Le Insalate - Mondo e Mercato

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Le insalate botanica | storia e arte | alimentazione | paesaggio coltivazione | ricerca | utilizzazione | mondo e mercato


le insalate Foto R. Angelini

mondo e mercato Insalate nel mondo Vito Vincenzo Bianco, Nicola Calabrese

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Insalate nel mondo Lattuga e cicorie Nelle statistiche della FAO la voce “Lettuce and Chicory” comprende tutte le tipologie di lattuga e cicoria, inclusi il radicchio e la cicoria Witloof, l’indivia e la scarola. Tali specie sono coltivate, con ampiezza diversa, in tutti i continenti. Nel 2009 nel mondo, la superficie superava di poco 1.100.000 ha e la produzione totale ammontava a circa 24.327.000 t. In Asia si concentra il 70 e il 63% rispettivamente della superficie e della produzione totale. A notevole distanza si colloca l’Europa, che occupa la seconda posizione per la superficie (13%) e la terza per la produzione (14%), mentre il Nord America è al terzo posto per la superficie (11%) e al secondo per la produzione (18%). Modesto è il contributo di Sud America, Africa e Oceania, rispettivamente con il 3, l’1 e lo 0,8% della produzione mondiale. La Cina, con 550.000 ha e 12.900.000 t (che rappresentano il 52% della superficie e il 54% della produzione mondiale), è di gran lunga il maggior Paese produttore. India, Stati Uniti, Italia e Spagna seguono nell’ordine con valori pari a 14, 10, 4 e 3% della superficie mondiale, mentre gli Stati Uniti, con 4.100.000 t, si collocano al secondo posto per la produzione totale, seguiti da Italia (946.000 t), India (927.000 t) e Spagna (875.000 t). Completano la graduatoria dei primi dieci Paesi produttori, nel 2009, Giappone, Turchia, Francia, Germania e Messico.

Coltivazioni nello Yunnan, in Cina: le insalate trovano spazio tra gli agrumeti

Foto R. Angelini

476


insalate nel mondo Superficie totale (ha) coltivata a lattuga e cicorie nei primi 10 Paesi del mondo 1990

2000

2009

India

111.000

Cina

330.250

Cina

550.000

Cina

105.700

India

120.000

India

152.642

Stati Uniti d’America

93.600

Stati Uniti d’America

113.819

Stati Uniti d’America

110.966

Italia

48.725

Italia

51.226

Italia

44.000

Spagna

35.100

Spagna

36.749

Spagna

32.400

Giappone

22.400

Giappone

22.000

Turchia

21.778

Francia

18.857

Francia

18.142

Giappone

20.000

Turchia

13.300

Turchia

17.500

Francia

16.000

Regno Unito

10.042

Bangladesh

11.331

Germania

15.000

Bangladesh

9992

Messico

9350

Messico

15.795

545.504

Mondo

837.261

Mondo

1.106.943

Mondo Fonte: FAO

Nel mondo, la superficie e la produzione totale sono entrambe aumentate notevolmente negli ultimi 50 anni. Nel 1961 venivano coltivati 415.000 ha e la produzione totale era di circa 7.000.000 t. Questi valori rimanevano pressoché invariati anche nel decennio

La Cina è il maggiore produttore di insalate nel mondo

Foto R. Angelini

477


mondo e mercato Produzione totale (t x 1000) di lattuga e cicorie coltivate nei primi 10 Paesi del mondo 1990

2000

2009

Stati Uniti d’America

3320

Cina

7255

Cina

12.856

Cina

2520

Stati Uniti d’America

4386

Stati Uniti d’America

4104

Spagna

985

Spagna

1015

Italia

946

Italia

910

Italia

969

India

927

India

717

India

785

Spagna

875

Giappone

517

Giappone

537

Giappone

535

Francia

486

Francia

509

Turchia

438

Regno Unito

299

Turchia

333

Francia

417

Belgio-Lussemburgo

197

Corea

203

Germania

347

Turchia

186

Messico

192

Messico

318

Mondo

11.560

Mondo

18.230

Mondo

24.327

Fonte: FAO

successivo, mentre dal 1980 al 2009 la superficie è più che raddoppiata (da 472.000 a 1.107.000 ha) e la produzione totale è triplicata passando da 8.000.000 a più di 24.000.000 t, principalmente per la notevole diffusione della coltivazione in Cina. Infatti dal 1970 al 1990 la superficie in Cina passava da 52.000 a 106.000 ha e la produzione da 1.100.000 a 2.500.000 t. Nei Mercato ortofrutticolo a Lijiang, Cina

Foto R. Angelini

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insalate nel mondo

Foto R. Angelini

1200

30

1000

25

800

20

600

15

400

10

200

5

0

1961

1970

Superficie

1980

1990

2000

2009

Produzione (t × 1.000.000)

Superficie (ha × 1000)

Superficie e produzione totale di lattuga e cicorie nel mondo

0

Produzione

Fonte: FAO

vent’anni successivi si registrava un ulteriore forte incremento della coltivazione; nel 2009 la superficie era di 6 volte superiore a quella del 1990 e la produzione totale di 12 volte. La supremazia della Cina come principale produttore nello scenario mondiale risale alla metà degli anni ’90. Infatti, fino al 1993 gli Stati Uniti hanno occupato il primo posto con una produzione di quasi 1.000.000 t più

I cavoli cinesi sono un’alternativa alle tradizionali colture orticole a raccolta autunnale

Coltivazione di lattuga in Chiapas, Messico

Foto R. Angelini

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mondo e mercato

600

14.000

500

12.000 10.000

400

8000

300

6000

200

4000

100 0

2000 1970 Superficie

1980

1990

2000

2009

Produzione (t × 1000)

Superficie (ha × 1000)

Superficie e produzione totale di lattuga e cicorie in Cina

0

Produzione

Fonte: FAO

elevata rispetto a quella cinese; dal 1994 la produzione in Cina ha superato, di poco, quella americana e da allora il divario tra i due maggiori produttori è progressivamente aumentato. Attualmente la produzione in Cina è più del triplo di quella americana e di 13 volte superiore a quella dell’Italia, terzo produttore mondiale. A Taiwan si coltiva nelle zone montane, nelle contee di Taipei, Changua, Yunlin e Chiayi, da ottobre a febbraio, ossia nel periodo durante il quale in Giappone e Stati Uniti il prodotto scarseggia. Coltivazione di lattuga iceberg in Messico

Foto R. Angelini

480


insalate nel mondo Produzione totale di lattuga e cicorie in Cina e Stati Uniti 14.000 12.000

t × 1000

10.000 8000 6000 4000 2000 0

1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2009 USA

Cina

Fonte: FAO

L’India, che occupa il secondo posto per la superficie coltivata (152.642 ha nel 2009), retrocede invece alla quarta posizione per la produzione totale (927.000 t); dal 1960 al 2009 è stato registrato un forte incremento della superficie e della produzione, che sono passate rispettivamente da 55.000 a 152.642 ha e da 250.000 a 927.000 t. Tra i Paesi in cui la produzione è in forte ascesa si segnala la Turchia; infatti dal 1990 al 2009 la superficie coltivata è aumentata da 13.300 a 22.000 ha, mentre nello stesso periodo la

140

900

120

800 700

100

600

80

500

60

400 300

40

200

20 0

Produzione (t × 1000)

Superficie (ha × 1000)

Superficie e produzione totale di lattuga e cicorie in India

100 1961

1970

Superficie

1980

1990

2000

2009

0

Produzione

Fonte: FAO

481


mondo e mercato Superficie e produzione di lattuga e cicorie nei principali Paesi europei nel 2009 Lattuga e cicorie in Europa

Superficie (ha)

• L’Europa occupa il secondo posto nel

mondo, dopo l’Asia, per la superficie coltivata (141.700 ha, pari al 13% del totale mondiale nel 2008) e il terzo per la produzione (3.340.000 t, pari al 14%), preceduta anche dal Nord America

• I maggiori produttori europei sono Spagna (1.000.000 t), Italia (848.000 t) e Francia (420.000 t), che assieme raggiungono il 70% circa della produzione totale; seguono Germania (316.000 t), Regno Unito (124.000 t) e Portogallo (101.000 t). Completano la graduatoria dei primi dieci Paesi produttori Paesi Bassi, Grecia, Belgio e Svizzera

Produzione (t)

Italia

44.000

Italia

945.800

Spagna

32.400

Spagna

875.000

Francia

15.939

Francia

416.698

Germania

14.968

Germania

346.562

Regno Unito

6000

Regno Unito

125.000

Grecia

5113

Portogallo

102.300

Portogallo

4550

Grecia

90.000

Svizzera

3691

Paesi Bassi

86.000

Paesi Bassi

3500

Svizzera

70.543

Belgio

1838

Belgio

69.400

Europa

141.708

Europa

3.332.614

Fonte: FAO

produzione è cresciuta da 186.000 a 438.000 t. L’Italia è il primo produttore europeo con circa 946.000 t nel 2009 e precede Spagna (875.000 t), Francia (417.000 t), Germania (347.000 t) e Regno Unito (125.000 t). In Africa lattughe e cicorie sono state coltivate nel 2009 su 15.164 ha con una produzione totale di 278.651 t. L’Egitto è il primo produttore (5000 ha e 120.000 t), seguito da Niger (4266 ha e 66.464 t) e Sud Africa (2500 ha e 37.814 t). Minore importanza rivestono nell’ordine Tunisia, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia e Marocco. Per quanto riguarda l’esportazione di lattuga e cicorie, Spagna (560.000 t) e Stati Uniti (381.000 t) sono ai primi due posti nel mondo, seguiti da Paesi Bassi, Italia e Messico, con poco più di 100.000 t ciascuno. Cina, Belgio, Francia, Germania e Giordania completano la graduatoria dei primi dieci Paesi esportatori. Se si considera invece il prezzo di vendita, Francia e Belgio sono in cima alla graduatoria, con 1833 e 1786 dollari USA/t, seguiti da Italia e Paesi Bassi (1770) e Germania (1377), mentre la Spagna vende a 1179 dollari USA/t. Le notevoli differenze nei prezzi di vendita si giustificano soprattutto con le diverse tipologie di prodotto esportato; per esempio, Francia e Belgio esportano prevalentemente la cicoria Witloof, l’Italia il radicchio, che spuntano prezzi maggiori rispetto alle lattughe. I Paesi maggiori importatori sono Canada e Germania, rispettivamente con 300.0000 e 281.000 t, seguiti da Regno Unito (183.000 t), Stati Uniti (124.000 t) e Francia (88.000 t). L’Italia si posiziona all’ottavo posto con 52.000 t.

Importanza economica delle insalate in Europa

• La Spagna, con 560.000 t nel 2008, è il

maggior esportatore mondiale, seguita in Europa da Paesi Bassi e Italia (circa 107.000 t), Belgio (77.000 t) Francia (61.000 t) e Germania (35.000 t). Il corrispondente valore delle esportazioni nel 2008 è stato pari a 659 milioni di dollari USA per la Spagna, 190 milioni per i Paesi Bassi e l’Italia, 138 e 111 milioni rispettivamente per il Belgio e la Francia

• Per le importazioni, la Germania occupa il primo posto in Europa e il secondo nel mondo, con 281.000 t per un controvalore di 419 milioni di dollari seguita da Regno Unito con 182.000 t (301 milioni) e Francia con 88.000 t (115 milioni). Più indietro si trovano Paesi Bassi, Italia e Belgio

482


insalate nel mondo Gli Stati Uniti risultano ai primi posti sia per l’esportazione sia per l’importazione; questa apparente contraddizione si spiega con l’andamento stagionale della produzione e con la diversa tipologia di prodotto scambiato. L’esportazione durante il periodo marzo-novembre riguarda prevalentemente la lattuga iceberg, che è destinata principalmente a Canada (80% circa), Messico e Giappone. Le importazioni provengono soprattutto da Messico (più del 50% del totale) e Canada. Il bilancio tra le attività di importazione ed esportazione è nettamente a favore di quest’ultima. Per lo spazio limitato, si riserverà un’analisi più dettagliata ai principali Paesi produttori e all’Australia per l’emisfero sud.

Introduzione della lattuga in America

• La lattuga fu introdotta nel continente

americano da Cristoforo Colombo, probabilmente in occasione del suo secondo viaggio. La prima testimonianza della presenza della lattuga nelle Americhe sembra risalire al 1494 a opera di Peter Martyr, che ne segnala la coltivazione nell’isola Isabella (attuale Crookeed Island, nell’arcipelago delle Bahamas). L’esploratore italiano Girolamo Benzoni (1519-1570) riporta che all’epoca la lattuga era diffusa nell’isola di Haiti, e nel 1647 Nieuhoff riferisce della coltivazione della lattuga in Brasile. La lattuga si diffuse in Nord America con la migrazione delle popolazioni europee. Verso la fine del Settecento la lattuga era comunemente coltivata negli Stati Uniti in piccoli orti familiari e destinata all’autoconsumo; solo successivamente si diffuse la coltivazione in appezzamenti più grandi nei dintorni delle città

Stati Uniti La lattuga nel Nord America fu introdotta dai primi coloni europei. Già nel 1806 McMahon, produttore di sementi, descriveva 16 tipologie di lattuga coltivate negli Stati Uniti, mentre nel 1828 il catalogo di semi da orto Thorburn riportava 13 varietà, che diventarono 23 nel 1881. Nel rapporto della Stazione sperimentale agraria di New York del 1885 sono descritte 87 varietà di lattuga, indicate con 585 nomi e sinonimi. All’inizio del Novecento lo sviluppo delle tecniche di refrigerazione, la disponibilità negli Stati occidentali dei mezzi di trasporto refrigerati e la costituzione delle prime imprese di spedizione diedero forte impulso alla commercializzazione e ai consumi della lattuga su tutto il territorio nordamericano. Nel 1961 la superficie coltivata a lattuga e cicoria sfiorava i 90.000 ha e fino al 1990 rimaneva pressoché costante, con valori intorno a 95.000 ha, mentre nel 2000 raggiungeva i 114.000 ha.

Foto R. Angelini

Superficie (ha × 1000)

120 100 80 60 40 20 0

1961

1970

Superficie

1980

1990

2000

2009

5000 4500 4000 3500 3000 2500 2000 1500 1000 500 0

Produzione (t × 1000)

Superficie e produzione totale di lattuga e cicorie negli Stati Uniti

Produzione

Fonte: FAO

483


mondo e mercato Calendario di raccolta della lattuga negli Stati Uniti California

Gen

Feb

Mar

Apr

Mag

Giu

Lug

Ago

Set

Ott

Nov

Dic

Imperial Valley/Palo Verde Valley Ventura County Santa Maria Valley Firebaugh-Panoche Brentwood-Patterson Salinas-Watsonville Kern County Hollister-San Juan Bautista San Joaquin Valley

Arizona Florida Impianto

Raccolta

La produzione totale ha mostrato invece un andamento molto diverso rispetto a quello della superficie; infatti nel 1961 ammontava a 1.726.000 t, mentre nel 2000 era più che raddoppiata, raggiungendo 4.386.000 t. Attualmente gli Stati Uniti si collocano al terzo posto nella graduatoria mondiale per la superficie coltivata e al secondo per la produzione totale (circa 108.000 ha e 3.924.000 t nel 2010). Inoltre la lattuga, con circa 2,17 miliardi di dollari nel 2009, è l’ortaggio più importante in termini di valore della produzione. La coltivazione è concentrata in California e Arizona, rispettivamente con il 75 e il 22% circa della produzione totale. Quantitativi marginali provengono da Colorado, Florida, New Jersey, New Mexico, New York e Washington. In California, le aree maggiormente interessate sono Salinas Valley (dove sono presenti le più importanti imprese di commercializzazione e spedizione), Santa Maria Valley, Imperial Valley, San Joaquin Valley, San Juan Bautista, Ventura County, Palo Verde Valley. In Arizona le zone di produzione più importanti sono le contee di Yuma, Cochise, Maricopa, Pinal e Pima. Le differenti condizioni climatiche delle aree di produzione e le diverse tecniche di coltivazione, in pien’aria (anche con utilizzo di pacciamatura e di agrotessile), coltura pro484


insalate nel mondo Consumo annuo pro capite di lattuga negli Stati Uniti 14

Importanza economica della lattuga negli Stati Uniti

12

• Con 2,17 miliardi di dollari nel 2009,

10

corrispondenti al 20% del valore totale di tutti gli ortaggi freschi, la lattuga è al primo posto negli Stati Uniti, in termini di valore della produzione. Al secondo posto si colloca il pomodoro da consumo fresco con 1,3 miliardi di dollari. La iceberg rappresenta il 53% del valore, e il restante 47% si riferisce alla lattuga romana e a quelle da taglio. Negli ultimi dieci anni il prezzo al dettaglio della iceberg è rimasto pressoché costante, con valori compresi tra 1,8 e 2 dollari/kg, mentre quello della lattuga romana è aumentato di circa il 40% dal 2006 al 2010, raggiungendo i 4 dollari/kg. Oltre il 90% della lattuga consumata negli Stati Uniti è di provenienza nazionale

Kg

8 6 4 2 0

1970

1975

Iceberg

1980

1985

1990

1995

Romana e lattuga da foglia

2000

2005

2008

Scarola e indivia

Fonte: Economic Research Service, USDA

tetta, fuori suolo, consentono la raccolta durante tutto l’anno. La maggior parte della produzione del periodo aprile-ottobre proviene dalla Salinas Valley, mentre da novembre a marzo da Imperial Valley e Arizona. Nel 2010, per il quarto anno consecutivo, la ridotta disponibilità di acqua irrigua, causata dalla riduzione delle precipitazioni nevose e dalla conseguente carenza nei bacini di raccolta, ha rappresen-

• Gli Stati Uniti sono al secondo posto

dopo la Spagna per l’esportazione di lattuga (320.410 t nel 2009). I principali destinatari delle esportazioni sono il Canada, con circa l’85% del totale, e il Messico

Foto R. Angelini

Coltivazione di insalate in Cina in mezzo a risaie e agrumeti

485


mondo e mercato tato un serio problema per i coltivatori californiani. La maggior parte della lattuga destinata alla commercializzazione sui mercati è confezionata direttamente in campo, mentre quella destinata all’industria di lavorazione è trasportata in appositi contenitori. La coltivazione con metodo biologico ha interessato nel 2008 circa 11.200 ha; California e Arizona sono i maggiori produttori con il 77 e il 20% rispettivamente. Tra le varie tipologie di lattuga coltivate negli Stati Uniti, la iceberg rappresenta attualmente circa il 60% della produzione totale, seguita dalla lattuga romana e da quella da taglio, rispettivamente con il 30 e il 10%. In California la lattuga iceberg è coltivata prevalentemente durante il periodo invernale (35% sul totale della coltivazione annuale); seguono estate e primavera con il 25 e 21% rispettivamente, infine l’autunno con il 19%. Fino ai primi anni ’90 la iceberg costituiva il 90% circa della produzione totale; con l’introduzione e la diffusione dei prodotti di quarta gamma, è aumentata notevolmente la coltivazione di altre tipologie. I dati sul consumo pro capite di lattuga negli ultimi quarant’anni evidenziano l’incremento del consumo della iceberg da 10 a 12,5 kg, registrato tra il 1970 e il 1990, corrispondente all’88% circa del consumo totale di lattuga e, successivamente, la riduzione notevole (fino a 7,5 kg) osservata nel 2008 (60% del totale). Di contro, il consumo di lattuga romana e da taglio, che nel 1985 era di poco superiore a 1 kg (11% del totale), ha raggiunto i 5 kg nel 2008, pari al 40% del consumo di lattuga negli Stati Uniti. La causa di questi cambiamenti è dovuta alla crescente popolarità delle insalate di quarta gamma, introdotte alla fine degli anni

Perché alcune lattughe si chiamano “iceberg”

• La lattuga a cappuccio a foglia riccia

del tipo “cavolo di Napoli”, riportata nel 1856 nel catalogo VilmorinAndrieux, pare sia stata migliorata nel 1894 dalla ditta sementiera Burpee Seeds Co. Successivamente, nel 1941, furono introdotti i tipi “Great Lakes”, tutti commercialmente chiamati iceberg. Il nome “iceberg” deriva dalla parola olandese ijsberg, che significa montagna (berg) di ghiaccio (ijs), termine simile al danese isbjerg e al tedesco Eisberg. Il nome dato a questa tipologia di lattuga allude al fatto che essa veniva confezionata e trasportata su ghiaccio tritato per preservarne la freschezza. I grumoli emergenti dal ghiaccio ricordavano appunto gli iceberg che galleggiavano sul mare

Trapiantatrice

Foto R. Angelini

486


insalate nel mondo ’80, e al consumo sempre più diffuso di insalate nei fast food, in particolare la Caesar salad. Si stima che attualmente circa il 25% della lattuga iceberg è destinato alla produzione di insalate di quarta gamma. In considerazione della continua diversificazione dell’offerta di prodotti di quarta gamma sul mercato, è probabile prevedere nei prossimi anni ulteriori mutamenti per quanto concerne le tipologie coltivate e i consumi di lattuga.

Insalate di quarta gamma in Spagna

• Il consumo dei prodotti di quarta

gamma è in continua crescita e attualmente riguarda più del 60% delle famiglie spagnole. Nel 2008 circa 7,7 milioni di famiglie ha acquistato questi prodotti almeno una volta l’anno; il quantitativo medio acquistato è stato di 2,8 kg/anno. Nel 2010 sono state commercializzate 70.600 t di prodotti di quarta gamma, con un incremento del 6% rispetto al 2009. Gli ortaggi, con 69.100 t (+6% rispetto al 2009), rappresentano il 98% del mercato totale, mentre risulta ancora marginale il contributo offerto dalla frutta (1500 t), anche se questo comparto ha fatto registrare un aumento del 9,5% rispetto all’anno precedente. L’81% del volume totale è stato commercializzato dal settore retail (vendita al dettaglio), mentre il rimanente 19% è stato destinato al settore HoReCa (Hotels, Restaurants and Catering). Il valore delle vendite ha raggiunto complessivamente circa 200 milioni di euro, in aumento dell’1%, nonostante la diminuzione del prezzo medio di vendita

Spagna La Spagna è il quinto produttore mondiale di lattuga e cicorie (il secondo in Europa) con 875.000 t (le statistiche nazionali riportano invece 975.000 t) nel 2009 e con 32.000 ha per la superficie coltivata. Negli ultimi cinquant’anni superficie e produzione sono progressivamente aumentate sino a raddoppiarsi. Dal 1961 al 1980 la superficie è passata da 16.000 a 23.000 ha e la produzione da 421.000 a 538.000 t; nel decennio successivo quest’ultima è quasi raddoppiata, raggiungendo 985.000 t. Dal 1990 al 2009 la produzione non ha subito notevoli variazioni e si è attestata su circa 900.000 t. Le regioni maggiormente interessate alla produzione della lattuga sono quelle di Murcia e Andalusia (soprattutto nelle aree intorno alle città di Almeria e Granada) con 300.000 t ciascuna; queste due regioni assieme contribuiscono per il 63% della produzione nazionale. Seguono Comunità Valenciana (aree di Alicante e Valencia) con 79.000 t, Castilla-Mancha (zona di Albacete) e Castilla y Leon, con circa 4000 ha ciascuna. Da sottolineare il notevole calo della superficie coltivata e della produzione totale registrato negli ultimi dieci anni in Catalogna, dove dal 2002 al 2009 la produzione si è dimezzata, passando da

Superficie coltivata e produzione totale di lattuga e cicorie in Spagna 40

1200

30 800

25 20

600

15

400

10 200

5 0

Fonte: Afhorla (Associazione spagnola dei produttori di quarta gamma)

1000 Produzione (t × 1000)

Superficie (ha × 1000)

35

1961

1970

Superficie

1980

1990

2000

2009

0

Produzione

Fonte: FAO

487


mondo e mercato Superficie e produzione di lattuga in Spagna e nelle principali province nel 2002 e 2009 Superficie (ha) Andalusia

Produzione (t x 1000)

11.332

11.150

277,2

301,7

Regione di Murcia

9863

12.141

290

302,3

Comunità Valenciana

2780

2790

71,5

78,5

Catalogna

2410

1029

75,5

30,7

Madrid

1122

100

22,4

2

Castilla y León

937

1031

40,3

42,3

Castilla-Mancha

758

1288

35,2

40,4

33.225

32.415

914,9

975,3

Spagna

Fonte: Avances de superficies y producción agricolas

76.000 a 31.000 t, e nella provincia di Madrid, dove la produzione si è ridotta a un decimo, da 22.000 t nel 2002 a solo 2000 t nel 2009. La iceberg, introdotta nel 1970, oggi è la tipologia di lattuga di gran lunga più coltivata. La produzione invernale è concentrata nella regione di Murcia e in Almeria, dove è coltivata sia in pien’aria sia in ambiente protetto, e viene in buona parte esportata, prevalentemente in Europa, mentre la produzione estiva e autunnale si sta espandendo soprattutto nella zona di Albacete e Granada. La coltivazione delle varie tipologie di lollo è più diffusa in Catalogna ed è destinata principalmente a prodotti di quarta gamma.

