Le insalate botanica | storia e arte | alimentazione | paesaggio coltivazione | ricerca | utilizzazione | mondo e mercato
le insalate Foto R. Angelini
utilizzazione Post-raccolta e qualità Giancarlo Colelli
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
utilizzazione Post-raccolta e qualità La qualità della lattuga è fortemente legata non solo alle caratteristiche di freschezza e integrità delle foglie, ma anche agli aspetti nutrizionali e di sicurezza alimentare che il prodotto deve garantire. I cespi devono presentarsi solidi, privi di segni di ingiallimento e alterazioni. Una lattuga di qualità deve essere pulita, senza parti imbrunite e priva di insetti. Le foglie devono presentarsi turgide, croccanti e possedere una colorazione verde brillante, che può essere più o meno intensa in base alla varietà o al grado di maturazione, mentre le parti più interne del cespo devono essere tenere e di colore più chiaro. Durante l’accrescimento delle piante di lattuga viene sintetizzata clorofilla, che rende le foglie più verdi all’avanzare dello stadio di maturazione. Nel grafico sottostante si osserva come al progredire dello stadio di maturazione le foglie acquistino una colorazione più marcata, il che è dimostrato anche dall’aumento dell’angolo di tinta, con valori più alti per la lattuga matura. Il livello di maturazione influisce anche sul gusto del prodotto: un’insalata matura è più dolce, meno amara e più croccante di una immatura o molto matura. Inoltre, le lattughe più mature risultano più suscettibili all’imbrunimento post-taglio rispetto a quelle mature. Numerose normative definiscono le caratteristiche qualitative che i prodotti ortofrutticoli devono possedere per la commercializzazione. Il Regolamento CE n. 771 del 25 agosto 2009 riporta le caratteristiche minime richieste per le lattughe e in particolare i criteri in base ai quali classificare i prodotti in prima e seconda
Stadi di maturazione
• La determinazione del livello di
maturazione della lattuga varia in base al tipo, ma il criterio generale è legato alle dimensioni: infatti, a tal scopo si utilizzano anche alcuni indici che, partendo dalla sezione trasversale del cespo, rapportano la lunghezza del caule a quella totale, esprimendo il valore ottenuto in percentuale
• Per le lattughe a cappuccio, come
la iceberg, sono state messe a punto scale ancorate, in cui possono essere osservati i diversi livelli di maturazione del prodotto in base alla compattezza del cespo e alla sua consistenza al tatto. I punteggi attribuibili al cespo vanno da 1 a 5, dove 1 = facilmente comprimibile e immaturo, 2 = di consistenza tenera, 3 = compatto e maturo, 4 = compatto e solido, 5 = duro e sovramaturo
• Nel caso della lattuga romana, il grado
di maturazione si determina in base al numero delle foglie e allo sviluppo del cespo. Un cespo tenero, con un numero di foglie inferiore a 20 e che si comprime facilmente, è più immaturo di uno compatto e con più di 30 foglie
2,0
140
1,6
130 120
1,2
110 0,8
100
0,4 0
90 1
2
3
4
Stadio di maturazione Clorofilla (mg/gFW)
408
Angolo di Tinta (°)
5
80
Angolo di Tinta (°)
Clorofilla (mg/gFW)
Evoluzione del contenuto in clorofilla e del colore (angolo di tinta) associati ai diversi stadi di maturazione di lattuga (dati da Kader e Cantwell, 2010, rielaborati)
post-raccolta e qualità Pesi minimi necessari per la classificazione nella prima e nella seconda categoria delle lattughe e delle indivie rispettivamente coltivate in pieno campo e in coltura protetta (Regolamento CE n. 771/2009 del 25 agosto 2009) Pieno campo
Coltura protetta
Lattughe a cappuccio (eccetto quelle del tipo iceberg) e lattughe romane (eccetto le lattughe a foglie spesse)
150 g
100 g
Lattughe del tipo iceberg
300 g
200 g
Lattughe da taglio e lattughe a foglie spesse
100 g
100 g
Indivie ricce e scarole
200 g
150 g
categoria, i pesi necessari per la calibratura e le eventuali tolleranze in termini di qualità e calibro che possono essere adottate. La calibratura per entrambe le categorie è legata al peso unitario minimo dei prodotti e alla loro omogeneità. Il peso unitario minimo può variare in base al tipo di lattuga e al tipo di coltivazione, come riportato nella tabella. Per stabilire l’omogeneità delle lattughe per tutte le categorie si considera la differenza di peso rispetto al cespo più pesante di uno stesso imballaggio: tale differenza può variare da un minimo di 40 g per lattughe di peso inferiore a 150 g a un massimo di 300 g per lattughe di peso superiore a 450 g. Nel caso della lattuga di prima categoria, è richiesto che i prodotti, oltre a presentare le caratteristiche della varietà e/o del tipo commerciale, siano ben formati, consistenti, privi di danneggiamenti
Scala ancorata degli stadi di maturazione per la lattuga iceberg (da Kader e Cantwell, 2010) Stadi di maturazione per la lattuga romana (da Kader e Cantwell, 2010, modificata)
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utilizzazione e alterazioni tali da pregiudicarne la commestibilità ed esenti da danni provocati dal gelo. Sono invece considerate di seconda categoria quelle lattughe che rispondono ai requisisti minimi citati in precedenza pur presentando lievi difetti. Per la prima categoria è ammessa una tolleranza del 10%, in numero di cespi, di prodotti non rispondenti alle caratteristiche della categoria, ma conformi a quelle della seconda categoria; per la seconda categoria, invece, è ammessa una tolleranza del 10%, in numero di cespi, di prodotti non rispondenti né alle caratteristiche della categoria né ai requisiti minimi. Per entrambe le categorie sono esclusi dai criteri di tolleranza i prodotti affetti da marciume o che presentano alterazioni tali da renderli inadatti al consumo. Nella valutazione del calibro, per tutte le categorie, viene ammessa una tolleranza complessiva del 10%, in numero di cespi, di prodotti non rispondenti ai requisiti di calibratura, ma di peso inferiore o superiore del 10% rispetto al massimo calibro richiesto. Il Regolamento CE n. 771 contiene inoltre disposizioni relative alla presentazione del prodotto e alle indicazioni che vanno riportate sugli imballaggi per la commercializzazione. L’insieme delle componenti qualitative è influenzato da molteplici fattori, come la cultivar, le pratiche colturali, le condizioni climatiche in campo, il grado di maturità delle piante, le tecniche di raccolta e la gestione delle attività post-raccolta. Per la valutazione della qualità delle lattughe sono state definite alcune scale ancorate sulla base dell’aspetto esteriore. Vengono prese in esame diverse peculiarità del prodotto sottoposto a valutazione e i punteggi vengono così definiti: – 9 = aspetto fresco, colore verde brillante, foglie consistenti e assenza di ingiallimenti e alterazioni; – 7 = zona di taglio ancora chiara, principio di disidratazione, leggera perdita di colore; – 5 = imbrunimento nella zona di taglio, evidente ingiallimento e disidratazione con rammollimento delle foglie, comparsa di macchie scure e arrossamenti sulle nervature centrali delle foglie esterne; – 3 = intensa perdita di colore e consistenza delle foglie esterne, evidenti alterazioni; – 1 = severo ingiallimento e rammollimento delle foglie, evidente marciume o comparsa di muffe sulle foglie esterne. Dal punto di vista nutrizionale la qualità della lattuga può subire alterazioni durante la vita post-raccolta. Tra i fitonutrienti, la vitamina C è quella che più risente degli abusi termici e delle composizioni gassose applicate durante la conservazione. I contenuti di vitamina C sono variabili tra le diverse specie: più bassi per la lattuga iceberg (5 mg/100 g di peso fresco) e romana (3 mg/100 g di peso fresco), più alti per la scarola (10 mg/100 g di peso fresco) e le specie colorate come la lollo rossa (12 mg/100 g di peso fresco) (Llorach et al., 2009).
Foto R. Angelini
Foto R. Angelini
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post-raccolta e qualità Fisiologia post-raccolta dei prodotti a foglia Gli ortaggi a foglia vanno incontro alla senescenza in maniera rapida, essendo molto soggetti alla perdita d’acqua ed estremamente suscettibili ai danni meccanici. I sintomi più evidenti consistono nella perdita del colore verde, legata alla riduzione del contenuto di clorofilla, e nella disidratazione, che porta alla perdita di consistenza e turgore dei tessuti. La disidratazione viene favorita dall’elevata superficie di scambio, oltre che dalla presenza degli stomi e dalla mancanza di veri e propri strati protettivi sulla superficie fogliare. L’attività metabolica della lattuga, rispetto ad altri ortaggi a foglia, può essere definita come moderata, con i valori di attività respiratoria che dipendono dalla temperatura, come illustrato nella figura in basso. Tale dipendenza si esprime attraverso un valore del coefficiente Q10 pari a circa 2, che indica che per ogni aumento della temperatura di 10 °C si ha un raddoppio dell’attività metabolica del prodotto, e quindi della velocità di degradazione.
Foto R. Angelini
Foto R. Angelini
Influenza della temperatura sull’attività respiratoria della lattuga iceberg e romana a temperature diverse (dati da Saltveit, 2004) Iceberg
Attività respiratoria (mg CO2/kg/h)
100 80 60 40 20 0
0
5
10
15
20
25
20
25
Foto R. Angelini
Temperatura (°C) Romana
Attività respiratoria (mg CO2/kg/h)
200 160 120 80 40 0
0
5
10
15
Temperatura (°C)
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utilizzazione Possibili alterazioni Le principali alterazioni di tipo fisiologico che si manifestano nella lattuga sono rappresentate dalla necrosi delle estremità fogliari (tipburn), dalla maculatura rugginosa (russet spotting), dalla rugginosità (rusty brown discoloration) e dall’arrossamento delle nervature (pink rib). La necrosi del margine delle foglie ha origine in campo ed è legata alle condizioni climatiche, varietali e di concimazione. Tale fenomeno, che occasionalmente aumenta anche dopo la raccolta, indebolisce le foglie deprezzandone la qualità commerciale. La maculatura rugginosa si presenta con ampie macchie infossate o striature di colore giallo-rossastro che virano al bruno scuro, specialmente sulle nervature centrali. Quest’alterazione è causata dall’esposizione all’etilene in fase post-raccolta. Le diverse tipologie di lattuga producono bassissime quantità di etilene (meno di 0,1 μl/kg/h), ma presentano un’elevata sensibilità alla presenza di tale ormone, che accelera i fenomeni di senescenza e induce diverse alterazioni fisiologiche, riducendo la shelf-life del prodotto. In particolare, l’etilene, stimolato anche dalle operazioni di taglio, induce modifiche nel metabolismo fenolico e favorisce l’attività di alcuni enzimi tra cui la PAL (fenilalanina ammonio liasi), principalmente coinvolta nella sintesi di composti fenolici; questi ultimi, per effetto dell’ossidazione, si trasformano in composti bruni (chinoni), che aumentano nel tempo facendo degenerare la zona interessata. Per questo motivo, la lattuga non deve essere conservata o trasportata insieme a prodotti che rilasciano etilene come mele, meloni, pere e pesche. La rugginosità si manifesta con macchie bruno-scure sulle nervature e, nei casi più gravi, anche sul tessuto laminare. Il fenomeno dipende dall’esposizione ad atmosfere modificate, con concentrazioni di CO2 superiori al 3% e a bassa temperatura. Infine, la fisiopatia nota come pink rib, o arrossamento della nervatura, si manifesta con cespi troppo maturi se conservati a temperature elevate. Tra le alterazioni causate da agenti patogeni, va ricordato il marciume molle, che spesso si sviluppa sulle foglie necrotizzate rendendo i tessuti traslucidi e viscidi. Un fenomeno simile a carico dei tessuti vegetali viene generato da infezioni fungine (Sclerotinia spp. e Botrytis cinerea), con rammollimento dei tessuti e comparsa di muffe. L’allontanamento delle foglie più esterne e le conservazioni a basse temperature riducono la gravità di tali disordini. La lattuga non presenta problemi durante la conservazione a bassa temperatura (non è suscettibile a danni da freddo), ma ha il punto di congelamento a temperature relativamente elevate (–0,2 °C), sia in campo sia durante la frigoconservazione. In questi casi le foglie si presentano di colore verde scuro, con aree traslucide e viscide.
Sintomi di russet spotting su lattuga iceberg (da Kader e Cantwell, 2010)
Sintomi di rusty brown discoloration su lattuga iceberg (da Kader e Cantwell, 2010)
Sintomi di pink rib su lattuga iceberg (da Kader e Cantwell, 2010)
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post-raccolta e qualità Tecnologia post-raccolta La raccolta in genere avviene manualmente, con l’ausilio di coltelli affilati; gli operatori, dopo aver effettuato una rapida selezione dei cespi da tagliare (soprattutto in relazione alle dimensioni e alla consistenza), procedono al taglio alla base del fusto ed effettuano le operazioni preliminari di mondatura, ossia la regolarizzazione della superficie di taglio e la rimozione delle eventuali foglie esterne che presentano difetti (danni meccanici, ingiallimenti ecc.). Se il prodotto è destinato alla lavorazione di quarta gamma, anche le operazioni di detorsolatura possono essere effettuate direttamente in campo. Durante la fase di raccolta andrebbero adottati alcuni accorgimenti per assicurare migliori caratteristiche al prodotto finito: per esempio, bisognerebbe concentrare la raccolta durante il mattino ma non nelle primissime ore, in quanto la bassa temperatura rende il cespo più suscettibile alla rottura delle nervature. In particolare per la lattuga iceberg occorre evitare manipolazioni eccessive e danni meccanici durante le fasi di raccolta. Le lattughe sono frequentemente confezionate in campo (field packing), o sistemate in bin di plastica e inviate alla centrale ortofrutticola per essere lavorate (house packing). Nel caso del field packing le lattughe vengono confezionate in cassette di legno; un’alternativa più razionale prevede il confezionamento singolo in sacchetti macroforati che poi vengono sistemati in scatole di cartone e trasportati su mezzi non refrigerati verso le centrali ortofrutticole. In questi
Foto M.L. Amodio
Raccolta di lattuga iceberg
Foto M.L. Amodio
Lattughe detorsolate in campo e destinate alla trasformazione di quarta gamma Foto M.L. Amodio
Condizionamento del prodotto direttamente in campo
Raccolta meccanizzata di lattuga iceberg mediante agevolatrici di raccolta a tralicci trasversali
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utilizzazione Schema di un sistema di prerefrigerazione sottovuoto (vacuum cooler) per il raffreddamento rapido delle lattughe Prerefrigerazione sottovuoto
• Il sistema ottimale di prerefrigerazione
della lattuga, e in generale degli ortaggi a foglia, è quello sottovuoto (vacuum cooling): infatti l’elevato rapporto tra superficie di scambio e volume del prodotto permette un raffreddamento rapido e uniforme
• Durante il trattamento i prodotti
sono posizionati in una camera a tenuta (autoclave) dove viene ridotta la pressione atmosferica al fine di abbassare la temperatura di ebollizione dell’acqua. Il calore proveniente dal prodotto porta l’acqua a contatto del vegetale a evaporare in condizioni di vuoto molto spinto (4,6 mmHg); a tali livelli di pressione l’evaporazione avviene anche per valori di temperatura molto bassi (fino a 0 °C). L’aria viene allontanata attraverso una pompa da vuoto, mentre il vapore acqueo condensa lungo la superficie fredda dell’evaporatore di un impianto frigorifero
1. autoclave; 2. pallet di prodotto da raffreddare; 3. pompa a vuoto; 4. circuito del vuoto; 5. gruppo condensatore-compressore del frigorifero; 6. evaporatore per la condensazione del vapore
casi solitamente le operazioni di raccolta e di preparazione per il mercato vengono effettuate mediante agevolatrici di raccolta del tipo a tralicci orizzontali, portati posteriormente a una trattrice. Il prodotto confezionato arriva alle centrali ortofrutticole, dove viene raffreddato prima del trasporto verso i centri di distribuzione. Il sistema di raffreddamento rapido più diffuso per questo tipo di prodotto è quello sottovuoto (o vacuum cooling). In alternativa, il pro-
• Questa tecnica di raffreddamento
Diagramma di flusso relativo alle operazioni di post-raccolta per la lattuga (field packing)
provoca un calo in peso del prodotto, in quanto occorre far evaporare 1 kg di acqua al fine di asportare una quantità di calore pari a circa 2260 kJ. A grandi linee, si ha un calo in peso pari a circa l’1% ogni 6 °C di riduzione della temperatura. Per ovviare a tali perdite, durante il trattamento, il prodotto può essere spruzzato con acqua
Selezione e taglio
Mondatura
Confezionamento in campo
• I sistemi attuali di prerefrigerazione
sottovuoto sono molto funzionali; possono infatti essere modulati in base ai quantitativi di prodotto da lavorare (sino anche a 60 pallet per ciclo) assicurando notevoli risparmi energetici e garantendo l’allontanamento rapido del calore di campo dai prodotti
Trasporto a centrale ortofrutticola
Prerefrigerazione (vacuum cooling) Breve stoccaggio refrigerato Trasporto e commercializzazione
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post-raccolta e qualità dotto può essere raffreddato in tunnel ad aria forzata, soprattutto quando i cespi non sono singolarmente avvolti in film macroforati. Dopo il raffreddamento il prodotto viene conservato temporanea mente a bassa temperatura in attesa di essere trasportato con mezzo refrigerato ai mercati di destinazione. Le condizioni ottimali per la conservazione e il trasporto della lattuga sono 0 °C e 95% di umidità relativa (RH, Relative Humidity) (Saltveit, 2004). È indispensabile mantenere basse temperature durante l’intero ciclo di lavorazione per evitare alterazioni del prodotto e perdite qualitative. Il raffreddamento risulta indispensabile per abbassare la temperatura dei prodotti subito dopo la raccolta o al loro arrivo nei centri di lavorazione, data l’elevata suscettibilità delle materie prime alla disidratazione e alla perdita di consistenza. È importante che i tempi intercorrenti tra la fase di raccolta e il trasferimento in azienda siano ridotti e che i prodotti non sostino in condizioni di temperatura e umidità relativa sfavorevoli (rispettivamente >4-5 °C e <90-95% RH). A tal proposito molte aziende impegnate nel settore puntano a localizzare i centri di lavorazione in prossimità delle aree di coltivazione. Sebbene non applicata commercialmente sul prodotto intero, la modificazione dell’atmosfera contribuisce a mantenere elevata la qualità dei cespi durante la fase di post-raccolta, soprattutto limitando l’incidenza di alterazioni fisiologiche. In particolare sono consigliati livelli di O2 variabili tra l’1 e il 3%, mentre la CO2 non dovrebbe superare il 2%, soprattutto nel caso della lattuga iceberg. La tipologia romana si dimostra leggermente più resistente a valori superiori di anidride carbonica.
Foto R. Angelini
Assortimento di baby leaf
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le insalate Foto R. Angelini
utilizzazione Quarta, quinta gamma e convenience Duccio Caccioni
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utilizzazione Quarta, quinta gamma e convenience In Italia la storia della diffusione dei prodotti di “quarta gamma” ha una sua peculiarità rispetto ad altri paesi occidentali. Il settore è partito nella seconda metà degli anni ’80 con un leggero ritardo rispetto alla nazione che si può considerare antesignana nel settore in Europa: la Francia. Si ebbe poi una lunga battuta di arresto, causata principalmente dall’allarme da parte dei distributori e dei consumatori riguardo alle caratteristiche igieniche dei prodotti: vi furono alcuni problemi di natura igienico-sanitaria (connessi a Salmonella, Listeria ecc.) che furono prontamente riportati dai mass media. In effetti alcune di quelle che furono le aziende pioniere nel settore non avevano adottato un livello tecnologico adeguato. Nella seconda metà degli anni ’90 si è avuta invece una forte crescita tecnologica (e di capitalizzazione) del settore, con l’evoluzione e la nascita di imprese che hanno saputo offrire prodotti di elevatissima qualità. Si è quindi innestata una crescita esponenziale, con il raggiungimento dei livelli di consumo europei: dal 2007 l’Italia è divenuta la seconda-terza piazza continentale (con Regno Unito e Francia) in quanto a diffusione e consumo di ortaggi fresh-cut (si parla quindi principalmente di insalate pronte). Nel 2008 si è verificato, anche a seguito della crisi economica internazionale, un rallentamento nello sviluppo del mercato e un cambiamento nelle dinamiche interne del settore, che vedono oggi una preponderanza dei distributori al dettaglio rispetto ai produttori. Nel 2010 si sono calcolate vendite al dettaglio di prodotti fresh-cut pari a 740 milioni di euro (con una crescita del 6% rispetto all’anno precedente), di cui 600 milioni ricavati dalle insalate di quarta gamma.
