Le insalate botanica | storia e arte | alimentazione | paesaggio coltivazione | ricerca | utilizzazione | mondo e mercato
le insalate Foto R. Angelini
alimentazione Aspetti nutrizionali e curiosità Carlo Cannella
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
alimentazione Aspetti nutrizionali e curiosità In dietetica per “insalata” si intende una pietanza formata da ortaggi, generalmente consumati crudi, che viene condita con sale, olio d’oliva e altri ingredienti (aceto e/o limone, pepe ecc.). La parola trae origine dall’etimo insalare, cioè “condire con sale” (NaCl, cloruro di sodio). Le insalate sono verdure a foglia che comprendono: le lattughe (Lactuca sativa), le cicorie (Cichorium intybus), le indivie (C. endivia) e altre piantine spontanee e/o coltivate, di minore diffusione sul nostro territorio ma non di scarsa importanza da un punto di vista gastronomico (catalogna, ruchetta, valerianella ecc.). Per quanto riguarda gli aspetti nutrizionali, le insalate sono ricche di acqua (fino al 95%), quantitativamente povere di macronutrienti energetici e di conseguenza apportano poche calorie. Tra nutrienti energetici risultano qualitativamente importanti le proteine, di elevato valore biologico (nonostante la matrice vegetale), e i grassi per il loro contenuto in acidi grassi essenziali della serie omega-6 (acido linoleico e linolenico). Molto interessante è inoltre il contenuto in micronutrienti: vitamine idrosolubili (B1, B2, C, folati) e caroteni (precursori della vitamina A), sali minerali (calcio, fosforo, ferro, magnesio), fibra (in prevalenza quella insolubile) e molecole bioattive (clorofilla, polifenoli, fitosteroli ecc.) che, oltre a
Che cosa s’intende per “dieta mediterranea”
• La dieta mediterranea è un patrimonio
culturale immateriale millenario, vivo e in continua evoluzione, condiviso da tutti i paesi del Mediterraneo, che incorpora saperi, sapori, elaborazioni, prodotti alimentari, coltivazioni e spazi sociali legati al territorio. Ricordando che la parola greca diaita significa “equilibrio, stile di vita”, si tratta di un modello di vita basato su convivialità e frugalità, caratterizzato non solo dalla freschezza e stagionalità dei prodotti alimentari, ma soprattutto dal modo di prepararli, presentarli e condividerli a tavola. Abitudini alimentari variate nel rispetto delle tradizioni che, insieme a una vita attiva, costituiscono le caratteristiche fondamentali della dieta mediterranea
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• Questo stile di vita salutare è anche la
conseguenza della diversa disponibilità della produzione agricola locale, in relazione al mosaico geografico e climatico del Mediterraneo, che nel nostro paese ha trovato la massima espressione grazie alla laboriosità della popolazione contadina
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aspetti nutrizionali esercitare attività protettive, conferiscono a questi cibi particolare sapore e colore rendendoli gustosi e appetibili. Una porzione di insalata di 50 g, condita con 5 g di olio extravergine di oliva e poco sale (un pizzico di sale corrisponde a 0,25 g), è una pietanza che non dovrebbe mai mancare nelle nostre abitudini alimentari per l’apporto di sostanze nutritive e protettive: vitamine, sali minerali e fibra, che facilita la digestione e aiuta a prevenire la stipsi.
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Lattughe e indivie Le lattughe, nelle varietà cappuccio, romana e pasqualina, sono tra gli ortaggi più consumati nel mondo, al terzo posto dopo patate e pomodori. Il nome è derivato dall’umore lattiginoso che si libera al taglio della foglia, particolarmente evidente in alcune varietà (Lactuca virosa) che vengono coltivate per estrarre il cosiddetto “oppio di lattuga”: si tratta di un lattice ricco di alcoli triterpenoidi che esercita una blanda azione sonnifera. Le lattughe
Lattuga gentilina
Composizione di alcuni ortaggi da insalata (per 100 g di parte edibile) Radicchio rosso Cichorium intybus Parte edibile
g
Indivia Cichorium endivia cultivar crispa
Lattuga Lactuca sativa
Ruchetta Eruca sativa
72
69
80
100
Acqua
94
93
94,3
91
Proteine
1,4
0,9
1,8
2,6
Lipidi
0,1
0,3
0,4
0,3
Carboidrati
1,6
2,7
2,2
3,9
Amido
0
0
0
0
Solubili
1,6
2,7
2,2
3,9
solubile 0,6 insolubile 2,4
solubile 0,2 insolubile 1,4
solubile 0,13 insolubile 1,33
0,9
Fibra
3
1,6
1,5
Energia
kcal
13
16
19
28
Sodio
mg
10
10
9
-
Potassio
240
380
240
468
Ferro
0,3
1,7
0,8
5,2
Calcio
36
93
45
309
Fosforo
30
31
31
41
Tiamina
0,07
0,05
0,05
-
Riboflavina
0,05
0,3
0,18
-
Niacina
0,3
0,5
0,7
-
Vitamina C Vitamina A
g
10
35
6
110
tracce
213
229
742
Tabelle dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Aggiornamento 2000
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alimentazione si presentano con foglie di diversa forma e di colore verde sfumato fino al rosso (nel lattughino da taglio). Si contano più di 100 varietà, prevalentemente coltivate, che hanno in comune il sapore dolce, la croccantezza e, soprattutto, il ridotto contenuto calorico, cioè un insieme di proprietà che hanno consentito a queste insalate di conquistare nel tempo una crescente popolarità e un posto di rilievo sulle tavole di tutto il mondo. Le indivie, spesso confuse con le cicorie per il sapore leggermente amaro ma facilmente distinguibili per le foglie più glabre, meno lobate e gli steli più corti, appartengono alla famiglia delle Composite liguliflore e vengono coltivate soprattutto nelle regioni centro-meridionali. Le principali indivie sono: a foglia larga, varietà latifolia, o indivia scarola (il cui nome deriva dal latino escarius, che significa “commestibile”), e a foglia dai margini arricciati, varietà crispa, o indivia riccia; quest’ultima è un’insalata di tipo invernale con foglie di colore verde chiaro che non formano un grumolo. Le cicorie insieme alle indivie sono le insalate più diffuse in Europa per il loro sapore, che è più delicato nelle parti bianche delle foglie mentre diventa più forte e deciso con note di amaro nelle parti terminali, caratterizzate da una colorazione tendente al rosso. Della cicoria si utilizza anche la radice, che viene essiccata, tostata e, dopo macinazione, utilizzata come tale o mescolata al caffè per preparare una bevanda simile al caffè ma con un sapore più intenso. Dalla radice della cicoria si estrae inoltre l’inulina (polimero del fruttosio), che ha trovato applicazioni in dietetica sia come fibra solubile sia come substrato “prebiotico” per i bifidobatteri.
Radici della dieta mediterranea
• La dieta mediterranea presenta una
forte connotazione italiana, in quanto il suo “scopritore”, Ancel Keys, ha iniziato nel 1954, in una località della Campania (Cilento), uno dei primi studi su alimentazione e stato di nutrizione della popolazione, basandosi su tradizioni, comportamenti e stili di vita locali. La finalità della ricerca era di comprendere il rapporto tra buona salute e consumo di prodotti agricoli del territorio. Sacralità del cibo, senso della parsimonia e soprattutto le caratteristiche delle abitudini alimentari, basate su “piatti poveri”, sono stati gli elementi portanti dei risultati dello scienziato americano. Oggi possiamo affermare che il benessere del nostro organismo, nonostante il continuo avanzare dell’offerta di cibo “trasformato” e “globalizzato”, può essere mantenuto se si rammentano i lineamenti caratteristici della “mediterraneità”
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Cappuccina in raccolta
Lattuga tipo brasiliana o iceberg
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aspetti nutrizionali Sono molto ricercati anche i germogli di una cicoria dolce detta “catalogna” o cicoria asparago, che a Roma vengono chiamati “puntarelle” e utilizzati per preparare una gustosa insalata da condire con olio d’oliva, aglio e acciughe. Non solo per le indivie ma anche per le lattughe è da segnalare il contenuto in folati (vitamine del gruppo B) che arriva anche a 100-140 mcg/100 g e che, anche in una singola porzione da 50 g, riesce a contribuire significativamente al fabbisogno giornaliero di questa vitamina. I folati sono coinvolti nel metabolismo dell’unità monocarboniosa, cioè in reazioni connesse con la sintesi delle basi azotate degli acidi nucleici (DNA e RNA) e nel differenziamento dei globuli rossi; in caso di carenza di questa vitamina si osserva anemia “megaloblastica”, caratterizzata dalla presenza nel sangue di globuli rossi immaturi. L’ultima indagine nazionale INRAN-SCAI 2005-06, condotta dal l’Osservatorio sui consumi alimentari dell’INRAN, dimostra che l’alimentazione italiana, ricca di frutta e ortaggi, fornisce ogni giorno più di 200 mcg di folati, assicurando in media la copertura del fabbisogno giornaliero di questa vitamina. Questo non è l’unico beneficio del consumo quotidiano di verdura e frutta in quanto questi alimenti, soprattutto se consumati freschi, sono una fonte di fibra e di molecole bioattive che esercitano funzioni protettive sul nostro organismo in quanto antiossidanti e/o immunostimolanti. Non un singolo alimento ma lo stile alimentare mediterraneo, la “dieta” nella sua completezza e varietà, costituisce la chiave per migliorare lo stato di nutrizione per i micronutrienti (vitamine
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Lattughino biondo
Lattughe verdi e rosse
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alimentazione e sali minerali), la fibra e le sostanze bioattive di origine vegetale (caroteni, polifenoli, fitosteroli ecc.). A tale proposito, alcuni studi recenti hanno dimostrato che un’alimentazione ricca in ortaggi e frutta ha la stessa efficacia dei supplementi vitaminici, in particolare nell’aumentare i livelli di folati eritrocitari e nel diminuire l’omocisteinemia plasmatica, fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. In alternativa alla proposta di alcuni paesi che, oltre alla fortificazione obbligatoria con acido folico per diminuire l’incidenza di gravi patologie congenite come la spina bifida e l’anencefalia, suggeriscono alle donne anche la supplementazione giornaliera, il messaggio da divulgare è che la dieta mediterranea, con i suoi alimenti naturalmente ricchi in folati, rappresenta l’arma più efficace per la prevenzione primaria di queste patologie. In alternativa, alle donne in età fertile con diete a bassa ingestione di ortaggi a foglia, e quindi povere di folati, è meglio raccomandare la supplementazione con acido folico ai fini delle prevenzione di gravidanze con difetti del tubo neurale.
Lineamenti caratteristici della mediterraneità della produzione agroalimentare italiana
• Quotidiano consumo di alimenti
di origine vegetale (legumi, ortaggi e frutta)
• Presenza nel pasto principale di un
piatto a base di cereali (frumento, riso, mais)
• Utilizzo del pane come alimento
base, essenziale per il supporto del “companatico”: formaggio, uova e salumi
• Diffuso impiego di olio di oliva come condimento
Radicchi I radicchi sono varietà di cicoria tipiche dell’Italia settentrionale e in particolare del Veneto, che garantisce il 60% circa della produzione nazionale, coltivati da novembre a maggio e reperibili sul mercato durante tutto l’anno. Appartengono alla famiglia delle Composite (13.500 specie e 920 generi) e sono dei “particolari” tipi di cicorie, sottoposti a coltura forzata al fine di rendere le
• Occasionale consumo di pesce e talora anche di carne (limitatamente alle festività)
• Utilizzo del vino, se gradito, come bevanda durante il pasto
• Queste scelte alimentari sono favorite
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dalla disponibilità della produzione agricola, in relazione al fattore climatico (freschezza e stagionalità) e al fattore geografico (alimenti di produzione locale, radicati nella cultura italiana del territorio). Quanto allo stile di vita, è importante sia il modo di consumare i pasti (lo stare a tavola, privilegiando convivialità e frugalità), sia la pratica quotidiana dell’attività fisica
Radicchi
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aspetti nutrizionali foglie più tenere, bianche e delicate con il parziale interramento e legatura o facendole vegetare all’oscuro in modo da inibire la produzione di pigmenti fotosintetici verdi. Con tali accorgimenti i radicchi si arricchiscono del loro principale “appeal”, la caratteristica colorazione rosso porpora (più o meno intensa fino al violaceo), dovuta a particolari pigmenti (antocianine), mentre la nervatura resta di un colore bianco-crema in modo tale che le foglie appaiono più o meno screziate di bianco e verde. Hanno una radice a fittone più o meno ingrossata e una rosetta di foglie alla base, di forma e lunghezza variabili in relazione al tipo di varietà e alle condizioni ambientali. Attualmente vengono coltivate sei diverse varietà di radicchio, tutte derivate da un progenitore a foglie rosse (probabilmente il radicchio di Treviso tardivo) introdotto in Europa intorno al XV secolo. – Il radicchio di Treviso è stato il primo prodotto agricolo a fregiarsi del marchio IGP, ottenuto nel 1996. Se ne distinguono due tipi: il tardivo e il precoce. È caratterizzato da foglie lanceolate, avvolgenti, a margine sinuoso, allungate, con nervatura bianca, di colore rosso intenso che diventa quasi violaceo quando si abbassa la temperatura. – Il radicchio di Verona IGP è caratterizzato da foglie di forma tondeggiante, piegate a cucchiaio, con una caratteristica colorazione rosso scuro brillante, che addossandosi l’una all’altra formano un grumolo compatto di forma tondo-ovale; la nervatura è color crema e scarsamente palmata.
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alimentazione – Il radicchio variegato di Castelfranco (incrocio tra il rosso di Treviso e la scarola), anch’esso prodotto IGP, si presenta con foglie tondeggianti, leggermente arricciate ai margini, di colore bianco-crema interrotto da striature di tinte diverse, dal viola chiaro al rosso vivo, riunite in una serie di giri a formare cespi a cuore aperto. – Il radicchio rosso di Chioggia IGP ha foglie grandi rotondeggianti, avvolgenti, caratterizzate da colore rosso vivo e nervatura molto sviluppata, palmata e di colore bianco; il grumolo è compatto e di forma sferica. – Il radicchio bianco di Lusia ha foglie tondeggianti, di colore dal bianco al verde chiaro brillante percorso da screziature rossastre, riunite in un germoglio semiserrato, sferico o leggermente allungato. La peculiarità dei radicchi rossi consiste sia nel buon contenuto in fibra solubile (specie della radice) sia nelle sostanze che conferiscono il colore rosso: le antocianine. Queste molecole, oltre a rendere questo alimento ben accetto alla vista e al palato, gli consentono di definirsi “funzionale”, cioè non solo nutriente, ma anche protettivo e quindi utile al mantenimento dello stato di salute. Le antocianine rientrano nel gruppo dei phytochemicals, cioè di quei composti di origine vegetale che, pur non svolgendo un ruolo nutritivo, esercitano un’azione protettiva sul nostro organismo in quanto “biomodulatori”. Le antocianine sono i glucosidi delle antocianidine, composti organici che appartengono alla famiglia
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Cicoria catalogna
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aspetti nutrizionali dei flavonoidi presenti nelle foglie, nei petali e nei frutti. Oltre a conferire il colore, queste molecole hanno la funzione di assorbire i raggi ultravioletti che potrebbero essere molto dannosi per il materiale genetico e per le proteine della cellula vegetale. Quando mangiamo i radicchi, queste molecole esercitano un’analoga funzione protettiva all’interno del nostro organismo nei confronti dei radicali e degli agenti ossidanti che sono all’origine dell’invecchiamento cellulare. Oltre a una potente attività antiossidante, queste molecole esplicano numerosi altri effetti biologici, essendo capaci di esercitare un’azione antiproliferativa, antiaggregante, antinfiammatoria e antibiotica. Tutte le suddette proprietà rendono questa classe di composti particolarmente importante nella prevenzione primaria di diffuse patologie come il cancro e le malattie cardiovascolari su base aterosclerotica. Il caratteristico sapore amarognolo del radicchio rosso e delle cicorie è da imputare alla presenza di una particolare classe di composti: i guaianolidi. Queste molecole, classificate chimicamente come lattoni sesquiterpenici e tipiche di alcune piante officinali, sono dotate di svariate proprietà tra le quali spiccano l’attività antinfiammatoria, vasoprotettiva e l’azione coleretica, i cui effetti depurativi ed epatoprotettivi possono rivelarsi utili per contrastare gli effetti di diete ricche di grassi, in stati di lieve ipercolesterolemia o, semplicemente, per facilitare la digestione. Per quanto riguarda la fibra, i radicchi rossi ne contengono una quantità decisamente maggiore rispetto alle altre insalate e con
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Lattuga iceberg o brasiliana a maturazione completa Coltivazione di lattuga gentilina o batavia verde a 1/4 di ciclo
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alimentazione una buona percentuale di quella solubile (inulina, specie nella radice), che è particolarmente indicata sia per la sua azione ipoglicemizzante, rallentando l’assorbimento del glucosio, sia come equilibratore della flora intestinale, essendo un ottimo substrato “prebiotico” nei confronti dei bifidobatteri.
