L'Olivo - Mondo e Mercato

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L’olivo botanica | storia e arte | alimentazione | paesaggio coltivazione | ricerca | utilizzazione | mondo e mercato


l’ulivo e l’olio

mondo e mercato Olio nel Mediterraneo Enrico Lupi

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Olio nel Mediterraneo Foto R. Angelini

Nascita dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio Intorno alla coltura dell’olivo si raccoglie una serie di simbologie e ritualità che, partendo dagli antichi significati simbolici che la pianta dell’olivo possiede nella tradizione cristiana e nella cultura mediterranea, si intrecciano in modo inscindibile con il patrimonio culturale locale, generando un folklore, delle consuetudini, dei costumi tipici di grande interesse. Partendo da queste importanti premesse, con gli obiettivi dichiarati di promozione del territorio, della cultura dell’olivo e dell’olivicoltura, il 17 dicembre 1994, per volontà congiunta di un primo nucleo di 14 soci fondatori, è nata a Larino, in provincia di Campobasso, l’Associazione Nazionale Città dell’Olio, che raccoglie tra i suoi soci Comuni, Province, Camere di Commercio e Comunità Montane di territori che danno nome a un olio o in cui esista un’affermata tradizione olivicola. Dopo 14 anni di attività le Città dell’Olio hanno tracciato un lungo percorso, che le hanno portate a implementare la propria struttura sociale, consolidando un ruolo forte di soggetto sostenitore della produzione olivicola. La crescita dell’Associazione è dimostrata dal numero raggiunto dagli associati: oltre 340 Enti pubblici dislocati sull’intero territorio nazionale, comprendendo i territori di ben 17 regioni. I soci sono sparsi dal Nord al Sud Italia, isole comprese, operanti in modo concorde e coordinato per il comune obiettivo di valorizzare l’ampio e vario patrimonio olivicolo italiano. Gli obiettivi di promozione e valorizzazione dei territori olivetati d’Italia, alla base dell’attività dell’Associazione Nazionale

Oliveti intorno all’antica città di Corinto: i Greci diffusero l’olivo e la sua cultura in tutta l’area mediterranea

L’olivo accompagna borghi, paesi, castelli della Toscana: Castello di Brolio (SI)

Foto R. Angelini

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olio nel Mediterraneo Città dell’Olio, scaturiscono dai molteplici valori riconosciuti alla pianta dell’olivo e al prezioso prodotto olio extravergine d’oliva.

Foto E. Marmiroli

Olivo e olio alla base di molte economie locali Le mille piccole e medie realtà olivicole del nostro Paese costituiscono un importante comparto produttivo che contribuisce sostanzialmente a definire il ruolo dell’Italia quale bacino di prodotti di alta qualità. Le Città dell’Olio si adoperano, in quest’ottica, per una più approfondita comprensione delle dinamiche produttive attraverso il confronto tra le varie realtà italiane, strategie di marketing territoriale, la sensibilizzazione degli organi nazionali ed europei deputati alla definizione delle politiche economiche del comparto e, in particolare, attraverso la creazione di occasioni qualificate di incontro diretto tra domanda e offerta, anche attraverso la partecipazione a fiere o specifici saloni di settore. Piacere e salute nell’olio extravergine di oliva Accanto agli obiettivi più meramente economici e produttivi, l’Associazione Nazionale Città dell’Olio ha svolto e continua a svolgere un ruolo determinante nel favorire la comprensione e l’apprezzamento dell’olio extravergine d’oliva presso il grande pubblico. L’affermazione del concetto di olio d’oliva come alimento protagonista della cucina italiana, capace di offrire molteplici e interessanti sensazioni al palato, oltre a contribuire con grande efficacia alla salute dell’organismo, è alla base di

Olivo secolare nella Piana di Sibari, antico centro culturale in cui la coltura dell’olivo data oltre 3500 anni Opifici come Settefinestre (GR) testimoniano l’importanza dell’olio per i Romani

Foto R. Angelini

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mondo e mercato una serie di iniziative condotte grazie anche alla collaborazione con le principali Associazioni d’Assaggio italiane. Centrali in quest’ottica sono, poi, il progetto di educazione alimentare dei bambini, denominato Bimboil, e la produzione di un innovativo strumento volto a qualificare l’offerta di oli extravergine al ristorante, la Carta degli Oli DOP, con la quale le Città dell’Olio si fanno portavoce dell’eccellenza della produzione olivicola italiana.

Città dell’Olio

• www.cittadellolio.it • Oltre 340 soci: Comuni, Province,

Camere di commercio, Comunità montane di territori che danno nome a un olio o in cui esista un’affermata tradizione olivicola

Paesaggi dell’olivo La presenza dell’olivo nei multiformi paesaggi d’Italia e del Mediterraneo rappresenta una risorsa paesaggistica di grande suggestione, verso la quale l’Associazione si impegna da sempre a suscitare l’attenzione del pubblico, per la crescita di una maggiore consapevolezza dell’importanza del patrimonio olivicolo italiano, della ricchissima biodiversità che questo rappresenta e per la tutela dell’ambiente olivetato. Tale impegno è costantemente perseguito attraverso la valorizzazione dell’ambiente olivicolo e lo sviluppo del “Turismo dell’Olio”, il sostegno a campagne di tutela degli olivi storici e l’attività di mappatura delle risorse olivicole delle Città dell’Olio prevista nell’ambito del progetto di marketing territoriale. Con progetti quali il calendario di eventi Andar per Frantoi e Mercatini e Pane e Olio in Frantoio, la giornata nazionale dei pani e degli oli tipici, le Città dell’Olio hanno l’obiettivo di coinvolgere il grande pubblico nazionale nella riscoperta delle mille, affascinanti tradizioni culturali che scaturiscono, con differenti tratti e coloriture, da ogni paese, da ogni campagna olivetata della nostra nazione.

• 17 regioni italiane rappresentate • Sostegno della produzione olivicola e

valorizzazione del patrimonio olivicolo italiano

• Bimboil: il progetto di educazione alimentare dei bambini

• Carta degli Oli DOP, portavoce

dell’eccellenza olivicola italiana

• Marketing territoriale per sviluppare il

turismo dell’olio, le campagne di tutela degli olivi storici e la mappatura delle risorse olivicole

• Andar per Frantoi e Mercatini • Pane e Olio in Frantoio Dolmen tra gli olivi a Bisceglie, Puglia

Foto R. Angelini

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olio nel Mediterraneo Federazione Euromediterranea delle Municipalità Olivicole Il successo dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio nel conseguimento degli obiettivi proposti al momento della sua fondazione e la consapevolezza della lunga strada ancora da percorrere, non solo a livello nazionale ma soprattutto a livello del bacino del Mediterraneo, per l’affermazione della cultura dell’olio e dell’olivo, hanno portato alla creazione della Federazione Euromediterranea delle Municipalità Olivicole, costituitasi in Spagna a Madrid il 31 maggio 2000. Ne fanno parte l’Associazione Italiana Città dell’Olio, l’Associazione Spagnola delle Municipalità Olivicole, la Federazione Francese delle Città dell’Olio, l’Associazione Portoghese delle Municipalità Olivicole, l’Associazione Tunisina delle Città dell’Olio, la Rete Greca delle Città dell’Olio, la Città di Nablus (Palestina), la Provincia di Taunate (Marocco), la Slovenia e la Croazia in qualità di Socio Osservatore. Si è così chiaramente costituita una rete di oltre 650 città a vocazione olivicola di tutto il bacino del Mediterraneo. In ciascuno di questi Paesi, secondo l’esperienza avviata in Italia, è stata costituita un’Associazione nazionale delle Città dell’Olio i cui soci, ugualmente a quanto già fatto in Italia, possono essere solo Comuni, Province e Camere di Commercio situati in territori a forte vocazione olivicola. Il principale obiettivo della Federazione Euromediterranea, coerentemente al suo statuto e agli intenti dei soci fondatori, è quello di promuovere politiche di valorizzazione e promozione dei territori olivicoli dei principali Paesi produttori, con particolare attenzione alla divulgazione dei valori storici, economici e paesaggistici legati alla coltivazione dell’olivo e alla sana educazione alimentare dei consumatori.

FEMO (Federazione Euromediterranea delle Municipalità Olivicole)

• 650 città a vocazione olivicola del

bacino del Mediterraneo appartenenti alle Città dell’Olio fondate nei 10 Stati membri: Spagna, Francia, Grecia, Italia, Marocco, Tunisia, Palestina, Portogallo, Slovenia e Croazia

• Promuove politiche di valorizzazione

e promozione dei principali Paesi produttori, dei valori storici, economici e paesaggistici

• Promotrice delle Giornate mediterranee dell’olio di oliva a cadenza biennale a Jesi

Olivi e mandorli in fiore in Marocco

Foto R. Angelini

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mondo e mercato La scelta di riunire i Paesi dell’intero bacino del Mediterraneo è apparsa la più logica, in quanto qualsiasi politica sull’olio di oliva non può prescindere dalla partecipazione e dal contributo dei Paesi produttori, siano essi membri dell’Unione europea o meno: tutti quelli che sono entrati all’interno della Federazione, infatti, condividono le stesse tradizioni di base e sono portatori degli stessi valori simbolici e culturali legati alla coltivazione dell’olivo. Nella consapevolezza delle diversità esistenti fra i Paesi aderenti – i quali si trovano inevitabilmente a farsi concorrenza fra loro sul mercato internazionale – la FEMO ha posto immediatamente l’accento sull’esigenza di una comune politica di sviluppo del settore, così da conciliare le differenti esigenze produttive e commerciali. È quindi importante, tenendo a mente le riconosciute dissomiglianze presenti, contribuire al legame socio-culturale delle popolazioni del Mediterraneo attraverso la riscoperta e la valorizzazione di valori comuni come quelli derivanti dalla cultura dell’olivo e dalla sua “civiltà”: l’integrazione culturale con radici comuni come quella del Mediterraneo deve avvenire mediante un coinvolgimento diretto delle popolazioni, che attraverso la riscoperta delle proprie radici culturali possono così comprendere di avere un patrimonio che hanno condiviso sin dall’antichità e che ha visto da sempre uno stretto legame tra popoli diversi. Questo modo di interpretare le comuni radici storiche e culturali permette inoltre di stimolare quella cultura della tolleranza e della pace, di cui non a caso l’olivo è il simbolo ideale.

Colli e olivi

Giornate mediterranee dell’olio di oliva Le Giornate mediterranee dell’olio di oliva di Jesi sono state il primo grande appuntamento politico realizzato sotto l’egida della FEMO, che ha voluto con forza la partecipazione anche di tutti i Paesi del bacino mediterraneo (siano essi aderenti o meno alla Federazione). La prima edizione è stata quella del 2001, che ha visto la realizzazione di un importante convegno internazionale con un significativo valore politico, per la rappresentatività dei relatori e la qualità di interventi e relazioni, a partire da quello del direttore esecutivo del COI, Comitato Oleicolo Internazionale, il massimo organismo mondiale che si occupa di olio di oliva. Dopo la prima edizione del 2001, le Giornate mediterranee dell’olio di oliva si sono svolte a cadenza biennale, sempre a Jesi, nel 2002, 2004 e 2006. A fronte delle numerose sfide lanciate al mondo dell’olio d’oliva dalle contingenze storiche ed economiche e dallo sviluppo delle politiche comunitarie, l’esigenza di creare un’occasione di confronto sulle problematiche del settore olivicolo è diventata infatti sempre più pressante per gli Stati mediterranei, storici produttori di olio extravergine d’oliva. L’appuntamento delle Giornate mediterranee ha infatti sempre dimostrato la sua efficacia sia come momento di riflessione e di

Gli oliveti che circondano Alghero

Olivi a Bevagna

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olio nel Mediterraneo scambio di opinioni ed esperienze sia come occasione per costruire una comune consapevolezza delle necessità del settore e della priorità di una conversione verso la qualità. È infatti la qualità il fondamentale valore da perseguire per superare la sfida di salvaguardare l’olivicoltura mediterranea, e con essa l’economia e la cultura dei Paesi produttori, in seno a un’Europa che ha visto il suo baricentro spostarsi sempre più a est. Stiamo vivendo un periodo in cui il settore dell’olio d’oliva sta attraversando un momento particolare della sua ultramillenaria storia, un momento ricco di soddisfazioni ma non senza difficoltà, in cui il prodotto è sempre più apprezzato dai consumatori e continua a ricevere autorevoli attestati anche per le sue proprietà nutrizionali e salutistiche. Proprio questi trend positivi del consumo e della produzione sono la causa e la conseguenza dell’ingresso in scena di nuovi produttori, attratti anche dal prezzo che attualmente sta vivendo una fase di forte rialzo. La globalizzazione, dunque, anche qui ha prodotto i suoi effetti. È quindi necessario difendere la produzione di qualità dalla mera logica del profitto. I Paesi a lunga tradizione oleicola – in pratica tutti quelli del bacino del Mediterraneo – devono rispondere a questa sfida. Più avanza la globalizzazione, più è indispensabile valorizzare le radici: da quelle delle singole zone e dei singoli Pae­ si a quelle comuni e antichissime del Mediterraneo. Tutto ciò significa assicurare il rispetto delle caratteristiche di un prodotto che deriva il suo sapore e le sue inimitabili virtù organolettiche dal suolo, dal sole e dal clima della conca del Mediterraneo e da una tradizione culturale e produttiva che si è affinata nel corso di secoli e millenni.

Raccolta delle olive

Foto R. Angelini

Oliveti in Almeria, Spagna

Foto R. Angelini

Olivi nella terra di Bari

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l’ulivo e l’olio

mondo e mercato Italia delle DOP Ranieri Filo della Torre

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Italia delle DOP Italia: il Paese delle DOP dell’olio di oliva La millenaria presenza dell’olivo in Italia ha determinato, nel tempo, la diffusione multiforme di una grande biodiversità del patrimonio olivicolo. Da questo punto di vista l’Italia rappresenta un unicum nel panorama olivicolo mondiale con la presenza di oltre 350 diverse varietà di olivi in coltivazione che si sono perfettamente ambientate nei diversi microclimi che contraddistinguono la penisola italiana. Per esempio in Spagna, maggior Paese produttore a livello mondiale, le varietà di olivo in coltivazione sono solamente sedici. La diversità e la gamma di possibili combinazioni di varietà di oli è dunque una prerogativa dell’oliveto Italia poiché ogni cultivar di olivo nell’ambito del proprio distretto produttivo esprime proprietà organolettiche e sensoriali diversificate divenendo, nel tempo, una componente essenziale della tradizione enogastronomica locale. Queste caratteristiche produttive hanno consentito all’Italia di richiedere il riconoscimento di 37 DOP e di una IGP, divenendo in questo modo il Paese più rappresentativo a livello comunitario e mondiale per numero di riconoscimenti delle proprie menzioni di origine. Le DOP e le IGP italiane si legano profondamente al territorio di appartenenza, estremamente diversificato, dai terrazzamenti della Liguria e della costiera amalfitana alle colline umbre e to-

Chiesa e olivo

Oliveto nella sottozona Colli Assisi-Spoleto

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Italia delle DOP scane, dagli olivi secolari calabresi a quelli saraceni della Puglia, dall’ogliastro sardo alle valli storiche siciliane e del Lazio, alle caratteristiche configurazioni geografiche del lago di Garda, dai monti del Friuli e del Veneto alle colline dell’Emilia-Romagna, dalle pendici montane dell’Abruzzo e del Molise ai verdeggianti campi marchigiani. Un territorio ricco di storia che offre al consumatore la possibilità di compiere un viaggio non solo nel gusto ma anche nel ricchissimo patrimonio storico, paesaggistico e artigianale che contraddistingue l’Italia. Le vie dell’olio, sempre più diffuse nelle aree DOP e IGP, offrono una concreta opportunità al consumatore di compiere un viaggio unico e irripetibile. Diceva De Gaulle che è impossibile governare un Paese dove esistono più di duecento tipi di formaggi. Forse per tale motivo l’Italia è ancor di meno governabile della Francia: perché esistono circa 400 varietà (cultivar) di olive. A parte le battute è questa la grande unicità dell’olio italiano: le innumerevoli varietà che danno i mille profumi di cui è ricco l’oro verde italiano. Sono queste differenze che appunto giustificano le ben 37 DOP e una IGP del territorio del Bel Paese e che rendono la qualità dell’olio italiano, al di là del campanilismo patriottico, irraggiungibile da qualsiasi altro Paese grande produttore. Proviamo ora a descrivere queste differenze riconducibili alle singole varietà che poi si mescolano tra di loro per dare origine alla complessità, alla piacevolezza e alla consistenza dei vari oli regionali rappresentati al meglio dalle 38 DOP e IGP.