Definizioni di gamme
• I GAMMA: ortaggi nella loro
presentazione tradizionale, da pulire, tagliare e preparare
• II GAMMA: conserve vegetali • III GAMMA: ortaggi surgelati • IV GAMMA: ortaggi o frutta preparati,
pronti all’uso, già confezionati, tuttavia freschi e naturali senza alcun additivo
• V GAMMA: ortaggi precotti, grigliati, scottati a vapore senza aggiunta di conservanti e condimenti e non surgelati
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quarta, quinta e convenience Lo sviluppo dei prodotti di quarta gamma è dovuto al cambiamento delle abitudini di consumo degli italiani. Il tempo totale dedicato alla spesa, alla cucina e alla tavola in Italia negli ultimi venti anni si è in pratica dimezzato, attestandosi (soprattutto nel Settentrione della penisola) su valori comparabili con quelli del Nord Europa. Si tratta del risultato di profondi cambiamenti sociali che hanno interessato dapprima il Nord del paese e negli ultimi anni anche le regioni del Centro e del Sud della penisola. La diminuzione del tempo passato in cucina e l’aumento del consumo di prodotti con contenuto “di servizio” (per risparmiare tempo) sono strettamente legati all’occupazione femminile, ma anche ad altri fattori, tra i quali per esempio la distanza dell’abitazione dal posto di lavoro. Da una recente indagine (ISMEA-Nielsen) è emerso come appena il 37% degli italiani che pranza fuori casa per studio o lavoro consumi un pasto completo. Il consumo alimentare fuori casa in Italia ha superato i 60 miliardi di euro, circa il 50% di quanto si spende per l’alimentazione nello Stivale (118 miliardi di euro/ anno). Ogni giorno gli italiani che pranzano fuori casa sono circa 11 milioni, per un totale di 6 miliardi di pasti all’anno. Nella maggior parte dei casi si sceglie un piatto unico e il classico panino è oggi sostituito sempre più spesso da insalate pronte. I prodotti di quarta gamma sono quindi apprezzati sia per consumi casalinghi veloci sia per il catering extradomestico. I prodotti della quarta gamma hanno oggi in Italia come target di riferimento un pubblico femminile compreso fra i 30 e i 60 anni, formato da lavoratrici con istruzione superiore, perlopiù residenti nel Nord del paese. I dati confermano che il consumo si sta però estendendo anche ad altre categorie di consumatori, ben differenti dalla tipologia clas-
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utilizzazione sica, come per esempio tutti i single (anche di sesso maschile e/o di età “matura”), una categoria in forte crescita e assai importante per il consumo di prodotti fresh-cut. La penetrazione dei prodotti di quarta gamma ha oggi valori elevati se si considerano il consumo e la conoscenza del prodotto, ma ancora limitati (15-20%) se si considerano i consumatori “fedeli” con alta frequenza di acquisto. Da indagini effettuate dall’AIIPA (Associazione dei produttori fresh-cut di Confindustria) risulta inoltre che i consumatori italiani hanno ancora un basso livello di fiducia in questo tipo di prodotto: il 40% degli intervistati dichiara di lavare di nuovo il prodotto dopo l’acquisto. Di fatto, anziché di quarta e quinta gamma negli ultimi anni si parla più frequentemente di prodotti convenience (“comodi”). Della gamma convenience fanno parte quindi tutti i prodotti ortofrutticoli freschi, minimamente trasformati e senza additivi, che devono offrire al consumatore una comodità di uso, evitando le piccole frustrazioni che sono comuni anche nelle più banali operazioni di preparazione e consumo del cibo. La gamma dei prodotti convenience negli ultimi 10 anni è stata enormemente ampliata e si contano oramai centinaia di referenze. Per il settore è quindi di vitale importanza l’innovazione e la proposta di novità sugli scaffali è continua: il settore dei prodotti ortofrutticoli convenience è sicuramente quello che negli ultimi decenni ha espresso un maggiore potenziale innovativo in tutto il panorama alimentare italiano. Tale innova-
Dalla quarta (prodotti pretagliati) e quinta (prodotti pretagliati e precotti) gamma al convenience
• Vocabolario alla mano, convenience
in inglese significa “comodità”. Della gamma convenience fanno parte quindi tutti i prodotti ortofrutticoli freschi minimamente trasformati e senza additivi, che permettono al consumatore di risparmiare tempo ed evitare frustrazioni in cucina. I prodotti convenience spaziano dai frullati e dagli “spiedini” di frutta fino ai sughi, ai minestroni freschi pronti e ancora ai germogli freschi
• Uno dei segmenti più interessanti
dal punto di vista dell’innovazione è quello delle preparazioni a base di frutta. In paesi quali gli Stati Uniti e il Regno Unito perlomeno da quindici anni si è sviluppato un notevole mercato riguardante le insalate di frutta. Un segmento che ha visto un forte sviluppo e che oggi viene considerato, perlomeno per i prodotti “di base”, oramai “maturo” (quindi non più suscettibile di ulteriori espansioni). In Italia le insalate di frutta hanno avuto una diffusione tardiva e riscosso un successo particolare nel settore HoReCa (Hotel, Restaurant & Catering), anche se di recente si nota un crescente gradimento da parte degli acquirenti al dettaglio: le macedonie pronte sono ben accette per esempio dai bambini. La frutta è oggi proposta non solo come macedonia ma anche segue
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quarta, quinta e convenience zione tuttavia può non essere sempre positiva. Indagini effettuate dall’AIIPA hanno rilevato che, dal punto di vista del merchandising, il 20% delle referenze sugli scaffali genera l’80% dei volumi di vendita. Gli scaffali di vendita sono quindi spesso scarsamente “leggibili” da parte dei consumatori e la confusione sugli scaffali fa sì che ai prodotti con alta rotazione di vendita venga destinato meno spazio di quello ideale, con una conseguente riduzione dei margini commerciali. L’ottima accettazione da parte dei consumatori e i buoni margini hanno fatto sì che questi prodotti venissero privilegiati dalle catene di distribuzione per la vendita al dettaglio con marchio/marca del distributore al dettaglio (private label). Oggi in Italia si stima che circa il 65-70% degli ortaggi pronti fresh-cut viene venduto con private-label. Ovviamente la diffusione delle private label ha comportato un’erosione dei margini da parte di produttori/trasformatori, che dal 2008 lamentano un rapporto sempre più aspro con la grande distribuzione organizzata (GDO). Da parte sua la GDO ha contrastato lo stallo e la possibile diminuzione del consumo post-settembre 2008 con un aumento delle promozioni e una razionalizzazione degli scaffali che ha comportato una certa diminuzione delle referenze offerte. Di fatto vi è quindi stata una tenuta dei consumi in volume ma una diminuzione del valore, un fatto che tutto sommato accomuna gli evoluti prodotti convenience ai più basic prodotti ortofrutticoli freschi “integrali”.
continua
sotto forma di “spiedini”, un formato recentemente introdotto sul mercato italiano
• Nel settore “convenience”
un’innovazione è rappresentata anche dai cosiddetti smoothies: si tratta di frutta frullata in pratici contenitori, anche monodose. Questo mercato negli ultimi 5 anni ha avuto un incredibile sviluppo in paesi quali la Germania o il Regno Unito. Ancora adesso manca però in Europa (e in Italia) un quadro legislativo, quindi come smoothies vengono venduti prodotti che possono essere frullati freschi o che sono stati soggetti a trattamenti termici o ancora addizionati con conservanti. In pratica, si passa da prodotti che devono essere obbligatoriamente esposti nel banco frigo dei supermercati e hanno una conservabilità assai limitata a prodotti che molto si avvicinano, come tipologia, ai ben noti succhi di frutta
• Un altro prodotto fortemente
“innovativo” sono i germogli (ottenuti da semi di Graminacee o Leguminose). Anche in questo caso si tratta di prodotti (molto graditi alla fascia salutista dei consumatori) che hanno buona popolarità nel Nord Europa ma ancora una limitata (seppur crescente) diffusione in Italia. La produzione di germogli richiede però una grande cautela dal punto di vista igienicosanitario: i germogli, se mal prodotti e gestiti, possono essere causa di tossinfezioni alimentari
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le insalate Foto R. Angelini
utilizzazione Processo di lavorazione delle insalate di quarta gamma Alessandro Turatti
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utilizzazione Processo di lavorazione delle insalate di quarta gamma
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Processo produttivo – Low care & high care – Freddo Per i prodotti di quarta gamma che vengono consumati crudi, non esistono trattamenti che permettano di ridurre in maniera significativa il numero di microrganismi (come può invece avvenire con la cottura, la pastorizzazione, la sterilizzazione, per altri tipi di processo e prodotti). È di conseguenza imprescindibile operare la trasformazione degli stessi (mantenendoli nello stato di freschezza) con la massima cura e attenendosi a rigorosi e vincolanti criteri di sicurezza alimentare. Evidenziando che la sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa lungo tutta la filiera (from farm to fork), andremo ad analizzare sotto quest’ottica quella parte del processo che va dal ricevimento della materia grezza nello stabilimento fino alla fase del confezionamento. Oltre a ciò, si mette in risalto che mantenere la sicurezza e la qualità dei prodotti di quarta gamma è una sfida che può essere vinta solamente mettendo in atto in maniera appropriata e corretta una serie molteplice di azioni interrelate tra loro. Se, per esempio, non è mantenuta un’adeguata temperatura all’interno dello stabilimento, sarà vano l’adeguamento alle buone prassi di fabbricazione (GMP, Good Manufacturing Practices) e pertanto anche uno stringente livello di sanitizzazione non assicurerà si-
La sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa lungo tutta la filiera
Foto R. Angelini
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lavorazione quarta gamma curezza o qualità. Allo stesso modo, un programma non corretto di sanitizzazione renderà non efficace l’attuazione integrale ed efficace di un protocollo HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points). Nonostante le minime lavorazioni a cui sono sottoposti (delle quali tratteremo a breve), i prodotti di quarta gamma sono contraddistinti da una shelf-life ridotta rispetto all’equivalente prodotto fresco. Per questo motivo, la conservazione delle insalate di quarta gamma deve essere fondata sull’azione integrata e sinergica di diversi trattamenti, aventi lo scopo di ostacolare i microrganismi e nel contempo di ritardare la comparsa di alterazioni. Per garantire buoni risultati di conservazione è indispensabile rispettare pochi ma fondamentali criteri riassumibili in: – utilizzo di materie prime di ottima qualità; – rigorosi livelli di igiene; – lavorazioni a temperature tra 2 e 5 °C, senza mai interrompere la catena del freddo; – separazione delle aree di processo, con eliminazione della contaminazione incrociata.
Foto R. Angelini
Utilizzo di materie prime di ottima qualità La qualità dei prodotti di quarta gamma nasce dal campo, quindi dalla materia prima. A priori deve essere selezionata la varietà più adeguata per la trasformazione, giacché le scelte tecniche che portano a un prodotto fresh-cut muovono fin dalla valutazione del seme e, quindi, del cultivar. Le aziende che producono insalate di
La qualità dei prodotti di quarta gamma nasce dal campo, quindi dalla materia prima
Foto R. Angelini
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utilizzazione quarta gamma agiscono oggi con un approccio a controllo diretto o indiretto. Di fatto la gestione avviene sia con coltivazioni autonome (cercando quindi la massima verticalizzazione tra produzione e trasformazione) sia tramite contratti specifici con i produttori. Rigorosi livelli di igiene Le parti delle macchine che vengono a contatto con le insalate devono essere mantenute pulite ed essere progettate e costruite in materiale tale da rendere minimi (se mantenute in buono stato e sottoposte a regolare manutenzione) i rischi di contaminazione degli alimenti. Pertanto, tutti i macchinari di processo devono essere progettati e costruiti secondo rigorosi criteri che ne permettano un’agevole e frequente sanitizzazione, oltre che una periodica manutenzione. Lavorazioni a temperature tra 2 e 5 °C, senza mai interrompere la catena del freddo Il rispetto scrupoloso della catena del freddo e il mantenimento di basse temperature durante tutte le fasi della lavorazione rappresentano principi cardinali posti in atto per rallentare la carica microbica e il metabolismo delle insalate.
Polar Wind
Separazione delle aree di processo, con eliminazione della contaminazione incrociata Onde garantire la sanità e igienicità del prodotto, i criteri progettuali delle aree di lavorazione devono essere tali da consentire l’esecuzione lineare delle diverse operazioni. Questo è motivato dalla necessità di eliminare i rischi di contaminazione microbica del prodotto pulito con quello grezzo. Lo stabilimento deve perArctic Wind
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lavorazione quarta gamma mettere, tramite un disegno appropriato delle strutture e la corretta dislocazione dei macchinari di processo, l’agevolazione dei flussi unidirezionali del prodotto (contemporaneamente garantendo il ricambio d’aria e il movimento del personale). Una modalità attraverso la quale si opera per evitare la contaminazione incrociata consiste nella suddivisione degli ambienti di lavorazione in aree a “bassa attenzione” (low care) dove, in genere, avvengono la cernita e la selezione, e aree ad “alta attenzione” (high care) dove avvengono le successive fasi di lavaggio, asciugatura e confezionamento. Si addiviene a tale suddivisione mediante la separazione fisica dei locali con pareti che impediscono il passaggio tra una aerea e l’altra, se non forzatamente tramite alcuni passaggi obbligatori (aree in cui si cambiano vestiario e calzature, provviste di dispositivi di sanitizzazione).
Cernita e mondatura - Separazione aree
Ricevimento e stoccaggio Il prodotto, subito dopo la raccolta, deve essere trasferito in maniera tempestiva ai locali di stoccaggio; l’ubicazione dello stabilimento di processo in prossimità delle aree di coltivazione delle insalate può consentire di abbreviare i tempi tra raccolta e lavorazione, riducendo le perdite di qualità. Nell’area di stoccaggio avviene l’abbattimento della temperatura a livelli prossimi a 4 °C e le insalate vengono mantenute in un ambiente con un tasso di umidità controllato e costantemente monitorato, per evitare una rapida deperibilità. La materia grezza ricevuta dal produttore deve essere controllata onde assicurarsi che il prodotto in arrivo sia stato coltivato e preparato secondo il codice di buona pratica agricola (GAP, Good Agricultural Practices). Se esistono alti livelli di contaminazione del prodotto, sarà assai difficile che possano venire ridotti durante le successive fasi di lavorazione. Se la materia prima non è di qualità ottima o accettabile, il prodotto finito non potrà che rispecchiare la qualità della stessa materia prima: neppure i più sofisticati e delicati macchinari di processo potranno migliorarla. Il primo controllo delle caratteristiche qualitative (aspetto estetico, sanità, corpi estranei, residui di terra ecc.) riveste pertanto una grande importanza. Nella maggior parte delle aziende è predisposto un sistema di tracciabilità del prodotto basato su supporti informatici, che viene mantenuto costantemente efficace in ogni fase della lavorazione. L’obiettivo è di risalire in qualunque momento ai lotti di provenienza della materia prima impiegata.
Arrivo materia prima
Ricevimento e stoccaggio
Cernita e modanatura
Miscelatura e dosaggio
Taglio
Trattamento termico
Lavaggio e trattamento
Asciugatura
Raffreddamento
Cernita e mondatura Questa fase è necessaria per provvedere all’eliminazione di tutto ciò che non è conforme e confacente alla preparazione del prodotto da immettere sul mercato. La praticità d’uso e la convenienza di un prodotto di quarta gamma sono intrinseche all’utilizzo della parte edibile o più pregiata (come nel caso del cuore di lattuga).
Confezionamento
Stoccaggio prodotto finito
423
Evacuazione scarti
utilizzazione
Detorsolatrice automatica mod. Titano
Per questo motivo è fondamentale che tali prodotti siano mondati delle parti non utilizzabili rimuovendo torsoli, foglie ingiallite, di colore non idoneo o in qualche modo danneggiate, materiali estranei e altro. Questa è una fase nella quale la lavorazione delle insalate differisce qualora queste siano ascrivibili alla categoria delle insalate da sfalcio (rucola e insalatine da taglio), note anche come baby leaf, o delle insalate adulte (lattuga, indivia riccia, scarola, pan di zucchero, radicchio). Qualora le insalate facciano parte della categoria dei prodotti sfalciati delle baby leaf, sarà indispensabile addivenire a un’accurata separazione dei corpi estranei che siano eventualmente pervenuti allo stabilimento con le insalate, malgrado i previ controlli. Nastri attrezzati con sistemi luminosi ad alta definizione permettono un controllo visivo dei prodotti. Sono all’uopo utilizzati sistemi meccanici che permettono, con diverse configurazioni, di scuotere delicatamente le insalatine o di farle flottare con l’ausilio di correnti d’aria. In entrambi i casi il risultato è la separazione di cotiledoni (nel caso di baby spinaci) e altri corpi estranei di varia natura e foggia. Negli ultimi anni sono entrati nel ciclo produttivo sofisticati sistemi ottici per la rimozione in continuo di corpi estranei. Una corretta politica di sicurezza alimentare parte dal campo e arriva alla busta. L’azione volta alla rimozione di corpi estranei non deve essere esclusivamente relegata all’utilizzo dei più complessi sistemi automatizzati, bensì integrata a vari livelli. Le insalate adulte, invece, necessitano di un’operazione di mondatura che viene eseguita su tavoli di cernita a più nastri. Come detto in precedenza, durante questa fase sono separate ed eliminate le foglie più esterne del cespo, scartando talvolta (per es. per il cuore di lattuga) percentuali rilevanti di prodotto (fino al 4055%). Nel contempo, grazie a questa operazione, si assicura una drastica riduzione dei residui di terra, di eventuali parassiti ecc. L’igiene degli operatori (che dovranno utilizzare protezioni appropriate) risulta significativa quanto un addestramento adeguato. Nel contempo, le stazioni di cernita e mondatura dovranno essere progettate secondo criteri ergonomici. Occorre evidenziare che il taglio eseguito dagli operatori deve avvenire tramite lame e coltelli molto affilati. La mondatura e la detorsolatura possono avvenire con l’ausilio di sistemi automatici. La detorsolatrice automatica è un modello molto versatile che, utilizzando una serie di differenti teste di taglio, può eseguire una vasta gamma di operazioni su numerosi prodotti. Risulta infatti possibile detorsolare, sfiorettare, fresare, tagliare in quarti insalate iceberg, cavoli, ma anche broccoli e cavolfiori.
Detorsolatrice automatica mod. Titano. Vista d’insieme
Miscelatura e dosaggio La miscelatura delle diverse varietà di insalate avviene generalmente in maniera manuale sul tavolo di monda o su un banco di 424
lavorazione quarta gamma cernita. Questa operazione prevede la creazione di una misticanza di diversi tipi di insalate, sia sfalciate sia tagliate. La quantità e il dosaggio delle varietà di insalate che compongono la combinazione sono stabiliti il più delle volte grazie all’intervento degli operatori. Questi agiscono in base a precise istruzioni e talvolta si avvalgono di bilancine di pesatura. Le quantità dosate vengono miscelate in genere durante il lavaggio, tramite l’azione di borbottaggio, che permette una miscelatura (abbastanza approssimativa) delle stesse. Tuttavia, per ovviare alla grossa componente di manodopera ed effettuare una miscelatura più accurata, risulta possibile costruire un sistema automatico su misura, che può avere diversi livelli di complessità. In base al numero di ingredienti o di prodotti da miscelare, il sistema permette di ridurre al minimo la possibilità di danneggiare i prodotti, i quali sono convogliati, dagli appositi contenitori, in tramogge di stoccaggio. Grazie a un sistema di controllo, il quantitativo richiesto è trasportato a tramogge di pesatura dotate di celle di carico. Al raggiungimento del peso programmato, lo scarico del prodotto può avvenire su nastri di trasporto o in tramogge mobili. L’interfaccia con il sistema informatico del cliente permette una gestione efficiente e ottimale del processo.
Taglierina mod. K6
Tavolo di cernita, mod. Turbo (Turatti S.r.l.)
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utilizzazione Evacuazione degli scarti La rimozione degli scarti nelle linee di lavorazione delle insalate di quarta gamma e il loro trasporto all’esterno dello stabilimento avvengono con diverse modalità. Nella versione più semplice, dei nastri convogliatori trasportano gli scarti in bins che vengono trasportati dagli operatori all’esterno. In una modalità altrimenti utilizzata, gli scarti vengono evacuati tramite canale con acqua o coclee. Questi sistemi presentano tuttavia una serie di grossi svantaggi. Per esempio, lunghi nastri convogliatori per gli scarti potrebbero creare pericolosi punti di gocciolamento sul prodotto e problemi igienici se questi nastri non fossero appropriatamente lavati. Anche i sistemi di trasporto a canala possono essere veicolo di agenti patogeni mentre i contenitori per gli scarti, per essere trasportati, necessitano di costosi e ingombranti carrelli elevatori. Per questo motivo di recente sono stati introdotti sistemi a trasporto pneumatico, con lo scopo di rimuovere rapidamente gli scarti prodotti in un impianto di lavorazione delle insalate e gestirli in maniera efficace e non invasiva per l’ambiente stesso. Il sistema è essenzialmente composto da un sofisticato sistema a compressione che, tramite una doppia tubazione (una dedicata alla spinta degli scarti e l’altra all’evacuazione degli scarti medesimi), provvede a trasportare la parte del prodotto non utilizzata (torsoli, fogli ingiallite o deperite, radici ecc.) anche a grande distanza.
Sistema pneumatico di evacuazione scarti: evacuazione interna
Taglio In base alla varietà della materia prima e al tipo di prodotto finito, possono essere utilizzati diversi tipi di taglierine. Malgrado le
Sistema pneumatico di evacuazione scarti: scarico all’esterno (Turatti S.r.l.)
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lavorazione quarta gamma stesse siano costruite in acciaio inossidabile e soddisfino le più severe norme e regolamentazioni, devono essere sanificate e controllate con frequenza. Disegno sanitario igienico e pulizia veloce e accurata delle varie parti della macchina che entrano in contatto con il prodotto devono essere prioritari nella progettazione delle macchine. Va rammentato ancora che igiene e facilità di pulizia sono inscindibilmente correlate con la sicurezza alimentare. Per quanto venga prestata la massima cura in questa fase delicata, esiste sempre un potenziale rischio di contaminazione da metallo dovuta alla rottura delle lame di taglio. Pertanto è necessario posizionare alla fine della linea (dopo il confezionamento del prodotto) alcuni apparati denominati metal detector, per la rilevazione di contaminanti metallici accidentalmente presenti sui prodotti. Deve essere debitamente evidenziato quanto il taglio renda le insalate maggiormente suscettibili di alterazioni quale conseguenza dell’aumento del metabolismo cellulare (respirazione) e delle superfici esposte agli enzimi microbici.