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Utilizzo delle insalate Tutti gli ortaggi indicati con il termine di “insalate” vengono utilizzati come tali (previa mondatura delle parti più fibrose e/o ingiallite, lavaggi e risciacqui per allontanare la terra e/o eventuali residui di contaminanti e/o di agrofarmaci) finché mantengono la croccantezza e la gustosità del prodotto fresco. Lo sviluppo delle tecniche di conservazione (refrigerazione e confezionamento in atmosfera protettiva) ha consentito non solo di allungare la shelf-life di questi ortaggi, ma di poterne disporre in preparazioni già pronte per l’uso, cioè già mondati e lavati, in modo che necessitino solo dell’aggiunta del condimento. Il valore nutritivo delle insalate si mantiene dopo la raccolta finché permangono turgidità e croccantezza caratteristiche del prodotto fresco che, mediante la refrigerazione in condizioni di elevata umidità, può arrivare a 2 o 3 settimane; tuttavia, a partire da quella data iniziano a decadere le proprietà protettive (contenuto in vitamine e antiossidanti) e con l’invecchiamento del prodotto viene anche a diminuire l’appetibilità. Le insalate vengono utilizzate anche dopo cottura, in preparazioni gastronomiche che traggono beneficio non tanto dalle componenti nutrizionali, che se idrosolubili passano nel liquido di cotFoto R. Angelini
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aspetti nutrizionali tura, ma dalle molecole responsabili del gusto: amarognolo delle cicorie e/o dolciastro delle lattughe. Si ottengono così pietanze famose quali il risotto al radicchio, la cicoria in padella, gli involtini di scarola ecc. Infine, bisogna ricordare anche la ruchetta (Eruca sativa), appartenente alla famiglia delle Crucifere, che cresce spontanea nei campi e negli incolti della regione mediterranea e che viene coltivata negli orti per il sapore amarognolo-piccante delle foglioline (dall’aspetto lirato e dalla consistenza tenera), che si utilizzano per arricchire di gusto le insalate di altre erbe oppure le pietanze a base di mozzarella e/o di crostacei. La ruchetta deve la sua notorietà non tanto alla composizione in nutrienti (vedi tabella di riferimento), che di poco si discosta da quella delle altre insalate, quanto per il contenuto in rutina, un glicoside flavonico (ramnoglicoside della quercitina) che, in abbinamento con la vitamina C (acido ascorbico), ha la capacità di ridurre la fragilità capillare. La rutina è stata ritenuta per lungo tempo una sostanza ad azione vitaminica e denominata “vitamina P”, anche se gli studi più recenti, pur confermandone l’effetto benefico sull’endotelio dei vasi sanguigni, non sono riusciti a dimostrarne l’essenzialità per l’organismo umano. Le insalate sono, quindi, alimenti che fanno bene tanto alla linea (poche calorie e tanti micronutrienti) quanto alla salute, grazie al contenuto in fibra e molecole bioattive che esercitano azione benefiche e/o protettive su diverse funzioni del nostro organismo (digestiva, circolatoria ecc.).
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Rucola per baby-leaf
Coltivazione di rucola in serra tunnel
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alimentazione Insalata, fitoterapia e medicina Lattuga
Lattuga e antiossidanti
• La lattuga è un’ottima fonte di molecole
Componenti e azione terapeutica La lattuga (Lactuca sativa) è ricca di fibre (1,6 g per 100 g di alimento), al pari della valerianella e della rucola, rispetto alle quali però contiene una maggiore quantità di acqua (96%). Inoltre, contiene elevate quantità di potassio (240 mg/100 g) e quantità non trascurabili di minerali quali calcio, fosforo, magnesio e zolfo e vitamine D, E, K. La lattuga è un’ottima fonte di antiossidanti, quali i carotenoidi (beta-carotene, 3484 mcg/100 g, e luteina, 2312 mcg/100 g) e i fenoli (acido caffeico, quercetina, acido idrossicinnammico e acido clorogenico). Uno studio recente di Jeung Hee Lee et al. (2009) ha dimostrato nel modello animale un’importante attività di scavenger dei radicali liberi e di inibizione dell’ossidazione del colesterolo LDL da parte degli antiossidanti presenti nella lattuga. Questa ricerca ha preso in considerazione due gruppi di animali che consumavano una dieta ad alto contenuto giornaliero di grassi: un gruppo assumeva lattuga, l’altro no. I risultati hanno evidenziato che l’introduzione costante della lattuga nella dieta ha determinato non solo un miglioramento dei valori di colesterolo, ma anche una significativa prevenzione della perossidazione lipidica, potenziando il sistema antiossidante dell’organismo. Quindi l’assunzione
antiossidanti, quali carotenoidi (beta-carotene e luteina) e fenoli (acido caffeico, quercetina, acido idrossicinnamnico, acido clorogenico). Nel modello animale è stato dimostrato che l’assunzione di lattuga in quantità adeguate e prolungata nel tempo potrebbe ridurre il rischio di malattie cardiocircolatorie, grazie alla presenza di queste molecole antiossidanti che svolgono una significativa prevenzione della perossidazione lipidica, potenziando il sistema antiossidante dell’organismo
Lattuga tipo cappuccina
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le insalate Foto R. Angelini
alimentazione Insalata, fitoterapia e medicina Mariangela Rondanelli, Annalisa Opizzi, Francesca Monteferrario
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fitoterapia e medicina di lattuga prolungata nel tempo e in quantità adeguate potrebbe ridurre il rischio di malattie cardiocircolatorie. La lattuga è inoltre ricca di beta-criptoxantina, la più importante xantofilla ad attività provitaminica facente parte del gruppo dei carotenoidi, insieme ai caroteni. Dagli studi in vitro effettuati da Zhifang et al. (2008) è emerso che questa molecola presenta una significativa attività di stimolo sugli osteoblasti e di inibizione sugli osteoclasti dell’osso. Questa realtà ha avuto riscontro anche nell’uomo: è stata infatti dimostrata l’esistenza di una relazione tra la concentrazione di carotenoidi nel sangue e la diagnosi di osteoporosi nelle donne in postmenopausa. Un altro studio di Philpott et al. (2009), effettuato in vitro, ha evidenziato che gli antiossidanti presenti nella lattuga (soprattutto gli antociani) prevengono i danni endogeni sulle molecole del DNA Ht29 e quindi l’insorgenza di malattie croniche degenerative e tumorali, in particolare a livello del colon.
Lattuga e osteoporosi
• La lattuga è ricca di beta-criptoxantina, la più importante xantofilla ad attività provitaminica facente parte del gruppo dei carotenoidi, insieme ai caroteni. Studi in vitro hanno dimostrato che questa molecola presenta una significativa attività di stimolo sugli osteoblasti e di inibizione sugli osteoclasti dell’osso. Quindi l’assunzione di alimenti ricchi in criptoxantina, come la lattuga, può giocare un ruolo importante nella prevenzione dell’osteoporosi
Cicoria La cicoria (Cichorium intybus), originaria del bacino del Mediterraneo, è detta anche catalogna, scarola, radicchio o insalata matta. Gli antichi Greci la chiamavano kìchora e ne apprezzavano soprattutto le grandi virtù terapeutiche, considerandola il miglior depuratore del sangue; Galeno la definiva “amica del fegato”. Fin dal XVII secolo la cicoria fu impiegata per usi alimentari e come surrogato del caffè. Nel 1806 Napoleone, vietando ogni importazione di prodotti provenienti dall’Inghilterra e dalle sue colonie,
Lattuga romana
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alimentazione contribuì a diffondere l’uso del caffè di cicoria, caratterizzato da un retrogusto amaro. Questo sapore amaro è dovuto alla presenza di una sostanza chiamata acido cicorico o di-caffeil-tartarico (un composto della caffeina).
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Componenti e azione terapeutica La cicoria contiene sali minerali in grandi quantità, soprattutto calcio (150 mg/100 g), ferro (1,5 mg/100 g) e potassio (180 mg/100 g); sempre per quanto riguarda i sali minerali, vi sono inoltre buone quantità di sodio, rame, fosforo e cloruri. Per quanto concerne le vitamine, quelle maggiormente presenti nella cicoria sono le vitamine del gruppo B, la vitamina C, la vitamina K. Questo vegetale, soprattutto il radicchio rosso, si contraddistingue inoltre per la presenza di elevate quantità di xantofille, in particolare luteina (8832 mcg/100 g). Da uno studio condotto da Papetti et al. (2008) è emerso che una molecola presente in grande quantità nella cicoria, l’acido cicorico o di-caffeil-tartarico, che è un derivato dell’acido caffeico, è di rimarchevole interesse per la sua capacità di combattere e prevenire la formazione di idrogeno perossido e la lipoperossidazione. Come ben noto, la lipoperossidazione è una delle reazioni ossidanti più pericolose; essa si sviluppa su tessuti e cellule, dando luogo a reazioni a catena con acidi nucleici, nucleotidi, proteine, polisaccaridi e altri componenti delle membrane cellulari quali lipidi, enzimi, sistemi recettori e di trasporto. Si è potuto verificare che l’estratto di cicoria riduce notevolmente gli effetti della lipo-
Radicchio rosso Pianta di cicoria catalogna o più semplicemente catalogna con le caratteristiche foglie prive di piccilo (sessili), con costolatura molto evidente, riunite alla base della pianta (disposizione a rosetta basale). In questo caso il margine è frastagliato
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fitoterapia e medicina perossidazione. Trattamenti con preparati in emulsione di olio e acqua contenenti acido cicorico hanno manifestato un valore di protezione ben sei volte superiore a quello espresso dalle stesse formule contenenti vitamina E. Questa così diversa attività dei due prodotti starebbe a dimostrare che essi svolgono un’azione antiossidante differente: l’acido cicorico è anche in grado di distruggere perossidi esistenti e non solo di bloccare la formazione di nuovi, come avviene per le formule contenenti vitamina E. Oltre a svolgere un’azione antiossidante, l’acido cicorico presenta ulteriori attività positive per l’organismo. Uno studio in vitro di Tousch et al. (2008) ha dimostrato che quest’acido è in grado di aumentare il rilascio di insulina e l’assorbimento di glucosio. Nello specifico sono stati presi in esame l’acido cicorico e l’acido clorogenico (CGA), anch’esso presente in ottime quantità nella cicoria: entrambi si sono rivelati in grado di incrementare l’assorbimento di glucosio a livello delle cellule muscolari e stimolare la secrezione di insulina da parte delle isole di Langerhans del pancreas. Questi composti bioattivi con attività positiva sull’organismo sono presenti in quantità diverse a seconda delle differenti varietà di cicoria. Uno studio molto recente di Innocenti et al. ha preso in considerazione il contenuto delle molecole bioattive nelle diverse varietà di cicoria, tra cui la catalogna, il Radicchio rosso di Chioggia e il Witloof belga. Tra le componenti che contraddistinguono questo tipo di insalata, l’acido cicorico è stato trovato in quantità rilevanti in tutte le varietà di cicoria. Al contrario, sono state rile-
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Witloof belga
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alimentazione vate quantità maggiori di fenoli, come la cianidina e la delfinidina glucoside, nelle varietà di cicoria rossa. I composti polifenolici, come la quercetina e la luteiolina glucuronide, sono stato trovati in tutte le varietà di cicoria, a eccezione della varietà di Witloof belga. La maggior parte dei composti fenolici e polifenolici proveniva solo dalle parti colorate della foglia. La cicoria è uno degli ortaggi più ricchi di inulina, la quale viene, infatti, estratta principalmente dalla sua radice; questa sostanza appartiene alla classe dei prebiotici, componenti alimentari non digeribili che stimolano la proliferazione di numerosi batteri del colon. Si tratta di un polisaccaride caratterizzato dalla presenza di unità fruttosiliche legate al fruttosio. Alcuni studi in laboratorio hanno dimostrato che l’inulina aumenta il numero di bifidobatteri e lattobacilli colici. Questi sono i batteri più utili per l’uomo, perché favoriscono l’assorbimento delle sostanze nutritive presenti nei cibi e nelle piante medicinali, promuovono il funzionamento regolare dell’intestino e prevengono lo sviluppo dei tumori intestinali. Questi dati di laboratorio sono stati confermati da numerosi studi clinici, nei quali l’inulina si è dimostrata in grado di ridurre anche l’assorbimento intestinale del colesterolo. Dall’idrolisi enzimatica dell’inulina si ricavano i cosiddetti FOS (frutto-oligosaccaridi), sostanze prebiotiche con caratteristiche e attività analoghe.
Cicoria e acido cicorico
• Una molecola bioattiva presente in
grande quantità nella cicoria è l’acido cicorico o di-caffeil-tartarico, che è un derivato dell’acido caffeico; questa sostanza è di rimarchevole interesse per la sua capacità di combattere e prevenire formazione di idrogeno perossido e la lipoperossidazione. L’acido cicorico estratto dalla cicoria è in grado di distruggere perossidi esistenti e non solo di bloccare la formazione di nuovi
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Cicoria e acido clorogenico
• Studi in vitro dimostrano che l’acido
cicorico insieme all’acido clorogenico, presente anch’esso in ottime quantità nella cicoria, incrementa l’assorbimento di glucosio a livello delle cellule muscolari e stimola la secrezione di insulina da parte delle isole di Langerhans del pancreas
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fitoterapia e medicina Indivia L’indivia (Cichorium endivia) è una pianta tipica delle regioni mediterranee. Alcune fonti collegano il suo nome a una probabile origine indiana dell’ortaggio. Era abitualmente usata dagli antichi Egizi, Greci e Romani anche come pianta medicinale. Gli europei la introdussero nel continente americano nel XIX secolo, quando si sviluppò un sistema di coltivazione forzata in stanze oscure per ottenere foglie bianche e togliere il caratteristico sapore amarognolo.
Cicoria e inulina
• La cicoria è uno degli ortaggi più ricchi
in inulina, la quale infatti viene estratta principalmente dalla sua radice; questa sostanza appartiene alla classe dei prebiotici, componenti alimentari non digeribili in grado di stimolare la proliferazione di numerosi batteri del colon, che svolgono un’azione positiva sulla salute dell’uomo: favoriscono l’assorbimento delle sostanze nutritive presenti nei cibi e nelle piante medicinali, promuovono il funzionamento regolare dell’intestino e prevengono lo sviluppo dei tumori intestinali
Componenti e azione terapeutica L’indivia è molto ricca di potassio (320 mg/100 g), ferro (1,6 mg/100 g) e calcio (93mg/100 g). Sono presenti anche altre sostanze, sebbene in minor quantità: magnesio, fosforo e, per quando riguarda le vitamine, vitamina A (213 mg/100 g) e C (25 mg/100 g). Le componenti che le conferiscono il sapore amaro la rendono indicata per stimolare la secrezione della bile e prevenire i calcoli biliari. L’indivia è un’insalata leggera e rinfrescante (contiene circa il 93% d’acqua) e, inoltre, apporta pochissime calorie (16 kcal/100 g). Contiene in media l’1,6% di fibre totali, composte soprattutto da cellulosa ed emicellulosa, che le danno una consistenza soda e croccante.
Foto R. Angelini
Foto R. Angelini
Qualità nutrizionali dell’indivia
• L’indivia, che contiene il 93% di acqua
e quindi apporta pochissime calorie (16 kcal/100 g), è molto ricca di potassio (320 mg/100 g), ferro (1,6 mg/100 g), calcio (93 mg/100 g), oltre a contenere, seppure in minor quantità, magnesio, fosforo e, per quando riguarda le vitamine, vitamina A (213 mg/100 g) e C (25 mg/100 g)
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alimentazione Valerianella Secondo studi francesi compiuti nell’Ottocento, la valerianella (Valerianella olitoria), parente della Valeriana officinalis, sarebbe originaria della Sicilia e della Sardegna e si sarebbe diffusa poi in tutta Europa.
