La Patata - Ricerca

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La patata botanica | storia e arte | alimentazione | paesaggio coltivazione | ricerca | utilizzazione | mondo e mercato


la patata Foto R. Angelini

ricerca Specie selvatiche di patata e nuove tecnologie genomiche Jim Bradeen, Riccardo Aversano

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ricerca Specie selvatiche di patata e nuove tecnologie genomiche Specie selvatica Solanum Germoplasma selvatico del genere Solanum Ai numerosi primati mondiali della patata coltivata in termini di produzione, superficie investita, versatilità produttiva e proprietà nutrizionali, va aggiunto certamente il vantaggio di avere il più ampio e ricco germoplasma selvatico del regno vegetale. Esso conta più di 200 specie selvatiche la cui distribuzione ecogeografica si estende dal sud-ovest degli Stati Uniti fino all’Argentina e all’adiacente Cile, coprendo un’ampia ed eterogenea fascia climatica di oltre 70 paralleli. La straordinaria variabilità di habitat in cui si possono trovare queste specie, da una latitudine di 60° N a 50° S (dal deserto alle foreste tropicali) e da un’altitudine che si innalza dal livello del mare fino a 4000 m, è indice di una grande plasticità genetica per l’adattamento agli stress ambientali e per la resistenza a una grande quantità di malattie e parassiti. Per tutelare tale biodiversità sono state condotte numerose spedizioni di raccolta di germoplasma. La prima, compiuta grazie all’opera pioneristica dello scienziato russo Vavilon, risale al 1925, mentre le più recenti risalgono agli anni Novanta.

bulbocastanum

• Le specie selvatiche del genere

Solanum rappresentano un serbatoio di geni di inestimabile valore per il miglioramento della patata coltivata. Da S. bulbocastanum (A), per esempio, è stato isolato un gene di resistenza alla peronospora (Phytophthora infestans), mediante tecniche di ingegneria genetica. S. bulbocastanum presenta la forma a stella della corolla (B), tipica della superserie Stellata e produce tuberi di dimensioni ridotte rispetto alla patata coltivata S. tuberosum subsp. tuberosum (C)

Ploidia Sebbene la maggior parte delle specie selvatiche di patata sia diploide (2n=2x=24), molte di esse sono poliploidi con un livello di ploidia che può variare dal triploide (2n=3x=36) all’esaploide (2n=6x=72). Alcune specie selvatiche, inoltre, hanno livelli di ploidia diversi anche se morfologicamente indistinguibili; ciò è legato alla presenza di diversi citotipi nell’ambito della stessa specie. Alcuni esempi sono Solanum maglia (diploide e triploide), S. oplocense (tetraploide ed esaploide) e S. gourlayi (diploide e tetraploide). Le specie diploidi sono generalmente autoincompatibili, mentre le specie poliploidi (tetraploidi ed esaploidi) si autofecondano, pur con perdita di vigore (depressione da inbreeding) dopo alcune generazioni. Utilizzazione delle specie selvatiche di patata L’attenzione dei miglioratori oggi è rivolta alla costituzione di varietà superiori, rispondenti alle moderne esigenze di un’agricoltura più sostenibile e rispettosa dell’ambiente. I progenitori selvatici della patata, in tal senso, rappresentano un serbatoio importantissimo di variabilità in cui reperire tutti i caratteri necessari alla costituzione di una varietà. Questo è il caso delle numerose specie selvatiche della superserie Stellata, le quali presentano resistenze a stress biotici e abiotici di notevole importanza. S. chacoense, per esempio, nelle sue diverse accessioni risulta resistente alla maggior parte delle malattie virali che colpiscono la patata 610


specie selvatiche (PVX, PVA, PVF, e PLRV) e alla gamba nera. Fonti di resistenze alla Leptinotarsa decemlineata, al Myzus persicae, alla Phtorimaea operculella, alla Phytophthora infestans e al Verticillium sono state riportate in S. berthaultii. La resistenza a Verticillium spp. e Clavibacter spp. è stata riportata in S. lesteri, S. polyadenium e S. jamesii. Tra le altre specie dotate di resistenze multiple vi sono: S. bulbocastanum, S. commersonii, S. palustre, S. sparsifolium, S. sparsipilum, S. stolomiferum, S. tarijense. Dalle specie selvatiche sono derivate le resistenze presenti nelle varietà di patata attualmente coltivate. In particolare, la resistenza alla peronospora della patata fu introdotta nelle varietà coltivate da S. demissum e S. stoloniferum; a quest’ultime, unitamente a S. chacoense e S. acaule, si deve anche la resistenza ai virus di molte cultivar; infine, la resistenza ai nematodi cisticoli fu introdotta da S. vernei e S. spegazzinii. Incredibilmente, alla fine degli anni Ottanta queste sei specie selvatiche, assieme a S. tuberosum subsp. andigena e S. phureja, erano le uniche a essere state utilizzate nel miglioramento genetico di varietà europee. Il lavoro di miglioramento genetico che prevede l’uso delle specie selvatiche richiede tempi molto lunghi, in quanto i caratteri positivi di resistenza sono spesso associati a scarsa produzione e qualità dei tuberi. Inoltre, la presenza di meccanismi di isolamento sessuale spesso impedisce il trasferimento dei caratteri d’interesse da alcune specie selvatiche alla patata coltivata; ciò ne limita enormemente l’utilizzo nei programmi di miglioramento genetico. Tra i molti ricercatori cha hanno dedicato la loro vita alla messa a punto di strategie di utilizzazione del germoplasma selvatico di patata, Stanley J. Peloquin è stato certamente il più grande tra i genetisti. Gli approcci da lui adottati per il superamento delle incompatibilità tra specie sessualmente isolate di Solanum sono ancora oggi adottate. Al lavoro di Peloquin si aggiunge quello realizzato da Johnson e collaboratori Per cercare di spiegare l’esito positivo o negativo dell’incrocio tra due genotipi di patata appartenenti a specie diverse o aventi livelli di ploidia differenti, nel 1980 Johnston introdusse il concetto di Endosperm Balance Number (EBN).

Stanley J. Peloquin

• Stanley J. Peloquin (1921-2008),

Campbell-Bascom professor e membro della National Academy of Science, è stato uno dei maggiori scienziati del XX secolo. I suoi studi sulla genetica e citogenetica hanno contribuito in maniera significativa al miglioramento genetico delle specie agrarie. La scoperta delle mutazioni meiotiche che portano alla formazione dei gameti 2n in Solanum è stata fondamentale per favorire il trasferimento di geni utili da specie selvatiche alla patata coltivata

Ipotesi dell’Endosperm Balance Number (EBN) Nella patata, così come in molte altre angiosperme, l’aborto dell’endosperma è considerato la causa primaria del fallimento del seme in seguito a incroci interspecifici. Per spiegare i meccanismi alla base di tale incompatibilità, Johnston e collaboratori (1980) condussero alcuni esperimenti con specie del genere Solanum ed elaborarono il modello dell’EBN. In questo modello, ogni specie ha un numero effettivo (l’EBN), che non necessariamente riflette direttamente la sua ploidia. L’EBN è un numero assegnato empiricamente a una specie in base all’esito di incroci interspecifici con specie tester a EBN preassegnato. Negli esperimenti di 611


ricerca Johnston e coll. la specie diploide (2n=2x=24) S. chacoense fu scelta come specie tester e ad essa fu assegnato un valore arbitrario di EBN=2 (2EBN). Analogamente, agli individui tetraploidi (2n=4x=48) di S. chacoense, ottenuti mediante raddoppiamento cromosomico, fu assegnato un EBN=4 (4EBN). Johnston e collaboratori classificarono così le specie di Solanum in diversi gruppi sulla base della loro compatibilità d’incrocio con il diploide (2EBN) e il tetraploide (4EBN) di S. chacoense e da queste informazioni predissero l’EBN di ciascun gruppo. Sulla base dei risultati ottenuti formularono l’ipotesi dell’EBN, secondo la quale affinché un incrocio abbia successo è necessario che il rapporto tra EBN materno e paterno nell’endosperma ibrido sia di 2:1. Ciò si verifica quando i due parentali hanno lo stesso valore di EBN. Deviazioni dal rapporto 2:1 conducono a una degenerazione dell’endosperma e conseguentemente all’aborto dell’embrione. Per verificare le basi genetiche del modello, Ehlenfeldt e Hanneman incrociarono le specie diploidi S. cardiophyllum, S. brevidens e S. commersonii (riproduttivamente isolate da altre specie diploidi) con la specie tester S. chacoense (2EBN). S. brevidens, per esempio, diede progenie fertile solo dopo tetraploidizzazione mediante colchicina. Pertanto a S. brevidens fu assegnato un valore di EBN=1, così come a S. cardiophyllum e S. commersonii. Altri autori hanno confermato il modello EBN e così sono state classificate molte specie di Solanum. Alla patata coltivata è stato assegnato un valore di 4EBN. Alle specie diploidi sono stati assegnati valori sia 1EBN (per es., quelle appartenenti alle serie Etuberosa e Commersoniana), sia 2EBN (per es., tutte le specie diploidi coltivate e la maggior parte delle specie selvatiche, come S. multidissectum e S. verrucosum). Alle specie tetraploidi sono stati assegnati valori sia 2EBN sia 4EBN. A tutte le specie esaploidi, come S. demissum e S. oplocense, è stato assegnato il valore 4EBN. Il ruolo essenziale svolto dall’EBN nei meccanismi di isolamento delle specie di Solanum ha contributo enormemente alla loro evoluzione. L’EBN, infatti, fungendo da barriera riproduttiva tra specie simpatriche, rappresenta un meccanismo stabilizzante dei genomi. Per questa ragione, per esempio, la specie diploide S. commersonii (1EBN) non può essere incrociata con la specie S. chacoense, anch’essa diploide, ma 2EBN. D’altra parte, S. commersonii è sessualmente compatibile con le specie diploidi 1EBN. In merito agli incroci inter-EBN, essi sono sporadici e riconducibili probabilmente a eventi casuali non ereditabili, come l’impollinazione multipla delle cellule centrali, le anormalità mitotiche nei gametofiti, l’endomitosi del nucleo polare nell’endosperma o l’accrescimento del numero dei nuclei polari. Molti studi genetici in Solanum e Datura hanno evidenziato come l’EBN sia sotto il controllo di più geni a effetto additivo, localizzati su cromosomi differenti e con alleli in omozigosi.

Endosperma

• L’endosperma è un tessuto di riserva

del seme di estrema importanza per lo sviluppo dell’embrione. Esso gioca un ruolo analogo a quello della placenta nei mammiferi nel trasferimento di nutrienti dalla madre all’embrione. Geneticamente, l’endosperma deriva dalla fusione di un nucleo aploide di origine paterna (nucleo spermatico) e due nuclei aploidi di origine materna (nuclei polari). La fecondazione dei tre nuclei origina un cellula triploide (endosperma primario) con un rapporto di genomi materni e paterni di 2:1

Sacco embrionale (♀) Cellula centrale Nuclei polari aploidi Cellula uovo Nuclei spermatici aploidi Tubetto pollinico (♂)

3x (2m:1p) 2x (1m:1p)

Endosperma triploide Embrione diploide

Endosperma

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specie selvatiche Come è stato già detto, le moderne varietà di patata sono state costituite principalmente attraverso l’applicazione dei principi della genetica mendeliana e dei metodi di miglioramento genetico convenzionali. Tuttavia, le esigenze della moderna agricoltura sono cambiate nel corso dell’ultimo trentennio. Il nuovo compito del miglioramento genetico è quello di generare tecnologie moderne volte a produrre varietà di piante ecocompatibili, in altre parole adatte alle caratteristiche dei diversi ecosistemi, in armonia con l’ambiente e perciò più idonee a limitare il degrado delle risorse naturali: acqua, suolo, biodiversità, clima. Così è nata la genomica, la scienza che integra citologia, genetica classica, quantitativa, di popolazione e molecolare con nuove tecnologie derivanti dall’informatica e dalle possibilità offerte dall’introduzione di sistemi automatizzati e robotizzati. I risultati prodotti negli studi di genomica forniscono gli strumenti per aumentare l’efficienza dei metodi convenzionali del miglioramento genetico classico e per utilizzare appieno l’enorme patrimonio di specie selvatiche della patata.

Genetica e genomica

• La genetica differisce dalla genomica

in quanto la prima si occupa specificamente dell’azione di un singolo gene o per lo meno di pochi geni alla volta, mentre la seconda studia l’azione collettiva di tutti i geni contemporaneamente

Genomica e studi sulla patata Com’è avvenuto per molte importanti piante di interesse agrario, la genomica sta rivoluzionando la ricerca biologica sulla patata. Il termine “genoma” si riferisce collettivamente a tutte le sequenze geniche e non codificanti di un organismo, mentre il termine “genomica” indica un approccio globale allo studio del genoma nel suo insieme. La genomica può essere considerata una branca della genetica sviluppatasi grazie ai progressi tecnologici e alle accresciute capacità analitiche degli ultimi decenni. In questo paragrafo discuteremo due principali suddivisioni nel campo della genomica: la genomica strutturale e la genomica funzionale. Ognuna di esse è stata ampiamente utilizzata nello studio della patata.