Fattori critici
• Utilizzo di lame in acciaio inossidabile debitamente trattato e aventi corretto spessore
• Affilatura frequente e precisa delle lame
• Mantenimento di un angolo di incidenza del taglio adeguato e delle velocità di taglio
• Accurata sanificazione delle lame (ipoclorito all’1%)
• Rispetto dell’igiene da parte del
personale (che altresì dovrà utilizzare appropriate protezioni per ogni operazione a contatto con le aree di taglio)
Trattamento termico (Heat shock) Una recente evoluzione apparsa nel settore è stata l’introduzione del trattamento termico (altrimenti noto come “shock termico”) nella lavorazione delle insalate adulte (essenzialmente insalata iceberg e romana). Questo procedimento, sviluppato in laboratorio e mutuato dalle tecniche di alcuni grandi chef, permette di ritardare l’imbrunimento e l’ossidazione delle foglie, estendendo notevolmente la shelf-life secondaria del prodotto (che decorre dall’apertura delle buste di insalata). È noto che il fenomeno è dovuto allo “stress da taglio” sofferto dalle foglie e che deriva dal contatto della superficie tagliata con l’ossigeno. In maniera più scientifica, questo imbrunimento è dovuto all’ossidazione dei fenoli, catalizzata dalla polifenolo ossidasi. I fenoli sono prodotti da una reazione catalizzata dalla fenilalanina ammonio liasi (PAL, Phenylalanine Ammonia Lyase). L’attività della PAL viene usata come un indice di imbrunimento potenziale. Il sistema brevettato dalla Turatti S.r.l. permette di effettuare una tenue scottatura (fenomeno altrimenti noto come blanching) delle foglie di insalata immediatamente dopo il taglio. La speciale configurazione del sistema consente un’omogenea distribuzione del calore (senza causare la cottura delle foglie) seguita da un repentino raffreddamento delle stesse. Questo riduce al minimo lo stress cui le foglie sono sottoposte, determinando un rilassamento che ne prolunga la durata e ne incrementa in maniera considerevole la qualità.
• Attenzione alle contaminazioni incrociate
Trattamento Termico - Heat shock
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utilizzazione Lavaggio e trattamento Funzioni del lavaggio Il lavaggio è un momento fondamentale della lavorazione delle insalate di quarta gamma. In particolare esso permette: – l’eliminazione delle impurità, flottanti e non; – la riduzione della consistenza della carica microbica; – l’abbassamento della temperatura del prodotto, qualora il lavaggio avvenga in acqua gelida. Nel caso delle insalate adulte, una funzione secondaria del lavaggio è rappresentata dalla diluzione e separazione dei succhi fuoriusciti durante la fase di taglio. Di fatto, questi potrebbero costituire risorse nutritive per la proliferazione dei microrganismi. Per questo motivo, avviene di frequente che la linea di lavaggio inizi con una piccola vasca di prelavaggio posta al di sotto dello scarico della taglierina, con il duplice scopo di attutire la caduta del prodotto tagliato e di impedire l’immissione dei summenzionati succhi nella linea di lavaggio vera e propria. La progettazione dei sistemi di lavaggio deve essere improntata a rigorosi criteri che permettano un’agevole e continuativa sanitizzazione delle lavatrici. Infatti, qualora ciò non avvenga, la comparsa di biofilm può essere un effetto provocato dallo stress nelle popolazioni di microrganismi. I sistemi di lavaggio per le insalate di quarta gamma possono presentare diverse configurazioni, presentate di seguito.
Lavatrici a borbottaggio
• Sono a doppia azione,
idraulico-pneumatica, in quanto operano con un effetto combinato di getti d’acqua e insufflaggio di bolle d’aria (assimilabile a quanto avviene nelle vasche di idromassaggio). Questa configurazione permette di eliminare le tracce terrose, presenti in quantità diverse in base al tipo di insalata e al luogo di coltivazione, e di facilitare la rimozione dei corpi estranei, il tutto in maniera delicata
• La lavatrice è costituita da una vasca
in acciaio inossidabile divisa in diverse sezioni in base alla capacità, e svolge un accurato lavoro di lavaggio nelle due sezioni iniziali mentre nell’ultima, in cui è montato un nastro monofilo, provvede a sgocciolare il prodotto. Al fondo di ogni sezione è posto un dispositivo di evacuazione manuale o automatico. Nella modalità automatica, attraverso speciali valvole programmabili e gestibili da un pannello di controllo, si effettua l’apertura temporizzata in funzione del grado di sporcizia del prodotto
Lavatrici a borbottaggio. La configurazione più comune è costituita da una serie di lavatrici a borbottaggio disposte in linea, la prima delle quali viene preposta al prelavaggio. In questa fase vengono rimossi residui di terra e gli eventuali corpi estranei più grossolani. La/e lavatrice/i successiva/e provvede/ provvedono al lavaggio definitivo e alla sanitizzazione del prodotto. L’acqua di lavaggio è costantemente riciclata con sistemi di filtraggio autopulenti incorporati. Il filtraggio è praticato per eliminare le sostanze più o meno grossolane dall’acqua di lavaggio e si può facilmente effettuare applicando dei filtri (rotante autopulente, statico, a sacco) a monte della vasca di recupero dell’acqua. Il mantenimento della temperatura dell’acqua di lavaggio a livelli prestabiliti (generalmente tra 1 e 4 °C) avviene tramite scambiatori di calore, che possono essere di diversa costituzione (a piastra, a fascio di tubi, a tubi lisci o corrugati). La delicata azione svolta dalla lavatrice può altresì costituire il mezzo per miscelare distinti prodotti.
• La possibilità di regolare il flusso
del prodotto all’interno della lavatrice è garantita da una pala motorizzata, adatta altresì a infrangere e immergere lo strato galleggiante, in azione combinata con il tamburo perforato, per la rimozione dei corpi estranei flottanti (insetti, pezzetti di legno, plastica ecc.)
• Sono inoltre stati progettati diversi
altri modelli di lavatrici. Questi sistemi sono stati progettati per permettere una notevole riduzione dell’acqua di lavaggio e degli additivi di trattamento
Trattamento L’acqua per il lavaggio delle insalate deve essere potabile, in quantità sufficiente (con un rapporto che varia da 5 a 10 l/kg), 428
lavorazione quarta gamma adeguatamente refrigerata (1-4 °C, come menzionato in precedenza) e alla giusta pressione. Il lavaggio delle insalate deve servire (tra le altre cose) una volta ottenuta la riduzione della consistenza della carica microbica. Questo avviene tramite la disinfezione dell’acqua, che significa la rimozione, disattivazione o uccisione dei microrganismi patogeni: essi sono distrutti o disattivati, e non possono quindi né svilupparsi né riprodursi. La disinfezione può essere realizzata attraverso disinfettanti fisici o chimici, o sistemi che ne prevedano l’utilizzo combinato. Gli agenti rimuovono dall’acqua anche gli inquinanti organici, i quali servono da sostanze nutrienti o da riparo per i microrganismi. I disinfettanti dovrebbero non soltanto uccidere i microrganismi, ma anche avere un effetto residuo, il che significa rimanere in attività nell’acqua dopo la disinfezione. Un disinfettante appropriato dovrebbe impedire ai microrganismi patogeni di crescere nei sistemi di lavaggio dopo la disinfezione, causando la ricontaminazione dell’acqua. Quando il periodo trascorso tra la raccolta delle insalate e la lavorazione delle stesse si prolunga, l’efficacia antimicrobica del lavaggio tende a ridursi. Questo è dovuto alla crescente probabilità che i microrganismi si siano saldamente fissati in posizioni inaccessibili, incorporandosi in biofilm (ovvero in un’aggregazione complessa di microrganismi contraddistinta dalla secrezione di una matrice adesiva e protettiva).
Linee di lavaggio automatico - Bonduelle, impianto di San Paolo d’Argon Linea di lavaggio con due lavatrici a borbottaggio, mod. Aqua (Turatti S.r.l.)
429
utilizzazione
Sistemi di lavaggio e trattamenti tubolari
• Il sistema di lavaggio in tubo è stato
brevettato dalla Turatti S.r.l. ed è concepito per il trasporto dei prodotti più fragili, mantenendo nel contempo livelli di qualità elevati, nel rispetto delle specifiche più stringenti. Questo sistema rivoluzionario utilizza la tecnologia consolidata del trasporto in tubazione senza impiegare una pompa centrifuga per la movimentazione. All’interno della tubazione il tempo di contatto con la soluzione disinfettante è controllato con precisione, garantendo la completa immersione del prodotto e un preciso tempo di trattamento. La configurazione compatta rende il sistema adatto a un agevole inserimento in impianti esistenti con spazio limitato, migliorando nel contempo le operazioni di lavaggio e riducendo in maniera considerevole il consumo d’acqua
Sistema di lavaggio e trattamento tubolare, mod. Camel (Turatti S.r.l.)
Poiché il biofilm o biopellicola, nella sua matrice cellulare polisaccaridica, tiene unite le cellule e le fa aderire saldamente alle superfici di attacco, questo fenomeno accresce la resistenza dei microbi ai disinfettanti. Deve essere considerato altresì il fattore temperatura: se quella dell’acqua dovesse risultare relativamente inferiore a quella delle insalate (fatto salvo quanto menzionato in merito all’importanza del lavaggio con acqua tra 1 e 4 °C), si potrebbe facilitare l’ingres-
Sistemi di lavaggio a cascata
• Il sistema di lavaggio a cascata
rappresenta la maniera più efficace per staccare i corpi estranei dai prodotti in foglia. Il principio di funzionamento di questa macchina innovativa è basato su una serie di flussi laminari e a cascata. In effetti, il sistema “a torrente” causa un movimento del prodotto tale da consentire la separazione degli insetti (per es. afidi ecc.). L’acqua è filtrata tramite un sistema di filtraggio autopulente collocato sotto la vasca Sistema di lavaggio a cascata (Turatti S.r.l.)
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lavorazione quarta gamma so dei batteri all’interno delle foglie. Si deve questo fenomeno alla contrazione dell’aria all’interno dei tessuti, che complica il contatto con il disinfettante e di conseguenza aumenta l’esigenza di esposizione al trattamento. Per controllare la carica microbica, in alcuni Paesi è permessa l’aggiunta di detergenti-sanitanti. Al momento di scegliere il sistema di trattamento si deve tenere in debito conto una serie di fattori che variano dalla compatibilità con le leggi all’economia di esercizio, passando attraverso un’attenta analisi delle possibili controindicazioni e dell’accettabilità da parte dei consumatori. Per esempio, in Paesi quali la Svizzera o la Svezia deve essere necessariamente e obbligatoriamente utilizzata acqua potabile. Deve essere precisato che perfino con acqua pulita l’immersione delle insalate può potenzialmente peggiorare l’inquinamento, a causa della dispersione sulle superfici delle insalate di microrganismi e altri contaminanti e favorendo lo sviluppo dei microrganismi con l’aumento dell’umidità. In alcuni casi (qualora il lavaggio non avvenga in lavatrici con quantità d’acqua adeguata e con un congruo riciclo) si può assistere paradossalmente all’incremento dell’inquinamento dei prodotti a causa dell’aumento della carica microbica dell’acqua di lavaggio durante questa fase del processo. All’acqua di lavaggio si possono addizionare sostanze acidificanti e antiossidanti.
Il sistema tubolare permette un tempo di contatto con il disinfettante molto accurato
Cloro e altri disinfettanti In Italia, allo stato attuale, per disinfettare l’acqua di lavaggio si utilizzano in genere soluzioni clorate a 80-100 ppm di cloro attivo.
Comparazione sommaria dei sistemi di disinfezione con UV, ozono e cloro UV
Ozono
Cloro
pH
no
sì
sì
Temperatura
no
sì
sì
Residuo
no
dipende dal pH e dal tempo
sì
Tempo di contatto richiesto
molto breve
medio
molto lungo
Abilità dell’operatore richiesta
bassa
alta
alta
Manutenzione dell’attrezzatura
bassa
alta
moderata
Interferenza di ferro disciolto
sì
sì
sì
Interferenza di organismi disciolti (per es. fenolo, acido umico, lignin sulfonates)
sì
sì
sì
Intromissione di ammoniaca
no
sì
sì
Cambiamento chimico dell’acqua
no
sì
sì
Costo capitale
basso
alto
medio
Costo d’esercizio
basso
alto
medio
431
utilizzazione Come sorgenti di cloro possono essere valutati l’ipoclorito di sodio (NaOCl) o di calcio (CaCl2O2), il biossido di cloro (ClO2) e il cloro gassoso (Cl2). Quest’ultimo può essere molto efficace (determina l’abbassamento del pH della soluzione), ma deve essere utilizzato con molta cautela giacché presenta problemi di tossicità e può provocare danni per pitting (ossia la comparsa su una superficie di piccoli danneggiamenti superficiali) agli impianti. In altri Paesi sono utilizzate, in base alle normative, miscele cloro-ossigeno, perossido di idrogeno (H2O2), ozono (O3), fosfato trisodico dodecaidrato, acido peracetico, acido percitrico, acqua elettrolizzata. Occorre evidenziare che delle sostanze menzionate, nessuna è priva di inconvenienti. Giacché il loro uso è soggetto a regolamenti in continua evoluzione, è auspicabile un accordo a livello europeo che regoli questa intricata situazione. È paradossale, di fatto, la situazione attuale che permette di utilizzare certi detergenti-sanitanti in taluni Paesi mentre ne vieta l’impiego in altri. Il cloro è uno dei disinfettanti più ampiamente usati. È ben applicabile e molto efficace per la disattivazione dei microrganismi patogeni. Può essere applicato, misurato e controllato facilmente. È piuttosto persistente e relativamente economico.
Effetti del cloro
• Il cloro uccide gli agenti patogeni
come batteri e virus rompendo i legami chimici delle loro molecole. I disinfettanti usati a tale fine consistono in composti di cloro che possono scambiare atomi con altri composti, quali enzimi di batteri e altre cellule. Quando gli enzimi entrano in contatto con il cloro, uno o più atomi della molecole di idrogeno sono sostituiti dal cloro, fenomeno che causa la deformazione o il deterioramento dell’intera molecola. Quando gli enzimi non funzionano correttamente, la cellula o il batterio muoiono
• Tuttavia, proprio per la sua
composizione chimica ed efficacia, il cloro può essere non salubre
Tipologia dei disinfettanti più utilizzati Ipoclorito di sodio (NaOCl). L’ipoclorito di sodio come disinfettante presenta i seguenti vantaggi: può essere facilmente immagazzinato e trasportato quando è prodotto sul posto, il dosaggio è semplice; il trasporto e l’immagazzinamento sono sicuri. Inoltre, l’ipoclorito di sodio è efficace quanto il cloro gassoso per la disinfezione e produce disinfettante residuo.
• Gli effetti del cloro sulla salute
umana dipendono non solo dalla quantità di cloro presente e dalla durata e frequenza di esposizione, ma anche dalla salute dell’individuo o dalle condizioni dell’ambiente dopo l’esposizione
Biossido di cloro (ClO2). L’efficacia del biossido di cloro è elevata almeno quanto quella del cloro, sebbene a concentrazioni più basse. Ma ci sono anche più importanti vantaggi: il biossido di cloro è infatti chiaramente superiore al cloro nella distruzione di spore, batteri, virus e altri microrganismi patogeni su uguali basi residuali (disattiva efficacemente gli agenti patogeni resistenti al cloro, Giardia e Cryptosporidium). L’efficienza battericida risulta inoltre relativamente invariata a valori di pH tra 4 e 10, con tempo di contatto necessario più basso per il cloro. Il biossido di cloro rimuove e previene il biofilm. Deve inoltre essere messo in evidenza che ha migliore solubilità e non ha odore distintivo. Tuttavia, neppure questa sostanza è immune da numerosi svantaggi.
• Gli effetti sulla salute connessi alla
respirazione o al consumo di piccole quantità di cloro in lunghi periodi di tempo non sono noti, a causa della scarsità di studi scientifici approfonditi per la valutazione dei rischi che gli operatori del settore e i consumatori possono correre con un’esposizione prolungata
Perossido di idrogeno (H2O2). Noto come acqua ossigenata, il perossido di idrogeno, al contrario di altre sostanze chimiche, non produce composti o gas. La sua sicurezza dipende dalla concentrazione applicata, dal momento che è completamente solubile in acqua. 432
lavorazione quarta gamma Il perossido di idrogeno è un potente ossidante. Dal momento che reagisce con diverse sostanze, viene diluito durante il trasporto, come misura di sicurezza. Tuttavia, per la disinfezione, sono necessarie alte concentrazioni. Il perossido di idrogeno si decompone lentamente in acqua e ossigeno; una temperatura elevata e la presenza di inquinanti aumentano tale processo. L’efficacia del perossido di idrogeno dipende da parecchi fattori, come il pH, i catalizzatori, la temperatura, la concentrazione di perossido e il tempo di reazione.
Svantaggi del NaOCl
• Si tratta di una sostanza pericolosa e corrosiva
• Quando si lavora con ipoclorito di sodio, devono essere approntate misure di sicurezza per proteggere gli operatori e l’ambiente
Ozono (O3). L’ozono, che è la forma allotropica triatomica dell’ossigeno, si presenta come un gas reattivo e altamente ossidante, ma al contempo molto instabile, tendendo a ritornare alla forma molecolare più stabile da cui viene generato, cioè l’ossigeno, in un tempo variabile (circa 30-40 minuti) che dipende dalla concentrazione, dalla temperatura e dalle caratteristiche dell’aria (umidità, presenza di sostanze organiche volatili ecc.). Il tasso di degrado è inoltre in funzione della composizione dell’acqua, del pH e della temperatura dell’acqua. La qualità principale dell’ozono, grazie al forte potere ossidante, è la sua altissima capacità disinfettante in quanto agisce su una vasta gamma di pH, essendo un germicida più forte rispetto alla clorazione. Questa capacità viene utilizzata per distruggere alghe, batteri, microrganismi, inattivare i virus, protozoi (come per es. Giardia lamblia e Cryptosporidium), ossidare molti contaminanti organici e inorganici ed eliminare odori indesiderati. Malgrado l’alta efficacia disinfettante, la necessità di produzione sul sito, l’alta instabilità e i problemi per la salute degli operatori ne fanno una soluzione poco utilizzata nel settore.
• L’ipoclorito di sodio non dovrebbe
entrare in contatto con l’aria, in quanto ciò lo induce a disintegrarsi
• Né l’ipoclorito di sodio né il cloro sono
in grado di disattivare la Giardia lamblia e il Cryptosporidium
Svantaggi del ClO2
• Il biossido di cloro, il cui gas
è esplosivo, è una sostanza molto instabile: quando entra in contatto con la luce solare, si decompone
Acido peracetico (C2H4O3). L’acido peracetico può essere applicato per disattivare una grande varietà di microrganismi patogeni. Inoltre disattiva i virus e le spore. L’attività dell’acido peracetico è appena influenzata dai composti organici che sono presenti nell’acqua, mentre risente del pH e della temperatura. Questa sostanza è più efficace quando il livello di pH è pari a 7 che a un pH 8-9. A una temperatura di 15 °C e un livello di pH pari a 7, per disattivare efficacemente gli agenti patogeni, è necessaria una quantità di acido peracetico 5 volte superiore che in condizioni caratterizzate da una temperatura di 35 °C e un pH pari a 7.
• Durante i processi che portano alla
sua produzione, si formano grandi quantità di cloro: il cloro libero reagisce con la materia organica formando sottoprodotti di disinfezione alogenati
• Il biossido di cloro è generalmente
efficace per la disattivazione dei microrganismi patogeni, mentre è meno efficace per la disattivazione dei rotavirus e dell’Escherichia coli
Sistemi di disinfezione con raggi ultravioletti (UV) Per la sterilizzazione dell’acqua si può fare ricorso ai sistemi che utilizzano i raggi ultravioletti (UV). Questo può essere considerato un metodo di disinfezione con alcuni vantaggi, se paragonato ad altri: – è molto sicuro: non implica la presenza di sostanze chimiche pericolose da maneggiare o monitorare. I risultati della disinfe-
• Il biossido di cloro è circa 5-10 volte
più costoso del cloro pur essendo meno costoso di metodi di disinfezione, come l’ozono
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utilizzazione zione sono immediati e meno condizionati dai parametri chimici dei fluidi (pH, residui); – comporta bassi costi iniziali di sistema e bassi costi operativi; – ha un basso impatto ambientale: non si formano sottoprodotti e niente viene scaricato nell’ambiente; – non causa variazioni al sapore o all’odore dell’acqua disinfettata. È impossibile trattare eccessivamente l’acqua con gli UV. La disinfezione UV è compatibile con tutte le altre forme di trattamento dell’acqua. I più sensibili alle radiazioni UV sono i virus e i batteri in forme vegetali (bacilli, cocchi), per esempio microrganismi molto conosciuti come Salmonella typhosa, Vibrio cholerae, Shigella dysenteriae, Hepatitis virus, Mycobacterium tuberculosis. Bisogna utilizzare una dose maggiore per eliminare le cisti di Giardia lamblia e Cryptosporidium, mentre la quantità maggiore di UV serve per distruggere le spore. È sempre possibile scegliere un dosaggio di UV che fornisca una disinfezione appropriata caso per caso, dato che non esistono effetti negativi di sovradosaggio. Tuttavia anche questo sistema presenta alcuni svantaggi non di poco conto. In genere è indispensabile una filtrazione meccanica preventiva molto spinta dell’acqua eventualmente riciclata, per mantenere il grado di trasparenza del fluido e ridurre la quantità di particelle estranee in sospensione. Inoltre si richiede molta attenzione per le aree di minor movimento. Questo ha fatto sì che, malgrado i vantaggi, il sistema di disinfezione a raggi UV non abbia avuto una grande diffusione negli impianti di lavorazione di insalate di quarta gamma.