Qualità nutrizionali della rucola
• Le foglie della rucola sono molto ricche di ferro e vitamina C (15 mg/100 g) e per questo in passato erano impiegate per combattere lo scorbuto. Inoltre, per quanto riguarda i minerali, questo ortaggio contiene elevate quantità di potassio (369 mg/100 g), calcio (160 mg/100 g), magnesio (47 mg/100 g) e selenio (0,3 mg/100 g). Tra le insalate è la più calorica, in quanto apporta circa 25 kcal/100 g
Componenti e azione terapeutica La valerianella è un’insalata molto ricca di vitamine, quali le vitamine A (4250 mcg/100 g), C (38 mg/100 g) e B6 (0,27 mg/100 g). Inoltre apporta un buon quantitativo di fibra (1,7 g/100 g) e ferro (2,2 mg/100 g). Rucola Pianta erbacea annuale conosciuta fin dai tempi antichi, è originaria del bacino del Mediterraneo e dell’Asia occidentale. Gli antichi Romani le attribuivano proprietà afrodisiache e ne consumavano anche i semi. Un tempo la rucola era più apprezzata per virtù medicinali che per l’uso alimentare. Componenti e azione terapeutica La rucola è ricca di calcio (160 mg/100 g) ed è rinomata per la concentrazione di acido erucico, acido grasso monoinsaturo (C22:1 ω-9), che a dosi elevate può essere tossico, in particolare per il cuore; viene consumata in insalata abbondantemente in tutta l’America latina e nell’Europa meridionale.
Produzione di valerianella in serra nella provincia di Bergamo
Foto R. Angelini
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fitoterapia e medicina Le sue foglie sono molto ricche di ferro e vitamina C (15 mg/100 g) e per questo in passato era impiegata per combattere lo scorbuto. Inoltre, per quanto riguarda i minerali, contiene elevate quantità di potassio (369 mg/100 g), ferro (1,46 mg/100 g), magnesio (47 mg/100 g) e selenio (0,3 mg/100 g). Tra le insalate è la più calorica, in quanto apporta circa 25 kcal/100 g. Un recente studio effettuato in vitro da Yehuda et al. (2009) ha preso in considerazione l’effetto degli isotiocianati (ITC) presenti nelle foglie di rucola. È stato dimostrato che questi composti presentano un’attività anticancerogena, antinfiammatoria e antiproliferativa. Uno degli isotiocianati isolati dalla rucola è il MTBI, il quale svolge attività di mediatore dei processi infiammatori, soprattutto a livello dei cheratinociti, e si è dimostrato utile nella prevenzione di patologie infiammatorie croniche della pelle come la psoriasi. Un altro composto presente nelle foglie di rucola che deriva dagli isotiocianati, il sulforafane (SFN), è implicato nella regolazione del polimorfismo di alcuni geni e nei fattori necrotici tumorali. Un altro studio condotto da Alqasoumi et al. (2009) nel modello animale ha messo in luce gli effetti protettivi e rigenerativi dell’assunzione di rucola sulla mucosa gastrica. Dai risultati di questa ricerca emerge che gli estratti di rucola, e in particolare l’EER (Ethanolic Extract Racket), hanno proprietà antisecretive e antiulcera, oltre a proteggere la mucosa gastrica da agenti esterni come l’etanolo e alcuni composti alcalici.
Rucola e isotiocianati
• È stato dimostrato sia in vitro sia nel
modello animale che gli isotiocianati estratti dalle foglie di rucola sono composti che presentano un’attività anticancerogena, antinfiammatoria e antiproliferativa Foto R. Angelini
Rucola
Foto R. Angelini
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le insalate Foto R. Angelini
alimentazione Accumulo di nitrato nelle insalate Vitangelo Magnifico, Maria Gonnella
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
alimentazione Accumulo di nitrato nelle insalate Foto M. Curci
Nella valutazione qualitativa degli ortaggi il nitrato contenuto nei tessuti vegetali è considerato un fattore antinutrizionale. Il nitrato entra nei tessuti vegetali perché fa parte del ciclo dell’azoto, il quale rappresenta un elemento costitutivo importante delle piante e, nelle diverse forme chimiche, ossidate o ridotte, organiche o inorganiche, è il componente chiave di numerose molecole biologiche (aminoacidi, enzimi, vitamine ecc.) importanti dal punto di vista fisiologico. L’attenzione per il contenuto di nitrato nelle piante deriva dalla loro capacità di accumulo dal momento che una consistente frazione del nitrato assorbito dalle radici non viene utilizzata nell’immediato, ma va ad accumularsi nei vacuoli delle cellule per svolgere funzione di riserva e osmoregolatrice all’interno della pianta. Nelle piante l’accumulo del nitrato può avvenire in misura diversa nei vari organi della pianta. Il grado di accumulo dipende sia dal genotipo (specie e cultivar) sia dall’organo della pianta. In ordine decrescente, le parti della pianta in cui si riscontrano quantità di nitrato sono: piccioli, lamine fogliari, steli, radici, infiorescenze, tuberi, bulbi, frutti e infine semi. Negli ortaggi l’accumulo rappresenta un problema poiché, a differenza di altre specie da granella o da frutto, la porzione edule è spesso rappresentata dagli organi delle pianta che mostrano il più elevato accumulo di nitrato, e ciò vale in particolare per gli ortaggi da foglia. Classificate per differente capacità di accumulo, le specie che accumulano più nitrato ricadono nelle famiglie Brassicaceae (cavoli, verze, rucola, ravanello, crescione di fontana,
L’ambiente influenza notevolmente l’accumulo di nitrato nelle insalate
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accumulo di nitrato Nitrato nelle insalate Aumenta
Diminuisce
Bassa luminosità
Alta luminosità
Basse temperature
Alte temperature
Alta degradazione della sostanza organica nel terreno
Poca sostanza organica nel terreno
Alta concimazione azotata prima della raccolta
Concimazione azotata razionale e solo al trapianto
Foto M. Curci
crescione inglese ecc.) e Chenopodiaceae (spinacio), ma anche Asteraceae (lattughe, scarola, indivia, cicoria o radicchio ecc.) e Apiaceae (sedano, prezzemolo). Le differenze osservate tra le specie e tra le tipologie o cultivar della stessa specie possono essere spiegate in alcuni casi da una diversa morfologia delle foglie. Per esempio, le foglie bollose di spinacio sono più ricche di nitrato rispetto alle foglie lisce; i cespi serrati di alcune lattughe ne risultano meno ricchi dei cespi aperti o acefali; così come le cicorie e i radicchi accumulano meno nitrato delle varie tipologie di lattughe.
L’irrigazione e la pioggia influenzano l’accrescimento e l’accumulo del nitrato
Concentrazione di nitrato nelle specie da insalata Specie
Concentrazione di nitrato (mg/kg di peso fresco)* minima
media
massima2
63
1465
3063
Lattuga Butterhead
53
2030
4090
Lattuga romana
167
1100
2200
Lattuga riccia
16
1600
3400
Indivia belga
1
Scarola
6
520
1580
Lattuga iceberg
210
875
1540
Valerianella
121
2100
3830
Lattuga foglia di quercia
8
1530
3285
Radicchio
5
355
830
Rucola
1530
4680
7340
Spinacio
64
1070
3050
Crescione
4
136
174
Sedano
18
1100
3320
Finocchio
25
1024
3050
Carota
21
296
1574
Ravanello
115
967
2515
Fonte EFSA (2008), dati relativi a 20 stati membri e alla Norvegia nel periodo 2000-2007 * La concentrazione di nitrato è relativa al contenuto dello ione NO3 e non all’azoto nitrico N-NO3 1 In origine valore corrispondente al 5o percentile, semplificato come valore minimo 2 In origine valore corrispondente al 95o percentile, semplificato come valore massimo
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alimentazione Gli studi a livello genetico non sono stati, comunque, in grado di definire un intervento di miglioramento genetico mirato a ridurre la capacità di accumulo del nitrato. È stato infatti riscontrato che questo è un carattere quantitativo poligenico regolato da diversi meccanismi fisiologici più o meno indipendenti, per cui è molto difficile attuare efficaci interventi su basi genetiche.
Nitrato, nitrito e respirazione
• La metaemoglobinemia è uno
stato clinico conseguente a una conversione eccessiva di emoglobina in metaemoglobina, in cui il ferro si trova nello stato ossidato Fe+++, rispetto alla forma ridotta Fe++ che attribuisce all’emoglobina la capacità di legare e trasportare ossigeno nel sangue. La metaemoglobinemia insorge quando l’emoglobina è ossidata a una velocità superiore alla normale capacità enzimatica di ridurre la metaemoglobina a emoglobina. I sintomi della metaemoglobinemia consistono in una tipica cianosi, che si manifesta quando il livello di metaemoglobina è già al pari al 10% dell’emoglobina, più tutti i sintomi legati a una consegna alterata di ossigeno (emicrania, debolezza, tachicardia), dovuti all’incapacità della metaemoglobina di legare e trasportare ossigeno. Insorge tipicamente nei neonati
Tossicità del nitrato Il nitrato non è tossico di per sé, ma sono i suoi metaboliti – il nitrito, l’ossido nitrico e gli N-nitroso composti (tra cui le nitrosammine) – a destare preoccupazione perché possono sia causare gravi patologie, come la metaemoglobinemia e il cancro, sia risultare teratogeni per i feti. L’esposizione al nitrato è prevalentemente esogena; solo una minima parte si forma nel nostro organismo. I suoi metaboliti, invece, sono prevalentemente di origine endogena (cioè derivano dalla conversione del nitrato all’interno dell’organismo umano), anche se in minima parte il nitrito può formarsi già negli alimenti conservati in condizioni di ipossia come quelli inscatolati o imbustati, dove il nitrato può ridursi a nitrito se si verifica carenza di ossigeno nell’imballaggio e se nello stesso tempo sono presenti microrganismi anaerobi facoltativi, come Escherichia coli, i quali, finito l’ossigeno, iniziano a respirare il nitrato. Alcuni ricercatori hanno recentemente affermato che il nitrito può esercitare un’attività antimicrobica a difesa del nostro organismo nei confronti di microrganismi patogeni, mentre altri metaboliti del
Nitrato, nitrito e metaemoglobina
Foto M. Curci
Nitrato NO3–
Bocca e tratto gastro-intestinale in presenza di: - Enzimi - Batteri
Nitrito NO2– Nel sangue Fe++—Emoglobina
Fe+++—Metaemoglobina Tossicità acuta: metaemoglobina pari al 15% dell’emoglobina totale Tossicità letale: metaemoglobina pari al 70% dell’emoglobina totale
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accumulo di nitrato nitrato ingerito con gli ortaggi potrebbero avere un importante ruolo di vasoregolazione in caso di ipertensione e malattie cardiovascolari. Si tratta però di limitate evidenze scientifiche a fronte di un’enorme mole di ricerche che affermano il contrario. Sulla base di questo ampio numero di studi, l’organismo internazionale JECFA (Joint Expert Committee on Food Additives, Commissione congiunta di esperti in additivi alimentari) ha definito i valori di riferimento dell’ADI (Acceptable Daily Intake, assunzione giornaliera accettabile) nel range 0-3,7 mg/kg di massa corporea per il nitrato e 0-0,07 mg/kg di massa corporea per i nitriti. Dall’applicazione di questo parametro deriva che una persona di 60 kg di peso non dovrebbe assumere più di 222 e 4,2 mg al giorno, rispettivamente, di nitrato e nitrito. Il limite calcolato è riferito all’insieme degli alimenti e dell’acqua assunti con la dieta quotidiana. Infatti, gli ortaggi non sono l’unica fonte di nitrato, anche se è quella preponderante; anche l’acqua, i salumi, altri prodotti alimentari e alcune medicine sono discrete fonti di nitrato nella dieta umana. Come riportato dall’EFSA (European Food Safety Authority, Autorità europea per la sicurezza alimentare), sarebbe sufficiente, per esempio, il consumo di 47 g di rucola, con un contenuto medio di nitrato pari a 4800 mg/kg di prodotto fresco, per superare il valore di ADI sopra calcolato. Malgrado il modesto contributo alla dieta, la rucola (termine comune con cui spesso si indicano i due generi Eruca e Diplotaxis senza distinzione) suscita particolare attenzione, dato che ha mostrato un contenuto di nitrato fino a 9300 mg/kg di prodotto fresco come Diplotaxis.
Foto M. Curci
Foto M. Curci
Nitrato e nitrosammine Nitrato NO3–
Bocca e tratto gastro-intestinale in presenza di: - Enzimi - Batteri
Nitrito NO2–
+ Ammine Nello stomaco con ammine provenienti da alimenti, farmaci, fumo di sigaretta o nitrosammine provenienti direttamente da alimenti Nitrosammine (cancerogene, mutagene, teratogene)
L’ombreggiamento in serra può determinare l’aumento del nitrato nelle insalate
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alimentazione Regolamentazione relativa al nitrato negli ortaggi A tutela della salute pubblica, i livelli massimi di nitrato in lattughe e spinaci sono stati fissati dall’Unione Europea nel 1997 con il Regolamento CE 194/1997, successivamente revisionato più volte. L’ultimo Regolamento emesso è il 1881/2006 che fissa i limiti massimi di alcuni contaminanti negli alimenti, in particolare, del nitrato in lattughe, lattuga tipo iceberg, spinaci freschi, spinaci surgelati o comunque conservati, preparati per l’infanzia a base di cereali e altri alimenti. Considerata l’influenza dell’ambiente sul comportamento delle piante, di cui si tratterà in seguito, ai fini di salvaguardare le produzioni di alcune nazioni, i limiti fissati dai regolamenti cambiano secondo le stagioni e le tecniche di coltivazione. Infatti, risultano più elevati quelli consentiti per lattughe e spinaci coltivati in inverno rispetto a quelli raccolti in estate e maggiori per le lattughe coltivate in ambiente protetto che per quelle ottenute in piena aria. Ciò non toglie che la pericolosità di nitrato e nitrito non cambi da una stagione all’altra! Lo stesso regolamento ha consentito la deroga temporanea al rispetto di tali limiti. In particolare, Belgio, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito fino al 31 dicembre 2008 potevano autorizzare la commercializzazione di spinaci freschi, coltivati e destinati al consumo sul territorio nazionale, il cui tenore di nitrato fosse superiore ai limiti massimi stabiliti. Lo stesso vale in Irlanda e nel Regno Unito per la lattuga raccolta tutto l’anno e in Francia per la lattuga raccolta dal 1o ottobre al 31 marzo. Il regolamento però ha
Legislazione europea
• EC (European Commission),
Regolamento CE 194/1997 del 31 gennaio 1997 che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari. Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea L31:48-50
• EC (European Commission),
Regolamento CE 1881/2006 del 19 dicembre 2006 che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari. Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea L264:5-24
Concentrazione massima di nitrato nei prodotti alimentari (Regolamento CE 1881/2006) Prodotti alimentari
Tenori massimi
mg/kg
1.1
Spinaci freschi (Spinacia oleracea)1
Raccolti tra il 1o ottobre e il 31 marzo Raccolti tra il 1o aprile e il 30 settembre
3000 2500
1.2
Spinaci in conserva, surgelati o congelati
1.3
Lattuga fresca (Lactuca sativa L.) coltivata in ambiente protetto e in campo aperto; esclusa la lattuga di cui al punto 1.4
1.4
Lattuga di tipo iceberg
1.5
Alimenti a base di cereali e altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini2,3
2000 Raccolta tra il 1o ottobre e il 31 marzo: - lattuga in coltura protetta - lattuga coltivata in campo aperto
4500 4000
Raccolta tra il 1o aprile e il 30 settembre: - lattuga in coltura protetta - lattuga coltivata in campo aperto
3500 2500
- lattuga in coltura protetta - lattuga coltivata in campo aperto
2500 2000 200
I tenori massimi non si applicano agli spinaci freschi destinati alla trasformazione e che vengono direttamente trasportati in blocco dal campo allo stabilimento di trasformazione 2 Per i prodotti alimentari indicati in questa categoria, si rimanda alla definizione di cui alla direttiva 96/5/CE della Commissione, del 16 febbraio 1996, sugli alimenti a base di cereali e gli altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini (GU L 49 del 28.2.1996, p. 17), modificata da ultimo dalla direttiva 2003/13/CE (GU L 41 del 14.2.2003, p. 33) 3 I tenori massimi si riferiscono ai prodotti pronti per l’uso (commercializzati come tali o ricostituiti secondo le istruzioni del fabbricante) 1
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accumulo di nitrato imposto l’obbligo per i produttori di lattughe e spinaci degli stati in deroga di modificare progressivamente i metodi di coltivazione con l’obiettivo di ridurre il contenuto di nitrato, applicando le buone pratiche agricole raccomandate a livello nazionale. Scaduti i termini per la deroga, secondo quanto riportato dal Federal Institute for Risk Assessment tedesco (Istituto federale di valutazione del rischio) e dalla FSA inglese (Food Safety Agency, Agenzia per la sicurezza alimentare), è probabile che a livello europeo si stia prevedendo di aumentare i limiti di nitrato in spinacio e lattuga e di introdurre un nuovo limite di nitrato per la rucola. Esso costituirebbe una grossa novità anticipata dal parere scientifico dell’EFSA, che nel 2008 aveva raccomandato di sorvegliare il contenuto di nitrato della rucola in funzione dei mutamenti delle abitudini alimentari che vanno verso una maggiore esposizione, derivante dall’incremento continuo del consumo di questo ortaggio nelle popolazioni.