Profumi della qualità

• L’analisi sensoriale è la sintesi ideale tra il piacere della conoscenza e la conoscenza del piacere

Macine in lavorazione

Panoramica delle valli trapanesi

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mondo e mercato Caratteristiche delle olive utilizzate nelle DOP e IGP italiane Foto R. Angelini

Veneto Casaliva. Fruttato medio, di tipo verde, con sentori di mandorla e frutti di bosco. Al gusto sensazione prevalente di dolce, con leggere note di amaro e piccante; retrogusto mandorlato. Colore giallo con riflessi verdi, fluidità media. Trentino-Alto Adige Favarol. Fruttato medio-intenso, con sentori vegetali ed erbe fresche falciate. Amaro e piccante decisi ed equilibrati. Colore verde-giallo, fluidità media. Friuli Venezia Giulia Bianchera. Fruttato leggero-medio, con note di mela bianca e sentori di altra frutta. Al gusto è delicato e fine con note armoniche di mandorla dolce, sentori di amaro e piccante contenuti. Colore giallo dorato, fluidità media.

Oliveti sui monti Lessini Foto R. Angelini

Liguria Taggiasca. Fruttato medio-leggero, di tipo verde, con sentore di foglia. Al gusto prevalentemente dolce, con leggere note di piccante e amaro. Colore prevalentemente giallo, fluidità media. Emilia-Romagna Nostrana di Brisighella. Fruttato medio-intenso, si presenta con ricche note vegetali e floreali, con sentori specifici di erba aromatica e menta. Note di amaro e piccante decise ed equilibrate. Colore verde intenso con nuances gialle dorate, fluidità media.

Borghi e olivi in Valle Impero, Liguria Foto R. Angelini

Toscana Frantoio. Fruttato intenso di tipo verde (erba/foglia), con evidente sentore di mandorla, leggeri di carciofo ed erbe aromatiche. Al gusto inizialmente dolce, con decise note di amaro e piccante; retrogusto di mandorla. Colore verde con riflessi gialli, fluidità elevata. Raggiolo. Fruttato medio, di tipo erbaceo, con sentori di mandorla e carciofo. Al gusto inizialmente dolce, con note di piccante e amaro di media intensità; retrogusto di mandorla e carciofo. Colore verde-giallo, fluidità media.

Vite e olivi intorno a Siena, famosa nel mondo per il suo vino

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Italia delle DOP Umbria Moraiolo. Fruttato medio, di tipo verde, con sentori di mandorla e carciofo. Al gusto sensazione iniziale di dolce con note di amaro intenso e piccante medio; retrogusto erbaceo e di carciofo. Colore verde con riflessi gialli, fluidità media.

Foto R. Angelini

San Felice. Fruttato medio, di tipo erbaceo, con sentori di mandorla e leggero carciofo. Al gusto sensazione iniziale di dolce, con note di amaro intenso e piccante medio; retrogusto di mandorla. Colore verde con riflessi gialli, fluidità media. Dolce Agogia. Fruttato medio, tendenzialmente maturo, lievemente mandorlato. Al gusto sensazione prevalente di dolce con leggere note di amaro e piccante, retrogusto mandorlato. Colore giallo con riflessi verdi, fluidità medio-bassa.

Olivi degli Etruschi nel podere La Coltrina a Magliano in Toscana

Foto R. Angelini

Marche Ascolana tenera. Fruttato medio-intenso, di tipo verde (erba/ foglia), con sentori di carciofo, pomodoro ed erbe aromatiche. Al gusto sensazione iniziale di dolce, con note di piccante e amaro di media intensità; retrogusto di carciofo e pomodoro. Colore giallo con lievi riflessi verdi. Fluidità media. Rosciolo. Fruttato medio, di tipo erbaceo, con sentori di mandorla e carciofo. Equilibrato nelle sensazioni gustative, con note di piccante e amaro di intensità medio-leggera; retrogusto mandorlato. Colore giallo con riflessi verdi, fluidità media.

Oliveti nei verdeggianti campi marchigiani a Cingoli

Foto P. Proietti

Lazio Itrana. Fruttato intenso, decisamente erbaceo, con sentori di carciofo, pomodoro e mandorla. Equilibrato nelle sensazioni gustative, con note di piccante e amaro di media intensità; retrogusto di erba, carciofo e pomodoro. Colore prevalentemente verde, fluidità elevata. Caninese. Fruttato medio-leggero, di tipo verde, con sentore prevalente di mandorla e leggero carciofo. Al gusto prevalentemente dolce con leggere note di piccante e amaro. Colore verde con riflessi gialli, fluidità media.

Pecore al pascolo in un oliveto in Umbria

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mondo e mercato Abruzzo Dritta. Fruttato medio-leggero, tendenzialmente verde, con sentore di mandorla. Al gusto prevalentemente dolce, con leggere note di piccante e amaro; retrogusto mandorlato. Colore verde con riflessi gialli, fluidità media.

Foto R. Angelini

Gentile di Chieti. Fruttato medio, di tipo erbaceo, con sentori di carciofo e mandorla. Equilibrato nelle sensazioni gustative, con note di piccante e amaro di media intensità; retrogusto mandorlato. Colore giallo con riflessi verdi, fluidità media. Molise Gentile di Larino. Fruttato medio, di tipo verde, con sentori di mandorla, carciofo e pomodoro. Equilibrato nelle sensazioni gustative, con note di piccante e amaro di media intensità; retrogusto di mandorla e carciofo. Colore giallo con riflessi verdi, fluidità media.

Gli olivi arricchiscono la flora dell’isola di Capri Foto R. Angelini

Campania Ravece. Fruttato medio, tendenzialmente erbaceo, con sentore prevalente di pomodoro. Al gusto inizialmente dolce, con leggera nota di piccante e amaro di media intensità; retrogusto di pomodoro, mela e carciofo. Colore giallo con riflessi verdi, fluidità elevata. Rotondella. Fruttato medio, di tipo verde, con sentori di carciofo e mandorla. Al gusto inizialmente dolce, con note di amaro e piccante di media intensità; retrogusto di mandorla e cicoria. Colore verde con riflessi gialli, fluidità medio-elevata.

Olivo secolare nel Brindisino Foto G. Romagnuolo

Ortice. Ricche note di fruttato con richiami di erbe e pomodoro verde. Amaro e piccante decisi ed eleganti. Colore giallo dorato intenso, fluidità media. Basilicata Ogliarola del Vulture. Fruttato medio, tendenzialmente erbaceo, con sentori di mandorla e carciofo. Al gusto, inizialmente dolce, con amaro leggero e piccante medio; retrogusto mandorlato. Colore verde con riflessi gialli, fluidità media. Olivo secolare nel Salento

Maiatica di Ferrandina. Fruttato medio-intenso, tendenzialmente erbaceo, con sentori di pomodoro, carciofo e mandorla. 720


Italia delle DOP Equilibrato nelle sensazioni gustative, con note di amaro e piccante di media intensità; retrogusto erbaceo e di carciofo. Colore prevalentemente verde, fluidità media.

Foto R. Angelini

Puglia Coratina. Fruttato medio, di tipo verde, con evidente sentore di mandorla e leggero sapore di pomodoro, carciofo ed erbe aromatiche. Al gusto sensazione iniziale di dolce, con note di amaro e piccante di intensità medio-elevata. Colore verde con riflessi gialli, fluidità media. Peranzana. Fruttato medio, di tipo erbaceo, con sentore prevalente di pomodoro. Al gusto nota dolce prevalente, con amaro e piccante di media intensità; retrogusto di erba e carciofo. Colore verde con riflessi gialli, fluidità elevata.

Leoni nello zoosafari di Selva di Fasano (BR) tra olivi secolari Foto R. Angelini

Ogliarola salentina. Fruttato medio, di tipo erbaceo, con lievi sentori di mandorla e carciofo. Al gusto nota iniziale di dolce, con amaro e piccante di media intensità; retrogusto di carciofo. Colore verde con riflessi gialli, fluidità media. Calabria Carolea. Fruttato medio, di tipo erbaceo, con sentori di carciofo ed erbe aromatiche. Al gusto inizialmente dolce, con note di amaro e piccante di intensità medio-elevata; retrogusto di carciofo ed erbe aromatiche. Colore giallo con riflessi verdi, fluidità media. Tonda di Strongoli. Fruttato medio di tipo verde, con sentori di mandorla, carciofo e pomodoro. Al gusto sensazione prevalente di dolce, con leggere note di piccante e amaro; retrogusto di cardo/carciofo. Colore verde con riflessi gialli, fluidità media.

Oliveti nella Valle del Belice, Sicilia Foto R. Angelini

Dolce di Rossano. Fruttato medio leggero con sentori erbacei e di mandorla dolce. Al gusto sensazione prevalente di dolce, con leggere note di piccante e amaro. Colore giallo con riflessi verdi, fluidità medio-elevata. Sicilia Nocellara del Belice. Fruttato intenso, tendenzialmente erbaceo, con sentori di pomodoro, mandorla e carciofo. Equilibrato nelle sensazioni gustative, con note di piccante e amaro di media intensità; retrogusto erbaceo e di pomodoro. Colore giallo con riflessi verdi, fluidità medio-elevata.

Moderni oliveti sulle coste del Mediterraneo, Sicilia

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mondo e mercato Biancolilla. Fruttato medio di tipo verde, con sentori di carciofo, erbe aromatiche, pomodoro e mandorla. Equilibrato nelle sensazioni gustative, con note di amaro e piccante di media intensità; retrogusto di mandorla e cardo/carciofo. Colore giallo con riflessi verdi, fluidità medio-elevata.

Foto R. Angelini

Tonda Iblea. Fruttato intenso, con sentori di pomodoro di media maturità e decisi sentori di menta, salvia e basilico. Equilibrato nelle sensazioni gustative, con note di amaro e piccante di media intensità. Colore giallo dorato intenso con caldi toni verdi, fluidità medioelevata. Sardegna Bosana. Fruttato medio, erbaceo, con sentori di carciofo, mandorla e pomodoro. Al gusto sensazione iniziale di dolce, con decise note di piccante e soprattutto amaro; retrogusto di cardo. Colore giallo con riflessi verdi, fluidità media.

L’olivo è presente anche presso le grandi cantine come Petra a Suvereto (LI) Foto R. Angelini

Nera di Oliena. Fruttato medio, con sentore prevalente di carciofo. Equilibrato nelle sensazioni gustative, con gradevoli note di amaro e piccante; retrogusto di carciofo. Colore giallo con riflessi verdi, fluidità media. Tonda di Cagliari. Fruttato medio-intenso, con note di carciofo, erbe fresche di campo e sentori balsamici di menta. Amaro e piccante decisi, ma armonici. Colore giallo dorato, fluidità media.

Filari di olivi alternati a vite nell’azienda Il Poggione a Montalcino Castello di Sirmione: gli olivi ornano gli orti delle case vicine

Foto R. Angelini

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Italia delle DOP Oli extravergini DOP: ecco come abbinarli in cucina Denominazione

Cultivar

Caratteristiche al consumo

Accostamenti consigliati

PUGLIA Collina di Brindisi

Ogliarola

colore: dal verde al giallo odore: di fruttato medio sapore: fruttato con leggera percezione di amaro e di piccante

Carpaccio di pesce persico, legumi al vapore, zuppe bianche di pesce di scoglio, molluschi gratinati, pesci in umido, carni bianche arrosto

ABRUZZO Colline Teatine

Gentile di Chieti

colore: dal verde al giallo odore: fruttato da tenue a intenso sapore: fruttato

Antipasti di mare, verdure grigliate, insalate di funghi, primi piatti con molluschi, passati di verdure, fritture vegetali, pesci bianchi al vapore, carni rosse arrosto

CALABRIA Lametia

Carolea

colore: da verde a giallo paglierino odore: di fruttato sapore: delicato di fruttato

Molluschi gratinati, zuppe di legumi, crostacei in guazzetto, pesci nobili in umido

ABRUZZO Aprutino Pescarese

Dritta, Leccino e Toccolana

colore: da verde al giallo odore: di fruttato medio-alto sapore: di fruttato

Antipasti di mare, zuppe di verdure, primi piatti bianchi con molluschi, legumi al vapore, pesci arrosto, carni arrosto

PUGLIA Terra di Bari

Coratina, Cima di Bitonto, Cima di Mola

colore: verde con riflessi gialli odore: di fruttato intenso sapore: fruttato con sensazione media di amaro e piccante

Insalate di verdure, zuppe di legumi, pesci arrosto, carni bianche

UMBRIA Umbria

Moraiolo, Leccino, Frantoio, Rajo, Dolce Agogia

colore: dal verde al giallo odore: fruttato forte sapore: fruttato con forte sensazione di amaro e piccante

Insalate di funghi porcini, zuppe di legumi, pesci arrosto, carni rosse ai ferri

VENETO Veneto Valpolicella, Veneto Colli Euganei e Berici Veneto del Grappa

Grignano, Favarol, Leccino, Rasara, Frantoio

colore: giallo con lieve tonalità di verde per gli oli freschi odore: di fruttato leggero sapore: fruttato con leggera sensazione di amaro e retrogusto muschiato

Antipasti di pesce, fritture vegetali, legumi al vapore, primi piatti bianchi con crostacei, pesci bolliti, carni bianche alla griglia o arrosto

LAZIO Canino

Caninese e cloni derivati, Leccino, Pendolino, Maurino e Frantoio

colore: verde smeraldo con riflessi dorati odore: di fruttato che ricorda il frutto sano, fresco, raccolto al punto ottimale di maturazione sapore: deciso con retrogusto amaro e piccante

Carpaccio di carne, zuppe di verdure, legumi bolliti, pesci di lago, carni alla griglia

CAMPANIA Colline Salernitane

Rotondella, Frantoio, Carpellese, Leccino

colore: dal verde al giallo paglierino più o meno intenso odore: di fruttato medio alto sapore: fruttato con media o debole sensazione di amaro e leggero sentore di piccante

Insalate di funghi, zuppe di legumi bianchi, pesci nobili alla brace

PUGLIA Dauno

Peranzana o Provenzale, Coratina, Ogliarola, Garganica, Rotondella

colore: dal verde al giallo odore: di fruttato medio con sensazione di frutta fresca e mandorlato dolce sapore: fruttato

Antipasti gustosi, marinate di pesce azzurro, molluschi gratinati, legumi bolliti, zuppe di funghi porcini, pesci in umido, carni rosse alla griglia