Centrifuga Nextra-Cesto
Asciugatura e raffreddamento La fase dell’asciugatura è quella attraverso la quale si provvede a ridurre (sgrondamento o dewatering) o a eliminare l’acqua di lavaggio dalle foglie prima di prepararle per la vendita. Lo scopo principale è allungare la durata del prodotto, al fine di evitare che, all’interno delle confezioni (buste o vassoi), si venga a trovare una quantità troppo elevata di umidità, che potrebbe favorire il rapido deterioramento del prodotto. Il livello di asciugatura varia in funzione del tipo e della varietà di insalata: con le insalate da sfalcio (rucola e insalatine da taglio) non si dovrà rimuovere la totalità dell’acqua che aderisce al prodotto, ma lasciarne una quota molto bassa per impedire l’appassimento dello stesso. Principalmente si possono utilizzare tre metodi distinti rappresentati da: sistemi a centrifuga, sistemi di tipo dewatering e tunnel ad aria. Sistemi a centrifugazione Le centrifughe possono essere a carico manuale o completamente automatiche, sempre con il fine di eliminare efficacemente e delicatamente l’acqua dalla superficie del prodotto dopo il lavag-
Centrifughe ad alta capacità mod. Jumbo
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lavorazione quarta gamma
Sistemi di dewatering
• Anche i sistemi di dewatering sono
idonei a rimuovere l’acqua dalla superficie di varie tipologie di prodotti destinati al settore della quarta gamma (come baby leaf, ma anche pomodori e frutta a cubetti, funghi a fette ecc.). Tuttavia, il sistema viene applicato principalmente per aumentare la shelf-life migliorando la qualità del prodotto finito, che non viene sottoposto a sollecitazioni meccaniche
• Consiste principalmente in un sistema
di asciugatura con un nastro in monofilo che trasporta delicatamente il prodotto mentre viene sottoposto a una gentile azione di aspirazione e scuotimento
Centrifuga automatica, mod. Nextra (Turatti S.r.l.)
gio. Anche per questi macchinari in fase di costruzione si deve porre particolare attenzione a semplicità, robustezza e igiene. I sistemi a centrifugazione sono di diverso tipo, ma generalmente offrono la possibilità di selezionare la corretta velocità di rotazione per ogni prodotto. Nei modelli più utilizzati, i cicli di centrifugazione iniziano di solito con carichi modesti, soprattutto nel caso di prodotti delicati quali alcuni tipi di insalate. Queste vengono sottoposte a una velocità di rotazione che aumenta progressivamente fino allo scarico del prodotto asciugato, praticato con molta attenzione. Di fatto, generalmente, dopo il ciclo di asciugatura, il paniere ruota lentamente e il prodotto viene scaricato sul nastro
• Questo metodo permette di sgrondare in continuo (perché non arriva a livelli spinti di asciugatura) prodotti molto fragili e delicati
Dewatering, mod. Zephir (Turatti S.r.l.)
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utilizzazione di uscita e trasportato verso la fase successiva. Il paniere deve avere una superficie interna completamente liscia, senza asse centrale o altri parti di contatto che potrebbero danneggiare direttamente il prodotto. I modelli più sofisticati operano con un ciclo di lavorazione molto silenzioso grazie all’impiego di un dispositivo brevettato con motore elettrico.
Vantaggi del sistema a tunnel
• Possibilità di asciugare prodotti molto fragili e delicati
• Continuità della lavorazione • Migliore qualità del prodotto finito,
Sistemi a tunnel Il sistema più evoluto di asciugatura è rappresentato dai tunnel di asciugatura. Sviluppato attorno al 1985 dalla Turatti S.r.l., Anni è un sistema di asciugatura che rappresenta un’alternativa efficace alla centrifuga automatica. Il sistema di asciugatura a tunnel è composto da tre elementi integrati: dewatering (di cui si è parlato in precedenza), tunnel e sezione di raffreddamento. La flessibilità del sistema ne è l’elemento chiave e le dimensioni contenute ne permettono l’utilizzo in un’area ridotta. Il tunnel di asciugatura è principalmente costituito da una struttura portante all’interno della quale si trovano i sistemi di trasporto del prodotto (nastri di trasporto o tavola vibrante, a seconda delle configurazioni). Attorno a questa parte centrale si trovano le canalizzazioni dell’aria, gli scambiatori di calore e i ventilatori con filtri per la pulizia dell’aria stessa. Nel momento in cui inizia la movimentazione, il prodotto viene delicatamente investito da un primo flusso ascendente di aria
che non è sottoposto a sollecitazioni meccaniche
• Controllo computerizzato di tutti
i parametri principali di gestione (temperatura, tasso di umidità ecc.), che rende trascurabili i tempi di cambio prodotto
• Operazioni di manutenzione e pulizia molto brevi e agevoli
• Possibilità di fornire il modello in varie configurazioni
Tunnel di asciugatura in continuo, mod. Mistral (Turatti S.r.l.)
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lavorazione quarta gamma secca che assorbe parte dell’acqua (in una percentuale prestabilita da un sistema computerizzato di controllo) che si trova a contatto con la superficie delle foglie delle insalate. Un flusso d’aria sempre più secca attraversa in controcorrente il prodotto, che in questa maniera è sottoposto continuamente all’azione assorbente di queste correnti. Al termine dell’operazione il prodotto asciugato viene poi raffreddato con aria fredda (2-4 °C) finché è pronto per la fase del confezionamento. È possibile predisporre un sistema di filtraggio dell’aria e di prevenzione di contaminazioni microbiche tramite radiazioni UV, assicurando migliore e maggiore shelf-life. Sistemi a raffreddamento Per ovviare a problemi di mantenimento della temperatura e agevolare il lavoro degli operatori, negli ultimi tempi il raffreddamento del prodotto dopo l’asciugatura avviene anche tramite sistemi di tipo criogenico (azoto) o di tipo ibrido (azoto-correnti di aria fredda). Grazie alle basse temperature ottenibili, i tempi di raffreddamento vengono ridotti, abbassando sensibilmente la carica batterica durante il processo lavorativo. In questa maniera, si riesce ad abbattere la temperatura del prodotto asciugato da 12-15 a 4-5 °C in tempi molto brevi (circa 2-3 minuti). In molte applicazioni il raffreddamento ad azoto ha caratteristiche del tutto particolari che lo fanno preferire ad altre forme di raffreddamento. Infatti, il processo avviene in atmosfera scarsamente ossigenata, impedendo l’insorgere di fenomeni ossidativi: come risultato si osservano miglioramenti nel colore delle foglie e nella freschezza del prodotto finale.
Nastro di pesatura per carico cesti
Considerazioni finali Per quanto le insalate di quarta gamma siano presenti sul mercato italiano da quasi tre decenni, è stato solo negli ultimi anni che il mercato di questi prodotti si è notevolmente espanso. Come in quasi tutti gli altri Paesi europei e negli Stati Uniti il mercato dei cosiddetti prodotti convenience si è sviluppato con tassi di crescita a due cifre. Sotto il profilo prettamente di processo, il settore negli ultimi anni ha visto l’introduzione di sistemi sempre più meccanizzati, con un maggior utilizzo di sistemi di gestioni del flusso e di pesatura automatizzati. Le linee di lavorazione sono inoltre progettate e costruite secondo criteri improntati alla sostenibilità. In tale ottica i consumi energetici e idrici sono stati notevolmente ridotti, garantendo nel contempo un prodotto ancora più sano e di qualità. L’obiettivo di raggiungere una maggiore ottimizzazione delle risorse combinata a un più spiccato aumento delle rese rappresenta una sfida che dovrà necessariamente coinvolgere l’intera filiera.
Nastro elevatore per pesatrice-imbustatrice
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le insalate Foto R. Angelini
utilizzazione Sostenibilità dei processi produttivi di quarta gamma Francesco Caponetti
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
utilizzazione Sostenibilità dei processi produttivi di quarta gamma
Foto R. Angelini
Introduzione L’espressione “sviluppo sostenibile” fino a qualche anno fa si riferiva a un concetto abbastanza astratto. L’approccio alla “sostenibilità” da parte di un gruppo industriale veniva visto come un virtuosismo, una pratica pubblicitaria che solo le aziende con un certo grado di sviluppo, che avevano raggiunto i propri obiettivi e appagato tutte le frivolezze del caso, guardavano come un’azione purificatoria. Per questo il concetto di sostenibilità veniva (e spesso viene tuttora) confuso con sponsorizzazioni a iniziative legate al sociale, come donazioni per atti benefici o a supporto a progetti ambientali. Quello della sostenibilità o sviluppo sostenibile è un tema molto più complesso e purtroppo non basta sponsorizzare il verde pubblico, una scuola o una squadra di calcio, per quanto lodevoli siano queste iniziative. Questo atteggiamento infatti non garantisce risorse per le generazioni future o un presente meno inquinato, né tantomeno ammortizza le tensioni sociali. Per capire e studiare i concetti legati alla sostenibilità occorre guardare più lontano, o meglio avere una visione più allargata, capire le logiche che regolano gli affari di un determinato settore, le basi che ne hanno permesso lo sviluppo e l’impatto che tutto questo ha determinato, in positivo e in negativo, sull’ambiente (inteso come natura, risorse naturali) e sulla società, ossia sul fattore umano a esso legato.
Foto R. Angelini
Basi della sostenibilità Il concetto di sviluppo sostenibile si fonda sul principio di soddisfare le necessità dell’epoca in cui si vive senza minacciare o compromettere le esigenze delle generazioni future. Questo tema ultimamente è diventato di grande attualità, anche se in verità risale indietro nel tempo. In Europa lo vediamo legato all’economia forestale applicata alle aree boschive, con il basilare concetto di non abbattere più alberi di quanti possano ricrescere, mentre in Asia è connesso alla regolamentazione sulla pesca, che parte dal semplice presupposto di non pescare più pesce di quanto possa riprodursi per ripristinare l’equilibrio iniziale. Equilibrio forse è il termine più adatto per descrivere il concetto: mantenere un equilibrio tra i fattori socioeconomici. I principi cardine sono noti a tutti e si ispirano all’etica comportamentale basata sul rispetto delle tre macrosfere che condizionano la nostra vita: sociale, economica e ambientale. Le tematiche generali sono ampliamente conosciute; basti pensare che gli stati emanano leggi ambientali e regolano la giusti-
Foto R. Angelini
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sostenibilità dei processi zia sociale ed economico-finanziaria delle imprese. Pertanto nei Paesi “civili” esistono normative che garantiscono uno sviluppo “regolamentato”. La tematica negli ultimi anni è diventata sempre più pressante, più visibile sugli organi di informazione come un argomento di attualità. Ne è scaturita la necessità di responsabilizzare le aziende, soprattutto quelle di grandi dimensioni, le multinazionali che operano in diversi Paesi o comunque le aziende che riescono a verticalizzare i processi e interessano l’intera catena, come nel caso dell’industria agroalimentare. Inoltre, questi concetti risultano amplificati durante un periodo di crisi economica accompagnata, come negli ultimi anni, da cambiamenti climatici: aspetti che investono direttamente la vita socioeconomica di tutti. Recentemente (nel trattato di Johannesburg del 2002) sono state codificate le tematiche fondamentali per uno sviluppo sostenibile, quali la protezione dell’ambiente, lo sviluppo sociale e quello economico.
Tre pilastri
• I tre pilastri su cui si fonda il concetto di sviluppo sostenibile sono:
– sostenibilità ambientale: proteggere le risorse naturali e l’ambiente per le generazioni future; – sostenibilità economica: proteggere le risorse economiche dallo sfruttamento, garantire lo sviluppo alle generazioni future; – sostenibilità sociale: garantire a tutte le classi sociali la partecipazione allo sviluppo socioeconomico e ai benefici a esso legati
Concetto di “Corporate Social Responsibility” Recentemente, anche a livello di Commissione Europea, i tre pilastri sono stati uniti in due principali attraverso il concetto di Corporate Social Responsibility (CSR), nello sforzo di responsabilizzare su base volontaria le aziende riguardo agli aspetti sociali ed ecologico-ambientali che investono tutte le fasi relative al loro business. Pertanto, più che intervenire a livello di normative, si è cercato di far leva sulla “responsabilizzazione volontaria” accentuando o portando in evidenza gli aspetti di comportamento etico nelle pratiche legate allo sviluppo economico delle aziende. Questi fattori vengono oggi ripresi da diversi enti certificatori che cercano di coprire, in tutto o in parte, gli aspetti che compongono questo argomento. Analisi dei processi e identificazione dei punti critici Basandosi su questi nuovi concetti, le analisi atte all’identificazione dei punti critici si focalizzano su due macroaree: quella ambientale e quella socioeconomica. Impatto del sistema logistico (trasporti) Per i prodotti della catena alimentare la problematica dell’impatto ambientale è legata soprattutto alla voce “trasporti”. In pratica si tratta di mappare e definire quanti chilometri ha percorso un prodotto prima di arrivare sulla tavola del consumatore. Nel calcolo bisogna considerare i chilometri totali, includendo quelli interni agli stabilimenti e analizzando i vari carichi e scarichi che il prodotto ha subito. La voce “trasporti” è una delle componenti peculiari del settore alimentare di quarta gamma, dove tutto si basa su capacità logi439
utilizzazione stica, velocità, tempismo, e dove spesso le scelte si fanno senza prendere in considerazione parametri legati al basso impatto ambientale. In Inghilterra le principali catene di supermercati stanno promuovendo una compagna sui prodotti a “chilometro zero” e portano in evidenza i chilometri percorsi dalla merce agroalimentare. Negli Stati Uniti, in cui da sempre la parte logistica ha un ruolo preponderante, si è cercato di ridurre o limitare gli spostamenti di materia prima (dal campo, che in inverno si trova in Arizona o Florida, allo stabilimento di condizionamento, che può essere anche a 2500 km di distanza) attraverso la realizzazione di colture forzate in serra riscaldata, ma i costi e i quantitativi non rendono questa soluzione una valida alternativa. Inoltre negli Stati Uniti sussiste la possibilità di coltivare sempre a pieno campo senza l’ausilio della protezione fornita dalle serre, che invece in Europa sono necessarie, per cui il prodotto è molto più resistente e lavorabile rispetto a quello ottenuto in coltura protetta. Per avere un’idea della CO2 prodotta basti pensare che per la rucola proveniente dalla California è stata calcolata un’emissione pari a 5000 g, mentre la rucola nazionale coltivata e confezionata entro un raggio di 500 km dal supermercato ha un impatto in termini di emissioni di CO2 di circa 580 g.
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Impatto derivato dalla scelta del packaging Negli ultimi anni si è cercato di migliorare la riciclabilità, cioè le possibilità di riutilizzo, dei vari imballi. Il processo della quarta gamma necessita di una serie di imballi, dai contenitori per il trasporto della “materia grezza” dal campo, passando attraverso la logistica distributiva intermedia, fino al packaging finale per lo scaffale. Tale processo, per un prodotto medio in un packaging finale per il consumatore da 250 g, comporta un grosso impatto sulla catena in termine di prezzo e ripercussioni sull’ambiente. Un primo passo è stato fatto con la riduzione degli imballi in legno, con l’utilizzo, per il trasporto dei semilavorati dal campo allo stabilimento, di cassette realizzate in materie plastiche sanificabili e riutilizzabili, adatte quindi all’utilizzo prolungato e in colore “blu alimentare”, facile da tracciare in caso di rottura e rischio di contaminazione del prodotto con frammenti. Per quanto riguarda il packaging intermedio rivolto alla grande distribuzione, spesso effettuato con cartonati, si sta sviluppando l’abitudine di utilizzare cassette simili a quelle per le operazioni in campo, in materiale plastico a “lunga durata”. Al packaging della singola confezione sarebbe necessario dedicare un intero capitolo; in pratica, gli imballi con singolo film in materiale riciclabile sono sicuramente una buona scelta, che comporta un impatto minore rispetto a quello dei doppi imballi 440
sostenibilità dei processi come “barchetta o vaschetta” riposta nella busta. Logicamente il consumatore stesso fa parte dell’equazione per quanto riguarda il corretto smaltimento e il futuro riciclo dell’imballo. L’industria e la grande distribuzione si stanno muovendo per cercare packaging di minore impatto; in Nord Europa sono comparsi “dispenser” di baby leaf da 1 kg, che danno al cliente la possibilità di comporre la propria vaschetta da portare a casa e riutilizzare.
Sostenibilità ambientale
• Generalmente la sostenibilità
ambientale viene suddivisa in tre punti, necessari soprattutto all’atto pratico, nel quadro dell’analisi di una filiera o un’azienda:
Ciclo scarti-rifiuti La produzione di rifiuti e scarti è sfortunatamente una caratteristica intrinseca alla nostra società, una piaga tipica dei Paesi evoluti. Nella catena produttiva atta alla produzione di insalate per la quarta gamma, in Italia, gli scarti e i rifiuti possono provenire generalmente: – da scarti di lavorazione (vegetali); – da parti di packaging (plastica, cartone o altro materiale); – da macchinari, indumenti o utensili per la lavorazione; – dalle acque di lavaggio. Nella catena produttiva, nei cicli di lavorazioni le differenti varietà di insalate comportano un impatto differente in termine di scarti. Basti pensare, solo a livello agronomico, alla grande differenza che intercorre tra varietà che possono essere falciate più volte a seguito di una semina o di un trapianto e quelle che dopo la raccolta obbligano a far ripartire da zero il ciclo delle lavorazioni colturali. I vegetali in foglia si possono dividere in due classi: – adulti (lavorazione delle “insalate a ceppo”); –b aby leaf (lavorazione delle “insalatine da sfalcio”). La prima differenza emerge sicuramente in campo, dal momento che le foglie adulte rispetto alle baby leaf richiedono una lavorazione diversa, così come cambia la produzione per metro quadrato sul ciclo dei raccolti. Focalizzando la ricerca sullo stabilimento, la differenza è sostanziale. Le adulte richiedono un ciclo di lavorazione più complesso, in termini di monda e taglio, ma soprattutto di produzione di scarti e riduzione di peso in rapporto al rendimento. Lo scarto generato dalle insalate a ceppo va mediamente dal 20 al 40% a seconda della varietà, della qualità, del periodo dell’anno, mentre quello prodotto dalle baby leaf oscilla dal 5 al 15%. Dove possibile, per entrambe le “classi” di insalata, si prevede una fase di pulitura, di “sgrossatura” sul luogo di coltivazione per migliorare le rese, ottimizzare i trasporti ed evitare di trasferire allo stabilimento del materiale non lavorabile. Negli Stati Uniti si è provato a pulire in campo le insalate a ceppo, ma molto viene fatto per il mercato della “prima gamma avanzata”, mentre il costo proibitivo spesso non è giustificato
– identificazione dei processi che hanno un impatto negativo sull’ambiente; – avvio di un’ottimizzazione/modifica/ riduzione dei processi al fine di migliorare l’impatto sull’ambiente; – monitoraggio per assicurare il rispetto dei nuovi standard
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utilizzazione per la materia prima destinata alla quarta gamma. Sicuramente si tratta di una pratica utile, in quanto lascia sul campo il materiale non adatto al processo di lavorazione, alleggerisce il peso del trasporto e riduce la necessità di manodopera nello stabilimento. La tecnologia sarebbe probabilmente pronta ad aiutare la parte industriale del processo introducendo già in ambito agricolo l’ottimizzazione delle risorse, attraverso una parziale lavorazione del prodotto in campo. In conclusione, per quanto riguarda gli scarti e i rifiuti è necessaria un’analisi della quantità e della tipologia degli scarti in termini sia di prodotti vegetali, quindi scarti di lavorazione, sia eventualmente di altri possibili materiali generati. Soprattutto, è importante distinguere il materiale vegetale da sostanze di altra origine.
Produzione e consumo
• In Europa, soprattutto d’inverno,
le materie prime per la quarta gamma necessariamente provengono da luoghi di coltivazione situati sulle sponde del Mediterraneo; esse sono sottoposte a un primo trasporto come materie grezze fino allo stabilimento di condizionamento e confezionamento e a un secondo trasporto sulle piattaforme logistiche della grande distribuzione
• Basti pensare che d’inverno è prassi
Risorse idriche Durante la fase di impacchettamento dei prodotti, sono assai pochi gli stabilimenti che si avvalgono di un sistema di utilizzo consapevole delle risorse idriche con moderni sistemi di riciclo. Il settore, che ai suoi albori si basava su attività di tipo semimanuale, ha conosciuto uno sviluppo graduale, una crescita delle singole aziende che tuttavia hanno conservato le infrastrutture originarie, certamente non adatte a reggere un cambiamento radicale nel sistema di approvvigionamento idrico e trattamento delle acque. Il grande utilizzo di acqua è dettato (o meglio lo era, negli anni passati) dalla necessità di assicurarsi una ridotta carica batterica sulle foglie limitando il più possibile il ricorso ai prodotti chimici. Ne deriva una regola generale che affonda le sue radici nel passato: grande quantità di acqua a perdere che alimenta le vasche di lavaggio, dalla più pulita alla più sporca, per rendere possibile un risultato ottimale. In Europa sono in molti ad adottare questa filosofia: molta acqua senza prodotti chimici. Tuttavia, nei Paesi del Nord, nel tentativo di limitare lo spreco idrico e al tempo stesso bandire i prodotti chimici che possono lasciare residui, alcune aziende hanno adottato sistemi per ozonizzare l’acqua delle vasche di lavaggio, o introdotto sistemi di filtraggio con i raggi UV. Negli Stati Uniti è abbastanza diffusa la pratica di diluire cloro a bassa concentrazione nelle prime vasche di lavaggio in modo da ridurre la carica batterica, e lasciare nelle vasche successive l’acqua per il risciacquo. Il largo consumo di acqua dipende non solo dalla lavorazione delle materie prime, ma anche dalla necessità di sanificare gli impianti di produzione, attività che viene effettuata quotidianamente. È davvero difficile stimare il consumo in termini di litri di acqua per chilogrammo di prodotto finito sugli impianti esistenti, che
comune trasportare casse di insalate dal Meridione d’Italia o dalla Spagna verso gli stabilimenti in Inghilterra o nel sud della Svezia. Questo trasporto si riduce nei periodi estivi per la capacità di coltivare il prodotto in zone con distanze minori, più vicine al luogo di condizionamento. In periodi con inverni critici abbiamo visto parecchie volte trasportare materie prime (per es. la rucola) dalla California all’Inghilterra. Se ne deduce che spesso le materie prime arrivano allo stabilimento di trasformazione con un calcolo in termini di chilometri, e quindi di CO2 (carbon footprint), già molto alto Foto R. Angelini
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sostenibilità dei processi non sono stati progettati per il recupero e il ripristino delle risorse idriche. Oggi molto si potrebbe fare al fine di ottimizzare lo sfruttamento delle risorse idriche, a cominciare dal riciclo dell’acqua per il lavaggio del prodotto, fino all’ingegnerizzazione dei sistemi di lavaggio e sanificazione degli impianti di lavorazione, alla progettazione dello stabilimento ottimizzando la raccolta delle acque, all’utilizzo di pratiche e tecniche per la sanificazione.