Foto M. Curci
Foto M. Curci
L’ambiente, la pianta e il nitrato Le piante assorbono l’azoto sia sotto forma di ammonio NH4+ sia come nitrato NO3–. La forma prevalente cambia in base alle condizioni di aerazione e di pH del terreno: nei terreni acidi, poco aerati, sommersi, prevale la forma ridotta, ammoniacale, la quale, di riflesso, sarà anche quella più assorbita da parte della pianta; nei terreni a reazione neutra o subalcalina, ben ossigenati, tipici degli ambienti mediterranei, prevale invece la forma ossidata, nitrica. Entrambe le forme derivano dalla mineralizzazione della sostanza organica (intrinseca del terreno o apportata attraverso la concimazione con concimi o ammendanti organici e letame) e dall’apporto diretto sotto forma di concimi minerali. L’ambiente mediterraneo è garanzia per bassi accumuli di nitrato nelle insalate
Foto R. Angelini
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alimentazione La forma ammoniacale è assimilata direttamente tal quale dagli enzimi specifici del metabolismo azotato, mentre il nitrato deve essere ridotto a livello citoplasmatico dalla nitrato reduttasi (NR) prima di essere assimilato. Di contro, la forma ammoniacale non può essere accumulata perché tossica per le cellule, mentre la forma nitrica si accumula nei vacuoli. L’accumulo, ovviamente, si verifica come risultato del bilancio tra l’assorbimento radicale e la riduzione enzimatica e assimilazione, se le condizioni ambientali che influenzano l’uno o l’altro processo sono tali da non favorire l’assimilazione in forme organiche.
Nitrato e nitrato reduttasi nelle cellule delle piante
• Lo schema a fianco rappresenta
una cellula vegetale al cui interno viene utilizzato l’azoto proveniente dall’esterno come ione nitrico (NO3–) o ione ammonio (NH+4). Successivamente al passaggio all’interno della cellula (che avviene per intervento di un’ATPasi di membrana che, generando un gradiente di H+, permette il trasporto dei due ioni), mentre lo ione NH+4 viene avviato direttamente all’assimilazione, lo ione NO3– può essere utilizzato dalla nitrato reduttasi (NR) citoplasmatica, e quindi avviato alla riduzione, oppure può essere trasferito nel vacuolo (pool di riserva) dove può accumularsi fino a concentrazioni in media 20 volte maggiori che nel citoplasma (pool metabolico) (20-70 mM vs 1-5 mM). Le reazioni che caratterizzano la riduzione di NO3– a NH+4 sono:
Fattori che influenzano l’accumulo del nitrato I principali fattori che intervengono direttamente e indirettamente a influenzare questi processi sono la temperatura, la luce (intesa come intensità luminosa, qualità e durata), la stagione, le condizioni di crescita (pH, disponibilità di elementi nutritivi e di acqua, tipo di coltivazione), il tipo di fertilizzante. Mentre l’influenza della temperatura sull’accumulo di nitrato è complessa, dal momento che essa interviene su tutti i processi coinvolti (assorbimento, traslocazione, assimilazione), l’effetto della luce, nei suoi molteplici aspetti, è più chiaro e di gran lunga più studiato. In condizioni di bassa radiazione solare l’accumulo di nitrato è maggiore. La radiazione solare incide sulla sintesi della NR e sull’attivazione dell’enzima (al buio la NR è inattiva), fornisce energia al processo di ossidoriduzione, oltre a fornire carboidrati e acidi organici prodotti dalla fotosintesi, che agiscono da osmoregolatori nel vacuolo, in alternativa al nitrato. In base all’ipotesi dell’osmoregolazione, in condizioni di ridotta radiazione solare la
NO3– + 2H+ + 2e– → NO2– + H2O NO2– + 8H+ + 6e– → NH+4 + H2O Nella prima interviene l’enzima NR, che riduce il nitrato a nitrito e si trova nel citoplasma, nella seconda l’enzima Nitrito reduttasi (NiR), che riduce il nitrito ad ammonio ed è localizzato nel cloroplasto o nel plastidio della cellula. All’interno del vacuolo vengono accumulati anche altri ioni inorganici (potassio, sodio, cloruro ecc.) e soluti organici che intervengono nell’osmoregolazione in alternativa e/o in equilibrio con lo ione nitrico
Rappresentazione dell’utilizzo dell’azoto da parte di una cellula vegetale [NO3–] = 1-5 mM [NO3–] = 20-70 mM NO3–
K+, Na+, Mg2+, Cl– Soluti organici
Vacuolo
Citoplasma
Riduzione a NH+4 NO3– ATP
NR H+
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NO3–
ADP + Pi
NH+4
H+ H
+
Assimilazione
NH4+
accumulo di nitrato capacità fotosintetica della pianta non è sufficiente a fornire gli osmoliti organici necessari per mantenere il turgore cellulare. Di conseguenza, la pianta accumula nitrato in sostituzione dei composti organici, la cui concentrazione è negativamente correlata con quella del nitrato. In aggiunta o in alternativa a questo meccanismo, la regolazione dell’assorbimento del nitrato dall’esterno avviene secondo un meccanismo a feedback negativo: se la radiazione solare è elevata, si verifica un rapido accrescimento, viene utilizzato il nitrato accumulato e viene stimolato l’assorbimento di altro nitrato dall’esterno; se la radiazione solare è bassa, l’accrescimento ridotto e la debole richiesta di azoto organico comportano l’accumulo di nitrato, finché la regolazione dell’assorbimento non ne viene influenzata come risposta di ritorno (feedback). La radiazione solare spesso interagisce con la disponibilità di azoto nel terreno: in condizioni di bassa radiazione solare (mesi invernali, giornate nuvolose) il nitrato si accumula anche se l’apporto di azoto è ridotto, mentre con elevata radiazione solare il nitrato si accumula solo se si applicano livelli di azoto superiori alle asportazioni da parte della pianta. Questo aspetto assume un notevole peso nella coltivazione in ambiente protetto, in cui si verificano spesso condizioni di scarsa radiazione solare, a causa dell’ombreggiamento della copertura e della coltivazione nei mesi invernali, associate spesso a variazioni nella qualità della luce e a Ripartizione del nitrato (mg/kg di peso fresco) in un cespo di radicchio rosso di Chioggia (Fucino, ottobre 2004) Foto R. Angelini
Ripartizione del nitrato (mg/kg di peso fresco) in un cespo di lattuga romana (Puglia, 2010)
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alimentazione rilevanti disponibilità di azoto nel terreno. Ciò avviene frequentemente anche nelle condizioni ambientali del Nord Europa, tanto da aver indotto il legislatore a differenziare i limiti legali di accumulo del nitrato negli ortaggi coltivati durante la stagione più fredda. Nelle aree dell’Europa meridionale, invece, le suddette condizioni si verificano solo in limitati periodi dei cicli colturali autunno-vernini, con accumuli di nitrato comunque decisamente più bassi di quelli che possono verificarsi nel Nord Europa. L’attività della NR è variabile anche nel corso delle 24 ore. Di conseguenza, l’accumulo di nitrato nelle foglie subisce una diminuzione dalla mattina al pomeriggio, osservata in diverse specie ortive (bietola, cima di rapa, indivia, spinacio, lattuga). Perciò la raccolta dovrebbe essere eseguita nelle ore pomeridiane o comunque quando sia la luminosità sia la temperatura dell’aria sono più alte. Durante i mesi invernali, oltre alla bassa radiazione solare, anche il fotoperiodo caratterizzato dai giorni brevi favorisce l’accumulo di nitrato. L’effetto, osservato confrontando produzioni autunnovernine con produzioni primaverili-estive, è stato confermato da diversi studi in ambiente controllato, in cui è stato ridotto l’accumulo di nitrato allungando il fotoperiodo con l’applicazione di luce supplementare anche a bassa irradianza. Lo ione nitrico è estremamente solubile e mobile nella fase liquida del terreno, perciò la disponibilità di acqua nel terreno favorisce
Foto R. Angelini
Ripartizione del nitrato (mg/kg di peso fresco) in un cespo di lattuga foglia di quercia (Puglia, 2010)
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accumulo di nitrato l’assorbimento di nitrato da parte delle piante; ma anche la carenza idrica può determinare l’accumulo di nitrato attraverso la riduzione dell’attività della NR ancor prima che si abbia il rallentamento dell’assorbimento dello ione nitrico da parte delle radici. Inoltre, l’elevata umidità dell’atmosfera, limitando la traspirazione, può rallentare l’assorbimento del nitrato. Infine, l’eccessivo apporto al terreno di acqua piovana o di irrigazione determina l’allontanamento dello ione nitrico dal volume di terreno interessato dalla rizosfera, per lisciviazione negli strati profondi e in falda. È ovvio che ciò non avviene in coltura protetta, soprattutto in regimi irrigui di razionale utilizzo della risorsa idrica. Al pari della radiazione luminosa, la disponibilità di azoto nel mezzo di crescita condiziona l’accumulo di nitrato attraverso numerosi aspetti. Tra questi c’è l’interazione con il genotipo. La rucola, infatti, è in grado di accumulare notevoli quantità di nitrato (anche fino a 50-100 volte superiori a quella disponibile nel mezzo di coltivazione) anche in condizioni di ridotta disponibilità azotata. Vale ancora la precisazione che la disponibilità di azoto non dipende soltanto dall’azoto apportato alla coltura in esame, ma dalla quantità totale di azoto presente nel terreno, costituita dai residui di azoto della coltura precedente, dall’azoto proveniente dalla mineralizzazione della sostanza organica e dei concimi organici. Ovviamente ciò non vale nelle coltivazioni senza suolo e su substrato inerte, in cui è possibile controllare in modo puntuale la nutrizione azotata e intervenire tempestivamente per la correzione degli apporti fino alla sostituzione completa della soluzione nutritiva con acqua in prossimità della raccolta, per indurre la pianta
Pulitura cespi
Tutte le tecniche colturali, e in particolare la concimazione azotata, influenzano l’accumulo di nitrato nelle insalate
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alimentazione a utilizzare il nitrato accumulato. In Eruca allevata in idrocoltura la sostituzione, cinque giorni prima della raccolta, della soluzione nutritiva con una soluzione contenente solo un quarto dell’azoto somministrato ha consentito l’abbattimento di oltre il 60% del nitrato accumulato nel controllo, che risultava superiore a 4000 mg/ kg di prodotto fresco. Lo stratagemma funziona però se la pianta è esposta a livelli ottimali di radiazione luminosa e comunque a condizioni che rendano efficiente il processo fotosintetico. La forma chimica in cui l’azoto è disponibile condiziona l’accumulo di nitrato. La preferenza d’uso di una o dell’altra forma dipende dalla specie, dall’età della pianta, dalle condizioni ambientali e dal rapporto tra le due forme di azoto. Se in alcune specie (bietola, pomodoro, fragola) anche piccole quantità di ioni ammonio possono indurre sintomi di tossicità sulla pianta (crescita stentata, decolorazione, clorosi e necrosi delle foglie, lesioni sugli steli), in altre, come indivia, riso, cipolla e mirtillo, l’ammonio è tollerato anche come forma esclusiva di azoto. In quest’ultimo caso le piante ottenute non accumulano nitrato. Nella maggior parte delle specie, comunque, la risposta è migliore in presenza di entrambe le forme chimiche di azoto in un rapporto favorevole alla forma nitrica rispetto a quella ammoniacale. Sia per lo studio sia per l’applicazione delle forme azotate, i sistemi di coltivazione senza suolo si rivelano più efficaci, in quanto consentono l’applicazione puntuale dei rapporti desiderati e un migliore controllo delle interferenze da parte di altri fattori. Nelle coltivazioni in suolo, invece, la forma ammoniacale, fornita attraverso i fertilizzanti (solfato e nitrato ammonico, urea ecc.), perma-
L’accumulo di nitrato varia con le tipologie e le varietà delle insalate coltivate
Sperimentazione sull’accumulo di nitrato
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accumulo di nitrato ne per tempi più o meno brevi, e tende a trasformarsi in nitrica in presenza di specifici batteri e in condizioni di pH da neutro ad alcalino, di temperature medio-alte e buona ossigenazione. Gli inibitori della nitrificazione o la somministrazione dell’azoto attraverso i concimi a rilascio controllato rallentano temporaneamente il processo di conversione da ammonio a nitrato, mettendo l’ammonio a disposizione delle piante per periodi più lunghi. La risposta alla concimazione organica, in termini di disponibilità di azoto in forma ammoniacale e quindi di accumulo di nitrato, è simile a quella riportata per i concimi a lento effetto o con inibitori della nitrificazione, accertato che non si operi in condizioni che accelerino la mineralizzazione della sostanza organica apportata. Per questo motivo la fertilizzazione organica è poco efficace nel controllo dell’accumulo del nitrato, soprattutto se adottata in serra e in ambienti mediterranei. Anche la modalità di distribuzione del concime azotato può risultare condizionante, nel senso che la distribuzione frazionata in due o più momenti del ciclo colturale dovrebbe tradursi in una maggiore efficienza d’uso dell’azoto, soprattutto se il frazionamento riflette il ritmo di asportazione e accrescimento della coltura. Nel caso della lattuga, specie nota per il lento accrescimento iniziale e l’accelerazione nelle ultime due settimane del ciclo di produzione, l’apporto frazionato di azoto, rispetto alla somministrazione totale in pretrapianto, consente un minore accumulo di nitrato alla raccolta e quindi un uso più efficiente dell’azoto somministrato. Occorre tener presente che, trattandosi di una coltura a ciclo breve (mediamente due mesi, ma anche 40 giorni) e di una spe-
Refrigerazione
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alimentazione cie da foglia, la maggiore disponibilità di azoto fin dall’inizio del ciclo potrebbe essere indispensabile per far avviare la coltura, considerando che il nitrato assorbito in eccesso, pur accumulato nelle foglie, attraverso il meccanismo della regolazione osmotica, svolge una funzione fondamentale nell’incremento del peso fresco delle piante. Nella fase finale di accrescimento rapido il nitrato accumulato viene infine assimilato, mentre se si spinge la concimazione di copertura fino a oltre un mese dalla raccolta si corre il rischio di aumentare il nitrato accumulato nelle foglie. In definitiva, la tecnica adottata dagli agricoltori pugliesi di somministrare tutto l’azoto (in media 100-120 unità di N/ha) al momento del trapianto per le specie da insalata in genere (indivia e scarola sono coltivate in Puglia con la stessa tecnica colturale delle lattughe) si è rivelata ottimale per ottenere buone produzioni con contenuto di nitrato inferiore a 1500-2000 mg/kg di prodotto fresco. Per contro, solo in caso di trapianti tardivi (fine novembre-dicembre), in cui il ciclo colturale è sensibilmente rallentato dalla basse temperature, alla ripresa dell’attività vegetativa di febbraio si tende a somministrare una parte della dose di azoto in copertura per stimolare la ripresa, considerando anche che la maggiore lunghezza del ciclo colturale comporta una maggiore probabilità di lisciviazione del nitrato contenuto nel terreno da parte delle eventuali piogge invernali. Nella pratica comune di coltivazione, anche se di difficile gestione, non va trascurato il generale effetto della competizione dello ione cloruro sull’assorbimento dello ione nitrato da parte delle piante; al contrario, un aumento della concentrazione del nitrato nei tes-
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Raccolta della lattuga
Lattughino biondo raccolto meccanicamente
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accumulo di nitrato suti vegetali può verificarsi a causa della carenza di molibdeno, che è l’elemento fondamentale nella sintesi della NR.
