente per evitare il contatto delle fragole col terreno. La pacciamatura riduce considerevolmente la perdita d’acqua per evaporazione dal suolo, riducendo le necessità irrigue del fragoleto del 20-25%. – Nei tunnel-serra, l’elevata umidità e l’assenza di ricambio dell’aria riducono la domanda evapotraspirativa della coltura rispetto a quella che essa avrebbe in pieno campo. Portando come esempio le necessità idriche primaverili di un tunnel-serra nel territorio di Cesena e coperto in gennaio con terreno alla capacità di campo, il volume di irrigazione normalmente necessario risulta di circa 1000 m3/ha, suddivisi in 25-30 interventi irrigui eseguiti a goccia sotto pacciamatura. Tale volume permette di conseguire le migliori produzioni e le più soddisfacenti pezzature dei frutti minimizzando le perdite idriche in profondità e i problemi fitosanitari delle piante. Tecnica irrigua per la riduzione degli stress Sulla fragola ogni stress da carenza idrica determina conseguenze negative per il raggiungimento dei migliori risultati produttivi; sulla coltura non sono praticabili tecniche di stress idrico controllato o di sussidio idrico limitato, pena la riduzione delle rese. Un’adeguata tecnica irrigua è necessaria già durante il momento del trapianto e nella fase di attecchimento. La prima irrigazione va effettuata 3-4 giorni prima del trapianto per inumidire il terreno distribuendo 5-10 mm d’acqua (50-100 m3/ha). La seconda irrigazione va eseguita il prima possibile dopo il trapianto
La pacciamatura evita il contatto dei frutti con il terreno e riduce le perdite d’acqua per evaporazione
Tunnel di fragola: al centro è presente un evaporimetro Classe A per la stima della domanda evapotraspirativa in serra
202
irrigazione per favorire un perfetto attecchimento, ripetendo gli interventi a giorni alterni per circa due settimane. Nel caso del trapianto di piante fresche vegetanti, l’intervento irriguo dovrà essere effettuato sovrachioma per almeno una settimana allo scopo di climatizzare la coltura evitando il disseccamento fogliare e potrà essere effettuato per aspersione a bassa intensità o mediante microirrigazione con spruzzatori o microjet. In questa fase la sensibilità allo stress idrico, dovuta al fatto che le radici assorbenti sono rade, non abbastanza lunghe e perciò non ancora in grado di compenetrare il terreno circostante, può portare alla cosiddetta crisi di trapianto. Passati i primi trenta giorni dal trapianto e giunti oltre la metà del mese di agosto, l’irrigazione al Nord sarà necessaria solo nelle annate meno piovose, mentre nelle regioni meridionali continuerà sino alle prime piogge o fino al decadimento dell’apparato fogliare. Con una programmazione irrigua secondo lo schema indicato, il terreno viene mantenuto sempre fresco con ridotti apporti idrici, perché la traspirazione delle piante è limitata dal ridotto sviluppo fogliare e l’evaporazione ostacolata dalla pacciamatura. Giunti alla primavera dell’anno successivo, nella coltura protetta è necessario eseguire una prima irrigazione alla ripresa vegetativa, se il terreno non appare sufficientemente umido per mancanza di piogge o per copertura anticipata del tunnel-serra con terreno asciutto. In pratica, negli ambienti romagnoli si eseguono alcune irrigazioni con dosi di 2-3 l/m2 da marzo alla prima raccolta di fine aprile, per poi proseguire con volumi bisettimanali di 5-6 l/m2 sino al termine della produzione. Volumi superiori di 1-1,5 l/m2 possono essere previsti negli ambienti meridionali con clima caldo arido. Nella coltura di pieno campo la ripresa vegetativa e la prima irrigazione sono ritardate e, se la pluviometria primaverile è stata sufficiente, la prima irrigazione può essere necessaria in piena fioritura. In Romagna, ove la raccolta della coltura di pieno campo comincia dalla metà di maggio, si inizierà a irrigare a fine aprile con dosi di 6-8 l/m2 (60-80 m3/ha). Un anticipo di 20-25 giorni è da prevedere per le colture di fragola poste negli ambienti meridionali. Nelle fasi primaverili il ruolo dell’irrigazione, meglio se associata alla fertilizzazione (fertirrigazione), è fondamentale per ottenere un’elevata superficie fogliare fotosintetizzante, in grado di alimentare adeguatamente i frutti. Nelle colture soggette a irrigazioni limitate o con turno troppo lungo l’area fogliare può risultare inferiore anche del 50% rispetto a quella di colture ben gestite. Durante il periodo di raccolta, le irrigazioni dovranno essere molto ravvicinate ma di volume non eccessivo. Irrigazioni insufficienti limitano il peso medio dei frutti, con perdita produttiva e commerciale, e causano un invecchiamento precoce dell’apparato fogliare con inevitabile raccorciamento del periodo pro-
Stress idrico e riduzione delle rese
• Alcune ricerche hanno evidenziato
l’importanza di evitare ogni stress idrico, anche lieve, nella prima fase di sviluppo dopo l’attecchimento, perché tale fisiopatia, provocando un limitato accumulo di amido nelle radici e una riduzione nel numero di gemme a frutto, può portare nell’anno successivo, cioè quello di produzione, a una riduzione delle rese anche superiore al 25%, causata da scarsa vigoria della vegetazione e da un ridotto numero di fragole per pianta
Foto R. Angelini
203
coltivazione duttivo. Irrigazioni eccessive possono invece provocare malattie fungine, con perdita di numerose piante, nonché ridurre il tenore zuccherino e la serbevolezza dei frutti. Tensiometro
Valutazione del fabbisogno idrico Nonostante la buona esperienza di molti fragolicoltori, le irrigazioni decise sulla base di semplici osservazioni visive della coltura e del terreno portano spesso a uno spreco d’acqua e a danni alle colture per la modesta efficacia di queste valutazioni empiriche. Frequentemente, anche come conseguenza di un basso costo dell’acqua, sono stati verificati casi nei quali i volumi irrigui erogati alla coltura sono risultati tripli rispetto a quelli corretti. Il modo più efficace per apportare la giusta quantità d’acqua in ogni momento del ciclo colturale è, invece, quello di irrigare conoscendo le reali esigenze della fragola, conseguenti all’andamento climatico e in relazione al tipo di terreno. Una precisa valutazione dei volumi d’irrigazione e dell’esatto momento d’intervento irriguo rende l’uso dell’acqua molto efficiente e corretto, minimizzando i volumi necessari per il raggiungimento di elevate produzioni di buona qualità estetica e organolettica. Sulla fragola la ricerca irrigua ha individuato nel calcolo del bilancio idrico della coltura e nell’uso del tensiometro due metodi efficienti per una buona valutazione del fabbisogno d’acqua delle colture, e quindi per l’individuazione del momento di intervento irriguo.
• È un’attrezzatura che misura la
tensione con la quale l’acqua è legata alle particelle del terreno (potenziale idrico) e quindi lo sforzo che la pianta deve attuare per assorbire acqua dal suolo. Man mano che un terreno perde acqua per effetto dell’evapotraspirazione il potenziale idrico aumenta, sino ad arrivare a uno sforzo troppo elevato per il completo soddisfacimento idrico della pianta. La misurazione della tensione dell’acqua nel terreno è quindi molto utile per decidere quando intervenire con l’irrigazione. Gli elementi che lo costituiscono sono una coppa porosa, un contenitore cilindrico chiuso, riempito di acqua, e un vacuometro (misuratore di depressione) la cui scala di lettura è espressa in centesimi di bar negativi. La coppa porosa deve essere posta a una profondità di 25-30 cm, zona interessata dagli apparati radicali; il contatto con il terreno porta l’acqua contenuta nello strumento in equilibrio con quella contenuta nel terreno misurandone la tensione. Durante la fase di asciugatura del terreno per il consumo della coltura, si determina un richiamo dell’acqua contenuta nel tensiometro attraverso la coppa porosa. Ciò provoca una depressione che viene misurata dal vacuometro; minore è l’umidità del
Bilancio idrico Quando l’umidità del terreno, per effetto del consumo evapotraspirativo, raggiunge livelli insoddisfacenti per la coltura, la pianta inizierà ad attuare dei meccanismi di riduzione delle perdite d’acqua chiudendo gli stomi e, perciò, limitando la fotosintesi, con conseguente riduzione della produttività della coltura. Il metodo del bilancio idrico prevede di mantenere l’umidità del terreno a valori ideali per evitare stress idrici. Dopo aver individuato il valore di umidità ideale, occorre misurare o stimare tutte le perdite e gli apporti d’acqua che interessano la coltura, per intervenire con le irrigazioni quando l’umidità scende a valori non appropriati. Il pilotaggio delle irrigazioni tramite il bilancio idrico della pianta è basato sul continuo conteggio del quantitativo d’acqua presente nello strato di terreno interessato dalla coltura. Il calcolo valuta e misura tutti gli ingressi e tutte le perdite d’acqua nel sistema suolo-pianta-atmosfera. In larga misura il volume irriguo necessario per mantenere la coltura in buone condizioni di umidità può essere individuato dalla differenza tra perdite e ingressi d’acqua nel sistema colturale, essendo le perdite quasi sempre maggiori degli ingressi.
segue
Volume irriguo per mantenere la coltura in buone condizioni di umidità Perdite Ingressi
Irrigazione
204
irrigazione Percentuale di acqua presente in diversi tipi di terreno alla Capacità Idrica di Campo (CIC) e al Punto di Appassimento (PA)
continua terreno e maggiore sarà la depressione misurata, pari cioè allo sforzo compiuto dalle radici per assorbire acqua. In caso di pioggia o d’irrigazione, la depressione all’interno del tensiometro sarà in grado di far riassorbire l’acqua presente nel suolo; ciò sarà indicato dal vacuometro, che registrerà un proporzionale calo di tensione. Alcune ricerche hanno dimostrato che la migliore resa può essere ottenuta irrigando ogni volta che lo strumento misura un potenziale di circa 25 cbar, mentre a valori di 70 cbar la resa in frutti viene dimezzata. Il tensiometro può inoltre essere impiegato per l’automazione delle irrigazioni; esistono infatti modelli dotati di indicatore lanciaimpulsi per l’accensione degli impianti irrigui a valori di potenziale regolabili
% acqua in volume
50 40 30 20 10 0
Sabbioso
Franco sabbioso
Punto appassimento
Franco
Franco argilloso Granulometria terreno Acqua disponibile
Franco limoso
Argilloso
Il bilancio idrico è di tipo capacitivo, cioè il terreno viene considerato il serbatoio nel quale può essere accumulata l’acqua di pioggia e di irrigazione. Ogni suolo permette un diverso accumulo d’acqua, cioè ha un diverso valore di acqua disponibile in base alla sua granulometria e alla profondità dell’apparato radicale della pianta. Volumi di pioggia o d’irrigazione superiori alla capacità del serbatoio-terreno sono praticamente persi dal sistema, con spreco della risorsa idrica.
Principali ingressi e perdite d’acqua di una coltura di fragola per il computo del bilancio idrico
• Perdite:
Principali ingressi e perdite d’acqua di una coltura di fragola per il computo del bilancio idrico
– (T) Traspirazione dalle foglie – (E) Evaporazione dalla superficie del terreno
Pioggia
– (R) Ruscellamento superficiale (acqua di pioggia non infiltrata)
Traspirazione
– (Pp) Percolazione profonda (acqua infiltrata al di sotto dello strato radicale utile)
Irrigazione Evaporazione
• Ingressi:
Ruscellamento
– (P) Pioggia – (Rf) Risalita capillare dalla falda ipodermica
Acqua nel suolo Risalita falda
– (Au) Acqua contenuta nel terreno utilizzata
Percolazione
205
coltivazione Valori indicativi della quantità d’acqua disponibile (mm o litri/m2) contenuta in quattro tipi di terreno alla profondità di 25 cm, e volume irriguo ottimale a goccia per portare l’umidità dal 60 all’80% dell’acqua disponibile
Foto P. Bacchiocchi
Terreno
Acqua disponibile in volume (%)
Acqua disponibile in 25 cm di profondità (mm)
Volume irriguo ottimale a goccia (mm o litri/m²)
Sabbioso
8
20
4
Franco sabbioso
12
30
6
Medio impasto
17
42
8.4
Franco argilloso
19
48
9.6
Sulla fragola irrigata a goccia, per esempio, si può intervenire quando, per effetto dei consumi per evapotraspirazione, si raggiunge un’umidità corrispondente al 60% del valore di acqua disponibile. Il volume d’irrigazione ideale potrà essere scelto considerando di portare l’umidità del terreno a un valore pari all’80% dell’acqua disponibile. La strategia irrigua adottata evita, quindi, di saturare il terreno sino al 100% dell’acqua disponibile per evitare negativi ristagni e malattie del colletto. Il volume irriguo ottimale sarà di circa 4 mm (4 litri/m2) per i terreni sabbiosi sino a un massimo di 9,6 per quelli a grana più fine. Il bilancio idrico computato al fine di decidere l’irrigazione porterà quindi a un diagramma dell’umidità del terreno come descritto nel grafico sottostante.
Foto P. Bacchiocchi
Bilancio idrico per l’irrigazione a goccia
% Acqua disponibile
100
CIC
80 60 40 20 0
L’esecuzione di un bilancio idrico è fondamentale per la programmazione dell’irrigazione sia nelle colture in campo sia in quelle di serra
PA ETM
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Periodo irriguo Irrigazione
Pioggia
irrigazione
Tappo di riempimento
Vacuometro
Contenitore dell’acqua
Coppa porosa
Particolare del misuratore di depressione (vacuometro) di un tensiometro su fragola
Tensiometro per misurare la tensione dell’acqua nel terreno
Stima della perdita per evapotraspirazione della coltura Il fattore del bilancio idrico di più complessa individuazione è l’evapotraspirazione della coltura (ETc). La stima dell’ETc della fragola può essere calcolata con l’impiego dei coefficienti colturali (Kc), moltiplicando l’evapotraspirazione di riferimento per il coefficiente colturale Kc. ETc = ETo × Kc L’evapotraspirazione di riferimento ETo (valutata in mm/giorno), cioè quella riferita a un prato di graminacee mantenuto sfalciato e in ottimali condizioni di rifornimento idrico, può essere facilmente calcolata giornalmente mediante una formula climatica (per esempio Penman-Monteith o Hargreaves). Il coefficiente colturale è un fattore adimensionale moltiplicativo dell’ETo con il quale si stima il consumo delle altre specie coltivate. Il Kc è diverso per ciascuna di esse e varia durante lo sviluppo della coltura, con consumi che aumentano proporzionalmente all’accrescimento dell’area fogliare. Le ricerche condotte dal Consorzio CER in Emilia-Romagna sono giunte a individuare i seguenti Kc per due gruppi di varietà di differente fogliosità. Le prove pluriennali condotte per individuare i Kc hanno anche fatto riscontrare notevoli miglioramenti rispetto al testimone non irrigato: incremento di resa in fragole commerciabili del 63%, incremento di 5 fragole per pianta, incremento di 4 g del peso medio delle fragole. Purtroppo il contenuto in zuccheri è risultato inferiore di circa 1° Brix.
Foto P. Bacchiocchi
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coltivazione Coefficienti colturali (Kc) individuati a Cesena per la coltura della fragola in tunnel-serra
Foto P. Bacchiocchi
Fenofase Fino alla ripresa vegetativa
Fino ai primi fiori
Primi frutti bianchi
Fino a fine produzione
Sviluppo vegetativo contenuto
0,3
0,3
0,4
0,55
Sviluppo vegetativo espanso
0,3
0,4
0,55
0,65
Fonte: Mannini P., Gallina D.; 1994
Impiegando i valori di ETo medi probabili durante le fenofasi della fragola e i coefficienti colturali Kc, possono essere individuati i relativi valori delle perdite d’acqua per evapotraspirazione da restituire con le irrigazioni. Questa procedura di statistica agrometeorologica è stata adoperata per la formulazione dello schema di pilotaggio delle irrigazioni della fragola in tunnel in Romagna, come indicato nella tabella della pagina a fianco. Considerata la standardizzazione delle colture di fragola in tunnel, con interasse tra le pacciamature di 1,30 m e piante in fila binata a 0,3 × 0,3 m, per comodità dell’agricoltore la tabella riporta i volumi di irrigazione già convertiti in litri per metro di ala gocciolante presente nel tunnel. Qualità dell’acqua irrigua Il problema principale riguardante la qualità dell’acqua irrigua è l’estrema sensibilità della fragola alla salinità. La salinizzazione dell’acqua di irrigazione è in espansione in molte aree irrigue italiane localizzate lungo la costa, specie per il continuo ricorso all’estrazione di acqua dal sottosuolo, che causa l’infiltrazione d’acqua marina in falda. Un’eccessiva presenza di sali disciolti nell’acqua influenza negativamente la crescita delle radici, e conseguentemente quella della pianta, determinando un decremento, talora vistoso, delle rese. Anche la concentrazione di fertilizzanti e la carenza di drenaggio possono determinare un’eccessiva salinità del terreno con problemi alle colture. I sintomi della tossicità salina sono abbastanza evidenti: piante di ridotte dimensioni, foglie verde scuro, margini della foglia a volte disseccati. In presenza d’acqua salina la soluzione circolante nel terreno presenta normalmente valori di conducibilità elettrica di due o tre volte superiori a quelli dell’acqua irrigua. Per tale motivo una delle strategie per contenere i danni dell’acqua imperfetta è quella di sovrairrigare la coltura rispetto alle effettive necessità; in questo modo si evita la concentrazione dei sali nella zona di suolo colonizzata dalle radici, portandoli più in profondità.
Evapotraspirazione
• L’evapotraspirazione è il vero
motore capace di determinare l’assorbimento radicale dell’acqua e di consentire una regolare fotosintesi; essa è quindi una perdita d’acqua favorevole per la produttività delle colture. Comunemente, alla maggiore evapotraspirazione della coltura, non limitata da carenza d’acqua nel terreno, corrisponde la massima resa
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irrigazione Schema di pilotaggio delle irrigazioni a goccia della fragola in tunnel in Romagna. Le indicazioni sono corrette per terreni completamente umidi alla copertura del tunnel Cultivar a sviluppo vegetativo contenuto
Cultivar a sviluppo vegetativo espanso
Fase
Periodo
Restituzione idrica giornaliera 1/m manichetta
N. interventi irrigui per settimana
Restituzione idrica giornaliera 1/m manichetta
N. interventi irrigui per settimana
1
Fino a 7 gg dopo il risveglio vegetativo
0
0
0
0
2
Fino ai primi fiori
2,4
1
3,0
1
3
Fino ai primi frutti bianchi
3,1
1
4,1
1
4
Fino alla prima raccolta
3,6
2
4,5
2
5
Durante la raccolta in aprile
3,7
2
4,8
2
6
Durante la raccolta in maggio
5,4
2
7,0
2
Esempio: tunnel di 70 m, 4 pacciamature, 280 m di manichetta. CV. Idea, fase 3 (4,1 1/m). 280x4,1=1.1481 di irrigazione 1 volta alla settimana (più eventuale volume di riempimento linea)
Anche il metodo irriguo riveste una decisa importanza nella gestione dell’irrigazione con acqua salina. In presenza di suolo con elevati contenuti di sali non dilavati dalle piogge, occorre, prima dell’impianto della coltura, procedere a ripetute irrigazioni per aspersione, con volumi tali da spingere la salinità in profondità (25-35 mm a seconda del tipo di suolo). In presenza della coltura la pratica descritta è però fortemente sconsigliata, perché dopo l’irrigazione l’acqua presente sulle foglie bagnate concentra la salinità che causa elevati valori di causticità per la vegetazione. Il sistema irriguo più adatto all’uso di acque non eccessivamente saline è quello a goccia con ali gocciolanti integrali o manichette forate. Con tali sistemi le irrigazioni dovranno essere molto frequenti, anche sino a due volte al giorno nelle giornate con maggiore evapotraspirazione, e abbastanza abbondanti. In questo modo le radici si troveranno sempre a contatto con acqua di più bassa conducibilità e il fronte di concentrazione salina si porterà in profondità. Nell’impiego di acque moderatamente saline è sconsigliabile l’irrigazione a goccia interrata, cioè con tubazioni disperdenti poste a 5-15 cm di profondità al di sotto del suolo pacciamato. Tale disposizione non è favorevole allo spostamento verso il basso del fronte di salinità concentrata e, anzi, favorisce la sua parziale risalita verso le radici.
Foto P. Bacchiocchi
Tecnologie irrigue Il sistema irriguo più adatto alla coltura della fragola è sicuramente quello a goccia. 209
coltivazione L’irrigazione a goccia, o microirrigazione, si presta, infatti, a soddisfare ottimamente tutte le esigenze della specie e ad assecondare le procedure della tecnica colturale impiegata. Solo nella fase di trapianto di fragole fresche vegetanti potrebbe essere utile un’irrigazione sovrachioma climatizzante, eseguibile per aspersione o mediante spruzzatori o microjet. La microirrigazione è dotata di peculiari caratteristiche che la rendono ben utilizzabile sulle colture ortofrutticole: l’acqua è erogata a bassa pressione, con alta frequenza e impiegando piccoli volumi e lunghi orari di adacquamento. Inoltre, l’acqua non bagna tutta la superficie del terreno e viene distribuita vicino alle radici delle piante. Queste caratteristiche rendono l’irrigazione a goccia il metodo d’elezione per la fragola poiché permettono di effettuare interventi di precisione, nei quali i volumi possono essere ben dosati e distribuiti sulla coltura con la massima efficienza che, nei casi migliori, può anche superare il 95%. L’impiego di ali gocciolanti integrali, cioè di tubazioni di polietilene di piccolo diametro con gocciolatori estrusi all’interno del tubo stesso, ovvero di moderne manichette disperdenti di qualità soddisfa la necessità di apportare l’acqua al di sotto della pacciamatura, senza l’impedimento e la perdita di efficienza che si avrebbero impiegando l’irrigazione ad aspersione. La posa della tubazione gocciolante viene fatta contestualmente alla messa in opera della manichetta con apposite attrezzature meccaniche trainate dal trattore. Questa operazione indirizza la scelta del materiale irriguo disperdente verso quello leggero a impiego annuale, che viene perciò smaltito a fine coltura. Solo nelle coltivazioni di fragola rifiorente poliennale la scelta si orienta verso materiali più costosi, con spessore del tubo maggiore, e di più lunga durata. L’irrigazione a goccia della fragola pacciamata richiede ali gocciolanti con erogatori o punti-goccia posti ogni 25-30 cm; in tal modo, al termine di ogni intervento irriguo, si otterrà una striscia di terreno adeguatamente umettato che interesserà tutte le piante sulla bina. In considerazione della limitata profondità degli apparati radicali, e del conseguente turno stretto di irrigazione, la portata ideale dovrebbe essere attorno a 3-4 l/h/m e quindi di 0,7-1 l/h per ogni punto goccia. Per un’irrigazione efficiente occorre però indirizzare la scelta delle ali gocciolanti verso materiali di eccellenti caratteristiche costruttive. In particolare, risulta assolutamente necessario che la portata degli erogatori sia veramente molto omogenea, cioè che ogni gocciolatore posto sulla coltura apporti la medesima quantità d’acqua a ogni pianta. In caso contrario si determineranno eccessi idrici su alcune piante o in alcune zone del campo e carenza d’acqua in altre, con riduzione della resa complessiva del
Acque saline e sensibilità della fragola
•Gli ioni che normalmente sono
presenti nell’acqua irrigua e nella soluzione circolante del terreno sono il calcio, il magnesio, il sodio, cloruri, solfati e bicarbonati. Questi elementi determinano un incremento della conducibilità elettrica dell’acqua (ECw); la misurazione della conducibilità, espressa in deciSiemens per metro (dS/m),viene perciò impiegata per stimare la concentrazione salina. Una conducibilità dell’acqua inferiore a 0,7 dS/m non determina nessun problema alla fragola, valori compresi tra 0,7 e 2,0 dS/m provocano quasi sicuramente problemi alla coltura e una riduzione di resa anche del 35%; con valori di 3 dS/m la fragola presenta gravi segni di fitotossicità che nei casi più gravi provoca la morte delle piante. In pratica risulta sempre sconsigliabile la coltivazione della fragola in presenza d’acqua con ECw superiore a 1,3 dS/m
Particolare del gocciolatore inserito all’interno dell’ala gocciolante integrale (tubo trasparente per evidenziare l’erogatore)
210
irrigazione fragoleto. Sulla fragola la disomogeneità delle portate ha effetti ancora peggiori perché causa una gravissima eterogeneità della fertilizzazione in campo, dato che sulla coltura viene comunemente effettuata la fertirrigazione, cioè la distribuzione degli elementi nutritivi sciolti nell’acqua irrigua. Affinché la somministrazione di acqua e nutrienti avvenga senza provocare eccessi o carenze, occorrerà dotarsi di materiali con erogatori caratterizzati da un coefficiente di variazione delle portate (CV) non superiore al 5%. Inoltre, risultano necessari sia il corretto dimensionamento delle tubazioni principali sia l’accurata filtrazione delle acque, in assenza della quale l’intasamento dei gocciolatori porterà all’abbassamento, anche importante, dell’uniformità di distribuzione idrica nel campo. Un’altra condizione da verificare attentamente è quella della lunghezza massima dell’ala gocciolante. Le perdite di carico idraulico lungo la condotta determinano, infatti, un progressivo calo di pressione che potrebbe portare a un’eccessiva differenza della portata tra i gocciolatori alle estremità dell’ala, differenza che, invece, deve essere contenuta attorno al 5%. Nelle colture di fragola a file molto lunghe, per evitare questa eterogeneità, possono essere razionalmente impiegate ali gocciolanti integrali dotate di erogatori autocompensanti che non variano la portata al variare della pressione, garantendo una perfetta distribuzione dell’acqua, e dei fertilizzanti in essa veicolati, sulla coltura.
Particolare del labirinto costruito internamente alla manichetta disperdente (tubo trasparente per evidenziare il labirinto) Omogeneità di erogazione e umettamento di alcuni modelli di ala gocciolante integrale
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la fragola
coltivazione Parassiti animali Davide Dradi
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coltivazione Parassiti animali Introduzione Le piante di fragola si trovano spesso nella condizione di essere le più appetibili in una campagna dove le altre colture lo sono molto meno o hanno lasciato sul terreno solo stoppie inospitali. Dal punto di vista della difesa delle piante questo significa che la maggior parte dei fitofagi che possiamo osservare sulla fragola è polifaga e per questo motivo la prevenzione e il monitoraggio andrebbero estesi anche alle colture circostanti il fragoleto e in secondo luogo gli interventi di difesa devono essere spesso ripetuti per contrastare le ricolonizzazioni dall’esterno. Ragnetto rosso (Tetranychus urticae) Infesta un elevato numero di piante, sia coltivate sia spontanee, con una particolare predisposizione per le piante erbacee e ortive di cui attacca tutte le parti aeree. Nella fragola la colonizzazione inizia di solito dalla pagina inferiore delle foglie, mentre sulla pagina superiore si vedono piccole punteggiature decolorate, più o meno raggruppate, che col progredire dell’infestazione confluiscono tra loro e fanno assumere alla foglia un colore verde sbiadito, con tonalità variabili dal giallognolo al giallo ocra con sfumature bronzee, mentre i margini del lembo fogliare tendono a disseccare. In seguito i ragnetti colonizzano anche la pagina superiore delle foglie e ricoprono le piante infestate di un’abbondante e finissima tela sericea che al suo interno ospita i vari stadi dell’acaro; per nutrirsi perforano le cellule svuotandole del contenuto e provocandone la morte. Viene così alterata la normale attività fisiologica delle piante con ripercussioni negative sull’attività fotosintetica e, di conseguenza, sulla loro produttività. La presenza del parassita
Tetranychus urticae
Sintomi su foglia conseguenti a una infestazione di T. urticae
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parassiti animali può avere effetto anche sulla salute del personale che opera a contatto con le piante infestate in quanto l’acaro è in grado di provocare irritazioni e allergie. Tarsonemide della fragola (Phytonemus pallidus) L’acaro pallido è diffuso in taluni ambienti a coltivazione intensiva al Sud, mentre al Nord è stato riscontrato specialmente nel materiale vivaistico. Di colore giallo-bruno, nelle femmine, più grandi dei maschi, l’ultimo paio di zampe sottili è allungato e con un lungo pelo all’estremità mentre nel maschio è più robusto e a forma di forcipe; le uova sono ellittiche e piuttosto grandi rispetto agli adulti. Le forme giovanili, molto più chiare, presentano nella parte posteriore del corpo un allargamento triangolare e divengono adulte dopo una fase immobile di subpupe; le forme svernanti sono rappresentate da femmine adulte, di solito fecondate, anche se durante l’anno la specie si riproduce per partenogenesi. I siti di svernamento sono le foglie morte, le gemme e la base dei piccioli. Dal momento della ripresa vegetativa, una volta presenti nel fragoleto, i tarsonemidi possono trasferirsi da pianta a pianta lungo le file oppure essere trasportati da api, o altri insetti, da uccelli, o dagli operatori durante le pratiche colturali. Sulla fragola i sintomi variano in funzione dell’epoca di attacco, dello stato vegetativo e della suscettibilità della varietà. Sulle foglie parzialmente sviluppate i tessuti colpiti arrestano la crescita, mentre quelli indenni, continuando a crescere, provocano distorsioni e increspature. Le foglie infestate rimangono piccole, rugose o increspate, e tendono a scolorire e ispessire, divenendo fragili. Anche picciolo e peduncoli risultano poco sviluppati, mentre i fiori possono subire deformazioni e aborti. I frutti attaccati tardivamente divengono rugginosi. In generale, le piante colpite nell’autunno precedente
Esiti di infestazioni da acaro pallido con imbrunimento dell’epidermide dei frutti e interferenze sullo sviluppo dei fiori e dei frutticini
Danni da acaro pallido su foglie, fiori e frutticini
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coltivazione il raccolto sono stentate, cespugliose, nanizzate e fruttificano in ritardo. Le strategie di controllo devono essere indirizzate verso l’uso di piante certificate, libere dall’acaro, e basilari sono i controlli sulla vegetazione per evitare diagnosi tardive e danni irreparabili. I focolai debbono essere distrutti prima che si diffondano. Grillotalpa (Gryllotalpa gryllotalpa) L’adulto, di color giallo bruno, vellutato, vagamente cilindrico, lungo 30-40 mm, presenta un protorace scudiforme ben sclerificato; le ali anteriori sono piccole, quelle posteriori molto più sviluppate; le due zampe anteriori sono molto robuste, fossorie e denticolate. Sverna come neanide nel terreno e compie una generazione di durata biennale nell’arco di 3 anni solari. Gli accoppiamenti avvengono in maggio-giugno e la femmina depone le uova entro una cavità sferoidale nel terreno, a 10-20 cm di profondità. Dopo circa 20 giorni d’incubazione le neanidi conducono, per un periodo, vita gregaria, quindi si disperdono in gallerie circostanti. Passano l’inverno in terza età e nell’estate successiva divengono strutturalmente adulte, raggiungendo la maturità sessuale nella primavera del terzo anno solare dalla nascita. Il grillotalpa passa la maggior parte della vita interrato ma può emergere di notte, specialmente dopo piogge o irrigazioni. Onnivoro ma prevalentemente zoofago, si nutre di una vasta gamma di invertebrati del suolo come pure di radici, tuberi, fittoni; nella fragola, oltre a ferire le radici, può raggiungere i frutti adagiati al suolo provocandovi erosioni.