Gregor Mendel

• Gregor Mendel, il padre della

genetica, era un monaco austriaco che da solo decifrò la base genetica dell’ereditarietà. Lavorando con i piselli odorosi, Mendel formulò quelle che sono ora note come la legge della segregazione e la legge dell’assortimento indipendente. Queste leggi predicono la frequenza con la quale i geni passano da un genitore alla progenie. L’analisi delle frequenze di segregazione rappresenta la strategia di base per la costruzione di mappe genetiche e di linkage. Pubblicato a metà del XIX secolo, circa nello stesso periodo in cui il biologo dell’evoluzione Charles Darwin dava alle stampe il fondamentale testo Sull’origine della specie, il lavoro di Gregor Mendel non fu bene accolto dalla comunità scientifica. Il contributo scientifico del monaco, infatti, non fu riconosciuto fino ai primi anni del XX secolo

Genomica strutturale La genomica strutturale si occupa dell’organizzazione fisica del genoma, compresi l’aspetto dei cromosomi (il cariotipo) e la distribuzione dei geni e degli elementi non codificanti su di essi. Tra gli strumenti molecolari che consentono l’indagine dei genomi e lo studio della loro organizzazione, i marcatori molecolari sono, certamente, i più efficaci e adoperati. L’uso dei marcatori nella genetica vegetale è iniziato negli anni Settanta, quando il metodo per la caratterizzazione e la differenziazione genetica degli individui si basava sull’analisi delle forme alternative delle proteine (gli isoenzimi). In seguito, i ricercatori hanno iniziato ad analizzare direttamente le differenze (polimorfismi) nella sequenza nucleotidica del DNA, sviluppando così i primi marcatori molecolari come gli RFLP (acronimo di Restriction Fragment Length Polymorphism, polimorfismo della lunghezza dei frammenti di restrizione), 613


ricerca messi a punto impiegando enzimi di restrizione in combinazione con tecniche di ibridazioni del DNA. Più recentemente sono stati sviluppati i marcatori PCR-derivati. I RAPD (Random Amplified Polymorphic DNA, DNA polimorfico amplificato a caso) sono stati tra i primi marcatori molecolari basati sull’amplificazione PCR di sequenze casuali di DNA; successivamente gli AFLP (Amplified Fragment Length Polymorphism, polimorfismo della lunghezza dei frammenti – di restrizione – amplificati), gli SSR (Single Sequence Repeat, sequenze ripetute semplici) e gli STS (Sequence-Tagged Sites, siti con sequenza etichettata) hanno migliorato la qualità della ricerca genetica grazie all’elevato numero di polimorfismi rilevati. Altri marcatori basati sulla PCR possono essere derivati da una delle classi elencate in precedenza. Esempi di marcatori derivati dalla PCR sono i CAPS (Cleaved Amplified Polymorphic Sequence, sequenze polimorfiche amplificate e ristrette) e gli SCAR (Sequence Characterized Amplified Regions, regioni amplificate di sequenze caratterizzate). In tempi molto recenti sono state ideate metodiche veloci ed economiche per lo sviluppo di marcatori in grado di evidenziare con eccezionale efficienza il polimorfismo genetico tra gli individui. Tra questi marcatori i DArT (Diversity Arrays Technology) e gli SNP (Single-Nucleotide Polymorphism, polimorfismo di singoli nucleotidi) si stanno diffondendo sempre di più nella ricerca sulla patata. Per costruire una mappa di linkage occorre analizzare una popolazione di cinquanta o più individui figli. Successivamente, si esamina la presenza di specifici marcatori molecolari nel genoma di ciascun ibrido e per ogni marcatore si stabilisce se la pianta figlia è simile al genitore paterno o materno. Due marcatori sono detti “associati” (linked) se co-segregano nella progenie più spesso di quanto atteso su base casuale. Due marcatori che segregano sempre insieme nella progenie (per es., ogni pianta figlia ha entrambi i marcatori derivanti dalla madre o entrambi i marcatori derivanti dal padre) sono “perfettamente associati”. I marcatori, occasionalmente, possono non co-segregare (per es., uno dei marcatori in una determinata pianta figlia proviene dalla madre e l’altro dal padre). Sebbene questi marcatori possano dirsi ancora associati, essi non lo sono in modo perfetto e la frequenza con la quale si separano nella progenie è una misura della loro distanza genetica. Infine, i marcatori possono segregare in modo casuale nella progenie secondo rapporti prevedibili. Quando accade ciò, significa che i marcatori non sono associati e sono localizzati su cromosomi differenti o in regioni distanti dello stesso cromosoma. Una mappa di linkage è una rappresentazione grafica delle distanze genetiche tra marcatori molecolari, calcolate in maniera statistica. In pratica, i ricercatori ricorrono a banche dati o a registri di annotazione su cui appuntano i dati di segregazione di ciascun marcatore nella progenie ibrida; poi, mediante software ad hoc (MapMaker e Joinmap sono i più diffusi), calcolano le di-

Marcatori AFLP in patata

• La segregrazione dei marcatori

varietà 5

varietà 4

varietà 3

varietà 2

varietà 1

polimorfici in una progenie ibrida permette lo sviluppo di mappe genetiche e di linkage

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specie selvatiche stanze genetiche e sviluppano le mappe. I moderni tentativi di mappatura dei gruppi di linkage nella patata hanno portato alla creazione di mappe ad alta densità (con una più di 10.000 marcatori AFLP) per la specie coltivata e più piccole per alcune specie selvatiche. Dall’analisi delle mappe di linkage è possibile stabilire la localizzazione dei geni. Monitorando un carattere di interesse (per es., forma del tubero, resa o resistenza alle malattie) negli individui di una progenie e studiando le correlazione (co-segregazione) tra i marcatori molecolari e i caratteri, i ricercatori riescono a stabilire se e in che misura i primi sono associati ai secondi. I marcatori molecolari, infatti, possono essere associati in modo perfetto, associati oppure non associati al gene che controlla il carattere in esame, e le distanze genetiche tra il gene e il marcatore possono essere calcolate. Grazie alla determinazione di tali distanze genetiche, i geni possono essere posizionati sulle mappe di linkage. Finora, sono molti i geni di resistenza alle principali malattie della patata a essere stati mappati sia nella specie coltivata che in specie correlate. La mappatura di singoli geni è un’operazione piuttosto facile; più difficoltosa è, invece, la mappatura di loci di caratteri quantitativi (QTL, Quantitative Trait Loci), cioè poligeni che influenzano caratteri complessi, come la resa produttiva (misurata in kg/pianta). Le tecniche di mappatura tramite ricombinazione sono applicabili anche nel caso dei QTL, ma le analisi risultanti sono molto più complesse ed è necessario ricorrere ad analisi statistiche. Nonostante queste difficoltà, molti QTL sono stati mappati in patata, per esempio quelli che controllano i caratteri di maturità, resistenza quantitativa alle malattie e qualità del tubero.

Distanza genetica

• La distanza genetica è una misura della ricombinazione genetica: la frequenza con la quale due marcatori fisicamente associati sullo stesso cromosoma si ricombinano geneticamente nel corso della meiosi (formazione del polline e della cellula uovo). La distanza genetica si misura in unità centiMorgan (cM). I calcoli in cM sono all’incirca uguali alla frequenza di ricombinazione osservata, ma sono anche una misura della probabilità di doppia ricombinazione in una regione compresa tra due marcatori

Foto R. Angelini

Mappatura fisica Mentre i linkage e le mappe genetiche sono sviluppati sulla base delle distanze genetiche e delle frequenze di ricombinazione tra i marcatori, una mappa fisica si basa sul numero reale o stimato di nucleotidi presenti tra due marcatori. Uno degli scopi di questa procedura è identificare un insieme di frammenti clonati che si sovrappongono e che nel loro insieme rappresentano un intero cromosoma, o addirittura l’intero genoma. Per costruire una mappa fisica occorre partire da un gran numero di cloni, derivanti dal campione originale di DNA da mappare, clonati in vettori di dimensioni molto grandi, come gli YAC (Yeast Artificial Chromosome, cromosomi artificiali di lievito) o i BAC (Bacterial Artificial Chromosome, cromosomi artificiali di batteri). Ogni colonia di batteri o lieviti contiene un frammento unico di DNA di patata cosicché l’intero genoma è rappresentato da una serie di colonie (generalmente migliaia). Individualmente, queste colonie sono denominate “cloni”, collettivamente “libreria”. Le mappe fisiche possono coprire l’intero genoma di patata o una particolare

Mappa di linkage

• Una mappa di linkage parziale per la resistenza alla malattia della patata selvatica Solanum bulbocastanum generata usando la tecnologia DArT

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ricerca regione (per es., una regione cromosomica contenente un gene di resistenza). Libreria BAC

Mappatura fisica dell’intero genoma. Le mappe fisiche dell’intero genoma sono state ottenute per la patata coltivata e per la specie selvatica Solanum bulbocastanum. Differenti protocolli e approcci sono stati seguiti per le due specie, ma in entrambi i casi l’assemblaggio della mappa è avvenuto tramite l’allineamento di cloni isolati a caso da ampie librerie di inserti. Il metodo più efficace per ricostruire l’ordine dei cloni è di confrontarli tra loro e allinearli in base ai profili ottenuti in seguito a digestione enzimatica. Confrontando tra loro i profili di restrizione è possibile, infatti, allineare i cloni in base alle regioni di sovrapposizione e assemblare così intere regioni cromosomiche in cui i singoli cloni sono ordinati su tutta la loro lunghezza. Le mappe fisiche, inoltre, forniscono l’impalcatura per l’ancoraggio di marcatori molecolari mappati mediante analisi genetiche. Le risultanti “mappe integrate” sono un formidabile strumento per il sequenziamento dei genomi vegetali.

• La mappatura fisica e il clonaggio

genico fanno uso di librerie costituite da inserti di grandi dimensioni in cui porzioni del cromosoma di patata sono clonate e replicate da batteri o lieviti. Particolarmente importante per la moderna genomica sono le librerie BAC (Bacterial Artificial Chromosome, cromosoma artificiale batterico). Una libreria BAC di patata può comprendere diverse migliaia di colonie o cloni individuali, ciascuno contenente una differente regione del genoma di patata. Ciascun clone consta di circa 75-200 kb di DNA di patata (equivalente a circa 10-25 geni) e tutta la libreria rappresenta collettivamente l’intero genoma della patata. Tuttavia, mentre ogni cellula della specie selvatica di patata Solanum bulbocastanum contiene l’intero genoma, occorrono 7680 singoli cloni BAC per contenere lo stesso genoma! È possibile creare profili genetici dei cloni BAC consentendo ai ricercatori di determinare il modo in cui essi sono ordinati lungo i cromosomi della pianta. Ciascuno dei 7680 cloni BAC può inoltre essere sequenziato, fornendo la completa sequenza del genoma di S. bulbocastanum

Mappatura fisica di regioni specifiche. Più comune della mappatura fisica di tutto il genoma è la creazione di mappe fisiche di regioni specifiche del genoma di patata. Tentativi in questa direzione sono stati condotti soprattutto da ricercatori interessati all’isolamento di geni singoli applicando la metodologia del chromosome walking (letteralmente “passeggiata sul cromosoma”). Lo sviluppo di mappe fisiche per regioni specifiche avviene spesso in associazione alla mappatura genetica di precisione mediante marcatori molecolari. Assumendo che i marcatori molecolari mappati fiancheggino il gene di interesse, lo sviluppo di una mappa fisica che incorpora marcatori a monte e a valle del gene d’interesse assicura che questo possa essere ritrovato all’interno di uno degli inserti di cui è costituita la regione. Anche se laborioso e talvolta tedioso, lo sviluppo di mappe fisiche di regioni specifiche ha avuto un grande successo nello studio dei geni di patata. L’isolamento del gene RB che conferisce resistenza alla peronospora della patata è un tipico esempio. Sequenziamento del genoma Le tecnologie di sequenziamento del DNA hanno avuto un nuovo impulso nell’ultimo decennio. I metodi “tradizionali” di sequenziamento, basati sul sistema di interruzione della catena nucleotidica inventato da Frederick Sanger, hanno permesso di ottenere sequenze di DNA di elevata qualità e sono state utilizzate esclusivamente nello sviluppo delle prime sequenze genomiche di piante quali Arabidopsis thaliana (pianta modello per gli studi di genetica vegetale) e riso (Oryza sativa subsp. indica e subsp japonica). Questi metodi sono stati usati anche per generare la prima 616


specie selvatiche sequenza del genoma umano. Sfortunatamente, il metodo Sanger richiede uno sforzo rilevante nella preparazione dello stampo di DNA (ovvero nella preparazione delle librerie di inserti) e può essere piuttosto costoso se usato su larga scala: la generazione di sequenze di genoma da Arabidopsis, riso ed esseri umani è costata in tutti questi casi diversi milioni di euro. Negli ultimi cinque anni, le cosiddette tecnologie di sequenziamento di seconda generazione (NGS, Next Generation Sequencing) sono divenute facilmente accessibili ai ricercatori di tutto il mondo. Queste non richiedono un’eccessiva preparazione del campione e, cosa ancora più importante, sono rapide e poco costose, fornendo, a un costo esiguo, un numero di informazioni di sequenza maggiore di tre ordini di grandezza rispetto a quello ottenibile con il metodo Sanger. Le tecnologie di seconda generazione comprendono per lo più metodi di “sequenziamento per sintesi” in cui frammenti di DNA (per es., un frammento di genoma di patata) sono amplificati enzimaticamente mediante incorporazione graduale di nucleotidi. L’accrescimento della catena di DNA di neosintesi è accompagnato dall’emissione di luce, rilevata da una camera dotata di un dispositivo a carica elettrica accoppiata (CCD, Charge-Coupled Device) in grado di registrare e visualizzare la luce prodotta come picco in un pirogramma. Algoritmi computerizzati sono di solito utilizzati per decifrare le sequenze di DNA sulla base del tempo e dell’intensità delle emissioni. In generale, tra le tecnologie di sequenziamento per sintesi vi è un bilanciamento tra lunghezza e accuratezza delle sequenze di DNA prodotte. Tuttavia, l’elevata efficienza delle tecnologie di seconda generazione consente il risequenziamento dei singoli frammenti di DNA. Gli errori, in tal modo, possono essere corretti facendo una media di letture multiple dello stesso frammento, con una rilevante riduzione della loro frequenza. In pratica, la frequenza di errore delle tecnologie di seconda generazione è paragonabile a quella del metodo Sanger, anche se le prime forniscono una mole di dati molto maggiore e a costi sensibilmente inferiori. Le tecnologie di terza generazione che stanno per essere introdotte permetteranno il sequenziamento di singoli filamenti di DNA senza l’amplificazione enzimatica. Tali approcci presenteranno il vantaggio di avere un’elevata processività e di generare sequenze di DNA molto lunghe (fino a 50 kb in certe condizioni). Con il miglioramento delle tecnologie di sequenziamento del DNA, cresce nell’ambito della comunità scientifica mondiale la necessità di un supporto bioinformatico efficiente. L’obiettivo del “genoma da 1000 dollari” sarà presto realizzato e la nostra capacità di immagazzinare e interpretare i dati della sequenza di DNA va certamente migliorata. Occorre, quindi, sviluppare nuovi algoritmi per assemblare velocemente brevi sequenze di DNA e nuovi software per la consultazioni di enormi banche dati. Anche per la patata,

Foto R. Angelini

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ricerca la recente rivoluzione delle tecnologie genomiche ha portato a un cambiamento delle strategia di sequenziamento del genoma. Oggi la sequenza di gran parte del genoma di patata è disponibile in banche dati pubbliche, ma già sono in corso tentativi internazionali volti al miglioramento dei risultati ottenuti. Analogamente, anche il genoma del pomodoro, parente stretto della patata, è in corso di sequenziamento. Come per il sequenziamento della patata, anche per questa specie sono state utilizzate sia la tecnologia Sanger sia le tecnologie di seconda generazione. Data la stretta relazione evolutiva tra le due specie, è probabile che la sequenza del genoma del pomodoro sia utile per la ricerca sulla patata, consentendo la previsione della posizione e della struttura dei geni. Infine, un gruppo di ricercatori di diverse nazioni, denominato Sol100, si è impegnato a sequenziare nei prossimi anni il genoma di 100 specie di Solanaceae, compresi i genitori selvatici della patata coltivata. Tutte queste informazioni contribuiranno a chiarire molti aspetti della biologia della patata, accelerandone così il miglioramento genetico.