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Riduzione del contenuto di nitrato alla raccolta e in post-raccolta Considerando che le foglie giovani interne accumulano meno nitrato di quelle esterne e più esposte alla luce, l’eliminazione delle foglie più vecchie o mature rappresenta un semplice accorgimento per abbattere il contenuto di nitrato negli ortaggi da foglia nella fase di lavorazione o di preparazione per il consumo. Questo aspetto giustifica i minori limiti imposti nel Regolamento 1881/2006 per le lattughe tipo iceberg rispetto alle altre (romane, ricce, lollo, foglie di quercia), dato che il prodotto commerciabile nelle iceberg è costituito esclusivamente dalla parte centrale del grumolo. Il radicchio tipo rosso di Chioggia, invece, ha meno nitrato nelle foglie esterne che nel grumolo commerciale. In funzione della diversa dislocazione del nitrato nelle differenti porzioni di pianta, alcune operazioni di mondatura possono consentire una più o meno drastica riduzione del contenuto di nitrato: per esempio, l’eliminazione o l’accorciamento del picciolo in specie come rucola e spinacio e l’eliminazione della nervatura centrale delle foglie di lattuga e simili. In post-raccolta la conservazione degli ortaggi a temperatura ambiente favorisce la trasformazione del nitrato in nitrito. Se la refrigerazione rallenta il processo, la surgelazione lo inibisce completamente lasciando inalterato il contenuto sia di nitrato sia di nitrito. Dato che il nitrato è solubile in acqua, il lavaggio casalingo o nella lavorazione del prodotto di terza (surgelato) e quarta (insalate pronte all’uso) gamma può ridurre del 10-15% il contenuto di nitrato. Per lo stesso motivo, gli ortaggi cotti in acqua o sbollentati prima della surgelazione cedono nitrato all’acqua di cottura mentre quelli cotti a vapore lo conservano. In definitiva le specie da insalata tradizionali e quelle di recente consumo come prodotto di quarta gamma presentano notevoli differenze per la diversa capacità di accumulo del nitrato, per le ragioni che abbiamo visto. In linea di massima, rispetto a questo problema, si può affermare che le insalate coltivate negli ambienti mediterranei risultano “virtuose” per merito tanto delle condizioni ambientali favorevoli quanto delle migliorate tecniche agronomiche. Pertanto, nella quasi totalità dei casi, le produzioni orticole mediterranee riescono con molta facilità a rispettare i limiti di legge imposti dall’Unione Europea. Inoltre, l’applicazione delle buone pratiche agricole, tese a migliorare la sicurezza dei prodotti orticoli e a ridurre l’impatto ambientale delle coltivazioni, esalta ulteriormente questo carattere di pregio delle produzioni dell’Europa meridionale rispetto a quelle dei Paesi nordeuropei, tanto da ridurre a zero il rischio nitrato nel consumo delle insalate italiane.
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le insalate Foto R. Angelini
alimentazione Ricette Gianfranco Bolognesi
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alimentazione Ricette Introduzione Fresche, spiritose, salutari, spesso semplici da preparare e generalmente poco costose, le insalate rappresentano un magico mondo capace di esaltare tutte le tavole. Ricche di vitamine e sali minerali, diventano un piatto prezioso e insostituibile soprattutto in estate. Sulla base delle caratteristiche che contraddistinguono le differenti insalate, quali il colore (dal bianco al giallo, dal verde al rosso), il sapore (dal dolce all’amarognolo), la consistenza (dal tenero al croccante), è possibile ottenere tante differenti mescolanze in grado di soddisfare ogni tipo di palato. Nell’ambito delle insalate si va dalla semplice lattuga, che si trova in commercio tutto l’anno, alla lattuga romana conosciuta semplicemente come “romana”, che si presenta in cespi di forma allungata ed è ideale da consumare soprattutto in primavera e in estate, pur essendo reperibile anche in inverno. Ottimi anche i lattughini a foglie di quercia, la lollo, i lattughini biondi e rossi, che hanno sapori dolci e freschi e sono disponibili sul mercato soprattutto in primavera e in estate. Tra le differenti cicorie sono particolarmente apprezzate in cucina: la cicoria belga, con foglie bianche sfumate di giallo in cima e strette l’una sull’altra, in modo da formare un cespo lungo e compatto; la cicoria rossa di Treviso, più nota come radicchio trevigiano, con caratteristiche foglie strette e allungate di colore rosso intenso; la cicoria da taglio, chiamata anche spadona, con foglie lunghe e sottili e un sapore amarognolo, da consumare tagliata finemente. Da segnalare poi la ruchetta, più nota come rucola, che cresce spontanea nei campi in primavera e in estate, ma può essere anche coltivata. Ha un sapore forte e particolare: aggiunta alle insalate le rende più gustose. Da ricordare infine gli strigoli, detti anche stridoli, che crescono spontanei in primavera. Hanno foglie strette e allungate di colore verde. Sono la base principale di molti ragù alla romagnola, ottimi per condire pastasciutta e risotti.
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Silene vulgaris (strigoli o stridoli)
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Lattughini a foglia di quercia
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ricette Insalata di cappone e melagrana
Ingredienti 1/2 cappone •Ingredienti 50 g di uva sultanina • 70 • • 30 g di pinoli • 100 g di insalate varie • 1/2 calice di Brandy • 1 mazzetto di odori (prezzemolo, alloro, dragoncello) • 1 carota, 1 costa di sedano, 1/2 cipolla • citronette q.b. (olio extravergine di oliva, succo di limone, sale e basilico sminuzzato) • 1 melagrana
In una ciotola far rinvenire l’uva sultanina con il Brandy e un poco d’acqua. Cuocere il cappone in una pentola con abbondante acqua salata, gli odori e le verdure. Togliere il cappone, disossarlo e tagliarlo a fettine. Pulire e lavare le insalate, disporle nei piatti e condirle con la citronette, aggiungere le fettine di cappone, quindi decorare con l’uvetta, i pinoli e i chicchi di melagrana. 97
alimentazione Insalatine dell’orto con uova di quaglia e prosciutto caldo all’aceto
Ingredienti
• 200 g di insalata mista (valeriana, gentilina, riccia ecc.) • 150 g di prosciutto crudo • 20 uova di quaglia • pangrattato • 4 cucchiai di aceto di vino rosso Leonardo Spadoni • olio extravergine di oliva • sale
Pulire e lavare le insalate, disporle in piatti individuali, condirle con olio e sale. Aggiungere le uova di quaglia precedentemente lessate e private del guscio. Tagliare il prosciutto a pezzetti, rosolarlo in padella con un filo d’olio, aggiungere l’aceto, amalgamare e versare il tutto sopra l’insalata. 98
ricette Triglie agli agrumi mediterranei, con prosciutto dolce, insalata mista e coriandoli di frutta
Ingredienti Ingredienti
• 16 triglie • 70 • 100 g di insalata mista (gentilina,
scarola ecc.) • 1 pompelmo rosa • 2 arance • 50 g di prosciutto dolce di Carpegna • 50 g di frutta mista (mango, pera ecc.) • 1 cucchiaio di aceto di vino rosso • olio extravergine di oliva • sale
Pelare a vivo un’arancia e mezzo pompelmo e spremere il resto degli agrumi. Nettare e sfilettare le triglie, salarle e cuocerle con la pelle rivolta verso l’alto in una padella con un filo d’olio; togliere le triglie e tenerle in caldo. Rosolare leggermente il prosciutto tagliato a julienne nella stessa padella, bagnare con l’aceto e il succo d’arancia e pompelmo, ridurre di metà e mantenere in caldo. Disporre l’insalata nel piatto di portata, condire con olio e sale, unirvi gli spicchi degli agrumi, sistemarvi sopra i filetti di triglia ben caldi, poi la salsa, il prosciutto e la frutta tagliata a cubetti. 99
alimentazione Spiedini di gamberi e fiori di zucca con piccola insalata dell’orto
Ingredienti
• 12 mazzancolle • 12 fiori di zucca • 120 g di insalata dell’orto (rucola, soncino, radicchio) • 200 g di pangrattato • 4 uova • olio di soia per friggere
Pulire il pesce; lavare i fiori di zucca, asciugarli e salarli. Sbattere le uova in una terrina, immergervi i fiori di zucca e le mazzancolle, passarli quindi nel pangrattato e friggerli in olio bollente. Nettare le insalate, condirle con la citronette e disporle nei piatti. Alternare, negli spiedini di legno, le mazzancolle e i fiori di zucca. Servirli al centro dei piatti.
Per la citronette: • olio extravergine di oliva • succo di limone • sale
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ricette Filetti di sogliola al rosmarino, rucola e melagrana
Ingredienti
• 4 sogliole • 1 spicchio d’aglio • rosmarino • sale • 1 cucchiaio di acqua fredda • il succo di 1 limone • 1/2 melagrana • rucola • olio extravergine di oliva Per la vinaigrette:
Pestare l’aglio e il rosmarino in un mortaio; aggiungere l’acqua, il succo di limone, la senape e l’olio. Cuocere le sogliole a vapore per alcuni minuti e diliscarle. Lavare la rucola e condirla con la vinaigrette. Adagiarla sui piatti con sopra i filetti di sogliola nettati, conditi con la salsa al rosmarino e un pizzico di pepe macinato al momento. Guarnire il piatto con i chicchi di melagrana.
• aceto di vino bianco • 1 cucchiaino da tè di senape • olio extravergine di oliva • sale e pepe 101
alimentazione Cappelletti al radicchio, sedano rapa e porri
Ingredienti Per la pasta: • 300 g di farina • 3 uova Per il ripieno: • 100 g di ricotta • 100 g di Parmigiano Reggiano grattugiato • 50 g di petto di pollo • 50 g di lonza di maiale • 30 g di mortadella • 1 uovo • 1 noce di burro • odore di noce moscata • sale e pepe
Rosolare nel burro il petto di pollo e la lonza di maiale, salare e pepare, unire la mortadella e tritare il tutto, quindi amalgamare con la ricotta, l’uovo, il parmigiano e la noce moscata. Aggiustare di sale. Con la farina e le uova preparare una sfoglia sottile. Tagliarla a quadri di circa 3 cm di lato e porre al centro di ognuno un poco di ripieno; chiuderli a forma di cappelletto. Preparare la salsa tagliando il sedano rapa a fettine, il radicchio e i porri; farli appassire in una padella con il burro, unire la panna liquida e amalgamare. Cuocere i cappelletti in abbondante acqua salata, scolarli e saltarli in casseruola con la salsa e il parmigiano grattugiato.
Per la salsa: • 50 g di sedano rapa • 100 g di radicchio trevigiano • 2 porri piccoli • 50 g di burro • 50 g di Parmigiano Reggiano grattugiato • 1 bicchiere di panna liquida
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ricette Tagliatelle con gli strigoli
Ingredienti Per la pasta: • 400 g di farina • 4 uova Per la salsa:
• 200 g di strigoli (erbe di campo) • 50 g di pancetta • 1 spicchio d’aglio • 1/4 di cipolla • 50 g di salsa di pomodoro • 40 g di Parmigiano Reggiano grattugiato • 1/2 bicchiere di vino bianco secco • olio extravergine di oliva • sale e pepe
Preparare la sfoglia e ricavarne delle tagliatelle. Rosolare, in una casseruola con poco olio extravergine di oliva, la pancetta tagliata a dadolini, l’aglio e la cipolla tritati, versare il vino e lasciare evaporare. Aggiungere gli strigoli, nettati e lavati, e la salsa di pomodoro; aggiustare di sale e di pepe e amalgamare. Coprire con un po’ d’acqua e cuocere per 15 minuti. Cuocere le tagliatelle in abbondante acqua salata, scolarle bene al dente, versarle in una casseruola, amalgamare con il parmigiano, aggiungere la salsa e mescolare bene. 103
alimentazione Stricchetti con prosciutto, piselli ed erbe di campo
Ingredienti Per la pasta: • 400 g di farina • 3 uova • 100 g di spinaci lessati e tritati Per la salsa:
• 100 g di prosciutto crudo • 100 g di piselli freschi • 100 g di erbe di campo (strigoli
Preparare due sfoglie classiche, una gialla e una verde (aggiungendo gli spinaci); tagliare con la rotella dentata dei rettangoli di 4 × 2 cm e stringerli a metà con la punta delle dita formando delle farfalle. Preparare la salsa mettendo in padella a rosolare con 50 g di burro il prosciutto tagliato a julienne, aggiungendo i piselli e le erbe di campo. Cuocere gli stricchetti in abbondante acqua salata, scolarli e saltarli in padella con la salsa e il rimanente burro. Amalgamare con il parmigiano e servire immediatamente.
o rosolacce)
• 100 g di burro • 100 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
• sale
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ricette Insalata di verdure dell’orto con mozzarella di bufala
Ingredienti
• 400 g di mozzarella di bufala • 2 carote • 2 zucchine • 200 g di insalate varie Per la citronette: • olio extravergine di oliva • succo di limone • basilico sminuzzato • sale
Cuocere le verdure a vapore e tagliarle a bastoncini. Lavare le insalate e disporle al centro del piatto di portata; unire le verdure e la mozzarella tagliata a fettine. Condire il tutto con la citronette e decorare con alcune foglie di basilico. 105
alimentazione Insalata di rosette d’agnello e fagiolini verdi
Ingredienti Cuocere i fagiolini a vapore oppure in acqua acidulata per alcuni minuti, scolarli e tenerli a parte. Salare e pepare l’agnello, metterlo in casseruola con alcuni fiocchetti di burro e cuocere in forno caldo lasciando la carne rosa all’interno. Disossare e tagliare a fettine sottili. Conservare il sangue della carne. In una ciotola mettere la senape, il succo del limone, il sangue d’agnello, un pizzico di sale e di pepe, e mescolare bene amalgamando con un poco d’olio. In un’altra ciotola preparare una vinaigrette composta da olio, aceto balsamico, un pizzico di senape e sale. Disporre su ogni piatto le insalate al centro, le rosette d’agnello alternate ai fagiolini verdi. Condire la carne con la citronette e le insalate con la vinaigrette all’aceto balsamico.
• 1 carré d’agnello di circa 1,2 kg • 200 g di insalate varie (soncino,
radicchio ecc.) • 200 g di fagiolini verdi • 100 g di burro • 1 cucchiaio raso di senape • il succo di mezzo limone • qualche goccia di aceto balsamico • olio extravergine di oliva • sale e pepe
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ricette Faraona alla crema di strigoli e asparagi
Ingredienti
• 4 petti di faraona disossati • 100 g di strigoli (erbe di campo) • 120 g di punte d’asparagi • 80 g di fondo bruno • 50 g di panna • 1 scalogno • 1 bicchiere di vino bianco secco • 30 g di burro • sale e pepe
Cuocere i petti di faraona in forno, aromatizzarli con sale e pepe. In una padella con poco burro e lo scalogno tritato, fare appassire gli strigoli lavati e tagliati a pezzetti. Unire metà delle punte d’asparagi lessate, la panna, il fondo bruno e cuocere ancora per qualche minuto. Passare il tutto al setaccio, riportare sul fuoco, aggiustare di sale e ridurre fino a ottenere una crema omogenea. Stenderla nei piatti ben caldi, disporvi sopra i petti di faraona tagliati a fettine, guarnire con le punte d’asparagi rimaste e contornare con purè di erbe o ceci. 107
le insalate Foto R. Angelini
alimentazione Antichi profeti dell’insalata Giancarlo Roversi
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alimentazione Antichi profeti dell’insalata “L’insalata ben salata, poco aceto e ben oliata”: questo categorico adagio, riportato dagli antichi trattatisti di cucina, esprime nella sua stringatezza l’essenza di uno dei cibi più semplici che hanno accompagnato il percorso vitale dell’uomo. Ovviamente prima che l’olio e l’aceto si sposino con le erbe selvatiche, a mano a mano scovate e saggiate, bisogna attendere i primordi della civiltà e la nascita della cultura del cibo, quando l’uomo passa dalla fase del mangiare come rito di sopravvivenza a quella destinata a dare anche piacere al palato. E presupposti indispensabili sono sia la disponibilità di un alimento prezioso e caro come il sale sia la conoscenza della tecnica di estrazione dell’olio da frutti e semi oleaginosi e quella della fermentazione per ricavare l’aceto. Anche se è vero che nelle epoche più remote una misticanza di radici ed erbe selvatiche poteva essere amalgamata e condita anche con altri insaporenti facilmente reperibili, come i succhi acidi di frutti acerbi, il miele e, meglio ancora, l’idromele e l’ossimele. E volendo, pure con il grasso degli animali arrostiti.