Erosioni da grillotalpa su parte di bacca a contatto col terreno
Tipula degli orti (Tipula oleracea) e tipula dei prati (T. paludosa) La tipula, o zanzarone degli orti, appartiene all’ordine dei ditteri, sottofamiglia Tipuloidea. Foto R. Angelini
Adulto di grillotalpa
Particolare delle zampe fossorie del grillotalpa Adulto di zanzarone degli orti
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parassiti animali L’adulto di T. oleracea (chiamato mosca gru) è di grandi dimensioni (15-16 mm), di colore bruno, con torace attraversato da bande longitudinali sfumate, con lunghe zampe e antenne formate da 14-15 articoli; l’addome delle femmine ha l’estremità appuntita mentre quello dei maschi, più snelli, è a forma di zoccolo. Le larve possono raggiungere i 30-35 mm e sono di colore grigio o grigio giallastro, mentre le pupe sono grigio bluastre. Le larve hanno un odore sgradevole e presentano il capo retraibile nel torace. Svernano allo stadio di larva e compiono due generazioni l’anno, in aprile-maggio e in settembre-ottobre. Prediligono gli ambienti umidi e vivono su moltissime specie coltivate, tra cui la fragola. Lo stadio dannoso è quello larvale, normalmente presente su sostanze organiche dove si nutre di radichette e germogli. Nelle fragole possono causare lesioni sui frutti appoggiati al terreno i quali non sono più commercializzabili. Tipula paludosa è simile alla precedente, con femmine lunghe 2025 mm e maschi 16-18 mm. Le larve (35-40 mm), apode, sono di colore grigio con capo nero affossato nel torace. Le pupe di 20-25 mm sono grigio-brunastre. A differenza della specie precedente, compie una sola generazione l’anno. In settembre, gli adulti, che vivono alcune settimane, si accoppiano e le femmine lasciano cadere le uova in volo o le depongono nel terreno tramite l’ovodepositore, in numero di 300-500 circa. L’incubazione dura alcune settimane e l’attività delle larve si protrae anche in inverno. Queste due specie di tipule presentano alcuni antagonisti naturali fra cui gli uccelli (Montifringilla nivalis o fringuello alpino), o i chirotteri vespertilionidi (pipistrelli: Myotis mystacinus, Pipistrellus pipistrellus, Eptesiscus nilssonni) per i quali possono rappresentare un elemento fondamentale della dieta. Possono essere predati anche da coleotteri carabidi, mentre tra i parassitoidi si annoverano alcuni ditteri Tachinidae quali Bucentes crestata, B. geniculata.
Larve di zanzarone degli orti
Miridi fitofagi (Calocoris norvegicus e Lygus rugulipennis) Tra i miridi fitofagi che possono provocare danni alla fragola L. rugulipennis, polifago, è decisamente il più importante. Segnalato su più di 400 ospiti, è molto diffuso sulle piante erbacee. In Italia compie tre-quattro generazioni all’anno e trascorre l’inverno come adulto. Verso la fine di marzo, gli adulti svernanti, in prevalenza femmine, escono dai ricoveri invernali e migrano su graminacee coltivate e piante spontanee dove si nutrono e si moltiplicano. Quando le piante ospiti sono raccolte, o divengono inospitali, l’insetto colonizza nuove piante, moltiplicandosi per tutta l’estate. È nei mesi di agosto e settembre che la popolazione di questi miridi raggiunge il culmine, periodo in cui nei campi le uniche piante appetibili sono quelle di fragola su cui il fitofago tende a concentrarsi, rendendo ardua la difesa per le continue ricolonizzazioni.
Esiti di danni da miridi su frutticini in accrescimento
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coltivazione Come il precedente, anche C. norvegicus è ampiamente polifago, ma al contrario del primo ha un ciclo biologico monovoltino e sverna come uovo infisso su cortecce di alberi e su legno morto. In marzo nascono le neanidi che colonizzano, camminando, le aree circostanti i siti di svernamento. Sono appunto queste forme giovanili che si spostano sulla fragola, procurando danni in genere pesanti ma limitati ai bordi dell’appezzamento, in prossimità di siepi e filari di piante arboree. Al termine dello sviluppo gli adulti abbandonano la coltura per spostarsi su graminacee spontanee o coltivate. Ambedue le specie si possono nutrire di tutte le parti aeree della pianta, ma il danno è evidente soprattutto a carico delle fragoline: la puntura degli acheni arresta lo sviluppo del ricettacolo nella zona circostante il sito di alimentazione, creando il cosiddetto muso di gatto (cat-facing per gli anglosassoni), cioè la deformazione provocata dalla compressione sull’asse longitudinale delle fragole e da infossamenti e gibbosità alla loro estremità distale. Il danno è molto simile a una mancata impollinazione, ma si distingue da questa perché ai margini degli infossamenti dovuti alle punture del fitofago si ammassano acheni di dimensioni normali, mentre nel caso di mancata allegagione gli acheni risultano atrofici. Adulto di Lygus rugulipennis
Sputacchina (Philaenus spumarius) La sputacchina è un emittero estremamente polifago, la cui livrea è caratterizzata da variazioni cromatiche che passano dal giallo al giallo bruno al cenerognolo, con bande e tacche di varia ampiezza. Caratteristica dell’insetto è la capacità di crearsi un nido di schiuma: infatti i giovani di questa specie sono in grado di secernere un fluido schiumoso (da cui il nome di sputacchina), con cui creano nidi di bolle che li proteggono dalla disidratazione e nei quali rimangono nascosti. Da tale ricovero gli insetti maturi sfarfallano nel mese di giugno terminando la generazione annuale. Gli adulti passano l’estate nutrendosi e accoppiandosi e in autunno depongono le uova destinate a svernare nei tessuti delle piante che ospiteranno i giovani l’anno successivo. Il danno è determinato principalmente da neanidi e ninfe che succhiano la linfa e imbrattano la vegetazione con la schiuma, determinando, nei casi più gravi, deperimenti della vegetazione e deturpamenti dei frutti. Mosca bianca delle serre (Trialeurodes vaporariorum) Originaria delle zone tropicali, è diffusa in tutto il mondo. Viene chiamata mosca bianca per l’aspetto degli adulti (circa 0,7-1 mm di lunghezza) dal corpo giallastro e dalle ali bianche, ricoperte da uno strato ceroso, pruinoso e polverulento, diffuso anche sulle altre parti del corpo, con il quale, assieme alla melata, imbratta la vegetazione. La riproduzione avviene frequentemente per partenogenesi arrenotoca e telitoca per la presenza di due distinte razze biologiche, rispettivamente destinate a dare appunto solo
Adulti di Trialeurodes vaporariorum
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parassiti animali maschi o solo femmine. La fecondità varia in funzione delle condizioni ambientali e dell’ospite e varia entro un intervallo che va dalle 100 alle 500 uova per femmina. Le uova vengono deposte nella pagina inferiore della foglia e le neonate che ne sgusciano, dopo un breve periodo di mobilità, si fissano di nuovo sulla stessa pagina effettuandovi tre mute finché, giunte alla quarta età, dalle pupe sfarfallano gli adulti. Questi insetti, che si nutrono attraverso il rostro (apparato buccale pungente succhiante), determinano ingiallimenti fogliari e indeboliscono le piante che, ricoperte di melata, vanno soggette (frutti compresi) a sviluppo di fumaggine. Durante l’estate, soprattutto nell’Italia meridionale, infestano anche colture all’aperto. In serra le generazioni sono continue, senza interruzioni e con cicli di circa 30 giorni, rallentando nei periodi più freddi. L’aleurodide viene indicato come potenziale vettore di due virus che interessano la fragola: Beet pseudo-yellows virus (BPYV) presente in Europa e Strawberry pallidosis associated virus (SPaV) per ora limitato al Nord America, entrambi appartenenti al gruppo dei Crinivirus, trasmessi con la modalità della semipersistenza.
Infestazione mista di mosche bianche (adulti e forme giovanili)
Afide setoloso della fragola (Chaetosiphon fragaefolii) La specie è monoica, legata alla fragola e raramente nociva ad altre Rosacee. Generalmente anolociclica, sebbene in talune situazioni sia stata rilevata una parziale generazione anfigonica (olociclo). Questo afide vive sulla pagina inferiore delle foglie, sui peduncoli fiorali e sul calice. La femmina attera, virginopara, è di dimensioni esigue (1,2-1,5 mm), di colore giallo verdognolo; il corpo è ornato di setole capitate, i sifoni allungati arrivano quasi all’estremità della codicola. Le pullulazioni maggiori si rilevano in primavera e in autunno, mentre col caldo tendono a ridursi. Il danno consiste in sottrazione di linfa, produzione di melata, sviluppo di fumaggini. Poiché le formiche non raccolgono da questa specie, la melata è molto appariscente sulle piante e sul-
Mosca bianca delle serre
Larva di crisopa. Il dorso è sovente ricoperto delle spoglie degli afidi che ha predato
Colonia di afidi su foglia
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coltivazione la pacciamatura allarmando gli agricoltori. È documentata la trasmissione di un’ampia gamma di agenti patogeni di natura virale per cui la lotta nei campi di moltiplicazione deve essere particolarmente curata. Tra i virus più diffusi si ricordano Strawberry crinkle virus (SCV) e Strawberry mild yellow edge-associated virus (SMYEV) trasmessi nella modalità persistente, Strawberry mottle virus (SMoV) e Strawberry vein bending virus (SVBV) trasmessi nella modalità semipersistente. Afide delle cucurbitacee (Aphis gossypii) Specie cosmopolita e polifaga, si riproduce attraverso paracicli e anolocicli e svolge numerose generazioni nel corso di un ciclo colturale. Le pullulazioni più ricche si osservano nel periodo primaverile-estivo. La femmina attera, virginopara, è di colore variabile dal giallo ocra al verde nerastro, o dal verde al bruno, al bruno bluastro. Il corpo, di 1,6-2 mm, presenta sifoni corti e neri, leggermente rastremati all’estremità. All’inizio dell’attacco le popolazioni si rinvengono sugli apici vegetativi e sulla pagina inferiore delle foglie, ma con l’aumentare della densità degli individui si espandono su gran parte della vegetazione aerea non risparmiando i fiori e i frutti appena allegati. I danni consistono nella sottrazione di linfa, con indebolimento della pianta, e nella contaminazione da fumaggini sviluppate sulla melata. Le punture ai tessuti non differenziati provocano parziali alterazioni morfologiche delle lamine e dei lembi. Elevate infestazioni comportano l’arresto vegetativo, che su piantine giovani può determinare l’avvizzimento e sulle adulte gravi ripercussioni sulla produzione. Questo afide risulta essere implicato nella trasmissione di virus quali Strawberry mottle virus (SMoV) e Strawberry pseudo mild yellow edge virus (SPMYEV) in maniera semipersistente.
Forme giovanili di Macrosiphum euphorbiae
Forme attere di afide setoloso Colonia di Aphis gossypii
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parassiti animali Afidone della patata (Macrosiphum euphorbiae) Specie cosmopolita e polifaga. La femmina attera, virginopara, di forma allungata, di colore variabile (verde, giallo, rosa o rossastro), presenta sifoni subconici, lunghi due volte la codicola, chiari alla base, reticolati e imbruniti nella parte distale. Il ciclo si affida a forme olocicliche e anolocicliche. L’olociclo si svolge tra un ospite primario, appartenente a diversi generi (Rosa, Euphorbia ecc.), e vari ospiti secondari tra cui anche la fragola. La forma anolociclica è frequente ed è contraddistinta in inverno da femmine virginopare. Le maggiori pullulazioni si osservano in primavera e in genere tendono a ridimensionarsi dopo la fioritura. L’afidone della patata infesta soprattutto i germogli e le giovani foglie nonché i fiori e i frutti appena allegati. Sottrae linfa ed emette melata con sviluppo di relative fumaggini. L’alta densità di popolazione deprime la vegetazione, causa avvizzimenti agli organi infestati; le punture agli apici vegetativi e alle giovani foglie provocano deformazione dei lembi. La specie è ritenuta responsabile della trasmissione di agenti virali. Colonia di afidone della patata
Tripide americano (Frankliniella occidentalis) Tisanottero di origine nordamericana, fino agli anni ’60 la sua presenza era limitata al Nord America da cui, probabilmente a causa dei trasporti internazionali di materiale vegetale, ne è cominciata la diffusione in ogni parte del mondo. Ha colonizzato Asia, Africa, Sud America e Oceania. In Europa è stato riscontrato per la prima volta in Olanda (nel 1983) e in Italia, dove le prime segnalazioni sono avvenute nel 1987 su colture ornamentali. Attualmente è il tripide più diffuso in molte zone coltivate a clima temperato e tropicale. Le uova sono opache e reniformi, difficilmente visibili sia per le esigue dimensioni sia perché infisse nelle parti verdi della pianta. Il suo ciclo di sviluppo passa attraverso due stadi di neanidi, uno di prepupa (dotata di abbozzi alari) e uno pupale che precede l’adulto. La colorazione dell’insetto maturo è molto variabile in base alla stagione e alla zona geografica; in genere le forme primaverili sono più chiare con striature o punteggiature nella parte dorsale, mentre le forme svernanti sono brunastre. Svolge diverse generazioni l’anno; a 18 e 25 °C il ciclo si completa rispettivamente in 27 e 12 giorni, con una soglia minima di sviluppo attorno ai 12 °C. I danni che provoca sono notevoli, tanto da farlo considerare come il fitofago chiave in molte aree fragolicole italiane. Il danno di neanidi e adulti consiste nelle punture sui giovani tessuti dei vari organi epigei (apici vegetativi, foglie, bottoni fiorali, fiori e frutti), con inoculo di saliva tossica e svuotamento dei contenuti cellulari. Ciò porta alla comparsa sulle foglie di aree depigmentate di colore argenteo, che ingialliscono e giungono allo stadio conclusivo di necrosi. In questo caso il problema è dovuto alla riduzione della superficie fotosintetizzante dei tessuti verdi. Sintomi tipici sugli organi riproduttivi sono distorsioni dei margini
Particolare del rostro di Macrosiphum euphorbiae
Adulto di Frankliniella occidentalis
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coltivazione dei petali, depigmentazioni dei lembi e necrosi di varia forma, con ripercussioni negative sull’allegagione e sullo sviluppo dei frutti, che non presentano deformazioni ma imbrunimenti dell’epicarpo e acheni anneriti. Sulla fragola si possono trovare anche altre specie di tripidi come Thrips fuscipennis, T. tabaci, Frankliniella intonsa, le cui popolazioni sono legate prevalentemente agli ospiti erbacei dei prati, dai quali migrano verso la rosacea allorché questi divengono inospitali. I danni non sono dissimili da quelli provocati dal tripide americano. Eulia (Argyrotaenia pulchellana) È un tortricide diffuso in molte aree dall’Europa, all’Asia Minore, all’America settentrionale, dove vive su ornamentali, orticole, erbacee, frutticole e fragola. L’insetto misura 12-17 mm ad ali aperte e la larva, verde o giallastra a seconda del tipo d’alimentazione, raggiunge i 15-18 mm. Le ali anteriori, di color ocra, sono attraversate da una banda basale, una mediana e una preapicale suddivisa. Le ali anteriori sono grigio argentee. L’eulia svolge 3 generazioni l’anno e sverna come crisalide a terra o in altri ricoveri. In Italia settentrionale gli adulti compaiono da fine marzo-inizio aprile con sfarfallamenti che si protraggono per circa un mese. A una settimana dall’accoppiamento le femmine depongono 25-50 uova sulle foglie. Queste, discoidali, sono disposte in ovature embricate di colore giallastro. Le larve nascono dopo 2-4 settimane d’incubazione per localizzarsi nella pagina inferiore delle foglie e nutrirsi in superficie su queste o sui frutti, coperte da fili sericei. Gli adulti della seconda e terza generazione compaiono da metà giugno ai primi d’agosto e dalla prima decade d’agosto alla seconda di settembre. Le larve di quest’ultima generazione si nutrono fino ai primi freddi per incrisalidarsi e superare l’inverno.
Larva di tortricide della fragola
Lesioni all’epidermide causate dalla larve di eulia Adulto di Autographa gamma
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parassiti animali Le infestazioni vicine al suolo sono spesso parassitizzate da Colpoclypeus florus, imenottero calcidoideo. Nottua gamma (Autographa gamma) Questo lepidottero compie numerose generazioni l’anno e sverna in tutti gli stadi, con adulti presenti in campo per quasi tutto l’anno, anche se le maggiori presenze si riscontrano d’estate. Hanno costumi prevalentemente notturni, a riposo tengono le ali grigie ripiegate a coppo su cui è facile distinguere il disegno bianco a forma di γ che dà il nome alla specie. La femmina depone da 300 a 500 uova, singolarmente o in gruppi di pochi elementi, sulle foglie e talvolta sui piccioli. Le larve che, appena uscite, si spostano con tipica andatura a compasso (come accade per i Geometridi) sono di colore verde chiaro e sono solitarie. Sulla fragola i primi stadi larvali si nutrono a spese di un solo strato epidermico mentre i successivi attaccano l’intero lembo fogliare risparmiando però le nervature principali; raramente e solo in caso di elevati attacchi l’attività trofica può interessare anche i fiori. La specie può infestare la fragola in diversi momenti del ciclo colturale, ma è l’attacco alle giovani piante messe a dimora da poco nei mesi estivi a risultare particolarmente pericoloso. Adulto di Spodoptera littoralis
Nottua mediterranea (Spodoptera littoralis) Specie nota per la regione mediterranea, l’area medio-orientale e parte del continente africano, polifaga e polivoltina. In opportune condizioni ambientali la nottua si riproduce tutto l’anno, completa un ciclo in circa un mese e svolge, in ambiente protetto, fino a 7 generazioni. La maggiore presenza di adulti si osserva nei mesi autunnali quando alle popolazioni locali si aggiungono quelle migranti provenienti dai territori africani. La
Larve di Spodoptera littoralis
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coltivazione specie sverna fondamentalmente come crisalide nel terreno e gli adulti sfarfallano a fine inverno, si accoppiano e iniziano a ovideporre dopo 1-3 giorni. La femmina depone sulla pagina inferiore delle foglie e sui piccioli centinaia, talora migliaia, di uova organizzate in ovature di qualche decina di elementi rivestiti di squame piliformi. Dopo qualche giorno d’incubazione, sgusciano le larve che inizialmente vivono gregarie sulla pagina inferiore delle foglie, dove producono leggeri ricami sull’epidermide, e in seguito passano alla fase solitaria durante la quale sono attive di notte, riparandosi durante il giorno nel terreno o in ricoveri di varia natura, tipicamente sotto la pacciamatura. Gli stadi larvali maturi sono particolarmente voraci ed erodono lembi fogliari, fiori e frutti nelle varie fasi di sviluppo. Nottua meticolosa (Phlogophora meticulosa) Nel Nord Italia svolge due generazioni all’anno, con voli in marzoaprile e in settembre, mentre in Campania svolge tre generazioni l’anno, con il primo volo di adulti in marzo-aprile, il secondo a metà giugno e il terzo in autunno; sverna nel terreno allo stato di larva e di crisalide. Nella Pianura Padana il nottuide è nocivo alla fragola sia in primavera sia in autunno. I primi stadi larvali producono deboli ricami sulla superficie fogliare che li ospita, mentre i successivi erodono consistentemente i lembi risparmiando soltanto le nervature principali. Su giovani impianti l’attacco può comportare un serio danno.
Esiti di infestazione di oziorrinco con rapido e irreversibile deperimento delle piantine
Agrocola (Agrochola lychnidis) Specie largamente polifaga, può svolgere una o due generazioni all’anno: in entrambi i casi sverna in diversi stadi (uovo, larva e crisalide) ma nel caso di bivoltinismo l’adulto sfarfalla in primavera-estate per dare una generazione estiva, mentre in quello di monovoltinismo la larva passa l’estate come larva matura nel terreno e gli adulti sfarfallano in autunno. La massima deposizione di uova è stata osservata in novembre-dicembre. Le larve sgusciano in marzo e dopo circa 2 mesi costruiscono un bozzolo pergamenaceo nel terreno dove, in maggio, si trasformano in eupupe ed entrano in diapausa fino all’autunno, quando si trasformeranno prima in crisalidi e poi rapidamente in adulti. Talora una parte delle femmine adulte supera l’inverno e continua la deposizione in primavera. In autunno all’interno dei bozzoli compaiono le crisalidi. Il danno consiste in erosioni a carico dei giovani germogli e dei bottoni fiorali, ma non colpisce le parti ipogee anche se di giorno la larva trova ricovero sotto la pacciamatura. Numerose altre specie sono attirate dalla fragola e tra queste vanno ricordate le nottue terricole Agrotis ipsilon e A. segetum in genere presenti nei trapianti estivi, dove può insediarsi pure (per fortuna raramente) la nottua del pomodoro Heliothis armige-
Lesioni al fittone da parte di larve di oziorrinco, con conseguente disseccamento della piantina
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parassiti animali ra, che mostra lo sgradito comportamento di penetrare all’interno della corona della pianta, spesso accecando la gemma centrale. In autunno si possono trovare varie nottue fogliari, in ordine di apparizione Lacanobia oleracea, Mamestra brassicae e Mamestra suasa, il cui danno invece si limita a erosioni sulle foglie. Oziorrinco della fragola (Otiorrhynchus rugosostriatus) e oziorrinco dell’olivo (Otiorrhynchus cribricollis) Queste specie sono note nell’intera regione mediterranea e sono nocive a diverse piante coltivate, arboree ed erbacee, tra cui la fragola, in pieno campo e in serra. Questi curculionidi svolgono una generazione l’anno e gli adulti sono presenti nei mesi caldi, in genere da aprile a ottobre, anche se nei mesi estivi più caldi riducono la loro attività. Hanno abitudini notturne, si riparano durante il giorno nel terreno a pochi millimetri di profondità o sotto ricoveri vari (crepe del suolo, sassi, pacciamatura ecc.) e si portano di notte sulle piante per nutrirsi delle foglie producendo le tipiche erosioni semilunari. L’ovideposizione avviene dalla tarda estate all’autunno inoltrato e lo svernamento è assicurato dagli stadi larvali nel terreno: in primavera, raggiunta la maturità dopo aver attraversato 10 successive età larvali, si impupano entro una celletta terrosa, per circa un mese, dalla quale fuoriescono gli adulti. Anche le larve si nutrono a spese della fragola danneggiando le radici e scavando nella corona, all’altezza del colletto, profonde nicchie che possono ferire la pianta fino a portarla alla morte.
Adulto di rinchite in attività su germoglio di lampone. Esso sta compiendo una serie di perforazioni al fine di rallentare il flusso della linfa e consentire così lo sviluppo della larva nel suo interno
Rinchite della fragola (Rhynchites germanicus) Il piccolo coleottero, lungo 2-3 mm, è blu scuro con le elitre leggermente più chiare e con zampe e antenne nere. Compie un’unica generazione e sverna nel terreno come larva matura
Lesioni a piccioli fogliari o peduncoli fiorali provocate dalla ovideposizione delle femmine di rinchite della fragola e dallo sviluppo della piccola larvetta Adulto di oziorrinco
Larva di oziorrinco
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coltivazione all’interno della cella pupale. Fuoriesce da marzo ad aprile e si nutre di foglie non ancora sviluppate. Dopo l’accoppiamento la femmina depone le uova, distribuendole su piccioli fogliari, peduncoli fiorali, germogli e stoloni, in modo singolo e in numero di 1-4 per organo. Esegue poi una serie di piccoli fori trasversali, atti a rallentare l’afflusso della linfa e a garantire la sopravvivenza alle larve che nasceranno dopo qualche settimana. Le infestazioni si notano bene perché nei siti colpiti gli steli o i piccioli, pur lunghi e robusti, con l’azione del vento, ancora prima di appassire, si spezzano. Ferretti (Agriotes spp.) I ferretti sono coleotteri che allo stato adulto risultano di colore variabile da marrone a grigio scuro e hanno una lunghezza compresa tra 9 e 13 mm. Possono infestare numerosi vegetali sia coltivati sia spontanei. Le larve, giallastre, sono lunghe dai 16 ai 22 mm mentre le uova sono molto piccole e di colore biancastro. Svolgono attività parassitaria allo stadio di larva, che può permanere nel terreno per 3-4 anni. Il comportamento biologico varia da specie a specie: alcune (Agriotes brevis, A. obscurus, A. lineatus, A. sordidus, A. sputator) diventano adulte dalla tarda primavera all’estate o rimangono nelle celle pupali fino alla primavera successiva. A. litigiosus, raggiunta la maturità attraverso 8 mute, s’impupa in estate per fuoriuscire adulto dopo alcune settimane, accoppiarsi e ovideporre. Per A. ustulatus le larve nate precocemente possono divenire adulte in 3 anni, mentre le altre attendono la primavera successiva.
Adulto di rinchite
Gli adulti del rinchite compiono dei fori sulle foglie ancora arrotolate
Larve di Agriotes Lesioni al fittone provocate dalle larve di ferretti
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parassiti animali I fragoleti sono danneggiati saltuariamente; in generale le infestazioni sono limitate ai bordi, nei vivai o in nuovi impianti dove sono stati in precedenza coltivati cereali, solanacee o medicai.
Foto P. Bacchiocchi
Limacce I danni interessano i germogli, i fiori e, soprattutto, i frutti. Si nutrono attaccando il substrato con la radula, una struttura definibile come una lingua retrattile, un nastro chitinoso, ricoperto da varie file di dentelli duri e ricurvi, poggiate su una base cartilaginea che permette all’animale di asportare o di triturare il cibo. Questi molluschi hanno abitudini notturne: entrano in attività verso sera, uscendo dai rifugi sotto il fogliame o nel terreno, si spostano sulla vegetazione per nutrirsi e quindi si riparano nuovamente al sorgere del sole. La loro attività è massima nelle stagioni intermedie, primavera e autunno. Il corpo, più o meno molle, è caratterizzato da un altissimo contenuto idrico, ragione per cui sono molto sensibili al tenore dell’umidità ambientale. Sono organismi ermafroditi insufficienti: nella maggior parte delle specie gli individui sono provvisti di organi sessuali sia maschili sia femminili ma, pur essendo possibile l’autofecondazione, si riproducono accoppiandosi e fecondandosi reciprocamente. Le specie presenti appartengono a vari generi: Deroceras, Limax, Tandonia e Arion. Gli ultimi due sono i più pericolosi perché sono onnivori e si possono trovare anche su materiali in decomposizione e su escrementi e ciò li rende potenziali vettori di germi patogeni anche per l’uomo. La colonizzazione del fragoleto da parte delle lumache inizia di solito sui lati, in prossimità di zone incolte, delle rive inerbite di fossi
Danno da limacce su frutto
Limaccia e danni su frutto maturo
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coltivazione
Contenimento dei danni da topi
• Per prevenire i danni dei topi si può
intervenire posando delle esche sotto la pacciamatura o, ancor meglio, nelle loro gallerie. Per la scelta dell’esca è opportuno verificare attentamente le caratteristiche del prodotto scegliendo quelle più appetibili per la specie da contenere Danni da roditori; si notano le fallanze poco dopo la ripresa vegetativa primaverile
e canali di scolo, quindi è buona norma eliminare tutti i possibili siti ove le lumache possono rifugiarsi, mantenendo pulite le aree adiacenti agli impianti. Topi Durante i mesi invernali, i fragoleti sono spesso soggetti alla colonizzazione da parte dei topi. Questi piccoli mammiferi in genere provengono dalle rive dei fossi, da siepi, scarpate di strade, zone incolte o talora anche da coltivazioni come frutteti inerbiti e medicai. Si tratta in genere di arvicole, genere Microtus, dette anche topi dalla coda corta, spesso dannose anche nei frutteti e in altri ambienti coltivati. Spesso sono spinte da periodi particolarmente rigidi o da piogge che rendono inospitali i loro ripari. Nel fragoleto
Asportazione degli acheni da parte di roditori sulle bacche ancora immature
Asportazione degli acheni da parte di roditori con lesioni sull’epidermide Frutti con esiti di lesioni ai fiori provocate dai passeracei
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parassiti animali trovano rifugio e nutrimento, scavando gallerie sotto la pacciamatura e nutrendosi delle radici e della corteccia della corona. Alla ripresa vegetativa le piante danneggiate stentano e ai primi caldi, se il danno è consistente, cominciano a collassare, mentre tra le sopravvissute si osserva comunque un decurtamento produttivo. Durante il periodo della raccolta invece si può notare un altro tipo di danno dovuto all’attività trofica dei topi a carico degli acheni che vengono asportati dalle fragole, talora totalmente, senza che la polpa venga minimamente intaccata.
Danni da passeracei
• I danni ai fiori consistono in lesioni
al peduncolo simili a sforbiciate. Conseguentemente i frutti in accrescimento risultano deformati o privi di alcune porzioni. In alcuni casi si verificano significative perdite di produzione
Danni da volatili (ballerine, passeri, verdoni) I danni causati da passeracei o altri uccelli sono saltuari e legati all’andamento stagionale, che può spingerli verso ambienti protetti e a una dieta alimentare ricca che li stimola a “beccare” fiori peduncoli e piccioli fogliari. In località rivierasche del Sud si assiste a momentanee soste d’uccelli (fra cui insettivori come le ballerine) di rientro dalle migrazioni, probabilmente affamati e assetati dopo il lungo volo. Le varietà di fragole predilette sono quelle a maturazione precoce. In post-impianto le lesioni a piccioli, peduncoli dei fiori, si osservano in vicinanza di coltivazioni come sorgo e girasole. L’allontanamento dei volatili è praticato con i comuni cannoncini esplodenti o la posa di fettucce o banderuole luccicanti mosse dal vento, palloni ecc., che funzionano per un tempo limitato. Molto spesso la distribuzione di contenitori d’acqua, o la realizzazione di pozzanghere con film plastico, per consentire agli uccelli di abbeverarsi, sono sufficienti per prevenire le “beccate” ai frutti. La posa di reti sugli impianti non sempre fornisce risultati soddisfacenti.