Sequenze di DNA e proteine del gene della resistenza alla peronospora (RB)

• Il DNA è composto da una serie di

quattro lettere o “nucleotidi” (a, c, g e t) che, variamente combinate, impartiscono alla cellula le istruzioni per la sintesi delle proteine. Tre nucleotidi in fila, che formano un “codone”, specificano un particolare aminoacido (per es., “atg” nella sequenza di DNA o “M” nella sequenza proteica specifica la metionina). Il gene RB completo è costituito da 6824 nucleotidi e codifica una proteina di 970 aminoacidi

Genomica funzionale La genomica funzionale si occupa della comprensione della regolazione dei geni e del modo in cui geni, proteine e metaboliti determinano i caratteri. In tal senso, la genomica funzionale offre un aiuto concreto al miglioramento genetico delle piante agrarie. In questo paragrafo, prenderemo in esame i recenti risultati derivanti dall’analisi del trascrittoma (l’insieme completo dei trascritti prodotti da un dato organismo) e del proteoma (l’intera gamma delle proteine codificate dal genoma) della patata e dai tentativi di migliorarla mediante le tecnologie del DNA ricombinante.

DNA: atggctgaagctttcattcaagttct gctagacaatctcacttctttcctca aaggggaacttgtattgcttttcggt tttcaagatgagttccaaaggctttc aagcatgttttctacaattcaagccg tccttgaagatgctcaggagaagcaa ctcaacaacaagcctctagaaaattg gttgcaaaaactcaatgctgctacat atgaagtcgatgacatcttggatgaa tataaaaccaaggccacaagattctc ccagtctgaatatggccgttatcatc caaaggttatccctttccgtcacaag gtcgggaaaaggatggaccaagtgat gaaaaaactaaaggca

Trascrittomica Il dogma centrale della genetica afferma che il DNA, una volta trascritto in RNA, è tradotto in proteine. Pertanto, il DNA (sotto forma di geni) funge da progetto esecutivo (blueprint) e l’RNA da lista di istruzioni copiata dal progetto, mentre le proteine, considerate i mattoni dell’organismo, sono il prodotto finale. Nel tentativo di comprendere in che modo i fenotipi delle piante sono determinati e controllati, i ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione su due fasi regolatrici chiave del dogma centrale: la trascrizione del DNA in RNA e la traduzione dell’RNA in proteine. Il termine “trascritto” è usato per descrivere una specifica molecola di RNA copiata da un gene specifico. Il termine “trascrittoma” si riferisce all’intero corredo di trascritti espressi in una particolare cellula o tessuto di un organismo, in determinati momenti dello sviluppo o in determinate condizioni ambientali. In tal senso, la “trascrittomica” può essere considerata la branca della genomica che studia il trascrittoma. È importante sottolineare che mentre il genoma resta invariato nell’arco della vita dell’organi-

Proteina: MAEAFIQVLLDNLTSFLKGELVLLFG FQDEFQRLSSMFSTIQAVLEDAQEKQ LNNKPLENWLQKLNAATYEVDDILDE YKTKATRFSQSEYGRYHPKVIPFRHK VGKRMDQVMKKLKA

618


specie selvatiche smo, il trascrittoma varia continuamente in risposta a stimoli (fisiologici, ambientali e di accrescimento). Per esempio, un gene di risposta allo stress da siccità può essere attivato in condizioni di carenza idrica e a livelli variabili (poco o molto). In altre parole, i cambiamenti ambientali possono causare l’attivazione dei geni della pianta e tale attivazione può essere modulata in proporzione all’entità dei cambiamenti stessi (con conseguente produzione di molto o poco RNA). A sua volta, l’RNA può essere tradotto in proteine. In generale, poco RNA consente di formare poche proteine e, viceversa, molto RNA determina la sintesi di molte proteine. Ogni pianta possiede diverse migliaia di geni e ciascun gene è costantemente regolato in risposta agli stimoli. La trascrizione e la traduzione dei geni sono eventi che richiedono energia e le interazioni tra prodotti genici devono essere accuratamente controllate. Per questi motivi, le piante hanno sviluppato nel corso della loro storia evolutiva meccanismi regolatori molto sensibili e sofisticati. Il compito dei ricercatori è monitorare i livelli di trascrizione delle piante in risposta agli stimoli (per es., siccità, attacchi di patogeni o trattamento con fertilizzanti) per migliorare la comprensione di quanto fanno i geni, di come funzionano le piante e di come migliorarne la performance in termini di raccolto. Il metodo più diffuso per ottenere dati quantitativi sull’espressione di geni singoli è la PCR quantitativa in tempo reale (qRT-PCR), mentre i microarray rappresentano la tecnologia più diffusa per realizzare studi di espressione di molti geni in parallelo. Le metodologie di sequenziamento del DNA sono state adattate anche allo studio del trascrittoma per mezzo dei segnali di sequenze espresse (EST, Expressed Sequence Tag) o approcci comprendenti il sequenziamento dell’RNA (RNAseq). Tutti i metodi moderni di trascrittomica determinano quali geni siano attivati e il grado in cui lo sono confrontando i livelli di espressione dei geni del gruppo sperimentale con quelli del gruppo di controllo.

Gene per la resistenza alla peronospora

• La mappatura fisica di specifiche

regioni cromosomiche in Solanum bulbocastanum ha consentito l’isolamento del gene per la resistenza alla peronospora (RB). Mediante un procedimento reiterativo e graduale, i marcatori genetici associati al gene RB sono stati usati per identificare i cloni BAC. Le estremità dei BAC sono state, quindi, sequenziate e nuovi marcatori molecolari sono stati sviluppati per la mappatura genetica di precisione e l’identificazione di cloni BAC sovrapponibili. I cloni BAC (rosso, blu e verde) rappresentano collettivamente la regione cromosomica contenente il gene RB CT88/TG495 Subconting CAPS273C CAPS274A TG495 117JI6F I75F20F 162D4F, 177O13R, 186A13F 64K8R CT88 122F4R 80G6R 12F6F 80G6F 52M2R

Proteomica Le piante regolano in modo molto efficiente la trascrizione dei geni in RNA. Allo stesso modo, la traduzione dell’RNA in proteine è rigorosamente controllata. Il termine “proteoma” è utilizzato per descrivere l’intero set di proteine di una particolare cellula o tessuto di un organismo, in determinati momenti dello sviluppo o in particolari condizioni ambientali. In tal senso, la “proteomica” può essere considerata la branca della genomica che studia il proteoma. Come il trascrittoma, il proteoma cambia in continuazione in risposta a stimoli fisiologici, ambientali ecc. A causa della possibilità di modifiche post-traduzionali, il proteoma può consistere di centinaia di migliaia di differenti tipi di proteine, sebbene il genoma comprenda solo decine di migliaia di geni. La complessità del proteoma e la difficoltà delle tecniche analitiche associate hanno limitato la nostra comprensione del patrimonio proteico della pa-

44N18 12F6 80G6 122B4 182F13 193A16

112116 64K8 157M5

619

13IE11

CB15A7 220C3

52M2F 137E3R, 201A16F 7OI7R 177O13F 49N10F 201A16R 177013 49810 200M6 128P10 136A13 137E3 162D4 175120 52M2 CB5E7 CB11E22 155C10 7017 77H14 165015 201A16 CB3A14


ricerca tata. Tuttavia, molti laboratori in tutto il mondo stanno contribuendo significativamente allo studio della struttura e dell’espressione delle proteine e nel prossimo futuro, probabilmente, la ricerca in questo ambito subirà un’importante crescita. Finora, le ricerche condotte in questo campo hanno riguardato principalmente il tubero della patata e in particolare lo studio dei componenti della buccia, dei fenomeni correlati alle diverse fasi di sviluppo e la determinazione delle principali classi proteiche.

Risposta della patata all’attacco della peronospora

• L’analisi trascrittomica della risposta

del tubero della patata all’attacco del patogeno della peronospora (Phytophthora infestans) per la varietà Russet Burbank (controllo) e la linea di patata SP2211 (Russet Burbank trasformata con il gene della resistenza alla peronospora RB) mostra che mentre 13.582 geni di patata restano invariati in seguito all’attacco del patogeno, il livello di espressione di 2562 geni aumenta nella Russet Burbank e quello di 2684 aumenta nella SP2211. Di questi, 1930 geni aumentano la loro espressione in entrambe le linee

Russet Burbank

Trasformazione Per i molti ricercatori che si occupano della patata, il miglioramento delle resistenze e delle produzioni rappresenta un obiettivo prioritario. Sebbene tutti i geni necessari per la realizzazione di tali obiettivi siano disponibili in varietà poco diffuse e in specie selvatiche, il loro trasferimento in varietà d’élite è estremamente difficile. La natura tetraploide della patata coltivata, infatti, impedisce il recupero dei caratteri d’interesse da uno specifico genotipo tramite incroci inter- (tra specie diverse di patata) e intraspecifici (tra varietà di patata). L’ingegneria genetica, negli ultimi decenni, ha reso possibile la manipolazione dei genomi e il trasferimento mirato di frammenti genici tra organismi. Grazie alle tecniche del DNA ricombinante, infatti, è possibile inserire un gene d’interesse in una varietà di patata, indipendentemente dalle incompatibilità sessuali esistenti, conservando tutte le caratteristiche che la rendono un prodotto apprezzato dai coltivatori e dai consumatori. Le tecniche per il trasferimento di specifici geni nel genoma di patata sono numerose, ma la più diffusa è la trasformazione mediante il batterio Agrobacterium tumefaciens. Anche se le piante coltivate geneticamente modificate (OGM) faticano a essere accettate dai consumatori, il processo di trasformazione ha un’origine sorprendentemente naturale. Nella sua forma nativa, l’A. tumefaciens è un patogeno delle piante capace di infettare molte specie e di causare la malattia nota come “tumore batterico del colletto”. Questo batterio ha la proprietà di assumere il controllo del genoma delle cellule infettate grazie all’inserimento di una porzione del suo DNA nel genoma della pianta ospite. Il risultato è che la pianta, una volta trasformata, inizia a produrre una classe di molecole, le opine, mai prodotte prima dalla pianta e utili all’accrescimento del batterio. Pertanto, in senso letterale, l’Agrobacterium ha trasformato piante per milioni di anni! Grazie agli sforzi condotti dalla comunità scientifica internazionale nei decenni scorsi, i geni attivati dall’A. tumefaciens durante il processo di trasformazione sono stati isolati e il suo genoma manipolato al fine di sostituire i geni per la sintesi delle opine con i geni d’interesse. Nella patata, per esempio, i geni delle opine sono stati sostituiti da un gene che conferisce resistenza alla peronospora.

SP2211

Foto R. Angelini

Attacco di peronospora

620


specie selvatiche L’A. tumefaciens così “ingegnerizzato” ha la proprietà di inserire nel genoma della pianta ospite il gene per la resistenza alla peronospora anziché i geni responsabili della sintesi delle opine. Poiché molti geni destinati al miglioramento della patata sono derivati dalle specie selvatiche, l’uso delle moderne tecniche di trasformazione porterà a piante di patata portatrici di geni derivati solo da altre piante di patata. Per descrivere questo processo è stato coniato il termine cisgenesi, con cui si è soliti indicare ai coltivatori e ai consumatori che nel genoma della pianta ospite (per es., la patata) non sono stati incorporati geni di provenienza non vegetale. Molti progressi sono stati compiuti nell’ambito del miglioramento genetico per le resistenze nella patata mediante le tecnologie appena descritte. Il terzo maggiore produttore di patate al mondo è l’India, un Paese altamente popolato che ogni anno deve fronteggiare l’instabilità di produzione a causa dei ricorrenti attacchi di peronospora che flagellano le coltivazioni. Piante di patata contenenti il gene di resistenza alla peronospora RB sono state sperimentate sul campo e si ritiene che saranno commercializzate in India nei prossimi due anni. Gli sforzi per trasformare la patata hanno anche portato a varietà con una composizione di amidi utile per alcuni alimenti, nonché per numerose applicazioni industriali. Attualmente, lo scetticismo dei consumatori e dei produttori verso le patate OGM ne limita l’uso sia in Europa sia negli Stati Uniti. Tuttavia, le tecnologie di trasformazione sono molto promettenti e si riveleranno utili non solo per introdurre le modifiche di produzione rese necessarie dai cambiamenti climatici globali, ma anche per ridurre la dipendenza dalla chimica nella produzione di patate.