Coltivazioni miste di lollo in serra multitunnel nella Piana del Sele

Foto F. Di Benedetto

488


insalate nel mondo Negli ultimi anni è stato osservato il forte incremento, soprattutto nella regione di Murcia, della coltivazione delle lattughe Little Gem (definite mini-romane), inizialmente destinate all’esportazione, ma che stanno ottenendo notevole successo anche sul mercato interno. La dimensione ridotta dei grumoli, la croccantezza delle foglie e il sapore dolce di questa tipologia di lattuga sono molto apprezzati dai consumatori britannici. La diversificazione varietale e il posizionamento di nuove tipologie sono essenziali perché il mercato della lattuga iceberg appare sempre più competitivo per la presenza di numerosi concorrenti. Italia La lattuga è stata coltivata sin dall’epoca romana, durante la quale si affermò la consuetudine di consumarla cruda. Le rilevazioni statistiche in Italia forniscono dati aggregati complessivi su superfici e produzioni di insalate fino al 1965, anno da cui si dispone di informazioni per le singole voci: lattuga, indivia (riccia e scarola), radicchio (o cicoria). Dal 1965 al 1990 la superficie coltivata a lattuga in pien’aria si è attestata intorno ai 19.000 ha. In seguito la superficie è progressivamente diminuita fino ai 17.066 ha, rilevati nel 2010. La produzione totale, invece, è leggermente cresciuta, pur nell’ambito di oscillazioni annuali, dalle 343.400 t del 1965 alle 389.000 t del 2010. Si coltiva soprattutto nel Mezzogiorno (circa il 70% del totale nazionale). La Puglia con 4800 ha è al primo posto, seguita da Sicilia (2180 ha) e Campania (1800 ha). Indicazioni diverse forniscono i dati sulla coltivazione della lattuga in serra; la superficie e la produzione sono notevolmente

t

Superficie e produzione in pien’aria di lattuga e cicorie in Italia 1.000.000 900.000 800.000 700.000 600.000 500.000 400.000 300.000 200.000 100.000 0

1960 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 Indivia e scarola

Lattuga

Radicchio o cicoria

Totale

Fonte: ISTAT

489


mondo e mercato Superficie e produzione in serra di lattuga in Italia 4500

160

4000

140

3500

120

3000

100

2500

80

2000

60

1500 1000

40

500

20

0

1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 Superficie

Produzione (t × 1000)

Superficie (ha)

Foto R. Angelini

0

Produzione

Fonte: ISTAT Foto R. Angelini

aumentate: da 181 ha e 5000 t del 1975 a 619 ha e 12.760 t nel 1985, quindi 1401 ha e 42.360 t nel 1995. L’incremento è proseguito negli ultimi quindici anni e nel 2010 sono stati registrati più di 4000 ha e 141.000 t. La Campania occupa il primo posto nella graduatoria nazionale. Nel 1980 la superficie ammontava a 78 ha con produzione di 1025 t, nel 1990 era salita a 560 ha (16.080 t) e nel 2000 interessava 1082 ha (31.970 t). In seguito la superficie cresceva ulteriormente: nel 2005 arrivava a 1720 ha (53.372 t) e nel 2010 toccava 1811 ha con 59.094 t. Il 60% circa della produzione campana proviene dalla provincia di Salerno. La lattuga in pien’aria in regime biologico nel 2009 è stata coltivata su 328 ha e le regioni ai primi posti risultano Campania (73 ha), Sicilia (72 ha) e Calabria (71 ha). Il valore della produzione italiana di lattuga nel 2010 si aggira sui 433 milioni di euro. Le prime esportazioni di lattuga furono effettuate nel 1907 dalla Toscana. Il consumo pro capite annuo medio è di circa 5,3 kg, con meno di 2 kg nell’Italia nordoccidentale e 9 kg per quella centrale. Francia La lattuga viene menzionata per la prima volta nel Capitulare de villis, famosa ordinanza emanata tra il 770 e l’800 da Carlo Magno, all’epoca il più grande proprietario terriero in Europa, che riportava le istruzioni ai suoi amministratori sulla corretta gestione delle attività rurali. La lattuga romana sembra essere stata introdotta in Francia dai papi ad Avignone. Il ciambellano di Carlo V, Bureau de la Rivière, la introdusse a Parigi in seguito a un viaggio diplomatico ad Avignone, compiuto nel 1389. Le prime notizie sulla lattuga a cappuccio risalgono al 1543; nel XVII e nel XVIII secolo aumen490


insalate nel mondo Varietà di “insalate” inserite nel catalogo della CE suddivise per specie e per Paesi di registrazione Scarola Paesi Bassi

58

Paesi Bassi

887

Francia

25

Francia

336

Italia

19

Spagna

110

Altri

7

Italia

108

Rep. Ceca

69

Polonia

57

TOTALE

Panorama varietale delle insalate in Europa

Lattuga

109 Cicorie e radicchi

Italia

48

Slovacchia

41

Paesi Bassi

28

Germania

38

Francia

7

Regno Unito

26

Altri

6

Ungheria

23

TOTALE

89

Altri

58

TOTALE

Valerianella 18

Francia

16

Germania

11

Paesi Bassi

53

Altri

4

Francia

30

TOTALE

49

Italia

15

Altri

12

Francia

35

Olanda

23

Italia

1

Altri

3

TOTALE

62

erano iscritte 125 cultivar di lattuga, 132 nel 1990 e 246 nel 2002. Nel 2010 risultano iscritte al catalogo della CE, complessivamente, più di 2100 cultivar di lattuga, scarola, Witloof, cicorie, radicchio e valerianella

• I Paesi Bassi detengono il primato con

quasi il 50% del totale, ai quali seguono la Francia (20%), l’Italia (9%) e la Spagna (5%); il restante 15% circa è suddiviso tra gli altri Stati europei

• La specie che conta il maggior numero di cultivar è la lattuga, con 1753 registrazioni. I Paesi Bassi con 887 iscrizioni, la Francia (336), la Spagna (110) e l’Italia (108) sono ai primi posti

1753

Paesi Bassi

Cicoria Witloof

• Nel primo Catalogo Ufficiale (1952)

Indivia

TOTALE

• La cicoria Witloof conta 110 cultivar,

la scarola 109, la valerianella 49. Per quanto riguarda le cicorie e i radicchi, l’Italia si pone al primo posto con 48 cultivar, oltre la metà del totale

110

Fonte: GUCE del 29/10/2010 e successive integrazioni

tano le varietà e inizia la pratica della forzatura. Nel XIX secolo assume importanza nelle principali aree orticole e successivamente inizia la coltivazione in serra. Nel 1883 erano inserite nel catalogo Bon Jardinier 43 cultivar di lattuga, mentre nel 1925 Vilmorin ne riportava 147. La superficie coltivata a lattuga e cicoria è progressivamente diminuita negli ultimi cinquant’anni, passando dal 1961 al 2009 da 25.000 a 16.000 ha, di cui circa 12.000 destinati a lattuga ed equamente distribuiti tra inverno ed estate. Nello stesso periodo la produzione totale è oscillata intorno alle 450.000 t; in particolare, 491


mondo e mercato Ripartizione percentuale della produzione di lattuga1 nei principali bacini di produzione in Francia nel 2009 Sud-Est

58

Corsica, Languedoc-Roussillon, Provence-Alpes-Côte d’Azur, Rhône-Alpes

Nord

11

Ile-de-France, Nord-Pas-de-Calais, Picardie, Haute Normandie

Ovest

9

Basse-Normandie, Bretagne

Sud-Ovest

9

Acquitaine, Midi-Pyrénées

Centro-Ovest

7

Centre, Pays-de-la-Loire

Fonte: Agreste Infos Rapides, Min. Agr. Alim. Pêche, Rur. Amen. Territ. 1 La produzione totale è pari a 344.000 t

nel 2009 è stata di 417.000 t (il 70% circa riferibile alla lattuga). La coltura si è sviluppata in alcune aree, privilegiate soprattutto per la vicinanza ai centri di consumo (Nord, Ile-de-France, Rhône-Alpes), per le favorevoli condizioni climatiche (Roussillon, Bretagne) o per ambedue le ragioni (Bassa valle del Rodano e Pays-de-laLoire). La produzione si concentra prevalentemente da ottobre a febbraio; il massimo si verifica nel mese di dicembre. Nel periodo invernale (dicembre-marzo) viene raccolta la coltura effettuata in tunnel-serra. In merito alle tipologie, quella più coltivata è la Batavia (38%), seguita da lattuga da taglio o lattughino (33%), altre lattughe a cappuccio (26%) e romana (3%). La lattuga romana nell’ultimo ventennio ha subito una drastica riduzione passando dal 10% nel 1990 al 3% nel 2010. Il saldo netto degli scambi con l’estero è negativo. Nel 2010 la Francia ha importato circa 58.000 t principalmente nel periodo gennaio-giugno, soprattutto da Spagna (62%) e Belgio (17%), mentre ha esportato circa 27.000 t con picco in gennaio, principalmente in Germania (38%), Regno Unito (12%) e Italia (8%). Il consumo pro capite si attesta su circa 8 kg/anno. Portogallo Si coltiva nella zona di Aveiro Pòvoa de Varzim (distretto di Oporto), nella regione centro-occidentale a Montijo e Odemira e nel Sud a Faro e Olhao (Algarve). Australia La lattuga, con 7400 ha e 165.000 t, nel 2009 ha occupato il primo posto tra gli ortaggi coltivati. Le differenti condizioni pedoclimatiche presenti nel territorio australiano consentono la raccolta durante tutto l’anno. Le aree più importanti di produzione sono ubicate lungo la costa orientale, in particolare nel Queensland e nello stato di Victoria, rispettivamente con il 35 e il 32% della produzione totale. Il Queensland è caratterizzato da clima tropicale e fornisce gran parte della produzione durante l’inverno, mentre più a sud, nello stato di Victoria, con clima mediterraneo, gran parte 492


insalate nel mondo Foto G. Romagnuolo

della produzione ha luogo in estate. La coltivazione in pien’aria rappresenta circa l’80% del totale; la coltura protetta, anche con il metodo idroponico, è diffusa soprattutto nelle aree intorno alle città di Sydney e Brisbane. Il 95% circa della produzione è destinato al mercato nazionale. Tra le tipologie di lattuga, le più importanti sono la iceberg e la romana, anche se negli ultimi anni si stanno diffondendo quelle da taglio e a cappuccio a foglia liscia. La tecnica colturale pone particolare attenzione alla razionalizzazione dell’irrigazione e alla riduzione del consumo di acqua. Per Orto familiare in Cambogia e termitaio sullo sfondo

Foto R. Angelini

493


mondo e mercato questo motivo è in forte aumento la coltivazione con metodo idroponico, che assicura anche migliori caratteristiche qualitative e igienico-sanitarie del prodotto finale. Il consumo pro capite è notevolmente aumentato negli ultimi dieci anni, passando dai 6 kg del 1999 ai 9,5 del 2009. La lattuga viene esportata a Singapore, in Indonesia e in Malesia.

Foto R. Angelini

Radicchio La coltivazione del radicchio di Treviso probabilmente ebbe inizio nel XVI secolo, a Dosson, frazione del comune di Casier (TV). Si pensa che l’agronomo belga Francesco Van den Borre abbia contribuito a mettere a punto la tecnica della forzatura, nel 1860. Un altro benemerito è l’agronomo Giuseppe Benzi, che si adoperò per l’istituzione della prima mostra del radicchio di Treviso, avvenuta il 20 dicembre 1900 e tuttora in vigore. In Italia il radicchio viene censito assieme ad altre tipologie di cicorie; ciò crea qualche difficoltà nell’interpretazione dei dati in relazione alla distribuzione delle differenti colture nelle varie regioni. Negli ultimi cinquant’anni la superficie è passata dai circa 12.000 ha del 1960 ai 13.500 ha del 1970 ed è rimasta pressoché costante fino al 1990. Successivamente è notevolmente aumentata: dai 14.000 ha circa del 1990 si è passati a 15.700, 16.600 e 16.900 ha rispettivamente nel 1995, 2000 e 2005. La produzione totale, che nel 1960 era di 142.000 t circa, raggiungeva le 200.000 t nel 1970, attestandosi su questi valori fino al 1985. Da allora la produzione è progressivamente cresciuta: dalle 248.200 t del 1995 alle 280.500 t del 2005. Nel 2010 sono stati coltivati 15.156 ha di radicchio o cicoria, con una produzione totale di 250.757 t.

Radicchi

Cicoria catalogna

Foto R. Angelini

494


insalate nel mondo Nel Veneto il radicchio veniva coltivato nel 1973 su circa 4900 ha; di seguito la superficie aumentava progressivamente passando da 6100 ha nel 1983 a 7045 ha nel 1993, per raggiungere 8800 ha nel 2003 e superare di poco i 10.000 ha nel 2006. Negli ultimi anni la superficie è diminuita, attestandosi nel 2010 su circa 8300 ha. La produzione, che nel 2000 era di poco superiore a 100.000 t, era di circa 147.000 t nel 2006 ed è poi scesa a 119.000 t nel 2010. In serra la superficie e la produzione nell’ultimo quarantennio sono continuamente aumentate, passando da circa 35 ha negli anni ’70 a 42 ha nel 1980 (con produzione di 1460 t), 108 ha (2710 t), 142 ha (2725 t) e 245 ha (6897 t), rispettivamente nel 1990, 2000 e 2010. Le regioni più importanti attualmente sono Lombardia (76 ha), Campania (67 ha), Veneto (50 ha) e Lazio (44 ha). I radicchi, alcuni dei quali hanno ottenuto l’Indicazione Geografica Protetta, sono prodotti per la maggior parte in Veneto. A sottoli-

Foto V. Bellettato

Cicorie, radicchi, scarole e lattughe inseriti nell’Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali (Suppl. ord. G.U., n. 154 del 5 luglio 2010) Regione

Denominazione prodotto tradizionale

Campania

Cicoria selvatica; Cicoria verde di Napoli; Scarola bianca riccia schiana

Emilia-Romagna

Raperonzolo, raponzal, raponzolo, raponzo

Radicchio rosso di Chioggia

Foto V. Bellettato

Friuli-Venezia Giulia Lidrìc cul pòc; Radicchio canarino; Rosa di Gorizia Lazio

Cicoria di catalogna frastagliata di Gaeta (puntarelle); Lattuga signorinella di Formia

Liguria

Radice (di Chiavari); Scorzonera

Lombardia

Radici di Soncino

Molise

Centofoglie (scarola venafrana)

Piemonte

Cicoria pan di zucchero casalese; Insalatina di Castagneto Po; Lattughino di Moncalieri; Scorzobianca o barbabuc; Scorzonera di Castellazzo Bormida

Puglia

Cicoria all’acqua, cicoria otrantina; Cicoria riccia, cecora rizza

Sardegna

Ciuppetta, lattuga

Toscana

Barba massese, barba di prete, scorza nera; Lattuga quattro stagioni (lattuga vinata); Radicchia di Lucca

Veneto

Cicoria catalogna gigante di Chioggia; Germoglio di radicchio bianco nostrano di Bassano; Radicchio bianco fior di Maserà; Radicchio bianco o variegato di Lusia; Radicchio variegato bianco di Bassano; Radicio verdòn da cortèl, cicoria a grumolo; Scarola o insalata d’inverno di Bassano

Radicchio bianco di Chioggia

495


mondo e mercato neare l’importanza della loro coltivazione per la regione, il prof. Pimpini (Università di Padova) li ha definiti “il petrolio del Veneto”. Non mancano però significative produzioni segnalate in Abruzzo, Marche, Emilia-Romagna e Lazio. Nel Veneto, il radicchio rosso di Treviso, precoce e tardivo (il più pregiato), viene coltivato nelle province di Venezia e Treviso, il variegato di Castelfranco (“il fiore che si mangia”) in quella di Padova, mentre il radicchio di Chioggia (che risulta ancora quello a cui viene destinata la maggiore superficie), nelle province di Venezia, Rovigo e Padova. In Puglia, da sempre la seconda regione nella graduatoria delle statistiche di radicchio e cicorie, si coltivano quasi esclusivamente le cicorie come la catalogna pugliese, la catalogna puntarelle di Galatina, la cicoria all’acqua e altri ecotipi locali. In riferimento alle due colture nell’ultimo quarantennio, il Veneto rappresenta circa il 50% del totale nazionale, mentre la Puglia si attestava sul 30% fino al 1990; in seguito il valore è diminuito progressivamente fino al 12% del 2010. L’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali annovera in Italia nel 2010 più di 40 denominazioni riferibili a tipologie di radicchi e cicorie, scarole, lattughe, distribuite su 12 regioni, che testimoniano solo in parte la grande biodiversità presente su tutto il territorio nazionale. Il consumo di radicchio in Italia varia nelle diverse aree geografiche. Nel Nord-Est il 98% della famiglie ha acquistato radicchio almeno una volta nel corso del 2010. In quest’area il consumo medio annuo per famiglia ha superato i 4 kg, molto al di sopra della media nazionale, mentre nel Nord-Ovest il consumo è stato di circa 2,2 kg con indice di penetrazione del 93%. Il consumo nel Sud e nelle isole è in diminuzione: da 3,1 a 2,6 kg, dal 2007 al 2010; l’indice di penetrazione si ferma al 54%. Nelle regioni del Centro il consumo, seppure in crescita, si ferma a 1,7 kg; in quest’area l’indice di penetrazione risulta in costante aumento, dal 77% del 2007 all’89% del 2010. Nel 2009 la superficie destinata alla cicoria in regime biologico ammontava a 182 ha. Il valore della produzione italiana nel 2010 è stato di 165 milioni di euro. I radicchi alimentano una forte corrente di esportazione verso numerosi Paesi, iniziata nel 1884. Nei Paesi europei la coltivazione si effettua su superfici che non superano i 100 ha in Germania e Francia e i 30 ha in Austria, Svizzera, Paesi Bassi, Spagna e Grecia. Fuori dall’Europa si stimano 2000 ha negli Stati Uniti, 250 ha in Cile, 200 ha in Canada e Guatemala, 100 ha in Messico e Cina, 30 ha in Argentina.

Foto V. Bellettato

Indivia e scarola L’Italia è il primo Paese produttore nel mondo. I primi dati ufficiali risalgono al 1964, quando la superficie coltivata in pien’aria ammontava a circa 12.000 ha; tale superficie, rimasta abbastanza stabile per oltre un decennio, nel 1980 è salita a circa 13.000 ha, valore che non ha subito significative variazioni fino al 1995. Da al496


insalate nel mondo lora è diminuita progressivamente a circa 12.000, 11.000 e 9500 ha rispettivamente nel 2000, 2004 e 2010. La produzione unitaria non ha subito variazioni di rilievo, con valori di circa 19 t/ha. La produzione totale è progressivamente aumentata, passando dalle 177.000 t del 1960 alle 223.000 t del 1965 e alle 278.000 del 1990. Successivamente è diminuita e nel 2010 è stata di 227.000 t. In pien’aria il prodotto viene raccolto per circa il 60% nel periodo ottobre-marzo e per il 40% nel periodo aprile-giugno. La coltivazione biologica nel 2009 in Italia ammontava a 253 ha con la Sicilia al primo posto, seguita da Calabria (55 ha) e Campania (30 ha). In serra la superficie di circa 20 ha è rimasta abbastanza stabile dal 1968 al 1980; in seguito è costantemente aumentata passando via via a 43 ha (1985), 111 (1990), 149 (1995), 224 (2000), 311 (2002), per poi diminuire fino a 250 ha nel 2010. Il valore della produzione nel 2010 si aggira intorno ai 125 milioni di euro. In Spagna nel 1955, 1960, 1970 e 1985 si coltivavano a scarola 3200, 3900, 4600 e 3850 ha, con produzione rispettivamente di 72.600, 85.200, 94.200 e 78.000 t. Nel decennio successivo superficie e produzione sono diminuite notevolmente. Dal 1996 al 2010, la produzione ha subito poche variazioni: dalle 50.000 t del 1996 si è passati alle 49.000 t del 2010. Attualmente la superficie coltivata si aggira sui 2200 ha. Nel 2010 le aree di produzione più importanti sono state la regione di Murcia (630 ha), la Catalogna (583 ha), la Comunità Valenciana (545 ha) e l’Andalusia (238 ha). Anche per l’indivia la produzione ha subito leggere variazioni: dalle 7400 t del 1996 si è passati alle 6800 t del 2010, anno in cui so-

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mondo e mercato no stati coltivati 281 ha, principalmente nella Comunità autonoma di Castilla y Leon (202 ha) e Navarra (48 ha). In Francia, una non ben identificata scarola o indivia era già coltivata nel XVI secolo; notizie sull’imbianchimento dei grumoli sono riportate da Claude Mollet nel 1610. La coltivazione di ambedue le specie è proseguita nei secoli successivi. Nel 1925 nel catalogo Le plant potagères di Vilmorin-Andrieux sono indicate 29 cultivar di scarola e indivia. Nel 2010, le cultivar iscritte nel catalogo delle varietà della CE ammontavano a 30 e 25 rispettivamente per l’indivia e la scarola. La produzione della scarola nel 1984, 1995 e 2010 è stata rispettivamente di 58.000, 78.000 e 50.000 t. La superficie coltivata a indivia è quasi raddoppiata dal 1984 al 1995 passando rispettivamente da 44.000 a 81.000 ha circa, per poi diminuire notevolmente fino ai 46.000 ha del 2009. Per la scarola risultano importanti la regione del Languedoc-Roussillon (40% della produzione nazionale, con la raccolta che viene effettuata da novembre a marzo), in particolare il dipartimento dei Pirenei orientali, le regioni Provence-Alpes-Côte-d’Azur (15%) e Bretagne, i dipartimenti dell’Haute Garonne, del Nord, del Maine e della Loire. L’indivia è coltivata maggiormente nelle regioni Provence-Alpes-Côted’Azur (pari al 45% del totale nazionale, raccolta soprattutto in autunno-inverno, in pien’aria e in ambiente protetto) e Languedoc-Roussillon (15%), seguite dalla Bretagne, dai dipartimenti del Nord e dall’Haute Garonne. In Grecia, dal 1980 al 2009 l’indivia era coltivata in pien’aria, con lievi oscillazioni, su circa 2300 ha (36.000 t), mentre in serra nel 2002 era coltivata su 225 ha (71.000 t). In Belgio la coltivazione

Raccolta della scarola

498


insalate nel mondo si estende su 45 ha, soprattutto nella regione delle Fiandre, e la produzione si aggira intorno alle 6000 t. Negli Stati Uniti indivia e scarola vengono coltivate su circa 2700 ha, con la California al primo posto (37%), seguita da Florida (25%), Arizona (15%), New Jersey (13%) e Ohio (%). I prezzi più elevati in California sono registrati nel mese di novembre, quelli più bassi in luglio.

Nascita della cicoria belga o Witloof

• La nascita di questo tipico ortaggio

nordico è legata a un evento fortuito. L’agricoltore Jan Lammers aveva ammassato radici di cicoria nella sua cantina buia con l’intenzione di tostarle e ricavarne un sostituto del caffè. In seguito si allontanò per prendere parte alla guerra d’indipendenza belga e al ritorno scoprì che le radici avevano emesso foglioline bianche croccanti e commestibili: era nata la cicoria di Bruxelles, chiamata localmente anche endive o chicon. Si narra che il responsabile del giardino botanico di Bruxelles, Monsieur Bréziers, avendo saputo della scoperta di Lammers, nel 1846 abbia messo a punto, e poi praticata in segreto, la tecnica di forzatura in grotte o locali tenuti al buio

Indivia belga o cicoria Witloof L’indivia belga, chiamata anche cicoria o insalata belga, cicoria di Bruxelles e cicoria Witloof (a foglie bianche), sembra sia stata scoperta accidentalmente nel 1830 da Jan Lammers (da altri indicato come Jean Bremmers), agricoltore di Schaerbeek (regione di Bruxelles-Capitale). Henry de Vilmorin nel 1873 ne diede notizia all’Esposizione internazionale di Gand e nel 1875 la presentò alla Società nazionale di orticoltura di Francia, mentre la prima cassetta venne venduta al mercato generale di Parigi nel 1878. La cicoria Witloof si ottiene con apposite tecniche di forzatura (che ha luogo in locali tenuti al buio) delle radici di 3-5 cm di diametro, ottenute in campo. La produzione di radici di cicoria in Europa nel 2008 si è attestata su 380.000 t con la Francia al primo posto (70%), seguita da Belgio (14%), Paesi Bassi (13%) e altri Paesi (3%). In Francia la produzione di grumoli nel 2010 è stata di 181.000 t rispetto alle 221.000 t del 1986. Il 55% viene prodotto nei dipartimenti del Nord e di Pas-de-Calais, seguiti da Finistère e Somme (25%) e da Aisne, Oise, Marne, Aube, Calvados, Manche, Senne, Marne (13%). L’80% viene raccolto tra novembre e marzo, con picco in gennaio. Il consumo pro capite è di 3,3 kg/anno.

• Un ecotipo di Witloof è tradizionalmente coltivato a Saint-Symphorien, un villaggio vicino alla città di Mons (Belgio). I cittadini vengono soprannominati chicon (che indica il grumolo della cicoria Witloof) e i giocatori della squadra di calcio locale sono chiamati Chiconniers

499


mondo e mercato Le innovazioni che hanno dato un grande impulso alla produzione su scala commerciale sono state il miglioramento delle pratiche colturali per la produzione delle radici in campo, la tecnica della propagazione in vitro e l’immissione sul mercato, nel 1974, del primo ibrido “Zoom” idoneo alla coltura senza suolo, con la possibilità di impiegare bancali sovrapponibili, tecnica messa a punto dalla Stazione sperimentale di Alkamaar, nei Paesi Bassi. Recentemente è iniziato il commercio dell’indivia rossa, proveniente dall’incrocio della Witloof con il radicchio rosso di Verona. La produzione dei Paesi Bassi, dapprima modesta, è passata dalle 45.000 t del 1980 alle 85.000 t del 1986 grazie all’avvento di tecnologie innovative di coltivazione e commercializzazione; di seguito è diminuita sino alle attuali 50.000 t circa, di cui il 40% è destinato all’esportazione, prevalentemente verso Germania, Svizzera e Italia. La produzione avviene durante tutto l’anno. Il consumo pro capite annuo è di 2,5 kg. In Belgio le prime cicorie Witloof furono vendute nei mercati nel 1867 e per oltre un secolo sono state considerate “l’oro bianco” del Paese. Prima della Seconda guerra mondiale venivano destinati alla produzione di radici circa 7000 ha, giunti nel 1975 a oltre 9000 ha. Successivamente la superficie è diminuita: nel 1995 era di 7000 ha e in seguito si è ridotta ulteriormente. La produzione di grumoli, che aveva raggiunto nel 1965 circa 125.000 t, è rimasta stabile per circa 20 anni, per poi ridursi drasticamente fino a circa 50.000 t nel 2008. Il consumo pro capite annuo è di 5 kg. Le aree di produzione più importanti sono localizzate nelle province di Brabante, Fiandre orientali e occidentali. Nel 1911 il Belgio esportò i primi grumoli negli Stati Uniti, dove nel 1986 l’esportazione

500


insalate nel mondo raggiunse le 2000 t. In totale l’esportazione è diminuita, passando dalle 60.000 t del 1970 alle 17.000 t del 1995 e attualmente è inferiore a 10.000 t. La riduzione dell’export ha interessato soprattutto la Francia: dalle 23.000 t del 1960 si è passati a 5000 t nel 1990 e a 3500 t nel 2008. In Spagna attualmente vengono prodotte in totale circa 10.000 t da tre imprese, di cui la più grande produce su 17 ha in coltura senza suolo; per coprire il fabbisogno interno si importano circa 8000 t, di cui il 65% dalla Francia e il resto dal Belgio. In Italia la produzione con tecniche “artigianali” ebbe inizio già quarant’anni fa, ma la coltivazione non ha mai raggiunto livelli elevati di specializzazione. Pertanto, con il consumo in crescita, il prodotto viene importato. Nel 1985 si trattava di 28 t, passate a 1927 t nel 1989 e a oltre 7000 t nel 2008, provenienti soprattutto da Francia (85%), Paesi Bassi e Belgio. Nel Regno Unito vi è un unico produttore “commerciale”. Fuori dall’Europa si hanno notizie di produzione negli Stati Uniti, principalmente a Vacaville in California. Tentativi di coltivazione sono stati effettuati in tre province canadesi: Quebec, Columbia Britannica e Ontario. In Australia si produce in coltura senza suolo nello stato di Victoria. Valerianella La valerianella, denominata volgarmente dolcetta, gallinella, lattughella o songino (in dialetto milanese songin), viene spesso erroneamente chiamata con il termine commerciale valeriana. La coltivazione in pien’aria si effettua su piccoli appezzamenti, mentre in serra è in continua espansione. Foto R. Angelini

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mondo e mercato In Italia, infatti, negli ultimi quarant’anni la coltivazione della valerianella è notevolmente aumentata. Nel 1975 occupava circa 14 ha; dieci anni dopo la superficie era più che triplicata e raggiungeva i 50 ha. La forte crescita proseguiva nel periodo 1990-1999, quando la superficie passava rispettivamente da 80 a 156 ha. Negli ultimi dieci anni l’incremento ragguardevole della coltivazione della valerianella ha ulteriormente confermato il successo di questo ortaggio presso i consumatori. Nel 2000 la superficie era di 250 ha e la produzione totale ammontava a 5200 t, mentre nel 2010 la coltivazione superava i 500 ha e la produzione aveva raggiunto le 14.200 t. Da indagini svolte presso i principali operatori del settore, questi dati risultano sottostimati. Bisogna inoltre considerare che anche per questa specie si effettuano più cicli colturali durante l’anno sulla stessa superficie. La coltivazione in serra o serra-tunnel consente la raccolta durante l’intero arco dell’anno nelle differenti aree di produzione, che sono concentrate prevalentemente in alcune regioni del Nord: Lombardia, Veneto e Piemonte (dove sono ubicati anche numerosi stabilimenti di lavorazione), in provincia di Latina e nella Piana del Sele, in Campania. Il successo della coltura è dovuto principalmente al consumo come prodotto di quarta gamma. In Francia la spinta al consumo della valerianella venne dalla brillante idea di un ristoratore parigino il quale, dopo la fine del secondo Impero francese, in omaggio al primo re d’Italia Vittorio Emanuele II (sul trono dal 17 marzo 1861 al 9 gennaio 1878) preparò una fortunata insalata nei tre colori della bandiera italiana,

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Superficie e produzione in serra di valerianella in Italia 600

16 14

500 Superficie (ha)

12 400

10

300

8 6

200

4 100 0

2 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 Superficie Fonte: ISTAT

502

Produzione

0

Produzione (t × 1000)

Foto R. Angelini


insalate nel mondo utilizzando il sedano-rapa o la rapa (bianco), la bietola da orto (rosso) e la valerianella (verde). Il questo Paese la valerianella viene indicata con nomi diversi: clairette, doucette, mâche, salade de chanoine, salade de prête e in passato veniva consumata principalmente nel periodo di Quaresima. Oggi gode del marchio IGP “La mâche de Nantes”. L’area più rappresentativa è localizzata nella Valle della Loira (regione di Nantes), dove si concentra l’85% della produzione francese. Nel 1985 era coltivata su circa 450 ha, mentre attualmente la superficie supera i 4000 ha, con una produzione di circa 30.000 t di cui il 70% durante l’inverno e il 30% nel periodo maggio-agosto. I produttori sono riuniti in otto organizzazioni con circa 350 aziende, che nel complesso impiegano circa 2000 operai. La produzione per l’80% è destinata al mercato fresco, il resto alla quarta gamma. Il notevole sviluppo della coltivazione della valerianella nella Valle della Loira è legato a molti fattori: 1. presenza di terreni alluvionali fertili; 2. elevata piovosità; 3. abbondanza di risorse idriche, fornite dai corsi d’acqua e dal lago Grand Lieu; 4. elevata umidità relativa dell’aria; 5. scarse escursioni termiche tra la notte e il giorno; 6. presenza nella zona di organizzazioni che assicurano le forze lavorative ai produttori; 7. avvento della quarta gamma. Attualmente la coltura è intensiva. Sullo stesso terreno può ritornare anche tre volte nello stesso anno. Un ciclo colturale con le cultivar precoci si conclude in 35-50 giorni. Durante l’estate vengono impiegati grandi tunnel che hanno il vantaggio di svincolare la raccolta da eventuali piogge. Il terreno viene preparato con leggera pendenza per facilitare il drenaggio delle acque. La

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

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mondo e mercato semina in pien’aria ha luogo tra agosto e dicembre. In qualche caso vengono impiegati piccoli tunnel. I semi vengono ricoperti con un leggero strato di sabbia, con granulometria di 0,2-2 mm e spessore di 5 mm; la sabbia, opportunamente scelta dalle zone prospicienti il fiume Loira, serve a proteggere il seme, far circolare l’aria intorno alle piantine e produrre piantine di forma e dimensioni uniformi. La densità è di 250-300 piante/m2 per le cultivar a semi grossi e 500-600 piante/m2 per quelle a seme piccolo. La produzione in pien’aria è dell’ordine di 4-5 t/ha per le cultivar a seme piccolo e 6-8 t/ha per quelle a seme grosso. La raccolta avviene con apposite macchine che non danneggiano le foglie tenere; per raccogliere 1000 t sono sufficienti 30 operai. Dopo la raccolta le piantine vengono portate in magazzini refrigerati, dove si effettua la pulizia in speciali vasche in cui viene iniettata aria per eliminare la sabbia. La Francia è al primo posto in Europa, dove la produzione è stimata intorno alle 60.000 t. L’esportazione si aggira sulle 13.000 t, soprattutto in Germania (60%), Regno Unito (10%), Spagna (10%), Italia e altri Paesi europei. Viene commercializzata in cassette di circa 4 kg, in vaschette con chiusura termosaldata e in buste richiudibili.