LOMBARDIA Laghi Lombardi

Leccino, Frantoio, Casaliva, Pendolino e Sbresa

colore: verde-giallo, odore: di fruttato medio-leggero sapore: fruttato con leggera sensazione di amaro e piccante

Antipasti di crostacei, molluschi gratinati, zuppe di funghi, primi piatti di verdure in bianco, secondi di pesce di lago, carni bianche, cacciagione di piccola taglia

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mondo e mercato Oli extravergini DOP: ecco come abbinarli in cucina CAMPANIA Penisola Sorrentina

Ogliarola o Minucciola

colore: dal verde al giallo paglierino più o meno intenso odore: di fruttato sapore: fruttato con media o debole sensazione di amaro e leggero sentore di piccante

Carpaccio di pesce crudo, insalate di mare, crostacei al vapore, primi piatti bianchi con molluschi, pesci arrosto, carni bianche grigliate

LAZIO Sabina

Carboncella, Leccino, Raja, Frantoio, Moraiolo, Olivastrone, Salviana, Olivago e Rosciola

colore: giallo oro con sfumature sul verde per gli oli freschissimi odore: di fruttato sapore: fruttato vellutato, uniforme, aromatico, dolce, amaro per gli oli freschissimi

Carpaccio di pesce, insalate di ovoli, legumi al vapore, crostacei in insalata, passati di verdure e pesci nobili arrosto

SICILIA Valli Trapanesi

Cerasuola e Nocellara

colore: verde con eventuali riflessi giallo oro odore: netto di oliva con eventuali toni erbacei sapore: di fruttato con sensazione leggera di piccante e di amaro

Antipasti di pesce crudo, insalate di verdure, pesci nobili al forno, carni rosse alla griglia

DOP e IGP dei prodotti agroalimentari nella Ue (754) Curiosità sugli oli DOP e IGP

• I primi oli DOP sono stati riconosciuti nel 1996. L’ultimo nel 2007 (DOP Sardegna)

9,9%

20,6%

8,9%

• L’olio DOP Garda abbraccia 3 regioni:

Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige

21,4%

11,3%

e Molise l’intero territorio ha ottenuto i riconoscimenti europei per la produzione di olio d’oliva

Italia Spagna

13,8%

• Per le regioni Liguria, Umbria, Toscana

Francia

Grecia Portogallo

14,1%

Germania Altri Paesi

• La regione con più DOP è la Sicilia: 6 riconoscimenti

Fonte: Nomisma

DOP e IGP dell’olio di oliva nella Ue

Differenza fondamentale tra DOP e IGP

• Nel caso della Denominazione

di Origine Protetta tutte le fasi del processo produttivo (produzione e raccolta dell’olive, trasformazione in olio e confezionamento) devono avvenire nel medesimo territorio delimitato dalla DOP, nel caso dell’IGP basta che solo una di queste fasi avvenga nel territorio interessato

7

19 1 6

Francia 26

Grecia Italia

38

Portogallo Slovenia Spagna

724


Italia delle DOP Totale prodotti DOP e IGP Italia (161) Turismo e strade dell’olio 7%

17%

32%

20% 24%

• Friuli Venezia Giulia

Carni preparate

Strada dell’olio d’oliva d’Istria

• Liguria

Formaggi

Strada dell’olio dell’entroterra imperiese Strada del vino e dell’olio dalle Alpi al Mare Strada dell’olio Terra di Taggiasca

Oli extravergini d’oliva Ortofrutta e cereali Altri prodotti

• Emilia-Romagna

Strada dell’olio e del vino della provincia di Rimini

Fonte: Nomisma

• Toscana

Strada dell’olio di Lucca Strada dell’olio dei Monti Pisani

DOP e IGP: un mondo di garanzie per il consumatore La normativa sulle DOP e le IGP è rigidamente disciplinata a livello comunitario e nazionale e ha formato in più occasioni oggetto di trattativa anche negli accordi del WTO (Organizzazione mondiale del commercio) per favorire il riconoscimento e la protezione reciproca a livello internazionale, garantendo quindi la tutela giuridica dei diversi prodotti riconosciuti. Per denominazione di origine si intende il nome di una regione o di un luogo determinato di un Paese che serve a designare e a contraddistinguere un prodotto agricolo, come l’olio: – che sia espressamente originario di tale area produttiva;

• Umbria

Strada dell’olio DOP Umbria

• Lazio

Strada dell’olio della Sabina Strada dell’olio e del vino della Tuscia Strada dell’olio di Canino

• Puglia

Strada dell’olio di Castel Del Monte (Andria) Strada dell’olio Terra degli Ulivi DOP Cima di Bitonto Strada dell’olio Collina di Brindisi Strada dell’olio Terra D’Otranto Strada dell’olio DOP Dauno

• Basilicata

La via dell’olio della Basilicata

Per saperne di più sulla normativa

• Reg. CEE n. 2081/92 • Reg. CE n. 510/06 • Reg. CE n. 5898/06 • Circolare MIPAAF 28 giugno 2000/04 • Decreto MIPAAF 215/07 Olive Moraiolo

725


mondo e mercato

Oli DOP e IGP riconosciuti L’Italia vanta il primato europeo delle DOP nell’ambito dell’olio extravergine di oliva. Sono infatti 37 le DOP riconosciute e 1 IGP:

• Abruzzo

Aprutino Pescarese (prov. di Pescara) Colline Teatine (prov. di Chieti) Pretuziano delle Colline Teramane (prov. di Teramo)

• Calabria

Alto Crotonese (prov. di Crotone) Bruzio (prov. di Cosenza) Lametia (prov. di Catanzaro)

Terra d’Otranto

• Campania

– la cui qualità o le cui caratteristiche organolettiche siano dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico inclusi i fattori naturali e umani; – la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata. Per denominazione geografica si intende si intende il nome di una regione o di un luogo determinato di un Paese che serve a designare e a contraddistinguere un prodotto agricolo, come l’olio: – che sia espressamente originario di tale area produttiva; – del quale una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche possano essere attribuite a tale origine geografica; – la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengano nella zona geografica delimitata. La procedura di riconoscimento è piuttosto complessa e si basa sulla predisposizione di un preciso disciplinare di produzione che definisce tutte le caratteristiche di qualità del prodotto, la metodologia di produzione, trasformazione e confezionamento. Soprattutto in tema di qualità dunque i prodotti DOP e IGP devono rispondere a parametri restrittivi di quelli di un olio extravergine convenzionale. I disciplinari rappresentano un’indispensabile linea guida per tutti gli operatori del territorio (produttori, frantoiani e confezionatori) interessati poiché definiscono i diversi comportamenti produttivi e le condizioni da rispettare: per esempio sono indicate le cultivar che caratterizzano la menzione geografica, le modalità di coltivazione, il periodo di raccolta, il tempo minimo per la consegna delle olive al frantoio per la molitura, le condizioni di trasformazione a temperature inferiori ai 27 °C e le modalità di confezionamento, che prevedono il divieto di commercializzare oli DOP in contenitori superiori ai 5 litri.

Cilento (prov. di Salerno) Colline Salernitane (prov. di Salerno) Penisola Sorrentina (prov. di Napoli)

• Emilia-Romagna

Brisighella (prov. di Forlì-Cesena e Ravenna) Colline di Romagna (prov. di Rimini e Forlì-Cesena)

• Friuli Venezia Giulia

Tergeste (prov. di Trieste)

• Lazio

Canino (prov. di Viterbo) Sabina (prov. di Roma e Rieti) Tuscia (prov. di Viterbo)

• Liguria

Riviera Ligure (intero territorio della regione)

• Lombardia

Garda (prov. di Brescia e Mantova) Laghi Lombardi (prov. di Brescia, Bergamo, Como e Lecco)

• Marche

Cartoceto (prov. di Pesaro-Urbino)

726


Italia delle DOP Il disciplinare deve inoltre far comprendere l’unicità che contraddistingue il prodotto e che deriva espressamente dalle influenze delle condizioni produttive e del territorio nel quale è realizzato. Insieme al disciplinare deve essere presentata una relazione storica: DOP significa infatti un legame con il territorio che dura nel tempo. La normativa, rivolta a tutti i prodotti, stabilisce un periodo minimo di 25 anni. Nel caso dell’olivicoltura tutte le DOP hanno accreditato una consuetudine di presenza e consumi di alcuni secoli. In alcuni casi sono stati presentati anche documenti di vendita e consumo di olio di epoca medievale. La domanda di registrazione di una DOP o di una IGP viene presentata esclusivamente da un’Associazione composta da rappresentanti della filiera prima alla propria regione di appartenenza. Completa quindi l’istruttoria presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e viene successivamente da questi trasmessa all’Unione europea che ha la responsabilità ultima del riconoscimento della menzione di origine. Ogni DOP e IGP riconosciuta viene garantita al consumatore dai controlli effettuati da un Ente terzo che certifica la corrispondenza del prodotto stesso ai requisiti previsti nel disciplinare di produzione. Per poter svolgere la propria attività l’Ente di certificazione deve essere accreditato presso il Ministero e deve svolgere annualmente un proprio piano dei controlli i cui esiti sono comunicati al Ministero stesso. I prodotti che concludono positivamente l’istruttoria della registrazione vengono iscritti in un apposito elenco europeo e possono godere di tutti i meccanismi di protezione contro gli usi difformi e le contraffazioni.

Oli DOP e IGP riconosciuti

• Molise

Molise (intero territorio della regione)

• Puglia

Collina di Brindisi (prov. di Brindisi) Dauno (prov. di Foggia) Terra di Bari (prov. di Bari) Terra d’Otranto (prov. di Brindisi, Lecce e Taranto) Terre Tarentine (prov. di Taranto)

• Sardegna

Sardegna (intero territorio della regione)

• Sicilia

Monte Etna (prov. di Catania, Enna e Messina) Monti Iblei (prov. di Siracusa, Ragusa e Catania) Val di Mazara (prov. di Palermo e Agrigento) Valdemone (prov. di Messina) Valle del Belice (prov. di Trapani) Valli Trapanesi (prov. di Trapani)

• Toscana

IGP Toscano (intero territorio della regione) Chianti Classico (prov. di Firenze e Siena) Lucca (prov. di Lucca) Terre di Siena (prov. di Siena)

• Trentino-Alto Adige

Garda (prov. di Trento)

• Umbria

Umbria (intero territorio della regione)

• Veneto

Garda (prov. di Verona) Veneto Valpolicella, Veneto Euganei e Berici, Veneto del Grappa (prov. di Verona, Padova, Vicenza e Treviso)

Pianta di olivo secolare in Umbria

727


mondo e mercato I confezionatori di un prodotto che ha ottenuto il riconoscimento devono riprodurre sull’etichetta gli appositi simboli comunitari e le diciture previste indicando sempre l’organismo di certificazione e la campagna di produzione. Il consumatore pertanto può disporre, scegliendo un olio extravergine DOP o IGP, di un prodotto di qualità le cui caratteristiche organolettiche e sensoriali siano ben definite e costanti con un’assoluta garanzia sul luogo di origine del prodotto. Le caratteristiche organolettiche e sensoriali di un olio DOP o IGP vengono accertate attraverso un panel test ovvero attraverso un gruppo di assaggiatori, che deve essere accreditato da parte delle istituzioni pubbliche, che accerta la presenza delle sensazioni gradevoli previste nel disciplinare di produzione e l’assoluta assenza di difetti. L’esame del panel test è guidato da un Capo Panel in possesso di requisiti professionali richiesti a livello internazionale e iscritto nell’apposito albo professionale.

Contenuti del disciplinare DOP e IGP

• Nome del prodotto agricolo alimentare che comprende la denominazione di origine o l’indicazione geografica

• Descrizione del prodotto agricolo

o alimentare mediante indicazione delle materie prime, se del caso, e delle principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche o organolettiche

• Delimitazione della zona geografica ed elementi che comprovano che il prodotto agricolo o alimentare è originario della zona geografica delimitata

Protezione Le denominazioni registrate sono tutelate contro: a) qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto di una denominazione registrata per prodotti che non sono oggetto di registrazione, nella misura in cui questi ultimi siano comparabili ai prodotti registrati con questa denominazione o nella misura in cui l’uso di tale denominazione consenta di sfruttare la reputazione della denominazione protetta; b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto è indicata o se la denominazione protetta è una traduzione o è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione” o simili;

• Descrizione del metodo di ottenimento del prodotto agricolo o alimentare e, se del caso, i metodi locali, leali e costanti nonché gli elementi relativi all’eventuale condizionamento

• Elementi che giustificano il legame

fra la qualità o le caratteristiche del prodotto agricolo o alimentare e l’ambiente geografico oppure il legame fra una determinata qualità la reputazione o un’altra caratteristica del prodotto agricolo o alimentare e l’origine geografica

Foto R. Angelini

• Nome e l’indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare, e i relativi compiti specifici

• Qualsiasi regola specifica per l’etichettatura

• Eventuali requisiti da rispettare in virtù di disposizioni comunitarie o nazionali

Olivi lungo il viale di San Guido, di carducciana memoria, che parte dal Castello della Gherardesca nell’abitato di Bolgheri e, dopo circa 5 km, raggiunge la cappelletta di San Guido

728


Italia delle DOP c) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali dei prodotti usata sulla confezione o sull’imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi ai prodotti considerati nonché l’impiego, per il condizionamento, di recipienti che possono indurre in errore sull’origine; d) qualsiasi altra prassi che possa indurre il consumatore a una valutazione non corretta sulla vera origine dei prodotti.

Foto Agrilinea

Origine delle olive Con l’approvazione, nel febbraio 2009, del nuovo regolamento comunitario, che modifica le precedenti disposizioni contenute nel Regolamento Ue 1019, è resa obbligatoria l’indicazione in etichetta dell’origine delle olive come materia prima dell’olio. Questi nuovi provvedimenti, che saranno applicativi a partire da luglio 2009, congiuntamente ad altre disposizioni contenute nei Regolamenti comunitari 632/08 e 640/08, prevedono quanto segue.