Proteomica

• Le tecniche di proteomica hanno lo

scopo di separare le proteine l’una dall’altra e determinare l’identità e la quantità relativa. La separazione delle proteine è ottenuta utilizzando l’elettroforesi bidimensionale su gel di poliacrilammide o 2D-PAGE, in cui la separazione delle biomolecole in base alla carica è seguita dalla loro separazione in base alla massa. Una volta separata una proteina dalle altre per mezzo della 2D-PAGE, è possibile stabilire la sua identità tramite la spettrometria di massa. La ricerca in campo proteomico, inoltre, è stata favorita dalla diffusione di sofisticati software in grado di confrontare tra loro i profili proteici 2D, molti dei quali sono disponibili in banche dati pubbliche specifiche per le proteine

Foto R. Angelini

621


la patata Foto R. Angelini

ricerca Genetica della patata Patricio Malagamba, Julio Kalazich

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ricerca Genetica della patata Foto J. Kalazich e P. Santos, INIA

Introduzione La storia della genetica della patata è iniziata circa 100 anni fa quando R. Salaman applicò alla patata le leggi di Mendel, appena scoperte, allo scopo di sviluppare varietà di patata resistenti a Phytophthora infestans. Soltanto 80 anni dopo, la genetica della patata conobbe un significativo progresso e fu sviluppata la prima mappa molecolare dai ricercatori della Cornell University, mentre in soli 20 anni la sequenza completa del genoma della patata è stata svelata grazie al lavoro di ricercatori appartenenti a 14 Pae­ si (tra cui Italia e Cile) e coordinato dalla Agricultural University di Wageningen, nei Paesi Bassi. Un altro progresso importante della ricerca è stato lo sviluppo di marcatori molecolari che hanno facilitato il lavoro dei miglioratori nello sfruttare la grande diversità esistente tre le specie di patata. Tale variabilità si manifesta nella forma del tubero, nel colore della buccia e della polpa e nella va­ rietà di prodotti che è possibile ottenere. Nei paragrafi successivi saranno esposti gli aspetti principali della genetica della patata. Citogenetica della patata Attacco di peronospora (Phytophthora infestans) su tuberi di patata

Citologia di base È noto che la patata coltivata (Solanum tuberosum) possiede un numero di cromosomi di base (aploide) pari a 12 (n=x=12). Esiste un’intera serie di livelli di ploidia nelle specie di Solanum con 2n=2x, 3x, 4x, 5x e 6x, rispettivamente con 24, 36, 48, 60 e 72 cromoso­ mi somatici. La patata coltivata è tetraploide con 48 cromosomi

Variabilità del colore della polpa di varietà primitive di patata

Foto J. Kalazich e P. Santos, INIA

622


genetica della patata (2n=4x=48). Il raddoppiamento dei cromosomi somatici e la poli­ ploidizzazione sessuale sono i due principali meccanismi che sono stati proposti per spiegare in che modo si sono evolute le specie poliploidi. La maggior parte dei dati sperimentali fa ritenere che la poliploidizzazione sessuale abbia avuto il ruolo principale nella formazione delle serie poliploidi e nell’evoluzione sia delle specie selvatiche sia di quelle coltivate. Infatti, la capacità della maggior parte delle specie diploidi di produrre gameti con corredo cromo­ somico somatico (gameti 2n) ha facilitato gli incroci interspecifici e la formazione dei poliploidi. Esistono due tipi di poliploidi, gli au­ topoliploidi e gli allopoliploidi; con maggiore precisione possono essere denominati rispettivamente poliploidi disomici e poliploidi polisomici. Gli autopoliploidi sono quelli che possiedono più di due set di cromosomi omologhi della stessa specie, mentre gli allopoli­ ploidi sono quelli che ricevono i loro cromosomi da specie differen­ ti, e quindi per ogni cromosoma esistono solo due copie. Vi sono state controversie sulla natura autotetraploide o allote­ traploide della patata coltivata. Vi sono prove del fatto che S. tuberosum tetraploide si è evoluto a seguito di incroci tra specie diploidi selvatiche e coltivate del complesso brevicaule, seguiti da raddoppiamento cromosomico attraverso la poliploidizzazione sessuale. Pertanto, la patata coltivata è un allopoliploide, o meglio un poliploide segmentale (a causa delle somiglianze tra i genomi). Tuttavia, dal momento che normalmente si osserva appaiamento meiotico tra le sue quattro serie di cromosomi, ai fini pratici la pa­ tata coltivata è considerata un autotetraploide con appaiamenti a multivalenti. Le conseguenze genetiche della tetraploidia saranno descritte successivamente in questo capitolo.

Foto J. Kalazich e P. Santos, INIA

Varietà di patate coltivate sulle Ande

Variabilità del colore del fiore

Foto J. Kalazich e P. Santos, INIA

623


ricerca Caratteristiche del genoma Ogni organismo possiede un genoma o un “manuale delle istruzio­ ni” biochimico, al quale talvolta ci si riferisce come a una “mappa” che descrive in che modo tutti i geni sono disposti insieme. Si trat­ ta di una sequenza di DNA e ciascun gene al suo interno controlla differenti aspetti della crescita e dello sviluppo dell’organismo. Lievi mutamenti di questa “mappa” danno origine a differenti va­ rietà. I primi tentativi di identificare i cromosomi comprendevano l’uso della colorazione con coloranti che si legavano al DNA, co­ me l’aceto-carminio. I recenti sviluppi delle tecniche di ibridazione in situ (FISH, Fluorescence In Situ Hybridization) e le tecnologie che fanno uso di cromosomi batterici artificiali (BAC, Bacterial Artificial Chromosome) hanno fornito nuove opportunità per studia­ re il genoma della patata, rendendo possibile l’identificazione dei cromosomi e l’analisi della struttura del genoma e favorendo così un progresso significativo della citogenetica. Questi studi hanno permesso l’integrazione delle mappe geneti­ che e citologiche, individuando le zone introgresse con maggiore precisione e fornendo nuove informazioni sulla struttura del ge­ noma. Mediante queste nuove tecnologie BAC-FISH sono stati misurati i cromosomi della patata ed è stato scoperto che il cro­ mosoma 1 è il più grande (100-115 Mb) e il cromosoma 11 il più piccolo (49-53 Mb), mentre il rapporto mega-paia di basi rispetto ai micrometri è stato stimato in valori di 1,07 Mb/μm per l’eucro­ matina e di 3,67 Mb/μm per l’eterocromatina. Il genoma della patata comprende circa 840 milioni di paia di basi e si ritiene che possa codificare più di 40.000 geni. La prima map­ pa genetica molecolare della patata è stata elaborata nel 1988 dai

DNA

• Non esiste sostanza importante quanto

il DNA, dato che rappresenta la prima molecola della vita. Esso reca nella sua struttura le informazioni ereditarie che determinano la struttura delle proteine e le istruzioni per indirizzare le cellule a crescere e a dividersi

Cromosomi

• I cromosomi sono i portatori

dell’informazione genica. Sono costituiti da un singolo filamento di DNA che contiene l’intero set di geni essenziali per la vita e sistemati in una sequenza lineare

• La patata ha 12 cromosomi di base:

il cromosoma 1 è il più lungo con 100-115 Mb, il cromosoma 11 è il più piccolo con 49-53 Mb

Cromosomi

Cromosoma

DNA

Gene

• Un gene è una sequenza lineare di

Cellula

DNA costituita da una successione di nucleotidi. Le basi azotate di ciascun nucleotide – adenina (A), timina (T), guanina (G) e citosina (C) – determinano la funzione del gene e la struttura delle proteine

624


genetica della patata ricercatori della Cornell University, Stati Uniti, mediante i marcato­ ri RFLP (Restriction Fragment Length Polymorphism), utilizzando marcatori di pomodoro in posizione nota sulla mappa molecolare del pomodoro. Da quando la prima mappa molecolare è stata costruita ne sono comparse molte altre; tra esse una mappa a elevata saturazione con 10.000 marcatori AFLP (Amplified Fragment Length Polymorphism) (2006), che rappresenta la mappa di ricombinazione meiotica più densa mai costruita. Finora sono stati mappati molti geni utili per la resistenza alle malattie e agli insetti, tra cui 39 geni R e 65 loci di resistenza quantitativa (QRL, Quantitative Resistance Loci). Alcuni di essi sono riportati nella tabella in basso insieme a importanti geni che controllano il co­ lore della buccia e al gene D, necessario per l’accumulo tessutospecifico di antocianine nella buccia del tubero.

Genoma della patata

• Il genoma di patata è costituito

da circa 840 milioni di coppie di basi e codifica circa 40.000 geni. Nel 2009 è stata pubblicata la prima bozza della sequenza completa del suo genoma

Ibridazione sessuale interspecifica Se non esistono barriere sessuali, come per esempio quelle do­ vute a differenze in EBN, le specie selvatiche possono incrociar­ si tra loro con relativa facilità. Come già esposto, queste specie presentano un intero range di livelli di ploidia. Il 74% delle specie è diploide, per cui se si tenta di incrociare una qualsiasi di esse

Alcuni esempi di geni R mappati in patata Patogeno

Gene di resistenza

Cromosoma

Marcatore di ancoraggio

Referenza

Phytophthora infestans

Rpi-abpt

4

TG370

Park et al., 2005

P. infestans

RB/Rpi-blb1

8

CT119

Naess et al., 2000

P. infestans

Rpi-blb2

6

CT119

van der Vossen et al., 2005

P. infestans

Rpi-blb3

4

TG370

Park et al., 2005

P. infestans

R1

5

GP21-GP179

Leonards-Schippers, 1992

P. infestans

R2

4

TG370

Li et al., 1998

P. infestans

R3a

11

GP185

Huang et al., 2004

P. infestans

R5, R8, R9, R10, R11

11

GP185

Huang, 2005

P. infestans

R6, R7

11

GP185

El-Kharbotly et al., 2006

PVY

Ryadg

11

CP58

Hamalainen et al., 1997

PVY

Rysto

11

CP58

Brigneti et al., 1997

PVX

Rx1a, Rxb

12

GP34

a Ritter et al., 1991; b Bendahmane et al., 1997

PVX

Rx2,

5

GP21

Ritter et al., 1991

Globodera rostochiensis

H1

5

CP56 and CP113 TG689 Scar*

Van der Voort et al., 1997

Globodera rostochiensis

H1

5

CP56 and CP113 TG689 Scar*

Pineda et al, 1993; Gebhardt et al., 1993; *Sagredo et al., 2004

Meloidogyne chitwoodii; M. hapla

RMc1

11

TG523

Brown et al, 1996; Van der Voort et al., 1999

625


ricerca con un tetraploide (4x), normalmente non vengono prodotti semi a causa di un fenomeno noto come “blocco del triploide”. Stan Peloquin della Wisconsin State University negli anni Settanta del secolo scorso ha scoperto che la maggior parte delle specie di­ ploidi è capace di produrre gameti 2n, che permettono la produ­ zione di semi mediante incroci 4x-2x (oppure 2x-4x), con notevoli vantaggi per l’introgressione di geni utili dalle specie selvatiche alla patata coltivata.

Foto J. Kalazich e P. Santos, INIA

Meccanismi di formazione di gameti 2n. I gameti 2n si formano in seguito a mutazioni meiotiche che geneticamente sono ricon­ ducibili a due meccanismi principali. Uno è equivalente a una re­ stituzione del nucleo in prima divisione meiotica (FDR) e il secondo a una restituzione del nucleo in seconda divisione meiotica (SDR). Nel caso della FDR, la prima divisione meiotica è anomala mentre la seconda è normale, per cui, alla fine della meiosi, si formano due spore 2n. Nel caso della SDR la prima divisione è normale e la seconda, invece, non si verifica correttamente formando una diade di due spore 2n. Le conseguenze genetiche di questi due tipi di anomalie meiotiche sono molto diverse. Nel caso della FDR, i gameti 2n trasmetteranno in media l’80-83% dell’eterozigosi del progenitore 2x (tipo selvatico) alla progenie ibrida 4x in quanto le interrelazioni intra- e interlocus con le loro azioni geniche additive e non additive (epistasi) vengono trasferite in gran parte intatte alla progenie. D’altra parte, la SDR trasmette soltanto il 40% dell’ete­ rozigosi a causa del fatto che tutti i loci eterozigoti tra il centro­ mero e il primo chiasma sono omozigoti e quelli tra il primo e il secondo chiasma sono eterozigoti.

Nuova varietà costituita in Cile

Variabilità per forma e colore di cultivar andine

Foto J. Kalazich e P. Santos, INIA

626


genetica della patata Aploidi. Peloquin et al. hanno osservato che dopo incroci 4x-2x, particolarmente quelli in cui erano utilizzati genotipi diploidi di S. phureja, venivano prodotte piante con un numero di cromosomi somatici pari a 24 anziché 48. Esse assomigliavano al progenitore S. tuberosum 4x e si sono dimostrate essere aploidi di S. tuberosum (sporofiti con il numero di cromosomi gametofitico) prodotti tramite partenogenesi. Questa osservazione ha portato alla me­ todica della produzione di migliaia di aploidi da diversi genotipi tetraploidi. Gli aploidi della patata coltivata tetraploide forniscono uno strumento per il miglioramento genetico. Essi mettono a di­ sposizione anche un’opportunità unica per l’analisi genetica dei caratteri poligenici. Una popolazione di aploidi da un singolo clo­ ne tetraploide altamente eterozigote rappresenta un pool casua­ le di gameti femminili. Inoltre, la variabilità genetica nascosta nei poliploidi può essere rivelata nelle popolazioni di aploidi e questi possono esprimere tratti che non erano presenti nei progenitori. Sono state utilizzate popolazioni aploidi per caratterizzare la base genetica di molti caratteri tra cui la resa totale, il peso del tubero, la maturità della pianta, la dormienza del tubero, il contenuto di sostanza secca e i livelli di glucosio dei tuberi.