Foto R. Angelini

Rucola Con il nome generico di rucola vengono indicate specie appartenenti ai generi Eruca e Diplotaxis. Al primo appartiene la rucola comune, Eruca vesicaria (L.) Cav., più diffusamente denominata rucola coltivata (e presente anche allo stato spontaneo in molte

Raccolta manuale della rucola nella Piana del Sele

Foto R. Angelini

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insalate nel mondo regioni italiane), mentre al genere Diplotaxis appartengono alcune specie, tra cui D. tenuifolia (L.) DC., chiamata comunemente ruchetta selvatica, ruchetta, ruca, rucola gialla. La coltivazione della rucola ebbe inizio probabilmente nelle regioni del Mediterraneo orientale per poi estendersi nella regione del Sahel, dalla Mauritania all’Etiopia e all’Eritrea. Giunse anche nell’Asia centrale e occidentale fino al nord dell’India. In mancanza di dati statistici specifici, risulta difficoltoso al momento attuale effettuare una precisa valutazione in merito al ruolo rivestito dalla rucola nel contesto orticolo nazionale e internazionale. La rucola era consumata dagli antichi Greci; citata dal filosofo e botanico Teofrasto (371-287 a.C.), era indicata come euzomon, che significa “pianta con un buon succo”. Attualmente viene coltivata nei dintorni di Atene, Tessalonica, in alcune isole del mar Egeo (Creta) e del mar Ionio (Corfù). Viene consumata principalmente in piatti tipici del periodo di Pasqua. In Portogallo viene coltivata su scala commerciale ed è esportata nel Regno Unito e altri Paesi del Nord Europa come prodotto di quarta gamma. In Turchia, dove non viene rilevata dalle statistiche ufficiali, la produzione, che nel 1992 era di circa 170 t/anno, attualmente raggiunge le 1000 t/anno. La rucola viene prodotta su limitate superfici con più cicli colturali all’anno. Viene seminata in “aiuole” larghe 1 m e lunghe 3 m con l’impiego di 5 g/m2 di seme. Dopo la semina per l’esecuzione del primo taglio, effettuato a livello del terreno, occorrono 30 giorni in estate e 45-60 giorni in inverno. La produzione consiste in 30-40

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Raccolta meccanica della rucola nella Piana del Sele

Foto R. Angelini

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mondo e mercato mazzetti/m2 pronti per la vendita. Le foglie vengono utilizzate in insalata, come ingrediente della pizza turca (pide), in un piatto tipico chiamato kisir. In Slovenia viene servita insieme al tipico formaggio burek. In Egitto la rucola si coltiva nella regione del Nilo, soprattutto nelle aree limitrofe alle città e ai villaggi, lungo la costa del mar Mediterraneo, nelle oasi e nella zona del Sinai. Si rinvengono tre subspecie: lativalvis (Boiss.), longirostris (Vechtr.) Rovy e oblongifolia Pasq., che differiscono sia per la forma delle foglie e delle silique sia per il colore dei fiori. Nel 1993 venivano coltivati circa 1800 ha, attualmente stabilizzati intorno ai 2200 ha, specialmente durante l’autunno e l’inverno. Per l’impianto si impiegano 10-20 kg/ha di seme, distribuiti a spaglio oppure su file distanti 15-20 cm. I turni di irrigazione sono di 5, 10 e 15 giorni rispettivamente in estate, autunno e inverno. In autunno-inverno il primo taglio si effettua circa 45 giorni dopo la semina, a cui seguono altre 3-4 raccolte intervallate ciascuna di circa 30 giorni. La produzione totale nel periodo autunno-vernino si aggira intorno alle 30-60 t/ha. La rucola viene consumata principalmente cruda, in insalate miste con cipolla, cetriolo e pomodoro, in accompagnamento al tipico ful medames, a base di fave, o anche in piatti a base di pesce. Ritenuta pianta afrodisiaca, nella medicina popolare viene usata per prevenire la caduta dei capelli, favorire la digestione, tenere sotto controllo il diabete e facilitare la risoluzione dei catarri.

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

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insalate nel mondo Nel Sudan la rucola si coltiva su circa 3000 ha in irriguo durante tutto l’anno. Negli Stati Uniti la coltivazione della rucola si è diffusa grazie agli italoamericani, probabilmente prima in California e poi nel resto del Paese. Ancora oggi viene chiamata arugula; è commercializzata soprattutto in supermercati specializzati nella vendita di ortaggi freschi e spesso viene venduta nei mercati locali gestiti direttamente dagli agricoltori. In Italia la rucola viene coltivata in pien’aria solo a livello artigianale, su ridottissime superfici, mentre alla coltura protetta sono destinati circa 10 ha. Per la ruchetta selvatica, invece, indagini effettuate presso tecnici e operatori del settore hanno rilevato che viene coltivata in pien’aria su circa 50 ha, soprattutto in Emilia-Romagna e Puglia, in numerosi appezzamenti di superficie modesta di cui si hanno informazioni aleatorie e che spesso alimentano i mercati locali di vendita al dettaglio, con prodotto preparato in mazzetti. La coltura protetta, con elevato grado di meccanizzazione, è maggiormente diffusa in due principali aree di produzione: nel Nord (Lombardia, Veneto, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia) e nel Sud, in Campania (soprattutto nella Piana del Sele), Puglia e Basilicata. Attualmente si stimano 2500 ha in coltura protetta, di cui circa 2000 ha concentrati nella Piana del Sele, area che negli ultimi anni ha acquisito notevole importanza per la coltivazione della ruchetta e di altri ortaggi da impiegare nella quarta gamma.

Foto R. Angelini

Coltivazione di rucola in serra-tunnel nel bresciano

Coltivazione di rucola in serra multitunnel nella Piana del Sele

Foto R. Angelini

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le insalate Foto R. Angelini

mondo e mercato Insalate e quarta gamma nel mercato Dario Casati, Lucia Baldi

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Insalate e quarta gamma nel mercato Foto R. Angelini

Riscoperta di un alimento antico La riscoperta dei prodotti orticoli freschi, o percepiti come tali dal consumatore, è certamente uno dei fenomeni più interessanti degli ultimi anni; tale riscoperta avviene seguendo alcune tendenze già note e che sono in parte comuni allo sviluppo dei modelli di consumo nei Paesi a più alto reddito pro capite, come il nostro, e in parte specifiche del mercato italiano. Questo fenomeno per certi aspetti si allinea alla stasi della domanda provocata dalla crisi economica e allo stesso tempo se ne discosta con una dinamica più positiva di quella media degli altri alimenti. Esso registra la convergenza degli effetti di differenti driving forces che agiscono sui consumi alimentari verso un modello che consente al consumatore dei Paesi sviluppati di coniugare esigenze alimentari estremamente semplificate, e da sempre presenti, con altre fortemente innovative come quelle ispirate a criteri salutistici, dietetici, di freschezza e naturalezza, unendole però a un’elevata dose di servizi incorporati come avviene con i prodotti di quarta gamma. Proprio tra questi ultimi una posizione di rilievo, almeno finora, nel nostro Paese è occupata dalle insalate che, dopo essere state il primo prodotto a essere inserito in questa categoria nella fase pionieristica del comparto, ancora nel 2009 ne rappresentano l’86% in valore.

Lattughino rosso

Insalate nel sistema agricolo italiano Le insalate costituiscono oggi, nell’ambito delle colture ortive, un comparto che mostra segnali interessanti nella prospettiva della vaValeriana

Foto R. Angelini

508


insalate e quarta gamma Incidenza percentuale delle superfici investite a insalata 2000

2004

2009

Insalate/Ortive

10,1

9,5

10,1

Insalate/Prod. vegetali (escl. arboree)

0,4

0,4

0,4

Foto M. Curci

Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISTAT

lorizzazione e diversificazione delle produzioni aziendali in agricoltura, in termini sia di ampliamento della superficie sia di incremento del valore della produzione. Nonostante le difficoltà attraversate negli ultimi due decenni, il comparto, nel corso degli anni più recenti, ha rivelato una sensibile tendenza al consolidamento rispetto sia all’insieme dei seminativi sia, in particolare, alle altre ortive. La superficie a insalate negli ultimi anni, pur mostrando una certa irregolarità, sembra in fase di consolidamento. Quella destinata al comparto, infatti, nell’arco dell’ultimo decennio ha visto crescere il proprio peso a poco più del 10% di quella destinata al totale delle colture ortive, con una leggera flessione verso la metà del decennio e una ripresa nell’ultima parte. La superficie complessiva nel 2009 si attesta a poco meno di 44.000 ha, segnando una ripresa dopo il minimo recente di 41.000 ha del 2008 e all’incirca corrispondente al dato del 2007, mentre risulta inferiore ai 45.800 ha del 2006. Tuttavia, la dinamica complessiva è il risultato di un andamento diversificato delle tre tipologie principali di insalate. La lattuga nell’ultimo anno rappresenta il 40% del totale ed è la più stabile, con una superficie compresa tra un minimo di 17.000 ha e un massimo di 18.000. Il radicchio, che si colloca al secondo poFoto R. Angelini

509


mondo e mercato Dinamica delle superfici investite a insalate in Italia Foto R. Angelini

19.500 17.500

ha

15.500 13.500 11.500 9500 7500

2006

2007

Indivia (riccia e scarola)

2008

2009

Radicchio o cicoria

Lattuga Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISTAT

sto, registra un calo sensibile nel 2007 e nel 2008, scendendo da 17.000 a 13.400 ha, flessione a cui fa seguito una rapida ripresa nel 2009 che lo porta a 15.350 ha. Infine, l’indivia si presenta meno variabile e mostra un lieve, ma costante calo tendenziale che la porta da 11.000 a 10.400 ha. La produzione totale si mantiene attorno agli 8 milioni di quintali, con un massimo di 8,3 nel 2006, un minimo di 7,9 nel 2008 e di nuovo un massimo di 8,5 milioni di quintali nel 2009. Il rimbalzo

Lattuga iceberg

Foto M. Curci

510


insalate e quarta gamma Dinamica della produzione di insalata in Italia (quintali) Foto R. Angelini

9.000.000 8.000.000 7.000.000 6.000.000 5.000.000 4.000.000 3.000.000 2.000.000 1.000.000 0

2006

2007

Indivia (riccia e scarola)

2008

2009

Radicchio o cicoria

Lattuga Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISTAT

produttivo del 2009 appare importante perché l’incremento della produzione è superiore a quello della superficie e quindi testimonia anche un miglioramento della produttività. Il risultato complessivo di queste dinamiche sull’offerta delle tre tipologie si traduce in un aumento per la lattuga, che dal 42% del 2006 passa nel 2009 a circa il 44% della produzione totale, e per l’indivia, che dal 26 sale al 27%, mentre il radicchio si contrae dal 32 al 29%.

Lavaggio refrigerante su lattuga appena raccolta

Foto R. Angelini

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mondo e mercato Distribuzione territoriale La distribuzione territoriale della coltivazione delle insalate presenta un’evidente polarizzazione complessiva a favore delle regioni meridionali che contribuiscono con il 54% della produzione totale, inclusa quella in serra. Tuttavia, la situazione delle diverse insalate non è omogenea. Per l’indivia il peso del Mezzogiorno è quello relativamente maggiore con il 71% della rispettiva superficie, mentre il peso del Centro è al 17% e quello del Nord al 12%. Per quanto riguarda la lattuga il Mezzogiorno pesa per il 59% a fronte rispettivamente del 16% per il Centro e del 25% per il Nord. Infine, il radicchio presenta tipicamente una polarizzazione inversa a quella media del comparto, con il Nord che contribuisce con il 56% della produzione contro il 13% del Centro e il 31% del Sud, secondo una tradizione produttiva che si conferma e che è collegata alle differenti tradizioni e vocazioni territoriali. La diversa localizzazione delle tre tipologie produttive reca con sé problematiche fortemente differenziate sia sul versante produttivo, sia su quello della competizione con le altre colture, sia, infine, su quello commerciale, un complesso di tematiche che acquista un rilievo crescente in relazione alle future prospettive delle politiche agrarie e alla ricerca di un’adeguata redditività dell’attività produttiva.

Insalate nel complesso 30% 54% 16%

Indivia 12% 17% 71%

Lattuga

Valore economico delle insalate In termini di contributo alla formazione del valore agricolo, il comparto delle insalate, per effetto delle variazioni relative della produttività e dei prezzi unitari, risulta in progresso. Le insalate, infat-

25% 59% 16%

Foto R. Angelini

Radicchio

31% 56% 13%

Nord

Centro

Mezzogiorno

Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISTAT

Ripartizione territoriale della produzione di insalate in Italia (anno 2009)

512


insalate e quarta gamma Incidenza percentuale del valore della produzione di insalate 1980

1990

2000

2004

2005

2006

2007

2008

2009

Insalate/Ortive

5,6

6,3

8,1

8,9

10,2

9,7

9

8,9

10,4

Insalate/Prod. vegetali

1,1

1,5

1,9

2,1

2,8

2,7

2,4

2,2

3,1

Insalate/PPB agricola

0,7

0,9

1,1

1,3

1,6

1,5

1,4

1,3

1,7

Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISTAT Foto R. Angelini

ti, all’inizio degli anni 2000 rappresentavano l’8% del valore delle ortive, mentre a fine periodo sono salite al 10,4% del settore. I loro progressi si dimostrano più significativi se si confrontano con le altre colture erbacee, con un’incidenza relativa che nel decennio sale dall’1,9 al 3,1%, e con l’insieme della produzione agricola, rispetto al quale lo stesso comparto sale dall’1,1 all’1,7% del totale. Sul piano del valore della produzione di insalate, secondo i dati ISTAT, il comparto si presenta in crescita sia a breve termine sia anche in un arco temporale di circa un trentennio, dal 1980 al 2009. A valori costanti la somma delle diverse tipologie mostra un incremento più evidente nel periodo più recente, che tuttavia risente di una fase di produzioni oscillanti e di prezzi caratterizzati da una variabilità elevata, peraltro comune a tutti i prodotti agricoli. In effetti sembra evidente, pur in una fase tanto perturbata, che i prezzi delle insalate si siano attestati su valori più stabili di quelli delle classiche produzioni dei seminativi e delle commodities agricole in genere. Uno spaccato di questa situazione può essere

513


mondo e mercato Dinamica della produzione ai prezzi di base (anno 2000) Foto R. Angelini

350.000 300.000 250.000 200.000 150.000 100.000

Indivia

Lattuga

2008

2006

2004

2002

2000

1998

1996

1994

1992

1990

1988

1986

1984

1982

0

1980

50.000

Radicchio

Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISTAT Valori concatenati. Migliaia di euro dal 1999; migliaia di eurolire per gli anni precedenti

ricavato dalla figura di riferimento in cui vengono riportati i prezzi medi mensili delle tre tipologie di insalate per l’ultimo triennio. Alla prima osservazione appaiono evidenti i prevedibili problemi di stagionalità della produzione nel corso dell’anno e di difformità dell’andamento climatico da un anno all’altro. Al di là di queste particolarità, che pure sono importanti, si può rilevare che i prezzi Foto R. Angelini

514


insalate e quarta gamma Dinamica dei prezzi delle insalate in Italia

€/kg

3,0 2,5

3%

2,0

6%

2% 2% 4% 30%

10%

1,5 1,0

24%

19%

Indivia

Lattuga

Set 10

Lug 10

Mag 10

Mar 10

Gen 10

Nov 09

Set 09

Lug 09

Mag 09

Mar 09

Nov 08

Gen 09

Set 08

Lug 08

Mag 08

Gen 08

0

Mar 08

0,5

Spagna

Radicchio

Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISMEA

Belgio

Paesi Bassi

Egitto

Francia

Regno Unito

Svezia

Altri

Germania Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISMEA

unitari si presentano in lieve salita, al contrario della maggior parte degli altri prodotti agricoli che nel corso del 2009 e nei primi mesi del 2010 hanno subito una netta flessione, pur essendo poi saliti a partire dalla fine dell’estate dello stesso anno, collegandosi in maniera sempre più stretta alla recente volatilità delle quotazioni di tutte le materie prime.

Paese di provenienza delle importazioni di insalate verso l’Italia - Ripartizione percentuale (anno 2009)

10%

2%2% 3%

Foto R. Angelini

32%

6% 6% 7% 8%

12% 12%

Germania

Slovenia

Austria

Belgio

Regno Unito

Polonia

Svizzera

Spagna

Francia

Altri

Paesi Bassi Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISMEA

Paese di destinazione delle esportazioni di insalate dall’Italia - Ripartizione percentuale (anno 2009)

515


mondo e mercato Andamento dell’import-export italiano di insalate (in tonnellate e migliaia di euro)

In tonnellate

Foto R. Angelini

Lattuga cappuccina

180.000 160.000 140.000 120.000 100.000 80.000 60.000 40.000 20.000 0

In quantità

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Foto R. Angelini

In valore

250.000

In .000 di euro

200.000 150.000 100.000 50.000 0 Lattuga gentilina

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Import

Export

Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISMEA

Foto R. Angelini

Scambi con l’estero delle insalate Nel comparto delle insalate il nostro Paese si presenta tradizionalmente come esportatore netto, anche se nell’ultimo decennio questa posizione sembra essersi ridotta per un calo delle esportazioni e un parallelo incremento delle importazioni dovuto alla necessità di far fronte a una dinamica dei consumi interni che, come si diceva, è positiva. I flussi di importazione in valore vedono nelle prime posizioni i Paesi comunitari e in particolare Spagna, Olanda e Francia, mentre quelli di esportazione collocano al primo posto la Germania, seguita da Austria, Gran Bretagna e Francia, tra i Paesi comunitari, e dalla Svizzera, che precede la Francia, tra quelli non comunitari.

Lattuga romana

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insalate e quarta gamma Comparto della quarta gamma Foto R. Angelini

Aspetti strutturali del comparto All’interno del settore delle insalate un’attenzione particolare merita senza dubbio il comparto della quarta gamma, che rappresenta attualmente una delle più interessanti opportunità del sistema agroalimentare. Nell’ultimo decennio la crescita di tale comparto ha registrato ritmi sostenuti e protratti anche durante gli ultimi periodi, contraddistinti da una crisi che ha colpito l’economia a vari livelli e modificato gli atteggiamenti verso il consumo. Il comparto della quarta gamma non appare di facile analisi dal momento che non esistono ancora fonti ufficiali complete che ne determinino i confini. A ciò si aggiungono le caratteristiche stesse del ciclo produttivo, che prevedono l’opportunità di realizzare diversi raccolti nell’arco dell’anno e la possibilità di variare la composizione del mix di prodotti confezionati e venduti. Da qui l’esigenza di studiare il comparto utilizzando informazioni provenienti da fonti differenti, in qualche caso necessariamente supportate da stime. L’AOP UNOLOMBARDIA, che rappresenta la principale associazione di produttori di quarta gamma, stima la superficie totale investita a quarta gamma in circa 6500 ha, considerando che ogni anno, sulla superficie disponibile, è possibile realizzare in media circa 5 o 6 cicli produttivi, che si svolgono per circa il 70% in serra. La produzione totale, rappresentata perlopiù dalle insala-

Valerianella in diversi stadi a Bolgare (BG)

Foto R. Angelini

517


mondo e mercato te, e in misura minore da spinacio, finocchi, sedano e carote, si attesta attorno alle 90.000 t. Le insalate interessate sono quelle adulte, stimate attorno al 60%, e le baby leaf, che rappresentano il restante 40%. All’interno della prima categoria l’indivia riccia rappresenta un quarto della produzione, a cui fanno seguito con pesi via via decrescenti la lattuga, il radicchio, l’indivia scarola e le cicorie. Tra le insalatine tenere spiccano invece la rucola, con una quota pari al 36%, e il lattughino, che incide per il 33%, mentre la bietola da foglia, la valeriana, lo spinacino e il cicorino presentano produzioni un po’ più limitate. La fase produttiva del settore è contraddistinta da una filiera corta, integrata e dinamica, grazie all’esistenza di numerose organizzazioni dei produttori. Nella fase a monte sono presenti circa 500 aziende, mentre la trasformazione viene realizzata da 120 imprese. Tuttavia, tale distinzione non è sempre così definita poiché spesso le imprese trasformatrici operano anche con coltivazioni autonome, oltre che attraverso specifici contratti con i produttori stessi. Il tessuto aziendale è caratterizzato anche da un’elevata localizzazione e concentrazione, in particolare in Lombardia (35% delle imprese), Campania (26%) e Veneto (9%). Le realtà produttive collocate nel Sud, tuttavia, forniscono in particolare la materia prima e in molti casi sono sorte anche grazie a partnership con quelle del Nord. Complessivamente gli occupati in questo comparto si stimano attorno alle 1500 unità, tuttavia è bene considerare che tale dato non comprende i lavoratori stagionali, che ven-

Foto R. Angelini

Bietola da taglio o “erbetta”

Foto R. Angelini

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insalate e quarta gamma gono impiegati solo in certi periodi per permettere la continuità di rifornimento nell’arco dell’anno in condizioni di economicità. Tra le aziende esistenti solo una trentina raggiungono una dimensione significativa al di fuori degli ambiti territoriali circoscritti alla regione di appartenenza. La concentrazione industriale è pertanto medio-alta, grazie soprattutto alla presenza di due aziende di grandi dimensioni. La più nota è la francese Bonduelle che, anche grazie alle numerose acquisizioni di aziende di quarta gamma in Europa, ha consolidato la sua posizione di leader in ambito tanto nazionale quanto europeo, introducendo nel mercato un marchio forte e riconoscibile. Segue La Linea Verde, azienda italiana con sede nella provincia di Brescia che produce con marchi della grande distribuzione e con il proprio marchio “DimmidiSì”. In pochi anni essa ha saputo raggiungere i vertici del mercato nazionale anche grazie a una forte differenziazione dell’offerta e a ingenti investimenti nella comunicazione. In generale la filiera della quarta gamma, pur essendo di recentissima costituzione e ancora in divenire, appare solida e competitiva: accanto a realtà agricole caratterizzate da elevate capacità professionali e disponibilità di risorse si ritrovano aziende di trasformazione forti e dinamiche, mentre appare ancora intenso il flusso dei nuovi entranti che accresce il livello di competizione al suo interno.

16%

25%

17% 22%

20%

Indivia riccia

Indivia scarola

Lattuga

Cicorie

Radicchio Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati AOPUNOLOMBARDIA

Ripartizione percentuale della produzione di insalate adulte di quarta gamma

4%

1%

12%

36%

14% 33%

Localizzazione delle aziende di quarta gamma in Italia Rucola

Valeriana

Lattughino

Spinacino

Bietola da foglia

Cicorino

Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati AOPUNOLOMBARDIA

Ripartizione percentuale della produzione di insalate baby leaf di quarta gamma Foto R. Angelini

Valeriana

Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati provenienti da diverse organizzazioni dei produttori

519


mondo e mercato

1,1%

Dinamiche del mercato della quarta gamma Il mercato della quarta gamma nel 2009 ha raggiunto un giro d’affari valutabile attorno ai 700 milioni di euro, mentre in quantità sono state vendute 146.000 t. Si stima inoltre che siano state acquistate quasi 500 milioni di “buste”, vendute con un peso medio per confezione attualmente inferiore ai 150 g e in progressiva riduzione. La penetrazione delle insalate pronte ha raggiunto il 61% nel 2010 e dalle analisi di mercato più recenti risulta infine che la quarta gamma ha registrato negli ultimi due anni le migliori performance in termini di tasso di crescita degli acquisti domestici. Rispetto al totale degli acquisti di ortaggi, queste insalate rappresentano l’8,2% in valore e il 2,4% in quantità e tali percentuali si mostrano in crescita nel corso degli anni, erodendo via via quote significative sia al corrispettivo prodotto fresco di prima gamma, sia ai prodotti surgelati. Nell’ultimo decennio le vendite del comparto sono più che triplicate: in base all’indice ISMEA delle quantità acquistate, si passa da 100 nel 2000 a 348 nel 2009. Tale andamento è in netto contrasto con quello degli altri prodotti orticoli, che nello stesso arco di tempo presentano una contrazione, come gli ortaggi freschi o conservati, o una sostanziale stabilità, come i surgelati. La quarta gamma di fatto ha resistito anche alla crisi alimentare che si è innescata dalla seconda metà del 2007: la leggera battuta d’arresto del 2008, che da più parti era stata letta come un’inevitabile inversione di tendenza del comparto, ha invece lasciato spazio a un nuovo incremento che, in base alle più recenti stime dell’ISMEA, si prolunga anche nel 2010.