Verdone, responsabile delle “beccate” sui piccioli e peduncoli fiorali di fragole
Asportazione di piccioli fogliari e peduncoli fiorali da parte di verdoni Lesione ai fiori da parte di passeracei
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la fragola
coltivazione Malattie e fisiopatie Claudio Lugaresi, Sergio Gengotti
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coltivazione Malattie e fisiopatie Introduzione Nel corso degli ultimi anni il quadro relativo alle malattie fungine della fragola si è progressivamente modificato, soprattutto in seguito alla diffusione di nuove tecniche colturali, alla concentrazione in alcune aree di impianti specializzati e alla costituzione e diffusione di nuove varietà più rispondenti alle richieste del mercato ma, in alcuni casi, più suscettibili nei confronti di alcune avversità. Anche l’introduzione di materiali di moltiplicazione da altri Paesi o continenti ha contribuito alla diffusione di nuovi patogeni fungini o di ceppi già presenti ma con differenti livelli di patogenicità. Di seguito sono descritte le principali malattie fungine della fragola, nonché alcune tra le principali fisiopatie che interessano questa coltura. Per ciascuna avversità sono illustrati i più comuni sintomi che si possono riscontrare sui diversi organi della pianta e i vari aspetti del ciclo biologico e dell’epidemiologia del processo infettivo. Malattie della radice e del colletto Deperimento progressivo La pratica del ristoppio e la realizzazione di nuovi impianti con materiale di propagazione prelevato dai campi infetti hanno determinato la comparsa dei primi fenomeni di deperimento delle piante, soprattutto nel secondo o nel terzo anno di coltivazione. In seguito all’introduzione della tecnica della pacciamatura delle prode con film plastico, nonché della forzatura delle colture in tunnel con co-
Imbrunimento di radici e colletto di pianta affetta da deperimento progressivo
Piante di fragola a fine ciclo deperite e collassate a seguito del deperimento progressivo
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malattie e fisiopatie perture in polietilene o in PVC, il fenomeno del deperimento progressivo è aumentato fino a raggiungere livelli elevati sin dal primo anno di coltivazione, soprattutto nei periodi con alte temperature del terreno. L’utilizzo di materiale vivaistico sottoposto a frigoconservazione dopo l’estirpo invernale, messo a dimora da inizio estate, ha migliorato la situazione solo per un breve periodo. Le piante affette da deperimento progressivo manifestano arrossamento dei bordi fogliari, avvizzimenti e disseccamenti della vegetazione iniziando dalle foglie esterne fino, nei casi gravi, al completo avvizzimento. Ove le infezioni sono precoci si osserva uno scarso sviluppo delle piante. L’esame dettagliato evidenzia necrosi progressive di radici, colletto e steli. La produzione risulta scarsa e scadente, con frutti acerbi, privi colore e turgore. I sintomi generali del deperimento si accentuano all’aumentare delle temperature, specie nelle giornate ventose. La prevenzione di detta grave fitopatia è in parte attuabile attraverso: lunghe rotazioni realizzate con graminacee, evitando specie molto suscettibili come il pomodoro e la patata; miglioramento degli sgrondi idrici; limitando le concimazioni azotate, ma con lauti apporti organici; impiego di materiale vivaistico sano, moltiplicato in ambienti privi di rischi fitosanitari o adeguatamente fumigati. A ciò possono aggiungersi, oltre alle fumigazioni chimiche, il sovescio con brassicacee, la solarizzazione e l’impiego di varietà tolleranti. Il miglioramento genetico è in ogni modo fondamentale poiché anche la migliore terapia deprime temporaneamente i miceti tellurici, che a fine ciclo si ritrovano comunque presenti negli apparati radicali delle piante produttive.
Agenti causali del deperimento progressivo
• Le piante deperite evidenziano la
presenza di un insieme di miceti a livello dell’apparato radicale, della corona, degli steli e del colletto: Rhizoctonia fragariae, Rhizoctonia sp., Verticillium dahliae, Verticillium albo-atrum, Phytophthora cactorum, Pythium sp. oltre a Fusarium sp., Ramularia sp., Cylindrocarpon sp.
Pianta di fragolina gravemente compromessa con evidenti sintomi di deperimento progressivo
Foto I. Ponti
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coltivazione Collasso o imbrunimento radicale (Rhizoctonia fragariae) L’agente di quest’alterazione, già indicato fra i responsabili del deperimento progressivo, è un microrganismo fungino in grado di moltiplicarsi e diffondersi grazie alle proprie strutture miceliali. I terreni mantenuti umidi, con temperature anche superiori ai 25-30 °C, tipici delle coltivazioni pacciamate o forzate, oltre alla presenza di “inneschi” al suolo o sulle piantine, facilitano le infezioni di post-impianto. Il caldo primaverile completa lo sviluppo del micete che evidenzia nettamente sulle piante i deperimenti in fase di pieno raccolto o a fine ciclo. Le piante colpite da collasso presentano generalmente scarso sviluppo, poche foglie, infiorescenze poco sviluppate e con estese necrosi alla base. L’apparato radicale appare ridotto e quasi totalmente imbrunito. I frutti prodotti sono di pezzatura accettabile solo nelle prime raccolte. Avvizzimento della fragola o verticilliosi (Verticillium dahliae e V. albo-atrum) La malattia, come nel precedente caso, può presentarsi con maggiore virulenza negli impianti più vecchi o dove questi sono realizzati con materiale di moltiplicazione ottenuto senza gli adeguati requisiti sanitari. Essa è causata da funghi deuteromiceti quali Verticillium alboatrum e V. dahliae, che possono permanere vitali a lungo nel terreno, anche in profondità, e infettare numerose specie erbacee, arbustive e arboree. Le contaminazioni alle radici, dovute ai conidi trasportati da acqua o animali, possono avvenire attraverso ferite prodotte dalle operazioni di trapianto, da insetti ecc. All’interno dei vasi legnosi il patogeno, favorito da temperature sui 25 °C, si diffonde con le correnti linfatiche provocando interferenze
Tipici imbrunimenti di parte delle radici causati da rizoctonia Foto I. Ponti
Le infezioni da Rhizoctonia sp. portano a progressivo deperimento della pianta, che mostra avvizzimenti e disseccamenti della vegetazione iniziando dalle foglie esterne e scarso sviluppo dell’apparato radicale
Sintomi indotti da Rhizoctonia fragariae: si notino l’imbrunimento e il ridotto sviluppo dell’apparato radicale
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malattie e fisiopatie ormoniche e metaboliche e infettando anche le piante figlie. I primi sintomi di sofferenza possono notarsi da fine estate-inizio autunno. In primavera, con l’aumento della temperatura e le elevate necessità metaboliche, i deperimenti assumono notevole rilevanza. Le foglie esterne della corona delle piante colpite da verticilliosi presentano imbrunimento marginale, mentre i piccioli evidenziano piccole striature necrotiche, depresse, localizzate alla base. Su impianti con frutti pendenti, nei periodi caratterizzati da elevate temperature, si assiste all’afflosciarsi graduale di tutto l’apparato fogliare, a eccezione, in molti casi, della rosetta centrale, dalla quale emergono foglie piccole e clorotiche. A fine produzione, o con temperature miti, molte piante stentate si riprendono. In vivaio le piante madri infette deperiscono contornate dalle figlie a loro volta in gran parte infette. In sezione longitudinale, il rizoma e le radici grosse mostrano un evidente imbrunimento della zona legnosa. La lotta e la prevenzione contro gli agenti della verticilliosi si basano sulle lunghe rotazioni con colture non suscettibili, su apporti di sostanza organica, sull’impiego di materiale di propagazione sano, prodotto con le migliori tecniche vivaistiche e sull’impiego di varietà tolleranti. Poiché il micete sviluppa all’interno del fittone, è difficile devitalizzarlo anche impiegando i migliori fumiganti. Tale pratica deve pertanto essere integrata dalla distruzione del materiale vegetale infetto, assieme agli abbondanti e costanti apporti di sostanza organica che favoriscono la decomposizione dei residui colturali.
Foto I. Ponti
Fragola con sintomi di verticilliosi: si notino i piccioli necrotizzati a livello della rosetta centrale, dalla quale, spesso, emergono foglie piccole e clorotiche Deperimento delle piante conseguente a infezione di Verticillium con sintomi di ripresa vegetativa a fine ciclo
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coltivazione Necrosi del colletto e del rizoma (Phytophthora cactorum) L’alterazione, favorita da temperature di 15-22 °C e da alta umidità relativa, interessa il colletto o l’intero rizoma. Le infezioni possono presentarsi in post-impianto (estate-autunno) e in primavera. In coltivazione forzata avvizzimenti precoci compaiono fin dall’inizio della fioritura. Detta malattia si evidenzia spesso su piantine che sono state sottoposte a frigoconservazione o che hanno sofferto, in campo, danni da gelate. Per questo si ritiene che i succhi liberi, dovuti alle microlesioni, agevolino l’infezione della malattia. Le piante colpite, all’estirpo manuale, tendono a spezzarsi mostrando, oltre a una scarsa resistenza alla trazione, un imbrunimento rosso scuro dei tessuti. Le porzioni di piante lesionate da gelo spesso presentano tessuti poco sviluppati, con netti restringimenti. In corrispondenza di questi possono presentarsi i tipici imbrunimenti qualora vi sia stata l’infezione. Le piantine colpite da P. cactorum iniziano a manifestare avvizzimenti altalenanti in funzione dei periodi più o meno caldi della giornata. Già in autunno, nei giovani impianti, possono evidenziarsi necrosi al colletto. In piena fioritura e durante l’ingrossamento dei frutti, le piante avvizziscono rapidamente. Sezionando il fittone i tessuti appaiono imbruniti totalmente o solo nella zona della corona, o al restringimento, o alla base, oppure in corrispondenza dei residui dello stolone. Per la prevenzione della malattia sono fondamentali l’impiego di piante sane e la realizzazione di efficienti reti di sgrondo delle acque piovane. Inoltre è necessario allontanare e distruggere la risulta delle pulizie o sfogliature autunnali o primaverili, per eliminare fonti d’inoculo di questa o di altre fitopatie. La difesa chimica, oltre che sull’azione preventiva dei preparati rameici, verte soprattutto sull’impiego di prodotti dotati di sistemia basipeta o acropeta applicati per immersione delle piantine prima della loro
Sintomi di maculatura bruna su foglie
Foto I. Ponti
Sintomi di infezioni da Phytophthora a livello del colletto
Ristagni d’acqua lungo le bine sono favorevoli allo sviluppo di miceti come la fitoftora
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malattie e fisiopatie messa a dimora o al terreno in pre- o in post-impianto e alla ripresa vegetativa. Permangono fondamentali le produzioni vivaistiche con piante madri sane, in terreni privi di problematiche. La realizzazione di reti di sgrondo, tali da impedire quei ristagni con i quali si possono infettare grandi quantità di piante, è importantissima. Inoltre è necessario allontanare e distruggere la risulta delle pulizie autunnali o primaverili, per eliminare fonti d’inoculo anche per altre fitopatie. Nelle produzioni di cime radicate, o per l’ingrossamento di piantine in vasetto, oltre all’utilizzo di materiale di sicura origine e sanità, è necessario impiegare terricci sufficientemente sciolti per evitare ristagni. Midollo rosso o cuore rosso (Phytophthora fragariae) La malattia, particolarmente aggressiva, è poco diffusa in Italia e molto più nei Paesi del Nord Europa. Si manifesta con temperature di 20-25 °C e abbondante umidità; colpisce il fusto e le radici portandoli a rapido deperimento. La perpetuazione degli agenti infettivi avviene come oospore nel terreno o sui tessuti vegetali. Questa micopatia si manifesta con le foglie centrali della rosetta poco vigorose e di colore verde cupo, e con afflosciamento del fogliame partendo dagli elementi esterni. Alla sezione del rizoma i tessuti manifestano un’inconfondibile colorazione rossa estesa anche alla parte centrale delle radici. La prevenzione è legata al materiale vivaistico oltre che alle lunghe rotazioni e alle indicazioni riportate per P. cactorum. La coltivazione su terreno pacciamato con buona baulatura e lo sgrondo delle acque piovane sono basilari per non favorire le fitoftore in genere.
Danni al colletto provocati da Phytophthora
Foto I. Ponti
Sintomi di infezioni da Phytophthora a livello dell’apparato radicale
Sezione di piantine di fragola affette da fitoftora (Phytophthora cactorum)
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coltivazione Marciume della corona (Botrytis cinerea) La malattia, accentuata dall’alta temperatura e dall’umidità elevata, può manifestarsi già in estate dopo il trapianto oppure alla ripresa vegetativa primaverile, soprattutto negli impianti in coltura protetta. L’infezione è favorita da lesioni alla corona, fin dall’epoca dell’estirpazione in vivaio, o dai danni da gelo invernale alle gemme o ai germogli. Le infezioni in post-trapianto sono spesso incontenibili. Le piantine affette da marciume della corona dopo il trapianto presentano le foglioline dapprima afflosciate, poi disseccate e necrotizzate. Le infezioni possono ripetersi anche in fasi successive o in primavera, interessando, a volte, solo parte della corona o una sola gemma. Osservando gli organi colpiti possono evidenziarsi le tipiche efflorescenze di muffa grigia. Per prevenire la malattia è bene evitare i ristagni e le vecchie tecniche d’irrigazione per aspersione con grandi volumi d’acqua, adottando invece le manichette sotto pacciamatura. Fondamentale anche l’impiego di materiale di propagazione sano. La tecnica di far germogliare le piantine frigoconservate prima del trapianto permette di identificare parte del materiale a rischio. L’arieggiamento delle serre, fin dalla copertura, costituisce una discreta prevenzione, ma deve essere integrata da specifici interventi fungicidi allorché i focolai sono estesi o il clima è sfavorevole.
Foto I. Ponti
Piante di fragola collassate
Marciume asciutto della corona o carbone-Rot (Macrophomina phaseolina) L’agente, conosciuto e diffuso in varie specie erbacee (melone, peperone, solanacee, leguminose ecc.), è stato rilevato su Fragaria × ananassa, nel 2001 in Florida (USA) e in seguito in Francia,
Forte infezione di botrite con elevata perdita produttiva
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malattie e fisiopatie India, Illinois (USA), Israele, Spagna. La grave manifestazione di collasso, che si presenta similmente a quella causata da altre fitopatie del colletto come antracnosi o fitoftora, si ritiene favorita in primis dall’abbandono, per motivi ambientali, delle fumigazioni con bromuro di metile, ma ogni ipotesi è aperta. I primi casi si sono notati in aree di bordo, ritenute fumigate male e anche con problemi idrici. Le epoche di infezione e di comparsa sono quelle calde, con bassa umidità, cioè in condizioni simili a quelle che portano allo stress idrico. Le piante colpite mostrano inizialmente sintomi di stress idrico, poi vanno soggette a collasso afflosciando le foglie al suolo. Alla sezione presentano imbrunimenti estesi lungo l’anello vascolare. La diagnosi, necessariamente scrupolosa data la notevole importanza della fitopatia emergente, richiede accurati esami di laboratorio. Per la lotta, gli unici prodotti che rallentano il deperimento non sono registrati, per cui oltre alle fumigazioni si deve puntare su ampie rotazioni.
Foto I. Ponti
Foto I. Ponti
Malattie delle parti epigee Marciume bruno o marciume amaro dei frutti (Phytophthora cactorum) Il marciume bruno è una fitopatia che compare specie negli impianti in pien’aria, soggetti ad abbondanti irrigazioni per aspersione e soprattutto in anni con forti precipitazioni. L’agente infettante si perpetua come oospora durevole nei residui della vegetazione di numerose specie, anche arboree e frutticole. Le condizioni ideali per l’infezione sono temperature comprese tra 18 e 23 °C e umidità relativa prossima alla saturazione. La malattia si manifesta su frutti, calici e peduncoli che perdono di consistenza, assumono aspetto cuoioso e induriscono. Sui centri
Sintomi di infezione da fitoftora su frutti di fragola in prossimità della maturazione
Foto G. Ceredi
Sintomi precoci di infezioni da Phytophthora cactorum su frutti ancora immaturi Sintomi di Phytophthora cactorum su frutto
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coltivazione d’infezione compare un micelio bianco. La polpa dei frutti colpiti è di sapore amarognolo.
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Antracnosi (Colletotrichum acutatum, C. fragariae) L’antracnosi rappresenta una grave fitopatia da quarantena che si è diffusa in tutti gli areali fragolicoli negli anni più recenti. La fonte d’inoculo è rappresentata dai residui vegetali infetti dell’annata precedente, o dalle stesse piantine di fragola provenienti da ambienti contaminati. Si ritiene che nel terreno il fungo, sebbene resistente alle basse temperature, non sopravviva da un anno all’altro. Le condizioni favorevoli alle infezioni sono costituite da temperature comprese fra 20 e 28 °C e con bagnatura di circa 8 ore. La prevenzione della malattia è basata su: adozione di ampie rotazioni; esecuzione d’irrigazioni sotto pacciamatura; asportazione e distruzione dei fiori e dei frutti colpiti in campo. Fondamentale l’impiego di materiale di propagazione sano (compresi i “semi” che, ove siano impiegati per particolari produzioni di materiale vivaistico, debbono essere prelevati solo da bacche incontaminate) e, pertanto, l’attuazione nei vivai di scrupolose tecniche agronomiche e fitoiatriche, volte a limitare la diffusione della malattia, moltiplicando materiale sano in ambienti isolati. A fine ciclo è bene interrare subito i fragoleti per evitare che, con le piogge, sui frutti rimasti possano svilupparsi infezioni potenzialmente in grado di contaminare i nuovi impianti limitrofi. I sintomi dell’antracnosi compaiono in fase vegetativa su foglie, frutti, steli, stoloni, piccioli fogliari, peduncoli fiorali, corona e colletto. Su stoloni, piccioli e peduncoli si evidenziano lesioni scure, depresse ed ellittiche, crescenti, che possono confluire determinando strozzature e blocchi di crescita. Sui frutti si osservano tacche prima oleose e successivamente depresse, lucenti e di colore marrone. Con l’evoluzione, sui centri
Le infezioni di Phytophthora ai frutti si manifestano con perdita di consistenza di calici e peduncoli, che induriscono e assumono un aspetto cuoioso
Sintomi di antracnosi su foglia
Infezione di antracnosi molto estesa sui frutti
Strozzatura dello stolone dovuta a infezione di antracnosi
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Sintomi di antracnosi su frutto
malattie e fisiopatie infetti compare un’efflorescenza mucillaginosa (arancio-marrone) costituita dalle fruttificazioni acervulari del patogeno. I frutti colpiti tendono a mummificare e in corrispondenza delle porzioni infette gli acheni divengono nerastri. Nei casi più gravi le infezioni possono estendersi ai tessuti del colletto, provocando alterazioni con imbrunimenti seguiti da seri deperimenti delle piante. Alternariosi (Alternaria alternata) Malattia sporadica, legata a caratteristiche genetiche, che compare in periodi caldo-umidi tra la primavera e l’inizio dell’autunno. Detto micete in genere non ha comportamento parassitario ma attiva la sua aggressività verso alcune varietà di fragola, nei confronti delle quali il patogeno produce sostanze a effetto tossico specifico. L’alternariosi colpisce foglie, piccioli e stoloni provocando diffuse lesioni necrotiche rotondeggianti di colore violaceo e chiare al centro, confondibili, nella fase iniziale, con vaiolatura o antracnosi. La malattia non colpisce i frutti, ma le lesioni a carico dell’apparato vegetativo interferiscono sulle capacità elaboranti delle foglie, che arrossano e deperiscono, con conseguente riduzione della vigoria delle piante e della relativa produzione in frutti o in materiale vivaistico.
Infezione precoce di antracnosi su frutti in fase di accrescimento
Muffa grigia dei frutti (Botrytis cinerea) Potenzialmente è la più grave malattia della fragola coltivata in pien’aria, mentre nelle coltivazioni in serra o in tunnel le infezioni, con opportune accortezze, sono limitate. Piogge persistenti o lunghi periodi di bagnatura e temperature comprese fra 5 e 35 °C rappresentano i maggiori fattori di rischio per questo patogeno ubiquitario. Gli impianti fitti o con piante eccessivamente vigorose, con ristagni di umidità, sono facilmente soggetti a infezioni. Le irrigazioni per aspersione sono sconsigliate e, dove non è possiFoto R. Angelini
Infezioni estese di Alternaria alternata pv. fragola sulle foglie e sugli stoloni in vivaio Foto I. Ponti
Foto R. Angelini
L’alternariosi colpisce esclusivamente foglie, piccioli e stoloni, sui quali si evidenziano diffuse lesioni necrotiche rotondeggianti di colore violaceo e chiare al centro
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coltivazione bile adottare altre soluzioni, è opportuno eseguirle al mattino per limitare le ore di bagnatura. In coltivazione forzata, o con altre coperture, le infezioni sono limitate qualora gli ambienti siano ventilati e asciugati fin dalle prime ore del mattino. La prevenzione è legata alle equilibrate concimazioni azotate e alla pacciamatura su discreta baulatura, nonché all’asportazione delle foglie deperite nel momento della ripresa vegetativa. Le infezioni botritiche interessano peduncoli fogliari, steli, fiori, calici, foglie e frutti. I sintomi sui frutti si evidenziano sotto forma di macchie bruno-chiare traslucide sulle quali compaiono feltri grigi contenenti gli organi di diffusione della malattia. I fiori colpiti divengono scuri, poi presentano la tipica muffa grigia e rinsecchiscono. Infezioni ad antere e pistilli, poco evidenti a occhio nudo, determinando la perdita di elementi fecondati, possono indurre alla formazione di bacche gravemente deformate.
Foto R. Angelini
Muffa nera, marciume acquoso (Aspergillus niger) Malattia provocata da un micete comunissimo, saprofita e con deboli attitudini parassitarie, favorita da temperature di 28-30 °C e da piogge persistenti. Gli esiti dell’infezione si manifestano soprattutto in fase di postraccolta mentre in campo si evidenziano sui frutti molto maturi, soprattutto dopo forti temporali. Il patogeno determina sui frutti il rammollimento della polpa, la perdita di succhi e il disfacimento dei tessuti, che appiattiscono. Nei contenitori per la commercializzazione i frutti infetti collassano e formano una massa deliquescente su cui si sviluppa un’abbondante muffa fungina polverulenta di colore nero. Foto R. Angelini
Infezione di botrite con efflorescenza della fruttificazione conidica Infezione di botrite con efflorescenza della fruttificazione conidica
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malattie e fisiopatie Vaiolatura (Mycosphaerella fragariae, Ramularia tulasnei) L’infezione, che necessita di alcune settimane d’incubazione, avviene con temperature da 18 a 25 °C e alta umidità relativa. La vaiolatura causa sulle foglie la comparsa di macchie rotondeggianti o ovoidali (di 2-4 mm), di colore rosso scuro, ben evidenti nella pagina superiore. Con l’evoluzione, al centro le aree infette divengono grigio chiaro o biancastre, mantenendo il tipico alone rossastro. Con infezioni estese e confluenti, il fogliame è soggetto a deperimenti con arrossamenti o imbrunimenti. Nei casi gravi, a fine estate o in autunno, ove non si intervenga adeguatamente, l’evoluzione delle infezioni porta al deperimento parziale della vegetazione più vecchia. Maculatura bruna (Diplocarpon earliana, Marssonina fragariae) Il micete sopravvive da un anno all’altro sulle foglie morte. Gli schizzi della pioggia battente o dell’irrigazione contribuiscono alla diffusione delle spore infettanti. L’asportazione delle foglie deperite, a fine stagione o in primavera, contribuisce a limitare il potenziale d’inoculo. Le lesioni iniziali di maculatura bruna sulla foglia sono simili a quelle della vaiolatura ma, con l’evolversi dell’infezione, le macchie si espandono, assumono un aspetto irregolare (4-5 mm) e un colore rosso cupo o, a volte, sono circondate da un alone più chiaro. La parte centrale delle macchie, di colore marrone, distingue la maculatura bruna dalla vaiolatura nella quale è grigio-biancastra. La confluenza di più lesioni può determinare disseccamenti a porzioni di lamine fogliari i cui margini si piegano verso l’alto. Lesioni necrotiche possono evidenziarsi anche sugli altri organi della pianta, compresi i frutti.
Foglia di fragola con sintomi di vaiolatura
Particolare dei sintomi di vaiolatura su foglie Foto I. Ponti
Particolare della necrosi fogliare provocata da Marssonina fragariae Sintomi di maculatura bruna dovuta a Diplocarpon earliana
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coltivazione Maculatura zonata (Gnomonia comari, Zythia fragariae) È una malattia ritenuta di secondaria importanza, che si manifesta sulle varietà sensibili con andamento climatico piovoso. Il parassita sverna sulla vegetazione morta o sulle piante. Le infezioni, dovute a conidi e ascospore, presenti sui tessuti infetti, si manifestano sulla vegetazione di fine estate-autunno e primaverile, con temperature da 18 a 25 °C e con alta umidità relativa. Le prescrizioni nei confronti di questa micopatia si basano sull’evitare le irrigazioni per aspersione e sull’asportazione del materiale infetto alla ripresa vegetativa. I sintomi di questa malattia sulle foglie si evidenziano dapprima con piccole macchie del diametro di 2-3 mm che possono essere confuse con quelle causate da altri patogeni. Successivamente le lesioni si estendono (oltre 1 cm di diametro) con la formazione di ampi imbrunimenti rotondeggianti o triangolari, orientati nel senso delle nervature, che limitano la superficie elaborante dell’apparato vegetativo. Macchie inizialmente puntiformi possono interessare i piccioli fogliari, i peduncoli fiorali e anche la corona, determinando uno stato di sofferenza della pianta. In casi gravi le alterazioni coinvolgono peduncoli, calici e frutti che prima schiariscono, poi possono imbrunire. Sui centri d’infezione dei vari tessuti colpiti, compaiono punteggiature nerastre che rappresentano le fruttificazioni della malattia.
Foto G. Ceredi
Frutto con evidenti sintomi di infezione da maculatura zonata
Oidio (Sphaerotheca macularis, Oidium fragariae) È una malattia molto diffusa, riscontrabile sulla superficie di tutti gli organi epigei. Le fragole in coltivazioni protette sono maggiormente soggette all’oidio rispetto a quelle di pieno campo. L’effetto dilavante delle precipitazioni e delle irrigazioni per aspersione, assieme all’elevato turgore cellulare, contrasta le infezioni del patogeno. Queste sono favorite da somministrazioni azotate fuori
Imbrunimenti triangolari delle foglie dovuti a maculatura zonata
Foto G. Ceredi
Foto I. Ponti
Sintomi di maculatura zonata Pianta di fragola infetta da Gnomonia comari
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malattie e fisiopatie tempo o esagerate, che stimolano l’emissione di nuova vegetazione priva di protezione. La germinazione ottimale dei conidi, responsabili delle infezioni, può avvenire con temperature fra i 15 e i 25 °C, mentre è ridottissima a 5 e 35 °C. I conidi rimangono vitali per un breve periodo e, per germinare, necessitano, a 25 °C, di 5-6 ore con umidità relativa elevata. La successiva colonizzazione avviene in uno o due giorni dalla germinazione. Le foglie colpite da oidio presentano la tipica muffa biancastra e la pagina fogliare lievemente accartocciata verso l’alto. Sulle varietà poco sensibili il micelio si nota pochissimo mentre, come reazione all’infezione, i tessuti fogliari possono presentare un particolare arrossamento. Sui fiori il micelio può ricoprire l’intera superficie determinando anche deformazioni. I frutti sviluppati, e prossimi alla raccolta, possono presentare opacizzazioni del colore, perdita della brillantezza, e giungere ai mercati con aspetto spento.
Infezioni di oidio su frutti e foglie
Fisiopatie Colpo di sole La manifestazione in pieno campo interessa essenzialmente il frutto o le foglie qualora manchi il governo del tessuto non tessuto steso sui fragoleti. In molti casi le piogge sono gli elementi scatenanti, specie sugli impianti molto vigorosi o già con elevate dotazioni idriche. Nelle coltivazioni protette sono frequenti lesioni alle foglie per il raggiungimento di temperature altissime dopo periodi umidi e tiepidi. Inoltre con le alte temperature, asciugando lo stigma, si perdono capacità recettive e di germinazione del polline, a sua Oidio su frutti di fragola in accrescimento e su frutti maturi
Arrossamenti fogliari puntiformi a seguito di reazioni a infezioni d’oidio
Frutti danneggiati dal colpo di sole, raccolti per evitare marciumi nel fragoleto
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coltivazione
Ustioni sulle foglie in tunnel. Il fenomeno si evidenzia in corrispondenza di caldi eccessivi e con la presenza di gocce d’acqua sulla vegetazione che fungono da lenti
Frutto di fragola danneggiato dal sole. Il colpo di sole è un fenomeno che si rileva in corrispondenza dei primi caldi dopo periodi freschi o piovosi
Accartocciamento delle foglie a contatto del tessuto non tessuto a seguito di clima umido alternato a periodi soleggiati e con telo protettivo non rimosso dal fragoleto
volta a rischio con temperature superiori a 28 °C e umidità relativa prossima al 50%. Il contenimento di detti danni può essere realizzato: evitando eccessive concimazioni azotate ed elevate irrigazioni per aspersione; arieggiando adeguatamente i tunnel; mantenendo, in fioritura, umidi gli ambienti attraverso la distribuzione di acqua lungo le file; gestendo l’apertura delle coperture o, addirittura, sovrapponendovi reti ombreggianti o spruzzando sulle stesse un velo di calce.
Sintomi di colpo di sole o di calore
• Sui frutti maturi compaiono aree chiare, estese a tutta la parte esposta. Le foglie bagnate, rimaste a lungo a contatto con il tessuto, tendono ad arrotolarsi e schiarire; le loro porzioni distali, sottoposte a elevate temperature, avvizziscono e assumono una colorazione grigia. Con la mancanza di fecondazione le bacche crescono malformate e perdono i requisiti qualitativi per la commercializzazione
Campo di fragole protetto dal tessuto non tessuto. La scorretta gestione dell’uso di questo mezzo di semiforzatura è una delle cause dei danni da colpo di sole
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malattie e fisiopatie Danni da gelo Possono interessare ogni organo della pianta, in vivaio e in produzione, in funzione dello status in cui si trovano. Forti gelate ma con la copertura di neve o di un buon ”tappeto” di foglie attenuano gli effetti (la temperatura letale è –10-15 °C) Esperienze dirette indicano che la sensibilità è legata al buono stato agronomico (pieno turgore), alla durata dell’evento e al ripetersi dello stesso. Con un buono status, in vivaio a –8 °C, le piante adatte ai climi settentrionali possono mostrare alterazioni lievi mentre quelle per climi caldi possono presentare lesioni anche con temperature di –5 °C. In ciascun caso, l’evoluzione favorevole è influenzata da una buona reidratazione e dal clima mite all’epoca del trapianto o della ripresa primaverile. I danni ai fiori o ai frutticini o la lessatura delle foglie si possono verificare con semplici brinate tardive causando perdite dirette o malformazioni dei frutti. Nei riguardi di questi valgono le comuni pratiche antibrina, a condizione che il gelo sia di limitata durata e di poco inferiore allo zero.