Aploidizzazione e diploidizzazione sessuale

• Negli anni Settanta, Stan Peloquin

e i suoi collaboratori della Wisconsin State University scoprirono il modo per ottenere la riduzione del livello di ploidia attraverso gli incroci 4x × 2x tra S. tuberosum, tetraploide, e S. phureja, diploide. Le progenie che ne risultarono erano 2x e assomigliavano a S. tuberosum. I ricercatori conclusero che le progenie si formavano attraverso un processo di partenogenesi Foto R. Angelini

Poliploidizzazione sessuale. L’introduzione di nuove combina­ zioni genetiche da specie selvatiche-coltivate a livello diploide utilizzando aploidi è molto efficace in quanto evita le complica­ zioni dell’ereditarietà tetraploide. Tuttavia, il livello diploide non è il migliore per lo sviluppo di cultivar. Per raggiungere la massima eterozigosi e la massima resa è necessario sfruttare le interazioni inter- e intralocus (rispettivamente epistasia e dominanza) create a livello tetraploide. Pertanto, quando vengono prodotti aploidi di varietà 4x è necessario successivamente ritornare al livello tetra­ ploide. Esistono tre possibili meccanismi per ottenere questo: uno è l’uso di sostanze chimiche (quella più usata è la colchicina), il secondo consiste in tecniche di coltura in vitro di tessuti e il terzo fa uso della poliploidizzazione sessuale con gameti 2n, che può esse­ re poliploidizzazione unilaterale o bilaterale. La poliploidizzazione unilaterale si ha quando un progenitore diploide che produce ga­ meti 2n (potrebbe essere una specie diploide selvatica-coltivata o un ibrido diploide) viene incrociato con un progenitore già te­ traploide, secondo uno schema 4x-2x o 2x-4x che, in entrambi i casi, produce una progenie 4x. Nella maggior parte dei casi non si formano triploidi da questi incroci in seguito al blocco del triploi­ de che deriva da uno sbilanciamento genomico nell’endosperma. La poliploidizzazione bilaterale si verifica quando entrambi i pro­ genitori producono gameti 2n in un incrocio 2x-2x che produce una progenie 4x. Le evidenze attualmente note dimostrano che la patata coltivata S. tuberosum tetraploide si è evoluta in questo modo, attraverso una serie di incroci tra progenitori selvatici e

Esposizione di prodotti confezionati di patate native al Centro Internazionale della Patata di Lima Foto M. Scurrah, Gruppo Yanapai

Tuberi di varietà andine

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ricerca coltivati e la successiva formazione della specie 4x attraverso ga­ meti 2n. I metodi di poliploidizzazione sessuale hanno permesso lo sviluppo di diversi schemi per la selezione.

Foto J. Kalazich e P. Santos, INIA

Fertilità e sterilità La fertilità dei gameti è un componente molto importante nel mi­ glioramento genetico in quanto se un incrocio fornisce semi vitali si crea variabilità e la selezione clonale può andare avanti. Tutta­ via, i miglioratori incontrano spesso problemi con la fertilità dei gameti, dal momento che molte varietà sono sterili (soprattutto a causa della sterilità del polline). Ciò ostacola l’introgressione di combinazioni genetiche utili nel corso dei programmi di migliora­ mento genetico. In generale, in base all’esperienza dei migliora­ tori, si ritiene che almeno un terzo delle varietà non produrrà frutti con semi. La maggior parte delle specie vegetali, tra cui S. tuberosum, è in grado di fiorire abbondantemente e le specie adattate a gior­ no corto fioriscono in modo più abbondante quando crescono in condizioni longidiurne. La capacità di fiorire ha un controllo ge­ netico influenzato dall’ambiente. Nei climi temperati molte varietà hanno una scarsa fioritura e i miglioratori hanno sviluppato metodi per aumentarla. Uno di questi consiste nel piantare i tuberi seme su mattonelle (normalmente in una serra), esponendo la parte del­ la pianta in cui crescono gli stoloni in modo tale che la luce osta­ coli la formazione del tubero e ne sia facile la rimozione. Un altro metodo consiste nel legare lo stelo; questa pratica si è di­ mostrata in grado di ritardare la traslocazione delle sostanze assi­ milate verso il basso nei tuberi stimolando, in tal modo, l’antesi in

Bacca di patata. I frutti di patata potrebbero contenere più di 200 semi in base alla fertilità del polline Foto R. Angelini

Foto X. Cadima, Fundación PROINPA

Solanum ajanhuiri, cultivar Lunk’u ajawiri Khari

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genetica della patata varietà con scarsa fioritura. Ciò è dovuto all’accumulo di sostanze assimilate nella parte alta della pianta, fenomeno necessario per la formazione del fiore. Tuttavia, anche se possono fiorire, alcune specie non si incrociano a causa di barriere di incompatibilità. Un caso importante è l’autoincompatibilità che si osserva nella mag­ gior parte delle specie diploidi di Solanum; essa è controllata da un singolo locus S con molti alleli (S1, S2, S3 ecc.). Questo tipo di incompatibilità ha permesso il mantenimento di elevati livelli di eterozigosi nelle specie diploidi che ora possono essere utilizzate nel miglioramento genetico della patata coltivata. L’autoincom­ patibilità può essere superata anche mediante raddoppiamento cromosomico, ma essa verrà ristabilita se si estraggono aploidi da tetraploidi. Un altro sistema che impedisce l’incrocio è la sterilità citoplasma­ tica maschile (CMS, Cytoplasmic male sterility), causata da inte­ razioni tra geni citoplasmatici e nucleari. La CMS è stata riportata in alcune specie di Solanum e in ibridi interspecifici. La sterilità si manifesta nella progenie di un incrocio a seconda della direzione di quell’incrocio. Per esempio, negli incroci tra S. tuberosum x S. andigena, utilizzando quest’ultima come genitore maschile, la maggior parte della progenie è composta da maschiosterili. Tut­ tavia, quando andigena è usata come genitore femminile (incrocio reciproco) la progenie è completamente fertile. Lo stesso fenome­ no è stato osservato in incroci tra aploidi di queste due specie. La CMS è stata osservata anche in altre specie come S. acaule, S. demissum, S. verrucosum e S. stoloniferum. S. stoloniferum è stato usato con successo come fonte di resi­ stenza a PVY in incroci con aploidi di S. tuberosum. La CMS è

Foto X. Cadima, Fundación PROINPA

Solanum curtilobum cultivar Azul Morq’o Luk’i Foto R. Angelini

Foto X. Cadima, Fundación PROINPA

Solanum stoloniferum Foto R. Angelini

Patata Tunta Solanum stenotomum, cultivar Puka Wayk’u Papa

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ricerca dovuta alla presenza di un gene citoplasmatico di sterilità ma­ schile. Il ripristino della fertilità è possibile grazie a un gene risto­ ratore (Rf) che è stato individuato in aploidi di S. tuberosum cileni. Esso permette la produzione di progenie maschile fertile anche in presenza di un impollinatore contenente il gene della sterilità maschile. Nei derivati di Neotuberosum (S. andigena adattata a giorno lungo attraverso cicli di selezione ricorrenti ripetuti), è stato osservato un aumento della fertilità maschile negli ibridi Neotuberosum x tuberosum, quando i cicli di selezione ricorrenti avanza­ vano raggiungendo il massimo di fertilità al 5° ciclo. Una barriera molto diffusa è, infine, quella legata a differenze in EBN tra genitori.

Neotuberosum

• Il nome Neotuberosum è dato

al germoplasma di S. andigena che, dopo parecchi cicli di selezione ricorrente per l’adattamento al giorno lungo, è capace di tuberizzare come S. tuberosum. In particolare, Simmonds nel 1959 e Plaisted negli Stati Uniti, nel 1963, iniziarono un lavoro per l’adattamento di andigena alle condizioni di giorno lungo. Dopo 5 cicli di selezione ricorrente Plaisted ottenne una popolazione nella quale era impossibile individuare l’origine dei suoi genotipi

Natura tetraploide della patata e sue conseguenze genetiche La patata tetraploide coltivata presenta un’ereditarietà tetraploi­ de più complessa dell’ereditarietà disomica. Per esempio, in una situazione con un locus e due alleli, per esempio A e a, in un diploide sono possibili soltanto tre genotipi: AA, Aa e aa. Al contrario, con ereditarietà tetraploide tetrasomica sono possibili cinque genotipi: AAAA (denominato quadruplex), AAAa (triplex), AAaa (duplex), Aaaa (simplex) e aaaa (nulliplex). Di conseguenza, in un diploide, la segregazione si può verificare soltanto in seguito ad appaiamento in Aa, mentre in un tetraploide si può verificare in seguito ad appaiamento di tre genotipi AAAa, AAaa e Aaaa. Se un individuo eterozigote per un locus è autofecondato, la proba­ bilità di ottenere recessivi omozigoti è pari a 1/4 nei diploidi ma a 1/36 nei tetraploidi duplex. Una situazione ancora più comples­

Foto R. Angelini

Foto X. Cadima, Fundación PROINPA

Solanum juzepckzukii, cultivar Mururu K’aysalli Luk’i

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genetica della patata sa si verifica quando tutti e quattro i cromosomi omologhi sono associati a quadrivalente. Cromatidi fratelli possono quindi finire nello stesso gamete, un fenomeno noto come doppia riduzione, la cui probabilità α è chiamata coefficiente di doppia riduzione: esso indica la probabilità che due cromatidi fratelli finiscano nello stesso gamete.

Foto X. Cadima, Fundación PROINPA

Eterosi In accordo con la teoria dell’eterosi, le interazioni intra- e interlocus sono molto importanti per la determinazione della produzione. In un tetraploide vi è un massimo di quattro possibili alleli per locus (per esempio A1, A2, A3, A4) per cui possono esistere 11 interazioni per locus tetrasomico. Al contrario, in un diploide vi sono solo due alleli, per cui è possibile una sola interazione per locus. Il livello te­ trasomico può potenzialmente garantire una maggiore produzio­ ne rispetto al livello disomico in quanto ciascun locus può avere una maggiore diversità genetica, e quindi un livello di eterosi più alto. La dimostrazione di tutto ciò si osserva quando un fenotipo tetraploide altamente eterozigote è autofecondato. È stato deter­ minato che nella prima generazione di autofecondazione la resa è dell’83% rispetto alla F1, ma in S6 è solo il 19% della F1. Questa è una diretta conseguenza della perdita di interazioni intra- e inter­ locus dovuta all’autofecondazione, e anche all’accumulo di alleli recessivi deleteri per caratteri quali vigore e fertilità. D’altra parte, si osserva l’inverso quando si usa germoplasma distante geneti­ camente. Ciò è particolarmente evidente negli incroci 2x-2x che utilizzano gameti 2n FDR, in cui si ottiene la massima eterozigosi­ tà e quindi anche il massimo vigore e la massima resa.

Solanum andigena, cultivar Sani Imilla

Rovine Inca di Machocolqa e terrazzamenti con coltivazioni di patate, Perú

Foto R. Angelini

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la patata Foto R. Angelini

ricerca Miglioramento genetico Domenico Carputo, Luigi Frusciante

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti - IstockPhoto: pagg. 97 - 98 - 100 - 101 - 108 (in alto) - 111 - 112 - 113 - 115 - 116 - 117 (in basso) - 118 - 120 - 121 - 122 - 125 (in alto) - 126 (in alto) - 127 - 128 - 129 (in alto) - 131 (in alto) - 132 - 133 - 134 - 135 - 136 - 138 - 139 (in alto) - 141 - 178 - 180 (in basso) - 182 (in alto) - 195 (in alto) - 196 - 198 - 200 - 201 - 203 (in basso) - 206 - 207 (in basso) - 208 - 209 (in alto) - 210 - 211 213 - 240 (in basso) - 242 (in basso) - 243 (in basso) - 249 (in alto) - 250 (in alto) - 260 - 264 (in basso) - 265 - 266 (in basso) - 267 - 270 (a destra) – 271 (a sinistra) - 274 - 275 - 276 - 278 - 279 - 287 (in basso) - 289 - 291 (in alto) 296 (destra) 297 (sinistra) 298 (basso) 299 (in alto) 306 - 307 346 (in alto) - 685 (in alto) - 687 - 691 - 761 (in alto) - 763 (in basso) - 764 (in alto) 765 (in basso) - 857 (in basso). DreamsTime: pagg. 119 - 164 - 165 - 166 - 167 - 169 170 - 171 - 173 - 174 - 175 - 176 - 177 - 179 - 180 (in alto) - 181 - 182 (in basso) - 186 - 187 - 214 (in alto) - 241 - 242 (in alto) - 255 (a sinistra) - 261 (in basso) - 263 (in alto) - 264 (in alto) - 266 (in alto) - 272 - 273 - 277 - 632 - 634 - 673 - 675 - 676 - 681 - 763 (in alto) - 786 - 787 788 - 789 - 857 (in alto).