Antica massima “Per ottenere una buona insalata un avaro deve pensare all’aceto, un prodigo all’olio, un saggio al sale, un giudizioso al pepe, un pazzo a rimestarla”
Insalata sulle mense degli Etruschi e dei Romani Con l’evolversi della civiltà della tavola l’insalata diventa una presenza fissa sulle mense; specialmente su quelle degli antichi Romani che, soprattutto nei primi secoli del loro fiorire, erano grandi mangiatori di ortaggi, quasi vegetariani. Erbe selvatiche, verdure coltivate, frutta, legumi e farinacei erano gli alimenti base del loro vitto con la sola aggiunta di olio, salse dolci e salate. I
Le erbe selvatiche e infestanti dei campi costituivano l’“insalata” degli antichi
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antichi profeti dell’insalata ceti più benestanti non ripudiarono mai questi prodotti, neppure in età imperiale, anche se erano ritenuti un cibo da contadini, roba da pezzenti. I Romani erano in particolare forti divoratori di lattuga in insalata. Lo ricorda solennemente anche Marziale, nei suoi epigrammi, quando si pone una domanda sul cambiamento dei gusti che si stava verificando: “perché mai la lattuga, che di solito chiudeva la cena dei nostri avi, oggi dà inizio ai nostri pasti?”. Una testimonianza eloquente riguardo all’abbandono dell’usanza di consumare erbe e insalate a fine pasto per favorire la digestione. Ma per saperne di più affidiamoci al celebre gastronomo Marco Celio Apicio e alla sua opera sull’arte della cucina (De re coquinaria), una raccolta di ricette in dieci libri, scritta attorno al 230 d.C., e principale fonte sulla cucina nell’antica Roma. Nel terzo capitolo, dedicato agli ortaggi o cepuros, viene spiegato come conservarli e ammannirli nel modo migliore. Apicio li considera una vera leccornia, un alimento sano e pieno di virtù, quasi un saporito medicinale più che un contorno, e propone ricette a base di verdure utili per alleviare vari disturbi, indicando diverse versioni per uno stesso ortaggio. Pure le erbe più fragranti e dai profumi più intensi che davano la stura ai conviti delle classi agiate erano insaporite non solo con salse piccanti o comunque sapide, ma anche con condimenti di gusto dolce o asprigno, come il mosto cotto e rappreso (defrutum), il miele, il vino, le spezie, usati sia singolarmente sia mischiati tra loro in una gamma inesauribile di sapori. I protagonisti assoluti della tavola degli antichi Romani erano infatti i condimenti, che ovviamente entravano anche nelle insalate: primo tra tutti il garum, una poltiglia più o meno liquida a base di viscere di pesce (sardine, sgombri e altri pesci grassi), lasciata fermentare al sole con acqua di mare. Il tipo più ricercato come condimento delle verdure, ma anche di altri cibi, si otteneva, oltre che dalle interiora, dal sangue e dal siero dei tonni cosparsi di sale e lasciati macerare per due mesi. Per renderlo più appetitoso si potevano aggiungere anche due parti di vino vecchio per ognuna di pesce. Un accorgimento basilare era la giusta aggiunta di sale perché altrimenti, anziché innestare un processo di fermentazione, si otteneva un puzzolente intruglio di pesce marcio in putrefazione, ben lontano da quello che Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis historia, definisce “liquor exquisitus”. Sempre a detta di Plinio, il tipo più ricercato, costoso quanto un profumo orientale, era il garum sociorum, a base di sgombri, prodotto in Spagna da un tunisino di origine fenicia ed esportato soprattutto in Italia. Essendo saturo in cloruro di sodio, oltre a costituire una salamoia molto apprezzata, era ritenuto un buon digestivo e presentava proprietà antinfiammatorie e disinfettanti, simili a quelle della tintura di iodio.
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Papavero o rosolaccio
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alimentazione Fabbriche rinomate si trovavano anche a Pompei e in Libia, a Leptis Magna. Accanto al garum normale ne esisteva un tipo di consistenza più addensata (l’allec), per taluni simile alla pasta di acciughe, da cui si ricavava, per filtrazione in una cesta di vimini, una salamoia meno concentrata chiamata liquamen, forse di sapore non lontano da quello dell’odierna colatura d’alici prodotta a Cetara sulla costiera amalfitana, che rappresentava l’abbinamento più classico per le insalate. Un altro condimento molto apprezzato dagli antichi Romani per queste ultime era il laser, o “lacrima Cirenaica”, ottenuto spremendo le radici e i frutti di una pianta delle Ombrellifere, il Laserpitium siler (laserpizio sermontano), simile al silfio. Al momento di utilizzarlo bisognava pestare i pinoli che erano stati posti in infusione nel sugo “e ti meraviglierai del sapore che questi daranno ai cibi”, scrive Apicio. Mentre la bietola era poco apprezzata dai Romani che la ritenevano troppo insipida, la verdura da insalata tenuta nella massima considerazione era la lattuga, sia coltivata sia, soprattutto, selvatica. Per renderla più digeribile Apicio consiglia di mangiarla con aceto e poco savore (salsa a base di mosto d’uva concentrato). Per evitare i gonfiori intestinali che poteva procurare, bastava condirla con due once di comino tritato, etiopico, siriaco o libico, preventivamente messo in infusione nell’aceto, una di zenzero, una di ruta verde, dodici scrupoli (1/24 d’oncia) di datteri polposi, un’oncia di pepe, nove once di miele. Riportiamo si seguito i consigli culinari del grande gastronomo romano sulle verdure da impiegare nelle insalate, con un’avvertenza di carattere generale: “Per rendere ogni ortaggio smeraldino cuocilo con sale di ammonio”.
Ricetta del garum secondo Marziale
• Il medico, naturalista e agronomo
romano Quinto Gargilio Marziale (III secolo d.C.), autore tra l’altro dell’opera De hortis dedicata alla coltivazione dei vegetali e alle loro proprietà medicamentose, nel suo trattato De Medicina et de virtute herbarum ci ha lasciato una delle ricette più precise per la preparazione del garum. Eccola: “Si prendano pesci grassi come sardine e sgombri cui vanno aggiunti, in porzione di un terzo, interiora di pesci vari. Bisogna avere a disposizione una vasca ben impeciata, della capacità di una trentina di litri. Sul fondo della stessa vasca porre un alto strato di erbe aromatiche disseccate e dal sapore forte, quali aneto, coriandolo, finocchio, sedano, menta, pepe, zafferano, origano. Su questo fondo collocare le interiora e i pesci piccoli interi, mentre quelli più grossi vanno tagliati a pezzetti. Sopra si stende uno strato di sale alto due dita. Ripetere gli strati fino all’orlo del recipiente. Lasciare riposare al sole per sette giorni. Per altri venti giorni mescolare di sovente. Alla fine si ottiene un liquido piuttosto denso che si conserverà a lungo”
Bietole (Beta vulgaris) “Affetta del porro con coriandolo, cumino, uva passa e farina e incorpora. Legherai il tutto e lo accompagnerai da salsa, olio e aceto. Altro modo: condisci la bietola lessa con senape, poco olio e aceto.” Smirnio (Simyrnium olusatrum) o macerone “Riunito in fascetti legati a mano condisci con salsa, olio, vino puro e con pesci fritti. Spremi e taglia minutamente l’erba. Trita del pepe, del ligustico, della santoreggia secca con cipolla secca. Condisci con salsa, olio e vino.” Lattuga “Le foglie di lattuga cuocile in acqua con sale ammoniaco. Spremi e taglia minutamente. Trita in un mortaio pepe, ligustico, semi di sedano, menta secca, cipolla, salsa, olio, vino. Altro modo: perché 110
antichi profeti dell’insalata la crema di verdura non si asciughi, spunta le cime e trita le nettature ed i gambi ammollati in acqua d’assenzio.”
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Cicoria e lattuga selvatica “La cicoria acconcia con savore, poco olio, poca salsa e un po’ di cipolla tagliata. Per le lattughe in primavera, e la cicoria nel verno, concia con salsa, ovvero con mele ed aceto.” Insalata etrusca Dato che abbiamo appena chiamato in scena gli Etruschi va ricordato, sulla scorta del Tacuinum etrusco, itinerario di archeologia gastronomica di Augusto Tocci e Alex Revelli Sorini, che nella cultura gastronomica dell’antico popolo italico l’insalata veniva servita alla fine del pranzo, perché aveva il compito di facilitare la digestione. Gli Etruschi erano particolarmente ghiotti sia di insalate coltivate sia di erbe selvatiche per il loro gusto intenso e l’azione purificante. Tra gli ingredienti più usati figurano: lattuga scura, crescione, coriandolo, senape, papavero, cipolla, aglietto. Il condimento consisteva in latte cagliato preventivamente insaporito con aceto, sale e pepe. Queste erbe venivano consumate crude agli inizi della primavera appena spuntate dalla terra. Nei mesi successivi si lessavano e si condivano con olio e aceto. In sostanza, nella versione cruda, si tratta della tradizionale misticanza: un miscuglio di verdure domestiche e silvestri consumate da sempre nell’Italia centrale: nella versione classica comprendeva l’indivia, l’erbanoce, la caccialepre, la porcellana, la rucola e i cespetti di lattuga selvatica. Un tempo veniva portata nelle case di città dai frati che facevano la questua. Almeno fin dal XIII secolo questo cibo era conosciuto nel Lazio come insalata di mescolanza e variava molto nella sua composizione a seconda della zone da cui provenivano le erbe rustiche e della stagione di raccolta. Una variante più complessa prevedeva il dente di cane, l’erba stella, la ruchetta, il crescione, la pimpinella, la lattuga di campo, la porcacchia, i raperonzoli, la cicoria selvatica, i crespigni, le cime di finocchio selvatico, le margherite prataiole e altre erbe. Il condimento era quello tradizionale a base di olio, sale e aceto, a volte esaltato con l’aggiunta della salsa di alici battute con il pestello nel mortaio o tritate e fatte sciogliere nel lardo in padella.
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Insalata nei trattati gastronomici del Rinascimento Cibo semplice, frugale, gustoso e salutare, molto apprezzato a ogni livello sociale, proprio per questo suo peccato originale, ossia per la sua semplicità di preparazione e la sua natura plebea e non aulica, l’insalata viene snobbata nei grandi trattati di cucina dell’epoca rinascimentale e dei secoli successivi. Nonostante entrasse nel vitto di una larga fetta della popolazione italiana, spe-
Coriandolo
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alimentazione cialmente dei napoletani chiamati i “mangiafoglie” per antonomasia, nessuno dei grandi maestri cucinieri si sarebbe sognato di dare soverchio spazio a un piatto così volgare, la cui preparazione non richiedeva una particolare abilità e che, nelle mense dei nobili e nei grandi eventi conviviali, tutt’al più faceva la parte di una modesta comparsa. La ricorda il primo grande trattatista della cucina, lo scrittore umanista Bartolomeo Sacchi, detto il Platina (1421-1481), nell’opera De honesta voluptate et valetudine, che pare sia stata stampata la prima volta a Roma nel 1474. Per il Platina una buona insalata mista si prepara con “lattuga, buglossa, menta, nipitella, finocchio, prezzemolo, crescione, origano, cerfoglio, cicoria e lancedine, morella, fiori di finocchio, e parecchie altre erbe odorose, ben lavate e scolate. Dopo averle poste in un piatto grande, vanno salate generosamente, aggiungendo olio e aceto, lasciandole poi ammollare un po’”. Un grande poeta, scrittore e drammaturgo come Pietro Aretino (Arezzo, 1492 - Venezia, 1556), parlando del mercato veneziano delle erbe al Ponte di Rialto, dove confluivano le saporite verdure delle isole della Laguna, ha parole di ammirazione per la “morbidezza di sapore” delle sapienti insalate che se ne ricavavano e per l’abilità con cui nella città dei Dogi si mitigava “l’amaro e l’acuto d’alcune foglie, col sapore, né amaro, né acuto, d’alcune altre”. Riferimenti più precisi all’insalata sono disseminati nei trattati di botanica, dietetica e medicina: per citarne due soltanto, il De bonitate et vitio alimentorum del botanico e medico Castore Durante (1529-1590) da Gualdo Tadino, pubblicato nel 1565 a Pesaro (e in traduzione italiana nel 1586 a Roma e Venezia con il titolo di Tesoro della sanità), e il Trattato della natura de’ cibi e del bere del bolognese Baldassarre Pisanelli, apparso a Roma nel 1583 e ristampato in ben trenta edizioni fino alla seconda metà del Settecento. Nella sua dissertazione sul Vitto Quaresimale ove insegnasi, come senza offender la sanità si possa viuer nella Quaresima, si discorre de cibi in essa usati, de gli errori, che si commettono nell’usargli, apparsa a Roma nel 1636 per i tipi di Pietro Antonio Facciotti, il medico romano Paolo Zacchia si rivela un estimatore dell’insalata a base di lattuga tenera, cicoria e crespigni, descrivendone le virtù e l’uso corretto nell’alimentazione. Se valichiamo le Alpi troviamo, sempre nel XVI secolo, un grande poeta, anzi il “principe dei poeti”, Pierre de Ronsard (1524-1585), celebre anche per la sua appartenenza al movimento poetico la Pléiade, che innalza un entusiastico inno all’insalata. Anche a Goethe piaceva molto la verdura. Elogiando quella gustata a Palermo scrive: “Gli ortaggi sono squisiti, in ispecie l’insalata, che ha la dolcezza e il sapore del latte; si capisce che gli antichi la chiamassero lactuca”. Non meno buone, sempre a suo parere, erano le insalate ammannite a Roma.
Inno all’insalata
• “Lava le tue mani bianche, svelte
e pulite, fammi strada, prendi con te un telo, andiamo a cogliere l’insalata, godiamoci i frutti di stagione. Con passo lieve, con sguardi curiosi, poggiati di qua, di là, or su una riva, or su un fossato, o sul campo abbandonato dal contadino, che vi coglie erbe, ma non lo coltiva, io mi allontanerò solitario. Tu te ne andrai, Jamyn, da un’altra parte, a cercare sognante un ciuffo di dolcetta, la pratolina dalle foglie minute, la pimpinella che fa bene al sangue e al fegato e al mal di petto; raccoglierò, compagna del muschio, la réponsette dalla radice dolce, e le bacche del ribes novello che per primo annuncia la Primavera. Poi, leggendo Ovidio, l’ingegnoso, e i suoi bei versi con cui guida all’amore, passo a passo guadagneremo la casa. Là con le braccia scoperte fino ai gomiti, laveremo la nostra insalata immergendo le mani nel sacro fonte della mia bella fontana, la imbiancheremo tutta di sale, diverrà rossa per l’aceto rosato, la ingrasseremo con l’olio di Provenza...” Pierre de Ronsard (1524-1585)
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antichi profeti dell’insalata Maggiore interesse rivestono i trattati di agronomia dove, accanto alle nozioni di carattere colturale, non di rado si trovano suggerimenti per l’impiego culinario dei prodotti agricoli, soprattutto degli ortaggi, con particolare riguardo alle insalate. A questo proposito l’opera più ricca e stimolante come ricchezza di informazioni culinarie è certamente L’economia del cittadino in villa, del bolognese Vincenzo Tanara, uscita nel 1644 a Bologna e destinata a una straordinaria fortuna letteraria, che la vide riapparire fino agli ultimi decenni del XVIII secolo in un gran numero di edizioni, in Italia e all’estero. Di seguito elenchiamo le erbe che l’agronomo e gastronomo bolognese ricorda relativamente al loro utilizzo nelle insalate.
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Barba di becco “Cuoconsi in acque e tagliate in fettoline con aceto, olio, sale e pepe ammaccato si servono e talvolta con altre radiche rosse o gialle...; perlessate e infarinate si friggono ovvero in un tegamino o pignattino con pignoli, petroselli (prezzemoli), uva passa, pepe ammaccato e melangole si tartufolano.”
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Bietola “Li gambi delle foglie bolliti e conci in insalata servono come la stessa foglia e massime della bianca... Dagli antichi mangiavasi cotta con senapa, vino, pepe e con fava in insalata.” Borragine “La sua foglia tenera e piccolissima, cruda in insalata è buona. Li fiori o da sé o in compagnia di altr’erbe tenere ornano e rendono gustosa l’insalata e massime con un poco d’aglietto regalano e allargano ogni vivanda ancora ed in particolare i lessi.” Cicoria “Appena scuopronsi i prati da nevi vediamo le villanelle raccogliere, con loro utile, quantità di cicoria, la quale, tenera per le passate nevi e mortificata da ghiacci, con un dito di radichetta, la portano a vendere per gratissima insalata e però radicchi la chiamano. Con le tenere foglie accompagnate col novello aglio o con dilicata cipolletta se ne fa una gustosissima insalata. Delle quali foglie ne’ giorni estivi far puoi altresì con cipolette e citrioli grata e fresca insalata. Le foglie con olio, aceto e zucchero si servono e tra le foglie trite aglio trito si mistica alla romana. Il gambo, grosso talvolta come un dito, con olio, aceto, e crudo con aglietto servesi ovvero cotto in insalata.”