Sintomi di gelate
• Il materiale vivaistico mostra tessuti, gemme o abbozzi fogliari imbruniti
• Le radici di piante prodotte nei terreni sabbiosi si possono presentare notevolmente disidratate
• Le piante in produzione possono
manifestare gli stessi sintomi al colletto; inoltre, i primi bottoni fiorali possono essere lesionati
• Con le brinate tardive i fiori mostrano
al centro una macchia scura che evolve al nero. In sezione, fiori e frutticini presentano estesi imbrunimenti
Danni da grandine Le grandinate possono causare, soprattutto sui frutti prossimi alla maturazione, danni molto rilevanti in funzione dell’intensità dell’evento e della presenza o meno di pioggia. Le lesioni possono interessare ogni parte esposta della pianta e soprattutto i frutti che, nei casi gravi, vanno perduti. L’evoluzione delle lesioni è legata alla possibilità d’intervento con fungicidi e all’andamento stagionale successivo all’evento. Nei casi gravi, buona parte del raccolto può andare perduta o non essere destinata al consumo fresco.
Imbrunimenti per lessature da gelo nei germogli sezionati
Esiti di gelate tardive su fiori e frutticini di fragole
Danni da gelo ai fiori. I fiori in sezione mostrano imbrunimenti irrecuperabili
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coltivazione Fallanze per ripicchettature post-impianto Il problema degli insuccessi delle ripicchettature, soprattutto con piantine frigoconservate (e in minima parte vegetanti), su terreni pacciamati interessa i periodi di caldo intenso. Il fenomeno si presenta con le morie ripetute di rimesse nell’esatto sito in cui altre erano deperite anche dopo un rigoglio vegetativo discreto. Lo stesso materiale di riserva, posto a dimora ai bordi della pacciamatura, per le ripicchettature, attecchisce generalmente senza particolari problemi. Identica considerazione per gli impianti eseguiti con materiale degli stessi lotti, ma in periodi con bassa temperatura o in ambienti ombreggiati. La causa del fenomeno è certamente legata alle alte temperature del terreno pacciamato, che permettono a funghi saprofiti e batteri di aggredire i tessuti vegetali indeboliti, ma vi sono altri elementi intrinseci in grado di esaltare queste problematiche in determinate situazioni. Tra questi, le microlesioni dovute a gelate in vivaio o a disidratazioni dopo l’estirpazione, o a frigoconservazione a temperature non adeguate. Altri fattori sfavorevoli all’attecchimento sono: la presenza di tracce di gas residui delle fumigazioni, che risalgono ed esalano con le alte temperature; gli elementi fertilizzanti ad alte concentrazioni; l’acqua d’irrigazione con elevata salinità. La risoluzione agronomica del problema consiste nell’asportare il terreno del sito in cui è avvenuto il deperimento e metter-
Sintomi dei danni da grandine
• Le lesioni più gravi determinano rotture
delle foglie e di ogni altro organo verde, che dopo alcuni giorni dall’evento imbrunisce o dissecca
• Sui frutti le lesioni gravi mettono a nudo i tessuti, determinando disfacimenti su quelli maturi e crescite anomale su quelli verdi
• Le grandinate leggere in epoca di
raccolta determinano sui frutti piccole ammaccature. Queste si evidenziano con un cambiamento di colore, dovuto all’ossidazione dei succhi resi liberi dalla compressione del chicco di grandine
Lesioni sulle bacche mature dovute a colpi di grandine di discreto diametro
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malattie e fisiopatie ne del nuovo, o nell’eseguire la ripicchettatura lungo la fila, a debita distanza dal punto inospitale. Quanto esposto richiama all’attenzione il pregio della qualità del materiale vivaistico e le cure dei terreni, nonché le tecniche agronomiche atte a limitare i rischi. Tra queste ultime si ricordano le concimazioni, da eseguirsi solo dopo l’accertato attecchimento, all’abbassarsi delle temperature, perché moltissimi terreni adibiti alla fragolicoltura dispongono di abbondanti quantità di elementi chimici e di elevata salinità, nefasta nei periodi delicati. Le piantine dopo l’impianto emettono foglie che appassiscono e disseccano. Estirpate, oltre alle tipiche esalazioni di fermentato, presentano l’apparato radicale, vecchio e nuovo, di facile decorticazione, con imbrunimenti estesi fino all’interno del fittone. Dove è stata eseguita la fumigazione, specie in terreni compatti, vi può essere necessità che i gas residui siano allontanati dal sito di trapianto. Questi possono provocare difficoltà d’attecchimento o stentata crescita con aspetti negativi sulla produzione. Ove il trapianto avvenga in periodi di fine estate, con temperature miti le interferenze sulle piantine possono essere molto lievi e non avere effetti evidenti, ma comparire in primavera con i caldi intensi specie in coltivazione forzata. Per limitare dette interferenze è necessario seguire alcune procedure: prima della fumigazione, se il terreno è molto umido attendere che divenga in giusta tempera; dopo le fumigazioni, trascorsi i giorni previsti, togliere le coperture in giornate e periodi in cui non siano previste piogge, arieggiare il suolo con fresatrici, ma senza superare la linea di fumigazione per non ricontaminare il terreno; prima della stesura della pacciamatura eseguire il test del crescione e ripetere la rimozione del suolo in caso di positività.
Test del crescione
• Il test consiste nel prelevare, da varie
posizioni dell’appezzamento e a diverse profondità, dei campioni di terreno da porre in vari vasi di vetro, a chiusura ermetica, fino all’altezza di circa due terzi. Quindi, in un piccolo contenitore separato, con la base ricoperta da carta bibula o cotone imbevuti in acqua, disporre i semi del Lepidium sativum. Posto il contenitore sopra al terreno e chiuso il vaso (senza bagnare il substrato in esame), si attende la germinazione. Al caldo, e in mancanza di gas, questa avviene in uno o due giorni. Diversamente, o il seme non nasce, o le piumette appena spuntate si afflosciano e muoiono, indicando la necessità di ulteriori rimozioni dei gas prima della stesura della pacciamatura
Esiti da gas fumiganti residui
• Le piantine, nei casi gravi, stentano
ad attecchire e, superata la crisi, ove vi siano altissime temperature, tendono ad afflosciare per riprendersi con la mitigazione delle condizioni ambientali. Nei casi gravi parte delle foglie imbrunisce e necrotizza. Le nuove radici imbruniscono o risultano di limitata estensione. La vegetazione, passata la crisi, appare molto verde ma possono mancare foglie e gemme, con ripercussioni sulla produzione
Deperimenti delle piantine per problemi residuali di fumiganti nel terreno non opportunamente bonificato prima della piantagione
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la fragola
coltivazione Virus, fitoplasmi e batteri Anna Rosa Babini
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti: la foto alla pagina 13 (Sandro Botticelli, La Primavera - Firenze, Galleria degli Uffizi) è di © 2010 Foto Scala, Firenze - su concessione Ministero Beni e Attività Culturali. Le foto alle pagine 47, 60 (Ekaterina Starshaya), 66, 337 sono dell’agenzia Dreamstime.com. Le foto alle pagine 17 (ronen©), 45 (Massimiliano Pieraccini), 62 (Denis and Yulia Pogostins), 63 (©Kelly Cline 2006), 64 in alto a sinistra, 64 in basso, 65, 497 in alto a destra, 500 in alto a sinistra sono dell’agenzia iStockphoto.com.
coltivazione Virus, fitoplasmi e batteri Foto DiSTA UNIBO
Introduzione La fragola è particolarmente vulnerabile a infezioni provocate da organismi nocivi e ospita numerosi agenti di malattie causate da procarioti (fitoplasmi, batteri parenchimatici e floematici) e di origine virale (virus e agenti virus-simili) che causano danni diretti (lesioni, necrosi fogliari e radicali, deperimenti) e indiretti (perdita di vigore e di produttività) alle piante colpite. In diversi casi si tratta di organismi nocivi introdotti nei nostri ambienti con materiali vegetali provenienti da altri continenti; infatti, il movimento di piante a livello mondiale comporta il rischio dell’introduzione accidentale di organismi patogeni in aree che ne sono indenni. Questi patogeni, più o meno aggressivi, sono però in grado di attaccare in maniera sistemica tutte le porzioni della pianta, persistendo nel materiale di propagazione che assume così un ruolo epidemiologico di primaria importanza nella loro diffusione. Virus e virosi La fragola è interessata da 21 specie virali, di 14 diversi generi, diffuse a livello mondiale e associate a malattie differenti per sintomi e gravità. Fino a oggi, 10 specie sono state segnalate come presenti anche in Italia: tra queste il virus del mosaico del melo (Apple mosaic virus, ApMV), il virus del mosaico dell’Arabis (Arabis mosaic virus, ArMV), il virus della maculatura anulare latente della fragola (Strawbwerry latent ring spot virus, SLRV), il virus della maculatura anulare nera del pomodoro (Tomato black ring virus, TBRV) e il virus della necrosi del tabacco (Tobacco necrosis virus, TNV) sono polifagi e sporadicamente presenti in altre colture erbacee e arboree (per esempio ortive, fruttiferi, olivo, vite ecc.).
Foto DiSTA UNIBO
Foto DiSTA UNIBO
Piante risultate positive a SMoV, SMYEV, SVBV, SPaV in estate e in autunno
Fragole con clorosi e nanismo di sospetta origine virale
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virus, fitoplasmi e batteri Al contrario dei precedenti, il virus dell’arricciamento della fragola (Strawberry crinkle virus, SCV), il virus dell’ingiallimento del bordo della fragola (Strawberry mild yellow edge virus, SMYEV), il virus della maculatura della fragola (Strawberry mottle virus, SMoV), il virus della scolorazione perinervale della fragola (Strawberry vein banding virus, SVBV), il virus associato alla pallidosi della fragola (Strawberry pallidosis associated virus, SPaV) e il virus associato alla maculatura clorotica (Strawberry chlorotic fleck associated virus, StCFaV) sono stati al momento ritrovati solo su Fragaria spp. Questi virus possono provocare gravi perdite, con incidenza economica derivante dalla diminuzione del vigore vegetativo e dalla ridotta capacità produttiva delle piante virosate rispetto alle sane. I virus della fragola, a seconda del genere e della specie, vengono trasmessi da vettori come insetti (tripidi, aleurodidi, afidi appartenenti ai generi Chaetosiphon e Myzus) o come nematodi, dei generi Xiphinema, Longidorus e Paralongidorus. Alcuni possono contaminare anche polline e semi. La diffusione delle infezioni virali è perciò strettamente correlata alle caratteristiche proprie dell’agente responsabile della malattia, quali il suo grado di patogenicità e la sua potenzialità a essere veicolato da fattori biotici naturali, ma dipende anche dalla sensibilità della pianta ospite, dalle condizioni ambientali e di coltivazione che possono influire sulle popolazioni dei loro vettori. L’identificazione e la caratterizzazione in tempi recenti di un numero rilevante di agenti virali sulla fragola sono state possibili grazie allo sviluppo di tecniche d’individuazione molecolare basate sul riconoscimento di specifiche sequenze nucleotidiche dei virus. Tali tecniche, negli ultimi anni, hanno consentito la messa a punto di protocolli molecolari di reazione a catena della polimerasi (PCR; RT-PCR) dei principali virus della fragola, facilitando l’identificazione di questi ultimi. Nella tabella a pagina seguente sono elencati i virus segnalati nel mondo sulla fragola e, dei principali, viene riportata una breve descrizione.
Difesa da virus e fitoplasmi
• La lotta contro i virus e gli altri agenti virus-simili è basata unicamente su strategie di tipo preventivo, che sono:
- moltiplicazione e produzione di piante virus-esenti, a partire da fonti saggiate che, se ritrovate infette, possono essere utilizzate solo dopo il risanamento, applicando la tecnica della termoterapia combinata alla coltura dei meristemi in vitro - produzioni vivaistiche ottenute seguendo la normativa fitosanitaria italiana per la certificazione “virus-esente” della fragola (D.M. 20/11/2006) che prevede l’assenza di 14 virus (SMYEV, SMoV, SVBV, SCV, FCILV, SPaV, BPYV, SLRSV, ArMV, RRV, TBRV, ToRSV, TSV, TNV). Il materiale virus-esente deve risultare anche libero da 7 diversi fitoplasmi - utilizzo di piante certificate virusesenti per gli impianti produttivi che dovranno essere ricostituiti ogni anno con nuove piante di vivaio: in questo modo si riduce il danno relativo a eventuali agenti di malattie infettive trasportati, in pieno campo, da vettori come insetti e nematodi
Virus trasmessi da afidi Virus dell’arricciamento della fragola (Strawberry crinkle virus, SCV) È un virus trasmesso da afidi (Chaetosiphon fragaefolii, C. jacobi) con la modalità della persistenza; segnalato in Nord America oltre 70 anni fa, oggi è presente in tutto il mondo con ceppi di differente virulenza. La sequenza nucleotidica di questo virus, che ha particelle bacilliformi e appartiene alla famiglia Rhabdoviridae (genere Cytorhabdovirus), è stata interamente decodificata consentendo di utilizzare, per la diagnosi, tecniche di biologia molecolare. È incluso tra gli organismi nocivi regolamentati da quarantena, di cui deve essere vietata la diffusione nella Comunità Europea ai sensi del Decreto Legislativo del 19 settembre 247
coltivazione 2005, n. 214, allegato 2. Può risultare molto dannoso in particolare quando è presente contemporaneamente ad altri virus trasmessi da afidi o da aleurodidi. In questi casi induce effetti molto gravi come riduzione del vigore vegetativo, dello sviluppo degli stoloni, nonché della produttività della pianta e della qualità dei frutti. Tutte le specie del genere Fragaria sono suscettibili; le varietà più sensibili reagiscono con maculature clorotiche sulle foglie che appaiono deformate, arricciate e con piccioli ridotti. Virus dell’ingiallimento leggero del bordo della fragola (Strawberry mild yellow edge virus, SMYEV) La malattia causata dal virus dell’ingiallimento del bordo è stata descritta all’inizio del secolo scorso nel continente americano e in Europa. SMYEV è tra i più diffusi nel mondo e, tra quelli che infettano la fragola, è stato il primo a essere sequenziato a livello
Indicatore UC 5 con sintomi del virus dell’arricciamento della fragola (SCV)
Virus della fragola, nomi, sigle, modi di trasmissione, genere e metodi di rilevazione in laboratorio Nome del virus
Sigla
Modo di trasmissione
Genere
Rilevazione del laboratorio
Apple mosaic virus
ApMV
Polline, seme
Ilarvirus
ELISA, RT-PCR
Arabis mosaic virus
ArMV
Nematodi, seme
Nepovirus
ELISA, RT-PCR
Beet pseudo-yellows virus
BPYV
Aleurodidi
Crinivirus
RT-PCR
Fragaria chiloensis cryptic virus
FChCV
Sconosciuto
Sconosciuto
RT-PCR
Fragaria chiloensis latent virus
FChLV
Polline, seme
Ilarvirus
ELISA, RT-PCR
Nepovirus
ELISA, RT-PCR
Raspberry ringspot virus
RpRSV
Nematodi, seme
Strawberry chlorotic fleck virus
StCFaV
Afidi
Closterovirus
RT-PCR
Strawberry crinkle virus
SCV
Afidi
Cytorhabdovirus
RT-PCR
Strawberry feather leaf virus
NA
Sconosciuto
Sconosciuto
non determinata
Strawberry latent virus
StLV
Sconosciuto
Cripavirus
RT-PCR
Strawberry latent C virus
SLCV
Afidi
Nucleorhabdovirus
non determinata
Strawberry latent ring spot virus
SLRSV
Nematodi, seme
Sadwavirus
ELISA, RT-PCR
Strawberry mild yellow edge virus
SMYEV
Afidi
Potexvirus
ELISA, RT-PCR
Strawberry mottle virus
SMoV
Afidi
Sadwavirus
RT-PCR
Strawberry necrotic shock virus
SNSV
Tripidi, polline, seme
Ilarvirus
ELISA, RT-PCR
Strawberry pallidosis associated virus
SPaV
Aleurodidi
Crinivirus
RT-PCR
Strawberry pseudo mild yellow edge virus
SPMYEV
Afidi
Carlavirus
ELISA
Strawberry vein banding virus
SVBV
Afidi
Caulimovirus
PCR
Tobacco necrosis virus
TNV
Oomiceti, Olpidium spp.
Necrovirus
ELISA, RT-PCR
Tomato black ring virus
TBRV
Nematodi, seme
Nepovirus
ELISA, RT-PCR
Tomato ring spot virus
TRSV
Nematodi, seme
Nepovirus
ELISA, RT-PCR
Fonte: Martin e Tzanetakis, 2006
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virus, fitoplasmi e batteri genomico. È un virus con particelle allungate e, pur essendo trasmesso da afidi del genere Chaetosiphon, con la modalità della persistenza, appartiene al genere dei Potexvirus. Molte varietà sono tolleranti e possono reagire all’infezione di SMYEV con una leggera clorosi marginale delle foglie più giovani; se si verifica, invece, l’infezione contemporanea dei virus dell’ingiallimento del bordo e dell’arricciamento, si possono osservare sia la clorosi del margine fogliare, sia un accentuato nanismo delle piante e perdite di produzione. Anche questo virus è incluso tra gli organismi nocivi regolamentati da quarantena, di cui deve essere vietata la diffusione nella Comunità europea ai sensi del Decreto Legislativo del 19 settembre 2005, n. 214, allegato 2.
Trasmissione di virus e fitoplasmi
• I virus della fragola sono trasmessi
principalmente da insetti (tripidi, aleurodidi e afidi dei generi Chaetosiphon e Myzus) o da nematodi (generi Xiphinema, Longidorus e Paralongidorus)
• Il fitoplasma più frequentemente
associato alla fragola, lo Stolbur (Candidatus Phytoplasma solani) viene trasmesso da insetti della famiglia dei cixidi, in particolare da Hyalestes obsoletus che è strettamente infeudato ad alcune piante spontanee (soprattutto ortica e vilucchio) le quali costituiscono un sito di conservazione per l’agente nocivo. Stolbur è presente anche su diverse altre piante coltivate tra cui patata, pomodoro e vite
Virus della maculatura della fragola (Strawberry mottle virus, SMoV) Il virus della maculatura è stato identificato per la prima volta nel 1946, ha particelle isometriche e genoma bipartito e appartiene alla famiglia dei Sequiriviridae, genere Sadwavirus; recentemente il suo genoma è stato completamente sequenziato. È un virus a distribuzione ubiquitaria in tutte le aree di coltivazione della fragola, raggiunge elevate percentuali di diffusione in primavera e in natura è normalmente trasmesso, in maniera semipersistente, non solo da afidi infeudati alla fragola (genere Chaetosiphon) ma anche da Aphis gossypii. L’associazione con il virus dell’ingiallimento del bordo causa xantosi, giallume e ingiallimento dei margini fogliari e una graduale perdita di vigore della pianta. Le varietà in commercio infettate da questo virus non mostrano, di solito, sintomi chiari ma solo perdita di vigore vegetativo; questo virus è compreso tra gli organismi nocivi regolamentati di qualità, perciò non deve essere presente nel materiale di propagazione di cat. CAC. Virus della scolorazione perinervale della fragola (Strawberry vein banding Virus, SVBV) Il virus che causa la scolorazione perinervale della fragola, malattia descritta inizialmente negli Stati Uniti, è stato identificato negli anni ’80 e sporadicamente segnalato anche in Europa. Appartiene al genere Caulimovirus, in quanto provvisto di un genoma che consiste in una molecola a doppio filamento di DNA circolare (invece che RNA, come la maggior parte dei virus vegetali) ed è stato recentemente clonato e sequenziato. È trasmesso da afidi (genere Chaetosiphon) in modo semipersistente. Il virus non dà origine a sintomi molto evidenti sulle cultivar d’interesse commerciale ma può ridurre sensibilmente la produzione, il vigore della pianta e la qualità dei frutti in relazione alla virulenza del ceppo e alla contemporanea presenza di altri virus della fragola. È stato segnalato su piante di fragola in tutto il mondo. È inserito dal 1978 nella lista A2 dei virus da quarantena dall’Organizzazione Europea per la Protezione delle Piante (EPPO) ed
Foto C.Ratti DiSTA UNIBO
Indicatore Fragaria vesca varietà Alpine con sintomi del virus della maculatura della fragola (SMoV)
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coltivazione è elencato tra gli organismi nocivi da quarantena, di cui deve essere vietata la diffusione nella Comunità Europea ai sensi del Decreto Legislativo del 19 settembre 2005, n. 214, allegato 1.
Foto C.Ratti DiSTA UNIBO
Virus trasmessi da aleurodidi Pallidosi della fragola (PD) La malattia pallidosi della fragola (PD), sindrome associata a foglie piccole e clorotiche e nanismo delle piante di fragola, è stata identificata per la prima volta in California e Australia nel 1957. Recentemente è stata segnalata anche in Canada e in altri Stati degli USA dove, associata ad altri virus della fragola, è causa di deperimento, riduzione dell’accrescimento di stoloni e radici e di consistenti perdite produttive. Sono stati trovati due virus associati a questa sindrome: il virus associato alla pallidosi della fragola (Strawberry pallidosis associated virus, SPaV) e il virus del falso ingiallimento della bietola (Beet pseudo-yellows virus, BPYV). Entrambi hanno particelle allungate, appartengono alla famiglia Closteroviridae, genere Crinivirus, e sono trasmessi da aleurodidi; SPaV è quello più frequentemente associato ai sintomi di pallidosi. Virus associato alla pallidosi della fragola (Strawberry pallidosis associated virus, SPaV) Questo virus è diffuso nelle principali zone di produzione della fragola negli Stati Uniti, inoltre studi recenti hanno dimostrato la sua presenza anche in altri Paesi, compresa l’Italia. La gamma di ospiti di SPaV comprende individui appartenenti al genere Fragaria e alcune piante erbacee non coltivate. Trialeurodes vaporariorum è il principale vettore di questo virus, ma è stata riportata anche una possibile trasmissione, in bassa percentuale, mediante polline o seme.
Indicatore UC6 con sintomi del virus della scolorazione perinervale della fragola (SVBV)
Foto DiSTA UNIBO
Virus trasmessi da nematodi I virus trasmessi da nematodi noti per infettare la fragola sono cinque. Si tratta di virus isometrici di circa 28-30 nm di diametro trasmessi da specie di nematodi appartenenti ai generi Xiphinema e Longidorus. In diversi di questi virus è nota la trasmissione via polline e via seme, particolare di grande rilevanza nei programmi di incrocio per il miglioramento genetico. In Europa alcuni di essi sono confinati nelle aree continentali (Alsazia, Germania, Ungheria ecc.) dove sono presenti i vettori specifici. I recenti studi molecolari li hanno classificati in due diversi generi: Sadwavirus (SLRSV) e Nepovirus (ArMV, RRV, TBRV, ToRSV). Questi virus non inducono sintomi evidenti nelle cultivar di interesse commerciale, ma spesso causano perdita di vigore, rallentano lo sviluppo e diminuiscono la produttività delle piante infette.
Pianta della cultivar Fratina risultata infetta da SVBV
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virus, fitoplasmi e batteri Malattie causate da procarioti Foto R. Credi DiSTA UNIBO
Clorosi del margine fogliare della fragola Negli ultimi dieci anni sono stati osservati anche su fragola sintomi riconducibili ai cosiddetti giallumi o yellows i cui agenti causali sono stati identificati solo recentemente. I sintomi, visibili in vivaio e in campi produttivi dal mese di luglio in poi, consistono in un accentuato nanismo delle piante e in una colorazione rosso vinosa delle foglie più esterne, che mostrano anche un ripiegamento verso l’alto delle lamine fogliari. Le foglie più giovani della rosetta centrale, oltre a essere di dimensioni molto ridotte, manifestano un colore verde pallido e una caratteristica decolorazione clorotica del bordo. Talvolta su alcune varietà possono comparire, a carico dei fiori e dei frutticini, fenomeni di filloidia e virescenza. L’apparato radicale è poco sviluppato con un’accentuata degenerazione necrotica del capillizio. L’affinamento delle tecniche di diagnosi a base molecolare ha permesso di individuare e caratterizzare, anche su fragola, alcuni procarioti responsabili di queste forme di deperimento, associabili sia a fitoplasmi sia a batteri floematici, due differenti classi di microrganismi fitopatogeni a localizzazione floematica, veicolati in natura da insetti e diffusi anche con materiali di propagazione infetti. Riferendosi ai fitoplasmi, almeno tre diverse specie sono state associate a malattie della fragola in Europa: Candidatus Phytoplasma asteris, Candidatus Phytoplasma solani, Candidatus Phytoplasma fragariae. La specie più di frequente riscontrata negli areali di coltivazione in Italia, su fragole con sintomi di deperimento, è il fitoplasma associato allo Stolbur (Candidatus Phytoplasma solani) presente su diverse altre piante coltivate (patata, pomodoro, vite) ma anche su piante spontanee che spesso ospitano gli insetti vettori nelle diverse fasi del loro ciclo. Questo fitoplasma è ospitato principalmente su ortica e vilucchio e viene trasmesso da insetti della famiglia dei cixidi, in particolare da Hyalestes obsoletus che è strettamente infeudato alle medesime piante spontanee, le quali costituiscono un sito di conservazione per l’agente nocivo e il suo vettore. Il fitoplasma dello Stolbur viene identificato comunemente nei vivai, in molte varietà che manifestano sintomi di deperimento e clorosi del margine fogliare, mentre molto più raramente è risultato presente in fragoleti produttivi. In questi, invece, vengono ritrovati più frequentemente, come agenti di deperimento e clorosi del margine fogliare, due diversi batteri floematici: – il Candidatus Phlomobacter fragariae segnalato più volte in Francia da oltre un decennio; – un γ 3 proteobatterio, ritrovato associato in passato alla sindrome basses richesses della bietola in Francia e identificato per la prima volta sulla fragola in Italia nel 2005.
Particolare dei sintomi della clorosi marginale della fragola Foto R. Credi DiSTA UNIBO
Clorosi marginale della fragola in vivaio
Prevenzione della sindrome della clorosi del margine fogliare della fragola
• È impostata sul controllo dell’ambiente
di coltivazione. I procarioti responsabili della patologia sono ospitati da molte piante spontanee, alcune delle quali, come l’ortica e il vilucchio, possono albergare anche l’insetto vettore. La loro eliminazione dalle zone di coltivazione è spesso risolutiva nel prevenire una diffusione epidemica. Il controllo delle malerbe è importante sia nei fragoleti sia nei vivai
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coltivazione I differenti agenti patogeni associati alla sindrome della clorosi marginale del bordo causano i medesimi sintomi sulle piante di fragola, ma possono essere identificati e distinti solo mediante specifiche analisi di laboratorio basate su tecniche molecolari di amplificazione genica.
Principali fitoplasmi agenti di malattie presenti nei diversi Paesi e classificati in base all’amplificazione della sequenza del gene ribosomiale 16S
Batteri e batteriosi Maculatura angolare della fragola (Xanthomonas fragariae) Tra le malattie di origine batterica che sono oggetto di stretta sorveglianza fitosanitaria in Europa, la maculatura angolare della fragola, causata da Xanthomonas fragariae, organismo nocivo da quarantena, riveste particolare importanza. Questa affezione si manifesta a carico delle foglie, dove, inizialmente sulla pagina inferiore, compaiono piccole macchie angolari e idropiche delimitate dalle nervature secondarie. Queste macchiette, dopo un paio di settimane, diventano nere o bruno-rossastre e appaiono visibili anche sulla pagina superiore della foglia colpita; in condizioni di elevata umidità possono essere ricoperte di un essudato giallo opalescente che, seccando, produce una sottile pellicola lucida che riveste la lesione necrotica. Quando sulla foglia sono presenti molte macchioline vicine le une alle altre, queste possono confluire originando vaste aree di tessuto necrotico, facilmente individuabili. La formazione di queste lesioni in prossimità delle nervature principali consente al batterio di penetrare nel tessuto vascolare e di creare uno stato di infezione sistemica. Piccioli, stoloni e fiori possono essere attaccati, ma non i frutti. Quando le infezioni sono molto forti, i batteri invadono la corona e le piante mostrano ridotto vigore, possono collassare e morire. Foglie e stoloni prodotti da piante infettate sistemicamente divengono pure infetti, manifestando maculature che si sviluppano lungo le nervature alla base delle foglie stesse. Il batterio inizialmente penetra nella pianta attraverso gli stomi situati nella pagina inferiore delle foglie. Condizioni di elevata bagnatura e temperature moderate intorno ai 20 °C favoriscono la proliferazione del batterio e la produzione dell’essudato dalle macchie necrotiche. In questo modo si generano nuove infezioni favorite dall’elevata umidità, in particolare dalla pioggia, dal vento e dall’irrigazione sopra chioma. Il batterio può penetrare nelle corone dalle foglie colpite o attraverso lesioni/ferite e rimanere latente, potendo così sopravvivere da un anno all’altro e disperdersi attraverso stoloni infetti. Anche i residui di vegetazione contaminata, come le foglie colpite e interrate, ne favoriscono la conservazione essendo questo batterio molto resistente all’essiccamento. La difesa da questo agente nocivo è basata sul ricorso a trattamenti rameici usati da fine estate anche in miscela con prodotti induttori di resistenza, attivatori dei sistemi naturali di difesa delle piante, soprattutto durante la moltiplicazione delle
• Candidatus Phytoplasma asteris: Aster yellow (gruppo I) (AY), fitoplasma del giallume dell’astro
• Candidatus Phytoplasma asteris:
Strawberry green petal (gruppo I) (SGP), fitoplasma della virescenza della fragola
• Candidatus Phytoplasma solani:
Strawberry letal decline (Stolbur) (gruppo XII) (SLD), fitoplasma del declino letale della fragola
• Candidatus Phytoplasma trifolii:
Multiplier disease (gruppo IV) (MD), fitoplasma del multiplier disease
• Candidatus Phytoplasma solani:
Strawberry marginal chlorosis (Stolbur) (gruppo XII) (SMC), clorosi marginale della fragola
• Candidatus Phytoplasma solani: Witches’ broom (WB), scopazzi
• Candidatus Phytoplasma fragariae • Mexican periwinkle virescence (gruppo XIII) (MPV), fitoplasma della virescenza della vinca messicana
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virus, fitoplasmi e batteri piante in vivaio. La strategia fondamentale per contrastare questo batterio è basata sul controllo, mediante ispezioni in campo e specifiche analisi di laboratorio, del materiale di riproduzione vivaistico.