Olivi e trulli Foto Agrilinea

Origine. È previsto l’obbligo dell’indicazione in etichetta dell’origine delle olive con 4 distinte diciture, ovvero: – “Made in…” se le olive sono prodotte e trasformate in un unico Paese; – “Made in Ue” se si tratta di olive provenienti-trasformate in più Paesi all’interno dell’Unione; – “Non Ue” se si tratta di olive o oli provenienti da Paesi terzi; – “Ue/non Ue” se si tratta di miscele di oli provenienti sia da Paesi all’interno sia all’esterno dell’Unione europea. Miscele di oli. È consentita la fabbricazione, circolazione e commercializzazione di miscele di oli di oliva con altri oli vegetali. Foto Agrilinea

Olivi secolari a Bisceglie

729


mondo e mercato Consumi di olio extravergine Foto R. Angelini

7,4%

7,1%

Extravergine base DOP e IGP

6,8%

100% italiano

62,9%

15,8%

Bio Fruttato

Mercato degli oli DOP e IGP: l’eccellenza del made in italy Negli ultimi anni si è profondamente modificato il comportamento dei consumatori degli oli di oliva. Innanzitutto si è esteso il mercato di consumo che dal tradizionale bacino del Mediterraneo si è progressivamente diffuso nel Nord America, in Australia e in Giappone e, più di recente, nel popoloso bacino asiatico (Cina, India e Corea), in Russia e in Sud America. I consumatori internazionali inoltre stanno compiendo una decisa scelta verso la qualità, tanto che le richieste di oli extravergini hanno ormai superato ampiamente la domanda di olio di oliva. Inoltre la stessa categoria dell’extravergine si è oggi segmentata verso l’alto con la presenza sempre più significativa di consumi di oli DOP e IGP, biologici, monovarietali e 100% made in italy. In questo panorama gli oli DOP e IGP rappresentano la punta di diamante del sistema e, se pure esprimono ancora una percentuale di consumo limitata (circa il 2,5% di consumo degli oli

Olivi davanti alla basilica di San Francesco, Assisi

Foto R. Angelini

Export dei prodotti DOP e IGP (destinazione per area mondiale, % valori 2006) 60%

Formaggi

75%

Carni preparate

61% 80%

Ortofrutta

20%

48%

Altri prodotti

52%

64%

Totale DOP e IGP 0%

20% Ue

Fonte: Nomisma

730

25%

39%

Olio extravergine di oliva

Olivi in Liguria

40%

40% Extra Ue

36% 60%

80%

100%


Italia delle DOP Segmentazione dei consumi all’origine e al gusto Delta prezzo rispetto al prezzo extra base

Extravergine

4,99

Extravergine di base

4,86

0,0%

Extravergine 100% italiano

4,89

0,6%

Extravergine DOP e IGP

9,01

85,4%

Extravergine fruttato

6,03

24,0%

Extravergine bio

5,57

14,5%

Fonte: elaborazione Unaprol su dati IRI Infoscan Appare sempre più evidente una netta differenziazione tra i prezzi delle diverse categorie, che riflettono l’efficacia e il valore delle differenti aree tematiche proposte. In tema di “origine” vanno segnalate due strategie completamente diverse, la prima legata alla sola origine <italiano> che ha fatto registrare i prezzi medio-bassi tra le nuove categorie e la seconda legata più saldamente all’origine e alla qualità <DOP> alla quale sono corrisposti prezzi medi doppi rispetto alla prima

Milioni di litri

Prezzo medio in volume (e/ litro)

16,00 14,00 12,00 10,00 8,00 6,00

Milioni di euro

Categorie segmento

306,00 256,00 206,00 156,00 106,00 56,00 6,00

2005 2006 2007 2008 2009 2010

2005 2006 2007 2008 2009 2010 Fonte: elaborazioni su dati Ismea

Trend e disponibilità di oli DOP/IGP per i prossimi anni. Sulla base dei dati ufficiali rilevati dalla rete Ismea, supponendo per i prossimi 5 anni una costanza dei tassi di crescita registrati dal 2000 al 2005, le proiezioni porterebbero i volumi a 15 milioni di litri nel 2010, con un giro di affari di oltre 250 milioni di euro

extravergini), riescono a ottenere un riconoscimento di prezzo nettamente superiore all’olio convenzionale. Il positivo interesse da parte dei consumatori sta spingendo i ristoratori, sia in Italia sia all’estero, a introdurre, accanto alla carta dei vini, anche una carta degli oli DOP. Contestualmente si stanno diffondendo, presso gli stessi ristoratori, dei carrelli contenenti gli oli DOP per consentire al consumatore di scegliere un olio anche in funzione delle diverse pietanze prescelte. Foto Agrilinea

Sul web

• www.unaprol.it • www.ismea.it • www.naturalmenteitaliano.it • http://ec.europa.eu/agriculture/ foodqual/quali1_it.htm

• www.qualivita.it • www.politicheagricole.gov.it7 Olivi a Bisceglie

731


l’ulivo e l’olio

mondo e mercato Olio nel mercato Gervasio Antonelli

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


mondo e mercato Olio nel mercato Foto R. Angelini

Nuovo scenario globale Il processo di crescente globalizzazione dei mercati che dagli anni ’90 caratterizza il settore dei prodotti agroalimentari ha riguardato anche il settore dell’olio di oliva, investito da un graduale, ma significativo, aumento della produzione a livello mondiale, dall’ingresso sul mercato di nuovi Paesi sia come produttori sia come consumatori e da un aumento del consumo dell’olio di oliva anche in Paesi diversi da quelli mediterranei, ove, come è noto, tradizionalmente si concentrano la produzione e il consumo. Alla base di questa tendenza vi è stato, oltre al forte aumento della domanda proveniente da mercati diversi da quelli tradizionali, il processo di progressiva liberalizzazione degli scambi; a spingere in questa direzione hanno contribuito, inoltre, l’aumento del reddito che c’è stato in questi ultimi due decenni nei Paesi sviluppati, ma anche in molti in via di sviluppo, i cambiamenti dei modelli di consumo alimentari a favore di prodotti di più alta qualità e salutistici e la maggiore diffusione a livello internazionale della dieta mediterranea, nella quale l’olio di oliva riveste una posizione di primaria importanza. Nella prima metà degli anni ’70 (media delle campagne 1970/711975/76), secondo i dati del COI (International Olive Oil Council, IOOC), la produzione mondiale di olio di oliva era pari a 1461 mila tonnellate, concentrata quasi interamente nei Paesi del bacino del Mediterraneo, Portogallo incluso. A livello di singoli Paesi, l’Italia, con 448.400 tonnellate, occupava il primo posto tra i produttori, seguita dalla Spagna, con 414.300 tonnellate, e dalla Grecia, con 183.300 tonnellate. A notevole distanza da questi tre Paesi leader

Oliveti in Abruzzo

Oliveti in Andalusia, Spagna

Foto R. Angelini

732


olio nel mercato si collocavano la Tunisia (128.200), la Turchia (103.800), il Portogallo (50.200) e il Marocco (33.000). La produzione realizzata in Paesi al di fuori della realtà geografica del Mediterraneo rappresentava appena l’1,3% dell’offerta mondiale (18.500 tonnellate). In quest’ultimo contesto assumeva un qualche rilievo solo l’Argentina, con 11.400 tonnellate (0,8% della produzione mondiale). Gli stessi Paesi produttori del bacino del Mediterraneo erano nel contempo anche i principali consumatori di olio di oliva, con oltre il 95% dei consumi mondiali. Da questo punto di vista, comunque, il bacino del Mediterraneo non rappresenta una realtà omogenea. Infatti, i consumi variano in modo considerevole da un Paese all’altro a seconda delle abitudini alimentari, della diversa disponibilità locale di olio di oliva nonché delle politiche dei prezzi messe in atto dai vari governi per quanto riguarda il prezzo interno e il rapporto fra il prezzo dell’olio di oliva e quello dei principali oli vegetali e di altri grassi alimentari succedanei. Tra i maggiori consumatori di olio di oliva vi sono Italia, Spagna e Grecia, con l’82,6% dei consumi mondiali, a fronte di una produzione pari al 71,6% dell’offerta mondiale. In particolare, l’Italia, con 549.000 tonnellate, si colloca al primo posto tra i Paesi consumatori di olio di oliva, seguita dalla Spagna, con 303.800 tonnellate, e dalla Grecia, con 165.700 tonnellate. In termini di consumo medio pro capite, la graduatoria vede al primo posto la Grecia (oltre 18 kg), seguita dall’Italia (quasi 10 kg), dalla Spagna (9 kg) e dal Portogallo (6,5 kg). Gli altri Paesi dell’area mediterranea, anche se produttori, presentano livelli di consumo decisamente più bassi, anche a causa delle politiche dei governi volte a favorire le esportazioni. Ciò vale, in particolare, per la Tunisia (6 kg pro capite), ma anche per il Marocco e per l’Algeria. Al di fuori dell’area del bacino del

Foto R. Angelini

Olivi intorno alla chiesa rinascimentale di San Biagio, di Antonio da Sangallo il Vecchio, costruita interamente in travertino, 1518-45, Montepulciano (Siena)

Olivicoltura specializzata nella regione di Castiglia-Leon, Spagna

Foto R. Angelini

733


mondo e mercato Mediterraneo il consumo, ancorché molto limitato, appare fortemente circoscritto agli Stati Uniti. In questo contesto, il mercato internazionale, sebbene limitato, assume un carattere spiccatamente regionale in quanto gli scambi sono circoscritti prevalentemente all’interno dell’area mediterranea. A metà degli anni ’70 (campagna olearia 1975-76), le esportazioni di olio di oliva (pari a 207,1 mila tonnellate) rappresentavano il 14% della produzione mondiale (1477,5 mila tonnellate). Tra i Paesi esportatori figuravano, al primo posto, la Spagna (39,3%), seguita dalla Tunisia (34,1%), dall’Italia (11,9%), dal Marocco (6%) e dalla Grecia (3,9%); a questi si aggiungevano la Turchia, il Portogallo e la Francia. Le importazioni erano anch’esse molto concentrate e riguardavano, in particolare, l’Italia (36,9%), seguita dagli Stati Uniti (14,8%), dalla Libia (12,2%) e dalla Francia (9,2%). Un quadro, questo, che è destinato a mutare sensibilmente a partire dagli anni ’90. Nel corso degli ultimi due decenni si è assistito, in primo luogo, a un progressivo incremento della produzione mondiale, aumento che ha visto una crescente partecipazione anche di Paesi non tradizionalmente produttori. In secondo luogo, vi è stato un forte aumento dei consumi anche in Paesi non tradizionalmente consumatori di olio di oliva. Queste tendenze hanno dato luogo a un’intensificazione degli scambi sul mercato internazionale, con

Foto R. Angelini

Oliveti e agrumeti nella Conca d’Oro (Palermo)

Produzione di olio di oliva dal 2001 (campagna 2001/02) al 2007 (campagna 2007/08) nei primi dieci Paesi produttori (migliaia di tonnellate) Paese

2001/02

2002/03

2003/04

2004/05

2005/06

2006/07*

2007/08*

Spagna

1411,6

861,1

1412

989,8

826,9

1108,7

Italia

656,7

634,1

685

879

636,5

Grecia

358,3

414

308

435

Tunisia

35

72

280

Siria

92

165

Turchia

65

Marocco

Media 2001/06 Quantità

%

1228,1

1101,7

39

603

500

682,4

24,2

424

370

360

384,9

13,6

130

220

170

180

151,2

5,4

110

175

100

154,4

100

132,7

4,7

140

79,5

145

112

165

160

117,8

4,2

60

45

100

50

75

75

85

67,5

2,4

Portogallo

33,7

28,9

31,2

41,2

28,1

48

36

35,5

1,3

Algeria

25,5

15

69,5

33,5

32

21,5

34

32,8

1,1

Giordania

14

28

25,5

29

22

37

21,5

25,8

0,9

Altri

73,7

92,5

74,3

105,5

96

106,9

115,9

91

3,2

Totale

2825,5

2495,5

3174

3013

2572,5

2859,5

2820,5

2823

100

* Dati stimati Fonte: COI (International Olive Oil Council), 2007

734


olio nel mercato una crescente internazionalizzazione del mercato di un prodotto che continua a essere fortemente legato, in termini di produzione, ai Paesi del bacino del Mediterraneo. Negli ultimi due decenni la produzione mondiale di olio di oliva, pur permanendo il carattere di forte variabilità annuale dovuta sia all’andamento meteorologico sia all’alternanza produttiva, evidenzia un trend di crescita molto accentuato. I dati COI (2007) sulla produzione mostrano che nel periodo compreso dal 2001/02 al 2006/07 la produzione media annua mondiale è stata pari a 2823 mila tonnellate, contro le 2356,4 del periodo 1995/96-1999/00 e le 1828,2 mila del periodo 1990/91-1994/95. Un livello di produzione, questo, che trova conferma anche nelle stime sulla produzione relativa agli anni 2006/07 e 2007/08. L’aumento della produzione ha riguardato, in particolare, i grandi Paesi tradizionalmente produttori, quali la Spagna, l’Italia e la Grecia, ma anche molti altri Paesi del Mediterraneo (Siria, Turchia, Marocco). Contemporaneamente, si è assistito a un aumento della produzione anche in molti Paesi non tradizionalmente produttori, quali l’Argentina, gli Stati Uniti, l’Australia, il Messico, la Nuova Zelanda, il Cile, il Sudafrica ecc. Questo aumento della produzione è attribuibile, prevalentemente, all’incremento delle rese produttive grazie agli enormi sforzi economici e tecnici messi in atto per la ristrutturazione e la modernizzazione degli impianti esistenti, ma anche allo sviluppo di nuovi impianti per la maggior parte a carattere intensivo. Infatti, secondo le stime del COI, le superfici olivicole sono in continua e rapida crescita e raggiungeranno, nel 2010, i 10 milioni di ettari, contro i 9,1 milioni del 2000. Tendenza, questa, che proseguirà anche dopo il 2010. Va considerato, tuttavia, che l’aumento della superficie investita a olivo non ha caratterizzato in uguale misura tutti i Pa-

Foto R. Angelini

Olivo davanti alle mura medievali di Magliano in Toscana (GR)

Olivicoltura in Almeria, Spagna

Foto R. Angelini

735


mondo e mercato esi produttori. In Italia, per esempio, questa è rimasta sostanzialmente invariata dagli inizi degli anni ’90 a oggi, oscillando da un minimo di 1.109.000 ettari nel 1996 (campagna 2006/07) a un massimo di 1.145.900 ettari nel 2006 (campagna 2006/07). Al contrario, in Spagna questa è passata da 1.945.000 ettari nel 1991 a 2.315.000 ettari nel 2000. Un altro fattore che ha svolto un ruolo importante in questa direzione è stato il sostegno accordato al settore olivicolo dei Paesi dell’Unione europea dalla politica agraria comunitaria. Nello stesso periodo si è registrato un consistente aumento dei consumi, che ha riguardato sia i Paesi tradizionalmente consumatori, sia numerosi Paesi non tradizionalmente consumatori. I dati riportati in tabella mostrano che dagli inizi degli anni ’90 a oggi, il consumo mondiale di olio di oliva è passato da 1881,4 mila tonnellate annue (media 1990/91-1994/95), a 2326,3 mila tonnellate annue nella seconda metà degli anni ’90 (media 1995/96-2000/01) e a 2781,3 mila tonnellate annue (media 2001/02-2006/07). In altri termini, nel corso dell’intero periodo considerato, il consumo mondiale di olio di oliva ha fatto registrare un aumento del 54,4%. I consumi sono aumentati in tutti i Paesi tradizionalmente consumatori dell’area mediterranea: Italia (+26,6%), Spagna (+45,4%), Francia (+253,1%), Grecia (+35,5%), Turchia (+4,5%), Algeria (+87,7%), Marocco

Foto R. Angelini

Oliveti intorno all’antica Corinto, Grecia

Consumi di olio di oliva dal 2001 (campagna 2001/02) al 2007 (campagna 2007/08) nei primi dieci Paesi più importanti (migliaia di tonnellate) Paese

2001/02

2002/03

2003/04

2004/05

2005/06

2006/07*

2007/08*

Italia

735

770

785

840

848,2

852,4

Spagna

631,2

591,3

613,9

615,7

477,8

Grecia

270

270

270

283,3

Stati Uniti

188,5

184

216,5

Siria

86

128,5

Francia

95,1

Portogallo

Media 2001/06 Quantità

%

810,5

805,1

28,9

570

625

583,3

21

265

284

284

273,7

9,8

215,5

223

251

251

213,2

7,7

150

135

79

110

80

114,8

4,1

97

94

97,1

99,5

100,5

104

97,2

3,5

61,5

64,9

67

74,5

71,6

75

66

69,1

2,5

Marocco

60

60

70

38

55

55

65

56,3

2

Turchia

55

50

46

60

50

70

73

55,2

2

Regno Unito

25,5

47

71,6

60,1

48,8

28,9

28,9

47

1,7

Altri

398,7

414,8

498,5

504,3

472,6

510,7

539,1

466,4

16,8

Totale

2606,5

2677,5

2882,5

2923,5

2690,5

2907,5

2926,5

2781,3

100

* Dati stimati Fonte: COI (International Olive Oil Council), 2007

736


olio nel mercato (+31,2%), Siria (+67,8%). Ancora più significativo (+81,8%) appare l’aumento fatto registrare dai Paesi tradizionalmente non consumatori, anche se con forti differenze tra un Paese e l’altro. In particolare, l’aumento è stato molto consistente negli Stati Uniti, dove i consumi sono passati da 88.000 tonnellate nel 1990/91 a 194.500 tonnellate nel 2000/01, a 223.000 tonnellate nel 2005/06 e a 251.000 tonnellate nel 2007/08. Questa crescita dei consumi qualifica gli Stati Uniti come il mercato più importante tra i Paesi non tradizionalmente consumatori e il quarto, per dimensione, a livello mondiale, dopo l’Italia, la Spagna e la Grecia. Una tendenza simile si riscontra in molti altri Paesi non tradizionalmente consumatori di olio di oliva dell’Unione europea, ma anche di altre parti del mondo. In particolare, tassi significativi di crescita si riscontrano in Germania (+359% tra la media del periodo 1990/91-1995/95 e la media del periodo 2001/02-2006/07), in Olanda (+517% nello stesso periodo) e nel Regno Unito (+376% nello stesso periodo); altrettanto significativi sono i tassi di crescita fatti registrare da Australia, Brasile, Canada, Giappone, Messico e Russia. Un indicatore delle dinamiche del consumo di olio di oliva è costituito dal cosiddetto tasso di penetrazione dell’olio di oliva nel consumo delle famiglie, misurato dalla percentuale di famiglie che consumano il prodotto. I dati qui riportati sono stati rilevati da AC Nielsen. Essi mostrano che negli Stati Uniti il tasso di penetrazione è passato dal 6,7% nel 1986 al 32,1% nel 2001. In Canada, i dati mostrano un aumento del tasso di penetrazione dal 33,4% nel 1997 al 38,5% nel 2000. In Francia si è passati dal 33,5% nel 1991 al 64,5% nel 2001. Infine, nel Regno Unito, dove vent’anni fa il consumo di olio di oliva era praticamente sconosciuto, si riscontra, nel 2000, un tasso di penetrazione pari al 40%.