Quote in valore 0,5% 8,2%

11,5% 60% 18,7%

Quote in quantità 2,4% 0,3% 7,5% 1% 20,8%

68%

Ortaggi freschi

Ortaggi cotti

Ortaggi in scatola

Ortaggi IV gamma

Ortaggi surgelati

Ortaggi cotti V gamma

Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISMEA-ACNielsen

Indici ISMEA delle quantità di quarta gamma acquistate dalle famiglie italiane (2000 = 100)

Ripartizione percentuale delle vendite di ortaggi nel 2009 Foto R. Angelini

400 350 2000 = 100

300 250 200 150 100 50 0

Erpicatura sotto tunnel

2005

2006

2008

2009

Ortaggi e legumi conservati

Ortaggi e legumi surgelati

Ortaggi IV gamma

Fonte: ISMEA-ACNielsen

520

2007

Ortaggi e legumi freschi


insalate e quarta gamma Il mercato della quarta gamma è rappresentato per l’86% dalle insalate, mentre alle verdure da cuocere, alle crudité e alle ciotole con condimento spettano l’8, il 4 e il 2% rispettivamente. Tra le insalate la quota maggiore è costituita dalle miste croccanti (34%), anche se le “mono” quali la rucola, il lattughino e la valeriana rappresentano tutte assieme il 35% e costituiscono il segmento più dinamico degli ultimi anni nell’ambito del comparto. All’interno del territorio nazionale le vendite presentano una differenziazione geografica piuttosto accentuata, con una localizzazione sostanzialmente simmetrica a quella delle insalate analizzata in precedenza, che vede il 41% del totale collocarsi nel Nord-Ovest, il 19% nel Nord-Est, il 27% nel Centro (compresa la Sardegna) e il restante 12% nel Sud. Tuttavia, negli ultimi anni si sono registrate variazioni degne di nota da cui si deduce come il mercato sia ancora in evoluzione e rimangano aperti ampi spazi di sviluppo, sia per la produzione sia per il consumo. La crescita più consistente dal 2000 al 2009 si è infatti registrata al Centro e al Nord-Est, mentre dal 2005 sono state le vendite al Nord-Ovest a rivelarsi più dinamiche. Nel Sud, pur aumentando di anno in anno il peso relativo rispetto alle altre aree, si evince come vi siano ancora ampi margini di crescita.

20% 34%

8% 11% 13%

14%

Mista croccante

Mista tenera

Lattughino

Valeriana

Rucola

Altri

Fonte: nostre elaborazioni su dati Nielsen, at anno 2009

Quote di vendita dei prodotti di quarta gamma nel 2009 Foto R. Angelini

Analisi dei prezzi della quarta gamma Un interesse particolare riveste l’analisi dei prezzi al consumo, interesse confermato anche dal recente inserimento di questa voce nel paniere per il calcolo dell’inflazione da parte dell’ISTAT. La comodità di utilizzo e in generale i servizi incorporati nelle in-

Indici ISMEA delle quantità di quarta gamma acquistate dalle famiglie italiane per aree geografiche (2000 = 100) 450 400

Foto R. Angelini

2000 = 100

350 300 250 200 150 100 50 0

2005

2006

Nord-Ovest

Centro

Nord-Est

Sud

2007

2008

2009

Fonte: ISMEA-ACNielsen

521


mondo e mercato Foto G. Coppola

Foto R. Angelini

salate pronte per il consumo, a cui si aggiungono elevati quantitativi di scarto nella fase agricola, nella trasformazione e nella distribuzione, fanno sì che tali prodotti vengano venduti a prezzi decisamente più elevati rispetto al resto degli ortaggi. Mediamente un’insalata di quarta gamma può costare fino a 6 volte di più del corrispettivo prodotto di prima gamma. Secondo informazioni desunte dall’indagine ISMEA-ACNielsen, nell’ultimo anno le insalate lavate e pronte all’uso sono state vendute a un prezzo medio

Lattughino rosso

Lattughino rosso per il primo taglio

Foto R. Angelini

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insalate e quarta gamma Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Lattughino biondo alla raccolta

di 7,8 euro/kg, contro l’1,8 euro/kg degli ortaggi freschi e i 3,1 euro/kg dei surgelati. Un differenziale così accentuato è giustificato anche dall’impegno ad assicurare la stabilità stagionale delle quotazioni e un’offerta pressoché costante durante l’anno. Proprio quest’ultimo aspetto appare particolarmente rilevante tra le motivazioni d’acquisto: infatti i consumatori sono più sensibili alle forti oscillazioni di prezzo degli ortaggi tradizionali piuttosto che ai prezzi elevati ma stabili dei convenience food.

Lattughino biondo

Foto R. Angelini

Confronto tra prezzi medi della quarta gamma e di altri prodotti orticoli (2009) 9 8

7,8

7 euro/kg

6 5 4 3

3,4

3,1

2

2,1

1,8

1,8

Ortaggi cotti

Ortaggi in scatola

Ortaggi freschi

1 0

Ortaggi Ortaggi cotti Ortaggi IV gamma V gamma surgelati

Lattughino romano

Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISMEA-ACNielsen

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mondo e mercato Andamento del prezzo medio delle insalate di quarta gamma

Foto R. Angelini

8,5 8,36

8,36

8,38 8,16

euro/kg

8,0

7,79

7,5

7,61

7,0 6,5 6,0

2005

2006

2007

2008

2009

2010*

Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISMEA-ACNielsen * stime del periodo gen.-ott. 2010

La leva del prezzo, che durante la crisi ha assunto un’importanza crescente per la maggior parte dei prodotti alimentari, ha lambito tuttavia solo in parte il comparto, che ha fatto registrare decrementi considerevoli dal 2007 in poi passando da 8,38 a 7,61 euro/ kg, probabilmente anche grazie all’effetto della crescente competizione al suo interno.

Lattughino rosso

Serre tunnel per le coltivazioni di quarta gamma a Bolgare (BG)

Foto R. Angelini

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insalate e quarta gamma Distribuzione percentuale delle vendite di quarta gamma tra le diverse forme distributive

Foto R. Angelini

60% 49%51%

50%

38% 37%

40% 30% 20%

10%

10% 0%

Supermercati Ipermercati In quantità

7%

Hard discount

3% 3%

1% 1%

Libero servizio

Altri

In valore

Fonte: elaborazioni DEPAAA su dati ISMEA-ACNielsen

Caratteristiche della distribuzione I prodotti di quarta gamma, necessitando di una logistica evoluta ed efficiente, trovano il naturale mercato di sbocco nei punti di vendita della grande distribuzione. La grande distribuzione organizzata (GDO), infatti, realizza la quasi totalità delle vendite con una quota che si aggira attorno all’85-90% sia in quantità sia in valore.

Lattughino biondo

Foto R. Angelini

Indici ISMEA delle quantità di quarta gamma acquistate dalle famiglie italiane per forma distributiva (2000 = 100) 800 700 2000 = 100

600 500 400 300 200 100 0

2005

2006

2007

Super + Iper

Discount

Liberi servizi

Dettaglio tradizionale

2008

2009

Lattughino romano allo sfalcio

Fonte: ISMEA-ACNielsen

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mondo e mercato Più precisamente, la quota maggiore (51% in valore) spetta ai supermercati, seguiti da ipermercati (38%), hard discount (7%) e dai restanti esercizi, compresi i liberi servizi e le altre forme commerciali. L’aumento delle vendite di quarta gamma nell’ultimo decennio si è distribuito in tutti i canali di vendita, ma con differenze significative. È interessante notare che, se dal 2000 al 2009 le vendite presso la GDO si sono triplicate, in alcune forme commerciali non sono mai decollate del tutto, mentre nei discount sono aumentate di ben 7 volte. L’eccezionale incremento di quest’ultima realtà distributiva è da attribuire in primo luogo all’apertura di nuovi punti di vendita, ma è sicuramente anche un’evidenza della penetrazione di tale prodotto anche in altri segmenti di consumatori, solitamente più attenti agli aspetti economici. Da un’indagine svolta dall’ISMEA nel 2007 presso un panel di referenti della GDO si possono trarre altri spunti interessanti che permettono di analizzare il comparto anche dal punto di vista della distribuzione. Emerge, per esempio, che oramai in tutta la GDO sono disponibili tutti i prodotti di quarta gamma, per quanto riguarda sia le insalate monovarietali sia quelle miste. Tra gli altri ortaggi commercializzati spiccano invece gli spinaci lavati, asciugati, tagliati e confezionati, pronti da cuocere. Il 65% dei fornitori della GDO è rappresentato da imprese industriali, a cui segue il 25% di cooperative agricole. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la distribuzione crea accordi annuali con un numero di fornitori che va da 2 a 4 e solo un quinto dei punti vendita si approvvigiona da un unico fornitore. La quasi totalità

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Copertura TNT (tessuto non tessuto) per favorire la germinazione della valeriana Lattughino per quarta gamma

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insalate e quarta gamma degli operatori della distribuzione dichiara di preferire fornitori che si avvalgono di un sistema di etichettatura volontaria, a riprova del fatto che la tutela dell’immagine e della qualità di tali prodotti riveste un ruolo fondamentale per chi è maggiormente a contatto con il consumatore finale.

Foto R. Angelini

Prospettive e criticità Il fenomeno del relativo incremento delle superfici e delle produzioni di insalate, in atto da almeno un decennio, e che si concretizza nella sostanziale stabilizzazione del settore, appare significativo alla luce della duplice esigenza da parte degli agricoltori da una parte di trovare colture che consentano di ricavare redditi che altrimenti appaiono sempre più aleatori, e dall’altra di seguire l’evoluzione della domanda di alimenti. Una delle caratteristiche che tuttavia lo contraddistinguono nel nostro Paese e che sembra consolidarsi, dopo una fase di relativa incertezza, è la conferma della relativa maggiore propensione, rispetto ad altri modelli di consumo, verso i prodotti freschi o percepiti come tali. L’immagine di naturalezza e di alimentazione sana che si accompagna a essi è, da questo punto di vista, un’importante carta da giocare per la valorizzazione economica delle produzioni orticole, in particolare delle insalate, a vantaggio delle quali gioca senza dubbio il vero e proprio boom della quarta gamma. La forte prossimità tra il settore agricolo produttore delle insalate e quello industriale delle imprese che operano nella quarta gamma, di norma relativamente recenti e ancora strettamente connesse

Rucola Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Serra tunnel di rucola Foto R. Angelini

Lattughino tipo romana Raccolta manuale della valeriana

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mondo e mercato Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

sul piano funzionale (oltre che su quello industriale e commerciale), eccezion fatta per Bonduelle che ha realizzato un’importante concentrazione sotto l’egida di un marchio leader in Europa, dimostra in realtà, dal punto di vista agricolo, la comprensione del fatto che la quota maggiore di valore aggiunto si realizza non nella fase agricola, ma in quelle successive. Baulatura

Foto R. Angelini

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insalate e quarta gamma La relativa novità del comparto quarta gamma, oltre a questo aspetto, ne reca con sé un altro di notevole interesse e cioè l’immediato costituirsi di un’importante presenza delle marche commerciali della grande distribuzione, probabilmente la più elevata nel settore alimentare, a fronte di un’immagine ancora in formazione di quelle industriali. I dati sui canali di vendita mostrano, peraltro, che per quanto riguarda i consumi familiari la GDO si è immediatamente qualificata come quello principale, con l’interessante peculiarità dell’inserimento dei discount con quote più elevate che al­ l’estero. Quest’ultimo fenomeno costituisce una peculiarità che si collega all’interesse del nostro consumatore per i prodotti freschi e che ha comportato addirittura la nascita di una “variante italiana” all’originario modello degli hard discount formatosi negli altri Paesi, con l’assegnazione di uno spazio più ampio da un lato all’ortofrutta e dall’altro ai latticini, anche freschi: due categorie di prodotti che in realtà comportano costi di logistica in contrasto con la filosofia di base degli hard discount, ma che hanno esercitato un forte richiamo per i consumatori. Al momento rimane ancora in crescita, ma in misura minore del prevedibile, il canale delle forniture al comparto Ho.re.ca. (Hotels, Restaurants and Catering) che invece, in considerazione dell’elevata frammentazione tipica del nostro sistema, è potenzialmente in grado di rappresentare un cliente molto importante per le imprese della quarta gamma.

Foto R. Angelini

Lattughe per la quarta gamma

Lattughino

Foto R. Angelini

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mondo e mercato Le prospettive complessive del comparto delle insalate si giocano sostanzialmente attorno alla capacità della quarta gamma di continuare a crescere seguendo un naturale trend di espansione che si rafforza grazie alla possibilità di allinearsi alle due principali tendenze della domanda di alimenti: quella verso il fresco, il naturale e il dietetico da un lato e quella verso i prodotti a elevata dose di servizi incorporati dall’altro. Due tendenze che nel nostro modello di consumo presentano la peculiarità del forte peso relativo anche della prima, al contrario di quanto accade, invece, nei Paesi in cui l’affermazione della quarta gamma è iniziata prima. Le differenti stime disponibili indicano che il consumo di prodotti di quarta gamma è di circa 30 kg/anno a persona negli Stati Uniti, di 12 in Gran Bretagna, di 6 in Francia e di 4 in Italia, mentre la media europea si colloca attorno a 3 kg/anno. In termini di valore il mercato inglese è valutato a circa 1,1 milioni di euro, quello francese a 0,7, seguito a ruota da quello italiano. Il confronto, tuttavia, soffre da un lato per la difficoltà di realizzare stime omogenee, dall’altro per le differenze esistenti nel mix di prodotti che forma la quarta gamma. Questo, infatti, è molto diverso nei singoli Paesi in relazione alle tradizioni alimentari che si collegano all’offerta locale. Nei Paesi di tradizione anglosassone e del Nord Europa il consumo di orticoli ha un peso rilevante rispetto a quello delle insalate, mentre in Italia queste ultime rappresentano, come si è detto, la quota di gran lunga prevalente. Dall’insieme di queste considerazioni emergono interessanti prospettive di sviluppo del comparto, legate sia all’ulteriore diffu-

Foto R. Angelini

Rete di protezione

Foto R. Angelini

Consumi pro capite di prodotti di quarta gamma negli Stati Uniti e in Europa (media 2007-2009) 35 30

30

25 kg

20 15

12

10

6

5 0

USA

Regno Unito Francia

Fonte: elaborazioni DEPAAA su varie fonti

530

4

3

3

Italia

Spagna

Media Europa


insalate e quarta gamma Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

sione di questo tipo di consumi, sia alla possibilità, che peraltro viene costantemente seguita e sviluppata dalle imprese, di ampliare la gamma dell’offerta, per esempio con altri ortaggi freschi o con la frutta o, come avviene recentemente, con i succhi del tipo smoothies. Il tutto, rafforzando e sviluppando ulteriormente la componente portante per tradizione, costituita dalle insalate.

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

531


le insalate Foto R. Angelini

mondo e mercato Radicchi IGP del Veneto Luca Giavi

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Radicchi IGP del Veneto Radicchi I radicchi che oggi noi conosciamo appartengono tutti alla famiglia delle Asteraceae, tribù Cichoriae, genere Cichorium, specie Intybus, varietà silvestre. La loro presenza, allo stato spontaneo, è testimoniata praticamente in tutti i Paesi del bacino mediterraneo; coltivati in un primo momento nelle zone temperate dell’Europa, dell’Asia occidentale e dell’Africa settentrionale, si sono estesi successivamente all’Africa meridionale, alle Americhe e all’Australia. La presenza in Veneto del radicchio rosso di Treviso (tardivo), capostipite di tutti i tipi di radicchi di cui ci occuperemo, viene fatta risalire, da numerose fonti bibliografiche, al XV secolo. Da allora, grazie al paziente e lungo lavoro di selezione naturale operato dall’uomo, sono giunte le diverse tipologie che oggi possiamo trovare sulle nostre tavole.

Stagionalità, garanzia di qualità

• Il radicchio di Chioggia precoce

può essere raccolto a partire dal 1o aprile fino al 15 luglio; per la varietà tardiva bisognerà attendere il mese di settembre e la raccolta potrà essere protratta fino al mese di marzo

• Il radicchio di Verona precoce può

essere raccolto a partire dal 1o ottobre, mentre per il tardivo bisognerà attendere il 15 dicembre

• Il radicchio rosso di Treviso precoce può essere raccolto a partire dal 1o settembre, mentre il tardivo può essere raccolto a partire dal 1o novembre, dopo che la coltura abbia subito almeno due brinate

Radicchio rosso di Treviso IGP Per primo, con il radicchio variegato di Castelfranco, il radicchio rosso di Treviso ha ottenuto, il 1o luglio 1996, il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta (IGP). La notorietà della denominazione va ricercata nelle particolari caratteristiche organolettiche ed estetiche che il radicchio rosso di Treviso tardivo presenta grazie a un particolare processo produttivo che, successivamente alla fase di coltivazione in pieno campo, prevede una fase di imbianchimento in acqua di falda. Il relativo disciplinare di produzione, recentemente novellato, prescrive che il tipo tardivo presenti le caratteristiche elencate di seguito.

• Il radicchio variegato di Castelfranco può essere raccolto a partire dal 1o ottobre

Foto Archivio OPO VENETO - Paolo Spigariol e Mara Zanato

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radicchi IGP del Veneto –A spetto: germogli regolari, uniformi e dotati di buona compattezza; foglie serrate, avvolgenti, che tendono a chiudere il cespo nella parte apicale; cespo corredato di una porzione di radice fittonante perfettamente toilettata e di lunghezza proporzionale alla dimensione del cespo, comunque non superiore a 6 cm. – Colore: lembo fogliare rosso vinoso intenso con nervature secondarie appena accennate; costola dorsale (nervatura principale) bianca. – Sapore: costola dorsale di sapore gradevolmente amarognolo e croccante nella consistenza. – Calibro: cespi con peso minimo 100 g, diametro minimo al colletto 3 cm, lunghezza (senza fittone) 12-25 cm. Il profilo merceologico è così definito: perfetto grado di maturazione; spiccata colorazione rosso-brillante del lembo fogliare; nervatura principale di colore bianco; buona consistenza del cespo; pezzatura medio-grande; uniformità nel calibro e nella lunghezza dei cespi; toilettatura precisa, raffinata, priva di sbavature; fittone proporzionato al cespo e non più lungo di 6 cm. Le caratteristiche del meno pregiato radicchio rosso di Treviso precoce, la cui fase di forzatura-imbianchimento non avviene in acqua ma mediante legatura delle foglie in pieno campo, sono invece le seguenti. – Aspetto: cespo voluminoso, allungato, ben chiuso, corredato da modesta porzione di radice. – Colore: foglie caratterizzate da una nervatura principale molto accentuata, di colore bianco, che si dirama in molte piccole penninervie nel rosso intenso del lembo fogliare, notevolmente sviluppato.

Foto Archivio OPO VENETO - Paolo Spigariol e Mara Zanato

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mondo e mercato –S apore: foglie di sapore leggermente amarognolo e di consistenza mediamente croccante. – Calibro: cespi con peso minimo 150 g e lunghezza (senza radice) 15-25 cm. Il profilo merceologico del radicchio rosso di Treviso precoce è così definito: perfetto grado di maturazione; colorazione rossobrillante del lembo fogliare interrotta da fini nervature bianche; buona consistenza del cespo; pezzatura medio-grande; uniformità nel calibro dei cespi; toilettatura precisa, raffinata, priva di sbavature; fittone proporzionato al cespo e non più lungo di 4 cm.

Foto Archivio OPO VENETO - Paolo Spigariol e Mara Zanato

Radicchio variegato di Castelfranco IGP Questo radicchio, iscritto anch’esso fin dal 1996 nell’elenco delle indicazioni geografiche tutelate dall’Unione Europea, diversamente dagli altri, non deriva esclusivamente da un’attività di selezione massale, quanto piuttosto da un incrocio, non si sa se guidato o spontaneo, avvenuto nella zona di Castelfranco Veneto tra il radicchio rosso di Treviso tardivo e una scarola. All’atto dell’immissione al consumo, dopo una fase di forzaturaimbianchimento, il radicchio contraddistinto dall’IGP “radicchio variegato di Castelfranco” deve presentare le caratteristiche di seguito indicate. – Aspetto: cespo bello di forma e splendido di colori, con diametro minimo di 15 cm; partendo dalla base del cespo si ha un giro di foglie piatte, un secondo giro di foglie un po’ più sollevato, un terzo giro ancora più inclinato e così via fino ad arrivare al cuore, evitando la presenza del grumulo; lunghezza massima del fittone 4 cm, di diametro proporzionale alle dimensioni del cespo Foto Archivio OPO VENETO - Paolo Spigariol e Mara Zanato

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radicchi IGP del Veneto stesso; foglie spesse il più possibile, con bordo frastagliato, con superficie del lembo ondulata, di forma rotondeggiante. – Colore: foglie bianco-crema con variegature distribuite in modo equilibrato su tutta la pagina fogliare, di tinte diverse dal viola chiaro al rosso violaceo e al rosso vivo. – Sapore: foglie di sapore dal dolce al gradevolmente amarognolo, molto delicato. – Calibro: peso minimo dei cespi pari a 100 g, diametro minimo della “rosa” 15 cm. Il profilo merceologico è così definito: perfetto grado di maturazione; colorazione bianco-crema con variegature uniformi dal viola chiaro al rosso vivo; foglie con bordo frastagliato e lembo leggermente ondulato; buona consistenza del cespo; pezzatura mediogrande; uniformità nel calibro dei cespi; toilettatura precisa, priva di sbavature; fittone proporzionato al cespo e non oltre i 4 cm.

Foto Archivio OPO VENETO - Paolo Spigariol e Mara Zanato

Radicchio di Chioggia IGP Diversamente da quanto la colorazione della lamina fogliare farebbe immaginare, il radicchio di Chioggia, la cui registrazione all’elenco delle IGP risale al 17 ottobre 2008, non è stato ottenuto, secondo gli studiosi, per selezione massale direttamente dal radicchio rosso di Treviso tardivo ma, per passaggi successivi, dal radicchio variegato di Castelfranco. Anche nel caso del radicchio di Chioggia, si differenziano due tipologie. All’atto dell’immissione al consumo la tipologia precoce deve presentare le caratteristiche indicate di seguito. – Aspetto: grumolo di pezzatura medio-piccola, ben chiuso, corredato da modesta porzione di radice tagliata in maniera netta sotto il livello del colletto. Foto Archivio OPO VENETO - Paolo Spigariol e Mara Zanato

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mondo e mercato –C olore: foglie caratterizzate da una nervatura principale di colore unicamente bianco, che si dirama in molte piccole penninervie nel lembo fogliare notevolmente sviluppato, di colore caratteristico dal cremisi all’amaranto. – Sapore: foglie di sapore dolce o leggermente amarognolo e di consistenza croccante. – Calibro: peso del grumolo da 180 a 400 g. Il radicchio di Chioggia tipo tardivo, invece, deve presentare le seguenti caratteristiche. – Aspetto: grumolo di pezzatura medio-grande, molto compatto, corredato da modesta porzione di radice recisa in maniera netta sotto il livello del colletto. – Colore: foglie caratterizzate da una nervatura principale di colore unicamente bianco perla, che si dirama in molte piccole penninervie nel lembo fogliare notevolmente sviluppato, di colore amaranto carico. – Sapore: foglie di sapore amarognolo e di consistenza mediamente croccante. – Calibro: peso del grumolo da 200 a 450 g.

Foto Archivio OPO VENETO - Paolo Spigariol e Mara Zanato

Radicchio di Verona IGP Il radicchio di Verona, discendente “diretto” del radicchio rosso di Treviso tardivo, ha ottenuto l’iscrizione al registro comunitario delle IGP il 2 febbraio 2009. Anch’esso presenta due tipologie e si distingue per i seguenti caratteri. – Aspetto e colore: foglie sessili, intere, con margine privo di frastagliature e piegate a doccia verso l’alto. Favorite dalle basFoto Archivio OPO VENETO - Paolo Spigariol e Mara Zanato

536


radicchi IGP del Veneto se temperature invernali, esse assumono la tipica colorazione rosso scuro intensa e, addossandosi le une alle altre, danno al cespo la forma di tipico grumolo compatto. La nervatura principale delle foglie, molto sviluppata, è di colore bianco. – Sapore: per il “tipo tardivo”, dopo l’intervento di forzatura e imbianchimento, le foglie acquisiscono la tipicità di croccantezza e di gusto leggermente amarognolo. – Calibro: il cespo (grumolo) ha un peso di 150-350 g per il “tipo precoce” e di 100-300 g per il “tipo tardivo”; viene commercializzato con una piccola parte apprezzabile della radice (fittone) di lunghezza non superiore a 4 cm e di diametro proporzionale alle dimensioni del cespo stesso. Al momento dell’immissione al consumo, il radicchio di Verona IGP, oltre a rispettare le suddette caratteristiche di tipicità, dovrà presentare: toilettatura precisa e curata con cespo e fittone puliti e lavati; uniformità nel calibro e nella lunghezza dei cespi, nonché nelle dimensioni della piccola parte del fittone che rimane attaccato al cespo. Altre caratteristiche richieste sono: aspetto del germoglio compatto, serrato nella parte apicale, di forma leggermente ellittica, con nervature della lamina fogliare ben evidenti e aperte; colore del lembo fogliare rosso brillante senza variegature; nervatura principale completamente bianca, stretta alla base. I cespi devono essere interi, sani (escludendo quindi i prodotti affetti da marciume o che presentino alterazioni tali da renderli inadatti al consumo), di aspetto fresco, esenti da parassiti e danni provocati da parassiti, privi di umidità esterna anomala e privi di odore e/o sapore estranei.