Foto R. Angelini
Seccume fogliare della fragola (Xanthomonas arboricola pv. fragariae) È una batteriosi caratterizzata dalla comparsa, sulle foglie, di macchiette di colore rosso-bruno sia nella pagine inferiore, sia in quella superiore. Queste lesioni, inizialmente puntiformi, necrotizzano confluendo in ampie aree e possono provocare la completa necrosi delle foglie; nessun sintomo però compare a carico degli altri organi della pianta. I sintomi si manifestano soprattutto nella tarda estate, in condizioni di alte temperature e di elevata umidità. Anche questo batterio penetra nelle foglie attraverso gli stomi e mediante lesioni o ferite sugli organi vegetativi. La diffusione di X. arboricola avviene a breve distanza soprattutto con l’irrigazione soprachioma, mentre a lunga distanza è da imputare alla presenza di stoloni infetti. Anche in questo caso è fondamentale la prevenzione, mediante controlli ispettivi e di laboratorio che ne escludano la presenza sul materiale di propagazione vivaistica e utilizzando, soprattutto nei vivai, trattamenti a base di rame.
Aree necrotiche sulla pagina inferiore di fragola, provocate da infezioni del batterio Xanthomonas fragariae
Foto PL Lucchi
Foto R. Angelini
Aree necrotiche sulla pagina superiore di fragola, provocate da infezioni del batterio Xanthomonas fragariae
Maculature idropiche necrotiche causate dal batterio Xanthomonas fragariae
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la fragola
coltivazione Fumigazione del suolo Andrea Minuto, Luca Lazzeri
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti: la foto alla pagina 13 (Sandro Botticelli, La Primavera - Firenze, Galleria degli Uffizi) è di © 2010 Foto Scala, Firenze - su concessione Ministero Beni e Attività Culturali. Le foto alle pagine 47, 60 (Ekaterina Starshaya), 66, 337 sono dell’agenzia Dreamstime.com. Le foto alle pagine 17 (ronen©), 45 (Massimiliano Pieraccini), 62 (Denis and Yulia Pogostins), 63 (©Kelly Cline 2006), 64 in alto a sinistra, 64 in basso, 65, 497 in alto a destra, 500 in alto a sinistra sono dell’agenzia iStockphoto.com.
coltivazione Fumigazione del suolo Disinfestazione del suolo nelle aree di coltivazione della fragola In tutte quelle aree ove la fragola è coltivata intensivamente, particolarmente gravi sono i casi di riduzione di produzione sia dal punto di vista qualitativo, sia dal punto di vista quantitativo, spesso attribuiti in modo generico a fenomeni di “stanchezza dei terreni”. In realtà le ragioni che possono spiegare la riduzione di produzione dei fragoleti sono molteplici e, certamente, tra esse occorre rammentare la presenza di funghi patogeni, erbe infestanti, insetti e nematodi parassiti dannosi alla coltura. Anche per queste motivazioni in diverse aree di coltivazione italiane, ma non solo, il bromuro di metile (BM), un fumigante capace di contenere efficacemente e a basso costo la maggioranza dei patogeni e parassiti della fragola, è stato in passato utilizzato con successo. A tale riguardo non è possibile fissare una data dalla quale la disinfestazione, in particolare chimica, dei fragoleti sia diventata una pratica comune, anche se è noto che a partire almeno dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso, in Italia, il BM ha iniziato a essere commercialmente impiegato proprio su fragola. Peraltro in Nord America tale sostanza, nota e utilizzata già dai primi anni ’40 per la disinfestazione di ambienti e derrate, era impiegata per la fumigazione dei fragoleti almeno dalla seconda metà degli anni ’50, in particolare combinata con un altro fumigante, la cloropicrina, in grado di aumentarne sensibilmente l’efficacia.
Fumiganti
• I fumiganti sono sostanze chimiche
gassose o suscettibili di gassificazione ad azione scarsamente o per nulla selettiva: essi possono essere commercializzati in contenitori ove vengono mantenuti allo stato liquido, eventualmente sotto pressione. In alternativa il principio attivo fumigante viene prodotto successivamente alla applicazione e, a seguito di reazioni chimiche estemporanee, a partire da sostanze liquide o solide. Una volta iniettati in profondità o distribuiti sulla superficie del terreno coperto con film plastico, i fumiganti passano allo stato gassoso, permeandolo più o meno intimamente grazie anche alla loro maggiore densità rispetto all’aria e grazie alla loro tensione di vapore
Foto R. Angelini
Bromuro di metile (BM)
• Il bromuro di metile è una sostanza
gassosa (pressione di vapore 1400 mmHg a 20 °C) classificata nel gruppo dei composti organici alogenuri alchilici, inodore a temperatura ambiente, tre volte più densa dell’aria atmosferica, estremamente penetrante, dotata di una notevolissima efficacia. Il BM è stato impiegato per la prima volta a partire dagli anni ’40 al fine di ridurre i danni causati da patogeni animali su prodotti orticoli e cerealicoli immagazzinati. Solo a partire dagli anni ’50 il BM è stato utilizzato nella disinfezione del terreno, nonostante la sua attività fungicida fosse nota già dagli anni ’30
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fumigazione del suolo La fumigazione del suolo permette l’abbattimento del potenziale di inoculo dei principali patogeni e parassiti del terreno (Pythium sp., Phytophthora spp., Verticillium dahliae, Rhizoctonia solani e Fusarium spp., Macrophomina sp., Meloidogyne spp.), il controllo delle erbe infestanti e l’aumento della disponibilità di azoto grazie alla mineralizzazione della sostanza organica. Proprio tali effetti, uniti all’ampia disponibilità di prodotto a prezzi competitivi, hanno fatto del BM un fumigante molto popolare. A partire dal 1992, però, esso è stato aggiunto all’elenco di sostanze dannose per la fascia stratosferica di ozono incluse nel Protocollo di Montreal, perciò il suo impiego è stato progressivamente limitato. La Comunità Europea con i Regolamenti CEE 3952/92, CEE 3093/94 e CE 2037/2000 ha recepito le limitazioni finalizzate al controllo delle sostanze dannose per la fascia d’ozono, decretando la definitiva dismissione di uso del BM per la fumigazione dei terreni a partire dal 1° gennaio 2005, fatti salvi alcuni usi definiti critici. In particolare, dal 1° gennaio 2008 l’Italia non ha più richiesto autorizzazione a tali utilizzi in deroga. Al contrario, a eccezione dei Paesi in via di sviluppo per i quali la normativa internazionale ha previsto un diverso calendario di eliminazione del BM, in alcuni Paesi sviluppati, tra cui in particolare USA, Israele, Australia e Giappone, alcuni usi critici sono stati prorogati oltre il 2009 e altri ancora sono previsti per il 2010.
Protocollo di Montreal
• Nel settembre 1987 è stato sottoscritto
a Montreal un accordo globale per la limitazione della produzione e del consumo delle sostanze che impoveriscono l’ozono stratosferico. La Conferenza delle Parti firmatarie, svoltasi a Londra nel 1990, ha emendato il protocollo, rendendo più restrittivi gli impieghi di tali sostanze e ampliando il campo di applicazione dell’accordo dai soli CloroFluoroCarburi (CFC) agli alogenuri, al tetracloruro di carbonio e al metilcloroformio. La Conferenza delle Parti di Copenaghen nel 1992 ha incluso tra le sostanze regolamentate sia il bromuro di metile sia gli altri HCFC, impiegati come sostituti dei CFC
Fumigazione della fragola in Italia Una stima recente dell’importanza della fumigazione dei terreni in Italia è stata realizzata grazie a un complesso studio tecnico-eco-
Usi critici del bromuro di metile approvati nel 2008
• Nel 2008 i consumi di BM in deroga
hanno previsto ancora usi importanti su colture orticole e fragola in Australia (36 t), Canada (7 t), Israele (240 t), Giappone (456 t), Polonia (12 t), Spagna (215 t) e negli USA (5041 t). Il 31/12/2008 ha rappresentato il termine ultimo di richiesta e impiego del BM per usi critici da parte dell’Unione Europea
La fumigazione del suolo consente di ridurre drasticamente i potenziali d’inoculo dei principali patogeni e parassiti del terreno (per es. Macrophomina phaseolina nella foto) nonché di devitalizzare i semi delle infestanti più comuni
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coltivazione
Rapporto Nomisma
• Nel 2008 è stato pubblicato uno studio
tecnico-economico che ha analizzato lo stato dell’uso globale di fumiganti in Italia nei settori più intensivi (monocolturali) dell’ortofloricoltura nazionale, tracciando una serie di scenari possibili quali simulazione della progressiva indisponibilità di mezzi chimici fumiganti. Tale studio ha essenzialmente confermato la stretta dipendenza dell’ortofloricoltura intensiva dall’impiego di fumiganti, prevedendo una significativa contrazione della PLV nel caso di una totale eliminazione dell’utilizzo di queste sostanze in assenza di un’adeguata sostituzione con strategie o soluzioni alternative
Trattamento e copertura di un terreno con una macchina fumigatrice per l’iniezione diretta nel terreno di sostanze fumiganti liquide
nomico sviluppato da Nomisma nel 2008. Nonostante il dato stimato non rappresenti l’esatta distribuzione delle diverse tecniche di fumigazione, tale studio resta a oggi l’unico riferimento basato su rilevazioni reali in grado di fotografare gli scenari relativi alle pratiche di disinfezione dei terreni destinati a fragoleti. Tale studio ha stimato al 2006 una superficie coltivata a fragola di poco inferiore ai 3000 ha, con una superficie sottoposta a trattamenti di geodisinfezione di circa 2500 ha. Fumiganti dopo il phase out del bromuro di metile Le sostanze che possono essere indicate disponibili per la fumigazione dei terreni destinati a fragola sono i generatori di metilisotiocianato (metam sodio, metam potassio, dazomet), l’1,3 dicloropropene (1,3 D) e la cloropicrina. Tali sostanze sono in fase di revisione in ottemperanza alla normativa comunitaria 91/414/EEC e per alcune di esse (metam sodio) la decisione di non inclusione in allegato 1 di tale normativa si può già considerare definitiva (usi essenziali autorizzati sino al 31/12/2014, 2009/610/CE). Per 1,3 dicloropropene e cloropicrina, invece, le possibilità applicative per il futuro non sono a oggi ancora perfettamente definite. Tra i generatori di metilisotiocianato, il metam sodio e il metam potassio sono sostanze non particolarmente mobili nel terreno e per questo motivo le modalità di applicazione sono fondamentali per la loro distribuzione nel profilo del suolo. La recente introduzione di sistemi di fumigazione mediante bagnatura del terreno con ali gocciolanti è una soluzione percorribile anche per le applicazioni di metam sodio e metam potassio, in particolare in serra, ove si possono minimizzare gli effetti collaterali indesiderati (cattivi odori, esposizione degli operatori) anche grazie all’adozione di film plastici di copertura. Metam sodio e metam potassio possono essere applicati solo su terreni nudi mediante iniezione profonda nel
Particolare del sistema di iniezione di una macchina fumigatrice per l’applicazione di sostanze liquide generatrici di metilisotiocianato
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fumigazione del suolo terreno o mediante irrorazione superficiale del terreno seguita da una irrigazione volta a far penetrare il prodotto a 15-20 cm di profondità. L’efficacia del dazomet, impiegato a dosaggi di 500-750 kg/ha di formulato (98% p.a.), è estremamente dipendente dalle modalità di applicazione, quali per esempio la copertura posttrattamento, e dal tasso di umidità del terreno prima e durante l’intervento fitoiatrico. Relativamente ai formulati a base di 1,3 dicloropropene va ricordato che essi possono essere applicati sia mediante iniezione diretta nel suolo sia in sospensione acquosa (formulati emulsionabili), in particolare per trattamenti in serra. Le dosi sono variabili: fumigazioni effettuate a 200 l/ha appaiono, comunque, sufficienti per la lotta ai nematodi galligeni. A livello commerciale l’1,3 D viene in genere integrato con l’uso di cloropicrina mediante preparazione di miscele in diverse proporzioni. L’eventuale integrazione con sostanze generatrici di MITC è, invece, sconsigliata sulla base del rischio di reazioni indesiderate, eventualmente limitate solo con applicazioni delle due sostanze intervallate da non meno di 7-14 giorni. La cloropicrina (CP), introdotta sul mercato americano negli anni ’60 proprio per il controllo della verticilliosi della fragola, è stata autorizzata in Italia solo dal 2002 (Tripicrin – 94% di p.a.) e il suo utilizzo è possibile mediante applicazioni effettuate per iniezione e per irrigazione, combinate obbligatoriamente con l’uso di film virtualmente impermeabili (VIF). Sulla fragola è nota l’efficacia fungicida della CP iniettata nel terreno a dosi non inferiori a 340 kg/ha o distribuita mediante irrigazione, in combinazione a copertura con film in polietilene, a dosi variabili da 150 a 300 kg/ha per la lotta a Verticillium dahliae, Phytophthora fragariae e P. cactorum.
Metilisotiocianato
• Il metil isotiocianato (MITC) è un
fumigante comunemente applicato al terreno tramite alcuni suoi precursori (metam sodio, dazomet ), caratterizzato da bassa solubilità in acqua (8,9 g/l) e da pressione di vapore di 20 mmHg a 20 °C. Esso è dotato di una buona attività contro funghi, nematodi, insetti e infestanti, anche se inferiore a quella manifestata dal BM. La diffusione di MITC a partire da prodotti precursori è lenta in terreni freddi e in presenza di tessitura fine
1,3 dicloropropene
• L’ 1,3 dicloropropene è una
miscela di 2 isomeri [(EZ)-1,3 dicloropropene], caratterizzata da efficacia prevalentemente nematocida, appartenente al gruppo degli aloidrocarburi etilenici. La sua pressione di vapore è di 27 mmHg a 20 °C
Foto P. Bacchiocchi
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coltivazione Le formulazioni di CP emulsionabili in acqua appaiono di grande interesse per l’applicazione in ambiente protetto, ove l’emulsione in acqua riduce le fastidiose e lacrimogene emissioni del fumigante. A livello mondiale occorre ricordare che già da tempo e soprattutto negli USA vengono impiegate formulazioni a base di miscele di CP e 1,3 D, distribuite al terreno sia per iniezione, sia per irrigazione. Applicazioni della miscela di 1,3 D e CP (35% di CP) mediante iniezione hanno fornito risultati più che soddisfacenti per la coltivazione della fragola in suoli infetti da Verticillium dahliae, a dosaggi variabili tra 300 e 470 kg/ha.
Cloropicrina
• La cloropicrina o tricloronitrometano
è una sostanza a spettro d’azione essenzialmente fungicida, già ampiamente nota per le sue applicazioni in miscela al BM come gas di allerta, a proporzioni non superiori al 2%. La sua pressione di vapore è di 18,3 mmHg a 20 °C. L’efficacia nematocida della cloropicrina non è trascurabile, ma è comunque inferiore a quella dell’1,3 D
Tecniche di fumigazione Macchine fumigatrici Storicamente la disinfestazione del terreno da destinare a coltivazione della fragola impiegando il BM era effettuata con macchine per applicazione dei fumiganti a caldo e per iniezione diretta o a freddo. Si trattava, nel primo caso, di macchine che permettevano la distribuzione del fumigante direttamente sotto forma gassosa. Con l’eliminazione del BM tale tecnica è caduta pressoché in disuso. Al contrario, l’utilizzo delle macchine per iniezione a freddo prevedeva l’intervento su terreni non protetti e sui quali le strutture di protezione potevano essere realizzate successivamente alle fasi di trapianto. Attualmente la fumigazione con la tecnica gas freddo è utilizzata per l’applicazione delle sostanze fumiganti liquide. Anche per l’impiego di formulati a base di metam sodio e metam potassio, particolari macchine fumigatrici sono state messe a
Film virtualmente impermeabili
• I film virtualmente impermeabili (VIF)
sono film plastici in grado di fungere da barriera a gas quali l’ossigeno, il BM e ad altre molecole fumiganti, riducendo sino a oltre 2 ordini di grandezza l’entità delle emissioni complessive di gas fumiganti. I VIF sono prodotti mediante coestrusione di tre o più strati, di cui quello centrale può essere costituito da materiale barriera e quelli più esterni da copolimeri di polietilene a bassa densità (LDPE). I polimeri barriera sono l’EVA (etilene vinile acetato), l’EVOH (etilene vinile alcol), numerosi polimeri poliamidici e alcuni polimeri poliolefinici più affini dei precedenti al PE
Macchina fumigatrice per l’iniezione diretta nel terreno di sostanze fumiganti liquide
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fumigazione del suolo punto combinando sistemi di iniezione/irrorazione della sostanza fumigante a particolari macchine fresatrici in grado di miscelare il fumigante stesso allo strato di terreno interessato dalla lavorazione. Similmente, anche per formulati granulari sono disponibili macchine fumigatrici, di recente ulteriormente migliorate al fine di ottimizzare la distribuzione dei granuli di fumigante nel suolo.
Fumigazione a gas freddo
• La fumigazione a gas freddo prevede la
distribuzione del fumigante direttamente nel terreno. Il gas, prelevato dai contenitori di conservazione, è avviato a iniettori posti nel terreno a profondità regolabile (25-30 cm di profondità) unitamente a falcioni metallici aventi tra loro una distanza di 30 cm. Tale congegno, collegato all’attacco a tre punti di una trattrice generalmente cingolata, è trasportato unitamente a un meccanismo di svolgimento e interramento (tiller) del film plastico di copertura. La misurazione della dose del prodotto viene effettuata mediante un dispositivo di regolazione (flussimetro) che mette in relazione la velocità di avanzamento della trattrice e la quantità da distribuire per metro quadrato di terreno
Fumigazione mediante sistemi di irrigazione a goccia: drip fumigation La fumigazione mediante irrigazione è stata sviluppata per la distribuzione di sostanze fumiganti solubili (metam sodio) o emulsionabili in acqua (1,3 D, CP) ma anche per sostanze non fumiganti, aventi attività prevalente su nematodi e/o insetti del terreno (oxamyl, fenamifos, etoprofos). Lo studio delle possibilità di applicazione di tali sostanze mediante l’impiego di sistemi di irrigazione ad ala gocciolante, successivamente utilizzati anche per l’irrigazione delle colture messe a dimora, costituisce un’interessante opportunità sia per la riduzione complessiva delle dosi di applicazione, sia per la diminuzione delle emissioni in atmosfera spesso, localmente, molto fastidiose e dannose nelle zone limitrofe. Occorre, comunque, rimarcare che l’adozione di tale metodo di applicazione dovrebbe essere limitata al solo personale opportunamente addestrato al fine di evitare dispersioni accidentali delle sospensioni geodisinfestanti nelle acque superficiali e sottosuperficiali. I vantaggi dell’impiego dei sistemi di distribuzione per irrigazione sono evidenti confrontando, per esempio, l’applicazione di 1,3 D effettuata mediante iniezione o mediante irrigazione: evidenze sperimentali hanno infatti permesso di ottenere identici effetti fitoiatrici applicando 112 kg/ha mediante iniezione e soli 47 kg/ha mediante irrigazione, dimostrando inoltre una minore dispersione profonda di 1,3 D quando distribuito tramite irrigazione. In genere le ali gocciolanti, tra loro distanti da 40 a 80 cm circa, sono provviste di gocciolatori spaziati a intervalli da 10 a 60 cm con portata compresa tra 0,7 e 3,0 l/h e possono essere poste in superficie al terreno da trattare o interrate a profondità variabili da 2,5 a 20 cm. Il buon funzionamento del sistema irriguo è fondamentale per la riuscita della fumigazione: quali riferimenti generali potremmo indicare che l’uniformità di distribuzione dell’acqua deve essere almeno tale da non generare differenze di distribuzione eccedenti il 20% nell’intero appezzamento, mentre la portata degli irrigatori lungo una singola ala gocciolante dovrebbe avere scarti non superiori al 10%. Il polietilene è il materiale maggiormente compatibile con tutte le diverse sostanze fumiganti, mentre il PVC può essere esposto solo per limitati periodi ad alte concentrazioni di sostanze fumiganti caratterizzate da elevata aggressività. I sistemi di iniezione delle sostanze fumiganti nei flussi idrici, ovvero il cuore tecnologico del sistema, sono essenzialmente sistemi Venturi (dosaggio continuo) o sistemi a iniezione proporzionale (dosaggio discontinuo), ma sempre do-
Terreno sistemato per la fumigazione mediante la tecnica drip fumigation
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coltivazione tati di apparecchiature integrate per il controllo istantaneo dell’uniformità di iniezione e di sistemi di sicurezza che impediscono flussi della sospensione fumigante in senso opposto a quello previsto. Iodometano o ioduro di metile
Prospettive della fumigazione chimica Una particolare attenzione va certamente rivolta alla possibile introduzione di nuove sostanze, attualmente non ancora registrate, all’interno dell’Unione Europea. Tra queste ricordiamo almeno lo iodometano (Arysta-USA California) e il disulfuro di dimetile (DMDS-Atofina France). Lo iodometano o ioduro di metile è attualmente già registrato e impiegato in numerosi stati degli USA. Le dosi di impiego variano da 400 a 450 kg/ha per applicazioni effettuate mediante iniezione; la miscela al 50% con cloropicrina, però, permette di ridurre significativamente i dosaggi tra 220 e 340 kg/ha (110 e 170 kg/ha di iodometano), essendo in grado, inoltre, di fornire migliori garanzie per la produzione di materiale propagativo di fragola esente da Verticillium dahliae. Il DMDS, attualmente in fase di registrazione negli USA, è dotato di uno spettro di azione nematocida e fungicida, potendo essere applicato per irrigazione e per iniezione nel terreno o eventualmente combinato a dose ridotta con altri principi attivi tra cui la cloropicrina. Altre ancora sono le sostanze che possono essere considerate potenzialmente promettenti o, comunque, applicabili per la disinfestazione dei terreni agrari. Tra queste quella su cui maggiore è l’attenzione è il bromuro di propargile, una sostanza attualmente allo studio per le sue proprietà nematocide, fungicide ed erbicide ma ancora di difficile formulazione e della quale non sono del tutto chiari gli aspetti tossicologici.
• Lo iodometano è la sostanza
caratterizzata da spettro di azione più simile al BM e da pressione di vapore di poco superiore a 400 mmHg a 25 °C. Il suo punto di ebollizione è di circa 40 °C
Disulfuro di dimetile
• Il disulfuro di dimetile (DMDS)
è una sostanza che già naturalmente è contenuta nei tessuti di diverse alliacee e brassicacee. La sua pressione di vapore è di 20 mmHg a 20 °C. Applicato al terreno mediante irrigazione o iniezione profonda, è caratterizzato da efficacia nematocida (200-400 kg/ha) e fungicida [400-600 (800) kg/ha]
Foto P. Bacchiocchi
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fumigazione del suolo Gestione delle alterazioni di origine tellurica con strategie non chimiche Principali classi di molecole ad attività biocida
Sistemi vegetali L’interesse nel valutare nuove tecniche non chimiche a ridotto impatto ambientale come alternativa totale o parziale all’uso di agrofarmaci di sintesi, inclusi i geodisinfestanti, nella difesa delle colture induce nel settore grande fermento, non solo per l’applicazione in agricoltura biologica ma anche come risposta alla crescente richiesta del consumatore di cibi più sani e prodotti con un minor impatto sull’ambiente. Un approccio naturale nella gestione della fertilità mediante l’applicazione di molecole vegetali a elevata attività biologica, soprattutto se attraverso apporti significativi di sostanza organica, consente un incremento della qualità complessiva dell’agroecosistema, determinando quindi migliori condizioni di coltivazione e un maggiore rispetto dell’ambiente. Le molecole di origine naturale, infatti, rivestono nella pianta un ruolo di difesa dai fattori biotici dimostrata dalla elevata attività nei confronti di molti patogeni tra cui quelli del terreno. Le molecole naturali sono, al contrario della maggior parte dei composti di sintesi, classificate come biodegradabili, rinnovabili, con un impatto positivo sulla CO2 e, nella maggioranza dei casi, a ridotta tossicità nei confronti dell’uomo. Le strategie possibili, al momento applicate solo marginalmente sulla coltura della fragola ma già ampiamente sperimentate e validate, prevedono essenzialmente due tipi di approccio: – l’utilizzo di colture da sovescio verde di tipo convenzionale (favino, orzo, lupino ecc.), al fine di migliorare la fertilità e la repressività dell’agroecosistema attraverso l’apporto di sostanza organica e biodiversità, o di colture innovative selezio-
• Alcaloidi: molecole complesse a volatilità molto ridotta ad azione fagoinibente con effetti secondari anche nei confronti dei funghi (nicotina, caffeina ecc.)
• Terpeni e terpenoidi: idrocarburi
a lunga catena e ad azione nematocida e battericida su Gram-positivi (geraniolo, mentolo, limonene ecc.)
• Glucosidi: molecole composte da un
glucide e un aglicone, genericamente dotate di proprietà biologiche di elevato interesse applicativo in quanto presenti in abbondanti quantità nelle cellule (allil-sulfossidi, glucosinolati, durrina, saponine ecc. )
• Altri composti: sono noti moltissimi altri
composti vegetali biologicamente attivi che però al momento non sono pronti per una utilizzazione commerciale (lignine, glicoproteine, fenoli, enzimi litici, tannini, inibitori di proteasi ecc.)
Campi di selezioni di Brassicaceae ad azione biofumigante
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coltivazione nate in funzione delle loro potenzialità biocide.Tra queste sono comprese per esempio Viola alba, in grado di liberare acido metilsalicilico, Ruta graveolens, Tagetes erecta e, più recentemente, numerose sperimentazioni hanno riguardato l’utilizzo di Brassicaceae, che al momento dell’interramento liberano nel suolo isotiocianati, o ibridi di Sorghum bicolor var. sudanensis che contengono la durrina, un precursore cianogenico dell’acido prussico; – la coltivazione di piante come fonti di principi attivi che, trasformati in formulati dall’industria agrochimica sotto forma di estratti, infusi, oli essenziali, farine o simili, ritornano al mondo agricolo, che li utilizza in alternativa ai tradizionali agrofarmaci di sintesi. Ampia è la gamma di essenze di provenienza tropicale quali per esempio l’olio di Neem, ricco di sostanze tipo azadiractina A e B, estratto da Azadirachta indica, il piretro, ovvero una miscela di piretrine ad attività insetticida estratte da Chrysanthemum cinerariaefolium, le quassine, molecole ad azione insetticida estratte da Quassia amara; altrettanti sono i preparati a base di aglio e cipolla, peperoncino e nicotina, ottenuti da piante coltivate in areali temperati. In questo elenco sono da comprendere i formulati a base di farine di semi di Brassica carinata, utilizzati per trattamenti di biofumigazione nella fase di pre-impianto di colture tra le quali la fragola.
Coltivazione di fragola su terreno biofumigato con farine a base di Brassica carinata a Marsala (TP)
Biofumigazione quale strategia di disinfestazione biologica dei terreni da destinare a fragola Con il termine biofumigazione si intende l’effetto soppressivo su diversi patogeni del terreno di alcune Brassicaceae (Brassica juncea, Eruca sativa, Raphanus sativus ecc.), appositamente selezionate per la capacità di rilanciare isotiocianati derivati dall’idrolisi dei glucosinolati. Questa tecnica è applicata anche sulla fragola attraverso l’interramento, in fase di pre-impianto, di sovesci verdi o, in alternativa, di formulati a base di farine disoleate, con buoni risultati anche nel breve periodo. A questi prodotti si è poi aggiunto anche un formulato liquido per la distribuzione in fertirrigazione sulla coltura in atto, che rappresenta un’ulteriore opzione per una gestione pratica ed efficace della tecnica. I prodotti di idrolisi dei glucosinolati, presenti in buone quantità in tutti gli organi delle Brassicaceae e che sono i responsabili del tipico aroma pungente delle salse di senape e di mostarda, sono caratterizzati da una spiccata attività biologica nel contenimento di alcuni patogeni, anche della fragola, quali i funghi responsabili del fenomeno della stanchezza dei terreni (Pythium spp., Rhizoctonia spp., Sclerotinia spp.) e di altri patogeni tellurici quali nematodi (Heterodera schachtii, Meloidogyne incognita) ed elateridi (Agriotes spp.) L’interramento dell’intera biomassa consente, oltre all’azione biofumigante,
Fase di interramento delle farine biofumiganti in pre-impianto di fragola
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fumigazione del suolo un apporto dell’ordine di qualche kg/m2 di sostanza secca nel caso dei sovesci freschi e dell’ordine dei 300 g/m2 di sostanza secca (con oltre il 5% di azoto organico) nel caso dei formulati a base di farine vegetali. L’applicazione dei materiali biofumiganti freschi o secchi, per il contemporaneo apporto di sostanza organica e molecole naturali attive nei confronti di microrganismi fungini e parassiti animali, si pone quindi come obiettivo prioritario la corretta gestione della fertilità fisica, chimica e biologica dei terreni quale elemento funzionale per l’incremento della competizione interna all’agroecosistema. Tale tecnica, applicata commercialmente su numerose colture orticole, si adatta anche alla fragola come dimostrato da numerose esperienze realizzate a partire dall’inizio degli anni 2000 sia con sovesci in pre-impianto sia con formulati a base di farine disoleate. La tecnica della biofumigazione è di facile applicazione e può essere usata in sinergia con altre tecniche a ridotto impatto ambientale quali la solarizzazione e l’uso di antagonisti fungini, proponendosi quindi per la definizione di sistemi di gestione della fertilità “personalizzata” per ogni singola realtà produttiva in funzione del tipo di terreno, delle rotazioni, del tipo di patogeno dominante. Così la tecnica mostra evidenti effetti già sulla coltura successiva all’applicazione della biofumigazione, anche se i risultati migliori sono stati ottenuti in prove pluriennali simulando una rotazione orticola interamente gestita con diversi materiali per biofumigazione.