ricerca Miglioramento genetico Per una pataticoltura moderna ed ecosostenibile è fondamentale l’uso di varietà che a un ridotto consumo energetico associno il massimo rendimento e la migliore qualità del tubero. La costituzione di nuove varietà di patata con tali caratteristiche è un’attività di pertinenza del miglioramento genetico, inteso come arte e scienza finalizzate a modificare l’assetto genetico delle piante coltivate. Le recenti acquisizioni nel campo della genetica, delle biotecnologie, della fisiologia, della biologia molecolare e di numerose altre discipline hanno enormemente ampliato le possibilità del miglioramento genetico. Sono ormai molto diffusi approcci sperimentali ”ad alto rendimento” (high-throughput) che consentono l’analisi su vasta scala dei genomi e dei loro prodotti di espressione. Grazie alle conquiste della genetica molecolare e della genomica sono note la struttura, l’organizzazione e la funzione di molti geni, e a breve, quale risultato di uno sforzo scientifico internazionale, sarà disponibile l’intera sequenza del genoma della patata. Si può quindi affermare che le attività dei miglioratori si stanno sempre più indirizzando verso un miglioramento genetico ”di precisione” (precision breeding), che permetterà di ottenere il genotipo con alleli mirati per ogni specifico ambiente. In questo capitolo saranno prese in considerazione alcune delle più interessanti e diffuse strategie utilizzate nel miglioramento genetico della patata per produrre variabilità genetica e per effettuare una selezione efficiente. Affinché un miglioratore operi con successo è necessario che sappia integrare strategie convenzionali e innovative, coniugando le conoscenze della genetica

Multidisciplinarità del miglioramento genetico

Patologia ed entomologia

Biochimica

Biologia molecolare Genetica

MIGLIORAMENTO GENETICO

Biotecnologie Fisiologie

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Agronomia

Statistica e bioinformatica


miglioramento genetico vegetale con quelle delle altre discipline a essa collegate, nonché con le più recenti acquisizioni della genomica strutturale e funzionale. Prove di progenie

Aspetti genetici rilevanti per il miglioramento genetico Come discusso nel capitolo Risorse genetiche e genomica, la genetica della patata è davvero unica, e risulta più complicata di quella di ogni altra specie diploide o allopoliploide. Particolarmente importante per il miglioramento genetico è la situazione allelica a ciascun locus. Negli autopoliploidi, infatti, quanto più diversi sono gli alleli di uno stesso locus, tanto più elevata è l’eterozigosi, e maggiore è il numero di interazioni epistatiche e tra loci distinti. Dal punto di vista fenotipico ciò consente di massimizzare il vigore ibrido (eterosi). A ogni locus sono possibili fino a 4 alleli differenti (per esempio A1, A2, A3, A4) e quindi vari effetti genetici non-additivi: di primo ordine (tra due alleli), di secondo ordine (tra tre alleli) e di terzo ordine (tra tutti e quattro gli alleli). In un genotipo tetrallelico ciò corrisponde a 11 interazioni eteroalleliche. Il peggioramento delle performance delle progenie prodotte a seguito di autofecondazione o di incrocio tra parentali geneticamente simili è attribuibile non solo all’incremento di omozigosi, ma anche alla perdita di interazioni trialleliche e tetralleliche richieste per massimizzare l’eterosi. I miglioratori, pertanto, nel definire le strategie per massimizzare l’eterozigosi e il multiallelismo (e quindi l’eterosi) devono essere molto attenti all’uso di parentali appropriati. Progenie con alti livelli di multiallelismo possono essere prodotte attraverso impollinazioni controllate che coinvolgono parentali geneticamente diversi o sfruttando i gameti 2n.

• Spesso si ricorre alle cosiddette prove

di progenie per identificare la migliore combinazione di parentali. Esse permettono di scegliere una coppia di genitori in base alle performance delle loro progenie

• Queste prove si basano sulla

stima di due importanti parametri: l’attitudine alla combinazione generale e l’attitudine alla combinazione specifica. La prima si riferisce alla performance media della progenie di un parentale incrociato con altri parentali; la seconda, invece, riguarda la performance della progenie di un parentale in una specifica combinazione a confronto con la performance dello stesso parentale in altre specifiche combinazioni Foto R. Angelini

Dogma centrale del miglioramento genetico • Ibridazione sessuale e somatica • Mutagenesi • Colture in vitro • Ingegneria genomica • Ingegneria genetica Produzione di variabilità genetica SELEZIONE

NUOVA VARIETÀ

• Fenotipica • Cellulare • Molecolare

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ricerca Occorre brevemente sottolineare altre caratteristiche genetiche importanti per il miglioramento genetico della patata. La prima è relativa al fatto che, come ogni specie propagata vegetativamente, la patata è altamente eterozigote. Di conseguenza, nella generazione F1 che segue l’ibridazione, è attesa la segregazione dei caratteri. La seconda è legata al fatto che genotipi omozigoti sono difficili da ottenere tramite autofecondazione a causa della depressione da inbreeding. L’ultima riguarda il fatto che la patata coltivata ha una base genetica ridotta rispetto alle specie selvatiche. Ciò è dovuto principalmente al numero limitato di genotipi che sono stati usati per sviluppare le tipologie coltivate. In tutti i programmi di miglioramento genetico occorre avere informazioni sulla base genetica dei caratteri da modificare. Nel caso di caratteri monogenici è importante conoscere il tipo di controllo genetico (dominante/recessivo), mentre nel caso di caratteri poligenici è fondamentale sapere il numero di loci coinvolti e l’ereditabilità del carattere. Questa è calcolata in base al rapporto tra la varianza genetica e la varianza totale attribuibile all’ambiente, ai geni e all’interazione genotipo-ambiente. È relativamente semplice migliorare i caratteri che hanno un controllo monogenico, in quanto le popolazioni segreganti sono raggruppabili in poche classi fenotipiche ben definite. Purtroppo, però, la maggior parte dei caratteri importanti per il miglioramento genetico della patata (per esempio produzione, resistenza a molti stress biotici e abiotici, contenuto in amido) ha un controllo poligenico e le popolazioni segreganti mostrano una variazione continua. I loci preposti al controllo di un carattere quantitativo sono denominati QTL (Quantitative Trait Loci, loci per i caratteri quantitativi) e possono avere effetti genici elevati (major QTL) o ridotti (minor QTL). Lo sviluppo degli strumenti della genomica consente di identificare, mappare e conoscere l’effetto dei QTL coinvolti nel controllo quantitativo di un carattere, e quindi di predisporre le strategie di miglioramento genetico più valide. Obiettivi del miglioramento genetico Dati i molteplici usi della patata (mercato fresco e industria di trasformazione in prodotti fritti, amido, appertizzati ecc.), gli obiettivi del miglioramento genetico sono numerosi e spesso contrastanti tra loro. Le priorità riguardano essenzialmente la qualità dei tuberi (colore della buccia, forma e calibro, contenuto in sostanza secca, resistenza all’addolcimento, caratteristiche dell’amido, contenuto in vitamine) e la resistenza a stress ambientali (siccità, alte e basse temperature, patogeni). Da rilevare che negli ultimi anni gli sforzi dei miglioratori tengono in grande considerazione non soltanto le esigenze legate alla sicurezza e alla qualità del tubero, ma anche alla protezione dell’ambiente e alla sostenibilità dell’agricoltura. 634


miglioramento genetico La qualità è diventata un obiettivo importante ovunque. I fattori di qualità cambiano con le tipologie di utilizzazione e sono generalmente inclusi in due principali categorie. La prima è rappresentata dalla ”qualità esterna”, correlata a caratteri quali il colore della buccia, e la forma e la dimensione del tubero. Questi caratteri sono considerati molto importanti per il mercato fresco, in quanto i tuberi sono sottoposti al giudizio dei consumatori. La seconda categoria, la ”qualità interna”, include le proprietà nutrizionali e il valore culinario a seguito di cottura o trasformazione. Caratteri che influenzano la qualità interna sono il contenuto di sostanza secca, il sapore, il contenuto in zuccheri riduttori e proteine, la qualità dell’amido, il tipo e la quantità di antiossidanti presenti. In termini di resistenza a stress biotici, di primaria importanza è quella nei confronti di Phytophthora infestans, l’agente causale della peronospora della patata. Sin dalla sua prima catastrofica comparsa in Europa durante il XIX secolo, questo fungo è stato considerato il patogeno più temibile per questa coltura. In passato singoli geni di resistenza razza-specifici sono stati introgressi nelle varietà coltivate dalla specie selvatica esaploide S. demissum. Le nuove razze di P. infestans hanno ormai superato queste resistenze monogeniche, e c’è quindi necessità di nuove fonti di resistenza. Tra gli altri obiettivi del miglioramento genetico vi è anche la resistenza agli insetti Leptinotarsa decemlineata, Phtorimea operculella, Myzus spp. e Aphis spp., ai nematodi Globodera rostochiensis e G. pallida, e al batterio Streptomyces scabies. Negli ultimi anni il rinnovato interesse verso il mercato fresco e l’ingresso di nuovi Paesi nell’Unione Europea hanno spinto i miglioratori a considerare anche la resistenza a Colletotrichum coccodes, Clavibacter michiganensis, Ralstonia solanacearum e Dickeya dadantii (Erwinia chrysantemii). Tra gli stress abiotici, la resistenza alle alte temperature e agli stress idrici è ritenuta molto importante a causa della sempre maggiore diffusione della coltivazione di patata in aree con climi caldi. Vale la pena di segnalare anche la resistenza a basse temperature in ambienti dove la patata può essere coltivata tutto l’anno. Nell’area mediterranea, per esempio in Sicilia, i tuberi sono piantati a partire da novembre, in un ciclo che è più anticipato rispetto al tipico ciclo primaverile-estivo. A causa della mancanza di varietà resistenti, però, questa produzione extrastagionale, molto remunerativa, può essere seriamente compromessa dalle basse temperature.

Foto R. Angelini

Afidi Foto R. Angelini

Dorifora Foto R. Angelini

Metodi convenzionali di miglioramento genetico Il miglioramento genetico può usufruire di un insieme di procedure che rendono la patata una coltura modello per i miglioratori. Essa risponde bene a varie applicazioni delle colture in vitro, quali

Peronospora

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ricerca la fusione somatica e la coltura di antere e polline. Si è rivelata anche una specie ideale per la messa a punto di schemi di miglioramento basati sull’uso di gameti 2n e di protocolli di ingegneria genetica. In questo paragrafo saranno considerati i metodi di miglioramento genetico convenzionali basati sull’ibridazione sessuale. Essi saranno raggruppati in due livelli: il livello intraspecifico e il livello interspecifico. Livello intraspecifico. È essenzialmente basato su incroci tra genotipi (spesso varietà) 4x(4EBN) di S. tuberosum e sulla selezione fenotipica. Le varietà oggi usate derivano proprio da questo tipo di strategia, che non è molto diversa da quella realizzata nei primi programmi di miglioramento genetico della patata dell’inizio del Novecento. Il suo razionale è da sempre basato sulla valutazione di un numero decrescente di cloni tetraploidi selezionati con prove di campo e di laboratorio. La procedura inizia con l’identificazione di parentali 4x(4EBN) geneticamente diversi, aspetto cruciale per prevenire l’omozigosi e garantire un’elevata diversità allelica nella progenie. A causa degli alti livelli di eterozigosi, tipici della patata coltivata tetraploide, si produce una progenie F1 segregante. I tuberi raccolti da ciascun clone F1 selezionato costituiscono la prima generazione di selezione clonale. Essi sono utilizzati sia per allestire parcelle sperimentali sia per incrementare il numero di tuberi-seme necessari per le prove agronomiche successive. Nelle generazioni seguenti i cloni selezionati sono allevati in parcelle più grandi, e di volta in volta il loro numero, a seguito del lavoro di selezione, si riduce. Nei primi anni, per una corretta selezione fenotipica multicaratteriale, sono eliminati i cloni con caratteristiche agronomiche

Qualità del tubero

• Il miglioramento delle caratteristiche

qualitative del tubero sta diventando sempre più importante. I principali caratteri qualitativi sono: – caratteri morfologici (colore della buccia e della polpa, forma del tubero, profondità degli occhi, caratteristiche della buccia, lunghezza degli stoloni) – caratteri fisiologici (dormienza e tuberizzazione) – caratteri qualitativi interni (contenuto in amido, glicoalcaloidi, resistenza a imbrunimento, addolcimento, peso specifico, ammaccatura) – tipologia culinaria e tessitura

• Tra i nuovi obiettivi dei miglioratori

c’è lo sviluppo di varietà che nei tuberi non accumulano asparagina e glicoalcaloidi. L’asparagina è un aminoacido precursore dell’acrilamide, che si forma durante la reazione Maillard come parte del processo di cottura. Ha effetti cancerogeni e potrebbe danneggiare il sistema nervoso. I glicoalcaloidi sono ugualmente tossici, se assunti in grandi quantità, avendo possibili effetti teratogeni, embriotossici e cancerogeni

Frutti prodotti dall’incrocio sessuale tra due varietà di patata

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miglioramento genetico indesiderate (selezione negativa), mentre negli anni successivi sono selezionati i cloni con le migliori performance (selezione positiva). Un’alta percentuale di cloni è scartata durante la valutazione della prima generazione di selezione clonale. La selezione per resistenza e qualità, invece, è di solito effettuata nelle ultime generazioni di selezione clonale, quando il numero dei cloni in valutazione si è drasticamente ridotto. In numerosi programmi di miglioramento genetico, per incrementare l’efficienza della selezione, sono adottate procedure di selezione ad hoc: eliminazione (prima del trapianto) delle piantine F1 poco vigorose; eliminazione, in prima generazione clonale, di cloni con colore/forma dei tuberi e profondità degli occhi indesiderati; selezione negativa per la produzione e il peso del tubero nella prima generazione clonale, e per il numero di tuberi nella seconda generazione clonale. L’ultima parte di un programma di miglioramento genetico include il confronto con varietà controllo, il mantenimento di standard fitosanitari elevati, la propagazione dei tuberi-seme e le strategie di marketing. Livello interspecifico. Sebbene la strategia appena descritta sia ancora la più utilizzata, in un numero crescente di programmi di miglioramento si cerca di utilizzare l’immenso patrimonio genetico delle specie selvatiche, soprattutto quelle 2x(2EBN), fornitrici di caratteri (e quindi geni) utili e di diversità allelica. L’uso delle specie diploidi, inoltre, consente ai miglioratori di operare con modelli genetici più semplici basati sull’eredità disomica, meno complicata di quella tetrasomica del livello 4x(4EBN). Ulteriore vantaggio è quello di avere necessità di una popolazione di partenza più ridotta.