Foto Archivio OPO VENETO - Paolo Spigariol e Mara Zanato

Foto Archivio OPO VENETO - Paolo Spigariol e Mara Zanato

537


le insalate Foto R. Angelini

mondo e mercato Richieste del consumatore Daniele Tirelli

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Richieste del consumatore Foto M. Curci

Il 94% dei nostri connazionali consuma, in un modo o nell’altro, insalate. Il 22% ne fruisce come base di un piatto unico, sostitutivo di altri più tradizionali. La metà consuma lattuga o indivia una o due volte al giorno. Sono tratti di una nuova e interessante abitudine che segna il ritorno, dopo l’enfasi sul consumo carneo tipico della modernizzazione del Paese, a un regime dietetico tendenzialmente più povero di calorie e grassi. Se un tempo la prevalenza delle verdure sulle carni era imposta dalle ristrettezze economiche di gran parte della popolazione, oggi questa enfasi sul consumo di vegetali risponde a una razionalizzazione dei canoni dietetici utili ai fini della cura della propria salute e dell’estetica personale. Le insalate rappresentano, al tempo stesso (assieme alle mele), l’esempio più eclatante e convincente della capacità del marketing di trasformare una commodity per antonomasia in un prodotto trendy, ad alto valore aggiunto, sempre più frequentemente nobilitato da brand prestigiosi. In breve, ciò che è accaduto al mercato nazionale delle insalate nell’ultimo decennio appare in palese controtendenza con il grigiore che ha caratterizzato la domanda di tanti altri beni di consumo confezionati. Esso costituisce pertanto un caso emblematico di come si possa valorizzare la produzione dell’agricoltura italiana rispondendo alle esigenze dei consumatori con una loro piena soddisfazione. Le insalate rappresentano (sia consentito un abuso del termine) un prodotto alimentare “post-moderno”. Sono infatti la base di preparazioni che fanno della mescolanza di sapori e aromi la chiave di un enorme numero di varianti di meal solution, sconosciute alla tra-

Indivia riccia

Foto M. Curci

538


richieste del consumatore Dicci come prepari la tua insalata “perfetta”. Oltre a olio, aceto e altro, quali insaporitori utilizzi tra quelli qui elencati? Insaporitori

Totale

Uomini

Donne

pomodorini

71,8%

70,1%

73,6%

tonno

63,1%

62,3%

63,9%

olive

57,1%

56,1%

58,2%

cipolle

38,9%

43,1%

34,7%

formaggio (vario)

38,3%

37,1%

39,5%

uova sode

37,4%

36,4%

38,5%

ravanelli

26,7%

22,7%

30,7%

noci o mandorle

23,6%

18,8%

28,2%

peperoncino

15,6%

17,6%

13,6%

sottoli/sottaceti

14,4%

17,1%

11,7%

prosciutto

13,4%

13,9%

12,9%

altro

13,1%

14,7%

11,5%

crostini

12,2%

8,4%

15,9%

acciughe

11,8%

15,5%

8,1%

pinoli

11,1%

10,9%

11,3%

maionese

9,9%

9,3%

10,5%

pomodori secchi

9,9%

12,3%

7,5%

salmone a pezzetti

9,8%

10,7%

9,1%

aglio

8,6%

9,9%

7,2%

uva secca

3,1%

4,3%

1,9%

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Fonte: SmartResearch Foto M. Curci

539


mondo e mercato dizione gastronomica italiana. Attualmente solo il 3% della popolazione mangia insalata scondita o quasi. La quasi totalità la insaporisce con olio extravergine, limitando al 4% l’uso dei più leggeri oli di semi. È abitudine diffusa aggiungervi anche una nota acidula grazie alla moda ormai consolidata dell’aceto balsamico (46%), dell’aceto di vino o del limone (30%). Tuttavia, la fruizione odierna delle insalate non si limita certo a questo parco condimento. Lattughe e indivie costituiscono, come si è detto, la base, il veicolo per preparazioni più complesse che prevedono in primo luogo i pomodorini (ciliegini, datterini ecc.) i quali, per il 72% di consumatori, sono il complemento ideale dell’insalata. I pomodorini, per inciso, costituiscono un altro straordinario fenomeno di innovazione sul piano della diversificazione varietale e del marketing del prodotto deperibile. Ulteriormente, il 63% degli italiani insaporisce la propria insalata con l’aggiunta di tonno e nel 57% dei casi con olive. Vengono poi menzionati, con percentuali minori, altri ingredienti quali cipolle, formaggio, uova, ravanelli, noci ecc. Si tratta di indicazioni importanti poiché evidenziano un tratto sottile, ma importante, delle attuali motivazioni di acquisto e di consumo (aspetti da tenere ben separati!). La crescita della domanda di insalate si è accompagnata in sostanza alla capacità di trarne un piacere gustativo offerto da innumerevoli varianti ottenute dalle più fantasiose combinazioni di sapori. Insomma, si è riusciti a correggere l’inevitabile monotonia del gusto del prodotto tale e quale. Un’altra soluzione è giunta, come vedremo, dalla predisposizione di mix in grado di conferire note aromatiche e amarognole grazie all’aggiunta di radicchio, rucola e altre erbe.

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

540


richieste del consumatore Tuttavia, l’esigenza di sostenere l’appetibilità del prodotto implicava ulteriormente la soluzione al bisogno di un notevole contenuto di servizio, sostitutivo di un lavoro non trascurabile di elaborazione. A ciò si aggiungeva inoltre la necessità di avere facilmente a disposizione un’ampia gamma di insaporitori. Questi fattori hanno determinato un crescente apprezzamento per le nuove soluzioni di quarta e quinta gamma, le quali contribuiscono fondamentalmente, nonostante una problematica di prezzo non trascurabile, ad accrescere il valore di un prodotto altrimenti molto povero e destinato a subire un’involuzione negativa. Per qualificare in termini realistici la portata delle dichiarazioni circa le diverse varietà di prodotto, sono state mostrate ai soggetti facenti parte del campione delle fotografie di diversi tipi di lattughe o indivie. Le risposte ottenute, previo suggerimento di alcuni nomi, sono mostrate nelle tabelle seguenti. Se ne deduce che, a parte il caso molto peculiare della lattuga romana, morfologicamente ben diversa dalle altre, la capacità di associare l’informazione visiva ai nomi specifici è scarsa: più scarsa tra gli uomini che tra le donne. Da qui l’importanza della comunicazione in-store tesa a chiarire non solo i nomi, ma le specificità del prodotto e della sua eventuale stagionalità, al fine di orientare il consumatore a una scelta più razionale nel momento dell’acquisto. Esaminando ora il quadro generale nel quale si colloca il consumo di verdure e di insalate, si può osservare che la percentuale di coloro che seguono regimi poveri di carni rosse o bianche o vegetariani in senso lato è dell’8% tra le donne e del 3% tra gli uomini. Da notare però che le storiche differenze tra Nord e Sud relativamente alle dimensioni del consumo carneo pro capite sembrano oggi praticamente scomparse. In breve, questo scelta di consumo sembra essere oggi non più determinata da fattori economico-sociali, bensì da condizionamenti prettamente culturali. Se consideriamo poi le abitudini relative al consumo di pesce, che secondo certe interpretazioni non è in contrasto con le diete vegetariane meno strette, il quadro è quello illustrato nella tabella di riferimento. Un’altra questione esplorata da un’enorme mole di studi antropologici è quella relativa al “cotto” e al “crudo”. Ebbene, le verdure crude sono giudicate nel 90% degli intervistati più ricche di vitamine e di elementi nutritivi. Tuttavia, il pubblico si divide a metà circa il giudizio sulla loro digeribilità. Ne discende che una grande percentuale degli italiani ritiene che la cottura della verdura ne riduca gli apporti nutrizionali. Tuttavia, la fruizione di verdure crude suscita non poche ansie, motivate dalla supposta presenza di eventuali residui di metalli e sostanze chimiche, nonché di una pericolosa flora batterica. Venendo al prodotto insalata in quanto tale, esaminiamo ora quali caratteristiche vengono maggiormente apprezzate dalle varie componenti demografiche.

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

541


mondo e mercato Sapresti riconoscere questa verdura? Foto M. Curci

Scarola

Varietà

Totale

Uomini

Donne

Lattuga

28,7%

36,5%

20,8%

Indivia

24,4%

23,5%

25,2%

Scarola

40,4%

31,0%

49,9%

Radicchio

0,7%

1,2%

0,2%

Cicoria

1,3%

1,9%

0,6%

Verza

2,5%

3,3%

1,8%

Altro

2,1%

2,6%

1,5%

Sapresti riconoscere questa verdura? Lattuga

Lattuga romana

Foto R. Angelini

Varietà

Totale

Uomini

Donne

Lattuga

67,4%

63,1%

71,7%

Indivia

11,2%

12,1%

10,4%

Scarola

8,5%

10,4%

6,6%

Radicchio

2,5%

3,3%

1,6%

Cicoria

3,0%

3,1%

3,0%

Verza

2,9%

4,0%

1,9%

Altro

4,5%

4,1%

4,9%

Sapresti riconoscere questa verdura? Indivia

Varietà

Totale

Uomini

Donne

Lattuga

3,7%

3,6%

3,7%

Indivia

29,2%

26,2%

32,2%

Scarola

37,8%

37,9%

37,7%

Radicchio

5,4%

7,7%

3,1%

Cicoria

6,8%

7,2%

6,5%

Verza

7,7%

11,4%

4,0%

Altro

9,4%

6,1%

12,8%

Fonte: SmartResearch

Al primo posto tra gli attributi richiesti si colloca la “croccantezza” (68% di preferenze) e poi, ben distanziati, la consistenza, la dolcezza, la tenerezza e l’aromaticità. Il prodotto deve poi essere nel 62% dei casi di un bel verde chiaro, ma anche (50%) di un verde più marcato e intenso. La mappa percettiva ottenuta con il metodo della correspondence analysis evidenzia come le preferenze si dividano in base al genere e all’età. Il pubblico maschile predilige un prodotto più sostanzioso e più ricco e al crescere dell’età, con l’educazione

Lattuga cappuccina

542


richieste del consumatore In una settimana tipo, quante volte consumi carni rosse o bianche (considera sia pranzo sia cena)? Quante volte

Totale

Uomini

Donne

Almeno una volta al giorno

12,0%

10,4%

13,7%

4-5 volte a settimana

59,4%

65,8%

52,9%

Abbastanza raramente

23,1%

21,0%

25,2%

Molto raramente

5,3%

2,6%

8,1%

Mai

0,1%

0,2%

0,1%

Foto M. Curci

Fonte: SmartResearch

Considerando sia pranzo sia cena, in una settimana tipo, quante volte consumi pesce? Quante volte

Totale

Uomini

Donne

Molto spesso

1,2%

1,7%

0,8%

Spesso

13,5%

15,5%

11,7%

Regolarmente (una volta alla settimana)

18,3%

16,8%

19,8%

Qualche volta

62,1%

61,5%

62,8%

Mai

4,8%

4,5%

4,9%

Foto M. Curci

Fonte: SmartResearch

del gusto, si apprezzano varietà più aromatiche e saporite come indivie e radicchi. Come viene mostrato dalla mappa percettiva (a) si nota che le preferenze di uomini e donne presentano una certa differenziazione. Il pubblico femminile preferisce insalate bianchissime, tenerissime, dolci e croccanti. Quello maschile è invece più spostato verso insalate con foglie verdi succose e anche amarognole. Venendo alle tipologie (termine generico utilizzato per circoscrivere gli stereotipi tipici della cultura popolare e in questo senso analogo a quello di “varietà”), troviamo al primo posto del gradimento espresso un’“insalata” che tale non è, ovvero la rucola o ruchetta, di fatto appartenente alla famiglia delle Brassicaceae (57% di gradimento). Segue la lattuga romana (40%) e poi un’altra presenza estranea: la valerianella o songino, appartenente alla famiglia delle Valerianaceae. Il songino riscuote un apprezzamento pari a quello delle lattughe da taglio e della lattuga “cappuccio”. Più distanziate appaiono invece le cicorie, tra le quali compare anche il cavolo verza, gradito al 19% degli intervistati. Da segnalare poi un’interessante menzione per le erbe di campo, gradite in un caso su dieci. La mappa percettiva (b) ottenuta con il metodo della correspondence analysis e dei “tasselli” di Voronoi (ottenuti in base alle di-

Foto M. Curci

543


mondo e mercato Quali tipologie di insalate preferisci? Foto M. Curci

Foto M. Curci

Varietà

Totale

Uomini

Donne

Rucola

56,9%

56,1%

57,8%

Lattuga romana

39,8%

40,3%

39,2%

Valeriana o songino

35,2%

29,7%

40,7%

Lattuga da taglio

34,9%

35,6%

34,2%

Lattuga cappuccio

34,2%

32,6%

35,9%

Radicchio rosso trevigiano

32,7%

35,2%

30,3%

Spinacini

25,3%

25,3%

25,3%

Scarola

23,6%

23,6%

23,6%

Cicoria e cicorino

19,8%

20,1%

19,7%

Verza

19,5%

18,4%

20,6%

Radicchio rosso di Chioggia (a cappuccio)

18,9%

15,3%

22,4%

Misticanza

18,5%

16,7%

20,3%

Indivia belga

14,1%

10,3%

17,7%

Indivia

13,4%

13,9%

12,9%

Erbe di campo

11,2%

9,5%

12,8%

Radicchio verde

6,5%

9,2%

3,9%

Mentuccia

4,4%

4,9%

4,0%

Fonte: SmartResearch

Mappa percettiva (a) della relazione tra attributi delle insalate e variabili demografiche Foto M. Curci

0,15 Dolce

0,10 0,05 0 –0,05 –0,10

Bianchissime Acquosa

Screziate 25-34 anni Croccante 55-64 anni Verde chiaro 35-44 anni Aromatica 18-24 anni Totale Consistente Rosse Verdi e violette 45-54 anni Morbida Verde intenso Succosa Uomo

–0,15 –0,6 –0,5 –0,4 –0,3 –0,2 –0,1

544

Donna Tenerissima

Amarognola 0

0,1

0,2

0,3

0,4


richieste del consumatore Le verdure crude, rispetto a quelle cotte, secondo te, sono:

Digeribili

Gustose

Ricche di vitamine e altri nutrienti

Sicure in termini di batteri

Pericolose per i metalli pesanti e i residui chimici

Totale

Uomini

Donne

Molto meno

8%

6%

9%

Meno

47%

48%

45%

Più

35%

36%

34%

Molto più

11%

10%

11%

Molto meno

4%

5%

4%

Meno

23%

25%

21%

Più

51%

49%

54%

Molto più

21%

21%

21%

Molto meno

3%

2%

3%

Meno

7%

9%

5%

Più

44%

47%

41%

Molto più

46%

42%

50%

Molto meno

32%

27%

37%

Meno

54%

57%

50%

Più

10%

11%

8%

Molto più

4%

4%

5%

Molto meno

10%

9%

12%

Meno

28%

30%

26%

Più

48%

52%

45%

Molto più

13%

9%

17%

Foto M. Curci

Foto M. Curci

Fonte: SmartResearch

Mappa percettiva (b) della relazione tra varietà e variabili demografiche 0,1

Foto M. Curci

Indivia belga

Erbe di Campo Donna Misticanza

55-64 anni Soncino 0 Radicchio Chioggia

Radicchio Totale Trevigiano Rucola

Cicoria

–0,2

–0,1

Lattuga taglio

Uomo

Scarola –0,3

Spinacini Mentuccia

Lattuga cappuccio

45-54 anni

–0,1 –0,4

18-24 anni

Verza Indivia 35-44 anni Lattuga romana

25-34 anni 0

0,1

0,2

0,3

0,4

545


mondo e mercato Il radicchio è amaro quindi può essere meno gustoso delle insalate, ma è più salutare. Sei d’accordo?

Foto M. Curci

D’accordo

Totale

Uomini

Donne

Molto

14,7%

13,4%

15,9%

Abbastanza

45,1%

46,8%

44,0%

Poco

28,8%

29,1%

28,5%

Per niente

11,5%

11,4%

11,5%

Fonte: SmartResearch

stanze dei baricentri dei dati osservati) mostra come si distribui­ scono le preferenze per le varietà in base al sesso e all’età. In particolare, radicchi e cicorie per il loro sapore amaro piacciono di più alla popolazione matura. Erbe e misticanza incontrano maggiormente il gusto femminile. Passando alle abitudini di acquisto, le insalate comprate più frequentemente restano quelle a cespo intero (54%), mentre quelle confezionate pronte al consumo toccano il 38%, a cui va aggiunto un 13% del campione che predilige il prodotto semplicemente pronto da lavare. Si tenga conto però che un 20% di acquirenti utilizza pragmaticamente tutte queste alternative. Ne emerge di conseguenza un quadro in cui si evidenzia il ruolo del tutto consolidato e in continua espansione del segmento a elevato contenuto di servizio costituito dalle insalate in busta o di quarta gamma. Si tratta di un settore particolarmente dinamico, che offre sia ai produttori sia ai distributori interessantissime prospettive. Per un altro verso esiste però un lungo cammino ancora da compiere per convincere i consumatori finali delle positive valenze delle insalate “industriali” e in primo luogo della loro salubrità. Alla domanda basilare “C’è da fidarsi delle insalate in busta pronte all’uso?”, rispondono affermativamente il 75% degli uomini e il 70% delle donne. Tuttavia, questa risposta se presa a sé stante sarebbe ingannevole. Si è proceduto pertanto a qualificare questo assenso generico. Come prevedibile, il risultato finale appare abbastanza contraddittorio. Il dubbio che i “residui” batterici o chimici veicolati dal prodotto possano costituire un problema non trascurabile è stato evidenziato da ulteriori domande. Esse hanno posto in luce come esso costituisca lo scoglio principale a una diffusione più rapida del prodotto: un problema che il marketing di domani saprà aggirare adeguatamente. Il 57%, ovvero una buona maggioranza degli intervistati, ritiene infatti che sia una pratica consigliabile lavare di nuovo il prodotto imbustato e il 19% pensa addirittura che sia saggio aggiungere all’acqua disinfettanti quali Amuchina. Si tratta di un’ulteriore conferma della presunta maggiore sicurezza delle verdure cotte, che sono reputate dall’85% degli intervistati più affidabili di quelle crude. È una preoccupazione che si riflette anche nell’ipotetica maggior presenza di metal-

Foto M. Curci

Foto M. Curci

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richieste del consumatore li pesanti e residui chimici nel “crudo” piuttosto che nel “cotto”. D’altra parte, innumerevoli osservazioni antropologiche hanno sottolineato come la cottura svolga, nell’immaginario collettivo, anche una funzione di purificazione del prodotto nella sua forma naturale. Certamente il problema della salubrità delle insalate in busta non è trascurabile e al proposito enti e istituzioni europee stanno potenziando norme e controlli. Tuttavia il vero test sulla loro qualità dovrebbe nascere dal paragone tra il livello di sicurezza delle insalate sfuse dopo il loro lavaggio casalingo e quello praticato nel prodotto confezionato. Sarebbe cioè auspicabile una seria verifica effettuata nelle situazioni normali delle tante famiglie italiane. È facile dedurre che sul piano statistico il confronto tra i dati giocherebbe a favore del prodotto pronto all’uso, sebbene ciò che conta realmente dal punto di vista del marketing siano il percepito e il giudizio espresso a livello di massa. In termini di garanzie salutiste certamente l’offerta dei supermercati appare più qualificata di quella dei mercatini e degli ambulanti: lo afferma l’86% degli uomini e il 78% delle donne. Resta tuttavia un’area di criticità a cui prestare molta attenzione soprattutto da parte della distribuzione moderna. Solo il 56% della popolazione, infatti, si dice certa della freschezza del prodotto e il 64% della sua qualità. Grande diffidenza suscita anche la qualità dell’insalata nelle preparazione dei panini nei bar e in altri luoghi di ristorazione (77%). Chiediamoci allora chi può dissolvere i dubbi sul livello qualitativo delle verdure e dell’insalata. In questo caso ancor più che in altri la risposta è la marca! Lo auspica il 43% degli individui, mentre il 33% è comunque abbastanza d’accordo. Ciò detto, il problema principale resta la percezione di un prezzo tuttora ancora molto elevato del prodotto confezionato (79%), un prezzo compensato tuttavia dalla sua estrema comodità, riconosciuta dalla quasi totalità dei nostri connazionali (96%). La sua peculiarità è anche quella di non far scattare, come in altri casi, il classico problema della “diminuzione del ruolo” della “madre di famiglia”. È ben noto che prodotti che esentavano completamente le casalinghe dal compito della preparazione dei pasti hanno incontrato una sottile, ma persistente resistenza femminile. Il problema in questo caso, invece, non si evidenzia. Ad aumentare ulteriormente l’apprezzamento generale è il contenuto di servizio del prodotto costituito, in particolare il gradimento riscosso dai mix di varietà, che evitano l’obbligo di un acquisto di tante referenze (75%). Infine, l’insalata è una verdura che appare per il 65% dei casi ormai completamente destagionalizzata. Un altro tema di grande interesse riguarda la salubrità delle insalate pronte. All’estero varie autorità sono intervenute nella regolamentazione delle tecniche di coltivazione e dell’uso delle acque.

Foto M. Curci

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Foto M. Curci

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mondo e mercato L’eco di questo dibattito è giunto anche nel nostro Paese ed è stato amplificato dai media, con effetti percepibili sul vissuto del prodotto. Ne consegue che questi messaggi, a volte confusi a volte generici, hanno alimentato una serie di preoccupazioni circa la reale igienicità del prodotto e delle confezioni. Di conseguenza, molti consumatori/consumatrici propendono per un ulteriore lavaggio del prodotto pronto al consumo, vanificandone così il principale vantaggio. Un secondo tema che tocca l’interesse del settore è il “caro-insalate pronte”. Si tratta in realtà di un falso problema che il libero mercato si incarica di risolvere quotidianamente. Tuttavia, la questione si pone poiché se l’insalata di quarta gamma, agli occhi di un consumatore critico, sembra uguale alle altre, in realtà il processo industriale e logistico giustifica prezzi più alti, che seguono una logica non diversa da quella applicata ad altre materie prime agricole. I grandi scarti della materia prima, la specifica intensità di lavoro, il costo del confezionamento e del trasporto, il tutto condizionato dall’estrema deperibilità del prodotto finale, fanno sì che il prezzo finale sia anche 7-10 volte quello del prodotto sfuso e tal quale. Un diligente e paziente lavoro di informazione al consumatore si rende quindi doveroso al fine di agevolarne le scelte nel punto vendita. A tutto ciò può concorrere la logica della marca, tenuto conto che la relazione tra insalate e brand di prodotti ortofrutticoli è complessa e oltremodo interessante. La necessità di una maggiore garanzia emerge dall’esplorazione della mentalità del grande pubblico. Molti consumatori, alla luce dell’indagine condotta, tendono a sedimentare il ricordo non solo di marche effettivamente presenti sul mercato, ma anche di altre che sembrano egualmente legittimate a firmare confezioni di verdure freschissime e pronte al consumo. Al primo posto assoluto troviamo dunque Bonduelle, che gode di una awareness (suggerita) del 71%. Seguono i marchi di insegna Coop, Conad, nonché quello di Esselunga (considerata nelle regioni in cui opera). Dunque Bonduelle, il brand che si può dire abbia creato il mercato delle insalate pronte in Italia, coglie il top of mind, ben distanziato dagli altri. Emerge invece il ruolo determinante delle marche private delle maggiori catene della grande distribuzione, le quali sono entrate progressivamente nel mercato acquisendo quote cospicue e crescenti. Resta aperto il dibattito se queste private label possano o meno essere considerate marche vere e proprie, questione che però, ai fini della comprensione del business, risulta poco importante. Questo mercato modernissimo nella sua unicità sembra dunque obbedire a logiche di marketing molto peculiari, che sostanzialmente lasciano intravedere nel futuro una tendenza a una sua ulteriore altissima concentrazione. Ne discende che, in prospettiva, l’industria di marca sarà obbligata a giocare perennemente

Foto M. Curci

Foto M. Curci

Foto M. Curci

548


richieste del consumatore Quali marche di insalate conosci e quali hai consumato?* MARCHE

Conoscenza

Consumo

Rapporto Consumo/ Conoscenza

Bonduelle

70,7%

52,9%

75%

Coop

44,1%

32,9%

75%

Conad

32,6%

20,7%

63%

Almaverde Bio

31,6%

12,2%

39%

Valle degli Orti

23,7%

7,7%

32%

DimmidiSì

21,5%

13,3%

62%

Valfrutta

19,6%

7,7%

39%

Esselunga (44% e 36% nel Nord-Ovest)

19,1%

13,6%

71%

Sapori & Dintorni

14,4%

6,0%

42%

Primizie Coop

12,3%

5,9%

48%

Linea Verde

12,0%

4,8%

40%

Del Monte

8,6%

2,2%

26%

Naturama

8,2%

3,1%

38%

L’orto di Nonno Nanni

7,3%

1,7%

24%

Cirio

7,1%

1,9%

27%

Terre d’Italia

5,9%

1,9%

32%

A&O selex

5,5%

3,2%

58%

FiorFiore Coop

4,3%

1,6%

38%

Fior dell’Orto

4,1%

1,1%

28%

Verdi delizie

3,5%

1,5%

43%

Dole

2,9%

0,8%

26%

Saladette

1,4%

0,6%

44%

Sant’Orsola

0,5%

0,1%

28%

Foto M. Curci

Foto M. Curci

Fonte: SmartResearch * La tabella contiene marchi falsi che fungono da paragone

Foto M. Curci

il ruolo di innovatore price-maker e che la grande distribuzione colmerà il vuoto alle sue spalle segmentando i comparti maturi grazie alla leva del prezzo. Dai dati mostrati nella relativa tabella

Mi preoccupa l’igiene dell’insalata che mettono nei panini dei bar D’accordo

Totale

Uomini

Donne

Molto

36,2%

33,0%

39,4%

Abbastanza

41,5%

42,3%

40,8%

Poco

18,1%

21,1%

15,1%

Per niente

4,2%

3,7%

4,7%

Fonte: SmartResearch

549


mondo e mercato C’è chi rilava le insalate pronte in busta. Secondo te: Foto M. Curci

D’accordo

Totale

Uomini

Donne

Fanno bene

56,6%

57,8%

55,4%

Sarebbe consigliabile usare anche un po’ di Amuchina (o altro)

19,2%

18,9%

19,5%

Non ce n’è bisogno, in quanto del tutto sicure

22,0%

21,5%

22,6%

È dannoso perché toglie loro sapore

2,1%

1,9%

2,4%

Fonte: SmartResearch

Le insalate in busta sono molto comode. Sei d’accordo?

Foto M. Curci

D’accordo

Totale

Uomini

Donne

Molto

63,9%

61,4%

66,5%

Abbastanza

32,2%

34,5%

30,0%

Poco

3,1%

3,4%

2,8%

Per niente

0,7%

0,7%

0,8%

Fonte: SmartResearch

Le insalate in busta sono freschissime. Sei d’accordo? D’accordo

Totale

Uomini

Donne

Molto

5,1%

4,6%

5,5%

Abbastanza

53,7%

50,3%

57,1%

Poco

33,1%

36,9%

29,3%

Per niente

8,1%

8,2%

8,1%

Fonte: SmartResearch Foto M. Curci

emerge in sostanza che teoricamente esiste uno “spazio mentale” dei consumatori permeabile all’entrata di altri marchi noti. In via di principio, è senz’altro possibile che altre marche, già note nel campo delle conserve vegetali e dei surgelati, estendano la loro offerta a una gamma di prodotti freschissimi, tra cui le insalate. Tuttavia, le barriere all’ingresso dei nuovi brand, in termini di promozione e di pubblicità, sembrano ormai così alte da risultare proibitive. Resta invece aperto il dibattito sul posizionamento effettivo delle marche di insegna. In un contesto in cui la dinamicità e la capacità di innovazione del mercato hanno consentito loro di affermarsi con uno sforzo relativamente modesto, sembrerebbero giustificati maggiori investimenti sul piano del marketing-at-retail a fronte di esiti ancor più soddisfacenti. L’impegno profuso dalle maggiori catene nel consolidare le garanzie qualitative dei propri prodotti 550


richieste del consumatore Le insalate in busta sono di ottima qualità. Sei d’accordo? D’accordo

Totale

Uomini

Donne

Molto

6,0%

5,0%

7,1%

Abbastanza

58,1%

57,3%

58,8%

Poco

30,5%

33,3%

27,7%

Per niente

5,4%

4,4%

6,4%

Foto M. Curci

Fonte: SmartResearch

costituisce pertanto una base su cui costruire una fedeltà dei consumatori ancora maggiore. Stiamo parlando infatti di un mercato di grandi dimensioni. Una stima prudenziale circoscrive il giro d’affari al dettaglio del totale insalate attorno ai 2,3 miliardi di euro. A ciò va aggiunto il valore indefinibile delle vendite ai canali del fuori casa e quello implicito dell’autoproduzione e dell’autoconsumo. In breve, la spesa media annua delle famiglie italiane (a cui si attribuiscono in media 2,7 componenti) si aggirerebbe attorno ai 100 euro. Per inciso la cosiddetta quarta gamma in questo comparto ha raggiunto la ragguardevole dimensione di 700 milioni di euro, equivalente a un 31% circa del totale. Si tratta dunque, nel suo insieme, di un mercato davvero importante che viene tuttora canalizzato solo parzialmente dalla distribuzione moderna, la quale predilige il prodotto confezionato per alcune semplici ragioni.