Materiali per biofumigazione a base 100% naturale
• Sovesci verdi. Coltivazione
e interramento in pre-impianto di Brassicaceae selezionate per l’elevato contenuto di specifici glucosinolati: a) nella parte aerea per il controllo dei funghi responsabili della stanchezza dei terreni, b) nella radice per l’effetto trappola (catch crop), specifico nei confronti di nematodi cisticoli e galligeni
• Sovesci secchi. Interramento di formulati a base di farine residue di disoleazione sotto forma di pellet o farine a effetto fumigante per il contenimento dei patogeni del terreno
• Formulati liquidi. Distribuzione
in drip irrigation, sulla coltura in atto, di emulsioni acqua-olio con aggiunta di formulati di farine biofumiganti
Fase di raccolta della granella di Brassica carinata, base per la produzione di farine biofumiganti
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la fragola
coltivazione Difesa integrata Sergio Gengotti, Gianni Ceredi, Loredana Antoniacci
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coltivazione Difesa integrata Introduzione Le strategie di difesa della fragola non possono essere considerate a sé stanti, bensì strettamente correlate a tutte le altre pratiche agronomiche adottate nella gestione complessiva della coltura stessa, o meglio, dell’intero avvicendamento colturale. Una razionale impostazione della rotazione deve anzitutto evitare di porre in stretta successione colture sensibili al medesimo parassita, in quanto ciò contribuisce a incrementare le problematiche legate al suolo e in particolare, per quanto riguarda la fragola, il complesso di patogeni agenti del collasso delle piante (Fusarium spp., Phytophthora spp., Pythium spp., Rhizoctonia spp., Verticillium spp.). Anche la gestione del terreno ha un’influenza decisiva sullo sviluppo e sullo stato sanitario delle colture, entrambi strettamente correlati alla fertilità fisica, chimica e biologica del terreno stesso. Terreni compatti, asfittici e mal drenati indeboliscono le piante rendendole suscettibili all’attacco dei patogeni tellurici. In simili casi gli interventi chimici, sebbene effettuati preventivamente o alla manifestazione dei primi sintomi, presentano generalmente un’efficacia limitata. La scelta varietale rappresenta un momento decisionale di estrema importanza al fine del buon esito tecnico-economico delle coltivazioni. Molto interessanti, per la fragola, sono le caratteristiche di tolleranza ai patogeni del terreno, all’oidio, all’antracnosi, all’alternaria e alla vaiolatura. In considerazione della non ampia disponibilità di mezzi di difesa efficaci ammessi sulla coltura, al fine di ottenere una soddisfacente protezione della fragola occorre assolutamente integrare la loro
Difesa integrata
• Una razionale difesa della fragola
ha, come obiettivo primario, quello di mantenere la coltura in uno stato fitosanitario ottimale attraverso l’adozione di tutte le possibili misure preventive di carattere agronomico: ampi avvicendamenti, sovesci, apporto di sostanza organica, adozione di varietà tolleranti, impiego di piantine sane, arieggiamento delle serre, irrigazione localizzata, fertilizzazione equilibrata ecc.
Foto I. Ponti
Foto I. Ponti
Fragola infetta da antracnosi
Foto I. Ponti
Frutto e foglia di fragola con evidenti sintomi di vaiolatura Particolari dei sintomi di antracnosi su stolone di fragola
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difesa integrata azione con quella di altri metodi di difesa, prime fra tutti la lotta biologica e quella naturale. La lotta biologica consiste nel lancio di organismi utili allevati nelle biofabbriche e trova particolare interesse per il controllo di alcuni parassiti soprattutto in coltura protetta: esempi concreti sono rappresentati dall’impiego della crisopa (Chrysoperla carnea) nei confronti dell’afide verde (Chaetosiphon fragaefolii) e dei fitoseidi (Phytoseiulus persimilis) contro il ragnetto rosso (Tetranychus urticae). Parallelamente all’applicazione dei metodi di lotta biologica classica, sempre più ci si sta rendendo conto anche dell’importanza della lotta naturale, che consiste nello sfruttamento dell’azione di controllo dei parassiti esercitato dagli organismi presenti naturalmente in azienda, quali piccoli mammiferi, uccelli, anfibi, rettili, ragni, insetti, microrganismi ecc. Il ruolo della vegetazione spontanea (siepi, boschetti, filari alberati, fasce di terreno e fossi inerbiti ecc.) è fondamentale al fine di incrementare le potenzialità della lotta naturale. Infatti, la presenza di piante arboree, arbustive o erbacee permette di fornire agli organismi utili cibo (polline, nettare o prede e ospiti alternativi), siti di rifugio, di svernamento o di moltiplicazione e corridoi di spostamento tra differenti aree naturali. Gli organismi utili presenti in azienda devono essere salvaguardati, oltre che attraverso l’incremento e la conservazione della vegetazione spontanea, anche adottando ampi avvicendamenti colturali e pratiche agronomiche a basso impatto ambientale, per esempio razionalizzando l’impiego di mezzi di difesa, comunque a basso impatto, solo ai casi di reale necessità. Un concetto basilare dell’agricoltura integrata è quello della soglia d’intervento. Effettuare trattamenti fitosanitari quando non strettamente necessario risulterebbe controproducente sia dal punto di vista economico sia ambientale e determinerebbe, inoltre, uno squilibrio dell’agroecosistema.
Gestione delle strutture protettive (serre o tunnel) e contenimento delle malattie
• Nel periodo primaverile, i principali
fattori che incidono sull’allegagione in coltura protetta sono la temperatura e l’umidità. Il modo più semplice per controllarli è la corretta gestione dell’arieggiamento attraverso l’apertura laterale delle serre. Al mattino è importante arieggiare le serre prima che la temperatura salga bruscamente e l’umidità relativa diminuisca troppo. L’apertura delle serre è indispensabile anche per consentire ai pronubi di raggiungere le colture protette. Nel pomeriggio è utile chiudere le serre prima che l’aria raffreddi troppo bruscamente con conseguenti innalzamenti dell’umidità relativa. È vantaggioso aprire le serre anche in giorni di pioggia o di nebbia, limitandosi però alle ore più calde della giornata. In ogni caso l’aerazione limita l’umidità relativa e favorisce l’asciugarsi della coltivazione, evitando anche problemi di carattere fitopatologico. Un eccesso di umidità può provocare l’adesione dei petali al ricettacolo, causando la mancata allegagione degli ovari interessati e quindi la deformità del frutto, oppure innescare attacchi di botrite
In coltura protetta, l’afide verde può essere contenuto eseguendo lanci di crisopa (Chrysoperla carnea)
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coltivazione Per preservare l’efficacia delle strategie di difesa chimica è fondamentale trattare solo in caso di reale necessità. Comunque è buona norma alternare l’impiego di principi attivi a differente meccanismo d’azione, al fine di evitare lo sviluppo di ceppi patogeni resistenti, e rispettare i tempi di carenza dei prodotti fitosanitari impiegati. Oltre che da efficacia, intervallo di sicurezza e meccanismo d’azione, la scelta degli agrofarmaci da impiegare è motivata anche da fattori quali: durata d’azione, residualità, tossicità, impatto ambientale, costo ed eventuale attività collaterale nei confronti di altri importanti patogeni o parassiti. In un’ottica di difesa integrata della fragola è bene tenere sempre in considerazione il fatto che qualsiasi intervento insetticida o fungicida che si effettui sulla coltura verso una specifica avversità ha spesso un effetto secondario anche su altri patogeni o parassiti e organismi utili che interessano la coltura stessa. Ciò permette da un lato di razionalizzare al massimo l’impiego degli agrofarmaci, riducendo il numero di interventi necessari, dall’altro di evitare il rischio di danni all’entomofauna utile. Di seguito vengono riportate le strategie di difesa dalle principali avversità che interessano la fragola.
Fumigazione in atto con copertura del terreno sottoposto a trattamento
Afidi
• Gli afidi, se non controllati in maniera
adeguata, hanno la capacità di moltiplicarsi in maniera estremamente rapida, infestando gli organi vegetativi e i frutti che, ricoperti di melata, risultano inadatti alla commercializzazione
Difesa dai parassiti animali Afidi. Per il controllo degli afidi possono essere applicate varie strategie di difesa, differenti in funzione del tipo di coltivazione attuata (pieno campo o coltura protetta), dello stadio di sviluppo della coltura, della specie e della quantità di afidi e di antagonisti naturali presenti. Gli afidi vengono attivamente controllati da numerosi insetti utili quali coccinellidi, sirfidi, crisopidi e imenotteri, particolarmente presenti in aziende ricche di spazi naturali e aree non coltivate Foto I. Ponti
Le popolazioni di Aphis gossypii sono difficilmente contenibili tramite la lotta biologica; per tali motivi, se necessario, occorre intervenire con insetticidi specifici Frutto non commercializzabile a seguito di infezione da oidio
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difesa integrata (strisce di terreno inerbite, siepi, filari alberati, aree boschive ecc.) che fungono da rifugio e alimentazione a numerosi predatori e parassitoidi. Risulta pertanto fondamentale favorirne l’attività antagonistica preservando e incrementando gli spazi naturali. Inoltre è importante limitare o evitare trattamenti non strettamente necessari sulla coltura e su quelle limitrofe. Il controllo dell’afide verde (Chaetosiphon fragaefolii) in coltura protetta può essere ottenuto facendo ricorso alla lotta biologica diretta effettuando lanci di crisopa (Chrysoperla carnea). In caso di infestazione precoce si consiglia tuttavia di eseguire un trattamento con un insetticida a basso impatto ambientale per ridurre il livello della popolazione del fitofago prima dell’impiego dell’insetto utile. Gli attacchi di Macrosiphum euphorbiae e Aphis gossypii, contro i quali la lotta biologica ha un’efficacia limitata, devono invece essere controllati, se necessario, con uno specifico intervento insetticida il cui impiego, però, deve essere limitato solo ai casi di reale necessità (infestazioni precoci degli afidi, assenza o scarsa presenza di insetti utili) e, comunque, mai dopo l’inizio della fioritura. In pieno campo è spesso possibile evitare di fare ricorso a interventi chimici soprattutto se ci si trova in un’azienda sufficientemente ricca di spazi naturali e, conseguentemente, di insetti utili. Le infestazioni di afidi possono comparire in campo già nella fase di post-impianto. Si consiglia di eseguire un trattamento con le sostanze attive ammesse dai disciplinari di produzione integrata (fosforganici e piretroidi) solo in caso di presenza generalizzata. Alla ripresa vegetativa primaverile le popolazioni di afidi sulla coltura possono essere abbondanti, soprattutto in seguito a un inverno mite, e un’accurata pulizia delle piante, attraverso la rimozione del fogliame vecchio, consente un notevole contenimento delle eventuali infestazioni degli afidi che vi hanno trovato rifugio durante l’inverno. Le popolazioni che si sviluppano in primavera sono spesso limitate e contenute al di sotto della soglia di danno dall’attività di numerosi insetti utili spontaneamente presenti in campo. Solo in situazioni di elevate infestazioni e assenza di organismi utili è opportuno agire, prima dell’inizio della fioritura, con gli insetticidi ammessi. In casi eccezionali, è possibile intervenire a fine fioritura, e prima dell’inizio della raccolta, con sostanze attive di origine naturale, caratterizzate da breve intervallo di sicurezza e da basso impatto ambientale come le piretrine, anche se in ogni caso è bene ricordare che qualsiasi intervento effettuato con insetticidi ad ampio spettro d’azione, di sintesi o di origine naturale, è dannoso nei confronti degli organismi utili.
Piantina di fragola sofferente in postimpianto estivo. Ripicchettature nello stesso sito spesso danno esito negativo per la notevole presenza di miceti e batteri, che aggrediscono l’apparato radicale delle nuove piantine
Ragnatele di T. urticae sulla vegetazione. La difesa diretta mediante l’impiego di acaricidi è riservata a situazioni di infestazione generalizzata concomitante ad assenza, o scarsa presenza, di antagonisti naturali
Ragnetto rosso. La prima strategia di difesa della fragola dal ragnetto rosso consiste nel favorire un equilibrato sviluppo della coltura mediante l’adozione di corrette pratiche agronomiche. 267
coltivazione La lotta biologica, attraverso il lancio dell’acaro fitoseide Phytoseiulus persimilis, rappresenta un mezzo d’intervento di provata efficacia nella lotta al ragnetto rosso, soprattutto in coltura protetta. Per garantire una buona efficacia del controllo biologico sul parassita in serra è però essenziale mantenere l’umidità dell’aria sufficientemente elevata, anche effettuando, se necessario, specifiche nebulizzazioni. Così come per gli afidi, anche nel caso del ragnetto rosso, ambienti colturali ricchi di biodiversità garantiscono un controllo naturale del fitofago, soprattutto in pieno campo. Per favorire l’attività predatoria dei fitoseidi immessi sulla coltura, o naturalmente presenti su di essa, occorre assolutamente evitare di eseguire interventi con prodotti agrochimici ad ampio spettro d’azione (per esempio piretroidi e zolfo) a ridosso dei lanci. L’impiego di acaricidi specifici andrebbe pertanto riservato solo a situazioni di assenza, o scarsa presenza, di antagonisti naturali sulla coltura. Solo in caso di infestazione generalizzata può risultare necessaria l’esecuzione di un trattamento con un acaricida ovo-larvicida o adulticida. Spesso questi prodotti sono impiegati in miscela.
Ragnetto rosso
• L’elevato potenziale riproduttivo
dell’acaro tetranichide Tetranychus urticae e il rapido insorgere di fenomeni di resistenza a molte sostanze attive creano spesso notevoli problemi per il suo contenimento con i mezzi chimici a disposizione
Tripidi. I tripidi adulti, composti prevalentemente da femmine, provengono spesso dalla flora spontanea esterna al fragoleto, nel quale sono attratti soprattutto dai fiori il cui polline costituisce un alimento particolarmente ambito dalla specie. I danni possono riguardare pertanto sia i fiori sia i frutti, con aborto dei primi e rugginosità dei secondi. Le cultivar a ciclo estivo e quelle rifiorenti sono maggiormente soggette al danno da tripidi, in quanto le elevate temperature e la prolungata disponibilità di fiori favoriscono le infestazioni del fitofago. Un’adeguata profilassi contro i tripidi trova nel monitoraggio degli individui, attuabile a mezzo di
Le colture protette in serra o tunnel sono più soggette di quelle in pieno campo agli attacchi del ragnetto rosso, che è favorito da condizioni climatiche asciutte. Gli effetti negativi, inoltre, sono più evidenti quando le piante presentano uno sviluppo poco vigoroso a causa di altri problemi di carattere agronomico
Foto F. Laffi
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difesa integrata trappole cromotropiche di colore blu-azzurro disposte nei fragoleti (sia di pieno campo sia in coltura protetta) o attraverso controlli a vista dei fiori, un buon punto di partenza. Alcune auspicabili pratiche preventive consistono nel favorire la presenza di predatori naturali (Orius laevigatus) mantenendo strisce o zone con maggesi fioriti limitrofe ai fragoleti ed evitando di sfalciarli in corrispondenza della fioritura della coltura. La lotta chimica ai tripidi costituisce un’opzione ampiamente seguita ma non priva di complicazioni. L’impiego di piretroidi rappresenta tuttora uno strumento di riferimento in questa profilassi, tuttavia la scarsa persistenza di questi prodotti, unitamente al basso profilo di selettività sull’entomofauna utile, ne impone un impiego tale da non coprire interamente il periodo di massima infestazione della coltura (fioritura). In questo contesto l’avvento delle spinosine, sostanze attive efficaci, persistenti e meno impattanti sui pronubi, ha fornito un contributo importante alla difesa contro questi insetti. La particolare resistenza di Frankliniella occidentalis a numerosi insetticidi e il conseguente massiccio ricorso alla lotta chimica hanno aggravato spesso il quadro della difesa, aprendo un interessante spazio a metodi alternativi di contenimento di questa specie, come quello basato sull’impiego di antagonisti naturali. Gli insetti che hanno dato in questo senso il maggiore contributo sono quelli appartenenti al genere Orius e in particolare la specie O. laevigatus. L’elevata resistenza alle alte temperature e la scarsa sensibilità al fotoperiodo di questo attivo predatore lo hanno reso particolarmente adatto per l’inserimento nelle strategie di lotta ai tripidi sia al Nord sia al Sud, con lanci inoculativi particolarmente efficaci in coltura protetta. Precocità, frequenza e dimensione dei lanci di O. laevigatus vanno valutate in funzione delle diverse situazioni colturali.
Tripidi
• Le infestazioni di tripidi, in particolare
della specie Frankliniella occidentalis, costituiscono uno dei problemi fitosanitari più pericolosi e difficili da contrastare nei fragoleti
• F. occidentalis è ormai ampiamente
segnalata non solo nelle tradizionali zone di insediamento del Meridione, dove le elevate temperature ne favoriscono la pullulazione, ma anche nei comprensori fragolicoli del Nord, dove riesce a sopravvivere anche a inverni moderatamente freddi
Irrorazione di prodotti fitosanitari alla ripresa primaverile
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coltivazione Nottuidi. Anche negli areali meno adatti come quelli settentrionali alcune specie di nottuidi come Spodoptera littoralis stanno divenendo fitofagi temibili, grazie soprattutto alle favorevoli condizioni pedoclimatiche e alla predisponente polifagia di questi insetti. Una corretta profilassi deve partire da un attento monitoraggio della presenza di nottue nei fragoleti, sia attraverso l’impiego di trappole a feromoni sia tramite controlli a vista della vegetazione, sulla quale sono facilmente evidenti sia le ovature dell’insetto sia le rosure prodotte dalle forme larvali. In coltura protetta la lotta può procedere anche attraverso l’approntamento di reti antinsetto, ma normalmente è alla difesa chimica che vengono affidate le maggiori aspettative di successo. In presenza di stadi larvali di prima e seconda età si può intervenire efficacemente con formulati a base di Bacillus thuringiensis (sub. aizawai o kurstaki) le cui tossine risultano particolarmente attive su larve neonate. Esse vivono normalmente in forma gregaria nella pagina inferiore dei lembi fogliari, pertanto sia il volume di bagnatura sia il turno di esecuzione degli interventi (4-5 giorni) deve essere adeguato in relazione alla modesta persistenza di questi insetticidi. La presenza di larve mature, più mobili, voraci e resistenti, riduce il margine di efficacia del Bacillus thuringiensis e ciò implica la necessità di adottare anche insetticidi che agiscano per contatto come i fosforganici e dotati di maggiore persistenza come le spinosine. La possibilità di disporre del feromone di alcune specie di nottuidi ha consentito inoltre di integrare la difesa chimica riducendo significativamente la popolazione di adulti o la loro possibilità di accoppiamento, rispettivamente attraverso forme di cattura massale (tramite trappole) e di confusione sessuale.
Nottuidi
• Sono diverse le specie di nottuidi in
grado di colonizzare la fragola, ma la gravità dei danni che esse possono arrecare varia in relazione alle diverse aree geografiche di coltivazione
Foglie di fragola con tipici danni da larve di lepidotteri nottuidi
Per il controllo dei danni da nottue si ricorre normalmente alla difesa chimica (Helicoverpa armigera, a destra e Spodoptera littoralis, in alto) previo un attento monitoraggio della loro presenza nei fragoleti attraverso l’impiego di trappole a feromoni e controlli a vista
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difesa integrata Difesa dalle malattie Collasso delle piante. Per il contenimento dei patogeni responsabili del fenomeno del collasso (Fusarium spp., Phytophthora spp., Pythium spp., Rhizoctonia spp., Verticillium spp.) è anzitutto necessario adottare pratiche agronomiche preventive: si consiglia di attuare ampie rotazioni con graminacee e leguminose, adottare varietà tolleranti e mantenere un buon livello di sostanza organica nel terreno. A questo scopo si può associare all’interramento di piante ad attività biocida appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae la copertura con film plastico (polietilene additivato, trasparente e con spessore di 0,05 mm, tenuto in campo per 45-55 giorni) che può fornire, in sinergia con il sovescio, un buon effetto di solarizzazione. Prima della messa a dimora della coltura, oltre a metam sodio e metam potassio, i disciplinari di produzione integrata autorizzano l’impiego del fumigante cloropicrina, ma solo se distribuito da ditte specializzate, in pieno campo e ad anni alterni. Dopo il trapianto, in caso di fallanze o mancato attecchimento di piantine di fragola, imputabili a Phytophthora cactorum, si può intervenire con diversi fungicidi sistemici attivi nei confronti delle fitoftoracee.
Collasso delle piante
• I metodi agronomici di carattere
preventivo costituiscono un’alternativa all’impiego dei geodisinfestanti, molto efficaci e di largo uso in passato ma che, negli ultimi anni, hanno subito rigide limitazioni d’impiego a causa delle loro caratteristiche ecotossicologiche
Foto I. Ponti
Il contenimento dei patogeni responsabili del fenomeno del collasso è anzitutto basato sull’adozione di pratiche agronomiche preventive
Marciume dei frutti. Le malattie che causano il marciume dei frutti sono frequenti soprattutto sulle colture di pieno campo, in caso di abbondanti precipitazioni durante il periodo di fioritura e raccolta. In aggiunta ad alcuni patogeni ben noti, come l’agente della muffa grigia (Botrytis cinerea), per i quali sono disponibili ampie conoscenze circa le migliori strategie di difesa da adottare, nel recente passato sono comparse in maniera diffusa altre malattie fungine come l’antracnosi e la gnomonia, causate rispettivamente da Colletotrichum acutatum e Gnomonia comari. L’acuirsi
Le infezioni di Phytophthora cactorum, al pari di altre malattie che causano il marciume dei frutti, sono frequenti soprattutto sulle colture di pieno campo e su alcune recenti varietà di fragola che hanno dimostrato una spiccata suscettibilità
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coltivazione di tali problematiche sembra imputabile, tra l’altro, alla spiccata suscettibilità di alcune varietà di fragola recentemente introdotte. Botrite. Non essendo attualmente disponibili varietà di fragola con frutti resistenti a Botrytis cinerea, risulta importante gestire in maniera corretta dal punto di vista agronomico la coltivazione, adottando densità d’impianto non eccessivamente elevate, fertilizzazioni e irrigazioni equilibrate e, per quanto riguarda le colture protette, un accurato arieggiamento delle serre. Attualmente, il miglior metodo per ottenere una buona difesa nei confronti del marciume dei frutti è la protezione della coltura con strutture quali i tunnel romagnoli o i tunnel multipli tipo veronese. In coltura protetta queste misure di carattere preventivo sono spesso in grado di assicurare un’adeguata protezione dei frutti. Al contrario, in pieno campo gli accorgimenti di tipo agronomico, seppure utili, possono non risultare sufficienti a causa delle precipitazioni, rendendo pertanto indispensabile il ricorso preventivo a fungicidi antibotritici per proteggere gli organi suscettibili, principalmente fiori e frutti. La disponibilità di efficaci antibotritici appartenenti a diverse famiglie chimiche (anilinopirimidine, fenilpirroli, idrossianilidi) permette di alternare principi attivi dotati di differente meccanismo d’azione contribuendo a prevenire lo sviluppo di ceppi patogeni resistenti. In considerazione dell’attività esclusivamente preventiva dei fungicidi attualmente disponibili, è ormai consolidata la strategia di trattare la coltura nel periodo della fioritura, prima che si verifichino le condizioni favorenti l’infezione. Una metodologia d’intervento di provata efficacia in pieno campo è basata sull’esecuzione di due trattamenti preventivi di cui il primo a inizio fioritura (20-30% di fiori aperti) e il secondo in piena fioritura, nel rispetto del tempo di carenza del fungicida impiegato. Grazie a previsioni meteorologiche sempre più puntuali e affidabili, è possibile posticipare il primo intervento fino a farlo coincidere con il secondo; in tal modo, in annate particolarmente asciutte, si riesce a ottenere un’ottima
Marciume dei frutti
• Fatta salva l’importanza delle pratiche
di carattere agronomico nella prevenzione delle malattie fungine che colpiscono i frutti (impiego di varietà tolleranti e materiale di propagazione sano, adeguate rotazioni, coltivazione in ambiente protetto ecc.), spesso una soddisfacente difesa della coltura non può fare a meno di una corretta applicazione dei mezzi di lotta chimica
Botrite
• La botrite, o muffa grigia, è una delle
fitopatie più temibili per la coltura della fragola, soprattutto in pieno campo. Allo stato attuale non sono disponibili varietà completamente resistenti alla malattia, anche se le varie cultivar presentano differenti gradi di suscettibilità. In linea generale le varietà con frutti meno suscettibili presentano un rigoglio vegetativo contenuto che permette un sufficiente arieggiamento delle piante, peduncoli dei frutti che tendono ad appoggiarsi sulla pacciamatura solo nell’ultima fase della maturazione, elevata resistenza della polpa e della superficie dei frutti
Foto R. Angelini
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difesa integrata protezione della coltura anche con un solo trattamento antibotritico. Al contrario, in caso di condizioni climatiche favorevoli al patogeno, può risultare necessario effettuare tre interventi fungicidi. Per quanto riguarda il posizionamento dell’ultimo trattamento, la migliore protezione dei frutti è ottenibile intervenendo almeno una settimana prima dell’inizio della raccolta. Trattamenti più tardivi o, addirittura, effettuati tra una raccolta e l’altra non consentono un particolare miglioramento del grado di protezione dei frutti. La spiegazione può risiedere nel fatto che le infezioni latenti, che rappresentano una delle principali cause dei danni ai frutti durante la raccolta, si insediano già durante la fioritura nei sepali e nei petali senescenti e, solo nel caso si verifichino condizioni ambientali favorevoli al patogeno durante il periodo della maturazione dei frutti, possono svilupparsi e provocarne il marciume. Antracnosi. Purtroppo le varietà di fragola più diffuse e commercialmente più apprezzate sono spesso anche le più suscettibili al patogeno. Pertanto, in situazioni di rischio su colture di pieno campo, il ricorso alla lotta chimica con recenti fungicidi attivi nei confronti sia della botrite sia dell’antracnosi rappresenta un metodo di difesa al momento insostituibile. Per quanto riguarda le strategie di applicazione dei fungicidi, anche per l’antracnosi la massima efficacia dei trattamenti si ottiene eseguendo i trattamenti durante il periodo fiorale e, in particolare, verso la fine del periodo di fioritura, in prossimità dell’inizio della raccolta, per proteggere i frutti in fase di maturazione e conservazione.
Non essendo attualmente disponibili varietà di fragola resistenti a Botrytis cinerea, la migliore difesa consiste nell’integrazione di tecniche colturali preventive e di adeguate strategie di lotta chimica
Antracnosi
• La copertura delle colture con strutture protettive, insieme con l’impiego di materiale di propagazione sano e l’adozione di varietà resistenti, rappresenta uno dei mezzi di difesa più efficaci
Gnomonia. Alla comparsa di sintomi di G. comari sulle foglie, tra le fasi della ripresa vegetativa e di inizio fioritura, è consigliabile effettuare uno o più interventi con alcuni antioidici dimostratisi efficaci anche contro questa malattia. Ciò al fine di prevenire il deperimento dell’apparato fotosintetizzante ma anche di ridurre
Il contenimento dell’antracnosi si realizza attraverso trattamenti in fioritura con fungicidi attivi congiuntamente nei confronti della botrite
L’antracnosi, insieme alla botrite, rappresenta la patologia più comune dei frutti delle varietà di fragola coltivate
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coltivazione i rischi di danni diretti sui frutti. In caso di elevata presenza di sintomi sulle foglie è necessario prevedere anche la protezione diretta dei frutti attraverso specifici interventi da realizzarsi nel periodo della fioritura con formulati che risultino attivi verso la muffa grigia e l’antracnosi. È importante alternare prodotti con diverso meccanismo d’azione. In sintesi, il tipo di strategia di difesa chimica da adottare per proteggere la fragola in pieno campo dai marciumi dei frutti dipende anzitutto dal rischio di presenza di agenti patogeni diversi da B. cinerea. In linea generale, infatti, la difesa viene impostata nei confronti della muffa grigia, che è senza dubbio la malattia più frequente. In tal senso sono numerosi i fungicidi impiegabili con successo. Grazie alla disponibilità di sostanze attive dotate di buona efficacia anche contro l’antracnosi e la gnomonia, in situazioni di rischio di infezione da parte di questi patogeni appare possibile difendere le colture in modo soddisfacente senza intensificare le strategie di difesa antibotritica già ampiamente diffuse, che prevedono l’esecuzione di 1-3 trattamenti, ma semplicemente calibrando il tipo e la tempistica degli interventi.
Gnomonia
• La gnomonia, o maculatura zonata,
è una malattia fungina che colpisce l’apparato vegetativo e i frutti delle colture di fragola in serra e in pieno campo. In caso di forte attacco la malattia può compromettere la resa colturale determinando la perdita di gran parte della vegetazione o colpendo direttamente i frutti, sui quali causa ampi marciumi bruni
Marciume bruno. Le pratiche colturali quali un buon drenaggio del suolo, l’irrigazione localizzata, le prode baulate alte e l’impiego della pacciamatura con paglia tra le file, che evita il contatto dei frutti con il terreno e riduce gli schizzi d’acqua, sono spesso sufficienti per contenere efficacemente la malattia. Nelle annate in cui a partire dalla fioritura si verificano frequenti eventi piovosi può essere necessario proteggere i frutti con fungicidi. Premesso che nessun fungicida autorizzato su fragola riporta in etichetta l’impiego specifico per combattere gli attacchi di marciume bruno sugli organi aerei, si segnala che le strobilurine possiedono un buon effetto collaterale verso questo micete.
La gnomonia si manifesta soprattutto nel periodo compreso tra la ripresa vegetativa e la fioritura
Marciume bruno
• Phytophthora cactorum è responsabile di due quadri sintomatologici che interessano in un caso il colletto e il rizoma e nell’altro i fiori e i frutti. Su questi ultimi i danni possono essere gravi nelle colture di pien’aria con scarsa rotazione e irrigazione per aspersione. Infatti, le oospore, che sopravvivono sui frutti mummificati, germinano in presenza di acqua nel suolo e rilasciano le zoospore che, attraverso gli schizzi di pioggia, arrivano sulla superficie dei frutti
Oltre ai danni diretti sui frutti, le infezioni di gnomonia provocano il deperimento dell’apparato fotosintetizzante e quindi un indebolimento dell’intera pianta che può arrivare a morte
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difesa integrata Oidio. La protezione della vegetazione dalle infezioni oidiche deve iniziare nella fase di post-impianto proseguendo con turni di 7-14 giorni in relazione alla sensibilità varietale e alla presenza della malattia. Dopo la sospensione dei trattamenti nel periodo invernale, a partire dalla ripresa vegetativa, interventi a cadenza settimanale sulle cultivar sensibili coltivate in ambiente protetto assicurano un’adeguata protezione della vegetazione e dei frutti. In pieno campo e in presenza di cultivar meno suscettibili gli interventi possono essere effettuati con turni più ampi. Diverse sono le sostanze attive, oltre allo zolfo, che esplicano un buon contenimento della malattia.