Olivicoltura nell’azienda Morgenster a Capetown, Sudafrica

Foto R. Angelini

Olivi nella Valle del Belice (AG)

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Olivi sull’Alto Atlante, Marocco

737


mondo e mercato Va osservato che l’aumento nel livello dei consumi che si è verificato nel corso degli ultimi due decenni, anche se significativo, non ha modificato in modo sostanziale il rapporto tra i consumi pro capite dell’olio di oliva e degli altri oli vegetali che, in particolare nelle aree di consumo non tradizionali, si caratterizza per un forte squilibrio a favore di quest’ultimi. Infatti, come viene segnalato dall’Ismea (2004), il consumo pro capite a livello mondiale si attesta sui 400 g, con un peso del 4% sul totale degli oli vegetali, che, nel complesso, ammontano a circa 10 kg. Questo rapporto, comunque, varia notevolmente, a seconda che si tratti di Paesi tradizionalmente produttori, e quindi consumatori di olio di oliva, oppure di Paesi non tradizionalmente consumatori. Tra i primi si distinguono, in ordine d’importanza, la Grecia, l’Italia e la Spagna. In particolare, l’olio di oliva rappresenta i 2/3 circa del consumo totale di oli vegetali in Grecia e la metà del consumo totale in Italia e in Spagna. Il peso del consumo dell’olio di oliva sul consumo totale di grassi vegetali si riduce notevolmente quando si passa agli altri Paesi del bacino del Mediterraneo, anche se tradizionalmente produttori. Tra i Paesi non tradizionalmente produttori, l’Australia è al primo posto con un consumo pro capite di circa 1,4 kg, seguita, nell’ordine, da Francia, Svizzera e Canada. Gli Stati Uniti, che, come abbiamo visto, rappresentano il mercato al consumo più importante tra i Paesi non tradizionalmente produttori, hanno un consumo pro capite di olio di oliva intorno a 700 g; quantità, questa, che rappresenta circa il 2,6% dei consumi complessivi di oli vegetali. Va comunque osservato che il quadro generale del consumo riflette tendenze complesse e anche, per certi aspetti, diverse. Infatti, sui mercati dove il consumo ha origini più lontane nel tempo hanno influito soprattutto le forti correnti migratorie di popolazioni provenienti dai Paesi produttori, che

Foto R. Angelini

Antico doglio (contenitore dell’olio) ad Ansedonia (GR)

Oliveti alternati a vigneti in Valpolicella, nella zona esposta a mezzogiorno

Foto R. Angelini

738


olio nel mercato hanno portato con sé abitudini alimentari dei luoghi di origine; più recentemente, ad agire in questa direzione, sono soprattutto le considerazioni sulle qualità salutistiche del prodotto e il crescente interesse verso la dieta mediterranea a livello mondiale. Infine, un aspetto significativo che caratterizza la domanda è che sia sul mercato degli Stati Uniti sia su quello di altri Paesi non tradizionalmente consumatori, la crescita quantitativa si accompagna anche a una crescente attenzione verso la qualità del prodotto, focalizzandosi prevalentemente sui segmenti di qualità alta e di alto prezzo. Negli Stati Uniti, per esempio, nella campagna 2002/03, il dato delle importazioni indica un peso degli oli extravergini del 56%; una percentuale, questa, che indica un progressivo aumento della quota di mercato degli oli di più alta qualità. Ciò sta a indicare che i mercati dei Paesi non tradizionalmente consumatori presentano notevoli potenzialità ai fini di una maggiore valorizzazione sul mercato internazionale degli oli di più alta qualità; potenzialità che possono essere gradualmente trasformate in domanda reale attraverso appropriate strategie di marketing messe in atto da parte dei Paesi esportatori, in primo luogo dall’Italia, che è leader sui principali mercati d’importazione, quali quelli degli Stati Uniti, della Germania e del Giappone. Le dinamiche della produzione, che vedono una forte concentrazione geografica nei Paesi del bacino del Mediterraneo, e del consumo, che seguono, invece, dinamiche globali, hanno portato a un’intensificazione degli scambi internazionali e a una maggiore globalizzazione dei mercati. Queste dinamiche trovano conferma nei dati sulle esportazioni e sulle importazioni relativi ai singoli Paesi e all’Unione europea pubblicati dal COI. Va osservato che le statistiche del COI relative alle importazioni e alle esportazioni di olio di oliva non considerano, per quanto

Foto R. Angelini

Oliveti e vigneti a Bardolino, sul Garda

Olivi sulle colline toscane

Foto R. Angelini

739


mondo e mercato riguarda i Paesi dell’Unione europea, gli scambi intracomunitari. Pertanto, al netto di questi ultimi, le esportazioni rappresentano, in media, il 20,5% della produzione mondiale nel periodo tra il 2001/02 e il 2006/07, contro il 18,4% nel periodo tra il 1990/91 e il 1994/95. Questo rapporto sale al 23,8% se si considerano i dati (provvisori) sulle esportazioni e sulla produzione delle ultime due campagne olearie (2006/07 e 2007/08). Parallelamente, le importazioni hanno rappresentato, rispettivamente nei due periodi considerati, il 21,2% e il 19,6% della produzione mondiale e il 25,4% della stessa negli ultimi due anni. Il quadro generale degli scambi internazionali mostra un aumento dei flussi delle esportazioni e delle importazioni e il ruolo di assoluta leadership esercitato sul mercato mondiale da Paesi quali l’Italia, la Spagna e la Tunisia per le esportazioni e dagli Stati Uniti e dall’Italia per le importazioni. Sempre con riferimento alle importazioni, a questi ultimi Paesi si aggiungono, sebbene ancora in posizione di relativa distanza, la Spagna e numerosi altri non tradizionalmente produttori, quali l’Australia, il Brasile, il Canada e il Giappone. Nello scenario complessivo del commercio internazionale, senza considerare gli scambi interni all’Unione europea, l’Italia occupa il primo posto nella graduatoria dei Paesi esportatori (con 181.500 tonnellate annue in media nel periodo tra il 2001/02 e il 2006/07,

Foto R. Angelini

Oliveti allevati a monocono in Sudafrica

Esportazioni mondiali di olio di oliva per Paese dal 2001 (campagna 2001/02) al 2007 (campagna 2007/08) (migliaia di tonnellate) Paese

2001/02

2002/03

2003/04

2004/05

2005/06

2006/07*

2007/08*

Ue** di cui: – Italia – Spagna – Portogallo – Grecia

324,5 182,9 112,5 16,2 10

315,5 176,1 107 13,1 15

324,5 181,5 114,2 15,9 10

330,5 191,5 110,9 16,6 10

310,5 181,7 99 16,7 10

332 184 110 24,8 10

Tunisia

22

40

209

98

115,5

Turchia

28

74

46

93,5

Siria

5,5

30,5

28

Marocco

0,5

3

Argentina

5

Stati Uniti

Media 2001/06 Quantità

%

336 180 120 22 10

322,6 181,5 106,6 17,2 10,7

53,8 30,3 17,8 2,9 1,8

185

140

111,6

18,6

73

75

89

64,9

10,8

36

35

40

20

29,2

4,9

20,5

31

21

15

15

15,2

2,5

5,5

5,5

12,5

16

14,5

12

9,8

1,6

5

9,5

9

12

10

10

10

9,3

1,6

Altri

4

5

15

20

22,5

34

23,5

37

6,2

Totale

394,5

483

657,5

633,5

603,5

705,5

645,5

599,6

100

* Dati stimati ** Escluse le esportazioni intracomunitarie Fonte: COI (International Olive Oil Council), 2007

740


olio nel mercato pari al 30,3% del totale), seguita dalla Tunisia (111.600 tonnellate, pari al 18,6%), dalla Spagna (106.600 tonnellate, pari al 17,8% del totale) e, a grande distanza, dalla Turchia (64.900 tonnellate, pari all’10,8% del totale) e dalla Siria (29.000 tonnellate, pari al 4,9% del totale). Tuttavia, se si considerano anche le esportazioni dirette ai Paesi dell’Unione europea, è la Spagna il principale esportatore, con una quota pari al 45% del volume di olio commercializzato nel mondo, mentre l’Italia passa al secondo posto, con il 26% dello stesso. Tra i due maggiori produttori di olio di oliva esistono anche altre importanti differenze che riguardano, in particolare, il posizionamento del rispettivo prodotto sul mercato internazionale. La Spagna esporta prevalentemente olio sfuso, mentre la maggior parte del prodotto esportato dall’Italia è costituito da oli di oliva vergini ed extravergini confezionati. Nello scenario complessivo delle dinamiche commerciali del Mediterraneo va, comunque, segnalata una crescita delle esportazioni di olio di oliva di maggiore qualità da parte della Tunisia e del Marocco, tradizionalmente esportatori di oli raffinati. Sul fronte delle importazioni troviamo, in primo luogo, con oltre 220.000 tonnellate (36,9% del totale), gli Stati Uniti, seguiti dall’Italia, che sul mercato dei Paesi terzi importa 121.111 tonnellate (20,2% delle importazioni totali). Considerando, comunque, anche i volumi di importazioni dalla Spagna e dagli altri Pae­si dell’Unione europea, l’Italia si conferma il primo importatore del mondo, con oltre 327 mila tonnellate (2006). Le importazioni italiane sono costituite in massima parte da olio sfuso e rappresentano il 41% della disponibilità nazionale di olio. Circa la provenienza, la Spagna rappresenta il principale fornitore, mentre al secondo posto si colloca la Tunisia, le cui esportazioni rappresentano circa un quarto delle importazioni italiane, confer-

Foto R. Angelini

Olivi e vigneti a Santa Margherita Belice (AG) Foto R. Angelini

Agrumi e olivi in Almeria, Spagna Oliveti intorno all’azienda di Petra, Suvereto (LI)

Foto R. Angelini

741


mondo e mercato mando così la crescente importanza dei Paesi extracomunitari. Le importazioni hanno raggiunto dimensioni importanti anche in molti altri Paesi che, insieme agli Stati Uniti, costituiscono i mercati non tradizionali. Tra questi vale la pena segnalare il Giappone (con 31.200 tonnellate, pari al 5,2% del totale), l’Australia (30.300 tonnellate, pari al 5,1% del totale), il Canada (27.900 tonnellate, pari al 4,7% del totale) e il Brasile (25.400 tonnellate, pari al 4,2% del totale). Questo quadro riflette le dinamiche che hanno caratterizzato il commercio mondiale dell’olio di oliva nel corso degli ultimi due decenni. In particolare, dai primi anni ’90 (media 1990/91-1994/95) ai primi anni 2000 (media 2001/02-2006/07), i dati del COI evidenziano, salvo poche eccezioni, che tutti i maggiori Paesi tradizionalmente produttori di olio di oliva hanno fatto registrare un considerevole aumento del volume delle loro esportazioni. In particolare, ciò ha riguardato l’Italia (+98,1%), la Spagna (+83,4%) e il Portogallo (+102,3%), ma anche Paesi come la Siria (+378,7%)

Foto R. Angelini

Olivi nella Valle del Chianti

Importazioni mondiali di olio di oliva per Paese dal 2001 (campagna 2001/02) al 2007 (campagna 2007/08) (migliaia di tonnellate) Paese

2001/02

2002/03

2003/04

2004/05

2005/06

2006/07*

2007/08*

Stati Uniti

193

191,5

226

221

232

269

Ue** di cui: – Italia – Spagna – Portogallo – Germania

42,5 40,7 1,6 0 0

93,5 74,3 18,2 0,2 0,1

231,5 180,2 49,4 1,4 0,1

186 144 39,2 1,8 0,3

189 135,6 48 3,2 0,2

Australia

26,5

31,5

31

28,5

Canada

24

25

26

Giappone

31,5

30,5

Brasile

22,5

Svizzera

Media 2001/06 Quantità

%

260

220,6

36,9

230 151,8 71 3,6 0,2

219 165,5 45 5,6 0,2

162,1 121,1 37,9 1,7 0,1

27,1 20,2 6,3 0,3 0

29

35

35

30,3

5,1

32

30

30,5

30,5

27,9

4,7

32

32

30

31

31,5

31,2

5,2

21

23,5

26,5

26

33

34

25,4

4,2

9

10

11

11

11,5

12,5

12

10,8

1,8

Israele

10,5

6

10,5

7,5

13,5

8

12

9,3

1,6

Messico

6

0

10

10

9,5

10

10,5

9,3

1,6

Russia

4

6

7

9

9,5

9,5

9

7,4

1,2

Arabia Saudita

5

7

7,5

5,5

4,5

5

5

5,8

1

Altri

62,5

70,5

47

65

54,5

49,5

62

58

9,6

Totale

437

492,5

663

634

639

723

720,5

598,1

100

* Dati stimati ** Escluse le esportazioni intracomunitarie Fonte: COI (International Olive Oil Council), 2007

742


olio nel mercato e la Turchia (+260,5%). L’Italia, nel corso dello stesso periodo, ha fatto registrare un aumento delle importazioni dai Paesi extracomunitari del 74,3%, contrariamente alla Spagna, che ha mantenuto praticamente stabile il proprio livello di importazioni dagli stessi. L’incremento delle importazioni è stato molto significativo anche in molti dei Paesi che costituiscono le nuove aree di consumo. Tra questi, il Giappone è al primo posto (447,4%), seguito dal Canada (132,5%), dagli Stati Uniti (125,2%), dall’Australia (94,5%), dal Brasile (89,5%) e dalla Russia (21,3%).