Impatto dei trasporti
• Per analizzare l’impatto del sistema dei trasporti, è importante prendere in esame diversi fattori:
– la quantità di chilometri che la merce percorre prima di raggiungere lo scaffale del supermercato;
Consumo energetico La determinazione del consumo energetico consiste nell’analisi di tutte le emissioni che non sono state generate dalla voce “trasporti”. Nella maggior parte dei casi si focalizza sullo stabilimento e quindi sulle sue esigenze energetiche. Normalmente la voce “Energia” consiste nel calcolo totale del fabbisogno in termini di kilowattora totali di cui lo stabilimento necessita, comprendendo in questa stima uffici, aree di stoccaggio, mensa, officine e qualunque altro reparto consumi energia. Il calcolo è abbastanza semplice e normalmente si articola in diverse voci principali, quali zona produzione, aree di stoccaggio, uffici e personale. Se si considerano gli stabilimenti italiani, come per il consumo idrico, si evidenzia il fatto che in passato non si è mai posta particolare attenzione al risparmio energetico, in quanto è avvenuto di rado che già in partenza, in fase di progettazione di un nuovo stabilimento, si sia fatto un tentativo di ottimizzare le aree, gli accessi o le tecnologie. Nella maggior parte dei casi gli stabilimenti sono cresciuti in maniera disomogenea, tramite la costruzione di nuove strutture accanto a quelle già esistenti. Questo ha portato alla creazione di aree sicuramente realizzate con materiali di avanguardia, che però hanno comportato un’ottimizzazione solo parziale in termini generali. Per quanto riguarda le linee di lavorazione possiamo suddividere le voci di consumo in base alle due macroaree di lavorazione: lavaggio e asciugatura. Dall’analisi emerge che generalmente la zona di maggior consumo è quella riservata all’asciugatura, specialmente laddove vengano utilizzati sistemi a “tunnel ad aria forzata”. Questi sistemi, a differenza della semplice centrifuga, hanno batterie di scambio termico che determinano un consumo di energia molto alto. Per le vasche di lavaggio, a parte qualche motore elettrico e soffiante per il borbottaggio, il consumo è determinato dalla refrigerazione dell’acqua. In generale, per la voce “consumo energetico”, è necessario non solo calcolare il consumo generale espresso in chilowatt, ma anche valutare se siano presenti emissioni gassose dovute a combustione, per esempio se i chilowatt siano prodotti da un generatore con motore diesel.
– la tipologia del mezzo di trasporto usato (su gomma, nave, aereo, ferrovia); – la tipologia di imballo utilizzato
• Una volta effettuata l’analisi,
è importante creare un sunto, una scheda per stabilire come ottimizzare i trasporti, cercando per quanto possibile nuove alternative che portino alla riduzione delle emissioni (CO2/kg di prodotto) senza penalizzare la qualità della merce o la puntualità della consegna
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utilizzazione Sostenibilità socioeconomica Il secondo “macropilastro” dopo quello ambientale analizza gli aspetti sociali dal punto di vista dell’impatto nel breve e lungo periodo, i benefici in termini di impiego, occupazionali e dello sviluppo eventualmente generato. È inoltre fondamentale stabilire se vi sia la possibilità di garantire lo sviluppo delle generazioni future, valutando quindi se ogni singolo settore che compone la filiera può garantire risorse durature. Questo aspetto di risorse future richiede una macroanalisi, uno sguardo più allargato sul sistema in cui l’azienda è inserita. È necessaria una visione più allargata che vada oltre il contesto della singola azienda prendendo in esame anche il contesto limitrofo, i rischi legati anche al mondo circostante, al “distretto” a cui la sopravvivenza dell’azienda è legata. Un esempio calzante potrebbe essere rappresentato dall’analisi del sistema di approvvigionamento della quarta gamma. Per tutta una serie di motivi il “sistema quarta gamma”in Italia si è sviluppato in “distretti geografici” ben definiti. Questo fenomeno è dovuto molto probabilmente a un mix di fattori agroindustriali che hanno fatto sì che le due zone con maggiore concentrazione di aziende operanti tanto nel settore agricolo quanto nell’industria di trasformazione siano nelle province di Bergamo e Salerno. Scendendo ancora più nello specifico si vedrà che le zone sono estremamente limitate, in genere concentrate in 2-3 comuni per ogni provincia. La ragione di due zone così distanti (una al Nord, l’altra al Sud) consiste nella necessità di assicurare l’alternanza di approvvigionamento tra estate e inverno. Anche negli Stati Uniti (California e Arizona) esistono realtà analoghe, caratterizzate dalla concentrazione di aziende agricole e di trasformazione in uno spazio ben delimitato. Sarebbe giusto definire queste realtà “distretti agroindustriali” nati dallo sviluppo della “quarta gamma”. Sono molto interessanti da studiare dal punto di vista della “sostenibilità socioeconomica”, in quanto da quest’analisi emergono diversi parallelismi tra le differenti zone geografiche. Distretti simili si trovano, oltre che negli Stati Uniti già citati, in Spagna (nella zona di Murcia), in Francia (nella zona di Nantes) e in Italia (Bergamo e Battipaglia). Tutti presentano caratteristiche simili: nati dietro la spinta della “quarta gamma”, hanno adattato le tecniche colturali, il sistema di condizionamento e la logistica alle necessità del “nuovo mercato”. Questi “distretti”, che oggi danno lavoro a migliaia di famiglie e quotidianamente approvvigionano intere nazioni, sono anche estremamente fragili e vulnerabili. Negli ultimi anni molti di essi hanno già mostrato evidenti segni di problematiche legate allo sfruttamento intensivo delle risorse naturali, alla contaminazione delle acque e alla stanchezza dei terreni.
Foto R. Angelini
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sostenibilità dei processi È verosimile pensare che la formula “distretto” apporti benefici alla singola azienda per quanto riguarda la facilità di utilizzo delle infrastrutture e il reperimento di personale specializzato, ma apra altri scenari dal punto di vista ambientale. Il rischio legato alla tenuta di un sistema è comunque elevato, e le cause da analizzare sono diverse: – impatto ambientale: le aziende (sia agricole sia di condizionamento) sono dislocate in un ristretto raggio geografico, spesso a livello idrico si approvvigionano alla stessa falda, usano le stesse infrastrutture di approvvigionamento e smaltimento, e sono attigue ai terreni coltivati; – fattori di rischio socioeconomici: è indubbio che lo sviluppo ha comportato vantaggi per la popolazione locale anche se attualmente la manodopera legata alle operazioni di coltivazione e condizionamento è in larga parte rappresentata da immigrati. Analizzando le possibilità legate alle prospettive di sviluppo, è difficile prevedere gli scenari futuri, ma è facile prevedere da dove potrebbe arrivare una minaccia. È importante rilevare i fattori di rischio socioeconomico oltre al rischio derivante dagli abusi compiuti ai danni di un ambiente già compromesso, che in futuro non riuscirà a garantire la stessa qualità o quantità di materia prima. Un’altra delle voci di analisi da tenere presente in relazione al fattore socioeconomico è il fattore sicurezza sul lavoro, il rispetto delle normative vigenti disposte dagli organi governativi. Non in Europa dove è legato all’evidenziare e combattere lo sfruttamento di lavoro nero o di lavoro minorile ma tutto questo è più che altro legato al non rispetto di normative internazionali.
Catena del freddo
• Una delle maggiori fonti di consumo
energetico è il fattore “catena del freddo”. A livello di stabilimento e aree atte al condizionamento (processo) finora si è sempre ritenuto opportuno raffreddare l’intera area produttiva. In termini di temperatura le sale di lavorazione vengono normalmente tenute a una temperatura intorno ai 7-10 °C, mentre la zona di stoccaggio entro i 2-4 °C.
• Molto è stato fatto per l’abbassare
la temperatura delle acque di lavaggio, accorgimento che ha permesso di aumentare di 4-5° la temperatura nella zona di lavorazione
• Un’analisi delle diverse voci di consumo evidenzia pertanto un forte incidenza dovuta alla refrigerazione dei locali di lavorazione e stoccaggio e delle linee di lavorazione
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le insalate Foto R. Angelini
utilizzazione Aspetti microbiologici delle insalate Fausto Gardini, Rosalba Lanciotti
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
utilizzazione Aspetti microbiologici delle insalate Foto R. Angelini
Introduzione Tutte le manipolazioni cui vanno incontro i vegetali prelevati dai campi sono necessariamente destinate a velocizzare l’aggressione dei loro tessuti da parte dei microrganismi. Le piante posseggono numerosi meccanismi di difesa per proteggersi dall’aggressività di queste microscopiche forme di vita; esse tuttavia cominciano già a essere intaccate dalla prima operazione necessaria per la loro utilizzazione a scopo alimentare, vale a dire la raccolta. Infatti, questa operazione è di per sé causa di alterazioni fisiologiche che riducono la capacità di mantenere l’omeostasi, di limitare i danni da traumi e, in ultima analisi, di ridurre le alterazioni causate dalla crescita di microrganismi saprofiti. Già la conservazione post-raccolta ha come obiettivo quello di diminuire o ritardare le perdite qualitative causate da questa operazione. Le operazioni unitarie poste in atto nelle fasi successive per l’ottenimento di prodotti di quarta gamma inevitabilmente aggravano questo stato di sofferenza dei tessuti vegetali aggiungendo ulteriori stress (soprattutto quando siano previste operazioni di taglio), che devono essere, per quanto possibile, controbilanciati da accorgimenti che ostacolino la proliferazione e l’attività dei microrganismi naturalmente presenti. La popolazione microbica che contribuisce al decadimento qualitativo dei prodotti di quarta gamma è il risultato della sommatoria (non algebrica) di diverse componenti. La prima è sicuramente costituita dalla flora microbica di campo, che peraltro può comprendere anche specie che vivono simbioticamente con i
Foto R. Angelini
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aspetti microbiologici vegetali, la cui composizione dipende da vari fattori, tra i quali spiccano i fattori agronomici, ambientali e quelli legati alla specificità del vegetale. A questi si aggiungono poi i microrganismi acquisiti durante le fasi di stoccaggio e soprattutto di processo, derivanti sia dalla contaminazione incrociata con gli ambienti, sia dall’apporto antropico. All’interno di questo potenzialmente enorme bacino microbico, le condizioni imposte durante la produzione e la conservazione selezionano quelle specie e quei ceppi che saranno poi in grado di moltiplicarsi o di sopravvivere nell’alimento finito durante la conservazione e che quindi arriveranno al consumatore. Questi microrganismi possono assumere il duplice aspetto di microrganismi degradativi, vale a dire tali da alterare le qualità organolettiche del prodotto fino a renderlo non idoneo per il consumo, e microrganismi patogeni o tossigeni, la cui presenza può determinare nel consumatore tossinfezioni alimentari e patologie più o meno gravi.
Prodotti di quarta gamma
• I prodotti di quarta gamma sono definiti,
secondo le norme della Comunità Europea, prodotti minimamente trasformati, cioè soggetti a interventi tecnologici ridotti, utilizzabili per il consumo diretto senza ulteriori manipolazioni, o con manipolazioni minime. Se focalizziamo la nostra attenzione sui vegetali, in particolare sugli ortaggi, possiamo individuare alcune tipologie di prodotti caratterizzate da diversi scenari microbiologici. –A nzitutto possiamo considerare i vegetali che subiscono trattamenti minimi prima del confezionamento, cioè quelli in cui il trauma meccanico è estremamente ridotto, limitandosi al massimo alla separazione delle foglie dalle radici (spinaci crudi pronti per il consumo, insalate giovani, valeriana ecc.)
Carica microbica della materia prima Contaminazione di campo Durante la permanenza in campo i vegetali, soprattutto se a contatto con il suolo, si contaminano con i diversi microrganismi che sono presenti in gran numero nel terreno. La composizione della popolazione microbica del suolo dipende da diversi fattori, tra i quali i principali sono: – le pratiche agronomiche, in primo luogo le concimazioni, soprattutto se organiche, e l’irrigazione, non tanto per la quantità quanto piuttosto per la qualità delle acque utilizzate;
–U n ulteriore gruppo di prodotti prevede invece un trattamento più invasivo, quale il taglio, e può essere costituito da singoli ortaggi o da miscele. Il terzo gruppo di prodotti può essere individuato in insalate complesse dove, oltre agli ortaggi a foglia, entrano anche altri costituenti che possono essere di origine vegetale (olive, ortaggi non a foglia, pomodori, mais, cavoli) o animale (formaggi, carni di vario tipo, uova)
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– L ’ultima tipologia è costituita dai germogli; questi, sebbene ancora di limitata diffusione a livello nazionale, hanno importanti spazi a livello internazionale e, come vedremo, costituiscono una matrice potenzialmente molto pericolosa dal punto di vista microbiologico
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utilizzazione – le variabili meteorologiche (temperature e regime pluviale) e ambientali, come la contiguità con ambienti che possono influire sulla comunità microbica, la presenza di allevamenti, attività industriali ecc. Inoltre, un ruolo importante viene svolto dal tipo stesso di vegetale, a causa dei diversi tipi di meccanismi di difesa delle piante dalle flore microbiche saprofite presenti nel suolo. Spesso le indagini condotte quantitativamente si soffermano sulla flora mesofila aerobia totale e sui coliformi, considerati indice di contaminazione fecale. Il primo parametro non rende conto della componente qualitativa della popolazione microbica. Quest’ultima di solito risulta composta prevalentemente da popolazioni Gram-negative aerobie, genericamente riconducibili alle Pseudomonadaceae (con variazioni però estremamente significative). Sono presenti inoltre batteri corineformi, funghi (muffe e lieviti) e batteri lattici, oltre a numerose specie saprofitiche e commensali; queste ultime tendono a scomparire in modo rapido proporzionalmente all’entità degli interventi tecnologici applicati durante il processo di trasformazione. Per quanto riguarda i coliformi, la loro concentrazione viene storicamente considerata un indice indiretto di contaminazioni fecali. Tuttavia, non poche critiche sono state sollevate circa il significato di questo parametro, e non solo riguardanti i vegetali. Nel caso specifico è stato per esempio fatto notare che la presenza di batteri appartenenti ad alcune specie di Enterobacter è da considerarsi normale su molti vegetali a foglia e non dunque sintomo di pratiche scorrette. Queste indicazioni sono peraltro già parzialmente recepite nelle normative comunitarie, dove viene prescrit-
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Germogli
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aspetti microbiologici to un limite massimo non già per i coliformi in generale, ma per l’Escherichia coli. Per quanto concerne l’entità numerica della carica microbica iniziale, i dati disponibili in letteratura sono caratterizzati da ampia variabilità. Infatti, i livelli di carico rilevati variano tra 103 e 106 cfu/g di prodotto. È comunque noto che la carica microbica tende a diminuire passando dalle foglie esterne verso il cuore del prodotto e che questa diminuzione può anche essere di numerosi cicli logaritmici. Come già detto, la frazione della popolazione microbica proveniente dal campo è decisamente importante. Tra i fattori più rilevanti che intervengono a influenzare quantitativamente e qualitativamente questo parametro si possono citare senza dubbio le modalità di concimazione, soprattutto se vengono utilizzati concimi organici. Infatti, questi materiali sono stati spesso riconosciuti come il serbatoio di batteri patogeni di provenienza tipicamente animale (Salmonella, Escherichia coli O157). In questo senso anche la libera circolazione degli animali allevati allo stato brado o di quelli domestici nei campi destinati alla coltivazione delle materie prime può contribuire alla loro contaminazione con microrganismi pericolosi per la salute. Problematiche analoghe (e talvolta correlate) possono derivare dal tipo di acque utilizzate per l’irrigazione. Naturalmente l’impiego di acque reflue aumenta la possibilità di contaminazione da parte di specie pericolose (le stesse presenti nei letami), soprattutto se l’irrigazione ha luogo poco prima della raccolta. Anche l’andamento meteorologico influisce sulla composizione della flora microbica: per esempio, climi caldi e siccitosi sembrano ridurre l’incidenza di batteri lattici nella microflora a scapito di altre
Foto R. Angelini
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utilizzazione specie più deleterie per la shelf-life del prodotto. La microflora della rizosfera in genere è molto diversa rispetto a quella che si trova sulle foglie (può presentare anche microrganismi anaerobi, come i clostridi, ed è particolarmente ricca di spore fungine). Questa può contaminare il prodotto al momento della lavorazione quando sia prevista la raccolta della radice o di parte di essa o anche semplicemente attraverso il terriccio presente come impurità. Anche l’utilizzo di agrofarmaci è in grado di influenzare la composizione della microflora poiché molte di queste molecole risultano inibenti per certi gruppi microbici e non per altri. Infine, non deve essere sottovalutato l’apporto antropico alla contaminazione durante le fasi di raccolta e di movimentazione delle materie prime. Eventuali operazioni di lavaggio dei prodotti dopo la raccolta hanno indubbiamente lo scopo di allontanare il più possibile i residui terrosi (i lavaggi possono essere ripetuti per vegetali particolarmente sporchi), ma, se ben condotti, possono anche provvedere all’allontanamento di una parte dei microrganismi presenti sulle foglie (fino a 1-2 cicli logaritmici per grammo di prodotto). Infine non deve essere sottovalutata la qualità della materia prima: l’impiego di materia prima con traumi o attaccata da insetti favorisce la proliferazione di specie batteriche con spiccate attitudini degradative, in grado di ridurre significativamente la shelf-life dei prodotti. Infatti, piante integre possono essere attaccate solo da microrganismi fitopatogeni il cui significato sul prodotto finito è molto limitato. La presenza di parti intaccate e l’incrementata disponibilità di nutrienti determinata dalla fuoriuscita di succhi cellulari consentono invece a molti più microrganismi la colonizzazione dei tessuti vegetali.
Escherichia coli: principali caratteristiche
• I batteri della specie Escherichia
coli appartengono alla famiglia Enterobacteriaceae; sono bastoncelli Gram- e ossidasi-negativi, mobili per flagelli peritrichi. Si tratta di un batterio anaerobio facoltativo, in grado di produrre notevoli quantità di gas (H2 e CO2) durante la fermentazione degli zuccheri. Specie non sporigena, predomina nella comunità batterica dell’intestino crasso. È agente di alterazione di alimenti come, per esempio, la produzione di occhiature anomale nei formaggi. È da sempre considerato indice di contaminazione fecale e per questo la sua presenza è regolamentata in numerosi alimenti
• Nella maggior parte dei casi i ceppi
di Escherichia coli non sono pericolosi per l’uomo (come si è detto, è comune colonizzatore intestinale). Tuttavia, soprattutto in tempi recenti, sono stati segnalati alcuni ceppi enteropatogeni. Tra questi si distinguono ceppi invasivi, cioè in grado di penetrare nella mucosa intestinale determinando alterazioni istologiche evidenti, e ceppi non invasivi, cioè in grado di produrre tossine che agiscono stimolando l’attività di secrezione della mucosa intestinale
Foto R. Angelini
• Più specificamente, i ceppi patogeni di
Escherichia coli vengono raggruppati in: – EHEC enteroemorragici (producono verotossina che causa diarrea emorragica e danni renali) – ETEC enterotossigeni (formano due tossine sensibili al calore che determinano diarrea) segue
L’irrigazione è importante per la composizione microbica e per la qualità delle acque utilizzate
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aspetti microbiologici Contaminazione durante lo stoccaggio Il periodo di stoccaggio prima della lavorazione interviene a modificare la composizione quali-quantitativa della comunità microbica non tanto, o non solo, per la contaminazione ambientale (magazzini, imballaggi, mezzi di trasporto, ulteriori manipolazioni), quanto piuttosto per le modificazioni indotte dalle temperature adottate (per es. refrigerazione) che favoriranno alcuni gruppi microbici piuttosto che altri. Infatti i microrganismi possono essere notoriamente suddivisi, sulla base delle temperature ottimali e minime per lo sviluppo, in termofili, mesofili, psicrofili e psicrotrofi. Tra questi ultimi troviamo molti agenti degradativi dei prodotti alimentari frigoconservati in quanto, pur avendo temperature ottimali di sviluppo simili a quelle dei mesofili (30-37 °C), sono caratterizzati da temperature minime di moltiplicazione prossime a 0 °C. Anche molti microrganismi patogeni appartengono agli psicrotrofi e possono svilupparsi nei prodotti di quarta gamma refrigerati. Ovviamente la selezione operata dalla refrigerazione dipenderà dalle temperature utilizzate, dalle eventuali oscillazioni termiche nonché dal tempo di stoccaggio.