Oidio
• La difesa della fragola dall’oidio va
definita in relazione alle condizioni meteorologiche ma soprattutto alla sensibilità delle cultivar, all’ambiente di coltivazione e alla vigoria delle piante
Vaiolatura e maculatura bruna. Per ambedue le malattie le misure di tipo preventivo, quali l’impiego di varietà tolleranti, di materiale di propagazione sano e l’irrigazione localizzata, incidono significativamente sulla gravità delle manifestazioni. Un’attenta asportazione della vecchia vegetazione prima della ripresa vegetativa della coltura, riducendo l’inoculo, contribuisce a mantenere contenuta la presenza della malattia in primavera. Solitamente non si realizza una difesa specifica in quanto i trattamenti con rameici, che vengono eseguiti per avversità più pericolose quali la batteriosi della fragola, esplicano un discreto contenimento anche verso queste malattie. Nei casi in cui si evidenzino attacchi tali da determinare importanti riduzioni della superficie fogliare si possono impiegare fungicidi più specifici.
Foto I. Ponti
Alternariosi. Gli attacchi si verificano generalmente a fine estateinizio autunno e le infezioni possono assumere un carattere epidemico con gravi danni soprattutto nei vivai. La difesa chimica non consente di contenere in modo soddisfacente le infezioni di Alternaria spp. La soluzione ottimale è l’utilizzo di varietà non sensibili al patogeno.
L’oidio è causato da un fungo ubiquitario contro il quale è necessario prevedere trattamenti preventivi immediatamente nelle fasi post-impianto
Foto I. Ponti
Vaiolatura e maculatura bruna
• La gravità delle infezioni di vaiolatura
dipende dalla sensibilità varietale e dagli eventi piovosi che si verificano nel periodo autunnale (in particolare per la maculatura bruna) e primaverile essendo i conidi diffusi principalmente per mezzo degli schizzi d’acqua
Particolare delle necrosi provocate da Mycosphaerella fragariae, agente della vaiolatura, su foglia
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la fragola
coltivazione Coltivazione fuori suolo Philip Lieten
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coltivazione Coltivazione fuori suolo Introduzione Attualmente la superficie destinata alla coltura fuori suolo della fragola in Europa occidentale è stimata intorno ai 1500 ettari, su una superficie fragolicola complessiva di circa 50.000 ettari. A partire dalla metà degli anni ’80 la fragolicoltura su substrato si è concentrata principalmente in Olanda e in Belgio (500 ettari), con impianti coltivati intensivamente tutto l’anno in serra, in tunnel o anche in campo aperto. Negli ultimi dieci anni questa tecnica si è diffusa anche in Europa centrale, soprattutto nel Regno Unito, Francia, Spagna e Italia settentrionale. In seguito alla messa al bando del bromuro di metile, utilizzato per la fumigazione dei terreni da destinare a fragoleto, la produzione fuori suolo di fragole ha avuto un forte sviluppo, soprattutto nel Sud della Francia (dai 70 ha del 1999 ai 365 ha del 2007) e in Spagna (circa 130 ha nel 2007). Il Telone® (1,3-dicloropropene), usato per trent’anni in Belgio e in Francia, dal 2010 è in corso di messa al bando in tutta la UE: ciò potrebbe portare i produttori delle colture tradizionali in suolo a investire maggiormente nelle coltivazioni fuori suolo.
In sintesi
• In Europa occidentale la coltura fuori
suolo è stimata 1500 ettari sui 50.000 della superficie complessiva
• Concentrata principalmente in: - Belgio e Olanda 500 ettari - Sud della Francia 365 ettari - Spagna 130 ettari
Produzione di fragole Vantaggi e svantaggi I sistemi fuori suolo su substrato hanno suscitato grande interesse presso i fragolicoltori di grandi coltivazioni intensive in serra e in tunnel. Inizialmente la coltura fuori suolo era un’alternativa a
Fruttificazione vista al di sotto della canaletta di un fragoleto fuori suolo
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coltivazione fuori suolo quella in terreno, sempre più contaminato da Phytophthora spp., Verticillium spp. e nematodi. Con questa tecnica viene eliminato l’impiego degli erbicidi e l’uso degli agrofarmaci può essere ridotto al minimo in quanto i danni da marciumi, larve o altri insetti risultano più contenuti, inoltre, poiché le malattie dell’apparato radicale sono limitate, la disinfezione del suolo non è più necessaria. La coltura fuori suolo sotto strutture protette offre la possibilità di adottare la gestione dei metodi di difesa integrata. Utilizzando piante delle stesse varietà, messe a dimora in date successive, si può realizzare una continuità di fornitura di fragole, prolungandone la vendita sui mercati. Rispetto alle fragole importate e a quelle coltivate tradizionalmente, in molti Paesi le fragole fuori suolo commercializzate in appositi canali di vendita spuntano prezzi migliori. Le migliori condizioni operative della coltura fuori suolo attraggono più facilmente la forza lavoro e aumentano la velocità e la resa di raccolta. La produzione di fragole fuori stagione permette alle aziende di frazionare la forza lavoro su uno spazio di tempo più lungo, riducendo i periodi di punta della raccolta. I sistemi colturali fuori suolo consentono anche di aumentare la densità di piantagione, grazie alla quale è possibile incrementare la produttività e la redditività dei fragoleti anche se i costi annuali e di installazione sono più elevati rispetto a quelli delle colture tradizionali in suolo. Tra gli svantaggi legati a questa tecnica è da annoverare la minore presenza e la ridotta formazione di radici, a causa dei quali le piante su substrato sono più sensibili alla qualità dell’acqua, ai programmi di concimazione e alle variazioni di temperatura. Elevate temperature estive possono accelerare la crescita radicale e
Fragole prodotte in fuori suolo
Acclimatamento alle condizioni di pieno campo delle tray plant durante il mese di novembre
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coltivazione vegetativa delle piante che può influire sui rendimenti produttivi, riducendoli. Per contro, le piante coltivate in sacchi o in contenitori sono più suscettibili al gelo invernale perché sia le radici sia i germogli vengono direttamente esposti alle basse temperature. Nei climi temperati e più freddi è necessario proteggere le colture dal gelo mediante impianti di riscaldamento o coprendole con film di tessuto non tessuto o di polietilene. Dal momento che, durante la notte, il substrato si raffredda di più rispetto al suolo, la fioritura e la raccolta possono essere ritardate di 3-8 giorni. La consistenza e la conservabilità dei frutti possono essere influenzate dai programmi di fertilizzazione e dal regime d’irrigazione, come pure dalla temperatura e dall’umidità all’interno delle strutture protettive. Un problema tipico delle colture su substrato è la formazione di frutti fessurati, come conseguenza dell’eccesso d’irrigazione e di condizioni climatiche estreme (elevata umidità e salinità). A causa della presenza di radici più piccole, la concentrazione e la composizione della soluzione nutritiva hanno una influenza e un effetto maggiori sulle piante coltivate su substrato di quanto non ne abbiano sulle piante coltivate su suolo. La qualità dell’acqua è di grande importanza e la soluzione nutritiva deve essere oggetto di un attento e continuo controllo. Occorre utilizzare fonti d’acqua di buona qualità con un basso valore di salinità. L’eccesso di boro (B), zinco (Zn), cloro (Cl) e sodio (Na) nella soluzione nutritiva può limitare in modo drastico la crescita e la produttività delle piante. Il pH e le concentrazioni di altri elementi (Mn e Fe) della soluzione nutritiva devono essere correttamente regolati con attenzione al fine di ottenere i migliori risultati.
Foto R. Angelini
Foto R. Angelini
Sistemi fuori suolo Coltura NFT (Nutrient Film Technique) o idroponica. La coltura in acqua fu utilizzata come strumento di ricerca già a fine ’800 in Germania e, durante la Seconda guerra mondiale, fu sviluppata negli Stati Uniti per la produzione di ortaggi. La tecnica NFT fu introdotta nel 1970 da Cooper nel Regno Unito, poi comunemente usata per la produzione di ortaggi e fiori. Nei primi anni ’80 il sistema NFT fu adattato alle piante di fragola in Belgio e in Olanda. Si tratta di una tecnica colturale nella quale le piante a radici nude vengono coltivate in acqua con una soluzione nutriente ricircolante, che fluisce ininterrottamente lungo canaline orizzontali larghe 18-22 cm. La soluzione nutritiva messa in circolo viene leggermente riscaldata a 20 °C e rinnovata ogni 2 o 3 settimane. Grazie all’installazione di canaline a mobilità alternata è possibile portare la densità delle piante fino a 15 per m². Utilizzando il sistema NFT le operazioni di piantagione e di raccolta risultavano migliorate rispetto alla coltura tradizionale in suolo, tuttavia le infezioni da Phytophthora fragariae rappresentavano un
Foto R. Angelini
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coltivazione fuori suolo rischio per la rapida diffusione a tutte le piante. Nei primi anni ’80, allo scopo di ridurre tali infezioni e di migliorare lo sviluppo delle radici, nelle canaline vennero collocate lastre di diversi materiali come lana di roccia e poliuretano, ma questa soluzione, pur molto costosa, non sempre era efficace. A quel tempo non esistevano metodi efficienti ed economici per la disinfezione della soluzione nutritiva ricircolante nel sistema NFT.
Foto R. Angelini
Coltura in sacchi. Le prime esperienze di colture fuori suolo su substrato contenuto in sacchi risalgono alla metà degli anni ’70 in Belgio e nel Regno Unito. A metà degli anni ’80 questa tecnica fu perfezionata in Olanda e in Belgio, e nel decennio successivo la coltura in sacchi di torba divenne il metodo colturale più diffuso in Europa centrale. I sacchi, in materiale plastico, contengono da 8 a 18 litri di una miscela di torba, fibra di cocco, corteccia di pino o perlite. A causa dei loro costi elevati e dei problemi posti dal loro smaltimento al termine del ciclo colturale, l’interesse verso questo tipo di coltura, in Olanda e in Belgio, è scesa al 15%. In altri Paesi europei, dove la legislazione ambientale in materia di smaltimento dei rifiuti plastici è meno rigida, l’impiego dei sacchi è superiore. Grazie ai limitati costi di trasporto, in quanto i sacchi sono facilmente compattabili, la coltura su sacco è piuttosto diffusa in Francia, Spagna, Italia e Regno Unito. Molto spesso si usano anche tavole di substrato disidratato, che vengono poi idratate al momento della loro utilizzazione in coltura. Vasi e contenitori per la coltura fuori suolo. La coltura in vaso si è sviluppata a partire dalla metà degli anni ’80 e rappresenta
Impianto su sacchi di torba per la coltivazione fuori suolo in pien’aria
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coltivazione tuttora la tecnica più comune in Belgio e Olanda. I vasi, in polietilene, sono alti circa 22 cm, larghi 20 cm e possono contenere 5-7 litri di substrato. Oggi si tende a utilizzare vasi più piccoli (4 litri) che vengono appesi o collocati su una struttura di so stegno. Negli anni ’80, in Australia e a Malta, fu sviluppata una variante di questa tecnica, che prevedeva l’impiego di piccoli vasi, da 1,5-2 litri, posizionati in appositi fori praticati in canaline di PVC. Dalla metà degli anni ’90 tale sistema ha incontrato un rinnovato interesse: le piantine di fragola vengono messe a dimora in vasi da 2 litri con un diametro medio di 15 cm, contenenti una miscela di substrato e disposti nelle canaline lasciando uno spazio vuoto di circa 4 cm dal fondo di ciascuna canalina per evitare che le radici entrino a contatto con le acque di drenaggio (e prevenire così le patologie radicali). I vantaggi di questa tecnica sono rappresentati dal risparmio sui costi del substrato e dalla possibilità di far ingrossare le piantine direttamente negli stessi vasi che vengono poi conservati nelle celle frigorifere (con conseguente riduzione della manodopera) fino al momento in cui si intende farle fruttificare (colture programmate). L’alto costo dei sacchi di torba e i problemi legati al loro smaltimento hanno suscitato nell’Europa settentrionale un rinnovato interesse verso la coltura in vaso o in vaschetta. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 sono stati introdotti altri tipi di contenitori rettangolari, solitamente realizzati in polietilene bianco, alti 15 cm, larghi 20, lunghi 50-60, in grado di contenere da 10 a 20 litri di substrato. Oggi questi contenitori rappresentano il 60% della produzione fuori suolo dell’Europa settentrionale.
Riempimento automatico dei vasi con un substrato a base di torba
Contenitori rettangolari bianchi usati per la coltivazione fuori suolo
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coltivazione fuori suolo Strutture di supporto Sistemi orizzontali. In genere si utilizzano strutture di supporto orizzontali che possono essere appese, nelle serre o nei tunnel in plastica, o sostenute con apposite strutture fissate a terra, nei tunnel più piccoli o all’aperto nelle colture estive. Queste strutture sono realizzate in materiali diversi: tubi in ferro con o senza cavi, canaline e tubi in PVC (in Belgio, nel Regno Unito e in Olanda) o telai in ferro (in Francia, Spagna e Italia). Le strutture, appese o sostenute, di solito sono distanziate 1,2-1,3 m l’una dall’altra e poste a un’altezza di 1,2-1,5 m da terra. Sistemi verticali e a forma di A. A cavallo tra gli anni ’60 e ’70, in Italia e in Belgio sono stati sperimentati i cosiddetti sistemi di tubi verticali. Le piante venivano collocate in cubi di lana di roccia e inserite all’interno di fori praticati in tubi verticali di PVC, consentendo un’elevata densità di piantagione (25-30 piante/m2). In Italia, in particolare, negli anni ’60 si è sperimentato l’uso di vasi impilati verticalmente. Recentemente sono in corso test con sistemi a piramide a forma di A, con 5 piani su cui vengono poste la piante a fruttificare. La densità è aumentata fino a 33-45 piante/m2 (10 piante per metro lineare). Nel Sud della Francia alcuni coltivatori hanno realizzato un sistema a gradini costituito da due strutture orizzontali disposte una sull’altra, così da ottenere una maggiore densità di piantagione.
Coltivazione fuori suolo con canalette sopraelevate per la produzione estiva
Sistemi fuori suolo senza strutture di supporto. In tempi più recenti alcuni fragolicoltori belgi hanno messo a punto un sistema
Coltivazione fuori suolo dentro canalette sotto tunnel in Belgio
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coltivazione a terra preparato a macchina. Si tratta di un’alternativa a basso costo per i coltivatori che intendono trasformare i loro tradizionali campi di fragole in colture fuori suolo, senza investire in costose strutture di sostegno metalliche. La canalina fatta a macchina, larga 25 cm e profonda 15 cm, poggia su una prode di terreno ben baulato, alta da 10 a 30 cm e larga 60 cm. La prode è coperta da uno spesso film plastico e sul fondo della canalina è praticato un foro di drenaggio, poi coperto da un foglio di MyPex® (tessuto non tessuto) per evitare lo sviluppo di radici nel sistema di drenaggio. La canalina è riempita con un substrato di torba o fibra di cocco su cui saranno messe a dimora le piante. Questa tecnica funziona bene su terreni perfettamente livellati e ben baulati in prode da coltivare sotto tunnel. La durata di questi sistemi – che possono rientrare fra le alternative alla disinfezione del terreno – è stimata in 5-7 anni. Substrati In Europa il prodotto di base per la fragolicoltura fuori suolo è la torba. I vantaggi di questo substrato sono la sua elevata capacità di trattenere l’acqua, il suo basso contenuto di sostanze nutritive e di pH. La fibra di cocco oggi costituisce circa il 25% del mercato e viene usata talvolta come substrato puro, più spesso mescolata con torba. In Italia esiste una produzione naturale di perlite, il che spiega l’alta diffusione di questo substrato in alcune regioni. Malgrado consenta di ottenere buoni risultati, l’impiego della lana di roccia nella coltivazione delle fragole è molto limitato a causa delle diffi-
Fragole in coltivazione su letti permanenti in pien’aria
Letti permanenti di coltivazione con sistema di irrigazione localizzata
Preparazione meccanica dei letti permanenti che ospiteranno la coltivazione di fragole
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coltivazione fuori suolo coltà di radicazione delle piante e dei problemi di smaltimento che essa comporta in quanto non è biodegradabile e in alcuni Paesi le normative ambientali non permettono che venga interrata nel terreno. D’altra parte, per contrastare lo sfruttamento delle torbiere, sono allo studio altri substrati sostenibili composti di materiali organici quali le fibre di legno, il compost di corteccia di pino, sughero e tralci di vite, la polvere e le fibre di cocco, considerati fonti rinnovabili che non presentano problemi dal punto di vista ecologico. In Belgio e in Olanda il compost di giardino e di rifiuti di coltivazioni viene utilizzato su piccola scala come alternativa alla torba. Talvolta, però, questo tipo di compost può essere caratterizzato da scarsa porosità e da un elevato tenore di salinità. Il substrato di cocco è più aerato e trattiene meno l’acqua rispetto alla torba, ma ha il vantaggio di essere comprimibile in mattonelle e facilmente reidratabile, con un considerevole risparmio per il trasporto. Per contro, questo materiale può contenere alte concentrazioni di potassio (K), sodio (Na) e cloro (Cl), e determinare la fissazione di calcio (Ca), magnesio (Mg) e ferro (Fe), condizioni che possono comportare disseccamento dell’apice delle foglie, frutti di qualità inferiore e sintomi di carenza di ferro e di tossicità da sodio. Per questi motivi, prima della piantagione occorre lavare il substrato di cocco con una soluzione di calcio, magnesio e ferro. Molti substrati naturali possono contenere elevate fonti di carbonio soggette ad attività microbica, che può portare a un eccesso di azoto. I substrati organici dovrebbero essere compostati per un tempo abbastanza lungo e in alcuni casi pre-fertilizzati. La fibra di legno, oltre a possedere un’alta porosità, un basso potere tampone e un contenuto d’acqua facilmente utilizzabile, è caratterizzata da una rapida riduzione di volume e da un elevato contenuto di sostanza organica. Il compost di tralci di vite si distingue per l’alta capacità di scambio cationico (CSC). Allo stesso modo dei tralci, anche la corteccia di pino presenta un’alta porosità e una capacità piuttosto bassa di trattenere l’acqua, pertanto richiede frequenti irrigazioni. Qualora il substrato venga riutilizzato per un secondo ciclo di coltivazione sarà necessario sottoporlo a lavaggi con acqua per eliminare l’eccesso di sali. Le gelate invernali che congelano i substrati in torba ne migliorano le proprietà fisiche. Tuttavia la torba riutilizzata, specialmente nelle piantagioni estive, in genere riduce il vigore e la produttività delle piante dell’8-10%. Il riutilizzo delle miscele di cocco talvolta è più vantaggioso per via della loro composizione più stabile. Per concludere, a causa delle specifiche proprietà fisiche e chimiche di ogni tipo di substrato, dovranno essere adottati opportuni programmi di irrigazione e fertirrigazione in base al singolo substrato e al suo eventuale riutilizzo per successivi cicli colturali.
Coltivazione in vaso in Francia
Coltivazione su sistemi di supporto orizzontali all’aperto
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coltivazione Nutrizione L’acqua e i nutrienti vengono somministrati alle piante coltivate in fuori suolo mediante irrigazione a goccia. Di norma i concimi vengono forniti in soluzioni concentrate, poi diluite in un serbatoio di miscelazione o iniettate direttamente nei tubi d’irrigazione. Il pH della soluzione nutritiva viene mantenuto a un valore di 5,2-5,6 con apporti di acido nitrico o acido fosforico, mentre la conducibilità elettrica deve oscillare tra 1,2-1,8 mS/cm secondo la varietà, lo stadio di crescita delle piante e le condizioni climatiche. Una salinità eccessiva della soluzione nutritiva può causare necrosi del margine fogliare e stimolare il disseccamento delle foglie e dei fiori. Una conducibilità elettrica elevata può inoltre influenzare negativamente la crescita e la produttività delle piante, mentre un basso valore può ridurre la consistenza e la conservabilità dei frutti nonché causarne la fessurazione. Nella coltura su substrato le piante di fragola sono sensibili a concentrazioni eccessive di elementi minori, in particolare di ferro, boro e zinco. Per contro, una carenza di tali elementi può provocare il mancato sviluppo dei fiori o la malformazione dei frutti. Un aumento dei livelli di calcio diminuisce il tenore di acidità e aumenta la consistenza e la conservabilità dei frutti. Un assorbimento di calcio insufficiente dà luogo a fenomeni di disseccamento dei fiori e a frutti deformati o con semi troppo pronunciati. Elevati livelli di potassio possono causare un maggior contenuto di zuccheri e di acidi nei frutti. In generale nella soluzione nutritiva sono presenti ioni nella seguente misura: 7-10 mmol/l di nitrato (NO3–), 1-1,5 mmol/l di diidrogeno
Irrigazione su un impianto fuori suolo in pien’aria
Gruppo per la fertilizzazione, dotato di un sistema automatico per il controllo della conducibilità elettrica e del pH
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coltivazione fuori suolo fosfato (H2PO4–), 1-1,5 mmol/l di solfato (SO4=), 4-6 mmol/l di potassio (K), 3,5-4,5 mmol/l di calcio (Ca), 1,25-1,5 mmol/l di magnesio (Mg), 10-20 µmol/l di ferro e manganese (Fe e Mn), 8 µmol/l di zinco (Zn), 10-15 µmol/l di boro (B), 0,75 µmol/l di rame (Cu) e 0,5 µmol/l di molibdeno (Mo). La soluzione nutritiva viene adattata in base alla fase di crescita delle piante, al tipo di substrato, ai valori di analisi delle acque e alla varietà da coltivare. Soluzione percolata Nella coltura su substrato la soluzione nutritiva è fornita tramite sistemi di irrigazione a goccia, avendo cura che la distribuzione sia uniforme per garantire un apporto sufficiente a tutte le piante. In questi sistemi fuori suolo il 25% circa del percolato va perso attraverso il drenaggio. Per una coltura primaverile di Elsanta sono necessari circa 2700 m3/ha di soluzione nutritiva, il che si traduce in circa 970 m3/ha di percolato. Una produzione precoce di serra di Gariguette richiede circa 2300 m³/ha di soluzione nutritiva, corrispondenti a circa 900 m³/ha di percolato. Il consumo annuale di soluzione nutritiva è di circa 5000 m³/ha per due cicli di coltivazione e di circa 8000 m³/ha per tre. Il contenuto dei nutrienti nelle acque di drenaggio dipende da molteplici fattori: il tipo di substrato, l’aggiunta di fertilizzanti al substrato prima della piantagione, la fase di crescita delle piante e le condizioni climatiche. In generale, nella soluzione percolata possono accumularsi magnesio, calcio e solfati in seguito allo scarso assorbimento di questi elementi bivalenti, soprattutto nelle fasi di fioritura e di fruttificazione. Durante la crescita vegetativa delle piante, il percolato contiene una concen-
Irrigazione in serra
Irrigazione automatica delle tray plant
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coltivazione
Filtro per l’acqua di irrigazione
trazione più elevata di potassio. Elementi minori, quali ferro, boro e manganese, vengono dissolti in misura inferiore; il rame forma dei complessi con la materia organica del substrato e si trova solo in concentrazioni molto basse nel percolato. Se al substrato si aggiungono fertilizzanti prima della piantagione, nelle prime otto settimane successive si registra un eccesso di percolamento, in particolare di solfati e potassio. Per i substrati organici (corteccia di pino, fibre di legno, compost di sughero ecc.), la conducibilità della soluzione percolata rimane di norma relativamente bassa, soprattutto per il livello di sodio. L’acqua di drenaggio del substrato di cocco spesso contiene concentrazioni minori di calcio e maggiori di potassio, cloro e sodio, mentre dalla lana di roccia si disciolgono maggiormente calcio, manganese, boro e in misura minore ferro. Un elevato drenaggio aumenta la lisciviazione di sodio, cloro, solfato e manganese in particolare. Nei periodi di alte temperature, elevata umidità e bassa traspirazione l’assorbimento di calcio da parte delle piante diminuisce, il che può tradursi in una maggiore quantità di questo elemento nel percolato.
Attacco di Phytophthora fragariae
Ricircolo della soluzione A causa dei vincoli ambientali, in Europa c’è un maggiore controllo sulla qualità delle acque di drenaggio, in particolare per quanto riguarda nitrati, fosfati e solfati. Dal punto di vista ecologico i sistemi fuori suolo a ciclo chiuso possono essere considerati buone pratiche agrarie (GAP, Good Agrarian Practice), perché evitano l’inquinamento ambientale e consentono di risparmiare acqua. Ricorrendo al riutilizzo della soluzione ricircolante si può risparmiare fino al 25% dell’acqua e fino al 35% dei fertilizzanti, con indubbi vantaggi economici. In seguito alle leggi ambientali in Belgio
Attacco di Xanthomonas fragariae
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coltivazione fuori suolo e in Olanda, diversi sistemi fuori suolo a ciclo aperto sono stati convertiti in sistemi chiusi e molte nuove installazioni sono state progettate tenendo conto della raccolta e della riutilizzazione dell’acqua di drenaggio. La soluzione percolata proveniente da coltivazioni di fragole fuori suolo può essere riciclata o utilizzata per altre colture; generalmente possiede una conducibilità elettrica di 1,5-2,5 mS/cm, da analizzare ed eventualmente diluire prima di essere riutilizzata, in modo da ottenere livelli accettabili di elementi chimici. Solitamente quasi tutti gli elementi sono disponibili in quantità sufficiente: abitualmente si ritrovano quantità adeguate di calcio e magnesio anche dopo la diluizione, mentre fosforo, potassio e nitrato devono essere aggiunti. Se al substrato sono stati aggiunti fertilizzanti prima della piantagione, durante le prime sei settimane del ciclo di produzione i valori di solfato, ferro e boro potranno raggiungere i livelli massimi di tolleranza. Il pH della soluzione percolata generalmente supera di una unità quello del substrato, e occorre aggiungere acido nitrico o acido fosforico per abbassarne il valore nella soluzione da ricircolare. Durante la fase di crescita vegetativa delle piante si può aggiungere azoto ammoniacale per diminuire il pH del substrato. Contenuti eccessivi di sodio, solfato, cloro e boro limitano la qualità dell’acqua, al punto da non consentire il ricircolo del percolato. Prima di disperdere la soluzione percolata nell’ambiente l’acqua deve essere purificata mediante biofiltrazione. In diversi Paesi, per eliminare le sostanze inquinanti e nutritive in eccesso dalle acque reflue delle colture fuori suolo, si utilizzano colonne filtranti a flusso verticale o sistemi a flusso superficiale. In vasche appositamente costruite, le piante di palude (Phragmites australis, Typha sp., Iris pseudoacorus ecc.) e i microrganismi svolgono un ruolo attivo nell’assimilare azoto, fosforo e altre sostanze nutritive dalle acque reflue.
Foto R. Angelini
Phragmites australis
Foto R. Angelini
Disinfezione del percolato Il riciclaggio comporta rischi di diffusione di malattie fungine (Phytophthora fragariae, Fusarium, Verticillium), batteriche (Xanthomonas) e da nematodi che possono facilmente provocare perdite di prodotto. Nei sistemi a circolo chiuso la soluzione percolata deve essere disinfettata prima del riutilizzo. In Europa la maggior parte dei fungicidi non è registrata per l’applicazione nelle acque di irrigazione. I metodi di sterilizzazione più comuni impiegabili in orticoltura sono l’applicazione di radiazioni ultraviolette, la filtrazione lenta con sabbia e quella con lava e lana di roccia. In Belgio, Svizzera, Spagna, Regno Unito e Francia si stanno sperimentando sistemi di disinfezione alternativi. I fragolicoltori ottengono buoni risultati con la filtrazione lenta con sabbia per il trattamento di soluzioni percolate contaminate da Phytophthora cactorum. Questa tecnica è valida per gli ortaggi e i fiori, grazie a una notevole flessibilità in termini di dimensioni, di semplicità, affidabilità e di costi d’installazione relativamente bassi. L’impiego di
Typha latifolia
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coltivazione raggi UV con lampade a vapori di mercurio che emettono principalmente a una lunghezza d’onda di 254 nm UV-C può essere un altro metodo efficace e poco costoso. Un’irradiazione di 100 mJ/ cm² è efficace contro Phytiaceae, Fusarium, nematodi e batteri, mentre per controllare i funghi del genere Verticillium è necessaria un’intensità di 600 mJ/cm². Per le fragole coltivate su substrati di torba è possibile ottenere buoni risultati, ma è essenziale filtrare il percolato prima di sottoporlo a radiazioni. La sterilizzazione con raggi UV-C rende inattivi i chelati di ferro, che precipitano. Vivai di fragole su substrato In Europa centrale si è fatto uso di piante prodotte su substrato in contenitore per oltre 25 anni e numerosi sono i vantaggi rispetto alle piante di fragola moltiplicate in suolo. Nel fuori suolo è ridotto al minimo il rischio di infezioni, e la nutrizione delle piante può essere interamente controllata. Le piante tray plant (TP) sono facilmente movimentabili in caso di gelo e di pioggia. L’apparato radicale resta sempre integro e più completo rispetto a quello delle piante a radice nuda prodotte in suolo. Ciò migliora la conservabilità e la capacità di ripresa delle piante dopo un lungo periodo di conservazione in celle frigorifere. In Europa, nell’ultimo decennio, la coltivazione di piantine in contenitori è diventata un elemento importante dei sistemi di coltivazione. In base alle dimensioni del tray (contenitore) e all’età delle piante vengono usati i termini di plug plant (cime radicate) e di tray plant.
Piante madri in un sistema di coltivazione orizzontale
Produzione di stoloni su substrato Come piante madri si usano quelle certificate, messe a dimora in marzo in sacchi o contenitori ripieni di un substrato di torba, tal quale o miscelata con fibra di cocco. Le piante madri possono essere coltivate sotto tunnel o in serre, tuttavia è più comune produrre gli stoloni all’aperto per ridurre i costi, su sistemi orizzontali o verticali. La nutrizione viene fornita mediante irrigazione a goccia.
Foto W. Faedi
Sistemi verticali. Il sistema verticale è costituito da una struttura di sostegno alta circa 1,5 m sulla quale vengono disposti i contenitori o i sacchi, di solito a una distanza interfilare di 1,2-1,5 m: gli stoloni risultano sospesi e non vengono a contatto con il suolo. L’inconveniente di questo sistema è che, a causa del vento e della bassa umidità, gli stoloni presentano pochi abbozzi radicali rendendo, di fatto, la loro radicazione più lenta e meno efficace. Inoltre, poiché gli stoloni sono sospesi assumendo una forma un po’ piegata (per cercare la luce solare), rendono più difficoltoso fare radicare le piantine nei tray in modo eretto. Per di più, gli stoloni sospesi possono farsi ombra l’uno con l’altro e, a causa di questo trattamento di fotoperiodo breve accidentale, non è raro che in alcune tray plant possa apparire già a ottobre o novembre una prima infiorescenza che va quindi sprecata.