Foto R. Angelini

Posizione dell’Italia sul mercato internazionale dell’olio di oliva L’Italia rappresenta, come abbiamo visto, uno dei Paesi più importanti a livello mondiale per quanto riguarda il mercato dell’olio di oliva per dimensioni sia dell’offerta sia della domanda. I dati del COI relativi alla campagna 2005/06 indicano una produzione pari a 636.500 tonnellate, seconda solo alla Spagna con 826.900 tonnellate. I dati (ancora provvisori) relativi al 2006/07 e al 2007/08 indicano che il volume della produzione è passato, rispettivamente, a 603.000 e a 500.000 tonnellate in Italia e a 1.108.700 e a 1.228.100 tonnellate in Spagna. Questi dati scontano, ovviamente, la grande variabilità che caratterizza la produzione, dovuta sia all’andamento climatico sia alla classica “alternanza” produttiva. Per quanto riguarda la composizione merceologica, si può osservare che, mediamente, la produzione italiana di olio di oliva si compone per più della metà di olio extravergine, per circa il 15% di olio vergine e per la restante parte di olio lampante (Ismea, 2007). L’Italia è anche il primo Paese consumatore di olio di oliva a livello mondiale. Nel 2005/06, il consumo di olio di oliva è stato pari a 848.200 tonnellate, passato, secondo i dati (provvisori) del COI,

Olivi e palma da miele nella valle del Maipo, Cile

Gli olivi cingono la cerchia muraria di Monteriggioni (SI)

Foto R. Angelini

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mondo e mercato a 852.400 e a 810.500, rispettivamente nel 2006/07 e 2007/08. Contemporaneamente, l’Italia si conferma anche il maggiore Paese esportatore sui mercati dei Paesi terzi, il secondo, dopo la Spagna, se si considerano anche le esportazioni sul mercato interno all’Unione europea e il maggiore Paese importatore, dopo gli Stati Uniti. Secondo le elaborazioni dell’Ismea (2006), le esportazioni italiane, in volume, sono state nel triennio 2004/06, in media, complessivamente (olio di oliva e olio di sansa) pari a 343.000 tonnellate e, nel solo 2006, pari a 323.000 tonnellate; queste ultime cono costituite, prevalentemente, da olio di oliva vergine ed extravergine (62%), cui segue l’olio raffinato di oliva (25%), l’olio di sansa (11%) e il lampante (2%). Le importazioni sono state, nello stesso triennio, in media, pari a 511.700 tonnellate e, nel solo 2006, pari a 456.000 tonnellate. Queste ultime sono rappresentate, anch’esse, prevalentemente da olio di oliva extravergine e vergine (72%). A completare il paniere concorrono l’olio di oliva lampante (13%), l’olio raffinato di oliva (11%) e l’olio di sansa (4%). Le correnti di scambio evidenziano che sia i mercati di provenienza delle importazioni sia i mercati di destinazione delle esportazioni sono estremamente concentrati. Il 90% delle quantità importate dall’Italia nel 2006 proviene, infatti, da quattro Paesi, di questo il 41% dalla sola Spagna. Le importazioni dalla Spagna ammontano a 186.000 tonnellate. A queste si aggiungono le importazioni provenienti dalla Tunisia, pari a 112.000 tonnellate (25%), e dalla Grecia, pari a 108.000 tonnellate (24%). I restanti Paesi fornitori dell’Italia sono, nell’ordine, la Turchia (4%), la Siria (3%), il Marocco (2%) e la Francia (2%). L’analisi delle esportazioni evidenzia che le vendite sono rivolte in maniera significativa verso gli Stati Uniti, con un totale che nel 2006 ha raggiunto 120.000 tonnellate (37,2%), seguiti, a grande distanza, dalla Germania (11,8%).

Foto R. Angelini

Colline coperte di olivi in provincia di Imperia

Olivi intorno a Lucignano (SI)

Foto R. Angelini

744


olio nel mercato Il restante 50% circa delle esportazioni si distribuisce su un numero assai elevato di Paesi tra i quali figurano, a livello di Unione europea, la Francia (6,8%), il Regno Unito (4,3) e l’Olanda (1,8%) e tra quelli extraeuropei il Giappone (5,3%), il Canada (4,6%) e l’Australia (3,7). Analizzando con maggiore dettaglio le esportazioni e le importazioni dell’olio di oliva e limitando l’analisi all’olio vergine ed extravergine, si può osservare, innanzitutto, che questo rappresenta, nel 2006, il terzo prodotto per importanza negli scambi agroalimentari italiani. Per quanto riguarda le esportazioni, l’olio di oliva vergine ed extravergine, con 914,3 milioni di euro, pari al 4,1% del totale delle esportazioni agroalimentari italiane, è infatti il terzo prodotto per importanza, dopo i vini rossi e rosati di qualità VQPRD (4,5%) e la “pasta alimentare non all’uovo né farcita” (4,1%). Ciò riguarda anche le importazioni, il cui valore, pari a 1110,9 milioni (3,6% del totale), è di poco inferiore a quello delle importazioni delle carni suine e bovine fresche o refrigerate che, rispettivamente con il 4,4% e il 4,3%, occupano il primo e il secondo posto della graduatoria. Per l’olio di oliva vergine ed extravergine, si registra, comunque, un saldo negativo della bilancia commerciale, che nel 2006 è stato pari a 196,6 milioni di euro. I dati riportati nella tabella in basso mostrano che dal 2002 i ricavi alle esportazioni dell’olio vergine ed extravergine seguono un trend in continua crescita sino al 2006, per poi registrare una sensibile riduzione nel 2007. Ciò si deve, contrariamente a quanto è avvenuto nel 2006, in cui la riduzione della quantità esportata (–9,1%) è stata più che compensata dall’aumento dei prezzi (+25,4%), sia a una riduzione della quantità sia a una riduzione dei prezzi. Il valore delle esportazioni è condizionato sostanzialmente dalle vendite sul mercato degli Stati Uniti e della Germania, che insieme rappresentano la metà dei ricavi alle esportazioni italiane di olio di oliva vergine ed extravergine. I dati evidenziano pure che, oltre a questi due principali Paesi, tra gli acquirenti del prodotto italiano si trova un numero molto elevato di Paesi che hanno fatto registrare alti tassi di crescita della domanda e che possono essere assunti come interessanti punti di riferimento

Principali Paesi di destinazione delle esportazioni italiane di olio di oliva vergine ed extravergine; 2006 (migliaia di euro) Paese

Valore

Quota Paese*

Quota prodotto**

Stati Uniti

304.982

33,4

13,3

Germania

157.983

17,3

3,4

Francia

88.151

9,6

3,3

Regno Unito

48.490

5,3

2,3

Canada

44.227

4,8

10,1

Giappone

42.652

4,7

8,6

Svizzera

35.991

3,9

3,8

Australia

22.203

2,4

9,1

Belgio

19.848

2,2

3

Olanda

18.235

2

2,4

Altri

131.519

14,4

-

Totale

914.281

100

4,1

* Peso percentuale del Paese in questione sul complesso delle esportazioni agroalimentari italiane del singolo prodotto ** Peso percentuale del singolo prodotto sul complesso delle esportazioni agroalimentari italiane rispetto al Paese in questione Fonte: Inea (2007)

Evoluzione delle esportazioni italiane di oli di oliva dal 2002 al 2007 (migliaia di euro) 2002

2003

2004

2005

2006

2007*

Olio di oliva vergine ed extravergine

560.357

580.438

662.348

802.154

914.281

766.433

Olio di oliva lampante

8170

8140

23.518

41.485

29.894

20.272

Altro olio di oliva

300.166

280.021

337.019

384.721

408.979

326.773

Totale

868.693

868.599

1.022.885

1.228.360

1.353.154

1.113.478

* Dati elaborati dall’Inea per l’edizione del 2007 del Rapporto su Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari Fonte: elaborazione su dati Inea (2007)

745


mondo e mercato per una strategia di esportazione supportata da appropriate strategie di marketing volte alla valorizzazione della qualità e dell’immagine del prodotto italiano. Strategie che, per essere efficaci, devono tenere conto della crescente segmentazione della domanda sia tra i diversi Paesi sia all’interno di uno stesso Paese tra i diversi consumatori. Tra l’altro, va rilevato che, soprattutto sul mercato statunitense, si nota una crescente pressione competitiva esercitata da altri Paesi esportatori, in particolare dalla Spagna, ma anche dall’offerta interna che, oltre a fare registrare elevati tassi di crescita, presenta notevoli punti di forza in termini competitivi. Le importazioni italiane, costituite in prevalenza da olio sfuso, ammontano, nel 2006, a 327 mila tonnellate (42% della disponibilità nazionale di olio), per un corrispettivo, in valore, di 1110,8 milioni di euro. Questo dato mostra negli ultimi anni un continuo e sensibile aumento determinato, in particolare, dalla crescita dei prezzi. Infatti, si può osservare che solo dal 2005 al 2006, l’aumento di ben 8,8 punti percentuali del valore delle importazioni di olio di oliva vergine ed extravergine è il risultato di una crescita della componente “prezzo” del 15,5%, in presenza di una diminuzione della componente “quantità” del 5,8% (Inea, 2006). Sulla composizione delle importazioni di olio di oliva si registra una tendenza a una progressiva riduzione delle quantità di olio lampante, con acquisti sempre più orientati verso il prodotto trasformato che riducono le quantità di olio da destinare alle raffinerie nazionali. Sul fronte delle importazioni di olio di oliva vergine ed extravergine, l’Italia ha come partner commerciali sostanzialmente la Spagna, la Grecia e la Tunisia. Questi Paesi vendono sul mercato italiano olio per un valore di 1110,8 milioni di euro; un dato, questo, che rappresenta il 93,2% del valore complessivo delle importazioni italiane di olio di oliva vergine ed extravergine. La Spagna, da sola, con 467,5 milioni di euro (42,1%), si conferma il primo fornitore del mercato italiano, seguita dalla Grecia, con 331,1 milioni di euro (29,7%), e dalla Tunisia, con 236,1 milioni di euro (21,3%). Si tratta, comunque, di valori che, anche per quanto riguarda il peso dei singoli Paesi, presentano un’elevata variabilità da un anno all’altro. Ciò deriva dal fatto che, trattandosi di Paesi produttori,

Principali Paesi di provenienza delle importazioni italiane di olio di oliva vergine ed extravergine; 2006 (migliaia di euro) Paese

Valore

Quota Paese*

Quota prodotto**

Spagna

467.482

42,1

16,3

Grecia

331.114

29,7

42,5

Tunisia

236.120

21,3

54,9

Siria

39.555

3,6

37

Francia

13.739

1,2

0,3

Marocco

8402

0,8

4,7

Argentina

4442

0,4

0,6

Turchia

3175

0,3

0,6

Portogallo

1493

0,1

1,2

Egitto

977

0,1

0,7

Altri

4384

0,4

-

Totale

1.110.883

100

3,6

* Peso percentuale del Paese in questione sul complesso delle importazioni agroalimentari italiane del singolo prodotto ** Peso percentuale del singolo prodotto sul complesso delle importazioni agroalimentari italiane rispetto al Paese in questione Fonte: Inea (2007)

Evoluzione delle importazioni italiane di oli di oliva dal 2002 al 2007 (migliaia di euro) 2002

2003

2004

2005

2006

2007*

Olio di oliva vergine ed extravergine

802.225

824.666

958.358

1.021.198

1.110.883

998.314

Olio di oliva lampante

181.056

157.540

241.689

204.573

175.479

140.525

Altro olio di oliva

84.257

117.919

148.631

146.408

195.195

168.593

Totale

1.067.598

1.110.125

1.348.678

1.372.179

1.481.557

1.307.432

* Dati elaborati dall’Inea per l’edizione del 2007 del Rapporto su Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari Fonte: elaborazione su dati Inea (2007)

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olio nel mercato il commercio estero dipende sostanzialmente dalla produzione interna che, come abbiamo sottolineato, è caratterizzata da una considerevole variabilità stagionale. Considerando, oltre all’olio di oliva vergine ed extravergine, anche le altre due categorie merceologiche di olio di oliva, ossia “olio di oliva lampante” e “altro olio di oliva”, il valore delle esportazioni è passato da 868,7 milioni di euro nel 2002 a 1228,4 milioni nel 2005, a 1353,2 milioni nel 2006, per scendere a 1113,5 milioni di euro nel 2007. Questo valore è rappresentato per il 75% circa da esportazioni di olio di oliva vergine ed extravergine e per il rimanente quasi interamente da “altro olio di oliva”. Sul fronte delle importazioni si nota che, in valore, queste sono passate da 1067,6 milioni di euro nel 2002 a 1372,2 milioni di euro nel 2005 a 1481,6 milioni nel 2006, per scendere a 1307,4 milioni di euro nel 2007. Sul valore totale delle importazioni, l’olio di oliva vergine ed extravergine rappresenta, in media, i 3/4 del valore complessivo. Il rimanente è costituito in prevalenza da olio di oliva lampante, sino al 2005, e da “altro olio di oliva” negli ultimi due anni.

Foto R. Angelini

Olivi e vite nel Chianti Foto R. Angelini

Consumi e mercato interno Secondo i risultati dell’indagine campionaria Ismea-AcNielsen (Ismea, 2007), nel 2006 le famiglie italiane hanno acquistato 276 mila tonnellate di olio di oliva; un quantitativo, questo, che conferma il trend decrescente che dal 2003 caratterizza i consumi di olio di oliva. Al contrario di quanto evidenziato dalla dinamica delle quantità, quella della spesa ha fatto rilevare un continuo e costante aumento, passando da 1003 milioni di euro nel 2002 a 1360 milioni di euro nel 2005 e a 1459 milioni di euro nel 2006. Sul totale degli acquisti, l’olio confezionato rappresenta oltre i 3/4 Olivi e vite a Montalcino Foto R. Angelini

Consumi domestici degli oli vegetali nel periodo 2002/06 (tonnellate) 2002

2003

2004

2005

2006

Totale olio di oliva

229.195

293.149

287.584

279.242

275.977

Confezionato

170.861

217.638

221.568

216.833

214.673

Extravergine

129.970

169.874

172.890

170.655

169.130

Biologico

740

970

1238

1169

1506

DOP/IGP

1281

1863

1572

2151

1790

Normale

31.459

38.126

36.146

37.320

35.206

Sansa

1515

1639

2021

1686

1241

Sfuso

53.336

75.510

66.014

62.407

61.304

Oliveti intorno a San Gimignano

Fonte: Ismea (2007)

747


mondo e mercato Consumi domestici degli oli vegetali nel periodo 2002/06 (milioni di euro)

Foto R. Angelini

Vista aerea dei terrazzamenti liguri Foto R. Angelini

2002

2003

2004

2005

2006

Totale olio di oliva

1003

1315

1343

1360

1459

Confezionato

701

915

981

988

1135

Extravergine

562

743

798

809

938

Biologico

5

7

10

9

13

DOP/IGP

9

14

12

17

19

Normale

120

146

148

151

163

Sansa

3

4

5

5

4

Sfuso

302

399

362

371

324

Fonte: Ismea (2007)

e all’interno di questa categoria si riscontra una netta prevalenza dell’olio di oliva extravergine, con l’80% circa del totale, rispetto all’olio normale e all’olio di sansa di olive. La spesa destinata all’acquisto di oli DOP/IGP e di quelli biologici è, come si vede, ancora molto limitata (2-3% della spesa destinata all’acquisto di olio extravergine), a conferma che si tratta ancora di produzioni di nicchia, caratterizzate da bassi volumi di offerta e da bassa diffusione tra i consumi delle famiglie, anche a causa dei prezzi molto più elevati rispetto al prodotto convenzionale. I dati Ismea mostrano, infatti, che i prezzi al consumo per kg relativi al 2006 sono stati pari a 5,29 euro per l’olio extravergine di oliva convenzionale, pari a 8,67 euro per l’olio extravergine biologico e pari a 10,45 euro per l’olio DOP/IGP.