Ibridazione sessuale ed EBN

• Nelle strategie di miglioramento

genetico basate sull’ibridazione sessuale è importante conoscere il numero di bilanciamento dell’endosperma (Endosperm Balance Number, EBN) dei parentali per definire schemi di incrocio appropriati

• L’EBN nelle specie di patata varia

da 1 (per esempio in S. brevidens, S. bulbocastanum e S. commersonii) a 4 (per esempio in S. tuberosum e S. demissum), e così come accade per il corredo cromosomico il suo valore si dimezza nei gameti. Una specie 2x(2EBN), pertanto, produrrà gameti 1x(1EBN)

• Affinché un incrocio abbia successo

è necessario che nell’endosperma degli ibridi ci sia un rapporto di 2:1 tra EBN materno e paterno. Questo normalmente si verifica quando i due parentali hanno lo stesso EBN

Campo in piena fioritura Infiorescenza di un genotipo tetraploide di patata

637


ricerca Il miglioramento genetico interspecifico a livello diploide si basa sul fatto che il modello EBN consente di prevedere l’esito positivo o negativo degli incroci tra specie differenti e quindi di sviluppare opportuni schemi di miglioramento genetico. Esso sfrutta anche i vantaggi dei gameti 2n, molto diffusi nelle specie selvatiche e coltivate di patata, e la relativa semplicità con cui è possibile ottenere aploidi di S. tuberosum. La prima fase di un programma di ibridazione intespecifica basato sull’uso di specie 2x(EBN) consiste nella produzione e nella selezione di aploidi di varietà coltivate. Gli aploidi sono sporofiti con il corredo cromosomico gametico, e nella patata possono essere facilmente ottenuti attraverso incroci 4x × 2x tra le varietà tetraploidi di S. tuberosum (genitore femminile) e genotipi diploidi di S. phureja (genitori maschili). Questi ultimi stimolano lo sviluppo partenogenetico dell’ovocellula che darà uno zigote, e quindi una pianta, con corredo cromosomico 2n=2x=24 ed EBN=2. Gli aploidi selezionati sono in seguito incrociati con le specie selvatiche 2x(2EBN). Gli ibridi interspecifici prodotti da questi incroci hanno il 50% di genoma selvatico. Pertanto, dopo un accurato lavoro di selezione per i caratteri desiderati ed eventualmente altra attività di miglioramento genetico, è necessario ristabilire il corredo cromosomico tetraploide della patata coltivata e ridurre gradualmente il contenuto di genoma selvatico; questo obiettivo è raggiunto attraverso i gameti 2n. Nella fase successiva, infatti, gli ibridi che presentano caratteristiche superiori e che producono gameti 2n sono incrociati con le varietà coltivate 4x(4EBN) per ripristinare la condizione tetraploide (poliploidizzazione sessuale unilaterale) e ridurre la percentuale di genoma selvatico al 25%. La condizione tetraploide può essere raggiunta

Mutazioni meiotiche e gameti 2n

• I gameti 2n sono il frutto di mutazioni

meiotiche che, nei casi più frequenti, alterano l’appaiamento dei cromosomi omologhi, la corretta formazione dei fusi e la citocinesi

• Nella patata la produzione di polline

2n è in genere dovuta alla formazione di fusi paralleli in metafase II o a citocinesi prematura. In presenza di queste mutazioni, alla fine della meiosi, si formano diadi con due microspore 2n, e non tetradi con quattro microspore n. La formazione di ovocellule 2n, invece, è principalmente dovuta a un’omissione della seconda divisione meiotica. In presenza di questa mutazione sono prodotte due megaspore 2n; una di esse degenera, l’altra produce la spora funzionale

Schema di un programma di selezione clonale Anno I

II-III

IV-VII

VIII-X

Tuberi da una parcella sperimentale

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Varietà A

x

Varietà B Semenzali F1 10% selezionati I e II generazione di selezione clonale 10% selezionato ogni anno III, IV, V e VI generazione di selezione clonale Parcelle ripetute Valutazione qualità e resistenze Confronto con vaietà controllo Registrazione clone superiore


miglioramento genetico anche incrociando due ibridi diploidi, uno produttore di ovocellule 2n, e l’altro di polline 2n (poliploidizzazione sessuale bilaterale). È molto importante tenere in considerazione i meccanismi genetici alla base della produzione di gameti 2n, in quanto da essi dipende la quota di eterozigosi trasmessa dai parentali diploidi alla progenie tetraploide. Il meccanismo di restituzione del nucleo in prima divisione consente di trasmettere alla progenie circa l’80% di eterozigosi del genitore. I gameti che si formano sono molto rassomiglianti l’uno con l’altro e al clone parentale da cui derivano. Essi mantengono e trasmettono anche molte interazioni epistatiche, importanti nella massimizzazione dell’eterosi. In presenza, invece, di un meccanismo di restituzione in seconda divisione è trasmesso il 40% dell’eterozigosi parentale e i gameti 2n prodotti sono molto eterogenei e altamente omozigoti. È bene puntualizzare che a volte le barriere di incrocio non consentono di sviluppare programmi di incrocio basati sulla poliploidizzazione unilaterale e bilaterale. Le specie 2x(1EBN), per esempio, non possono essere incrociate con gli aploidi di S. tuberosum 2x(2EBN) a causa del differente EBN. In questi casi si utilizzano schemi di miglioramento genetico ad hoc basati sulle ploidie ponte triploidi e sui gameti 2n. Le prime sono prodotte attraverso incroci 2x(1EBN) × 2x(2EBN) se il parentale 2x(1EBN) produce gameti 2n, oppure tramite incroci 4x(2EBN) × 2x(2EBN) se il parentale 2x(1EBN) non produce gameti 2n e viene sottoposto a un processo di poliploidizzazione somatica che duplica la sua ploidia e il suo EBN. La fase successiva di questo schema è rappresentata dalla produzione di ibridi pentaploidi. Essi sono facilmente ottenuti da incroci 3x(2EBN) × 4x(4EBN) se i parentali triploidi formano gameti 2n, gli unici gameti che garantiscono un rapporto di 2:1 tra EBN materno e paterno nell’endosperma dell’ibrido. È poi relativamente facile procedere con i reincroci, in quanto i pentaploidi hanno un EBN=4 e quindi sono incrociabili con S. tuberosum 4x(4EBN). Ulteriori strategie che possono essere adottate per superare le barriere sessuali sono l’impollinazione

Tuberi da una parcella sperimentale

Schema di miglioramento genetico basato sull’ibridazione sessuale interspecifica S. tuberosum 4x(4EBN) aploidizzazione S. tuberosum 2x(2EBN) x Solanum spp. 2x(2EBN) Ibridi 2x(2EBN) x S. tuberosum 4x(4EBN) [gameti 2n] poliploidizzazione sessuale

Progenie segreganti allevate sotto screenhouse

Ibridi 4x(4EBN)

639


ricerca con polline mentore, la coltura in vitro dell’embrione immaturo e l’ibridazione somatica.

Foto R. Angelini

Colture in vitro Insieme alle strategie di ibridazione sessuale sono state sviluppate metodologie di miglioramento genetico basate sull’uso delle colture in vitro. Le tecniche di coltura in vitro si basano sulla totipotenza delle cellule vegetali, vale a dire sulla capacità di una singola cellula di rigenerare un organismo completo di tutti gli organi. Nella patata le colture in vitro sono utilizzate di routine per conservare in sanità i genotipi di interesse e per la produzione massale di cloni. Come già avviene per molte altre specie di rilevanza per l’agricoltura, infatti, la coltura di meristemi apicali associata alla termoterapia rappresenta una valida soluzione per il risanamento di varietà virosate. La micropropagazione in vitro, inoltre, offre la possibilità di produrre migliaia di copie della stessa varietà in tempi brevi; essa è normalmente utilizzata dalle aziende sementiere che producono tuberi-seme certificati. Le colture in vitro sono impiegate anche per produrre variabilità genetica. Esse, infatti, possono indurre mutazioni da sfruttare nel miglioramento genetico. Tale variabilità, definita somaclonale, dipende molto fortemente dal tipo di espianto utilizzato, dal genotipo, dalla composizione del substrato artificiale e dalla lunghezza del periodo di permanenza dell’espianto sul substrato. Attraverso le colture in vitro di antere o microspore, inoltre, è possibile produrre piante aploidi. La totipotenza delle microspore contenute nelle antere, infatti, può portare alla rigenerazione di plantule con corredo cromosomico gametico. Da genotipi diploidi (2n=2x=24),

Foto R. Angelini

Meccanismi di restituzione del nucleo in prima (RNP) e seconda (RNS) divisione meiotica confrontati con una meiosi normale

Foto R. Angelini

Normale

RNS

RNP

Metafase I

640

Anafase I

Metafase II Anafase II


miglioramento genetico quindi, è possibile ottenere aploidi con corredo cromosomico somatico 2n=1x=12 e da tetraploidi (2n=4x=48) genotipi 2n=2x=24. Si ricorre a questo metodo di produzione di aploidi quando gli incroci con S. phureja non hanno esito positivo. Considerando che una singola antera contiene migliaia di microspore, si capisce come questa strategia di aploidizzazione sia potenzialmente molto efficiente. La produzione di aploidi tramite coltura in vitro dipende in primo luogo dal genotipo della pianta donatrice di antere. Il carattere, infatti, è controllato geneticamente, con ogni probabilità da numerosi geni, ed è quindi trasmissibile alle progenie. Sono stati definiti numerosi protocolli per la coltura in vitro di antere e microspore di patata; alcuni fanno uso di substrati liquidi, altri di substrati agarizzati, con o senza aggiunta di carbone attivo. Taluni prevedono la permanenza delle antere per qualche giorno a basse temperature (4-6 °C), altri invece non necessitano di alcun trattamento. Oltre a essere utilizzati nel miglioramento genetico a livello interspecifico (vedi il paragrafo precedente), gli aploidi di S. tuberosum sono importanti strumenti per lo studio dell’ereditarietà dei caratteri, la costruzione di mappe genetiche e la comprensione dell’effetto delle mutazioni. Una delle più interessanti applicazioni delle colture in vitro è quella relativa alla produzione di ibridi attraverso la fusione di protoplasti (cellule somatiche prive di parete cellulare) isolati da due parentali distinti. Questa tecnica, definita fusione somatica, è utilizzata soprattutto quando le barriere interspecifiche di incompatibilità non consentono la produzione di ibridi sessuali tra due specie. Ibridi somatici sono stati ottenuti tra la patata coltivata e numerose specie selvatiche, tra cui S. acaule, S. brevidens, S. bulbocastanum, S. cardiophyllum, S. commersonii e S. sancta-rosae. Dopo l’iso-

Colture in vitro

• Le colture in vitro consistono nella

coltura, in condizioni di sterilità, di espianti vegetali (tra cui porzioni di foglia, internodo o radice, antere, embrioni, cellule) su substrati nutritivi a composizione nota in termini di micro- e macronutrienti, vitamine, ormoni e zuccheri

• Si effettuano in camere di crescita con condizioni ambientali di luce, temperatura e umidità controllate

Biotecnologie

Schema di miglioramento genetico basato sulla costituzione di ploidie ponte

• Le moderne biotecnologie applicate

al miglioramento genetico operano in prevalenza a due livelli, quello cellulare e quello molecolare

S. tuberosum 4x(4EBN) x Solanum spp. 2x(1EBN) aploidizzazione

• Il primo è basato sulla totipotenza delle

poliploidizzazione

cellule vegetali, ovvero sulla capacità di singole cellule di rigenerare in vitro nuove piante complete di tutti gli organi

S. tuberosum 2x(2EBN) x Solanum spp. 4x(2EBN)

Ibridi 3x(2EBN) x S. tuberosum 4x(4EBN) [gameti 2n]

• Il secondo è basato soprattutto sulla

possibilità di determinare polimorfismi del DNA tra individui differenti e di individuare, studiare, isolare e modificare i geni per trasferirli da un individuo a un altro

Ibridi 5x(4EBN) x S. tuberosum 4x(4EBN)

Popolazione migliorata

641


ricerca lamento e la coltura dei protoplasti dei due parentali (in genere S. tuberosum e una specie selvatica), si induce la fusione tra due protoplasti appartenenti alle due specie. Il metodo più efficiente per la fusione di protoplasti è l’elettrofusione. I protoplasti dei due parentali sono mescolati e, grazie a un campo elettrico a corrente alternata, essi si dispongono a catenelle, allineandosi lungo le linee di forza del campo elettrico. A questo punto sono forniti impulsi elettrici ad alta tensione che favoriscono la fusione di due protoplasti adiacenti, con conseguente mescolamento di citoplasma e nucleo. Le cellule ibride risultanti dalla fusione, denominate prodotto di eterofusione, in opportune condizioni di crescita su substrato artificiale formano una massa di cellule indifferenziate (callo), da cui possono essere rigenerati genotipi ibridi. Essi sono chiamati somatici per differenziarli da quelli sessuali, che derivano dall’unione di due gameti. Con la fusione somatica si ottiene non solo il superamento delle barriere sessuali, ma anche la combinazione integrale di due genomi nucleari eterozigoti senza ricombinazione meiotica; ciò è molto importante per i caratteri a controllo poligenico. La fusione somatica, inoltre, porta al mescolamento sia del nucleo sia del citoplasma dei due parentali. Ciò determina la comparsa di ulteriore variabilità genetica, in quanto il DNA presente nei mitocondri e nei cloroplasti può andare incontro a riarrangiamenti e ricombinazioni. Questa è una delle novità della fusione somatica rispetto all’ibridazione sessuale, che, com’è noto, per i geni localizzati nel genoma degli organelli citoplasmatici prevede un’eredità di tipo materno.