Foto P. Di Benedetto

Anche l’insalata avrebbe bisogno della garanzia di una marca. Sei d’accordo? D’accordo

Totale

Uomini

Donne

Molto

43,2%

43,9%

42,4%

Abbastanza

33,3%

34,4%

32,2%

Poco

14,3%

16,0%

12,6%

Per niente

9,2%

5,7%

12,8%

Foto M. Curci

Fonte: SmartResearch

Le insalate sono tra le verdure più trattate con gli agrofarmaci e quindi tra le più rischiose. Sei d’accordo? D’accordo

Totale

Uomini

Donne

Molto Abbastanza

10,7%

9,0%

12,5%

47,1%

46,9%

47,4%

Poco

35,0%

39,1%

30,9%

Per niente

7,2%

5,1%

9,3%

Fonte: SmartResearch

551


mondo e mercato Tra le insalate in busta sono apprezzabili soprattutto i mix. Sei d’accordo?

Foto R. Angelini

D’accordo

Totale

Uomini

Donne

Molto

23,5%

16,9%

30,0%

Abbastanza

52,4%

55,8%

48,9%

Poco

17,9%

20,9%

15,0%

Per niente

6,2%

6,4%

6,0%

Fonte: SmartResearch

La stagione tipica delle insalate è:

Foto R. Angelini

D’accordo

Totale

Uomini

Donne

Inverno Primavera

3,7%

3,7%

3,7%

7,6%

10,1%

5,1%

Estate

21,6%

19,9%

23,3%

Autunno

1,6%

2,5%

0,7%

Tutto l’anno

65,6%

63,7%

67,5%

Fonte: SmartResearch

La prima è legata alla produttività del punto di vendita: a parità di peso, il valore del confezionato è notevolmente superiore a quello del prodotto sfuso (da 7 a 10 volte). La seconda è la maggiore lunghezza della sua shelf-life, già di per sé brevissima non solo dal punto di vista qualitativo, ma anche da quello estetico. Gestire una profittevole rotazione di un prodotto altamente deperibile come le insalate richiede infatti una grande professionalità del retailer per minimizzare gli scarti e un’efficientissima catena logistica in grado di approvvigionarsi, in base alle stagioni, tenendo conto della conformazione orografica del nostro territorio e della viabilità. Si richiede pertanto una filiera sempre più efficiente e collaborativa da ogni punto di vista. La terza è la garanzia salutista che il prodotto imbustato offre al responsabile del punto di vendita. Per quanti progressi abbia fatto l’agricoltura italiana, le insalate, come tutte le verdure a foglia e proprio per le loro modalità di fruizione, restano un prodotto estremamente delicato dal punto di vista del perfetto controllo igienico. Se da un lato la produzione industriale del confezionato è costantemente sotto il controllo delle autorità sanitarie e dei gruppi di pressione consumeristi, la vera incognita è costituita dallo spread tra il suo reale livello d’igiene e quello del prodotto sfuso mondato, lavato e conservato in casa, di fatto molto meno sicuro. Di certo la severità dei controlli operati anche sulla verdura sfusa esibita dalla grande e moderna distribuzione è notevolmente superiore a

Foto R. Angelini

552


richieste del consumatore quella della vendita ambulante o tradizionalmente destrutturata. Molti aspetti delle polemiche sollevate in varie sedi sono pertanto assai discutibili. Per tutte le ragioni suddette l’evoluzione della quarta gamma è la soluzione del futuro. Rientrando nelle logiche della gestione programmata delle forniture, essa tende inoltre a risolvere anche il problema di un assortimento più ampio di iper- e supermercati. Da questo punto di vista la gestione delle referenze, considerate in termini di formato, tipologie, marche, è piuttosto varia a seconda delle insegne e dell’ampiezza delle superfici di vendita, il che rende problematica la verifica del prezzo percepito. L’indagine qui presentata fornisce alcuni dati di orientamento che mostrano una certa correttezza nell’individuazione del valore modale sia dello sfuso sia del confezionato. Resta da considerare la notevole varianza delle risposte, tenuto conto che non esistono, come in altri casi, particolari valenze del prodotto in sé (come DOP, IGP, primizie, raccolte tardive ecc.). In questo senso una maggiore leggibilità in termini di prezzo anche dello scaffale delle insalate potrebbe risultare, oltre che auspicabile, profittevole ai fini della crescita ulteriore di un comparto inserito a tutto tondo nelle tendenze più dinamiche del consumo alimentare di massa in Italia.

Sapresti dire quanto costa 1 kg di insalata sfusa?

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Quanto costa una confezione di insalata monotipo pronta al consumo in busta?

Prezzo

% di risposte

Prezzo

% di risposte

0,50 €

4,1%

0,50 €

1,8%

1,00 €

17,3%

1,00 €

9,4%

1,50 €

28,8%

1,50 €

21,8%

2,00 €

20,8%

2,00 €

24,5%

2,50 €

10,6%

2,50 €

17,7%

3,00 €

5,4%

3,00 €

8,2%

3,50 €

3,4%

3,50 €

5,4%

4,00 €

2,3%

4,00 €

3,0%

4,50 €

1,3%

4,50 €

0,7%

5,00 €

2,2%

5,00 €

2,0%

5,50 €

1,0%

5,50 €

1,0%

6,00 €

0,9%

6,00 €

1,2%

7,00 €

0,7%

7,00 €

0,6%

8,00 €

1,2%

8,00 €

2,8%

Foto R. Angelini

Fonte: SmartResearch

553


le insalate Foto R. Angelini

mondo e mercato Conad Paolo Pagali

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Conad Conad è la più grande organizzazione cooperativa di imprenditori dettaglianti indipendenti e ha nel consorzio nazionale di Bologna la propria centrale di acquisti e di servizio. È nel modello di impresa, nel ruolo primario dei 3000 soci imprenditori e nella solidarietà cooperativa che in Conad si concretizza la funzione sociale della cooperazione. È soprattutto l’insegna più conosciuta dagli italiani, quella più frequentata: a febbraio 2010 erano state rilevate 6.210.000 famiglie di clienti non occasionali, il che corrisponde a una penetrazione del 26,8% nell’universo delle famiglie italiane. In questo parco di acquirenti si riscontra una media di 47 scontrini all’anno, dato che fa di Conad l’insegna con la più alta frequenza di acquisto. Con 618.000 clienti in più, il parco acquirenti nel febbraio 2010 è aumentato dell’11,1% rispetto a febbraio 2009. Ogni giorno è un esame, per le migliaia di imprese presenti in tutta Italia. Il lavoro svolto dai soci, dalle cooperative e da tutti i collaboratori è valutato dai clienti, dal mercato e dalla società in base alla capacità di innovare servizi e prodotti, di diffondere un consumo intelligente, di produrre qualità. Nonostante la crisi economica, anche nel 2010 Conad ha superato l’esame e continuato a crescere. Ha investito nel rinnovamento della rete di vendita mirando ad affermare il valore della marca-insegna, ma contemporaneamente ha sempre operato per contenere i prezzi e offrire convenienza. Qualità, innovazione, forti politiche promozionali a favore dei consumatori sono le leve

In sintesi

• Organizzazione cooperativa di 3000 soci imprenditori

• 6.210.000 famiglie di clienti non

occasionali e una penetrazione del 26,8%

• 8 cooperative nazionali • 3000 punti vendita in 1380 comuni • 3 insegne: Margherita, Conad ed E.Leclerc Conad

• Giro d’affari 9775 milioni di euro (+5,1% vs. 2009)

• Quota di mercato del 10%

554


Conad principali utilizzate dalle cooperative e dai soci per fare crescere il sistema a cui appartengono e con il quale crescono. I soci imprenditori sono i proprietari e i protagonisti principali del sistema Conad, che si distingue dalle altre centrali della grande distribuzione nazionale per lo stretto rapporto con il territorio e per il modello di impresa cooperativa. Imprese con caratteristiche uniche, che contribuiscono allo sviluppo economico e alla coesione sociale nelle realtà in cui sono presenti, creando lavoro e imprenditorialità. Dopo un lungo processo di razionalizzazione, passato attraverso l’allargamento della base sociale degli anni ’60 e ’70, l’ammodernamento della rete di vendita della metà degli anni ’70 e la rivisitazione del modello organizzativo degli anni ’90, Conad conta oggi 8 cooperative che operano a livello nazionale. In 1380 comuni appartenenti a tutte le province italiane sono presenti circa 3000 punti vendita associati con format distributivi – ipermercati, superstore e supermercati, negozi di prossimità e discount, per una superficie complessiva di vendita di 1.439.469 m2 – che si integrano e completano reciprocamente in base a diverse combinazioni di assortimento, prezzo e servizio. La presenza capillare della rete commerciale con le insegne Margherita, Conad e E.Leclerc Conad garantisce freschezza e qualità dei prodotti, presentati ovunque con lo stesso spirito e la stessa competenza, nonché una spiccata sensibilità anche territoriale agli orientamenti della domanda. Per iniziativa di E.Leclerc e Conad, inoltre, nel 2005 nasce Coopernic, centrale cooperativa europea che comprende anche Colruyt, Coop Suisse e Rewe. Scopo di Coopernic è quello di ottenere migliori condizioni negli accordi commerciali multinazionali, sviluppare sinergie nella marca commerciale e nell’importazione, migliorare le potenzialità di ogni insegna e trasferire vantaggi alla vasta platea dei consumatori europei. Coopernic è una realtà di oltre 20.000 punti vendita in 22 Paesi, con un giro di affari di oltre 100 miliardi di euro e una quota di mercato del 10% che la colloca al primo posto in Europa. In questo modo Conad si trasforma dunque in un formidabile trampolino di lancio per le imprese italiane che si vogliono proporre ai mercati e ai consumatori di tutta Europa. In questi anni contrassegnati dalla più forte crisi economica del dopoguerra, il giro di affari al consumo nel 2010 si è attestato sui 9775 milioni di euro, in crescita del 5,1% rispetto al 2009, con una quota di mercato del 10%. Conad consolida dunque la propria posizione di mercato in Italia e diventa leader nel segmento dei supermercati con una quota di oltre il 15%. Sono oltre 1400 i supermercati e i superstore Conad di dimensione medio-grande presenti in tutta Italia. Una formula molto evoluta, che rappresenta la sintesi migliore della qualità e della convenienza Conad con assortimenti qualificati, prezzi competitivi e un’eccellente organizzazione. Professionalità, standard

Otto cooperative in Italia

• Commercianti Indipendenti Associati, che opera in Romagna, Friuli-Venezia Giulia, alcune province delle Marche e del Veneto

• Conad Adriatico, che opera in alcune province delle Marche, in Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata

• Conad Centro-Nord, che opera

in Lombardia e in alcune province dell’Emilia

• Conad del Tirreno, che opera

in Toscana, Sardegna e in alcune province della Liguria e del Lazio

• Conad Sicilia, che opera nella parte orientale della Sicilia

• Nordiconad, che opera in Piemonte,

Valle d’Aosta e in alcune province dell’Emilia, della Liguria e del Veneto. In Trentino-Alto Adige è presente attraverso DAO, Dettaglianti Alimentari Organizzati

• Pac 2000A, che opera in Umbria, Campania, Calabria e in alcune province del Lazio

• Sicilconad, che opera nelle province di Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta e Messina

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mondo e mercato elevati, cura dei prodotti freschi, attenzione al cliente, innovazione di servizio sono attività costanti che fanno del supermercato Conad il più frequentato e apprezzato dai consumatori italiani. Questa posizione si affianca a quella, attestata oltre al 12%, nei punti vendita di vicinato, contraddistinti dall’insegna Margherita, che è diventata leader nel panorama dei punti vendita di prossimità, segmento nel quale Conad sviluppa una formula premiata dalla crescente fedeltà della clientela, con una struttura moderna, servizi elevati, assortimenti mirati e incentrati su prodotti freschi e tipici selezionati. Nato dalla collaborazione con il gruppo cooperativo francese, il canale di ipermercati E.Leclerc Conad si conferma tra i maggiori protagonisti anche in questo segmento distributivo. Prosegue il programma di sviluppo del canale, con l’obiettivo di realizzare una forte presenza della cooperazione tra dettaglianti indipendenti anche nelle grandi superfici di vendita. Le insegne che contraddistinguono i vari canali, intese in senso lato come una vera e propria marca, soprattutto in un periodo di così difficile congiuntura economica, sono un punto di riferimento importante e ben riconosciuto che guida il cliente nella spesa alimentare. La marca commerciale di Conad è uno dei pilastri strategici della nostra proposta e ha il compito specifico di: – rafforzare la fedeltà all’insegna; – contribuire alla costruzione del margine di categoria; – soddisfare i bisogni dei consumatori in modo semplice, rilevante e competitivo. La private label di Conad conta quasi 2000 prodotti, freschi e confezionati, che nel 2010 hanno sviluppato un giro d’affari al consu-

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Conad mo di 1605 milioni di euro, con un incremento del 9,5% rispetto all’anno precedente. Di questi prodotti, uno su tre è leader di mercato. Con questi risultati Conad si conferma come seconda catena italiana per incidenza di vendite della marca commerciale. Un’offerta che registra crescenti successi anche sul mercato europeo, con riflessi positivi per la crescita del sistema Italia. Conad investe ingenti risorse nel programma di sviluppo dell’assortimento nelle diverse linee. Con quasi 400.000 controlli annuali su tutte le referenze e oltre 1200 verifiche ispettive annuali sugli stabilimenti di produzione, garantisce la qualità intrinseca dei prodotti. Una qualità sicura, in linea con le tendenze di una corretta alimentazione, i nuovi bisogni nutrizionali e la sicurezza dei consumatori. Tra le categorie che negli ultimi anni hanno mostrato più dinamicità tra i nostri prodotti a marchio, vi è senza dubbio l’insalata di quarta gamma che ha trainato la crescita della private label all’interno della nostra catena. Si tratta di un prodotto ormai largamente conosciuto dai consumatori, che gode di una penetrazione nei nostri punti vendita superiore all’80%. Di questa categoria, come emerge da una recente ricerca svolta presso i nostri consumatori, sono note le caratteristiche principali e le motivazioni di acquisto, che in ordine decrescente sono: – comodità, intesa come il complesso degli aspetti legati al time saving; – freschezza e qualità, che vengono percepite con più evidenza anche in comparazione con gli equivalenti prodotti di prima gamma;

Brand

• Conad, lo storico logo rosso, punto di forza dell’offerta commerciale

• Conad il biologico, la linea di prodotti

che risponde ai più elevati principi di garanzia, salubrità, sicurezza e tutela dell’ambiente

• Sapori & Dintorni Conad, l’eccellenza dei prodotti tipici italiani DOP, DOC, e IGP tra i quali figurano anche molti prodotti del settore ortofrutta

• Conad Percorso Qualità, contrassegnato dal logo verde che si riferisce al mondo dei prodotti freschi, a garanzia di innumerevoli controlli lungo tutta la filiera

557


mondo e mercato – salubrità, intesa considerando l’insieme di tutti gli aspetti legati a caratteristiche come pulizia, igiene e sicurezza alimentare; – eliminazione degli sprechi e degli scarti, particolarmente evidente pensando ai mix con prodotti già pronti e che non devono quindi essere selezionati o gettati se inutilizzati. Rimane tuttavia ancora da approfondire e da far comprendere in tutta la sua evidenza il contenuto di servizio della categoria, visto che in molte famiglie si procede ancora a un ulteriore risciacquo prima dell’uso. L’unica resistenza all’acquisto rimane, per una fetta sempre più piccola dei nostri consumatori, il prezzo di alcuni prodotti che in alcune ricettazioni viene percepito come troppo elevato. È diffusa invece la fiducia nei confronti dalla private label, che per il suo posizionamento e per il valore di rassicurazione svolto dal marchio di insegna, è la prima a essere cercata e acquistata. A testimonianza di ciò, anche in Conad i consumi di quarta gamma a nostro marchio hanno superato per quantità il 60% del totale di categoria. Entrando nel tema specifico oggetto di questa pubblicazione, il nostro contributo può forse risultare originale ed essere di interesse per gli operatori di settore, se esaminiamo l’andamento dei consumi registrato negli ultimi anni in tutto il comparto delle insalate di prima e quarta gamma. Pur non potendo fornire (in quanto dati sensibili) quantità assolute, è tuttavia molto interessante esaminare alcuni trend che, data la capillarità della presenza della rete di Conad sul territorio nazionale, possono essere ampiamente rappresentativi dell’andamento dei consumi di insalata nel nostro Paese. Negli ultimi cinque anni (2006-2010), anche grazie all’espansione della nostra rete commerciale, gli acquisti totali in quantità nel settore ortofrutta delle cooperative associate a Conad sono aumentati a chilogrammo del 14,09%. Il peso percentuale dei prodotti orticoli è rimasto nello stesso periodo pressoché immutato, attestandosi nel 2010 al 42,23% del totale degli acquisti in quantità nel settore ortofrutta. È molto interessante quindi analizzare come si sono ripartiti e come si sono evoluti i consumi delle insalate, oggetto di questo volume, rispetto alla notevole crescita che ha interessato il nostro sistema. Nonostante una battuta d’arresto nel 2008, il fenomeno assolutamente più evidente è la crescita notevolissima dei nostri acquisti di insalate di quarta gamma, che rispetto a 5 anni fa sono cresciuti in chilogrammi del 36,35%. In virtù di queste performance il peso percentuale delle insalate pronte sul totale dei nostri acquisti in chilogrammi di prodotti orticoli è salito dal 4,59 al 5,42%. All’interno di questo comparto, essendo rimasto stabile il peso percentuale delle insalate miste, il segmento più dinamico è stato senza dubbio quello delle insalate 558


Conad adulte unitipo che, grazie a inserimenti di nuove referenze (cuori di lattuga e cuori di iceberg) e al miglioramento delle tecniche di confezionamento in atmosfera controllata, hanno guadagnato spazio rispetto alle insalate cosiddette “tenere”, raggiungendo nel 2010 il 12% di quota in chilogrammi sul totale dei nostri acquisti di insalate di quarta gamma. Nonostante una quota di consumo di prima gamma si sia dunque trasferita nel segmento delle insalate pronte e il peso percentuale delle lattughe sul totale dei nostri acquisti in chilogrammi di prodotti orticoli sia sceso dal 7,67 al 6,70%, i nostri acquisti in quantità nel comparto delle lattughe sono comunque aumentati in termini assoluti negli anni tra il 2006 e il 2010 in misura del 7,64%. Si tratta di un dato a mio avviso alquanto sorprendente, che smentisce in buona parte le previsioni di una rapida caduta di consumi delle insalate di prima gamma e che potrebbe ulteriormente essere corretto se saremo in grado di trovare una forma di confezionamento efficace e poco costosa che allunghi la shelf-life del prodotto e limiti sensibilmente gli scarti e gli sfridi nei punti vendita. All’interno del comparto lattughe, la varietà più performante è stata senza dubbio l’iceberg che, grazie anche a una migliore attitudine alla modalità di vendita self service, è passata nei cinque anni considerati dall’11,39 al 15,58% di quota sul totale dei nostri acquisti in chilogrammi di lattuga. Si tratta di una crescita importante che vorremmo vedere accompagnata da una presenza più continua di prodotto nazionale, visto che per larga parte

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mondo e mercato dell’anno siamo costretti a commercializzare prodotti provenienti dall’estero. Una difficile gestione del prodotto sfuso all’interno del punto di vendita è invece probabilmente alla base del calo dei consumi della varietà tradizionalmente più gradita agli italiani. La lattuga cappuccina scende infatti tra il 2006 e il 2010 dal 36,11 al 32,04% come quota sul totale dei nostri acquisti in chilogrammi di lattuga e di quasi 14 punti in termini di quantità assoluta. In leggera flessione è anche l’andamento dei nostri acquisti di romana (–5,36% in chilogrammi nel periodo considerato), che scende dal 27,75 al 26,07% di quota nel comparto, mentre decisamente più interessante è il trend della gentile, che guadagna più di due punti di quota in cinque anni (dal 16,34 al 18,68% sul totale dei nostri acquisti in chilogrammi di lattuga) e cresce del 15,15% in termini di quantità assoluta. A differenza di quanto accade nel Nord Europa, e nonostante ripetute esperienze, rimane purtroppo assolutamente irrilevante nella nostra catena il consumo delle lattughe baby che, visto il tipo di condizionamento che le pone a metà strada tra prima e quarta gamma, lasciavano invece intuire un ampio spazio di crescita. Il comparto messo in maggiori difficoltà dalla travolgente ascesa delle insalate pronte è senza dubbio quello delle indivie (riccia e scarola), che storicamente sono tra gli ingredienti base delle referenze di quarta gamma soggette a vendite più elevate. Negli anni tra il 2006 e il 2010 è proseguito il declino delle vendite di queste referenze sfuse anche in termini di quantità assolute (–11,48% in chilogrammi). Questo dato, messo a confronto con la crescita degli acquisti totali nel settore ortofrutta che invece ha caratterizzato la nostra catena, ha fatto scendere il peso percentuale in quantità delle indivie allo 0,99% dell’intero paniere dei prodotti orticoli. Il radicchio rosso, l’altro ingrediente storico nelle ricettazioni di quarta gamma, ha fatto al contrario rilevare un andamento nettamente più positivo e decisamente incoraggiante anche come prodotto sfuso. Grazie alla versatilità di utilizzo, alla più semplice gestione nei punti vendita rispetto al fogliame e anche all’indubbio interesse generato dal riconoscimento dei marchi legati ai territori di produzione, nel loro complesso i nostri acquisti di radicchi di prima gamma sono aumentati tra il 2006 e il 2010 dell’11,19% in chilogrammi, praticamente in linea con l’incremento registrato dall’intero settore ortofrutta nel nostro sistema. Il peso del comparto sul totale della categoria “ortaggi” espresso in quantità si è mantenuto dunque intorno all’1,5%, dato molto interessante se pensiamo che quasi il 55% dei radicchi che acquistiamo è rappresentato dalla tipologia rosso tondo e che moltissime ricettazioni di quarta gamma lo comprendono tra gli ingredienti principali. Seppure su valori assoluti più bassi, molto interessante è l’evoluzione dei nostri acquisti della tipologia rosso lungo che, anche 560


Conad grazie all’allungamento del periodo di commercializzazione, negli ultimi 5 anni sono aumentati di oltre il 31%. Il traino dei marchi IGP nelle altre tipologie ha invece consentito di attirare l’attenzione dei nostri clienti su nicchie di consumo interessanti per l’alto valore intrinseco dei prodotti a livello sia qualitativo sia di immagine e che danno la possibilità, soprattutto nei periodi delle ricorrenze, di realizzare vendite interessanti come scontrino medio. In conclusione, mi pare corretto evidenziare come i movimenti all’interno dei vari segmenti presi in esame debbano essere considerati nel loro insieme, anche in linea con l’impostazione della presente pubblicazione. Va dunque decisamente messo in evidenza che l’ammontare complessivo in chilogrammi dei nostri acquisti di insalate di prima e quarta gamma tra il 2006 e il 2010 è aumentato del 14,64%, addirittura leggermente sopra alla crescita in quantità del totale dei nostri acquisti nel settore ortofrutta. È un dato molto importante e per alcuni versi sorprendente se pensiamo alla quantità di materia prima necessaria per produrre le insalate pronte all’uso e all’assenza di scarti di cui beneficia il consumatore acquistando quarta gamma. Proprio per questa ragione si intravedono ancora spazi interessanti per prodotti di vera innovazione anche nella prima gamma e per modalità di confezionamento che ne migliorino la gestione a punto vendita, a conferma dell’importanza fondamentale di questi prodotti nella dieta e nelle abitudini di consumo degli italiani.

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le insalate Foto R. Angelini

mondo e mercato Zerbinati Simone Zerbinati

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Zerbinati Passione di famiglia “Le cose che si amano non si posseggono mai completamente, semplicemente si tramandano”: questa frase è un ottimo inizio per raccontare la realtà di questa azienda che è nata, è cresciuta, si è sviluppata e continuerà a farlo basandosi su un fattore fondamentale: la passione per il proprio lavoro. La nostra storia Le origini della Zerbinati s.r.l. risalgono ai primi anni ’70, quando Ferdinando Zerbinati (attuale amministratore unico) iniziò a commercializzare prodotti ortofrutticoli freschi, dedicandosi in particolare a produrre quello che poi è diventato un marchio di fabbrica dell’azienda: il minestrone fresco, tagliato, lavato e confezionato in vaschetta. Presto entrano in azienda i figli di Ferdinando, Giorgio ed Enrico, che sviluppano subito alcune tipologie di prodotto e nei primi anni ’80 producono e commercializzano altri due fiori all’occhiello dell’azienda: l’insalata mista e gli spinaci in busta. La gestione operativa e direzionale passa quindi in mano a Giorgio ed Enrico, i quali, seguendo gli insegnamenti preziosi del padre, ma anche grazie alla loro esperienza maturata sul campo, portano la Zer-

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Zerbinati binati a essere una delle aziende di riferimento nel campo della quarta gamma e, ovviamente, dell’ortofrutta italiana. All’inizio di questo secolo prontamente scende in campo la terza generazione, i figli di Giorgio ed Enrico: Gianluca, Simone, Matteo e Serena Zerbinati. Vengono sviluppati nuovi prodotti, le zuppe pronte fresche, che ottengono subito un’alta visibilità sul mercato dei piatti pronti freschi. L’azienda di Borgo San Martino si confronta così con le più grosse realtà alimentari italiane. Mondo Zerbinati La materia prima arriva direttamente dal campo e dopo aver raggiunto lo stabilimento di produzione passa alla fase di mondatura e cernita; successivamente il prodotto viene lavato più volte in acqua potabile per poi essere asciugato con impianti ad aria o centrifuga; infine, durante la fase di confezionamento il prodotto viene sottoposto a controlli a raggi X e metal detector. Il programma di filiera certificata consente di tracciare il prodotto fino alla consegna presso il cliente, documentandone tutte le fasi intermedie. Altro valore aggiunto è la struttura logistica di proprietà, in grado di portare in ventiquattr’ore il prodotto dal campo al punto vendita. La gamma di prodotti è composta da oltre 40 referenze di quarta gamma e 10 di piatti pronti freschi, commercializzati con marchi della GDO e con marchio Zerbinati.

Foto R. Angelini

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le insalate Foto R. Angelini

mondo e mercato Florette Pierluigi Zamboni

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Florette Introduzione Florette, leader europeo delle insalate e delle verdure fresche pronte all’uso, presente commercialmente in Italia dal 1999, ha deciso di investire anche dal punto di vista industriale sul mercato italiano con la creazione, nel 2008, di una struttura produttiva in Piemonte. L’obiettivo strategico è quello di giocare un ruolo sempre più importante sul mercato nazionale della quarta gamma, dando così seguito alla strategia di gruppo, che è quella di avere una presenza da leader in Europa. Storia di Florette Il gruppo Florette è una realtà giovane (nasce infatti nel 1983), come del resto è giovane il mercato in cui opera. A oggi fattura in Europa circa 390 milioni di euro, producendo circa 1 milione di buste al giorno pari a 88.000 t di prodotto venduto nel 2009 grazie a 11 siti di produzione. Circa 3000 persone lavorano all’interno del gruppo Florette. Negli ultimi anni l’azienda ha realizzato la propria vocazione internazionale aprendo filiali in tutta Europa, pur rimanendo radicata nella produzione la sua origine. Florette fa infatti parte del gruppo francese Agrial, originario della Normandia e operativo in gran parte delle filiere alimentari (sviluppando complessivamente un fatturato pari a 2,26 miliardi di euro con 7300 persone occupate).