continua
– EPEC enteropatogeni (non producono tossine ma provocano diarrea nei bambini) – EIEC enteroinvasivi (causa di diarrea e infezioni al colon) – DAEC enteroadesivi ma non invasivi (causa di diarrea) – EAggEC: enteroadesivi che si differenziano dai ceppi DAEC per le modalità di adesione alle cellule epiteliali
• Particolare importanza e interesse, per il grande numero di epidemie a trasmissione alimentare di cui è stato causa, riveste il ceppo Escherichia coli O157:H7
Contaminazione durante le lavorazioni La fase di lavorazione vera e propria delle materie prime che prelude al confezionamento e all’immissione del prodotto sul mercato determina una significativa variazione quali-quantitativa della popolazione microbica. Questi cambiamenti sono il risultato di due fattori. Da un lato, la presenza di microrganismi veicolati dalle materie prime viene sostanzialmente ridotta in seguito alle operazioni di lavaggio cui vanno incontro; al tempo stesso la po-
Foto G. Coppola
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Indivia coltivata sulle montagne della Campania
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utilizzazione polazione microbica, che poteva essere anche molto differente per numero e composizione tra pianta e pianta, viene omogeneizzata in tutta la massa trattata. Dall’altro, nuovi contaminanti microbici possono finire nel prodotto a causa del contatto delle materie prime e dei prodotti con quella che viene definita “flora di stabilimento”, cioè la popolazione microbica che colonizza gli stabilimenti di produzione dell’industria alimentare; quest’ultima componente, a causa della selezione che ha dovuto superare per potere insediarsi nelle aree produttive, risulta essere solitamente piuttosto resistente alle condizioni di stress che si verificano durante la produzione e i processi di sanificazione. In altre parole, quindi, non è affatto detto che le specie microbiche presenti nella materia prima siano poi quelle che determinano la degradazione del prodotto confezionato definendone la shelf-life. L’eliminazione delle foglie esterne comporta di per sé la riduzione della carica totale, soprattutto in prodotti come l’indivia, in quanto, come già riportato, in molti prodotti il numero di microrganismi diminuisce anche drasticamente passando dall’esterno verso l’interno. Va da sé che questo processo di ripulitura va condotto con attenzione per non ricontaminare gli strati più interni che vengono scoperti. Le operazioni di taglio influenzano decisamente l’ambiente da un punto di vista microbico poiché, lacerando le cellule vegetali, rilasciano succhi cellulari che costituiscono un nutrimento facilmente disponibile per i microrganismi presenti. Dunque, quanto più saranno estese le operazioni di taglio, tanto più sarà favorita la crescita microbica. In questo senso insalate confezionate a foglia intera saranno meno esposte alla prolifera-
Salmonella spp.: principali caratteristiche
• I batteri del genere Salmonella
appartengono alla famiglia Enterobacteriaceae, che comprende bastoncelli Gram-negativi, non sporigeni, catalasi-positivi, ossidasi-negativi, generalmente mobili. Si tratta di microrganismi anaerobi facoltativi, o meglio che respirano in presenza di ossigeno e fermentano in sua assenza. Sono in grado di fermentare il glucosio, con produzione di gas, ma non sempre lattosio e saccarosio; in ogni caso, la fermentazione del lattosio è molto lenta. I batteri del genere Salmonella producono H2S. Il genere è ubiquitario negli animali. Si conoscono oltre 2500 sierotipi, 200 dei quali causano malattie veicolate da alimenti in Europa ogni anno. I sierotipi sono ulteriormente suddivisi in sottotipi detti fagotipi (PT)
• Le salmonelle sono microrganismi
termosensibili; infatti, la pastorizzazione è sufficiente a uccidere Salmonella spp. in alimenti ad alta umidità: l’applicazione di 70 °C per 2 minuti consente riduzioni di 6 cicli logaritmici per grammo di prodotto
Foto R. Angelini
• Non sono microrganismi psicrotrofi: la temperatura minima di sviluppo è infatti di 5-7 °C. La temperatura ottimale e quella massima sono rispettivamente di circa 37 e 47 °C
• In Europa il 70% dei casi di
salmonellosi è causato da Salmonella enteritidis e Salmonella typhimurium. La salmonellosi si manifesta generalmente con febbre, diarrea e dolori addominali segue
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aspetti microbiologici zione microbica delle insalate pretagliate. È anche stato dimostrato, mediante studi al microscopio elettronico condotti su ortaggi a foglia intera (spinaci), che i batteri erano concentrati nel gambo del vegetale e nelle zone in cui le foglie avevano subito traumi meccanici anche di scarsa entità. Anche il tipo di taglio (quindi le strumentazioni utilizzate) è importante poiché maggiore è la lacerazione indotta, maggiore sarà la possibilità di sviluppo microbico. È stato dimostrato che la carica microbica totale aumenta rapidamente di 100 volte in seguito alle operazioni di taglio. Gli impianti e le strumentazioni utilizzati per il processo devono naturalmente essere mantenuti puliti e sanificati allo scopo se non di eliminare, almeno di ridurre la possibilità di formazioni di microcolonie e biofilm. Infatti, la presenza di biofilm riduce notoriamente l’efficacia di agenti sanitizzanti sia chimici sia fisici, incrementando conseguentemente le sorgenti di contaminazione microbica. Ovviamente, molta attenzione deve anche essere posta nelle pratiche igieniche dei dipendenti.
continua
• Gli alimenti più contaminati
da Salmonella spp. sono: pollame, carne, latte, uova, molluschi, spezie ed erbe, ma anche vegetali, tra cui quelli di quarta gamma. I vegetali più frequentemente contaminati sono risultati germogli, lattuga, spinaci, cavoli, pomodori, mentre tra i frutti spiccano il melone e le fragole. Si sono verificate epidemie di salmonellosi a seguito del consumo di germogli di alfalfa Foto R. Angelini
Lavaggi Per quanto concerne invece la fase critica del lavaggio, è stato dimostrato che l’utilizzo di acqua senza additivi può comportare al massimo l’abbattimento di un ciclo logaritmico dei microrganismi presenti inizialmente. L’uso di acque clorate (100-200 mg/l) in questo senso è più soddisfacente; tuttavia, queste sono inefficaci nel disattivare cellule microbiche adese alle superfici. La temperatura delle acque di lavaggio è ovviamente centrale per il controllo della carica microbica. Foto R. Angelini
Foto R. Angelini
L’eliminazione delle foglie esterne comporta una riduzione della carica microbica
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utilizzazione Da segnalare la possibilità di introdurre in fase di lavaggio uno shock termico (45-60 °C per pochi minuti, variabili a seconda del tipo di vegetale) che avrebbe effetti positivi, oltre che sulla riduzione del carico microbico, sulle reazioni che portano all’imbrunimento enzimatico e ad altre reazioni fisiologiche negative dei tessuti vegetali. Questa tecnica è stata sperimentata su vegetali come lattuga, sedano e cicoria. Sono tuttavia segnalati casi in cui, a fronte di un miglioramento della qualità del vegetale nei primi giorni di conservazione, ha luogo un più rapido deperimento nella seconda fase della conservazione. Indipendentemente dalla strategia utilizzata, questo processo di decontaminazione “chimica” richiede il contatto tra il microrganismo e la molecola antimicrobica; questo contatto può essere reso più difficile dalla presenza di tagli o traumi sulla pianta, che permettono ai microrganismi di rifugiarsi all’interno del prodotto procurandosi in tal modo un importante effetto protettivo. Altre tecniche di disinfezione, che prescindono dall’uso di composti a base di cloro, hanno dato risultati a volte contraddittori. L’uso di perossido di idrogeno o acque elettrolizzate, per esempio, talvolta hanno dato risultati positivi per pochissimi giorni, ma poi la qualità del prodotto è scaduta più rapidamente rispetto al testimone trattato in modo tradizionale, probabilmente a causa di effetti dei trattamenti sulle cellule vegetali che le rendono più esposte agli attacchi da parte dei microrganismi. L’utilizzo di oli essenziali per la conservazione di prodotti vegetali interi (in particolare frutta) è già stato studiato con successo. Nel caso della frutta di quarta gamma, ottimi risultati sono stati ottenuti aggiungendo alle acque di lavaggio oli essenziali o loro componenti ad attività antimicrobica. Questa strategia si presenta estremamente interessante anche per il trattamento delle insalate. Per esempio, l’uso di olio essenziale di timo ha dato buoni risultati nella trattamento di lattuga contaminata con Escherichia coli O157. Buoni risultati su Listeria monocytogenes sono stati ottenuti utilizzando oli di rosmarino, origano e timo. L’uso di ozono o di acque ozonizzate (3-5 ppm) in insalate tagliate di quarta gamma ha dato risultati decisamente contrastanti nel controllo della microflora patogena e i dati riportati variano da nessun effetto ad abbattimenti di oltre 4 cicli logaritmici. Questa enorme fluttuazione va probabilmente ascritta alle caratteristiche e alla variabilità delle materie prima utilizzate nei diversi studi. Inoltre, i quantitativi di ozono devono essere tenuti sotto controllo per i danni che livelli al di sopra di certi valori possono causare alle cellule vegetali. Attualmente non ne è consentito l’uso in Europa. Buoni risultati sono stati osservati quando all’acqua di lavaggio venivano aggiunti (1-2%) acidi organici (acetico, lattico e citrico), ma il loro utilizzo è spesso limitato dall’impatto organolettico, oltre che dai problemi connessi con il trattamento delle acque reflue (alti COD). L’acido peracetico, utilizzato nei limi-
Fotografia al microscopio elettronico a scansione di cellule di Lactobacillus plantarum
Fotografia al microscopio elettronico a scansione di cellule di Saccharomyces cerevisiae
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aspetti microbiologici ti previsti dalla legislazione statunitense (in Europa non è ammesso), ha invece portato a scarsi risultati. Alcuni studi pongono infine l’accento sul rischio di un eccessivo abbattimento della carica microbica del prodotto al momento del confezionamento. Questa osservazione, apparentemente paradossale, è basata su due aspetti. Anzitutto, una bassa carica microbica iniziale comporterebbe un prolungamento della shelf-life ma darebbe anche a eventuali microrganismi patogeni più tempo per la moltiplicazione e quindi maggiore possibilità di raggiungere concentrazioni infettive. Inoltre, la diminuzione della flora competitiva conferirebbe a eventuali patogeni sopravvissuti o presenti maggiori chance di colonizzazione del prodotto. Si tratta di due considerazioni importanti da tenere bene a mente in ogni modificazione del processo che comporti una maggiore efficacia nell’abbattimento microbico della materia prima.
Prodotti clorati
• I prodotti clorati (in particolare
ipoclorito e cloro in soluzione) sono i sanificanti che vengono normalmente aggiunti alle acque di lavaggio per le operazioni di decontaminazione
• Buoni risultati sono stati ottenuti su
lattuga utilizzando 300 ppm di ipoclorito di sodio (3 cicli logaritmici di carica totale abbattuti). Tuttavia, le quantità normalmente utilizzate non superano i 200 ppm; anche se l’efficacia sarebbe maggiore a pH bassi, le acque di lavaggio sono sempre prossime alla neutralità, soprattutto per evitare problemi di corrosione degli impianti
Effetto della temperatura Il controllo della temperatura è essenziale per il controllo della crescita microbica. L’applicazione di basse temperature rallenta le cinetiche di crescita dei microrganismi e in certi casi può completamente inibirne lo sviluppo. Il controllo della temperatura durante lo stoccaggio (refrigerazione) e il mantenimento di basse temperature negli ambienti e nelle acque di lavaggio sono perciò di estrema importanza. L’applicazione delle basse temperature favorisce quindi le specie con maggiori attitudini alla crescita in queste condizioni, come le Pseudomonadaceae. In ogni caso, differenze di pochi gradi nelle condizioni operative (e successivamente durante la conservazione) possono determinare uno sviluppo microbico estremamente diverso da un punto di vista sia quantitativo sia della composizione delle popolazioni microbiche. La temperatura e le oscillazioni termiche hanno una grande importanza anche per la sopravvivenza o lo sviluppo dei batteri patogeni (di cui parleremo più dettagliatamente in un paragrafo successivo). Tra questi Listeria monocytogenes è la specie con maggiori attitudini a crescere a basse temperatura; tuttavia, sviluppi molto limitati o assenti per questa specie sono stati evidenziati in cicoria e lattuga mantenute a 5-8 °C. Più importante invece è risultata, alle stesse condizioni, la crescita di Aeromonas hydrophila. Per quanto concerne gli enterobatteri patogeni, e più specificatamente Salmonella ed Escherichia coli O157, lo sviluppo è stato riscontrato solo in condizioni di abuso termico (sostanzialmente temperature di 10 °C o superiori). Si tenga peraltro ben presente che le stesse specie, pur non potendo moltiplicarsi, non vengono rapidamente uccise dallo stoccaggio a queste temperature.
• Sempre in lattuga, 200 ppm di cloro
riducono la concentrazione di Listeria monocytogenes di oltre 1,5 cicli logaritmici, mentre risultano un po’ meno soddisfacenti i dati ottenuti per Salmonella ed Escherichia coli
• L’utilizzo di ClO , un forte agente 2
ossidante, porta a buoni risultati in termini di abbattimento microbico, ma la diffusione di questo tipo di trattamento può essere limitato dalla sua difficile manipolazione e da alcuni aspetti legislativi
Effetto del pH È noto come il pH sia uno dei principali fattori che regolano la crescita dei microrganismi e che quanto più il pH si muove dalla 455
utilizzazione neutralità verso valori acidi, tanto più diminuisce il numero delle specie microbiche in grado di svilupparsi e/o si riduce la velocità di moltiplicazione. Nel caso in questione, il valore del pH dipende essenzialmente dalla tipologia del vegetale utilizzato. Esistono infatti vegetali con reazione marcatamente acida (come i pomodori), mentre le lattughe hanno una reazione prossima alla neutralità. Il pH del vegetale non è facilmente correggibile nei prodotti di quarta gamma di cui stiamo parlando, a meno che i vegetali a foglia non siano ingredienti di insalate più complesse pronte all’uso; in questo caso, un certo controllo dell’acidità può essere perseguito tramite l’uso di opportuni condimenti.
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Confezionamento L’ultimo ostacolo che si può opporre alla proliferazione microbica all’atto del confezionamento è l’utilizzo di atmosfere modificate impoverite di ossigeno e arricchite in anidride carbonica. In realtà anche nei prodotti confezionati in atmosfera ordinaria, a causa dell’attività respiratoria dei tessuti vegetali, l’ossigeno presente viene rapidamente consumato con concomitante accumulo di anidride carbonica, creando un ambiente anossico; in questo caso si parla anche di atmosfera modificata passiva. L’assenza di ossigeno rende impossibile lo sviluppo delle specie strettamente aerobie (come le Pseudomonadaceae), ma consente, e può addirittura favorire, le specie in grado di crescere in assenza di ossigeno; tra queste ultime possiamo annoverare le Enterobacteriaceae, alcuni funghi, principalmente lieviti, e i batteri lattici. L’assenza di ossigeno non limita le possibilità di crescita di Listeria monocytogenes, che risulta addirittura favorita nello sviluppo da concentrazioni di anidride carbonica particolarmente elevate (nell’ordine del 50%).
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Condizioni di trasporto e di vendita Naturalmente la qualità dei prodotti deve essere mantenuta anche durante il trasporto e la permanenza sugli scaffali al dettaglio. A tal fine è di fondamentale importanza il mantenimento della catena del freddo e più specificamente, durante le fasi di trasporto e di vendita, devono essere assicurate temperature minori o uguali a 5 °C. Le temperature nelle diverse fasi devono essere monitorate nel modo più preciso possibile, dal momento che oscillazioni termiche anche di pochi gradi possono avere enormi ripercussioni sulla velocità di sviluppo di microrganismi sia patogeni sia degradativi. Al fine di salvaguardare la qualità dei prodotti fino al consumo, nonché di prevenire le tossinfezioni alimentari, è estremamente importante anche la corretta informazione del consumatore. Quest’ultimo deve essere reso edotto, attraverso una corretta ed esaustiva etichettatura, sull’estrema deperibilità del prodotto e sulla necessità di provvedere a una tempestiva ripresa della catena del freddo dopo l’acquisto. 456
aspetti microbiologici Degradazione microbica dei prodotti di quarta gamma La degradazione delle insalate di quarta gamma è il risultato della moltiplicazione della popolazione microbica inizialmente presente fino a una concentrazione tale da determinare modificazioni organolettiche percettibili (presenza di odori o sapori sgradevoli, formazione di patine viscide, di decolorazioni ecc.) che rendono non più commerciabile il prodotto. Questa soglia può genericamente essere posta al di sopra di 107 (7,0 log ufc) cellule microbiche per grammo di prodotto. In realtà questa generalizzazione deve essere presa come tale, cioè soggetta a numerose eccezioni. Infatti, occorre tenere presente che esistono specie con elevato potenziale degradativo la cui presenza viene percepita a concentrazioni più basse, mentre alcuni batteri lattici possono avere impatti organolettici molto ridotti anche ad alte concentrazioni (e, anche per questo, sono utilizzati come colture protettive). Quel che è certo è che le comunità microbiche che alterano i vegetali di quarta gamma sono diverse da quelle che alterano gli stessi vegetali non trasformati. La maggior parte dei produttori basano le previsioni di shelf-life sui valori del conteggio microbico totale o di gruppi microbici specifici e sull’osservazione dei difetti associati alla crescita, come la degradazione enzimatica dei tessuti vegetali. Fondamentalmente le alterazioni che compaiono durante la conservazione sono costituite da imbrunimenti, produzione di odori sgradevoli, difetti di texture e marcescenza. Microrganismi degradativi I microrganismi maggiormente presenti nelle insalate di quarta gamma al momento del confezionamento sono batteri Gram-positivi aerobi con attitudini proteolitiche, lipolitiche e pectinolitiche riconducibili alla famiglia Pseudomonadaceae, compresi i generi Xanthomonas, Flavobacterium, Chromobacterium e Alcaligenes. Sempre presenti già in campo si possono citare i batteri corineformi e i batteri lattici; tra questi ultimi sono stati isolati prevalentemente specie appartenenti ai generi Lactobacillus, Pediococcus e Leuconostoc. La loro incidenza è maggiore e la loro attività più importante nei prodotti a base di frutta piuttosto che nei vegetali. Tuttavia, anch’essi possono contribuire ai processi degradativi, anche se caratterizzati da attività enzimatiche meno spiccate rispetto alle Pseudomonas. Si tratta di specie che non necessitano di ossigeno per la moltiplicazione essendo caratterizzate da un metabolismo esclusivamente fermentativo; la loro crescita determina essenzialmente acidificazione ed eventualmente, in funzione della specie, la comparsa di odore di aceto o di burro. Dal canto loro, i batteri corineformi sono un vasto ed eterogeneo gruppo di batteri Gram-positivi; perlopiù si tratta di batteri aerobi e molti producono pigmenti. Nei vegetali di quarta gamma sono state isolate specie riconducibili ai generi Arthrobacter, Rhodococcus e Brevibacterium. In particolare Arthrobacter è ben
Effetto della temperatura sulla conservazione dell’insalata di quarta gamma
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utilizzazione presente nel suolo, nella rizosfera e quindi anche nei vegetali a foglia coltivati. I microrganismi di questo genere, pur non essendo pectolitici, possono degradare altri composti polimerici. Inoltre producono polifenolo ossidasi e anche composti solforati a forte (e sgradevole) impatto organolettico, come il metantiolo. Anche le Enterobacteriaceae si possono riscontrare in elevate concentrazioni già nella materia prima e in particolare le specie più diffuse sono Enterobacter cloacae, Pantoea agglomerans e Rhanella aquatilis. Il genere Erwinia raccoglie specie patogene per molte piante in campo; comunque, anche quando presenti in grandi quantità sulla materia prima, queste specie non partecipano ai fenomeni degradativi sul prodotto finito. Sono Enterobacteriaceae i coliformi (questi sono enterobatteri in grado di fermentare il lattosio) come anche molte specie potenzialmente patogene appartenenti ai generi Salmonella, Yersinia enterocolitica, Shigella somnei, nonché i ceppi verocitotossici di Escherichia coli (vedi paragrafo relativo). Sono specie anaerobie facoltative, quindi si moltiplicano respirando in presenza di ossigeno o fermentando in sua assenza, e non sono quindi inibite dalla presenza di atmosfere modificate. In entrambi i casi producono odori e sapori sgradevoli. L’effetto dei funghi (lieviti e muffe) sulla shelf-life dei prodotti di quarta gamma è secondario rispetto all’azione dei batteri, salvo che la materia prima non abbia caratteristiche di elevata acidità (non è il caso dei vegetali a foglia ma è, per esempio, il caso del pomodoro) o il prodotto non sia addizionato di condimenti acidi (aceto, maionese ecc.). Microrganismi patogeni potenzialmente presenti nelle insalate di quarta gamma Parallelamente all’incremento nella diffusione sul mercato delle insalate di quarta gamma, sono aumentate anche le segnalazioni di epidemie di natura microbica associate al consumo di questi prodotti. Le principali patologie sono causate da agenti batterici e virali e in alcuni casi hanno assunto dimensioni molto consistenti: il caso più eclatante riportato ha interessato all’incirca 10.000 persone infettate con Escherichia coli O157 in Giappone dopo il consumo di germogli di ravanello. I microrganismi patogeni coinvolti con maggiore frequenza in tossinfezioni alimentari determinate da prodotti vegetali di quarta gamma sono indubbiamente Listeria monocytogenes, Escherichia coli VTEC e Salmonella spp. Tuttavia, anche altri microrganismi patogeni vengono frequentemente isolati in questa tipologia di prodotti. Sono state inoltre segnalate importanti tossinfezioni causate dalla presenza di virus, in particolare Norovirus e virus dell’epatite A.
Effetto della temperatura sui conteggi microbici dell’insalata di quarta gamma (campione diluito un milione di volte, sei diluizioni decimali)
Listeria monocytogenes Listeria monocytogenes è tra le maggiori cause di tossinfezioni alimentari dovute al consumo di prodotti quali formaggi, carni 458
aspetti microbiologici di vario tipo e piatti pronti. Anche i prodotti vegetali sono stati coinvolti in epidemie causate da questo patogeno. Già nel 1985 un’epidemia di listeriosi fu imputata al consumo di cavolo cappuccio affettato; la fonte fu individuata nel letame usato per le concimazioni in campo.