Oliveti alla Certosa di Firenze

Oliveti intorno a un antico borgo in Toscana

Foto R. Angelini

748


olio nel mercato L’indagine Ismea-AcNielsen focalizza l’attenzione anche sul consumo a livello regionale e sui canali commerciali utilizzati per l’acquisto. Per quanto riguarda il consumo, i risultati dell’indagine mostrano che il Sud Italia è l’area nella quale si acquistano le maggiori quantità di olio di oliva, dato anche il maggiore radicamento del prodotto nella tradizione alimentare delle famiglie. Le regioni del Sud assorbono il 35,8% del totale del prodotto acquistato a livello nazionale, contro il 23,4% del Nord-Ovest, il 16,9% del Nord-Est e il 24% del Centro. Nelle regioni del Sud si registra anche il maggiore consumo di olio acquistato direttamente al frantoio, per la presenza più numerosa di impianti di prima trasformazione delle olive. Infatti, la vendita di olio sfuso si concentra prevalentemente nelle regioni del Sud, con il 63,9% del totale, contro il 22,5% nelle regioni del Centro e l’8,2% e il 5,4% rispettivamente nel Nord-Ovest e nel Nord-Est. Infine, si può osservare che le regioni del Sud e quelle del Centro risultano le maggiori acquirenti di olio extravergine, con una quota, rispettivamente, del 27% e del 28%. Mentre, per i prodotti DOP/ IGP, le maggiori quantità sono acquistate nelle regioni del NordEst (46%) e del Nord-Ovest (43%). Infine, per quanto riguarda i canali commerciali, i risultati dell’indagine mostrano che sul mercato italiano la vendita di olio di oliva avviene attraverso diverse formule distributive. In questo quadro, la moderna distribuzione tende ad assumere un peso sempre maggiore, mentre il ruolo del dettaglio tradizionale è divenuto del tutto irrilevante. Tra l’altro, va evidenziato che il ruolo esercitato dalla distribuzione moderna risulta ancora maggiore se si considerano le vendite dell’olio di oliva extravergine e dell’olio di oliva biologico e DOP/IGP. Nel 2006, infatti, dai dati risulta che il 27,4% dell’olio di oliva è stato acquistato presso i supermercati

Foto R. Angelini

Oliveti in Toscana Foto R. Angelini

Orvieto vista dall’oliveto

Foto R. Angelini

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mondo e mercato e il 20,5% presso gli ipermercati, mentre solo il 2,1% presso gli esercizi del dettaglio tradizionale. La percentuale spettante ai supermercati sale al 36,6% per l’olio extravergine di oliva e al 48,2% per l’olio di oliva biologico e DOP/IGP mentre quella spettante agli ipermercati sale rispettivamente al 28,4% e al 43,9%. Sempre nell’ambito della moderna distribuzione, un ruolo di minore importanza è svolto dagli hard discount, con il 5,6% del totale delle vendite. Un dato sorprendete è invece quello che mette in luce come nel settore continua a essere rilevante il canale “porta a porta” (6,8%). Infine, va osservato come più del 30% del prodotto venga acquistato attraverso “altri” canali, costituiti, in particolare, dalle vendite dirette.

Foto R. Angelini

Nuove sfide competitive sui mercati esteri e nazionale Il settore dell’olio di oliva, che in Italia rappresenta una realtà di assoluto rilievo non solo sul piano economico, ma anche su quello sociale, paesaggistico, storico e culturale, come si ricava da altri contributi al volume, si trova oggi a dovere rispondere alla sfida posta dalla crescente globalizzazione dei mercati e alla maggiore competizione che si registra sia sui mercati internazionali sia sul mercato interno. Questo processo si accompagna, come abbiamo visto, a un incremento della produzione mondiale, anche al di fuori del bacino del Mediterraneo e in altri continenti, a una crescente diffusione di sistemi di olivicoltura intensiva e di trasformazione altamente automatizzati e allo sviluppo di politiche di mercato aggressive che mirano a spostare la competizione quasi integralmente sul piano del prezzo e a emarginare le produzioni artigianali e di più alta qualità. Questi fenomeni, insieme alla crescente standardizzazione della qualità del prodotto, fanno sì che sia sul mercato interno sia su quello internazionale siano determi-

Foto R. Angelini

Olivi davanti alla Rocca di Sovana (GR)

Foto R. Angelini

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olio nel mercato nanti le strategie competitive delle grandi imprese a dimensione multinazionale, con una forte penetrazione nella moderna distribuzione e con marchi dotati di un’immagine consolidata e sostenuti da consistenti e continui investimenti promozionali. Sul mercato internazionale, dal lato della domanda, si è assistito a un generale aumento della stessa proveniente sia dai Paesi tradizionalmente produttori del bacino del Mediterraneo, sia, e con ritmi di crescita molto elevati, da quasi tutti gli altri Paesi economicamente sviluppati, ma anche da molti tra quelli che oggi registrano i più alti tassi di crescita economica. Come è stato precedentemente richiamato, l’incremento dei consumi che si è registrato, in particolare, nei Paesi non tradizionalmente produttori ha all’origine, come fattore di maggiore importanza, l’aumento del reddito. Questo è stato, tra l’altro, decisivo anche nel determinare la dinamica delle esportazioni italiane. Infatti, le stime effettuate mostrano che una variazione del reddito pro capite in uno di questi Paesi comporta una variazione più che proporzionale delle esportazioni italiane di olio di oliva vergine verso lo stesso Paese. In particolare, a un aumento (o diminuzione) dell’1% del reddito pro capite fa riscontro un aumento (o diminuzione) dell’1,5% delle esportazioni italiane. Pertanto, la sfida competitiva dei produttori italiani sui mercati esteri dipenderà, da una parte, dalla capacità di consolidare e, possibilmente, di aumentare la posizione acquisita sui mercati dei grandi Paesi acquirenti, come gli Stati Uniti, ma anche la Germania, la Francia, il Regno Unito e il Giappone (dove, tra l’altro, se si fa eccezione per la Francia, l’Italia ha la leadership come Paese fornitore), dall’altra di mirare, con strategie di marketing specifiche, a promuovere la domanda e a cercare nuove opportunità di mercato dove si registra una maggiore crescita di reddito pro capite, come nei Paesi

Foto R. Angelini

Olivi e vite a Bolgheri (LI) Foto R. Angelini

Olivi e cascine in Toscana

Oliveti secolari in Toscana

Foto R. Angelini

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mondo e mercato dell’Europa centro-orientale e dell’Est asiatico. La Cina, l’India e la Russia, per esempio, che registrano tassi di crescita del reddito molto elevati, in prospettiva possono costituire mercati di notevole interesse per le esportazioni globali e, in particolare, per quelle italiane. Per esempio, nel solo periodo tra il 1999 e il 2003, le importazioni di olio di oliva in Russia sono passate da 1000 $ a 8630 $, con una variazione media annua del 71% in valore e del 73% in quantità. Si tratta, quindi, di un mercato che presenta potenzialità di crescita molto elevate sul quale la posizione italiana appare ancora assai debole se si considera che le importazioni dall’Italia rappresentano solo il 25% del totale, contro il 75% di quelle provenienti dalla Spagna (Ismea, 2006). Considerando che il consumo di olio di oliva è in crescita in tutto il mondo e l’olio di oliva assume sempre più la caratteristica di prodotto di élite, in particolare presso i segmenti della popolazione a più alto reddito, si può ritenere che l’offerta di un prodotto di qualità superiore a quella dei concorrenti sia uno dei principali fattori del vantaggio competitivo. Da questo punto di vista, i risultati di un’indagine condotta dall’Ismea sul posizionamento dell’olio di oliva italiano presso gli operatori della distribuzione/ commercializzazione in Austria, Francia, Germania, Regno Unito e Svezia sembrano fornire indicazioni molto incoraggianti. Infatti, dall’indagine emerge che tra i punti di forza dell’olio di oliva italiano vi sono soprattutto la qualità delle materie prime utilizzate, le caratteristiche organolettiche e la garanzia di sicurezza/igiene. In prospettiva, quindi, l’Italia, con la qualità che deriva al prodotto dalla ricchezza del suo patrimonio olivicolo, anche in termini di diversità genetiche, di capacità dei suoi produttori, di vocazione del territorio, di molteplicità dei sistemi olivicoli, possiede un indiscusso vantaggio competitivo in termini potenziali su questi mercati;

Foto R. Angelini

Vigneti e oliveti nell’azienda Haras de Pirque nella Valle del Maipo, Cile Foto R. Angelini

Oliveti in Andalusia, Spagna Olivi a policono nel Parco dell’Uccellina (GR)

Foto R. Angelini

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olio nel mercato vantaggio che, comunque, va tradotto in maggiori opportunità di mercato attraverso la messa in atto da parte dei produttori e delle istituzioni pubbliche di adeguate politiche di comunicazione e di marketing che partano da un’attenta analisi sul consumatore e sul suo comportamento d’acquisto, come anche sulle caratteristiche specifiche del mercato. Va tenuto presente che uno degli ostacoli maggiori che si incontrano nello sviluppo della domanda sui mercati non tradizionali va ricercato nella scarsa conoscenza che il consumatore ha del prodotto, anche in relazione alle sue potenzialità sul piano gastronomico. Ciò si deve anche al fatto che tradizionalmente il marketing internazionale dell’olio di oliva è stato impostato soprattutto guardando al mercato dal lato dell’offerta, e non dal lato della domanda, con azioni volte alla promozione della stessa e alla ricerca di nuovi mercati. Il mercato dell’olio di oliva interno riflette, dal lato dell’offerta, le dinamiche internazionali che vedono, come abbiamo sottolineato, un aumento della produzione mondiale e una maggiore competizione prevalentemente in termini di prezzo da parte di produzioni provenienti da sistemi di olivicoltura intensiva e di trasformazione altamente automatizzata, e, dal lato della domanda, le attese di un consumatore che, in generale, si caratterizza, rispetto al passato, come una figura sempre più esigente e attenta alle problematiche della qualità. In questo contesto, il consumatore manifesta una maggiore consapevolezza circa lo stretto rapporto che esiste tra alimentazione e salute e, in particolare per quanto riguarda l’olio di oliva, aumenta le sue aspettative non solo sul piano della qualità chimico-fisica e organolettica, ma anche sul piano dei contenuti simbolici e immateriali connessi con il prodotto, con il territorio di origine e con il processo produttivo seguito per la sua realizzazione.

Foto G. Romagnuolo

Oliveti sul Gargano Foto G. Romagnuolo

Olivo secolare nel Salento Oliveti intorno alla cinta muraria di Monteriggioni (SI)

Foto R. Angelini

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mondo e mercato Sul mercato italiano ciò trova conferma in una maggiore domanda di olio di oliva extravergine nell’ambito della categoria olio di oliva. Infatti, secondo i dati Ismea, l’olio extravergine rappresenta, nel 2006, l’85% dei volumi complessivi di olio confezionato e il 67% del totale olio di oliva; al contrario, l’olio di oliva normale e quello di sansa evidenziano un calo delle quantità vendute, ormai costante da anni. Come fa osservare l’Ismea, l’affermazione dell’olio di oliva extravergine è legata sia all’immagine positiva di cui gode per le sue riconosciute virtù benefiche e naturali, che attraggono un consumatore sempre più attento all’aspetto salutistico, sia alla progressiva riduzione del divario di prezzo esistente rispetto all’olio di oliva normale e a quello di sansa. L’Ismea fa anche osservare che è proprio il prezzo l’elemento che maggiormente influenza le scelte di consumo, e ciò a causa della forte pressione promozionale esercitata sul prodotto. Inoltre, sottolinea che è in atto una forte segmentazione del prodotto, che sugli scaffali della distribuzione moderna si traduce nella presenza di diverse tipologie che si contraddistinguono per sfumature di gusto più o meno accentuate, per livelli di acidità inferiori alla norma e per funzionalità rispetto alle diverse occasioni di consumo. A ciò si aggiunge il fatto che sono sempre più numerose le aziende che differenziano la propria offerta attraverso la certificazione dell’olio, l’indicazione della zona di produzione delle olive e dei frantoi, l’informazione veicolata attraverso l’etichetta circa le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del prodotto, gli investimenti in pubblicità per affermare la notorietà e l’identificazione dei marchi. A differenziare l’offerta contribuiscono, inoltre, i numerosi oli DOP e IGP, gli oli biologici o quelli contraddistinti da marchi collettivi pubblici o privati. In un’ottica di marketing, la differenziazione qualitativa del prodotto diviene rilevante per le scelte del consumatore solo se per-

Foto R. Angelini

Olivo davanti alla basilica di San Francesco, Assisi

Gli olivi creano una cintura intorno al patrimonio culturale di Firenze

Foto R. Angelini

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olio nel mercato cepita, altrimenti il consumatore si affiderà al prezzo oppure alla notorietà della marca, in quanto sono i segnali di valore a lui più direttamente accessibili e, comunque, meno impegnativi, anche in termini di tempo richiesto per accedere all’informazione. Questo problema si presenta ogniqualvolta sul mercato sono disponibili beni caratterizzati da forte somiglianza e da legami di forte sostituibilità, anche se con caratteristiche intrinseche differenti risultanti dalla presenza di requisiti della qualità che non possono essere direttamente constatati e valutati dal consumatore. Si tratta dei cosiddetti requisiti impliciti della qualità che, nel caso dell’olio di oliva, sono molto numerosi e determinanti per la distinzione dell’alta qualità da quella standard. Si tratta di requisiti che riguardano la conformità igienica e merceologica, le proprietà nutrizionali e salutistiche, la tipologia di filiera, l’origine della materia prima utilizzata, l’applicazione di specifiche tecnologie (o disciplinari), la rintracciabilità ecc. Questa situazione si determina in quanto sul mercato dell’olio di oliva è spesso presente una grave asimmetria informativa. Questo concetto sta a indicare che il consumatore non possiede tutte le informazioni necessarie per distinguere e valutare la qualità dei diversi prodotti che si offrono alla scelta. Tra l’altro, va osservato che la normativa che disciplina la classificazione e la denominazione degli oli di oliva non aiuta il consumatore a orientarsi nella scelta del prodotto di alta qualità. Infatti, la dicitura “olio extravergine di oliva” si applica a prodotti diversi tra loro sia per caratteristiche chimicofisiche e organolettiche sia per natura del processo produttivo utilizzato, per contesto naturale e culturale della zona di provenienza e, non ultimo, per comportamento etico dei produttori. In realtà, il consumatore potrebbe decidere di approfondire la propria conoscenza sul prodotto svolgendo un’attività di ricerca di

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Selinunte, colonia greca fondata dai Megaresi nel VII secolo a.C. e distrutta nel 409 a.C. da Annibale: oliveti e rovine

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mondo e mercato ulteriori informazioni sulla qualità, ma ciò richiede un determinato costo che lo stesso sarà propenso a sostenere solo se comporterà un beneficio marginale almeno uguale al costo aggiuntivo. In alternativa, il consumatore si affiderà, come già richiamato, a segnali di valore quali il prezzo o la notorietà della marca. Ne consegue che il prodotto che ha un più alto prezzo, anche se di più elevata qualità, è destinato a restare invenduto oppure, per trovare acquirenti, il produttore dovrà accettare un prezzo più basso, anche se questo non è sufficiente a coprire i costi di produzione. Le implicazioni in termini di mercato derivanti da situazioni di asimmetria informativa sono state ampiamente analizzate dagli economisti e, in particolare, da Akerlof (1970), premio Nobel per l’economia. Il modello proposto da Akerlof mette in luce che il consumatore, quando non dispone delle informazioni necessarie per valutare il differenziale qualitativo esistente tra i diversi prodotti, sarà portato a scegliere sulla sola base del prezzo, con la conseguenza che il prodotto di più elevata qualità (e anche più costoso) o resterà invenduto oppure dovrà essere venduto a un prezzo uguale a quello dei prodotti standard; un prezzo, quest’ultimo, che tuttavia non consente di coprire interamente i costi di produzione. Il risultato finale sarà, quindi, una progressiva svalutazione della qualità, sino alla sua scomparsa, a vantaggio dei soli prodotti di qualità standard. In sostanza, per i produttori di olio di oliva di qualità superiore, l’acquisizione di un prezzo più alto rispetto a quello di mercato dei prodotti di qualità standard (premium price) appare una condizione necessaria affinché gli stessi possano continuare a offrire i loro prodotti sul mercato. Una condizione, questa, che richiede che i produttori sappiano/possano mettere in atto appropriate politiche di marketing per differenziare i loro prodotti sul mercato non solo in modo sostanziale, ma an-

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Oliveti e vigneti in Toscana Foto R. Angelini

Vendita di olive nel souk di Jema el Fna a Marrakech, Marocco

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olio nel mercato che a livello psicologico, ossia far sì che la più alta qualità offerta sia percepita dal consumatore. In questa prospettiva, il marketing ha sostanzialmente la funzione di trasmettere i segnali di valore che, se riconosciuti e percepiti favorevolmente dal consumatore, consentono ai produttori che offrono prodotti di più alta qualità di conseguire un premium price.