Gruppo Agrial

• Casa madre di Florette è Agrial, un

gruppo cooperativo agricolo e di foodprocessing con sede nell’Ovest della Francia, detentore di marchi prestigiosi e organizzato in filiere. Florette fa parte della filiera Verdure del gruppo Agrial

• Alcune cifre di Agrial (anno 2010): un giro d’affari di 2260 milioni di euro, 7300 posti di lavoro, 10.000 agricoltori aderenti

Valori distintivi di Florette Etica e spirito Florette: – un lavoro di squadra sia interno sia esterno (clienti e fornitori);

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Florette – relazioni commerciali eque con i fornitori di materie prime e di servizi. Creazione di valore per i propri azionisti e i propri clienti: assimo orientamento della performance alla totale soddisfa–m zione del cliente. Qualità e sicurezza alimentare: – un sistema qualità all’avanguardia e differenziato; – tracciabilità completa dal seme al consumatore. Approvvigionamenti: – lotta integrata e conseguente riduzione dell’uso di agrofarmaci (adesione a rigidi capitolati specifici Florette); – diversità dei bacini di produzione per garantire la continuità del servizio. Innovazione: – più del 20% del fatturato è costituito da prodotti con meno di due anni di vita. – k now-how del gruppo basato su processi innovativi dal punto di vista sia della sicurezza sia della performance agroindustriale; – continuo sviluppo di progetti su nuove tipologie di insalate, sul miglioramento della catena del freddo e sulla durata di vita del prodotto. Innovazione di processo e di prodotto e integrazione con la filiera agricola e con gli operatori del settore sono quindi i driver fondamentali per il nostro sviluppo anche in Italia. Focus sui vari modi di consumare le verdure fresche in Europa Il mercato della quarta gamma è in continua evoluzione. Attualmente, si valuta che il consumo dei fresh-cut abbia raggiunto i 30 kg/annui procapite negli Stati Uniti mentre la media europea è stimata sui 3 kg, con 12 kg nel Regno Unito, 6 in Francia, 4 in Italia e 3 in Spagna. Sono dati di difficile comparabilità avendo mix di prodotti molto diversi da Paese a Paese in funzione delle differenti tradizioni alimentari. Se da un lato i consumatori europei hanno tutti le stesse aspettative sui prodotti di quarta gamma, dall’altro possono variare le loro abitudini di consumo; pertanto, gli approvvigionamenti di materie prime devono adattarsi alle esigenze di ogni singolo Paese. Quello che ricercano tutti i consumatori europei sono la praticità, la freschezza, la qualità e il gusto. A livello del nostro gruppo, dominano tre famiglie di insalate: valerianella (dolcetta o songino), sfalciati e iceberg. In Italia si tende a raggruppare il songino negli sfalciati mentre in Francia, per ragioni storiche e di tecniche colturali differenti, la valerianella è considerata un gruppo separato. I consumatori di lattuga trocadero sono 565


mondo e mercato prevalentemente la Francia e l’Italia. Per quanto riguarda le indivie (riccia e scarola), le tipologie variano a seconda del Paese: il Regno Unito preferisce riccia e scarola verdi, la Francia e l’Italia scelgono cespi a imbiancatura intermedia e la Spagna predilige le cicorie imbiancate. La tradizione della cicoria pan di zucchero, come componente dei mix, è prioritariamente italiana. Insalate per tutti i gusti Sulla base delle caratteristiche che contraddistinguono le insalate, in particolare il colore (dal verde al rosso), il gusto (dall’amaro al dolce) e la consistenza (dal croccante al tenero), è possibile creare in quarta gamma molteplici mix o monoreferenze atte a soddisfare ogni esigenza di palato. Parlando di insalate adulte, già da diversi anni si impiega nel settore della quarta gamma la famiglia delle cicorie (indivia riccia, indivia scarola, radicchio, pan di zucchero), la lattuga trocadero (cappuccina) e la lattuga iceberg: ora si puntano gli occhi su altre tipologie di lattughe quali la romana, le multifoglie, le lollo (rossa e bionda), la batavia, la foglia di quercia. La lattuga romana risulta sempre più interessante non solo per sapore e croccantezza, ma anche per i colori che presenta, passando da un verde intenso al giallo e quindi al bianco nello stesso cespo. Le ultime insalate approdate sul mercato sono le cosiddette multifoglie, che rispetto ai lattughini da sfalcio presentano maggior shelf-life, croccantezza, sapidità e minore ossidazione. Inoltre, le multifoglie vantano una vasta gamma di colori, dal biondo al verde, al rosso, con svariate sfumature e tipologie di foglie, dalle arrotondate alle più sfrangiate.

Inverno: Florette si approvvigiona nella “Mezzaluna Mediterranea”

Regno Unito

Paesi Bassi Germania

Francia Mar Nero

Italia Spagna

Tunisia Marocco

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Mar Mediterraneo


Florette Gli sfalciati, le cosiddette baby leaf, maggiormente impiegate come monoingredienti e in mix sono la valeriana, la rucola selvatica, i lattughini biondi e rossi (sfalciati di romana, di foglia di quercia, di lollo, di batavia), le biete colorate tipo red chard, lo spinacino, la mizuna e alcune tipologie di brassiche orientali. Negli ultimi anni il consumo degli sfalciati ha avuto una crescita esponenziale. Dove siamo e i nostri bacini di approvvigionamento Florette produce prioritariamente insalate (adulte e sfalciati) in quarta gamma, oltre ad altre verdure in mix di minestroni, crudité, pinzimoni, insalate con fiori commestibili, erbe aromatiche e una linea ben assortita di puree. Sono presenti attualmente 11 stabilimenti dislocati in Francia, Regno Unito, Spagna, Svizzera e Italia e comunque in continua crescita; in apertura il dodicesimo stabilimento europeo a Ingenio, nelle isole Canarie. Per quanto riguarda l’approvvigionamento delle insalate, oltre alle produzioni di proprietà (Florette Agricole), la nostra azienda si rifornisce in diversi bacini in funzione del periodo dell’anno. Florette Agricole è dislocata prioritariamente in Spagna, nelle regioni Murcia e Navarra. A Cadreita (Navarra) abbiamo la serra più grande di tutta la Spagna, la cui produzione è destinata a sfalciati per i mercati di Spagna e Portogallo. Importantissima l’Italia, soprattutto per le baby leaf provenienti dalla Piana del Sele, dal Bergamasco e da altri areali in sviluppo. L’Italia, secondo produttore europeo di insalate, ha un ruolo determinante nella produzione non solo di sfalciati, ma anche di cicorie, soprattutto di radicchio nel periodo invernale.

Estate: Florette si approvvigiona nell’Arco Atlantico

Regno Unito

Paesi Bassi Germania

Francia Mar Nero

Italia Spagna Tunisia Marocco

Mar Mediterraneo

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le insalate Foto R. Angelini

mondo e mercato AOP UNOLOMBARDIA Ambrogio De Ponti

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato AOP UNOLOMBARDIA Associazione di Organizzazioni di Produttori Ortofrutticoli della Lombardia AOP UNOLOMBARDIA è una società agricola consortile per azioni a scopo non lucrativo composta da 9 organizzazioni di produttori:

O.P. Agronomia

• Azienda nata nel 2004 a San Paolo D’Argon (BG)

• Due i siti di lavorazione: San Paolo

– O.P. Agronomia Soc. Cons. a r.l. Insalate e ortaggi di quarta gamma – O.P. C.OR.MA. Soc. Coop. a r.l. Pere mantovane IGP – O.P. Il Tricolore Soc. Cons. a r.l. Insalate e ortaggi di quarta gamma – O.P. Oasi Soc. Agr. Cons. a r.l. Insalate e ortaggi di quarta gamma – O.P.O. Bellaguarda Soc. Agr. Coop. Meloni, angurie, zucche, solanacee e pere IGP – O.P. Ortonatura Soc. Agr. Cons. p.a. Insalate e ortaggi di prima e quarta gamma – O.P. P.O.A. s.c.a. Pomodoro da industria – O.P. Sole e Rugiada Soc. Agr. Cons. p.a. Insalate e ortaggi di quarta gamma – Società agricola Melavì Soc. Coop. Mele della Valtellina IGP

d’Argon (BG) e Guagnano (LE)

• 15 aziende agricole produttrici per

un totale di oltre 100 ha di coltivazioni

• Principali produzioni annue: lattughino

530 t, valeriana 300 t, rucola 380 t, cicorino 183 t, insalate a cespo (adulte) e altro 950 t, per un valore complessivo della produzione commercializzata pari a circa 7.855.000 euro

O.P. Oasi

• L’O.P. Oasi si è costituita nel 2005 • 91 aziende agricole per un totale

Di seguito si riportano sinteticamente alcuni valori rappresentativi della realtà di AOP UNOLOMBARDIA: – 1500 aziende agricole circa; – circa il 65% della produzione ortofrutticola lombarda; – più dell’80% del prodotto e la grande maggioranza delle strutture leader nella produzione e commercializzazione di prodotti di quarta gamma; – tutta la produzione di IGP frutticola della regione; – 19 siti di condizionamento tra i più evoluti in Italia; – più di 200 milioni di euro di valore della produzione.

di superficie investita di circa 1250 ha

• 3 siti di lavorazione o valorizzazione

della materia prima di cui due a Lallio e a Costa di Mezzate (BG), e uno a Battipaglia (SA)

• La produzione di materia prima

è di circa 27.000 t annue tra insalatine baby leaf e insalate a cespo (adulte)

Si tratta di un sistema in forte crescita (+20% nell’ultimo anno) e alla ricerca di nuovi e sempre più complessi equilibri. Un ambiente

• Il valore della produzione è di circa 64.000.000 euro

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AOP UNOLOMBARDIA dove si confrontano su strategie comuni, in modo integrato, strutture che competono sugli stessi segmenti di mercato. Servizi offerti Per meglio affrontare la domanda e le tendenze del mercato, conoscere le opportunità offerte da leggi e regolamenti, crescere nella formazione e professionalità e ottenere una maggiore valorizzazione delle proprie produzioni, AOP UNOLOMBARDIA offre una serie di servizi orientati a ottenere e garantire: – il rafforzamento del potere contrattuale delle O.P. associate; – la gestione dei rapporti con le istituzioni pubbliche, con particolare riguardo all’ente Regione Lombardia, e con enti di emanazione regionale, di ricerca e di promozione; – la predisposizione dei piani operativi e di tutti gli adempimenti a essi connessi e collegati; – l’elaborazione dei programmi di commercializzazione delle produzioni delle O.P. socie per opportune sinergie commerciali; – lo studio e la realizzazione di progetti per la promozione della conoscenza e del consumo di ortofrutta; – la programmazione dell’attività di promozione e divulgazione dei prodotti ortofrutticoli lombardi (promozione di marchi, partecipazioni a fiere, campagne di comunicazione, organizzazione di convegni, predisposizione di materiale divulgativo); – il coordinamento dell’attività formativa rivolta al personale tecnico/commerciale, operativo e dirigenziale delle aziende ortofrutticole associate;

O.P. Il Tricolore

• I prodotti dell’O.P. Il Tricolore nascono

da un ciclo integrato dove i produttori di materia prima sono 21 aziende agricole socie, per un totale di circa 265 ha investiti, di cui il 70 % circa in pieno campo e il 30% in coltura protetta

• Il sito di lavorazione è sito a Telgate (BG) • Le principali produzioni destinate alla

valorizzazione, cioè alla lavorazione e al confezionamento di quarta gamma, possono essere riassunte in questi valori: insalatine baby leaf (sfalciati) destinate alla quarta gamma circa 2350 t; insalate a cespo (adulte) destinate alla quarta gamma circa 1298 t, insalatine baby leaf (sfalciati) destinate alla prima gamma circa 251 t, insalate a cespo (adulte) destinate alla quarta gamma circa 44 t, per un valore complessivo della produzione commercializzata di quarta gamma pari a 1.854.235,28 euro

Foto R. Angelini

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mondo e mercato – la ricerca di finanziamenti regionali, nazionali e/o comunitari per progetti di largo respiro per lo sviluppo del settore. AOP UNOLOMBARDIA non prevede l’impiego di materie prime di tipo ortofrutticolo; la commercializzazione di prodotti agricoli non rientra nella sua attuale strategia. AOP si configura quindi come società che eroga servizi ai soci, avvalendosi della propria struttura interna e soprattutto di una rete di professionisti, collaboratori, società di consulenza, centri di ricerca universitari in grado di incrementare l’attività di ricerca, sviluppo e innovazione nel comparto ortofrutticolo. Nel sistema AOP UNOLOMBARDIA sono attualmente associate le principali OP italiane produttrici di ortaggi destinati alla quarta gamma. Questi ortaggi vengono valorizzati presso i principali siti di lavorazione, che si trovano prevalentemente per il Nord Italia nelle province di Bergamo e Brescia e per il Sud Italia nella Piana del Sele, in provincia di Salerno. La destinazione commerciale e gli sbocchi di mercato sono rappresentati dalle principali catene della grande distribuzione organizzata (GDO) presenti sul territorio nazionale. Questi tipo di prodotto, in quanto appartenente alla categoria del “fresco”, viene necessariamente trasportato con camion refrigerati, da ditte di

O.P. Sole e Rugiada

• L’O.P. Sole e Rugiada associa produttori

operanti nella filiera ortofrutticola della quarta gamma con un coinvolgimento di 80 aziende agricole e una superficie investita per un totale di circa 700 ha, comprensiva delle produzioni in pieno campo e in coltura protetta di insalatine baby leaf e insalate a cespo (adulte) e altri ortaggi

• La produzione di materia prima

conferita dai soci produttori e destinata alla quarta gamma è nell’ordine delle 14.000 t/anno

• I siti industriali di valorizzazione

che lavorano le produzioni destinate alla prima, quarta e quinta gamma sono: La Linea verde s.p.a. (Manerbio, BS), Natura.com s.p.a. (Bolgare, BG), Maddalo Raffaele (Pontecagnano, SA)

Foto R. Angelini

• Il valore complessivo della produzione commercializzata è pari a 54.063.954,12 euro

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AOP UNOLOMBARDIA trasporto specializzate; fondamentali infatti risultano la gestione logistica e il mantenimento della catena del freddo. Con il trasporto in atmosfera controllata, si conferisce al prodotto il mantenimento di tutti i parametri qualitativi di freschezza e salubrità richiesti dal consumatore finale. Le insalate raccolte, valorizzate e confezionate giungono sugli scaffali della GDO entro il giorno successivo alla raccolta e presentano una shelf-life che varia da 4-5 giorni a seconda della varie tipologie di prodotto. Per le esigenze di commercializzazione richieste dalla distribuzione organizzata è necessario fornire il prodotto in modo costante in tutti i mesi dell’anno; ne deriva che ormai le produzioni si effettuano in numerose regioni italiane nei differenti periodi. In particolare, tali approvvigionamenti si realizzano in Lombardia nelle province di Bergamo e Brescia, dove nei periodi estivi si produce la rucola selvatica, vari tipi di lattughe, la spumiglia, le indivie e le varie insalatine; mentre nei periodi invernali la valerianella o songino, e le varie insalate invernali più resistenti al freddo. In Campania le produzioni sono principalmente concentrate nella Piana del Sele, in provincia di Salerno, dove un microclima favorevole garantisce temperature moderate d’inverno e calde nel periodo estivo, consentendo di ottenere la materia prima prodotta al Nord durante l’estate.

O.P. Ortonatura

• La produzione complessiva dell’O.P.

Ortonatura è rappresentata dai ortaggi di prima e quarta gamma, collocati sul mercato interno

• Facendo riferimento esclusivamente

alle insalate, la produzione annua di prima gamma comprende numerose referenze tra cui trocadero, canasta, catalogna, cicoria Milano, cicorino, iceberg, foglia di quercia, gentile, lollo, riccia, romana, spumiglia, trevigiana ecc., ed è pari a circa 800 t/anno

• In particolare due delle aziende socie

di Ortonatura, Belgravia ed Euroverde, producono complessivamente circa 5700 t/anno tra insalatine baby leaf e insalate a cespo (adulte) destinate alla quarta gamma

• Il sito di lavorazione della prima

Foto R. Angelini

gamma si trova a Settala (MI), mentre i due siti di valorizzazione della quarta gamma sono in provincia di Brescia e di Bergamo

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le insalate Foto R. Angelini

mondo e mercato Gruppo La Linea Verde Giuseppe Battagliola

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Gruppo La Linea Verde Specialista dell’ortofrutta fresca pronta al consumo e dei piatti pronti freschi La Linea Verde è un gruppo italiano, con sede a Manerbio (BS), ai vertici del mercato dell’ortofrutta fresca pronta al consumo e dei piatti pronti freschi. Il gruppo conta sei siti produttivi (due nel Nord Italia, due nel Sud, uno in Sardegna e uno in Spagna), due aziende agricole e una società di trasporti refrigerati. È una solida realtà che produce con marchi della grande distribuzione e con il proprio brand DimmidiSì. Le ragioni alla base del successo aziendale risiedono nell’offerta di un prodotto fortemente innovativo, concepito all’insegna della freschezza e con un alto contenuto di servizio. La gamma delle referenze spazia dalle insalate e verdure fresche pronte in busta alle zuppe di verdura, dal purè fresco agli snack di frutta fino ai frullati freschissimi di frutta e verdura. La Linea Verde si pone come punto di riferimento per l’assortimento del banco frigo del reparto dell’ortofrutta, sia come produttore a marchio proprio sia come affidabile co-packer: non solo come fornitore di insalate in busta, ma come un vero e proprio partner italiano per la GDO. Lo dimostrano i numeri dei volumi prodotti e gestiti ogni giorno: un milione di confezioni e 1400 q di materia prima lavorati. Un risultato possibile grazie alla superficie produttiva dell’azienda, che tocca i 42.000 m2, e alle

Sede de La Linea Verde a Manerbio (BS)

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La Linea Verde dimensioni della società di trasporti refrigerati di proprietà, che vanta una flotta con più di 100 veicoli. Freschezza, qualità e innovazione sono i plus del gruppo e ne costituiscono i principali fattori di successo. La freschezza è conseguenza del modus operandi e della rapidità d’azione dell’azienda, che è in grado di consegnare i propri prodotti entro un giorno dalla raccolta in campo della materia prima e di mantenere costante la “catena del freddo” in ogni fase del processo, compreso il trasporto dei prodotti ai clienti, che li collocheranno nel banco refrigerato. L’alto standard qualitativo deriva dall’attento controllo di tutte le fasi di produzione: in campo, nei processi produttivi, in stabilimento e nel trasporto. L’elevata qualità della materia prima deriva dalla partnership con oltre 350 aziende orticole qualificate, presenti sul territorio nazionale, che per la produzione seguono disciplinari certificati che prevedono il ricorso a tecniche di produzione integrata costantemente monitorata dai tecnici agronomi dell’azienda stessa. L’inclinazione all’innovazione è parte integrante della filosofia aziendale. Trova riscontro, innanzitutto, nelle caratteristiche della gamma prodotti firmata DimmidiSì: le Zuppe Fresche, il Frullato Fresco di frutta, il Purè di patate fresco e le insalate Fresco Raccolto sono prodotti assolutamente unici sul mercato. Un risultato che testimonia gli investimenti costanti in attività di ricerca e di sviluppo finalizzate alla creazione di prodotti che rispondono ai nuovi trend di consumo, sempre più caratterizzati dalla ricerca di prodotti freschissimi, buoni, pratici e ad alto contenuto di servizio.

Lavaggio dell’insalata

Controlli qualità in laboratorio Coltivazione delle insalate in serra

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mondo e mercato Storia del gruppo: una storia di innovazione La Linea Verde è stata fondata nel 1991 dai fratelli Giuseppe e Domenico Battagliola. È un’azienda che in soli vent’anni ha lasciato il segno nel mercato dell’ortofrutta fresca pronta al consumo e dei piatti pronti freschi, non solo raggiungendone i vertici, ma portando significative e importanti innovazioni che hanno fortemente contribuito a innovare il settore. Con un progetto imprenditoriale complesso, cresciuto e articolatosi negli anni, i fratelli Battagliola hanno plasmato la loro impresa su un modello organizzativo e operativo nuovo che le consente di presidiare all’interno del perimetro aziendale tutte le fasi di produzione, dalle coltivazioni orticole di proprietà alla consegna del prodotto finito presso i clienti grazie ai propri mezzi di trasporto refrigerato. Conoscere e avere il controllo di tutte le fasi rende La Linea Verde una realtà davvero unica sul mercato, perché l’azienda può tracciare la filiera di ogni singolo pezzo prodotto. Questo approccio nasce dal profondo amore per la terra e per i prodotti orticoli che da sempre contraddistingue i due fratelli Battagliola. La portata innovativa della loro azienda consiste nella valorizzazione della frutta e della verdura fresca, anche attraverso lo studio e il monitoraggio continuo e attento di quanto avviene all’estero: un obiettivo perseguito da una vita, fin da quando, molto giovani, i due fratelli gestivano una piccola azienda orticola nel bresciano. Un traguardo ancora più sentito con la fondazione dell’azienda e con la sua crescita: il know-how agricolo e il rispetto per i prodotti ortofrutticoli li hanno spinti a lavorare per rendere la frutta e la verdura sempre più fruibili da parte dei consumatori, per offrire loro prodotti freschissimi e di elevata qualità. Questo anche in considerazione dei nuovi trend della società di oggi che

Confezionamento in ciotola dell’insalata

La linea Fresco Raccolto offre un’ampia gamma di insalate fresche selezionate, lavate e pronte da gustare. Confezionate in comode buste, in vassoio o in ciotola (anche in formato famiglia e pacco doppio per garantire una maggiore freschezza del prodotto)

Il Frullato Fresco, il Purè di patate fresco e le Zuppe Fresche

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La Linea Verde vedono diminuire il tempo da dedicare alla cucina, da una parte, ma aumentare, dall’altra, il desiderio di una sana alimentazione. Da qui nascono le insalate in busta pronte da condire. Pionieri del fresh-cut, i fratelli Battagliola non si sono fermati: la loro ricerca è una costante quotidiana che, con passione, competenza e curiosità, li ha portati a proporre con il proprio marchio anche ricette più complesse, piatti pronti e pratici, ad alto contenuto di servizio. E lo hanno fatto attingendo dalla cultura culinaria del nostro Paese, reinterpretando ricette della tradizione per portare sulla tavola degli italiani prodotti buoni come fatti in casa e che mantengono fede ai valori di freschezza, genuinità, naturalità e gusto che caratterizzano l’offerta del brand. Un percorso che non si ferma, quello dei fratelli Battagliola, imprenditori di successo e lungimiranti che hanno votato la loro avventura imprenditoriale a diffondere la cultura della freschezza e della qualità e a creare nuove forme di consumo, sapendo puntare sull’innovazione, intesa in senso tecnologico, organizzativo, commerciale, comunicativo. Uno sguardo, il loro, che continuamente si rinnova e che porta con sé intuizioni sempre all’avanguardia.

Numeri del gruppo

• 5 siti produttivi • 2 aziende agricole di proprietà • 1 società di trasporti refrigerati di proprietà

• Oltre 1000 addetti • 42.000 m di superficie produttiva • 63 linee di produzione • 1 milione di confezioni prodotte al giorno • 160 milioni di buste di insalata preparate 2

in un anno

Sguardo oltre confine La Linea Verde è presente oltre confine e approda all’export con diverse strategie: applicare il “format La Linea Verde Italia” (azienda agricola, sito produttivo e mezzi di trasporto di proprietà) in Spagna per servire il mercato della penisola iberica attraverso la sede di Navarra aperta nel 2008; commercializzare nei Paesi limitrofi i prodotti finiti lavorati in Italia a marchio proprio e per le store brand; esportare in tutta Europa il prodotto sfuso, per esempio le baby leaf, di cui l’azienda è uno dei principali produttori europei.

Carote in Festa, dal particolare taglio filante (brevetto tuttora di proprietà dei fratelli Battagliola)

La linea Piatti Unici è formata da insalatone fresche arricchite, con condimento confezionato in buste separate e set composto da forchetta e tovagliolo. Grazie all’innovazione dei comparti separati la freschezza dell’insalata e delle verdure viene mantenuta intatta per una maggiore qualità del prodotto finale

La Frutta Fresca, monoporzioni di frutta fresca lavata e tagliata a pezzi, in comode ciotole munite di forchettina e condimento a base di succo di limone e fruttosio

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le insalate Foto R. Angelini

mondo e mercato SAB Ortofrutta Giuseppina Pezzali

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato SAB Ortofrutta La Società Agricola Bergamasca (SAB) nasce alla fine degli anni ’80 dalla produzione agricola e dalla distribuzione diretta dei propri prodotti orticoli freschi. Nel ’93, credendo fortemente in un mercato nuovo, si sviluppa e si afferma a livello nazionale nella quarta gamma (ortaggi freschi lavati, asciugati e confezionati pronti all’uso) valorizzando le proprie produzioni e distinguendosi per la sua competitività, qualità, serietà e affidabilità. SAB consolida la sua presenza e rafforza il legame con la terra costituendo dal 2007 l’organizzazione di produttori denominata “Il Tricolore”. Tutto nasce dalla convinzione che il futuro della propria attività dipenderà fortemente dalla capacità di interagire in modo sinergico con la produzione agricola nel rispetto dell’ambiente. Con l’OP Il Tricolore cambia il ruolo del produttore agricolo, che da fornitore diviene socio attivo sulla base di comuni obiettivi e principi. Soci, questi, che si sono volontariamente riuniti nella Cooperativa Terra e Sole grazie a un senso di appartenenza, condivisione e partecipazione maturati nel tempo divenendo i veri protagonisti della filiera agricola. I punti di forza delle imprese agricole fornitrici delle materie prime sono: sicurezza alimentare, rintracciabilità di filiera, certificazioni di qualità secondo standard nazionali/internazionali.