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Lattuga “Per l’insalata la lattuga cruda e cotta l’ordinario ed antico suo condimento per natura costumasi con rucola o dragone o cipolla
Cicoria comune
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alimentazione o altr’erba calida. Questa è quella sorte d’insalata che si dice sana e costumata dopo cena. Devesi lavar poco la lattuga acciò sia più saporita e sana come riesce ancor tale ove non s’inacqua.”
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Spinaci “Cuoconsi nel loro olio e poi conditi con olio, pepe ammaccato e sale si servono con sugo di melangole o con un poco d’agreste o d’aceto sebbene senza agro tanto si mangiano e massime riscaldati perché sono più saporiti.” I tre grandi profeti dell’insalata Pur snobbate dai grandi cuochi e dai trattatisti culinari, le insalate ebbero uno sparuto drappello di eruditi e cultori della tavola che ne furono entusiasti estimatori e che non disdegnarono di portarle alla ribalta nei loro scritti senza la minima velleità di vederli dati alle stampe. Il loro contenuto diventò di pubblico dominio solo dopo alcuni secoli, quando vennero riportati alla luce e pubblicati. È il caso del Brieve racconto di tutte le radici di tutte le erbe e di tutti i frutti che crudi o cotti in Italia si mangiano, del modenese Giacomo Castelvetro (1546-1616), il cui manoscritto (codice R.14.19), datato 11 luglio 1614, è conservato al Trinity College di Cambridge in Inghilterra, dove l’autore visse molti anni per sfuggire ai fulmini del tribunale dell’Inquisizione in cui era incappato. Esiste anche un altro apografo, sempre risalente al soggiorno londinese del Castelvetro, intitolato Degli erbaggi, che nella primavera, come ancor nelle altre stagioni, crudi e cotti in Italia si mangiano e recante al termine questa annotazione: “Riscritto in Eltam Parco a’ quattordici di giugno 1614”. Luigi Firpo in Gastronomia del Rinascimento (1974), è stato il primo a imprimerne il testo, in seguito ripubblicato a cura di Emilio Faccioli nel 1988, a Mantova. Una vicenda per molti versi analoga è quella della lettera Dell’insalata e piante che in qualunque modo vengono per cibo dell’uomo, che Costanzo Felici (1525 ca.-1585), medico marchigiano vissuto a lungo a Rimini, inviò il 10 marzo 1572 al grande naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi per fargli apprezzare il piacere di cibarsi di insalata senza alcun intento di carattere trattatistico-gastronomico. Quest’autentica apologia dell’alimentazione a base di erbe è stata pubblicata per la prima volta a Urbino nel 1986. Diversamente dalle due opere precedenti, ad avere l’onore immediato della stampa fu L’Archidipno, ovvero dell’insalata e dell’uso di essa, dell’aquilano Salvatore Massonio (1554-1624) che venne stampata a Venezia nel 1627. A questi tre profeti dell’insalata e paladini delle sue virtù, nati tutti nel XVI secolo, si devono le informazioni più complete circa la sua diffusione, le verdure utilizzate e gli impieghi culinari.
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Margherita, pratolina comune
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antichi profeti dell’insalata Giacomo Castelvetro paladino delle erbe in cucina Il Brieve racconto di Giacomo Castelvetro contiene una sorta di “manifesto” a difesa della cucina vegetale, specialmente rivolto agli italiani, che denota chiaramente la sua filosofia alimentare. Lasciamogli la parola: “Perché gl’Italiani mangino più erbaggi e frutti che carne. La prima è che la bella Italia non è tanto doviziosa di carnaggi quanto è la Francia e questa isola (ossia l’Inghilterra); perciò a noi fa di mestieri ingegnarci per trovare altre vivande da nudrir cotanta smisurata quantità di persone che si trovano in così picciolo circuito di terra. L’altra, non men potente della già addotta, è per lo caldo grande che nove mesi dell’anno vi fa, che ci fa in guisa venire a noia la carne e particolarmente quella de’ buoi, che non la possiam vedere, non dico mangiare. Poi il castrato da noi non è, se non se in pochi mesi, in alcuna considerazione, e ancora in quel tempo pochi la trovano buona. E perciò più stima facciamo de’ frutti e degli erbaggi che ci rinfrescano e non ci riempiscono di tanto sangue”. Oltre a questa garbata riflessione il Castelvetro afferma che gli inglesi, per non parlare poi dei tedeschi, non hanno un’idea precisa su come preparare e condire le verdure e le insalate. Passando sul piano pratico, osserva che bisogna lavarle molto bene, cambiando più volte l’acqua e poi asciugandole accuratamente con panni di lino oppure lasciandole sgocciolare a fondo qualora siano state bollite. Ma lasciamocelo raccontare direttamente dall’autore, le cui parole rivelano un certa maniacalità igienica: “Quest’erbe, ben nettate che siano e in più acque ben lavate e un po’ poco asciutte con un mondo pannicello di lino, si acconciano come ormai s’è insegnato. Ovvero conviene che la persona che deve fare l’insalata, avendosi prima le mani lavate, metta l’erbe in un catino pien d’acqua, e dopo averle bene quivi dimenate, le cavi fuori, e ciò facci almen tre o quattro fiate, e così vedrassi nel fondo del vaso la rena e ogni altra lordura che vi resterà”. Invece i tedeschi, a detta del nostro autore, sono soliti lavare male i vegetali da insalata, insaporendoli con poco sale, tanto olio e troppo aceto. Anche gli inglesi abbondano con l’aceto e in più non mescolano bene l’insalata. Invece per il Castelvetro l’operazione di conditura assume un valore quasi rituale: “A fare buone insalate conviene, postovi l’olio, rivolgerle e poi porvi l’aceto, e da capo rivolgerle tutte… e che sia vero che molto sale e olio vi si richiede e poco aceto, ecco il testo della legge insalatesca, che dice: insalata ben salata, poco aceto e ben oliata; e chi contro così giusto comandamento pecca è degno di non mangiare mai buona insalata”. Il testo è ricco di nozioni relative ai colori, ai sapori e alla qualità delle varie erbe da insalata, con l’indicazione delle loro virtù salutari e dei modi di seminarle, coltivarle, raccoglierle, condirle, di giovarsene per la salute. Non mancano curiosi intermezzi aneddotici, proverbi d’uso popolare, curiosi scorci di vita familiare. Ascoltiamo dalla sua viva voce quali insalate ci consiglia il Castelvetro per le varie stagioni dell’anno.
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Dente di leone
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alimentazione Insalate estive “In questa caldissima stagione usiam noi vie più l’erbe e i cibi fatti d’esse e i frutti, che le carni, le quali il soverchio calore ci fa venire a noia.”
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Lattuga cappuccina. “Le insalate di questa stagione son per lo più di lattuca cappuccina, dura e bianca molto, molto rinfrescativa e provocante il sonno che il caldo caccia via; e a farne ancora buone minestre la usiamo, oltre che, tagliati i di lei capi in quattro parti a ciascuna d’esse bene oleata, salata e impeverata, ad arrostire su la graticola mettiamo, e poi col sugo di naranzo le mangiamo, e poco men buone degli sparagi le troviamo.” Lattuca romana. “Abbiamo la lattuca romana, la quale ha le sue foglie molto più lunghe e lisce, le quali raccolte dal saccente ortolano insieme e con un giunco legate in cima, imbianchiscono, così che come neve bianche tosto diventano e sghiaccide, sì ch’è cosa rara.” Foto R. Angelini
Portulaca o porcellana. “S’usa pur molto la insalata di portulaca, sola e accompagnata con altre erbe per tal vivanda proprie, ma non mai senza la cipolla minutamente tagliata e col pepe, che sono come un antidoto contro alla di lei molta freddezza.” Insalate autunnali “Temperatissimo e piacevolissimo è l’autunno nella nostra Italia e tanto d’ogni qualità frutti dovizioso, che comunemente si dice: L’autunno per la bocca e la primavera per l’occhio. Ora, venendo a parlare delle insalate che in questa stagione s’usano, dico che la maggior parte di quelle che servono nella primavera per poco ancora nella presente ci servono.” Indivia. “Oltre alle mischianze e alla lattuca cappuccina, che di nuovo riviene, abbiamo la candida e ‘isghiaccida’ indivia, che allora comincia ad esser buona, e buona parte del verno continua.”
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Foglie della cicoria. “Usiamo, quando le predette manchino, le più tenere foglie della cicorea verdi co’ suoi broccoli o bottoncelli, le quali minutamente tagliate mettiamo in un piatto ove prima sia stato fregato un poco d’aglio e con l’altro suo condimento condite ce le mangiamo.” Insalate invernali Cicoria. “Usiamo nel principio di questa malinconica stagione per insalate le verdi e più tenere foglie della cicorea, le quali prima ben lavate e appresso minutamente tagliate, col suo aglio, senza il quale non si mangian mai, e con tutti gli altri ingredienti che in far le altre insalate s’usano, la facciamo.”
Crespino comune
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antichi profeti dell’insalata Radicchi. “Abbiamo poi le medesime radici, che radicchi d’alcuni son chiamate, le quali prima si vogliono tanto bene radere con un coltello, poi si fendano pel lungo e se ne tra’ l’anima, o vogliam chiamarla midolla, la quale per esser legnicea non è buona; e bollite in acqua con sale, si tagliano poi in piccioli pezzi e si condiscono secondo tutte le insalate già nominate; ma a questa vi s’aggiugne un poco d’uva passa, prima monda e ben lavata, e ciò fassi per raddolcire in parte la loro amaritudine.”
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Indivia. “Si trova ancora per lungo spazio di questa stagione la indivia bianca della quale s’è parlato nelle insalate autunnali.” Crescione. “Usiamo poi il cressone, ch’è l’ultima verde insalata di questa stagione, che dura tutto lo inverno, quando però non agghiaccino i grossi e piccioli ruscelli, la quale è assai buona, ma il non trovarsene d’altre verdi la fa parer migliore che ella si sia. La quale erba nasce ne’ ruscelli d’acqua di fontana corrente e perciò è rinfrescativa molto, e cruda si mangia.”
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Tra botanica e gastronomia: la “Lettera sulle insalate” di Costanzo Felici La dissertazione Dell’insalata e piante che in qualunque modo vengono per cibo dell’homo, scritta in forma epistolare da Costanzo Felici, medico marchigiano nato nel 1525 a Casteldurante (ma l’autore si considerava di Piobbico) e morto a Pesaro nel 1585, rappresenta una sorta di sintesi e somma dei vegetali commestibili, spontanei e coltivati, descritti nelle loro caratteristiche botaniche e negli impieghi a tavola. La lettera venne indirizzata nel 1565 all’insigne botanico bolognese Ulisse Aldrovandi, con cui il Felici intrattenne un denso carteggio conservato alla Biblioteca Universitaria di Bologna. A trarla dall’ombra è stato Guido Arbizzoni, che l’ha data alle stampe nel 1986 a Urbino (un’antologia di brani si trova in L’arte della cucina in Italia, a cura di Emilio Faccioli). Oltre che di questo vero e proprio catalogo ragionato di tutte le piante alimentari, Costanzo Felici è autore di un piccolo trattato sui funghi (Lectio nona de fungis), pubblicata a Urbino nel 1977 a cura di G. Arbizzoni, D. Bischi, G. Nonni e P. Scaramella Petri, in cui vengono descritte ben ventisette specie di miceti presenti nell’Appennino marchigiano. Senza dimenticare la lettera, indirizzata sempre a Ulisse Aldrovandi, “intorno alle olive e al modo di condirle, usato tanto dagli antichi quanto dai moderni”. Tutti i suoi scritti sono stati raccolti e commentati da Giorgio Nonni nel volume Passatempi e capricci (2005). La “Lettera dell’insalata” registra 180 varietà di vegetali: assieme alle erbe mangiate in insalata e a quelle lessate figurano anche i bulbi, le radici, i frutti, le bacche, i cereali, i legumi, le spezie, i funghi e il tartufo.
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Barba di becco, raperonzolo selvatico
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alimentazione Di numerose specie l’autore indica gli impieghi in cucina e offre preziosi consigli di carattere salutare e igienico. Non manca un capitolo dedicato a “Insalata e piante da insalate per sopravvivere”. L’impostazione che Costanzo Felici dà alla sua trattazione è quanto mai semplice ed efficace: essa risponde a quesiti ben precisi e facilmente intelligibili da chiunque, che si possono così sintetizzare: – quali sono le piante utili per l’alimentazione umana; – come si compongono le insalate e come si condiscono; – quali sono gli effetti fisiologici del loro impiego; – in quale stagione si devono mangiare.
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Il Felici non può fare a meno di premettere, a scanso di malintesi, “che l’herbe o le piante sono infinite e molti sono li paesi e gl’huomini inumerabili e i gusti diversi e le proprietà individuali molte”. Di conseguenza, “in un luoco piace una cosa e in un altro un’altra diversa si costuma per cibo, e parimente si vede che in un luoco una pianta è reputata per veleno, altrove poi è presa per cibo, et anchora si vede che in un altro paese un’altra che si magna da’ paesani da noi è incognita, e poi ancora più particolarmente si vede che ad uno piace un’herba, l’altro la prohibisce e danna”. Quale periodo migliore per raccogliere le verdure da insalata viene indicato “il fine de l’inverno e principio della primavera quando si suole dire per proverbio fra le donne che ogni herba verde va nell’insalata, così vi misticano dentro molte piante senza nome overo pochissimo usitate… E prima alli terreni piani raccolgono per le vigne una lattuchella silvestre, quale chiamano erba grassa”. Non mancano altre interessanti osservazioni circa il consumo dell’insalata. Stiamo a sentire: “In che tempo e con qual ordine si debba usare nelle tavole bisognarà ancora quivi vedere. Ci sono quelli che indifferentemente l’usano la sera e la mattina. Alcuna volta la mattina è laudata e principalmente a’ tempi de digiuno e di magro e di quaresima, perché allora, multiplicando assai gli humori grossi e viscosi nel stomaco generati da’ cibi grossi che si mangiano ordinariamente a quei tempi, pigliando poi la mattina un poco de insalata si rimedia alla grossezza del’humore et al gusto del fastidio”.
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Salvatore Massonio: tutto quello che c’è da sapere sull’insalata Il terzo profeta dell’insalata in epoca rinascimentale è il medico aquilano Salvatore Massonio, autore dell’Archidipno, ovvero dell’insalata, e dell’uso di essa. Trattato nuovo, curioso, e non mai più dato in luce. Anche la sua ricerca, come quelle degli autori precedenti, venne pubblicata postuma: uscì tre anni dopo la sua morte, nel 1627, dai torchi dello stampatore veneziano Marc’Antonio Brogiollo. Solo alla fine del secolo scorso (1990) è uscita una riedizione critica a cura di Maria Paleari Henssler e Carlo Scipione Ferrerò.