Listeria monocytogenes
• Listeria monocytogenes è un organismo
ubiquitario che si ritrova con una certa frequenza sui vegetali a foglia. Recentemente, un’indagine condotta in Spagna su vegetali (frutta, verdura e germogli) ha evidenziato un’incidenza di questo batterio su circa l’1% dei campioni esaminati. Risultati simili hanno dato analoghe ricerche in altri Paesi europei. A causa delle numerose epidemie causate da questo batterio negli anni ’80 e ’90, gli Stati Uniti hanno formulato regolamentazioni molto restrittive, definendo come inaccettabile la presenza di questo organismo a concentrazioni superiori a 0,04 cellule per grammo. La risposta dell’industria a queste normative non ha però causato significative diminuzioni della sua frequenza nei prodotti alimentari, probabilmente a causa della sua elevata diffusione ambientale. La legislazione europea ha assunto una posizione meno drastica relativamente a questo patogeno nei vegetali di quarta gamma
Escherichia coli Generalmente nei prodotti di quarta gamma viene valutata la presenza di un solo sierotipo enteroemorragico, Escherichia coli O157:H7, sebbene altri sierotipi, quali O111:NM, O26:H11 e O26:HNM, siano spesso causa di patologie. Va inoltre ricordato il recentissimo caso che ha interessato la Germania legato alla presenza di Escherichia Coli 0104 in semi germogliati per il consumo umano (vedi box di riferimento). Tuttavia, sono poche le evidenze sperimentali che documentano l’incidenza di questi sierotipi negli alimenti e praticamente sono assenti dati relativi alla loro frequenza nei prodotti di quarta gamma. Escherichia coli O157 è stato isolato per la prima volta verso la metà degli anni ’70 e la sua diffusione è legata ai prodotti di origine animale, in particolare ai bovini. Nelle insalate di quarta gamma la presenza di questo batterio può quindi dipendere da contaminazioni antropiche durante la lavorazione e, soprattutto, da pratiche di concimazione organica o dall’uso di acque di irrigazione contaminate. Inoltre, la produzione di insalate miste contenenti anche ingredienti di origine animale (carni, latticini) può aumentare il rischio legato a questo microrganismo. Dal 1995 negli Stati Uniti sono state segnalate almeno 22 epidemie di Escherichia coli O:157 determinate dal consumo di insalate e spinaci. Una matrice Foto R. Angelini
• Uno studio recente che ha preso in
considerazione più di 4000 tossinfezioni di origine alimentare ha dimostrato che solo il 2% dei casi di listeriosi è causato dal consumo di prodotti vegetali (a fronte di un 42% dipendente da prodotti lattiero-caseari); è addirittura inferiore (percentualmente) l’incidenza della listeriosi se rapportata a tutti i casi di tossinfezione causati dal consumo di vegetali. Altre indagini hanno inoltre messo in luce la presenza, in condizioni normali, di Listeria monocytogenes in percentuali variabili tra il 2 e l’8% in campioni di insalate vegetali
459
utilizzazione particolarmente sensibile è quella dei semi germogliati, di cui è stata già ricordata l’esperienza giapponese e tedesca. Una recente indagine ha mostrato che un’elevata quantità (circa l’1,5%) di semi destinati alla germogliazione per il consumo umano conteneva cariche troppo elevate di Escherichia coli. Le indicazioni delle agenzie governative pongono l’accento più sulla prevenzione di questo batterio che sulla sua rimozione attraverso le pratiche produttive. Infatti, molti studi hanno dimostrato che le operazioni di lavaggio (condotte usando diversi sanificanti) prima del taglio e del confezionamento rimuovono una quantità limitata di questo microrganismo, soprattutto in rapporto alla bassissima soglia di infettività che lo contraddistingue. È stato addirittura dimostrato che le operazioni di lavaggio condotte sulle materie prime dopo la raccolta in campo possono essere causa di diffusione e contaminazione incrociata di Escherichia coli O157:H7.
Escherichia coli
• È parte integrante della microflora
intestinale degli animali a sangue caldo, incluso l’uomo
• Alcuni ceppi sono tuttavia capaci di
causare patologie gastrointestinali. Tali ceppi sono distinti in enterotossigeni, enteroemorragici, enteropatogeni e invasivi, a seconda delle modalità di adesione (o penetrazione) alla (nella) mucosa intestinale, della produzione di tossine e delle caratteristiche di queste ultime
Salmonella Nell’ambito del genere Salmonella la differenziazione viene effettuata sulla base delle caratteristiche antigeniche, ossia degli antigeni di parete (antigeni O), degli antigeni flagellari (antigeni H) e degli antigeni di superficie. Sono attualmente noti più di 2500 sierotipi, dei quali tuttavia solo 200 sono patogeni per l’uomo: tra questi ricordiamo Salmonella typhi, che è l’agente causale delle febbre tifoide. I sierotipi non tifoidi causano generalmente gastroenteriti ed enterocoliti 8-72 ore dopo l’ingestione dell’alimento contaminato. Le salmonelle vengono isolate di frequente dalle materie prime; infatti, frutta e vegetali sono stati identificati come frequenti veicoli di salmonellosi. In particolare spinaci, lattuga, ci-
• Le patologie più severe, che non
di rado possono rivelarsi letali, sono generalmente rilevate nei bambini e negli anziani
• Le principali fonti di contaminazione
delle insalate di quarta gamma sono le materie prime, a loro volta contaminate in campo soprattutto da feci di animali, concimazioni organiche e acque contaminate, dall’acqua di processo, dagli operatori nonché da superfici e attrezzature non correttamente sanificate
Foto R. Angelini
• Questo microrganismo può svilupparsi fino a temperature di 7-8 °C e sopravvivere a lungo in condizioni di acidità. Per esempio, nel succo di mela conservato a 8 °C può permanere anche per 2 settimane
• Ovviamente le oscillazioni termiche
durante la lavorazione e la conservazione dei prodotti incidono moltissimo sullo sviluppo dei ceppi patogeni di Escherichia coli. Solo un accurato mantenimento delle catena del freddo può infatti impedirne la proliferazione
460
aspetti microbiologici polla verde, melone e fragole sono stati frequentemente implicati in tossinfezioni alimentari causate da Salmonella spp. Le materie prime vegetali possono essere infatti contaminate da questo microrganismo tramite irrigazione con acque inquinate, concimazioni organiche o operatori infetti. Tuttavia, sono piuttosto rari i casi di salmonellosi associati al consumo di prodotti di quarta gamma; questi sono stati tutti attribuiti al consumo di germogli di alfalfa come tali o come ingredienti di prodotti misti confezionati. D’altra parte le salmonelle, non essendo microrganismi psicrotrofi, non sono in grado di moltiplicarsi a temperature inferiori a 5-7 °C. Questi microrganismi pertanto non costituiscono un rischio nei prodotti di quarta gamma se viene correttamente applicata e mantenuta la cate-
Il caso di E. coli O104 in Germania
• Il recente episodio di tossinfezione
alimentare in Germania causato dal consumo di vegetali contaminati da un ceppo enteroemorragico di Escherichia coli ha acceso i riflettori sui vegetali di quarta gamma come fonti di rischio alimentare. Come è documentato in altre parti di questo capitolo, non siamo di fronte a una “prima assoluta”, inattesa o imprevedibile. Tuttavia, si è trattato di un evento con diverse peculiarità che ne hanno fatto un caso paradigmatico. La prima peculiarità è costituita dal fatto che l’agente patogeno è stato individuato nel sierotipo O104 che, pur simile al sierotipo O154, è stato finora riscontrato solo sporadicamente. Inoltre, si tratta di un ceppo che ha mostrato elevatissima virulenza ed antibiotico-resistenza, caratteristiche derivanti dall’acquisizione di un elemento genetico mobile. Infine, poiché i semi germogliati sono un vettore particolarmente idoneo alla trasmissione di queste patologie, risultano anche inappropriati i tempi e le modalità necessarie all’individuazione di quello che nell’immaginario dei consumatori è diventato il “batterio killer”. Infatti, le autorità tedesche e comunitarie hanno dovuto fare una repentina retromarcia dopo avere puntato il dito in maniera superficiale verso i cetrioli, prima di orientarsi verso quelli che dovevano essere, almeno sulla base dei dati di letteratura, i principali indiziati, ovvero i semi germogliati. Nel frattempo sono state assunte posizioni che hanno generato crisi economico-politiche, costi finanziari e, soprattutto, perdita di credibilità
Esempi di tossinfezioni e patologie causate da prodotti freschi tagliati Specie patogena Prodotto e origine
Fonte e causa di contaminazione
Numero di casi
26
Escherichia coli O157:H7
Lattuga mista, Stati Uniti
Mancato rispetto delle buone pratiche di lavorazione, probabile contaminazione fecale
Virus Epatite A
Pomodori tagliati
Addetto alla preparazione
92
Listeria monocytogenes
Insalata a base di cavolo, Canada
Concimazione organica (letame di pecora)
34
Shigella somnei
Lattuga tagliata, Europa
Processo produttivo
347
Vibrio colerae
Cavolo, Perù
Concimazione organica
Non accertati
Escherichia coli O157:H7
Spinaci, Stati Uniti
Presenza di bestiame in prossimità delle coltivazioni
204
Escherichia coli O157:H7
Germogli di ravanello, Giappone
Concimazione
Oltre 10.000
Salmonella Saintpaul
Germogli di alfalfa, Stati Uniti
Semi
228
Salmonella Newport
Lattuga, Europa
?
100
Epatite A
Rucola, Spagna
?
54
Salmonella thyphimurium
Lattuga, Europa
?
361
461
utilizzazione na del freddo, a meno che la contaminazione iniziale sia elevatissima. Tra i vegetali di quarta gamma trovati contaminati da Salmonella si possono citare germogli, lattuga, spinaci, cavoli, pomodori, ma anche frutti come il melone e le fragole. In ogni caso, vere e proprie tossinfezioni dovute a questo agente sono state segnalate in seguito al consumo di semi di alfalfa. Come Escherichia coli, anche Salmonella ha come habitat vocato gli animali a sangue caldo, quindi la sua presenza è dipendente da contaminazioni di origine prevalentemente fecale (acque di irrigazione, concimazioni). Diverse recenti indagini estensive condotte su vegetali di quarta gamma in diverse aree hanno messo in luce la presenza di Salmonella in quantità variabili tra lo 0,2% e l’1% dei campioni analizzati.
Pseudomonas
• La specie più diffusa è Pseudomonas fluorescens. Si possono però avere prevalenze di altre specie in funzione del tipo di ortaggio
• L’incidenza di questo gruppo microbico è già elevata in campo, ma molte sono le Pseudomonas (e generi correlati) che colonizzano lo stabilimento e si ritrovano di conseguenza nel prodotto finito
Shigella Il genere Shigella è strettamente legato a Escherichia coli, di cui condivide molte caratteristiche. Il genere è suddiviso in quattro specie, Shigella dysenteriae, Shigella sonnei, Shigella flexneri e Shigella boydii, agenti di shigellosi o dissenteria bacillare nell’uomo. I serovar invasivi di Shigella dysenteriae producono una tossina citotossica nota come tossina Shiga. Al contrario, i ceppi non invasivi di Shigella dysenteriae, unitamente a quelli delle altre specie del genere, evidenziano bassi livelli di citotossicità associati ad attività endotossica e neurotossica. I casi di shigellosi sono generalmente associati al consumo di acqua o alimenti contaminati da materiale fecale umano; ne consegue che questi microrganismi possono essere veicolati sulle materie prime da acque di irrigazione contaminate, fertilizzanti organici e insetti. Tuttavia, anche l’uomo è un importante vettore di Shigella spp. I dati della letteratura internazionale riportano almeno 7 casi di shigellosi dovuti al consumo di prodotti vegetali di quarta gamma. Le specie del genere possono sopravvivere a lungo (fino a 3-4 giorni) in lattuga tagliata refrigerata.
• Oltre alle attività enzimatiche già citate, occorre ricordare che molti di questi batteri possono produrre lipossigenasi, cellulasi, xilanasi e glicoside idrolasi
• La notevole attività pectolitica
è dovuta alla sintesi di pectatoliasi e poligalatturonidasi. Si tratta di enzimi con grande impatto degradativo sulle matrici vegetali. Possono inoltre sintetizzare surfattanti (come la viscosina) che facilitano loro l’aggressione di tessuti vegetali
• L’attività enzimatica e le potenzialità
di sviluppo anche a basse temperature di refrigerazione fanno di questo gruppo microbico il più importante per l’alterazione dei prodotti refrigerati
• La loro azione può essere rallentata nei prodotti di quarta gamma utilizzando atmosfere modificate che escludano l’ossigeno o che contengano quantità elevate di anidride carbonica; infatti, si tratta di microrganismi strettamente aerobi che necessitano di ossigeno come accettore finale di elettroni nella catena respiratoria
Staphylococcus aureus Staphylococcus aureus è stato frequentemente isolato da vegetali freschi e prodotti di quarta gamma, ma non ci sono segnalazioni di tossinfezioni stafilococciche causate da tali prodotti. Questo cocco Gram-positivo viene generalmente veicolato durante la lavorazione dagli operatori, essendo generalmente presente nelle prime vie aree e sulla pelle dell’uomo. La tossicità di questo batterio dipende dalla produzione di tossine che ha luogo quando la sua concentrazione supera certi livelli (105-106 cellule per grammo). Tuttavia è noto che Staphylococcus aureus ha habitat vocati diversi dai vegetali e che quindi, nei vegetali freschi e di quarta gamma, non è competitivo con la microflora naturalmente presente. 462
aspetti microbiologici Campylobacter jejuni Campylobacter jejuni è un microrganismo Gram-positivo a forma di bastoncino ricurvo microaerofilo. Si tratta di un comune contaminante del tratto intestinale di animali domestici e non. È l’agente causale di enteriti associate generalmente al consumo di alimenti di origine animale. I sintomi della tossinfezione consistono in diarrea acuta per circa 5 giorni, accompagnata da febbre e dolori addominali. È tra i principali agenti causa di tossinfezioni alimentari. Di recente sono stati riportati casi di infezione attribuiti all’ingestione di frutta e vegetali presumibilmente contaminati con rifiuti animali. Una contaminazione crociata può avvenire anche in caso di aggiunta di ingredienti di origine animale alle insalate di quarta gamma. Tuttavia Campylobacter jejuni, sebbene favorito dalle condizioni microaerofile che si vengono a creare nei prodotti confezionati, ha un ottimo di temperatura di 42 °C e non presenta attitudini psicrotrofiche spiccate.
Foto R. Angelini
Yersinia enterocolitica Yersinia spp. è un genere che comprende bacilli o coccobacilli Gram-negativi. Yersinia enterocolitica è parte integrante della microflora intestinale dei suini e tuttavia può moltiplicarsi agevolmente a temperature di refrigerazione anche prossime a 0 °C. Questo microrganismo è in grado di causare diversi sintomi clinici e immunologici: i più comuni sono di natura enterocolitica. Foto R. Angelini
463
utilizzazione Yersinia enterocolitica può contaminare le produzioni primarie attraverso le feci e i prodotti di quarta gamma attraverso la contaminazione crociata all’interno degli stabilimenti di produzione. Yersinia spp., sebbene isolata da frutta e vegetali, incluse lattuga e carote grattugiate, non è mai stata identificata come agente di tossinfezioni determinate da insalate di quarta gamma.
Foto R. Angelini
Aeromonas hydrophila Appartengono al genere Aeromonas microrganismi Gram-negativi di forma coccobacillare comunemente presenti in ambiente acquatico e isolati di frequente dagli alimenti. Non tutti i ceppi sono patogeni; al contrario, la maggior parte di essi è responsabile di alterazioni negli alimenti. Generalmente Aeromonas può contaminare frutta e vegetali freschi attraverso l’acqua. Alcuni ceppi sono psicrotrofi e possono raggiungere livelli di 6 log UFC/g in broccoli, cavolfiore e asparagi in due settimane a 4 °C. Questi microrganismi possono sopravvivere e moltiplicarsi in atmosfera modificata. I ceppi patogeni colpiscono soprattutto i giovani con sintomatologia riconducibile a diarrea e febbre lieve. Vibrio spp. Le specie del genere Vibrio (Gram-negativi di forma bastoncellare ricurva) sono frequenti soprattutto nelle acque degli estuari e le patologie determinate da questi microrganismi sono in genere associate al consumo di prodotti ittici. Delle 12 specie patogene, Vibrio cholerae provoca indubbiamente le malattia più grave, il colera. Vibrio parahemolyticus è causa di tossinfezioni da prodotti ittici poco cotti; la sintomatologia, in questo caso, si manifesta dopo anche 96 ore dal consumo e consiste in diarrea, nausea, vomito, crampi addominali e febbre. I prodotti di quarta gamma possono
Alcuni esempi di microrganismi patogeni, causa di tossinfezioni, isolati da insalate fresche tagliate Specie patogena
Prodotto e origine
Percentuale di campioni analizzati contaminati
Aeromonas hydrophila
Insalata mista, Regno Unito
21,6%
Escherichia coli O157:H7
Insalata a base di cavolo, Messico
25%
Listeria monocytogenes
Insalata confezionata, Irlanda
14,3%
Listeria monocytogenes
Insalata di cavolo, Canada
2,2%
Listeria monocytogenes
Insalata di cavolo, Regno Unito
7,7%
Shigella
Insalata a base di vegetali, Egitto
1,2%
Yersinia enterocolitica
Prodotti vegetali confezionati, Francia
22-56%
464
aspetti microbiologici essere contaminati attraverso la contaminazione crociata durante la lavorazione e la miscelazione degli ingredienti, soprattutto nella fase di vendita al dettaglio.
Foto R. Angelini
Batteri sporigeni Batteri patogeni sporigeni quali Clostridium perfringens, Clostridium botulinum e Bacillus cereus possono essere isolati con estrema facilità dal suolo e sono stati sporadicamente rinvenuti in vegetali freschi, vegetali di quarta gamma, semi e germogli. Clostridium botulinum è un microrganismo anarobio produttore di una potente neurotossina che nell’uomo determina una serie di sintomi includenti nausea, vomito, diarrea, nonché sintomi neurologici quali visione doppia, dilatazione delle pupille, paralisi dei nervi motori, perdita delle normali funzioni della bocca e della gola, perdita di coordinazione muscolare e, non infrequentemente, morte. Anche se la produzione di tossina non è stata mai rilevata in prodotti conservati a temperature di refrigerazione, gli abusi termici devono essere assolutamente evitati, soprattutto nei prodotti conservati in atmosfera modificata, al fine di prevenire la germinazione delle spore e lo sviluppo delle cellule vegetative e, di conseguenza, l’accumulo di tossina. Clostridium perfringens e Bacillus cereus producono enterotossine responsabili di crampi addominali e diarrea. Esistono anche ceppi emetici di Bacillus cereus che causano nausea acuta e vomito ma non diarrea. Le cellule di Clostridium perfringens non sono in grado di svilupparsi a temperature inferiori a 10-15 °C. Il rischio per la salute pubblica sorge quando un prodotto contaminato con le spore di questo microrganismo anaerobio viene lavorato e conservato in condizioni che rendono possibile la germinazione delle spore e lo sviluppo delle cellule vegetative, per esempio in caso di fluttuazioni termiche durante il trasporto e la vendita. Se una corretta catena del freddo previene lo sviluppo sia di Clostridium perfringens sia di Clostridium botulinum (con l’eccezione del tipo E, generalmente associato ai prodotti ittici), sono stati isolati ceppi psicrotrofi di Bacillus cereus capaci di moltiplicarsi durante la conservazione a 4 °C. Questi possono quindi rappresentare un potenziale rischio anche per i prodotti di quarta gamma refrigerati.
Foto R. Angelini
Virus I virus sono tra i principali responsabili di patologie trasmesse per via alimentare. Tuttavia, il loro contributo è spesso sottovalutato, anche per la mancanza di protocolli analitici standardizzati atti a rivelarne la presenza negli alimenti. Sono immessi nell’ambiente da individui infetti e, sebbene generalmente non possano moltiplicarsi nei prodotti alimentari, sono in grado di 465
utilizzazione sopravvivere durante la conservazione del prodotto, soprattutto in assenza dell’applicazione di trattamenti termici risananti, come nei vegetali di quarta gamma. Possono anche sopravvivere facilmente nelle acque, attraverso le quali contaminano i prodotti durante irrigazione e lavaggi. Sono noti almeno 150 tipi di virus enterici, che possono essere apportati dalle acque ed essere causa di svariate sintomatologie, che vanno dalle infezioni respiratorie alle gastroenteriti, fino alle meningiti. Ai prodotto freschi, tra i quali rientrano i vegetali di quarta gamma, sono spesso associati il virus dell’epatite A, i norovirus (Norwalk-like) e i rotavirus. Sono stati individuati come vettori di infezioni apportate dal consumo di vegetali (insalata e pomodori) e frutti (lamponi) freschi. Altri tipi di virus riscontrati in questi prodotti sono gli astrovirus, gli enterovirus, i parvovirus e gli adenovirus. I fattori che influenzano la sopravvivenza di questi virus nei prodotti alimentari, e in particolare nei prodotti di quarta gamma, sono perlopiù sconosciuti e costituiscono uno degli obiettivi prioritari di studio del prossimo futuro.