SAB Ortofrutta s.r.l. Prodotti principalmente commercializzati

Tipologia clienti Capacità produttiva quarta gamma Principali varietà di materie prime prodotte e loro ripartizione

GDO: 95% Mercati ortofrutticoli: 5% di cui Industria: 3% Grossisti: 2% 40 tonnellate/gg Sfalciati (baby leaf): 50% Adulte: 40% Da cuocere: 10%

Soci conferitori

20

Totale fornitori qualificati

34

Superficie coltivata

Certificazioni possedute

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Quarta gamma: 95% Prima gamma: 3% Quinta gamma: 2%

750 ha BRC IFS Rintracciabilità di filiera GlobalGap Produzione biologica


SAB Ortofrutta L’origine delle nostre scelte si basa sull’introduzione di un nuovo modo di fare agricoltura attraverso l’applicazione puntuale e quotidiana del cosiddetto “ciclo integrato”. Fare ciclo integrato significa gestire tutta la filiera e non solo controllare le varie fasi. È infatti attraverso una visione completa dell’intera filiera che maturano la consapevolezza e l’importanza del ruolo svolto da ogni sua componente. La pianificazione delle produzioni è la risposta più innovativa per sviluppare efficaci percorsi agronomici integrati. Programmare significa organizzare con largo anticipo tutte le attività della stagione, dalla semina allo sviluppo, alla raccolta, valutando l’impiego delle risorse necessarie, sia umane sia tecniche, per garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti. Grazie a questo metodo prendono origine prodotti garantiti e certificati da un sistema di rintracciabilità che permette di mantenere una linea di continuità dal lotto della semente al lotto del prodotto confezionato e destinato al mercato. I prodotti nascono da un sistema integrato ed equilibrato che sviluppa le sinergie favorevoli presenti nell’ambiente, nelle colture, negli insetti, nei terreni e nelle piante e si dedica a un continuo miglioramento delle tecniche e delle conoscenze applicate in campagna. Il processo di valorizzazione è caratterizzato dall’adozione in tutte le fasi delle cosiddette mild technologies, che sono studiate specificamente per preservare al meglio e il più a lungo possibile le caratteristiche degli ortaggi appena raccolti in campo, garantendo al tempo stesso massima sicurezza mediante l’impiego di tecnologie moderne in grado, per esempio, di individuare e scartare in modo automatico i corpi estranei eventualmente presenti nella materia prima. L’OP Il Tricolore, produttore in esclusiva per la SAB Ortofrutta, vanta una vasta gamma di referenze valorizzate in ambienti sicuri e moderni realizzate attraverso importanti investimenti nei processi tecnologici che la rendono protagonista attiva e propositiva nel settore della quarta gamma italiana. “Cogli l’Attimo” è il marchio della quarta gamma italiana, nato da imprenditori agricoli che, attraverso lo studio e lo sviluppo di nuovi prodotti, non solo rispondono in modo puntuale ai cambiamenti continui e alle nuove esigenze dei consumatori, ma si propongono di creare nuove tendenze di mercato. L’uso autorizzato del marchio “Cinque Colori del Benessere” rappresenta la volontà e la consapevolezza che SAB ha di diffondere sane abitudini alimentari, promuovendo la cultura del consumo quotidiano di frutta e verdura. I marchi di qualità SAB promuovono le proprietà salutari derivanti dal consumo degli ortaggi freschi prodotti nel rispetto dell’ambiente, a garanzia del consumatore. 577


le insalate Foto R. Angelini

mondo e mercato Alì S.p.A. Giuliano Canella

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Alì S.p.A. Alì S.p.A. è una realtà commerciale operante nel mondo della grande distribuzione organizzata (GDO), presente in Veneto e in Emilia-Romagna. I punti vendita sono divisi in due canali: Alì Supermercati, cioè negozi di quartiere e superfici fino a 1500 m2, e Alìper, ossia punti vendita tra 2000 e 5000 m2, spesso inseriti in contesti più ampi o in veri e propri centri commerciali. A oggi sono 93 i punti vendita della rete Alì e Alìper, di cui 24 con insegna Alìper. Alla fine del 2011 si prevede di raggiungere i 95 punti vendita con le nuove aperture programmate. L’azienda, che possiede una quota di mercato nel Veneto pari quasi al 13%, registra un’importante crescita, quasi raddoppiata negli ultimi 10 anni, che ha portato Alì S.p.A. a contare sulla collaborazione di oltre 2600 dipendenti, con un fatturato che nel 2010 ha superato i 730 milioni di euro. Alì S.p.A. è un’azienda familiare che ha saputo mantenere nel tempo la propria identità, fatta di valori tramandati da un padre ai propri figli, fratelli e nipoti. Valori rispettati, condivisi e portati avanti con il massimo impegno. Sempre rispettando la tradizione, Alì è una realtà molto attenta anche alle innovazioni e in grado di cogliere le opportunità che queste offrono. La sua forza sta nel

In sintesi

• 2 canali distributivi presenti in

Veneto ed Emilia-Romagna: 69 Alì supermercati (fino a 1500 m2), 22 Alìper (tra 2000 e 5000 m2)

• Oltre 2500 dipendenti • Fatturato superiore a 700 milioni di euro (2010)

• Il settore ortofrutta incide oltre il 12% • Aziende fornitrici di insalate di quarta gamma sono Ortoromi (marchio Vale) e Bonduelle fresco

Le insalate di quarta gamma nei supermercati Alì

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Alì S.p.A. ricreare sapientemente all’interno del supermercato l’alto livello di servizio del classico negozio di alimentari. La cura del cliente e l’attenzione alla qualità e alla freschezza dei prodotti, sorretti da un’organizzazione moderna, efficiente e puntuale, sono per Alì dei punti fissi. Nel perseguire l’obiettivo di garantire sempre un ottimo livello di qualità e freschezza un particolare di riguardo è dedicato al comparto ortofrutta. Questo settore, valorizzato sempre più nel corso degli anni, è per l’azienda motivo di differenziazione rispetto alle altre catene della GDO. Grazie a un ampissimo assortimento, a una ricerca meticolosa e quasi maniacale della qualità e a un layout espositivo sempre innovativo, il settore dell’ortofrutta raggiunge un’incidenza media all’interno di Alì superiore al 13%, con punte che arrivano anche al 18%. Particolare attenzione è riservata al mondo delle insalate di quarta gamma e delle insalate fresche di prima gamma. Le insalate di quarta gamma, che sono prodotti dell’orto, colti, selezionati, lavati, confezionati e pronti per il consumo fresco, vengono da noi esposti in banchi refrigerati rispettando una rigidissima catena del freddo. Le aziende fornitrici di insalate di quarta gamma per Alì sono principalmente due: la padovana Ortoromi, che collabora con Alì producendo il prodotto aziendale a marchio proprio, identificato con il marchio Vale, e Bonduelle Fresco, leader a livello europeo. Le insalate Vale e Bonduelle, con la loro presenza durante tutto l’anno, soddisfano in pieno le esigenze dei consumatori che desiderano un prodotto con elevati standard qualitativi a un prezzo contenuto. L’ampissima gamma di referenze è data soprattutto da insalatine a foglia piccola come il lattughino (il più venduto), la rucola e la valerianella, ma anche da mix di prodotti adulti e croccanti, quindi insalate miste e di fantasia, oltre alle ciotole complete di condimento e forchetta all’interno. Tutti questi prodotti sono coltivati secondo rigorosi disciplinari che ne garantiscono l’integrità. In particolare si utilizza la lotta integrata, che è una tecnica agricola che consente di ridurre i residui di fitofarmaci e di attenuare, di conseguenza, l’impatto ambientale dovuto all’uso indiscriminato di prodotti chimici. Ogni busta di insalata è inoltre riconoscibile secondo il principio della tracciabilità di filiera, per garantire la trasparenza delle lavorazioni dal campo alla tavola, nonché per poter risalire alla storia del prodotto, partendo dal numero di lotto presente su ciascuna confezione. Per quanto riguarda le insalate sfuse di prima gamma, Alì è stata la prima catena della GDO in Italia a trattare la vendita dell’insalata IGP, come è stato riconosciuto a Lusia nel giugno 2010. Anche per le insalate sfuse Alì può vantare un assortimento sempre completo.

Insalate sfuse di prima gamma 2010 (vendite espresse in kg) Gentilina

275.400

Iceberg

259.300

Trocadero

145.300

Belga

139.400

Riccia

63.300

Scarola

62.900

Romana

42.100

Millefoglie

19.300

“Top ten” delle insalate di quarta gamma più vendute nell’anno 2010 1o

Insalatina (lattughino) marchio Vale (125 g)

o

2

Rucola marchio Vale (100 g)

3

o

Misticanza marchio Vale (125 g)

4

o

Insalata fantasia marchio Vale (200 g)

5

o

Insalata mista marchio Vale (200 g)

6

Valerianella marchio Vale (125 g)

7o

Iceberg marchio Bonduelle (250 g)

8o

Insalata scarola marchio Vale (200 g)

9o

Tenere insalatine marchio Bonduelle (200 g)

10o

Insalata mista marchio Bonduelle (200 g)

o

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le insalate Foto R. Angelini

mondo e mercato Ortaggi a foglia: problematiche relative al mercato e alla commercializzazione Roberto Piazza

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Ortaggi a foglia: problematiche relative al mercato e alla commercializzazione Solo vent’anni fa la regola generale, valida per tutto il settore agroalimentare, e in particolare per l’ortofrutta, rivolta all’attenzione sia dei produttori sia dei consumatori, era piuttosto semplice: produrre molto, che il prodotto fosse buono e che fosse anche sano (la sanità era intesa come assenza di marciumi, insetti, muffe, lacerazioni o affezioni parassitarie in genere). In seguito, dall’inizio degli anni ’90 fino a oggi (inizio del secondo decennio del XXI secolo), la regola generale si è ulteriormente arricchita, fino a dover essere recitata in questi termini: il prodotto deve essere fresco, buono, bello e sano, deve essere sempre disponibile, uniforme e delle dimensioni richieste dal cliente. È scomparso il concetto di grande quantità e si è modificato il concetto di sanità, per il quale il mondo della domanda richiede inequivocabilmente la sicurezza alimentare, riferendosi quasi esclusivamente alla problematica dei residui degli agrofarmaci e di altri contaminanti. Per i prodotti a foglia è massima la percezione della freschezza, della bellezza, dell’uniformità e della sanità, in quanto la maggior parte di essi va consumata anche cruda ed è inevitabile che un consumatore ambisca a cibarsi di prodotti freschi ma anche gradevoli, e pertanto, che piaccia o meno, anche belli. “Io aggancio il consumatore con gli occhi e mantengo la sua fedeltà con il palato”, dichiara senza alcuna timidezza un importante dirigente di iper- e supermercati: “Checché se ne dica, la gente vuole roba bella, e poi, ovviamente, che sia anche buona, e che ci sia sempre, per tutto l’anno. Si provi

Lattughe in coltura idroponica, in serra e su supporto rigido

Lattuga su supporto rigido che viene trainata presso l’operatore

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commercializzazione a pensare alla reazione del consumatore se anche a metà gennaio non trovasse sui banchi vendita almeno due o tre tipi di radicchi rossi o verdi, pomodori tondi lisci, costoluti, a ciliegia, zucchine verdi chiare e verdi scure, per non parlare di tutta la gamma delle mele o delle pere. A parole tutti vorrebbero consumare prodotti locali, di stagione e a chilometro zero, ma nei fatti vendiamo radicchi che vengono dall’Abruzzo, dalla Puglia e dal Veneto, oltre a pomodori, peperoni, zucchine e melanzane siciliane e cavoli fiori dell’Alto Adige o addirittura della Germania”. Ma torniamo alle nostre lattughe, ai nostri radicchi, alle nostre indivie. Non sempre chi tratta ortofrutta, in particolare ortaggi, e tra questi quelli a foglia, ha la percezione di avere a che fare con un prodotto vegetale vivo, con un suo ben preciso metabolismo e quindi con una sua respirazione, un’attitudine a resistere al caldo o al freddo, una giovinezza, una maturità, una vecchiaia e, ahinoi, anche per il nostro vegetale, una morte. Non sempre gli addetti ai lavori, a partire da chi raccoglie, da chi “ammucchia”, o meglio, aggrega il prodotto da destinare al magazzino di lavorazione e di confezionamento, dagli addetti alle celle frigorifere, dagli addetti al facchinaggio o ai trasporti, fino ad arrivare agli addetti alle vendite, all’ingrosso e al dettaglio, non sempre i soggetti della filiera agroalimentare di questo prodotto fresco si rendono conto della delicatezza con cui le nostre “foglie” o i nostri “cespi” dovranno essere trattati. Infatti, se l’arrossamento della pelle di un bambino di pochi mesi può curarsi con talco o creme, la lesione della pagina superiore o inferiore di una foglia di lattuga, di radicchio rosso, di scarola o di valeriana diventa un danno irreparabile: attraverso quella lesione

Lattuga iceberg condizionata in contenitori molto attraenti

Coltura di lattughe iceberg in pieno campo

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mondo e mercato entreranno batteri e microrganismi che si andranno a infilare tra le due “pagine” della foglia, dove troveranno l’habitat ideale per riprodursi e propagarsi in tutta la pianta. Ma perché questi ortaggi sono tanto delicati? È presto detto, e ovviamente si tratta di una regola generale che ha le sue dovute eccezioni, e cioè: più le nostre foglie sono delicate e tenere, più sono gradite al consumatore, e pertanto delicatezza uguale a qualità, qualità uguale a prezzo remunerativo, buon prezzo vuol dire utile per chi commercializza e per chi produce… e chi consuma? Chi consuma paga la qualità, e se non la percepisce o non la riconosce, è libero di non acquistare! Certo che detto così pare anche a chi scrive che sia un po’ troppo forte, ma si confida di parlare, oltre che ad addetti ai lavori, anche a consumatori preparati e consapevoli che ben conoscono le regole del valore aggiunto, che ben sanno quanto i servizi incidano sul costo finale della materia prima, e che più la materia prima è deperibile, più la superficie delle foglie che “respirano” è ampia, più il mantenimento della catena del freddo è essenziale. Allo stesso modo sono importanti la delicatezza e la professionalità di chi fa la cernita, è importante, come è fondamentale, l’attenzione di chi imballa, di chi trasporta, di chi vende e pure di chi consuma. Sì, il consumatore troppe volte è stato considerato la vittima di chi produce e di chi vende, ma è a sua volta un anello importante della filiera agroalimentare, anzi, senza alcun dubbio il più importante: infatti, è lui che prende la decisione se acquistare o meno un certo prodotto, è lui che in buona parte partecipa alla formazione o alla scoperta del prezzo, è lui che in genere interrompe la catena del freddo (giocoforza) e raramente la riattiva nel momento in cui stiva il prodotto nella

In primo piano il “rosso di Verona” e dietro quello di Chioggia. Niente da dire riguardo a bellezza e freschezza, ma sono pressoché anonimi

Con la Witloof colorata, i francesi tentano di imitare i radicchi nostrani

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commercializzazione propria cucina o nel proprio frigorifero (dove? a che temperatura? contro quale parete? per quanto tempo?). Da consumatori e da addetti ai lavori, non escludiamo si getti più merce nelle case che nei mercati... ma in questa sede non vogliamo entrare nei vizi e nei piccoli peccati personali! Tornando alle nostre foglie, ricordiamo l’assoluta necessità del taglio, della pulizia e del lavaggio prima della loro immissione nel circuito commerciale: il taglio per levare le parti inutili e non commestibili, anche se ben sappiamo come a molti agricoltori si spezzi il cuore a gettare bianche e pesanti radici, o foglie appena avvizzite o con lievi difetti, che tuttavia con la loro presenza non farebbero rientrare quel prodotto nelle norme di qualità. La pulizia e il lavaggio sono indispensabili per allontanare “corpi” estranei quali residui di terra, di concime o di insetti come gli afidi o le lumache (piccole o grandi che siano), problemi che rileviamo generalmente sulle bietole da costa, sulle cicorie tipo Catalogna e sugli spinaci. Cavoli verza e cavoli cappucci sono di più facile aggressione da parte dei confezionatori. Questi ortaggi vanno privati delle foglie esterne e del supporto radicale fino all’attaccatura dell’ultima foglia. In seguito, messi nei contenitori a uno strato, possono essere dotati di bollino per fare riconoscere l’azienda produttrice e la zona di produzione. Anche tutta la grande famiglia dei radicchi rossi va curata con grande attenzione: qualcuno li definisce “i fiori che si mangiano” e va detto che in certi periodi dell’anno sono più economiche le rose che mezzo chilo di “trevigiani invernali o tardivi”! Le indivie ricce e le scarole, in particolare quelle imbiancate, vengono presentate generalmente con le foglie aperte e con il caule

Si mangia proprio come un fiore. Difficilmente si potrà fare meglio!

Il “rosso di Chioggia” è nobilitato dalla cura nella selezione e presentazione

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mondo e mercato rivolto verso il basso. Anche in questo caso il candore e il senso di freschezza sono determinanti per la formazione del prezzo, che, come dicono gli economisti, “deve tendere a essere il più alto possibile” (poi il mercato farà da ammortizzatore). Le lattughe cappucce, le romane, le gentili, le iceberg, generalmente a foglia verde, hanno nello splendore di questo colore il loro effetto mediatico sia sui commercianti sia sui consumatori. Veniamo infine alle “piccole foglie” tanto di moda: valeriana e rucola. La prima è di solito venduta in confezioni già chiuse (quarta gamma), la seconda con le foglie riunite in mazzetti di peso uniforme (generalmente di 50 g): hanno un prezzo mediamente elevato, ma si giura che per lavorare bene questo tipo di prodotto e avere successo commerciale, occorre arrivare, nella selezione, a scartare anche il 30 o 40% del raccolto. Successivamente, per arrivare a ottenere il massimo di qualificazione per un prodotto tanto deperibile, è importante che esso sia sempre più spesso avvolto da film semitraspiranti al fine di abbassare il metabolismo (la respirazione) delle foglie (oltre, naturalmente, a tenere la temperatura oscillante tra i 4 e gli 8 °C). In questi ultimi tempi sta assumendo grande importanza la tracciabilità, o comunque il legame che queste produzioni hanno con il territorio. Inoltre, occorre tenere presente che se venti o trent’anni fa il concetto di qualità di un prodotto ortofrutticolo poteva determinarsi con parametri quali la “freschezza” e la “bontà”, in seguito si sono aggiunte caratteristiche indispensabili di “bellezza e sanità”, e per ultimo è diventato determinante il settore dei servizi: comunicazione, selezione, conservazione, confezionamento, continuità d’offerta, massa critica. In pratica, per avere successo

Le produzioni spagnole sono ben selezionate e presentate molto bene

I produttori di quarta gamma sono sempre più interessati agli ortaggi a foglia, che vengono presentati in confezioni molto attraenti

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commercializzazione produttivo e commerciale occorre vendere un buon prodotto, tanti ottimi servizi, un territorio, un produttore… un sogno, un’emozione. E per una società che non ha più fame l’elemento emozionale di sogno e curiosità (che poi è ciò che fa crescere il bisogno) sta diventando sempre più fondamentale. Un capitolo a parte ci sembra doveroso dedicare ai “radicchi rossi” che non sono altro che cicorie con foglie più o meno variegate in bianco, rosso e violaceo, ortaggi a foglia per i quali sono oltremodo importanti tre momenti della loro vita vegetativa e commerciale: al primo posto troviamo la diversità della coltivazione in campo rispetto agli ortaggi a foglia normali; in secondo luogo abbisognano di un particolare modello di conservazione frigorifera e infine di un’altrettanto particolare lavorazione o toelettatura per rendere il prodotto commercializzabile; quest’ultima operazione prevede la pulizia dei cespi e la loro preparazione, con lo scarto di parti vegetative che in alcuni casi porta a gettare in discarica dal 50 al 70% del peso della pianta raccolta. La frigoconservazione va effettuata a –2-3 °C per i radicchi rossi raccolti durante il periodo invernale e a 0-1 °C per le raccolte primaverili, con periodi di conservazione che vanno dalle dieci o dodici settimane per i radicchi invernali conservati sotto lo zero, o a tre o quattro settimane per quelli primaverili. Disponendo di celle ad atmosfera controllata, la conservazione può arrivare tranquillamente fino a cinque o sei mesi. Il progenitore dei radicchi rossi è senza alcun dubbio il “rosso di Treviso tardivo” (con foglie strette, allungate e incurvate) che, incrociato con scarola, ha dato origine al “radicchio variegato di Castelfranco” (a forma di rosa, con foglie larghe, aperte, che si rimpiccioliscono andando verso il cuore del

La concorrenza straniera è particolarmente aggressiva quando può inserire sul mercato merce di alta qualità Radicchi “bianchi e rossi misti”, generalmente coltivati in zone non lontane dai mercati di ridistribuzione. Questi sono freschi, belli, buoni e sani, ma completamente anonimi

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mondo e mercato cespo) mentre per mutazioni spontanee ha prodotto il “rosso di Verona” (di forma allungata ma più tozza, compatto, quasi ovale e di colore violaceo) e il “rosso di Treviso precoce” (con foglie lunghe, larghe, compatte e di colore rosso vivace). Dal “variegato di Castelfranco” derivano il “bianco di Lusia” (a forma rotonda, con foglie un po’ screziate, compatte, di colore simile a quello del cavolo cappuccio) e il “variegato di Chioggia” (anch’esso rotondeggiante e screziato in rosso); da quest’ultimo deriva il più famoso “rosso di Chioggia” (con forma rotonda o ovale e foglie rosse ben serrate). Completamente diverso dai radicchi è il trattamento che subiscono le indivie ricce e le scarole, per le quali la colorazione bianca delle foglie, in particolare di quelle interne, è diventata una condizione fondamentale per essere ben vendute e gradite dai mercati. Questa colorazione si ottiene ovviamente impedendo la fotosintesi clorofilliana alle foglie legandole e sottraendole alla luce, per 20-25 giorni, con l’ausilio di film o di carta nera impermeabile alla luce solare. Per le lattughe, le indivie ricce e le scarole, la Commissione Europea ha stilato norme di commercializzazione che devono essere osservate da tutti gli operatori degli stati membri e che, se disattese, fanno correre il rischio di pesanti interventi amministrativi nei confronti di chi, nel momento del controllo (in Italia effettuato da Agecontrol), detiene il prodotto. Osservando con spirito critico le norme, ci accorgeremo che buona parte degli operatori (produttori e commercianti) applicandole, negli aspetti positivi, vanno molto al di là delle prescrizioni; in pratica, ancora una volta la forza del mercato, e della legge della domanda e dell’offerta, è stata superiore a quella delle “leggi imposte”!

Variegato di Castelfranco

Le lattughe cappucce sono presentate in un unico strato. Il taglio del cespo è un chiaro segnale di freschezza. Peccato la mancanza di un marchio o di un richiamo attraente

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commercializzazione Intanto la norma chiarisce qual è il prodotto a cui si applica; vediamolo: “alle lattughe delle varietà o cultivar derivate: alla Lactuca sativa L. var. capitata L. (lattughe a cappuccio, –d comprese quelle del tipo ‘iceberg’); –d alla Lactuca sativa var. longifolia Lam. (lattughe romane); –d alla Lactuca sativa var. crispa L. (lattughe da taglio); – da incroci di queste varietà, nonché – da indivie ricce delle varietà derivate da Cichorium endivia L. var. crispum Lam. e Cichorium endivia L. var. latifolium Lam.”. La norma non si applica né ai prodotti destinati alla trasformazione industriale, né a quelli commercializzati sotto forma di foglie staccate, né alle lattughe in vaso. Per quanto riguarda la classificazione, i nostri prodotti sono distinti in due categorie: prima e seconda (manca la categoria extra). Caratteristiche della prima categoria: – i prodotti devono essere di buona qualità e devono presentare le caratteristiche tipiche della varietà o cultivar di appartenenza, in particolare nel colore; – i cespi devono essere ben formati, consistenti, esenti da danneggiamenti o alterazioni che ne pregiudichino la commestibilità, come pure da danni provocati dal gelo; – le lattughe a cappuccio devono avere un solo grumolo ben formato; se ottenute in coltura protetta è ammesso un grumolo di dimensioni ridotte; – le lattughe romane possono presentare un grumolo ridotto; – le indivie ricce e scarole devono presentare una colorazione tendente al giallo nella parte centrale.

Anche per il “rosso di Verona” sarebbe necessario collegare il prodotto ad alcune delle tante immagini note del meraviglioso territorio veronese

L’imballaggio di polistirolo (noto isolante termico) è un aiuto alla conservazione e alla presentazione del “rosso di Chioggia”

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mondo e mercato Caratteristiche della seconda categoria: – i prodotti devono essere abbastanza ben formati; – devono essere esenti da difetti e alterazioni che ne pregiudichino la commestibilità; – possono avere leggeri difetti di colorazione; – possono avere subito lievi danni da parassiti; – le lattughe romane possono non presentare un grumolo. Per quanto riguarda la qualità generale per tutte le categorie, i prodotti si devono presentare: – interi; – sani, cioè tali da poter essere consumati, – puliti e mondati, praticamente privi di terra o alterazioni tali da renderli inadatti al consumo; – di aspetto fresco; – turgidi; – praticamente privi di parassiti; – non fioriti; – privi di umidità esterna anormale; – privi di odori o sapori estranei. Per le lattughe è ammesso un difetto di colorazione tendente al rosso, causato da abbassamenti di temperatura durante il periodo vegetativo, sempreché l’aspetto non ne risulti seriamente alterato. Il torsolo deve essere reciso in modo netto in corrispondenza della corona fogliare esterna. Nota di commento: quando la norma si esprime con il termine “praticamente” si intende che è tollerata una piccola imperfezione, o piccolissimi difetti, o residui.

“Pan di zucchero” e “rosso di Chioggia” sono deliziosi e daranno sicuramente piacere al consumatore finale Il “Variegato di Castelfranco” è detto anche, con giusta ragione, “il fiore che si mangia”

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commercializzazione Disposizioni relative alla calibrazione La pezzatura è determinata dal peso unitario. Nota di commento: la norma stabilisce pesi minimi diversi a seconda che il prodotto sia stato ottenuto in coltura protetta o di pieno campo. All’atto pratico, dopo la raccolta e nelle fasi di condizionamento e selezione è praticamente impossibile stabilire il sistema di allevamento del prodotto. Ci si può tranquillamente riferire al prodotto ottenuto in coltura protetta, che prevede calibri minimi inferiori rispetto a quelli per il prodotto ottenuto in pieno campo.

Calibrazione delle lattughe e delle indivie Pieno campo

Coltura protetta

lattughe cappucce e lattughe romane

150 g

100 g

lattughe del tipo iceberg

300 g

200 g

lattughe da taglio e lattughe a foglie spesse

100 g

100 g

indivie ricce e scarole

200 g

150 g

Disposizioni relative all’omogeneità Lattughe: per tutte le categorie, per il prodotto contenuto in uno stesso imballaggio, la differenza di peso tra il cespo più leggero e quello più pesante non deve superare: – 40 g se il cespo più leggero ha un peso inferiore a 150 g; – 100 g se il cespo più leggero ha un peso compreso tra 150 e 300 g;

Perfette la lavorazione, la selezione e la presentazione: imballaggio gradevole con colori ben assortiti per il radicchio “trevigiano precoce” Il radicchio “rosso di Chioggia” è presentato in contenitori che sono anche “espositori”

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mondo e mercato – 150 g se il cespo più leggero ha un peso compreso tra 300 e 450 g; – 300 g se il cespo più leggero ha un peso superiore a 450 g. Indivie ricce e scarole: per tutte le categorie, per il prodotto contenuto in uno stesso imballaggio, la differenza di peso tra il cespo più leggero e quello più pesante non deve superare i 300 g. Nota di commento: nella pratica l’omogeneità deve essere di gran lunga superiore ai livelli previsti dalla norma. Anche in questo caso la forza del “mercato” è maggiore rispetto alle normative. Il contenuto di ciascun imballaggio deve essere omogeneo e comprendere soltanto insalate della stessa origine, varietà o tipo commerciale, oltre che della stessa qualità e pezzatura. La parte visibile del contenuto dell’imballaggio deve essere rappresentativa dell’insieme. Gli imballaggi devono essere nuovi, puliti e privi di corpi o scritte estranee al prodotto. Disposizioni relative alle etichette esterne Ogni imballaggio deve recare, in caratteri raggruppati sullo stesso lato, leggibili e indelebili le seguenti indicazioni: – il nome e l’indirizzo dell’imballatore e/o speditore; – la natura del prodotto: quando il contenuto dell’imballaggio non è visibile dall’esterno devono essere riportati i termini quali: “Lattughe”, “Lattughe Batavia”, “Lattughe romane”, “Lattughe iceberg”, “Lattughe da taglio” (per es., “foglie di quercia”, “lollo

Anche il “variegato di Castelfranco” non teme confronti per la sua alta qualità generale “Trevigiano precoce”: così si esalta e si fa percepire la qualità di un prodotto di altissima qualità

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commercializzazione bionda”, “lollo rossa”), “Indivie ricce”, “Scarole” o una definizione che sia sinonimo della varietà in causa. In caso di miscuglio di diversi tipi di prodotti occorre indicare: “miscuglio di insalate”, “insalate miste” o ciascuna insalata presente, e, se il contenuto non è visibile dall’esterno, il numero dei cespi di ciascun tipo. Origine del prodotto Nelle indicazioni esterne è fondamentale indicare l’origine del prodotto: sempre la denominazione nazionale e a piacere anche le indicazioni di regione, provincia, comune o frazione. Caratteristiche commerciali È obbligatorio indicare: – la categoria merceologica (prima o seconda categoria). – la pezzatura (peso minimo dei cespi) o il numero dei cespi. Nota di commento: un’analisi critica delle norme riporta gli addetti ai lavori al comportamento del “buon padre di famiglia”: in pratica, la norma scritta va a precisare quanto già si sta facendo nelle normali pratiche di selezione, lavorazione e condizionamento dei prodotti; inoltre, possiamo tranquillamente sostenere che queste norme, nate per fare parlare un linguaggio comune ai membri dell’Unione Europea, sono state superate dagli accordi che generalmente si praticano tra le parti.

La “stanchezza” della lattuga si vede dall’ossidazione del taglio; è un errore proporre al mercato questo tipo di prodotto “Variegato di Castelfranco”: così si esalta e si fa percepire la qualità di un prodotto di altissima qualità

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