Particolare della fruttificazione di Elsanta in coltura fuori suolo in Trentino
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coltivazione fuori suolo Sistemi orizzontali. Quasi tutti i fragolicoltori preferiscono produrre gli stoloni utilizzando un sistema orizzontale, nel quale i sacchi o i contenitori sono disposti su prode di terreno rialzate e ben drenate, e dove la distanza interfilare è generalmente di 1,5 m. La copertura del terreno con film plastico evita che gli stoloni vengano a contatto col terreno e quindi siano soggetti a patologie radicali. Di solito si mettono a dimora 2 o 3 piante madri per contenitore o sacco, con una densità di 3-4 piante/m². In aprile si asportano le infiorescenze prodotte dalle piante madri in modo da favorire la formazione di stoloni. Tra i filari va posto uno strato di paglia al fine di trattenere l’umidità stimolando così lo sviluppo degli abbozzi radicali sugli stoloni. Per la varietà Elsanta, da ogni pianta madre si ricavano solitamente da 12 a 20 piantine da porre successivamente in radicazione nei tray.
Problematiche dell’innesto
• L’attuale sistema di moltiplicazione
della vite, tramite innesto a tavolo e sua propagazione, evidenzia alcune difficoltà operative legate soprattutto ai tempi di produzione. Infatti, l’imprenditore vivaista deve prevedere l’anno prima l’andamento del mercato e scegliere le varietà, i cloni, i portinnesti più adatti alle zone da dove presumibilmente proverrà la maggiore domanda. Infatti, la barbatella che viene venduta al viticoltore viene preparata l’anno precedente e solo raramente l’azienda viticola prenota con largo anticipo le barbatelle che intende mettere a dimora
Dagli stoloni alle piantine Tray (contenitori alveolati). Per le piante di fragola sono stati sviluppati vari tipi di tray (contenitori alveolati) di diversi materiali: polistirene (PS o polistirolo), polietilene (PE o polietene) e polipropilene (PP o polipropene). Il materiale sembra avere un’importanza di modesta entità nella radicazione e nella crescita delle piantine di fragola, ma influisce sulla durata e sul costo dei tray. Le piantine di fragola prodotte in polistirene sono più sensibili ai danni da gelo poiché non beneficiano dell’irradiamento del terreno. La durata del polistirene varia da 3 a 5 anni, in base alla densità del materiale; quella del polipropilene si aggira tra i 7 e i 10 anni, mentre quella del polietilene solitamente non va oltre i 2-3 anni.
Piante madri destinate a produrre stoloni nell’interfila coperta da paglia
Produzione di stoloni in coltivazione fuori suolo in serra
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coltivazione Il colore dei tray ha effetto sulla temperatura della torba, che a sua volta può influenzare la crescita e lo sviluppo delle radici. Le piante di fragola nei tray bianchi talvolta risultano più compatte, grazie alle temperature più basse, rispetto a quelle prodotte nei tray neri. La base dei contenitori dista circa 3 cm da terra, in modo da evitare il contatto delle piantine con il suolo e con l’acqua di drenaggio. Substrato. Come substrato da mettere negli alveoli dei tray si preferisce adottare una miscela con una bassa percentuale di torba nera e un’alta percentuale di torba di sfagno. Al fine di garantire una buona radicazione delle piantine, il substrato, sia di torba sia di cocco, non deve essere di natura fibrosa, ma ben saturo e compatto. Spesso la torba nera pura provoca uno sviluppo ridotto delle radici e maggiore incidenza delle malattie radicali. I tray possono essere riempiti di substrato meccanicamente (circa 700/ora). Plug plant (cime radicate). A partire dagli anni ’80 si utilizzano contenitori alveolati appositamente progettati per la fragola. Le cime degli stoloni vengono trapiantate nei tray (una per ogni al veolo) dalla fine di maggio alla fine di luglio. Le cime, pronte dopo aver sviluppato l’apparato radicale in circa sei settimane dal trapianto, vengono messe a dimora in agosto nei campi di produzione all’aperto (in alternativa agli impianti di piante fresche a radice nuda). Recentemente negli Stati Uniti è stata introdotta questa tipologia di piante sia per le varietà unifere (brevidiurne) sia per le rifiorenti (neutrodiurne). Nei tray le dimensioni di ogni alveolo variano di norma da 100 a 150 cc per le cultivar unifere e arrivano fino a 200 cc per quelle rifiorenti. Queste ultime varietà vengono solitamente trapiantate nei fragoleti dopo il 20 agosto al fine di evitare un’eccessiva intensità di fioritura nella primavera successiva.
Trapianto delle cime radicate nel mese di luglio
Tray plant (TP). Le cime degli stoloni di varietà rifiorenti vengono trapiantate negli alveoli dei tray a luglio. Le piante TP vengono mantenute nei tray fino alla fine di novembre o agli inizi di dicem-
Tray plant di una coltivazione in serra Contenitori alveolati in polipropilene
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coltivazione fuori suolo bre, quando vengono poste in celle frigorifere. A causa del lungo periodo di accrescimento (4-5 mesi) gli alveoli (a forma di coppa conica) contengono un volume di substrato di circa 280 cc (profondità 9 cm, diametro 8 cm). I tray, larghi 20 cm e lunghi 60 cm o 1 m, contengono rispettivamente 8-9 o 15-16 alveoli. I trapianti precoci spesso danno luogo a piante con numerosi germogli che produrranno un eccessivo numero di frutti. Per contro, le cime messe in radicazione nei tray dopo il 5 agosto non attecchiscono bene e rimangono poco sviluppate, con una ridotta capacità produttiva. Queste piante frigoconservate TP vengono usate per la coltivazione ritardata in serra o in tunnel per produrre frutti da settembre a gennaio. Esse rappresentano un’alternativa alle piante frigoconservate WB (Waiting Bed), o A+. Si stima che in Belgio e in Olanda il 90% del materiale utilizzato per il raccolto autunnale in tunnel e in serre riscaldate sia costituito da piante TP. Questo tipo di pianta sta guadagnando una notevole popolarità anche in altri Paesi europei, come Francia, Regno Unito, Italia e Germania. Le piante TP producono frutti del 10-20% più grossi rispetto alle piante a radice nuda (WB); poiché il loro sviluppo vegetativo procede più lentamente, le piante TP hanno un più ampio apparato fogliare e la raccolta è ritardata di 3-5 giorni. I costi di raccolta sono più bassi perché possono essere raccolti più frutti; infatti, un operatore può raccogliere circa 20 kg/ora dalle piante TP contro i 12-15 kg/ora delle piante WB.
Problematiche dell’innesto
• L’attuale sistema di moltiplicazione
della vite, tramite innesto a tavolo e sua propagazione, evidenzia alcune difficoltà operative legate soprattutto ai tempi di produzione. Infatti, l’imprenditore vivaista deve prevedere l’anno prima l’andamento del mercato e scegliere le varietà, i cloni, i portinnesti più adatti alle zone da dove presumibilmente proverrà la maggiore domanda. Infatti, la barbatella che viene venduta al viticoltore viene preparata l’anno precedente e solo raramente l’azienda viticola prenota con largo anticipo le barbatelle che intende mettere a dimora Tray plant in fase di differenziazione fiorale
Trapianto degli stoloni Preparazione delle piantine. I filamenti stoloniferi vengono raccolti dalle piante madri la mattina, poi suddivisi e preparati per il trapianto. La piantina ideale formatasi lungo il filamento stolonife-
Apparato radicale ben sviluppato di piante TP
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coltivazione ro è quella di medie dimensioni, con abbozzi radicali ben visibili, preferibilmente di lunghezza da 0,5 a 1 cm; le cime degli stoloni prive di abbozzi radicali non vengono utilizzate. A ogni piantina va lasciato un pezzetto di stolone di circa 1,5-2 cm, così da poterla fissare nel substrato di torba fino a quando non si sviluppano le radici. In genere le piantine si trapiantano nei tray la sera dello stesso giorno di asportazione degli stoloni, ma possono essere anche conservate in frigorifero ( 1÷5 °C) per un paio di giorni: in questa condizione gli abbozzi radicali iniziano a sviluppare le radici e le piante rimangono fresche senza appassire. La dimensione delle piantine da radicare non ha quasi nessuna influenza sulla produttività finale delle piante TP, mentre può incidere sul tasso di sopravvivenza delle piantine in fase di radicazione. Le prime piantine del filamento stolonifero (le più grosse) tendono a sviluppare poche nuove radici e quindi a essere soggette a mortalità. Inoltre, le piantine troppo piccole (più giovani) possono avere una scarsa sopravvivenza se non hanno sufficienti abbozzi radicali. L’asportazione delle foglie riduce il tasso di sopravvivenza delle piantine durante la fase di radicazione e comunque comporta un ritardo di diversi giorni nella crescita nonché una riduzione del diametro finale della corona della pianta e del suo rendimento produttivo potenziale. Tuttavia lasciare tutte le foglie alle piantine da radicare può causare uno squilibrio tra radici e foglie, altra condizione che diminuisce il tasso di sopravvivenza. È dunque preferibile lasciare due o tre foglie a ogni piantina, eliminando solo le foglie molto lunghe o danneggiate. La resa oraria di questa operazione è di 600-700 piantine e in genere è possibile trapiantare nei tray 500 piantine per persona. Trapianto. Le piantine da radicare possono essere trapiantate nei tray in serra o sotto tunnel di plastica, ma poi vengono di solito coltivate in campo aperto ben livellato e ben drenato, coperto con plastica e con un foglio di tessuto non tessuto (TNT). I tray vengono disposti in file con una spaziatura interfilare di 20-25 cm, necessaria per le operazioni di passaggio, per la rimozione di nuovi stoloni e il trapianto di eventuali fallanze. In pratica, una densità di 30-35 piante/m² è considerata ottimale per la radicazione e lo sviluppo di piante di qualità. Nella fase di induzione a fiore e di differenziazione delle gemme – in autunno – la densità può avere un’influenza decisiva sul diametro della corona e sulla capacità produttiva delle piante TP. In passato, sono state condotte prove con piante ottenute con varie densità di piantagione – da 32 fino a 215 piante/m² − utilizzando tray di 8-40 alveoli ognuno. È stato osservato che un aumento della densità da 32 a 64 piante/m² riduce la produzione dei frutti di oltre il 10%, mentre la densità di 215 piante/m² riduce la capacità produttiva del 30%. A fronte del calo produttivo si è sempre osservato un aumento delle dimensioni dei frutti.
Asportazione meccanica degli stoloni
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coltivazione fuori suolo Le piantine da radicare sono inserite e fissate nel substrato con un pezzetto di stolone attaccato. Il fissaggio avviene posizionando le foglie verso il centro del tray. La produzione di nuovi stoloni da queste piantine sarà diretta verso l’esterno del tray e potrà così essere rimossa facilmente. Nei primi 10-14 giorni dopo il trapianto delle piantine nei tray è fondamentale garantire costantemente un’umidità del 90-100% per evitare che le piantine si disidratino e per favorire lo sviluppo radicale. L’impianto idrico di nebulizzazione va programmato per numerosi interventi giornalieri. In alternativa le piantine possono essere coperte con un film di plastica bianca (spessa 50-70 µ) per due settimane. Con temperature elevate la radicazione risulta accelerata, tuttavia è necessaria, come minimo, una temperatura di 20 °C per favorire lo sviluppo rapido delle radici. Non appena le piante nei tray sono sufficientemente radicate possono essere alimentate da un sistema di irrigatori di piccole dimensioni (sprinkler). Secondo la fase di sviluppo delle piante e le condizioni meteorologiche, la frequenza degli interventi irrigui varia da 5 a 25 volte al giorno. Alle piante TP viene somministrata una soluzione standard di sostanze nutritive, mantenendo una conducibilità elettrica di 1,2-1,4 EC (mS/cm a 25 °C). Valori di conducibilità più bassi di 0,4-0,8 EC fanno diminuire la crescita vegetativa e il diametro della corona delle piante. Tuttavia, bassi livelli di nutrienti durante il periodo di induzione e differenziazione fiorale riducono al minimo la percentuale di frutti malformati. Valori più elevati, dell’ordine di 1,8-2,0 EC, promuovono lo sviluppo vegetativo e della corona, che comporta un maggior numero di frutti. L’aggiunta di nitrato d’ammonio alla soluzione nutritiva contribuisce a migliorare la crescita vegetativa, il diametro della corona e incrementa quindi la capacità produttiva delle piante.
Problematiche dell’innesto
• L’attuale sistema di moltiplicazione
della vite, tramite innesto a tavolo e sua propagazione, evidenzia alcune difficoltà operative legate soprattutto ai tempi di produzione. Infatti, l’imprenditore vivaista deve prevedere l’anno prima l’andamento del mercato e scegliere le varietà, i cloni, i portinnesti più adatti alle zone da dove presumibilmente proverrà la maggiore domanda. Infatti, la barbatella che viene venduta al viticoltore viene preparata l’anno precedente e solo raramente l’azienda viticola prenota largo Preparazione delle con piante TPanticipo da porre in frigoconservazione le barbatelle che intende mettere a dimora
Foto W. Faedi
Conservazione delle piante TP I nuovi stoloni emessi dalle piante TP in radicazione vengono asportati in genere con due interventi, uno all’inizio di settembre e l’altro in ottobre, utilizzando un tosaerba appositamente progettato. Non appena le piante entrano in dormienza – vale a dire quando hanno ricevuto una buona quantità di ore di freddo invernale e hanno accumulato sufficienti carboidrati – possono essere conservate per lunghi periodi. In genere le piante TP restano in campo nei tray sino a fine novembre-metà dicembre, per poi essere conservate in celle frigorifere. Le piante vengono tolte dai tray, confezionate dentro sacchetti di polietilene (spessi 30 µ) e imballate in casse. La temperatura di conservazione va mantenuta a –1,5 °C. Prima delle fasi di confezionamento si esegue un trattamento fungicida preventivo, necessario perché durante la frigoconservazione le piante TP sono a rischio di infezione da Rhizoctonia e Botrytis a livello della corona.
Coltura fuori suolo nel Veronese
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la fragola
coltivazione Post-raccolta Fabio Lovati
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coltivazione Post-raccolta Foto CRA-IAA
Analisi qualitative Se adeguate pratiche colturali concorrono all’esaltazione della qualità potenziale del frutto, una corretta gestione della fase post-raccolta contribuisce sicuramente al mantenimento delle pregevoli prerogative originali. Per sostenere ed eventualmente correggere le operazioni di raccolta, lavorazione, conservazione e trasporto vengono messe in atto tecniche analitiche di controllo e di valutazione della qualità. Lo scopo principale che si prefigge chi svolge attività di valutazione è essenzialmente quello di fornire indicazioni riguardo la qualità affinché i vari operatori della filiera possano utilizzarle con profitto e immediata corrispondenza con le esigenze che si riscontrano sul campo. La valutazione qualitativa del frutto di fragola, nella fase di postraccolta, ne valorizza quindi le caratteristiche estrinseche e intrinseche, richieste in modo costante dal mercato, ai vari livelli. Esse sono, per esempio, la facilità di movimentazione del prodotto (frutti consistenti e con buona resistenza alla manipolazione), l’aspetto sui banchi di vendita (frutti di colore rosso brillante, aspetto fresco e attraente, calice di colore verde, confezionamento adatto), il mantenimento della qualità anche alcuni giorni dopo l’acquisto (shelf life prolungata), il contenimento delle fisiopatie,
Postazioni per l’analisi sensoriale, generalmente effettuata nella località di raccolta
Parametri di qualità delle fragole raccolte in coltura di pieno campo a Cesena (valori medi biennali) Cultivar
Peso (g)
Colore (L*a*b*)
Consistenza (g)
Residuo secco rifrattometrico (°Bx)
Acidità (meq/100 g)
Acido ascorbico (mg/100 g)
Alba
25,8
38,2-34,9-21,9
400
6,8
10,2
40
Arosa
27,0
37,7-33,9-20,3
460
6,5
7,5
50
Camarosa
21,1
37,0-35,4-23,4
483
6,3
12,0
31
Clery
21,4
37,2-33,3-18,8
348
8,9
12,9
40,5
Darselect
24,1
37,9-29,8-23,3
287
7,2
10,8
42
Dora
26,4
37,8-35,2-21,9
280
7,9
11,2
43,5
Irma
27,8
37,8-36,8-21,7
230
6,4
10,2
26,2
Onda
27,0
40,5-37,6-27,3
290
5,8
6,8
42
Patty
27,1
39,0-36,7-23,3
280
5,4
9,1
49
Queen Elisa
21,3
40,2-35,8-25,2
362
7,7
11,4
49,6
Roxana
24,8
36,1-29,2-19,1
346
5,2
12,1
38,5
Tudla
24,1
36,1-34,5-21,3
331
7,1
12,3
51
Ventana
22,0
33,4-29,2-15,3
476
5,8
10,0
48,3
294
post-raccolta i contenuti nutrizionali (zuccheri e acidi) e, non ultimo, le elevate proprietà organolettiche (gusto equilibrato, aroma caratteristico, buona consistenza). Le analisi oggettive che concorrono alla caratterizzazione qualitativa consistono nella determinazione del peso medio dei frutti, del colore (espresso con le coordinate cromatiche L*a*b*), della consistenza, del residuo secco rifrattometrico, dell’acidità titolabile, del contenuto in acidi organici e in zuccheri. Tali misurazioni sono di norma effettuate subito dopo la raccolta e/o durante la shelf life, come nel caso del colore per valutarne la stabilità [differenza tra il colore alla raccolta e quello dopo conservazione, indicato come DE, ovvero (DL*2-Da*2-Db*2)½]. Segue poi la valutazione della serbevolezza dei frutti dopo conservazione frigorifera di 3 giorni a 4 °C più 1 giorno a 20 °C (simulando il comportamento di commercializzazione e consumo) rilevando il calo peso dei frutti, le percentuali di frutti sani, di frutti ammaccati, di frutti affetti da marciume e di frutti affetti da essiccamento o imbrunimento del calice. L’insieme di tutte queste informazioni consente una dettagliata caratterizzazione qualitativa delle singole cultivar e fornisce gli elementi di scelta per ottimizzare le operazioni di filiera. Un altro strumento che aiuta a qualificare i frutti una volta raccolti è l’utilizzo delle analisi sensoriali. Per poter definire le caratteristiche sensoriali della fragola e capire come queste influenzino la qualità
Foto CRA-IAA
Dinamometro per la misura della consistenza del frutto
Parametri di qualità delle fragole rilevati dopo breve conservazione (3 gg a 4 °C e 90% U.R. + 1 g a temperatura ambiente); coltura di pieno campo, Cesena (valori medi biennali) Cultivar
Colore (L*a*b*)
Colore ∆E
Consistenza (g)
Frutti marci (%)
Frutti ammaccati (%)
Frutti con calici disseccati (%)
Calo peso (%)
Alba
35,5-33,2-17,5
4,9
301
0
18
51
4,1
Arosa
35,6-32,5-16,6
4,5
440
0
17
29
2,9
Camarosa
34,6-33,0-19,4
5,2
472
0
28
39
2,4
Clery
36,4-33,3-18,7
0,8
317
0
25
22
6,0
Darselect
36,4-28,9-22,4
1,9
285
0
9
69
2,4
Dora
36,7-33,7-19,9
2,7
268
0
34
65
2,7
Irma
36,5-34,8-21,6
2,8
220
5
30
40
3,4
Onda
39,0-36,3-24,4
3,4
230
4
12
41
4,6
Patty
36,7-35,6-20,8
3,6
241
0
20
47
4,6
Queen Elisa
38,3-34,3-22,4
3,7
323
0
13
55
4,6
Roxana
32,9-25,4-15,4
6,2
244
0
14
15
4,4
Tudla
35,9-34,2-20,3
2,1
322
7
33
52
5,9
Ventana
30,4-23,7-12,3
5,0
302
0
10
21
6,0
295
coltivazione Esempio di rappresentazione test sensoriale di tipo descrittivo
Foto CRA-IAA
70 60 50 40 30 20 10 0
Eva
Queen Elisa
Dora Preparazione del campione di frutti per l’analisi degli aromi
Odore Dolcezza Acidità Aroma Durezza Succosità Gradevolezza
Darselect
VR 96.29.4
sono utilizzati test di tipo descrittivo-analitico, che mirano cioè alla descrizione e alla misura dell’intensità della percezione dei parametri sensoriali, effettuati con un gruppo di 10-15 assaggiatori addestrati, e di tipo edonico o consumer-test, cioè di preferenza o accettabilità, effettuati con l’ausilio di un numero più elevato di assaggiatori. La metodologia seguita nella conduzione di entrambi i tipi di test su fragole tiene conto anche di alcuni problemi insiti nella loro natura di prodotto fresco: i frutti vengono pertanto raccolti il giorno stesso dell’assaggio, selezionati in base alla pezzatura e al colore e opportunamente preparati tagliandoli in porzioni che vengono poste in contenitori pronti per l’assaggio. Ogni assaggiatore giudica così porzioni provenienti da frutti diversi mediando le eventuali differenze esistenti. La scheda per le valutazioni sensoriali di tipo descrittivo prevede la quantificazione su scale di intensità, solitamente non strutturate, dei principali parametri organolettici qualificanti le fragole (dolcezza, acidità, aromaticità, durezza, succosità e gradevolezza generale), mentre nella scheda relativa ai test edonici l’assaggiatore esprime il proprio punteggio di preferenza su scala strutturata numerata e/o gli viene chiesto semplicemente quale campione preferisce e per quale motivo.
Foto CRA-IAA
Spettrofotometro/colorimetro per la misura del colore
Valori ottimali di qualità delle fragole alla raccolta e dopo breve conservazione (3 gg a 4 °C e 90% U.R. + 1 g a temperatura ambiente) Alla raccolta
Dopo conservazione
Peso g
Colore (L* a* b*)
Consistenza (g)
Residuo secco rifrattometrico (°Bx)
Acidità (meq/100 g)
20-30
>37->32->24
300-400
7,5-8,0
10 - 15
296
Acido Colore ascorbico ∆E (mg/100 g) >40
<4
Frutti marci (%) <2
Frutti Calici ammaccati disseccati (%) (%) <30
<10
Calo peso (%) <5
post-raccolta Queste analisi permettono una maggiore conoscenza delle caratteristiche organolettiche delle nuove varietà evidenziando, in alcuni casi, attributi positivi rispetto alle varietà già in commercio. Inoltre, il confronto operato per alcuni parametri sensoriali quali dolcezza, acidità e durezza con le rispettive analisi strumentali eseguite su frutti simili a quelli proposti per i test sensoriali, consente, in molti casi, di validare le misure oggettive in quanto correlate positivamente alle risposte sensoriali.
Foto CRA-IAA
Pre-refrigerazione Per assicurare una buona qualità del prodotto è indispensabile limitare l’attività metabolica e la respirazione, che ne è l’espressione più evidente. Abbassando la temperatura il più rapidamente possibile dopo la raccolta, non solo si rallentano i fenomeni della maturazione, ma i frutti non subiscono indesiderabili modifiche della struttura, rimanendo più turgidi e consistenti, contenendo altresì gli attacchi fungini. In particolar modo tutti i piccoli frutti e quindi i frutti di fragola, e ancor più le fragoline di bosco, che sono caratterizzati da elevato metabolismo, beneficiano di un rapido raffreddamento (non oltre le due ore dalla raccolta). È stato infatti constatato che ritardi di 2, 5 o 10 ore portano a una diminuzione della consistenza e a una perdita di frutti per deterioramento considerevoli, arrivando al 20% di frutti soggetti a marciumi dopo 7 giorni di conservazione e a oltre il 40% dopo 10 giorni. Sui piccoli frutti sono stati sperimentati, con risultati apprezzabili, alcuni dispositivi di pre-refrigerazione in campo, costituiti da moduli componibili in materiale isolante, conformati in modo tale da alternare moduli contenenti cestini di frutta a moduli contenenti ghiaccio che permettono un rapido raffreddamento a circa 5 °C già dopo 4-5 ore, mantenendo poi una temperatura intorno ai 10 °C nell’arco delle 24 ore.
Foto CRA-IAA
Foto CRA-IAA
Moduli utilizzati per la pre-refrigerazione delle fragole in campo
Box per l’analisi sensoriale in laboratorio
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coltivazione Il conferimento del prodotto, possibilmente nella prima parte della mattina, al magazzino frigorifero dotato di impianto ad aria forzata per l’abbattimento rapido della temperatura risulta essere comunque una buona pratica. Meglio ancora se si inizia la catena del freddo già in azienda con interventi di pre-refrigerazione.
Foto V. Bellettato
Conservazione La temperatura ottimale di conservazione è compresa tra –0,5 e 0 °C (–0,7 °C è il punto di congelamento) con una umidità relativa intorno all’85-90%: in queste condizioni la durata della conservazione può arrivare anche a 10 giorni. Naturalmente, scegliendo temperature vicino al punto di congelamento, bisogna adottare idonee precauzioni se il prodotto deve essere movimentato; infatti in seguito all’interruzione della catena del freddo si verificano innalzamenti della temperatura con conseguente formazione di condensa che provoca evidenti perdite qualitative per disidratazioni superficiali, scomparsa della lucentezza e più facile sviluppo di marciume. Se il prodotto subisce quindi diverse movimentazioni è bene non raffreddarlo sotto i 4 °C e utilizzare ambienti a temperature differenziate con Dt non superiore a 5-6 °C. Trattamenti con CO2 Trattamenti shock al 15-20% di CO2 per 2-4 giorni, a temperatura inferiore ai 5 °C (senza scendere al di sotto del 2% di O2) possono contenere danni da Botrytis e rammollimenti, anche se incombono pericoli di insorgenza di sapori anomali per la formazione di acido acetico e acetaldeide.
Foto V. Bellettato
Foto P. Bacchiocchi
Prima della commercializzazione il prodotto dovrebbe essere conservato a una temperatura ottimale compresa tra –0,5 e 0 °C e con umidità relativa intorno all’85-90%: in queste condizioni la durata della conservazione può arrivare anche a 10 giorni
Ai fini di una ottimale conservazione del prodotto è fondamentale il mantenimento della catena del freddo per evitare innalzamenti della temperatura e conseguente formazione di condensa, che provocano perdite qualitative e facile sviluppo di marciumi
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post-raccolta Commercializzazione Nel periodo della commercializzazione i frutti di fragola possono subire un notevole cambiamento della qualità organolettica. I più vistosi mutamenti sono rappresentati dall’evoluzione del colore e dalla diminuzione di brillantezza dell’epidermide, dalla diminuzione di consistenza della polpa, dall’appassimento e/o decolorazione del calice. Una volta arrivata sui banchi di vendita, la fragola dovrebbe avere un’epidermide lucente con calice turgido e verde, esente da ammaccature o perdite di succo, con un residuo minimo di 6-7 °Bx. La pre-refrigerazione, il deposito a temperature controllate, il trasporto con mezzi isotermici, il confezionamento in cestini anche con proprietà funzionali (fori, coperchi, avvolgimento in film a permeabilità controllata, strato di materiale assorbente sul fondo per controllare l’eccessiva traspirazione o lo schiacciamento/ammaccatura dei frutti) sono pratiche ormai affermate per contribuire a mantenere la qualità entro le suindicate prerogative. Nel punto vendita, sia esso piccolo negozio o GDO, molto spesso i frutti sono lasciati a temperatura ambiente, in attesa dell’acquisto. Buona norma sarebbe invece dotarsi di banchi refrigerati e utilizzare modalità di confezionamento che permettano di mantenere bassa temperatura e sufficiente ventilazione, al fine di ottenere tutti i benefici possibili dall’impiego del freddo anche al dettaglio. Da ricordare una pratica poco diffusa da noi, e che vale per diverse specie ortofrutticole, il cosiddetto Pick-Your-Own o raccolta diretta da parte del consumatore, con evidenti effetti positivi sulla qualità dei frutti post-raccolta; il sistema è già da diverso tempo praticato in America, Australia, Sud Africa e Nord Europa, mentre in Italia si sta diffondendo soprattutto nell’ambito del biologico e come proposta di alcune aziende agricole che offrono anche servizi di “didattica in campo” per bambini. Un canale di commercializzazione che da qualche tempo continua ad avere invece un forte incremento è il mercato degli agricoltori o farmer market, normalmente allestito nelle città ma comunque non molto distante dalle zone di produzione (filiera corta) e che permette di avere prodotti offerti direttamente dalle aziende produttrici a garanzia di un maggior controllo della freschezza e a prezzi convenienti.
Aspettative qualitative del consumatore
• Colore: è importante la stabilità
di un colore brillante durante la commercializzazione (valutazione del ΔE dopo un periodo standard). In Italia sono apprezzate tonalità rosso-brillanti. In USA è preferito un colore più scuro
• Freschezza: il calice verde, turgido e
sufficientemente ampio è elemento di giudizio insieme al colore
• Forma e dimensioni: la forma conica,
regolare e allungata è quella preferita. Si prediligono inoltre pezzature mediogrosse, di 25-30 g ma uniformi
• Dolcezza: grazie al miglioramento
genetico, valori medi di R.S.R. a 7,5-8,0 °Bx sembrano ora possibili rispetto ai 5,5-6,0 °Bx di dieci anni fa
• Acidità: la percezione del sapore dolce
è soggetta a interazione con l’acidità; è necessario un rapporto equilibrato tra le due componenti e un contenuto di acidità tra 10 e 15 meq/100 g sembra ottimale
• Aroma: con la dolcezza è il parametro che per il 90% identifica una fragola buona e fornisce un elemento guida nella scelta di preferenza
• Salubrità: assenza di residui chimici
(produzioni BIO) e presenza di composti a effetto nutraceutico
Principali malattie post-raccolta Alcune crittogame possono causare evidenti perdite nel corso della commercializzazione. I principali marciumi che si riscontrano dopo la raccolta sono Botrytis cinerea, Sclerotinia sp., Rhizopus nigricans, Penicillium expansum, Colletotrichum gloeosporioides, Phytophthora cactorum. Per contrastare gli attacchi fungini più diffusi può essere utile, in fase preventiva, un trattamento shock con CO2 e comunque ottimizzare le fasi di raccolta-trasferimentoconservazione iniziando la catena del freddo il prima possibile, come indicato precedentemente. 299