Borragine
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antichi profeti dell’insalata Il Massonio, medico, filosofo e letterato, nato a L’Aquila nel 1554 e spentosi a Napoli nel 1624, viene definito da un biografo “indagatore di cose nuove che indicò gli usi di alcune erbe meno note, definì il loro sapore e rammentò alcune particolari singolarità di esse”. L’Archidipno costituisce infatti il primo testo che tratta in modo esaustivo ed esclusivo il tema delle erbe da insalata. Ma è anche un lavoro di straordinaria erudizione, come testimonia il numero sbalorditivo di citazioni bibliografiche che lo costellano e che ne fanno un punto di riferimento ineguagliabile nel suo campo, specie per gli storici dell’alimentazione. Il Massonio si segnalò non solo nel settore della ricerca botanica applicata, ma anche come colto autore di opere di storia e di critica letteraria, di commedie, sacre rappresentazioni, sonetti, rime, favole. Tuttavia il suo ricordo sopravvive quasi esclusivamente per la sua trattazione delle insalate, ancora consultata e diffusamente citata da chi si occupa della cultura del cibo. In più è di lettura piacevolissima, anche grazie alla sottile vena umoristica e fantasiosa che vi traspare e che lo stesso autore tiene a rimarcare nel suo Avvertimento al lettore: “Giova a me di scrivere al mio humore al quale (se sei cortese) tu devi conformarti, e con esso leggere il mio libro, e servirti dell’insalata: che se altrimenti farai, o tu sei nemico dell’insalata, o se non ignorante, almeno non sei cortese”. Nel volume il medico e naturalista aquilano propone un ventaglio molto ampio circa la varietà, l’amalgama e l’elaborazione delle insalate. Il trattato comprende sessantotto capitoli dedicati agli argomenti più significativi: la natura dell’insalata, quali verdure utilizzare e come combinarle, il loro consumo mirato, i benefici per la salute, i principali condimenti e la loro dosatura, quando, come e quante occorre mangiarne. Proprio riguardo alla quantità il Massovio fa alcune interessanti riflessioni tuttora pienamente valide: “Alcuni indirizzano l’insalata a fine di mangiar erbe assai, che essendo di poco nutrimento riempiono molto lo stomaco e fanno una sazietà mascherata. E questo avviene quando, ritrovandosi uno ben nutrito sì, ma non senza buono appetito di mangiare, per non riempirsi di cibi sostanzievoli, sazia la fame con l’erbe; e a simil sorte di persona appunto si deve il condimento dell’olio... Riempiendo con la loro copia lo stomaco, le insalate oprano che non resti da grave sazietà offeso, mentre non si ha bisogno d’utile nutrimento. Di qua nasce che quelli che digiunano e quelli che fanno un largo pranzo, dovendo poi cenare, se appetiscono assai, per non caricarsi molto, mangiano nella prima mensa l’insalata. E credo che da questo fine dell’insalata provenga quel proverbio che dice che una buona insalata è principio d’una cattiva cena. Invece per precetto medico dir dobbiamo che si mangi buona copia d’insalata dov’è di bisogno di leggiera cena”.
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Porcellana comune
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alimentazione Considerazioni, queste, che sono oggi di grande attualità e sulle quali un numero sempre maggiore di consumatori conforma i propri stili di vita, come testimonia anche l’aumento dei volumi vendita dei prodotti della cosiddetta quarta gamma, già pronti per essere conditi. Un aspetto importante affrontato dal Massovio è quello riguardante il condimento dell’insalata cui viene dedicato l’apposito brano riportato di seguito.
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Perché si usi di condir l’insalata d’aceto, d’olio e di sale “L’ordinario condimento dell’insalata è l’aceto, l’olio e il sale. L’aceto è talmente ordinario che il mangiarla senz’esso non fa conseguire a chi la mangia il suo fine, che è di destar l’appetito. E perciò fu chiamato nobilissimo liquore l’aceto, anzi nobilissimo condimento de’ cibi da Ugone Fridevalle Sampaolino. Il sale quando altra potenza non avesse, non è poca quella ch’egli ha di conservare i corpi morti nella integrità loro per lunghissimo tempo, gareggiando quasi con l’anima, conforme a quello che ne scrisse Plutarco: e per tal cosa meritò dagli antichi titolo di divino. L’olio entra ancor esso nel condimento ordinario dell’insalata, ma non per necessità bensì perché il continuo uso l’ha introdotto per temperare col suo calore il freddo dell’aceto e talvolta dell’erbe che danno materia all’insalata, come la lattuca, la cicorea, l’endivia e simili. Oppure perché col suo dolce, ovvero con la sua quasi insipida oleosità, raffreni l’agrimonia e l’acutezza del sapore dell’aceto e del sale. Francesco Vallesio nel suo volume Della sacra filosofia scrive che il sale è molesto alla lingua, ma mescolato con materie untuose o insipide rimuove ogni molestia e ogni fastidio e aggiunge grazia.”
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Ora soffermiamoci, sempre assieme al Massovio, su altri aspetti pregnanti del suo trattato, riassunti nel capitolo Utili avvertimenti per l’uso dell’insalata, vere e proprie “istruzioni per l’uso” destinate al consumatore.
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Come mangiare le insalate “Mi dà occasione del primo avvertimento la vanità di quel proverbio, che va del continuo per le bocche de gli uomini, che dell’insalata mangiar si deve un boccone all’arrabbiata; il quale proverbio a me pare che non debba esser messo in osservanza perché il mangiarla con rabbia altro non è che trangugiarla in una volta in buona quantità, e avidamente inghiottirla dopo l’averla poco dimenata tra i denti: e da questo nasce che non ben masticata arrivi allo stomaco appena lacerata alquanto e maltrita. Il che genera poi difficoltà nella digestione, la quale suol rendersi facile per buona preparazione fatta in prima nella bocca. Oltre che il mangiatore con questa rabbia defrauda a se stesso il fine dell’insalata, perciocché il non bene masticarla e l’inghiottirla presto, fa che
Aspraggine
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antichi profeti dell’insalata non lassi impressa abbastanza nel palato e nella lingua l’acutezza dell’erbe e del condimento.”
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Che cosa scegliere per comporre una buona insalata (e attenzione agli scorpioni nelle lattughe!) “Non minor diligenza si richiede che nell’altre cose nello sceglier l’insalata, o sia semplice o di più materie composta, atteso che ben sovente l’erbe, che putride son divenute, possono imprimere nello stomaco qualità cattive e cagionare alterazioni gravi; come può anco avvenire da qualche piccolo animai velenoso che tra loro si nasconda. Et è in vero a me avvenuto in sul più bello del mangiar l’insalata, nel dar di piglio con la forcina ad un grappo d’erbe che avevan tra loro raccolto uno scorpione morto già di qualche tempo, il quale, appena da me e da gli altri veduto, fu a tutti cagione di non leggiero turbamento e di rincrescevole nausea. Esempio della semplice sia la lattuca, la quale quanto è di midollo più stretta, tanto dev’esser più minutamente con l’occhio e con la mano esaminata e ricercata per veder che non racchiuda in sé qualche bruco, o qualche lumaca, o con la guscia o senza, che l’una e l’altra faccia mal sentir tra denti.”
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Meglio non lavare l’insalata “L’erbe che deveno esser materia dell’insalata, se son colte dalla pianta a tempi asciutti è meglio a non lavarle, percioché l’acqua toglie loro gran parte del sapore, come ancora avviene se molto con le dita si stropicciano; percioché alcune d’esse si ritrovano che si portano nella superficie il sapore, il quale perdono poi lavandosi, e non solo il sapore, ma qualche altra facoltà che hanno. Foto R. Angelini
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Strigoli
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alimentazione Dioscoride disse che la lattuca non lavata, se si mangia nei cibi, è utile a coloro che non ritengono il cibo nello stomaco.”
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Condire l’insalata con olio goccia a goccia “Nel condir l’insalata può l’uomo usar diligenza. Occorre ch’ella sia aspersa prima di sale nella superficie, dopo ch’ella sia ben collocata e dislargata nel piatto, e poi di un poco d’olio distillatovi a goccia a goccia, perché invischi il sale nella materia dell’insalata; e appresso voltatala, ma leggermente, acciò non si faccia di lei tutta una massa, di bel nuovo si torni a far l’istesso: ultimamente le si getti l’aceto sopra, ma sottilmente e girando per ogni parte il vaso perché ne rimanghi tutta egualmente bagnata. E rinvoltata di nuovo sossopra con la solita leggerezza, senza far lunga dimora, si mangi, non aspettando che l’integrità e vivacità dell’erbe si resti dal condimento mortificata, e particolarmente dal sale che, seccandone l’umido, la fa in modo dimettere, cosicché mangiandola diviene ingrata.”
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Come attesta il Cuoco piemontese perfezionato a Parigi, uscito a Torino nel 1766 e più volte riedito, le “insalate di erbe” andavano sempre servite alle fine del pasto, prima dei dolci, delle composte e dei gelati. Ma le abitudini stavano cambiando e a poco a poco prevalse l’abitudine di servire l’insalata alla fine di ogni desinare. John Evelyn: il profeta inglese dell’insalata Prima di concludere questa carrellata, tesa a ripercorrere il lungo cammino dell’insalata, dobbiamo uscire dall’Italia, il Paese dei Foto R. Angelini
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Lattuga selvatica
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antichi profeti dell’insalata “mangiafoglia” per eccellenza, per spendere qualche parola su un altro cultore di questo cibo salutare, che non sfigura accanto ai tre protagonisti italiani che abbiamo appena chiamato alla ribalta. Si tratta di John Evelyn, artista, erudito e letterato inglese, che nel 1699 dette alle stampe a Londra, per i tipi di B. Tooke, l’opera Acetaria: a discourse of sallets, ossia il “Discorso delle insalate”, impreziosita da una grande tavola ripiegata contenente 35 diversi condimenti per insaporire questo cibo frugale e salutare. Evelyn, vissuto dal 1620 al 1706, è famoso soprattutto per il suo Diario, che descrive l’incendio e la peste che devastarono Londra nel 1665-66 e rappresenta una delle principali fonti letterarie per la conoscenza della vita e dei costumi del XVII secolo in Inghilterra. È anche autore di un nutrito corpus di opere su svariati argomenti, non solo nella lingua madre, ma anche in latino e in francese. La sua attività di poligrafo si rivolse pure all’arte del giardinaggio, alla scultura e architettura. Evelyn era “uomo di contea” e incarnava la duplice figura di funzionario pubblico e quella di gentiluomo di campagna, così tipica della cultura inglese. Vivere in mezzo ai campi e coltivare frutta e verdure rappresentava per lui una sorta di rigenerazione, quasi di catarsi, tale da indurlo ad abbracciare la causa dell’alimentazione vegetariana, ponendosi come il primo assertore in Gran Bretagna di una dieta senza carne. La sua passione per la preparazione di cibi a base di ingredienti vegetali lo spinse a raccogliere, fin dal 1679, una serie di ricette ad hoc, pubblicate nel 1699 nel volume Acetaria, uscito assieme alla nona edizione del Kalendarium Hortense, ossia “L’Almanacco del giardiniere”.
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Ruchetta
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alimentazione A suggerirli l’idea di scriverlo fu probabilmente l’opera Les delices de la campagne del naturalista francese Nicolas de Bonnefons, del quale aveva già tradotto un precedente libro dedicato alla coltivazione degli alberi da frutto. Nel suo libro, accanto a interessanti riflessioni filosofiche, Evelyn si sofferma anzitutto sull’importanza di dosare bene l’olio il sale, l’aceto e il pepe, ma anche sulle diverse specie di verdure. Ogni ingrediente deve entrare in una sallet senza prevaricare gli altri con la forza del suo sapore, in modo da non mettere in pericolo l’equilibrio del gusto. Non ci deve essere nulla di aspro e stridente. I sapori più vivaci debbono conciliarsi con quelli più dolci e delicati fondendosi in una composizione armonica. Importante è la selezione e la pulitura delle verdure impiegate. Da eliminare sono quelle tarlate, viscide, troppo secche, maculate o imperfette. Vanno tutte lavate, possibilmente con acqua di sorgente, lasciandole poi scolare per drenare l’umidità superflua. Infine bisogna adagiarle delicatamente in un tovagliolo pulito in modo che si presentino in perfette condizioni per essere conciate. Il condimento indispensabile è l’olio che deve essere filtrato, non troppo giallo ma con una tonalità verde oliva pallido; inoltre, non deve avere un profumo troppo marcato né, peggio ancora, sapore rancido o troppo aggressivo. Chi l’assapora deve percepirlo con un sentore liscio, genuino e piacevole sulla lingua, in modo da placare l’asprezza dell’aceto e degli altri ingredienti acidi. Chi ha avversione per l’olio d’oliva può sostituirlo con burro fresco anche se può provocare ostruzione allo stomaco. Per il condimento bisogna usare un aceto di vino tra i migliori, molto fluido, perfettamente chiaro e non svanito di sapore. Può
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Borsa pastore
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antichi profeti dell’insalata essere aromatizzato con petali di rosa, rosmarino, fiori di nasturzio, chiodi di garofano, succo di sambuco. Il sale deve essere della qualità migliore, preferibilmente di origine marina, con un gusto penetrante, di colore bianco e brillante, raffinato e sodo, non grigio e pallido. Chi ama aggiungere lo zucchero deve impiegare il tipo più eccellente, raffinato, bianco e compatto. Accettabile anche il condimento con un vino leggero e dolce come il Madera, ma anche con il miele, la mostarda, polvere di semi di cotone, zafferano, bucce di arancia o limone, bacche di ginepro e altre spezie. Di seguito riportiamo le considerazioni di Evelyn sulle principali varietà di erbe da impiegare nell’insalata.
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Indivia. Usare le foglie più grandi, più bianche e tenere. Il cuore, che è più delicato, va mangiato da solo o in composizione con altre verdure, intinto in olio, aceto e sale.
Cicoria catalogna Foto R. Angelini
Lattuga. Ingrediente principale e universale delle insalate, meno astringente di altre verdure e così innocuo che può essere tranquillamente consumato crudo, è utile contro le febbri, perché allevia il calore, scioglie la collera, estingue la sete, eccita l’appetito, gentilmente nutre e, soprattutto, reprime i vapori, concilia il sonno, mitiga il dolore, oltre a incidere positivamente sull’umore. Può essere usata in composizione con qualsiasi verdura o essere mangiata da sola con il solito condimento di olio, aceto, pepe e sale. Sono permessi anche succo d’arancio o di limone e un pizzico di zucchero, oppure l’ossimele, una miscela di vino e miele molto apprezzata nei secoli passati.
Radicchio
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Lattuga gentilina
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alimentazione Le sue varietà alla fine del Seicento erano in continua moltiplicazione. Tra le migliori vanno ricordate: l’Alphange di Montpellier, fresca e delicata, l’Arabica, l’Ambervelleres di Belgrado, la CossLatuce, quella di Genova che durava tutto l’inverno, l’Imperiale, la Nana francese, la Foglia della Passione romana e altre ancora. È ottima se unita con l’indivia e la porcellana, condendola senza olio ma solamente con aceto e zucchero (preferito solo dai “palati più effeminati”).
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Pimpinella. Secondo John Evelyn è consumata soprattutto da francesi e italiani, che usano dire: “l’insalata non è buona e non è bella se non c’è la pimpinella”. Spinaci. I migliori si mangiano crudi oppure lessati, conditi con burro, aceto o succo di limone.
Lattuga romana Foto R. Angelini
Cicoria. Essendo molto amara, va edulcorata con un condimento a base di zucchero e aceto. Mangiata in estate, è più grata allo stomaco che al palato. Basilico. Conferisce un sapore grato, a meno che non sia troppo forte e un po’ offensivo per gli occhi, nel qual caso va usato con molta parsimonia. Giacomo Casanova innamorato dell’insalata Caliamo il sipario su questa scorribanda diacronica sull’insalata chiamando alla ribalta Giacomo Casanova, che di questo cibo frugale fu un vero innamorato, come di recente ha messo in luce
Lattuga cappuccina Lattuga a foglia di quercia verde e rossa
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antichi profeti dell’insalata Pierluigi Visintin nel volume intitolato Casanova Gourmet. Casanova stesso lo rivela già nelle Memorie quando parla del suo forzato “soggiorno” nelle prigioni dei Piombi di Venezia, sospirando: “Appena ebbi in mano anche la stoppa, versai l’olio nel tegamino, vi posi un lucignolo ed ebbi la mia bella lampada. Certo, dovevo dire addio all’insalata, che mi piaceva molto”. Per il Casanova il condimento con l’olio assume il valore di un rito e per questo rimane disgustato quando, ospite del vescovo Bernardo de Bernardis Martorano in Calabria, ne assaggia uno disgustoso che rovina l’insalata. Il suo olio preferito è invece quello di Lucca. L’insalata ideale, più fragrante, va sempre preparata sul momento e magari arricchita con “delle uova sode, delle acciughe e degli aceti aromatizzati”. Per l’aceto le sue preferenze vanno a quello dei “Quattro ladri”, un tipo di condimento particolare, aromatizzato con erbe e spezie, tra cui foglie di assenzio, di rosmarino, di salvia, di menta e di ruta, fiori secchi di spigo, cannella, garofani, noce moscata, aceto bianco di ottima qualità e mezz’oncia di canfora disciolta in tre once di “perfetto spirito di vino”. Il tutto versato in un recipiente di vetro, esposto al sole o adagiato sulla cenere calda per quindici giorni. Dopo bastava colarlo e filtrarlo e il gioco era fatto. La medicina popolare lo prescriveva come antidoto contro la peste, bagnandosi le narici, i polsi e facendo gargarismi tre volte al giorno. Secondo la leggenda prendeva il nome da quattro ladri che durante la peste di Marsiglia erano scampati al contagio pur andando a rubare in luoghi infetti.
Lattuga rossa
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Lattuga iceberg o brasiliana
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Lattughino da taglio
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