Foto R. Angelini
Aspetti normativi Le normative europee riguardanti la sicurezza e la qualità microbiologica delle insalate di quarta gamma discendono dal Regolamento 2073/2005 della Commissione Europea che disciplina i criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari e dalle modificazioni a esso apportate dal successivo Regolamento 1441/2007. Ovviamente le linee guida di questi due regolamenti hanno come presupposto che gli alimenti non debbano contenere microrganismi né loro tossine o metaboliti in quantità tale da rappresentare un rischio inaccettabile per la salute del consumatore. Per quanto riguarda la presenza di Listeria monocytogenes, i vegetali di quarta gamma, assieme ai germogli, ricadono nella categoria “alimenti che costituiscono terreno favorevole alla crescita di Listeria monocytogenes diversi da quelli destinati ai lattanti e a fini medici speciali”. Questa categoria prevede due possibili criteri. Il primo ammette la presenza massima di 100 ufc/g di questo batterio in un piano di campionamento con n = 5 e c = 0. Questo criterio si applica ai prodotti immessi sul mercato durante il loro periodo di conservabilità. Come specificamente definito nel Regolamento, “questo criterio si applica se il produttore è in grado di dimostrare con soddisfazione dell’autorità competente che il prodotto non supererà il limite di 100 ufc/g durante il periodo di conservabilità. L’operatore può fissare durante il processo limiti intermedi sufficientemente bassi da garantire che il limite di 100 cfu/g non sia superato al termine del periodo di conservabilità”. In alternativa, si applica il criterio dell’assenza qualitativa di Listeria monocytogenes in cinque campioni distinti
Foto G. Romagnuolo
466
aspetti microbiologici di 25 g ciascuno, determinata prima che gli alimenti non siano più sotto il controllo diretto dell’operatore del settore alimentare che li produce. Per quanto concerne invece Salmonella, la normativa europea per i germogli e le insalate di quarta gamma prevede l’assenza di questo patogeno (5 campioni di 25 g ciascuno) durante tutta la fase di conservabilità del prodotto. Le stesse direttive indicano anche i criteri di igiene che devono essere mantenuti durante il processo. Per i vegetali di quarta gamma questo criterio contempla il numero di Escherichia coli presente nel prodotto al termine della lavorazione. In verità, sia i coliformi totali sia quelli fecali (ed Escherichia coli è una specie riconducibile a queste popolazioni microbiche) sono stati per molto tempo considerati indice di contaminazione fecale (quindi di cattiva gestione igienica del processo) e spesso il loro numero viene anche considerato un indicatore indiretto della presenza di organismi patogeni con habitat analoghi (Salmonella, Vibrio, virus). Questo assunto è stato negli ultimi anni sempre più soggetto a revisioni critiche in base ai dati sperimentalmente acquisiti. Il Regolamento 2073/2005 riporta un parere del Comitato Scientifico per le Misure Veterinarie in relazione alla Salute Pubblica (CSMVSP) secondo il quale, riferendosi peraltro ai frutti di mare, “gli indicatori fecali convenzionali non sono affidabili per dimostrare la presenza di virus Norwalk simili (norovirus)”. Lo stesso Comitato indirizza piuttosto al conteggio di Escherichia coli come indicatore indiretto. Il CSMVSP si esprime altresì circa la presenza di Escherichia coli verocitossici (VTEC) sottolineando come sia “poco probabile che l’applicazione a VTEC O157 di una norma microbiologica per prodotti finali produca una riduzione significativa dei rischi connessi per i consumatori”. D’altro canto, il CSMVSP, nel caso specifico, individua la procedura migliore per prevenire questo rischio nella riduzione della contaminazione fecale e rimanda quindi ai criteri utilizzati per valutarla. Tra i prodotti a rischio per VTEC il CSMVSP individua specificamente “i prodotti freschi, in particolare i semi germogliati e i succhi di frutta e di ortaggi non pastorizzati”. Per quanto concerne dunque i criteri di igiene, per frutta e ortaggi pretagliati pronti al consumo la normativa comunitaria prevede limiti specifici per Escherichia coli durante tutto il processo di lavorazione. Le procedure di campionamento prevedono la preparazione di 5 campioni (n = 5, c = 2) con valori di riferimento per Escherichia coli pari a m = 100 ufc/g e M = 1000 ufc/g. Il risultato deve considerarsi soddisfacente se tutti i campioni presentano valori inferiori a m, accettabile se al massimo due campioni presentano risultati compresi tra m ed M e insoddisfacente se più di due campioni presentano risultati compresi in questo intervallo o nel caso che anche un solo campione presenti conteggi di Escherichia coli superiori a M.
Foto G. Romagnuolo
Foto G. Romagnuolo
Foto G. Romagnuolo
467
le insalate Foto R. Angelini
utilizzazione Refrigerazione e purificazione Giorgio De Ponti
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
utilizzazione Refrigerazione e purificazione Perché il freddo? Il freddo riesce a rallentare o arrestare le reazioni degenerative che naturalmente si sviluppano a temperatura ambiente sui prodotti. La refrigerazione è una tecnica di conservazione a breve scadenza; durante questo processo i liquidi organici non solidificano e restano attivi, lo sviluppo dei microrganismi e l’attività enzimatica rallentano. Attraverso il controllo dell’atmosfera che accompagna la refrigerazione, è possibile migliorare la conservazione e la qualità di alcuni alimenti. Il ciclo del freddo viene usato per rallentare il processo di maturazione di frutta e ortaggi. Nello specifico è noto a tutti che le insalate sia fresche sia confezionate vanno incontro a un processo di degradazione estremamente rapido. Da qui si capisce l’importanza della logistica e della conservazione della catena del freddo dalla raccolta all’esposizione nel supermercato. Con il trasporto in atmosfera controllata, è possibile garantire al prodotto tutti i parametri qualitativi di freschezza e salubrità richiesti dal consumatore finale. Le insalate raccolte, valorizzate e confezionate giungono sugli scaffali della grande distribuzione organizzata (GDO) il giorno successivo alla raccolta e presentano una shelf-life di 4 o 5 giorni a seconda delle varie tipologie di prodotto. Secondo la normativa la temperatura di conservazione del prodotto varia in base ai parametri di legge.
Epta
• Primo gruppo industriale in Europa
e terzo a livello mondiale per quota di mercato internazionale, Epta è leader nel settore della refrigerazione commerciale con un’anima Distribuzione Organizzata
• Sede a Milano, opera in Italia con
2500 dipendenti e nel 2010 ha potuto vantare un fatturato di oltre 400 milioni di euro, una capacità produttiva annua di circa 100.000 unità e una presenza commerciale capillare, su scala mondiale
• Specializzata nella produzione
e commercializzazione di banchi frigoriferi per prodotti freschi e surgelati, banchi a gruppo incorporato (plug-in), centrali di media e grande potenza e celle frigorifere, la multinazionale si è affermata, nel tempo, grazie a un radicato rapporto con il territorio e un’oculata strategia di internazionalizzazione
Temperature di proliferazione dei batteri patogeni Classificazione Lysteria monocytogenes
–0,4
Yersinia enterocolitica
–1,3
Aeromonas hydrophila
–0,1-1,2
Bacillus cereus Produzione di tossine
1 4
Clostridium botulinum Proteolitico Non proteolitico
10-12 3,3-5
Salmonella spp.
5,1
Escherichia coli
7,1
Staphylococcus aureus Produzione di tossine
7,7 14,3
Clostridium perfringens
>10
Campylobacter spp.
>10
da Walker
468
Temperatura minima di crescita (°C)
refrigerazione e purificazione Importanza del calore e della temperatura La degradazione dei nutrienti più preziosi, come quella dei componenti importanti nel determinare la qualità organolettica dei prodotti alimentari, è influenzata prima di tutto dalla temperatura. Il raffreddamento è il mezzo più semplice per diminuire la tendenza dei prodotti ad andare incontro a degradazione e modificazioni della qualità organolettica. La velocità con cui queste trasformazioni procedono dipende dalla temperatura, secondo l’equazione di Arrhenius.
Equazione di Arrhenius K = A ⋅ e – Ea/RT in cui: K = costante di equilibrio della reazione A = indice di qualità considerato E = energia di attivazione
Banco refrigerato nel supermercato Commercialmente i banchi refrigerati si distinguono per la temperatura di funzionamento e, conseguentemente, di conservazione degli alimenti. Dal punto di vista meccanico, si tratta di macchine che generano aria fredda destinata alla conservazione degli alimenti. Prendendo in considerazione le insalate nella totalità della gamma proposta, e in particolare differenziando il prodotto imbustato da quello fresco, appare immediatamente evidente come esistano due condizioni di refrigerazione ed espositive completamente diverse. Per l’imbustato abbiamo il packaging, che può aiutare il processo di conservazione e di mantenimento della temperatura a contatto del prodotto in quanto l’influenza dell’aria di raffreddamento viene mitigata dal contenitore; viceversa, per il fresco a favorire la conservazione sullo scaffale sono soltanto il ciclo dell’aria fredda e l’equilibrio delle temperature. Partendo dal presupposto che un banco frigorifero di vendita è preposto alla presentazione e all’esposizione del prodotto al consumatore, ne analizziamo il funzionamento e le condizioni operative.
R = costante dei gas T = temperatura assoluta
• Quando il ln K è rappresentato
in funzione di 1/T, questa espressione dà origine a una retta, la cui pendenza corrisponde all’Ea ln K = ln A – Ea RT
• Diminuendo la T, si abbassa la velocità di ogni evento, processo chimico, biologico e fisico
Alterazione del processo biochimico in funzione della temperatura Range di temperatura del banco
Attività metabolica ortofrutticola
Congelamento e formazione di cristalli
–40
–30
–20
–10
0
10
20
30
40
Banco refrigerato Zero°, supermercato Fegro a Eschborn (Germania)
Temperatura (°C)
469
utilizzazione Il banco refrigerato funziona con un raffreddamento a circolazione d’aria forzata che viene soffiata indirettamente sulla merce esposta tramite ventilazione meccanica e forzata ad attraversare un evaporatore, al quale cede calore. Ovviamente nella sua circolazione l’aria riceve calore dal prodotto esposto e raffreddandosi contribuisce al mantenimento della temperatura stabilita secondo la normativa. Il sistema di distribuzione per movimento meccanico a velocità lenta permette, attraverso canali d’aria all’interno del banco opportunamente predisposto, di raggiungere tutti i prodotti esposti mantenendo un equilibrio di temperatura su tutti i ripiani espositivi. La temperatura convenzionale si ottiene dalla media delle temperature presenti all’interno del banco, considerando anche l’estrema variabilità della tipologia della merce esposta. Nello specifico, secondo la normativa di legge la temperatura all’interno del banco può andare da un minimo di 0 a un massimo di +4 °C per la quarta gamma mentre è compresa tra +6 e +10 °C per frutta e verdura fresca; ciò permette una corretta conservazione sullo scaffale e una durata espositiva adeguata a un processo di vendita che sia il migliore possibile, diminuendo la quantità di prodotto scartato.
L’essenza di Epta è racchiusa in una parola: Eptology
• Un modo di essere, pensare, produrre
e vivere un futuro responsabile. Significa migliorare ogni giorno, in ogni attività, per rispondere al meglio alle esigenze dei clienti, dei dipendenti e dei partner e premiarne la fiducia
• Una visione che unisce e guida tutte
le persone che fanno parte del Gruppo e si traduce in un modo nuovo di vivere la sostenibilità, interpretandola con senso di responsabilità, sotto molteplici punti di vista. Il profitto, la crescita e il consolidamento dei marchi non costituiscono l’unico traguardo da raggiungere: il vero valore è legato al progresso sociale
Design Nel calcolo del mantenimento della temperatura entrano in gioco diversi fattori che possono incidere negativamente sulle prestazioni aumentando in maniera considerevole il fabbisogno energetico necessario: in primis le luci all’interno del banco normalmente usate per evidenziare la freschezza e la piacevolezza del prodotto. Com’è ben noto, la fonte luminosa emette calore e nel caso in cui sia posta all’interno della zona espositiva contribuisce a innalzare la temperatura; ne consegue che l’innovazione nel campo della luce è per così dire obbligatoria e necessaria. Ogni nuova fonte di luce viene studiata e monitorata per avere un triplice effetto: ridurre il consumo energetico, aumentare la durata della fonte luminosa diminuendo gli interventi manutentivi e valorizzare il prodotto esposto, argomenti assolutamente primari in tempi di crisi e difficoltà commerciali. Considerando che il banco refrigerato in oggetto ha un raffreddamento nella parte frontale con lama d’aria verticale, particolare attenzione viene dedicata al posizionamento dell’insalata, sia essa in packaging singolo o esposta direttamente, onde evitare sconfinamenti nella parte espositiva che taglierebbero la lama d’aria creando una zona fredda nel corridoio e aumentando il consumo energetico causato da una minore circolazione d’aria. Ideali per l’esposizione di prodotti freschi, i nuovi modelli riducono sensibilmente la dispersione del freddo in corsia, migliorando la conservazione della merce e il comfort delle persone all’interno
• Un neologismo originale, coniato per
essere riconducibile, in modo esclusivo e distintivo a Epta e su cui converge la vocazione aziendale: promuovere la crescita e lo sviluppo nel pieno rispetto dell’ambiente. Un nuovo brand, composto dai quattro colori, che identificano i valori a esso associati, e che singolarmente o in combinazione tra loro orientano ogni scelta e comportamento del Gruppo
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refrigerazione e purificazione del punto vendita. Inoltre, le prestazioni dei nuovi banchi sono state testate in conformità alla normativa UNI EN ISO 23953-2. Epta Green
Estetica e presentazione La stessa linea progettuale si adotta per l’estetica del banco refrigerato seguendo due principali direttrici: 1) aumentare la parte espositiva valorizzando il prodotto con design dedicato, ivi compresa l’accessoristica e la parte di caricamento e riempimento, al fine di diminuire il tempo di controllo dello scaduto; 2) fornire agli addetti strumenti adeguati a velocizzare le operazioni quotidiane. Un nuovo design si traduce in un’organizzazione più razionale dei prodotti esposti: i ripiani modulari, con divisori, permettono di separare le diverse categorie dei prodotti e di accrescerne l’ampiezza e la profondità di gamma. Gli scaffali trasparenti (destinati specificamente alla quarta gamma) e i profili ridotti, inoltre, conferiscono una maggiore leggerezza, in termini estetici, al banco e mettono in risalto l’esposizione complessiva degli articoli.
• Le proprietà del gas R744 (CO ), 2
utilizzato nella nuova famiglia di centrali in cascata Epta Green, assicurano numerosi vantaggi in termini sia di riduzione del carbon footprint sia di efficienza dell’impianto. Infatti, oltre a essere un fluido naturale, non è né infiammabile, né tossico, né esplosivo; al contrario, presenta il minor valore GWP (Global Warming Potential) tra i fluidi frigorigeni in commercio
• È importante sottolineare, a titolo
esemplificativo, che ogni chilogrammo di gas refrigerante tradizionale R404a (HFC) disperso nell’ambiente, secondo l’indice GWP, corrisponde a 3,750 kg di CO2, mentre ogni chilogrammo di R744 (gas naturale) equivale a un solo chilogrammo di anidride carbonica
Innovazione nella conservazione del fresco: la tecnologia EPTA Zero°/Extrem Si tratta di una tecnologia inedita che mantiene temperature corrette di conservazione dei cibi, facendo evaporare il gas refrigerante a 0 °C. Un risultato fino a oggi considerato irraggiungibile, in quanto le tradizionali soluzioni, presenti sul mercato, hanno un punto di evaporazione normalmente compreso tra i –7 e i –10 °C. ll risparmio energetico deriva da una produzione costante del freddo nelle ventiquattr’ore, che garantisce una perfetta conservazione della merce esposta, senza necessità di cicli di sbrinamento. Un importante traguardo, che permetterà una riduzione dei consumi energetici del 20%, rispetto alle soluzioni tradizionali per la refrigerazione commerciale, e diminuirà significativamente le emissioni CO2, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di ecosostenibilità dei clienti. Le performance di energy saving, per banco frigorifero, sono state testate a una temperatura ambiente di 25 °C, con un’umidità del 60%, nel laboratorio olandese indipendente TNO, accreditato come tester ufficiale Eurovent.
• Inoltre, se consideriamo l’unità di
misura TEWI (Total Equivalent Warming Impact), che indica l’impatto totale da effetto serra di una macchina o di un sistema energetico nel corso della sua vita utile, risulta chiaro quanto il suo valore sia più basso nella centrale Epta Green, rispetto alle centrali tradizionali che utilizzano HFC
Cella frigorifera Importanza dello stoccaggio nella catena del freddo Ripercorrendo i vari stadi della catena del freddo e considerando che la degradazione dei prodotti freschi è rapidissima, assumono un’importanza strategica la logistica di trasferimento del prodotto e lo stoccaggio all’interno del supermercato. Fondamentale risulta essere quindi la cella frigorifera, il trait d’union tra il camion e il banco refrigerato. Elemento che a livello di refri-
Centrale frigorifera a CO2 tipo Epta Green
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utilizzazione gerazione e di salubrità interna è considerato a tutti gli effetti di primaria importanza, e come tale realizzato e monitorato nell’intero ciclo di funzionamento. Ciò è garantito da variazioni minime di temperatura e umidità, e con una precisione costruttiva tale da consentire una migliore qualità dell’aria abbattendo i fattori inquinanti. A tal proposito Misa, che recentemente è entrata a far parte del gruppo Epta, realizza celle nelle quali l’isolamento termico delle pareti è realizzato con pentano, la cui molecola, facilmente degradabile, non produce alcun effetto inquinante. La struttura cellulare della schiuma è finissima e molto regolare. Grazie a ciò, e anche all’ottima adesione delle lamiere, la conduttività termica si mantiene assolutamente costante; pertanto, considerando il ciclo di vita della cella, il pannello espanso con pentano assicura un miglior isolamento termico rispetto alle schiume tradizionali. Ambiente e qualità dell’aria sul prodotto fresco La refrigerazione è uno dei settori fondamentali per un supermercato che sceglie tecnologie e soluzioni a minore impatto ambientale. Molti supermercati hanno già iniziato a prendere le distanze da refrigeranti ad alto effetto serra come gli HFC, per cercare vie alternative e naturali nella refrigerazione. Tra le possibilità più avanzate si è delineato l’utilizzo della CO2 come refrigerante naturale. L’aggettivo “naturale” è giustificato dalla normale presenza del gas nell’atmosfera e dal suo impatto ambientale praticamente nullo, non solo perché il GWP è molto basso (GWP = 1), ma anche perché la CO2 utilizzata come refrigerante viene recuperata da produzioni industriali. Rajendra M. Shendre, direttore della sezione per la protezione dell’ozono presso l’UNEP, all’apertura della conferenza internazionale Atmosphere2009 di ottobre a Bruxelles, ha affermato:
Cella frigorifera con pannello schiumato a pentano
Interazione tra ioni d’argento e batteri Rilascio di ioni d’argento
Batteri
Prodotto Ioni d’argento
Ripiani illuminati trasparenti dedicati alla quarta gamma
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refrigerazione e purificazione “L’efficienza energetica è il nostro quinto carburante. Non ha impatti negativi, non sottostà a monopoli di nessun tipo, non si esaurisce. L’efficienza energetica è una delle sfide e delle opportunità per un’economia verde”. Il freddo però non è in grado di distruggere le tossine microbiche, non può risanare né sterilizzare. Appare chiaro che la mancanza di packaging e la differente temperatura di conservazione inducono il prodotto fresco non confezionato a subire un’azione batterica e microbica rilevante. Come fare? A questo proposito ci viene in aiuto il banco refrigerato stesso. Come abbiamo già detto esiste una circolazione continua dell’aria fredda nelle ventiquattr’ore che agisce saturando l’interno del banco e una lama d’aria fredda che lo isola dall’ambiente circostante. Il processo che viene naturalmente in mente è la purificazione dell’aria, l’eliminazione e l’inibizione delle cariche microbiche e batteriche, in sintesi un ambiente protetto e non inquinato. Da qui l’ipotesi di un banco autoigienizzante nelle sue componenti principali, che costituisca una camera bianca di purificazione aerea. Il concetto è valido per tutti i prodotti freschi non confezionati e già ampiamente applicato nella refrigerazione domestica.
Temperature di proliferazione dei batteri patogeni
• I prodotti vegetali freschi pronti
al consumo sono per loro natura biologicamente dinamici e metabolicamente attivi. I processi metabolici includono: degradazione dei nutrienti (proteine, zuccheri, acidi, vitamine ecc.), degradazione cellulare e rammollimento tissutale, alterazioni dei pigmenti e delle colorazioni di base, formazione di metaboliti che possono alterare il gusto e il sapore
Tecnologie innovative: nanotecnologie Di recente sono state studiate nanotecnologie in grado di migliorare e prolungare lo stato di freschezza degli alimenti attraverso l’utilizzo di elementi naturali, in particolare l’argento, con proprietà antibatteriche e deodoranti. Le nanoparticelle d’argento (dimensioni dell’ordine di 1/1.000.000 mm) vengono inglobate nei materiali primari di costruzione del banco refrigerato, quali rivestimenti, filtri, polimeri, contenitori e sistemi di ventilazione. Quando l’aria circola, il contatto con le superfici rivestite con ioni d’argento, resistenti a tutti i batteri trasportati dall’aria, incide negativamente sul loro metabolismo cellulare inibendone la crescita e sopprimendone la respirazione. Nanoparticelle d’argento applicate ai contenitori a diretto contatto con il cibo, e in special modo nella vernice e su acciaio inox, impediscono la proliferazione batterica aumentando efficacemente la durata della freschezza e rendendo possibile la conservazione dei cibi molto più a lungo. La ricerca biomedica ha dimostrato che nessun microrganismo conosciuto per causare malattie (batteri, virus e funghi) può vivere più di qualche minuto in presenza di una traccia, seppur minuscola, di argento metallico. Un antibiotico, tanto per fare un paragone, uccide forse una mezza dozzina di differenti organismi patogeni, mentre l’argento ne elimina circa 650. Inoltre i ceppi resistenti non riescono a svilupparsi quando viene usato l’argento, mentre per il nostro organismo, come si è già detto, il metallo è virtualmente atossico.
Perché l’argento?
• Perché è un elemento naturale, che si
è dimostrato efficace nella lotta contro una vasta gamma di microbi. Privo di effetti negativi su persone, animali o piante, è veramente un antimicrobico naturale
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