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Punti di forza e di debolezza del settore olivicolo italiano nel quadro del nuovo contesto di mercato Il quadro che abbiamo appena tracciato mostra che il mercato dell’olio di oliva registra oggigiorno una crescente presenza di attori che possiedono notevoli capacità di condizionare il mercato. In questo settore, fino a qualche decennio addietro, il ruolo di indirizzo del mercato apparteneva quasi interamente all’Italia, in quanto maggiore produttore e maggiore consumatore di olio di oliva a livello mondiale. Negli ultimi anni il primato, in termini di produzione, è passato alla Spagna, con una produzione che è quasi il doppio di quella italiana, mentre all’Italia è rimasto quello del consumo. Contemporaneamente, la scena del mercato mondiale ha registrato la partecipazione di un numero crescente di Paesi, anche nuovi alla tradizione produttiva e di consumo dell’olio di oliva, che possiedono notevole capacità di condizionare il mercato con le loro strategie competitive e di marketing. Di conseguenza, il settore olivicolo italiano non può più contare solo sugli aumenti della domanda mondiale e sulle posizioni consolidate sui mercati tradizionali di sbocco, come quello statunitense, ma deve perseguire una maggiore competitività e sapere definire appropriate politiche di marketing finalizzate alla promozione della domanda e alla ricerca di nuovi mercati in particolare in quei Paesi dove maggiore è la crescita del reddito. In questo conte-

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Paesaggi toscani

Olivicoltura a Micene, Grecia

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mondo e mercato sto, il settore olivicolo italiano presenta notevoli potenzialità, ma anche una serie di debolezze che richiedono interventi efficaci e mirati che consentano ai produttori italiani di essere competitivi sul mercato nazionale ed estero anche senza il sostegno comunitario. Peraltro, va osservato che il nuovo sistema degli aiuti previsto dalla riforma della politica agraria comunitaria attuata con il Regolamento (CE) n. 1782/2003, che prevede un pagamento unico aziendale completamente sganciato dalla produzione, può essere visto come un “invito” ai produttori ad attuare strategie che assicurino un posizionamento efficace sul mercato. La possibilità del settore olivicolo italiano di rispondere in modo efficace alle sfide del mercato interno e internazionale dipende, ovviamente, da molteplici fattori. In questa sede ci limiteremo a richiamare brevemente solo gli elementi più importanti che caratterizzano le potenzialità di mercato dell’olio di oliva italiano, unitamente ai fattori di maggiore debolezza. Questa analisi viene presentata attraverso una matrice SWOT, che, come è noto, sintetizza i punti di forza e di debolezza del settore in rapporto alle opportunità e alle minacce dell’ambiente mercato.

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Oliveti in Toscana

Matrice SWOT relativa all’olio di oliva italiano Punti di forza

Punti di debolezza

Opportunità

Minacce

– Importanti aree vocate – Elevata potenzialità di differenziazione delle produzioni – Elevato valore ambientale, paesaggistico, storico e culturale – Specializzazione produttiva e commerciale nel comparto di trasformazione artigianale – Capillare localizzazione dei frantoi, con maggiore qualità legata alla tempestiva lavorazione delle olive – Forte capacità di penetrazione a livello mondiale (made in Italy)

– Frammentarietà della struttura produttiva e localizzazione in aree marginali – Limitata diffusione della meccanizzazione e dell’irrigazione – Forte alternanza delle produzioni per quantità e qualità – Ruolo marginale delle Associazioni di produttori sia nella concentrazione dell’offerta, sia nella valorizzazione del prodotto – Eccessiva presenza di impianti di prima trasformazione con tecnologie obsolete – Limitata capacità di stoccaggio dei frantoi e difficoltà di adeguamento degli stessi alle norme previste dal Regolamento (CE) n. 1019/2002 sulla commercializzazione al dettaglio dell’olio di oliva – Scarsa presenza di frantoi cooperativi – Basso livello di integrazione dell’industria con le fasi a monte e a valle della filiera – Uso del made in Italy poco integrato e condiviso a livello nazionale – Costo elevato rispetto a prodotti succedanei della categoria grassi e condimenti

– Maggiore sensibilità del consumatore verso la qualità e la valenza salutistica del prodotto – Buona immagine percepita dal consumatore, anche estero, dell’origine nazionale e regionale del prodotto – Maggiore stabilizzazione del reddito degli agricoltori con il disaccoppiamento – Margini di stabilizzazione delle produzioni, riducendo il fenomeno della “alternanza” (introducendo più adeguate pratiche agricole e irrigazione) – Possibilità di indirizzare la competitività non sul prezzo ma sulla qualità, attraverso una migliore organizzazione logistica e strategie di marketing di impresa – Consumo pro capite con ampi margini di crescita in molti Paesi, soprattutto per le categorie di più alta qualità – Elevata considerazione del prodotto per le sue proprietà salutistiche – Margini di ulteriore segmentazione dell’offerta

– Rischio di abbandono, in relazione alla nuova OCM – Competizione internazionale crescente sui costi di produzione e sulla qualità – Estensione dell’olivicoltura in nuovi Paesi, in particolare in quelli dell’America Latina – Crescente contrazione dei consumi alimentari e crescente attenzione alla riduzione dei grassi nell’alimentazione – Alto tasso di innovazione dei prodotti sostitutivi – Rischio di frode (sofisticazioni, manipolazioni e contraffazioni) sia nelle fasi di produzione sia nelle fasi di trasformazione e imbottigliamento del prodotto – Incertezza normativa sull’etichettatura e sull’origine del prodotto – Assetto societario della moderna industria olearia nazionale

Fonte: Casini, Menghini, Alampi Sottini (2008)

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olio nel mercato L’analisi sviluppata secondo la metodologia SWOT mostra che l’ambiente che caratterizza il mercato presenta notevoli opportunità per il prodotto italiano, in quanto il consumatore si mostra sempre più attento alla qualità e all’aspetto salutistico e ha una percezione favorevole dell’olio di oliva di origine italiana. Questi fattori, unitamente agli ampi margini di crescita dei consumi in molti Paesi, mettono in luce la presenza di rilevanti potenzialità di mercato, soprattutto nei segmenti di più alta qualità. Inoltre, l’analisi richiama le opportunità derivanti da una maggiore segmentazione dell’offerta; opportunità che l’olivicoltura italiana può cogliere grazie alle potenzialità di differenziazione originate dalla presenza di una molteplicità di zone di produzione dove l’olivicoltura ha forti connessioni con la storia, il paesaggio, l’ambiente e la cultura specifica del luogo, dalla disponibilità di una grande varietà di cultivar, dalle possibilità offerte dalle diverse pratiche agricole (come, per esempio, nel caso del biologico), dal grande numero di tipicità (37 DOP/IGP e 20 in istruttoria) ecc. A fronte delle notevoli opportunità richiamate, l’ambiente mercato presenta anche una serie di minacce, che qui vale la pena sottolineare. In primo luogo, vi è la possibilità che il passaggio al sistema del “disaccoppiamento”, che sgancia l’aiuto comunitario dalla produzione e introduce un pagamento unico, porti, soprattutto nelle aree dove l’olivicoltura è più debole, a fenomeni di abbandono produttivo. Inoltre, vi è la maggiore competizione sul piano del prezzo che si registra sul mercato interno e internazionale derivante dal forte aumento che ha caratterizzato la produzione in Spagna e in molti altri Paesi del bacino del Mediterraneo, ma anche in molti Paesi di altri continenti, accompagnato dallo sviluppo di sistemi di olivicoltura intensiva e a tecniche di produzione che consentono di ridurre notevolmente i costi di produzione. A questi fattori si aggiunge il rischio di frodi derivante dal fatto che la normativa per la tutela della qualità del prodotto a livello internazionale non è omogenea e, comunque, non appare sufficientemente rigorosa. Un altro fattore che può rappresentare una minaccia è la notevole incertezza normativa. Un esempio è costituito dalla tormentata vicenda del decreto del 17 gennaio 2008, recante Norme in materia di indicazioni obbligatorie nell’etichetta dell’olio extravergine di oliva. Il provvedimento prevede che “al fine di assicurare la rintracciabilità dell’origine dell’olio di oliva vergine ed extravergine, sulla confezione siano indicati obbligatoriamente l’indicazione dello Stato membro o del Paese Terzo corrispondente alla zona geografica nella quale le olive sono state raccolte e dove è situato il frantoio in cui è stato estratto l’olio”. Questa norma è stata contestata dalla Commissione europea, la quale ha avviato nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione, sostenendo che il decreto impone un obbligo che non è permesso dalle norme dell’Unione europea in materia e ricordando che l’indicazione di provenienza delle olive può essere apposta in etichetta solo su

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Olivi sulle colline di Spello Foto R. Angelini

Olivo a Gubbio Foto R. Angelini

Olivi vicino all’antica Corinto, Grecia

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mondo e mercato base volontaria dai produttori. Il contenzioso contribuisce poi ad alimentare una situazione di incertezza normativa e a ridurre la capacità da parte di tutti gli operatori del settore di fornire al consumatore finale maggiore sicurezza e garanzia sulla qualità del prodotto e sulla sua provenienza. Non vi è dubbio, infatti, che le possibilità di sfruttare appieno le potenzialità offerte dal mercato dipendono anche da un chiarimento normativo sulle etichettature e sull’indicazione di origine e da una maggiore e più corretta informazione al consumatore. Ai fattori di rischio ora richiamati si aggiungono, dal lato della domanda, quelli connessi alle nuove tendenze che caratterizzano il comportamento del consumatore per quanto riguarda il consumo alimentare. Le analisi sulle tendenze dei consumi mostrano che i consumi alimentari tendono a diminuire e, in particolare, cresce l’attenzione verso una riduzione dei grassi nell’alimentazione anche a causa del diffondersi di modelli di consumo alimentare maggiormente attenti al benessere fisico e al fitness in generale. Infine, non va dimenticato il fatto che molta parte dell’industria olearia italiana è controllata dal capitale spagnolo, quando l’olivicoltura spagnola costituisce uno dei maggiori e più diretti competitor di quella italiana. La metodologia SWOT prevede che si analizzino, unitamente alle minacce e alle opportunità, i fattori più importanti dell’ambiente interno che assicurano un vantaggio competitivo e quelli che, all’opposto, costituiscono elementi di debolezza. Ora, l’olivicoltura italiana presenta importanti punti di forza, ma anche seri punti di debolezza. Tra i primi si sottolinea il fatto che l’Italia possiede importanti aree con una spiccata vocazione per la coltivazione dell’olivo e una molteplicità di sistemi olivicoli locali. Va inoltre osservato che l’olivicoltura italiana rappresenta un esempio molto significativo di agricoltura multifunzionale, in quanto coniuga molto efficacemente i valori materiali del prodotto con i valori immateriali dell’ambiente, del paesaggio, della storia e della cultura del territorio. Valori che oggi incontrano un forte interesse da parte del consumatore, in quanto, come risulta dalle indagini, nel rapporto con il consumo alimentare questi manifesta crescenti aspettative non solo sul piano della qualità chimico-fisica e organolettica del prodotto, ma anche sul piano della qualità connessa con i valori simbolici e immateriali derivanti al prodotto dall’ambiente, dal paesaggio, dalla storia e dalla cultura del territorio di origine. Tra i fattori di forza vi è anche la forte capacità di penetrazione che l’olio di oliva italiano ha sul mercato mondiale, grazie all’immagine positiva di cui gode per la qualità e per la forte posizione che ha nei confronti degli operatori della distribuzione locale (Ismea, 2006). A fronte troviamo la debolezza strutturale del settore e la sua bassa competitività; quest’ultima derivante, tra l’altro, dalla presenza di impianti di trasformazione poco razionali ed efficienti, da una

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Oliveti specializzati in Terra di Bari

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Olivi e agrumi nell’area archeologica di Agrigento

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olio nel mercato limitata diffusione di meccanizzazione e irrigazione e da una bassa introduzione di innovazioni volte a ridurre il problema dell’alternanza delle produzioni. A questi fattori connessi in particolare con la struttura del sistema di offerta, si aggiungono i problemi legati alla gestione dei rapporti con il mercato, derivanti sia da un ruolo ancora marginale esercitato dalle Associazioni di produttori nelle funzioni che sono chiamate a svolgere per la concentrazione dell’offerta e la valorizzazione del prodotto, sia dalla limitata capacità di stoccaggio dei frantoi e dalla difficoltà che questi incontrano a uniformarsi per le vendite al dettaglio, anche a livello aziendale, alle norme comunitarie sulla commercializzazione dell’olio di oliva introdotte con il Reg. (CE) n. 1019/2002. Le conclusioni che si ricavano da questa analisi è che il nuovo scenario competitivo globale presenta per l’olivicoltura italiana una serie di minacce, ma anche importanti opportunità che occorre sapere cogliere. Ciò richiede la possibilità/capacità di rimuovere i molteplici punti di debolezza che presenta il sistema. Si tratta, in primo luogo, di condurre uno sforzo culturale per cambiare un atteggiamento ancora molto diffuso che “guarda” al mercato dal solo lato dell’offerta, sulla base del presupposto che la produzione può contare, comunque, su una domanda in continua e rapida espansione. Tra l’altro, il sistema degli aiuti comunitari ha consentito di assicurare una redditività indipendentemente dalle capacità competitive. Il venire meno di queste condizioni impone ai diversi soggetti (privati e pubblici) del sistema olio di oliva di rivedere le loro strategie in una logica di marketing. Tutto questo presuppone lo sviluppo di attente e profonde analisi del mercato e del comportamento del consumatore e la messa in atto di strategie di marketing aziendali, collettive e istituzionali, rivolte alla valorizzazione della qualità e alla promozione della domanda basate sul coinvolgimento di tutti i soggetti protagonisti del sistema dell’olio di oliva italiano.

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Oliveti in Andalusia, Spagna Foto R. Angelini

Oliveto specializzato in Cile Oliveti in Almeria, Spagna

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