Variabilità somaclonale

• La variabilità somaclonale generata

dalle colture in vitro è attribuita a fenomeni genetici quali mutazioni genomiche o puntiformi, modifiche del cariotipo, attivazione di elementi trasponibili, riarrangiamenti e ricombinazioni cromosomiche, che provocano, a loro volta, delezioni, duplicazioni, inversioni e traslocazioni

• Essa può essere dovuta anche

a cambiamenti epigenetici, quali metilazione del DNA e acetilazione delle proteine istoniche, che non alterano direttamente la sequenza nucleotidica del DNA ma che influenzano l’espressione genica

Piantine di patata allevate in vitro

Piantine di patata sottoposte a inoculo artificiale per la determinazione della resistenza a patogeni

642


miglioramento genetico Ingegneria genetica Alcune difficoltà legate al miglioramento genetico convenzionale (tempi lunghi, eredità tetrasomica) e all’uso delle specie selvatiche (introgressione di geni indesiderati) possono essere superate con il contributo dell’ingegneria genetica; essa comporta la manipolazione diretta di singoli geni e il loro trasferimento in pianta. Il maggiore vantaggio di questa strategia è dato dal fatto che il genotipo dell’organismo ricevente resta pressoché intatto, in quanto sono trasferiti solo singoli geni e non genomi completi. Nell’ambito delle strategie di miglioramento genetico l’ingegneria genetica è tra quelle che meglio sfruttano i progressi della genomica strutturale e funzionale. Il trasferimento di geni in patata mediante ingegneria genetica è stato realizzato principalmente attraverso la tecnologia del DNA ricombinante; essa prevede l’integrazione del gene di interesse nel DNA plasmidico di Agrobacterium tumefaciens. Il plasmide con il gene di interesse (plasmide ricombinante) è reinserito nel batterio, che provvede poi, mediante infezione di espianti vegetali messi in co-coltura, a veicolare il gene nel genoma nucleare di queste cellule. Sfruttando il fenomeno della totipotenza e in opportune condizioni di coltura in vitro, le cellule trasformate possono quindi rigenerare piante transgeniche. I prodotti dell’ingegneria genetica sono valutati fenotipicamente e molecolarmente per identificare i migliori genotipi e per evidenziare eventuali effetti indesiderati imputabili al processo di trasformazione genetica o alla rigenerazione in vitro; è infatti possibile la comparsa di fenotipi non attesi a causa di effetti pleiotropici del transgene o della variabilità somaclonale che spesso accompagna le colture in vitro. Oltre che a valutare la produzione di tuberi, si provvede all’identificazione del numero di copie del transgene che si sono inserite e a studi sull’espressione genica, importanti per verificare la comparsa di fenomeni di silenziamento genico parziale o totale e la stabilità di espressione del transgene. Per confermare l’equivalenza sostanziale delle piante transgeniche rispetto alla varietà di partenza, inoltre, sono condotte accurate analisi metaboliche e proteomiche. Il numero di geni disponibili per la trasformazione in patata è in continua crescita e comprende, tra gli altri, geni di resistenza a virus, funghi e batteri, geni che modificano la composizione dell’amido e geni coinvolti nei meccanismi di resistenza a stress abiotici. Questi geni sono stati clonati sia da specie selvatiche di patata sia da altri organismi, vegetali e non. Da S. bulbocastanum, per esempio, sono stati clonati due geni, Rpi-blb1 (sinonimo RB) e Rpi-blb2, che conferiscono resistenza orizzontale a P. infestans. Da S. spegazzinii, invece, è stato clonato un gene (denominato Gro1) che determina la resistenza al nematode G. rostochiensis. Numerosi geni di resistenza a stress biotici sono stati clonati dal pomodoro, specie geneticamente molto vicina alla patata. Tra questi si segnalano quelli che conferiscono la resistenza a Cladosporium

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

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ricerca fulvum (gene Cf-9), a Fusarium oxysporum (gene I-2) e a Pseudomonas syringae (gene Pto). Dal batterio Bacillus thuringiensis, inoltre, sono stati clonati geni che codificano proteine tossiche per le larve di insetti (lepidotteri, coleotteri, ditteri). Dopo essere state ingerite dalla larva, queste proteine sono degradate nell’apparato digerente e producono sostanze tossiche che hanno specifica attività insetticida contro le larve di insetti. Da Phyllomedusa bicolor, una rana arboricola, è stato invece clonato un gene che codifica per un peptide ad attività antimicrobica, la dermaseptina B1, tale da conferire resistenza a peronospora e fusariosi. L’ingegneria genetica è tradizionalmente considerata la strategia che consente di inserire un gene esogeno, e quindi di far acquisire una nuova caratteristica, alla varietà modificata. Tuttavia, essa consente anche di agire su un gene endogeno sopprimendo o riducendo drasticamente la sua espressione. Quando è conosciuta la via biochimica che porta alla sintesi di un particolare metabolita, infatti, la tecnologia RNA antisenso permette di bloccare l’attività di un determinato gene in essa coinvolto, e quindi di intervenire sulla via metabolica, modificando il prodotto finale. Varietà resistenti all’ammaccatura, per esempio, sono state ottenute silenziando il gene della polifenol-ossidasi; allo stesso modo, silenziando il gene della zeaxantina-epoxidasi è stato possibile costituire genotipi con alto contenuto in carotenoidi. Recentemente, attraverso RNA antisenso a carico del gene GBSS, è stata rilasciata una nuova varietà di patata (Amflora) che produce un amido ricco di amilopectina e povero di amilosio. L’amilopectina è un polimero di glucosio a catena ramificata, mentre l’amilosio è un polimero dello stesso zuc-

Ibridi somatici simmetrici e asimmetrici

• Gli ibridi somatici sono definiti

simmetrici quando contengono i genomi nucleari e citoplasmatici di entrambi i partner di fusione. Gli ibridi somatici asimmetrici, invece, presentano l’intero genoma di un partner, definito ricevente, e una porzione limitata di genoma dell’altro partner, definito donatore

• Un particolare tipo di ibridi asimmetrici è rappresentato dai cosiddetti ciibridi, in cui il partner donatore contribuisce alla formazione dell’ibrido somatico solo con il proprio citoplasma. I ciibridi sono prodotti quando in un genotipo che già presenta molte caratteristiche positive si vuole trasferire un singolo carattere controllato da geni citoplasmatici posseduti da un altro genotipo

La fusione somatica può determinare ricombinazione e/o riassortimento del DNA plastidiale e mitocondriale

(+)

Plastidi Mitocondri

Ibrido somatico tra Solanum tuberosum e S. bulbocastanum

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miglioramento genetico chero ma ha una catena lineare. Il rapporto tra queste due componenti è molto importante per gli usi industriali dell’amido. Attualmente i ricercatori stanno lavorando per cercare di superare alcune delle problematiche emerse con l’uso delle piante transgeniche (per esempio diffusione dei transgeni, uso di geni marcatori) e per ottenere prodotti specifici, quali anticorpi e vaccini. La trasformazione del DNA plastidiale, in quest’ottica, potrebbe offrire particolari vantaggi. Il sistema è potenzialmente molto efficiente in quanto, data la numerosità di questi organelli in ogni cellula, l’espressione del transgene può essere molto maggiore (anche 50 volte) di quella ottenibile con la trasformazione nucleare; ciò è molto importante se si vuole utilizzare la patata come bioreattore per produrre molecole specifiche utili per l’uomo in grandi quantità. Tra gli altri vantaggi, c’è quello legato all’impossibilità di diffusione del transgene tramite polline. Com’è noto, infatti, il gamete maschile generalmente trasmette il genoma nucleare del genitore ma non quello citoplasmatico.

Ibridi somatici

• Dato che il livello ottimale di ploidia

della patata è quello tetraploide, la produzione di ibridi somatici tra S. tuberosum tetraploide (2n=48) e una specie selvatica diploide (2n=24) è generalmente preceduta dall’aploidizzazione di S. tuberosum, processo che porta alla costituzione di genotipi con 2n=24

• In questo modo i protoplasti di

entrambi i partner di fusione avranno 24 cromosomi e gli ibridi somatici che si formano saranno tetraploidi

Marcatori molecolari e selezione assistita Tra i prodotti più interessanti della biologia molecolare ci sono i marcatori molecolari. Essi sono utilizzati per studiare la variabilità direttamente a livello del DNA, superando le difficoltà della valutazione fenotipica, molto condizionata dall’ambiente. Nella patata i marcatori molecolari sono utilizzati per valutare e caratterizzare la variabilità genetica, per studi tassonomici e filogenetici, per localizzare geni di interesse, per costruire mappe genetiche e per monitorare l’introgressione di geni utili da specie selvatiche a quelle coltivate. Un’importante applicazione

Protoplasti prodotti da digestione enzimatica di cellule del mesofillo Rigenerazione da calli ibridi

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ricerca dei marcatori molecolari è quella relativa alla cosiddetta selezione assistita positiva. I marcatori molecolari (quindi sequenze di DNA) strettamente associati ad alleli di interesse non seguono il principio dell’assortimento indipendente ma co-segregano con tali alleli. È pertanto possibile procedere velocemente e accuratamente, grazie ad analisi molecolari che evidenziano la presenza/assenza di quel marcatore, alla selezione indiretta degli individui con l’allele (e quindi il carattere) desiderato. Con la selezione assistita si evita di dover attendere l’espressione fenotipica del carattere, e si è quindi svincolati da procedure di selezione elaborate, lunghe e costose, oltre che dall’interazione genotipo-ambiente. Nel caso di marcatori associati a geni di resistenza a stress biotici, per esempio, la selezione può essere effettuata in assenza del patogeno; ciò consente di evitare i test di patogenicità, riducendo i tempi e gli errori di classificazione delle piante, nonché gli spazi necessari per la crescita del materiale vegetale. L’analisi molecolare può essere effettuata in fase precoce di sviluppo della pianta. Ciò è particolarmente vantaggioso se il lavoro di selezione deve essere effettuato su un numero di piante molto elevato (per esempio una progenie segregante) oppure se il carattere si manifesta tardivamente nel ciclo vegetativo (per esempio a livello di tubero). Le applicazioni dei marcatori molecolari per la selezione assistita possono essere svariate. Tra esse il piramidaggio di uno o più geni di resistenza in un unico genotipo, l’identificazione dei prodotti di eterofusione, la selezione per caratteri poligenici grazie all’identificazione di specifici QTL.

Piante transgeniche

• Per la produzione di piante

transgeniche gli scienziati hanno fatto proprio un fenomeno che in natura avviene spontaneamente. Agrobacterium tumefaciens, un batterio che vive nel terreno, trasferisce nelle cellule vegetali parte del proprio DNA causando il tumore del colletto. Questo processo prevede lo scambio di una serie di messaggi tra batterio e pianta ospite e, alla fine, si risolve nel trasferimento e integrazione del DNA batterico nel genoma nucleare della pianta ospite

• Le piante transgeniche possono essere

prodotte anche utilizzando altri metodi, tra cui: – elettroporazione di protoplasti, tecnica che si basa sulla creazione di pori temporanei nella membrana cellulare attraverso cui introdurre il DNA esogeno – metodo biolistico, che prevede il bombardamento delle cellule vegetali con microproiettili in oro o tungsteno rivestiti di DNA esogeno

Foto R. Angelini

RNA antisenso

• La strategia dell’RNA antisenso si basa

sull’inserimento in pianta di un gene in cui la regione codificante è orientata in maniera invertita rispetto al promotore

• Questo gene produce mRNA, che

forma un duplex con la molecola di mRNA trascritta dal gene endogeno. In questo modo la molecola di mRNA normalmente trascritta viene sottratta al processo di traduzione, e quindi non c’è prodotto genico o ve n’è in quantità molto ridotta

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miglioramento genetico Nella patata sono stati mappati numerosi geni e QTL di interesse coinvolti nel controllo di caratteri monogenici e poligenici. Ciò ha portato all’identificazione di marcatori molecolari di semplice utilizzazione (per esempio quelli sviluppati tramite PCR) associati a singoli geni che conferiscono resistenza ai virus, a Globodera rostochiensis, a Meloidogyne chitwoodi e a P. infestans, o che controllano caratteristiche agronomiche particolari. Sono stati sviluppati anche alcuni semplici marcatori molecolari associati a QTL coinvolti nella resistenza poligenica a peronospora e nematodi. Esempi di marcatori molecolari utili per la selezione assistita sono ADG2 (un marcatore CAPS) associato al gene Ryadg che conferisce resistenza al virus X, CP53 (un marcatore RFLP) associato al gene Rpi-blb1 di resistenza a P. infestans, Stm3016 (un marcatore SSR) associato a un QTL di resistenza a P. infestans. La selezione assistita può essere effettuata anche quando non si dispone di marcatori molecolari associati al gene di interesse. Con l’identificazione di marcatori molecolari specie-specifici è possibile, infatti, stimare il contenuto di genoma selvatico in ibridi tra S. tuberosum e una specie selvatica. Ciò permette di effettuare una ”selezione assistita negativa”, che consiste nell’eliminazione dei genotipi che presentano la maggiore percentuale di genoma selvatico e nel mantenimento di quelli che, insieme ai caratteri desiderati, hanno anche la minore percentuale di genoma selvatico. Con questo tipo di approccio, pertanto, la selezione è effettuata genotipicamente ”contro” il genoma della specie selvatica. Si riduce così il rischio di selezionare ibridi che, insieme ai caratteri desiderati, hanno anche caratteristiche indesiderate (per esempio elevato contenuto in glicoalcaloidi) derivanti dalla specie selvatica donatrice.

Requisiti di un marcatore molecolare per la selezione assistita

• Un marcatore molecolare ideale per

la selezione assistita deve presentare le seguenti caratteristiche: – d eve essere strettamente associato al gene di interesse per evitare che con la ricombinazione si perda l’associazione tra marcatore e gene – d eve essere poco costoso, nonché di semplice e rapida utilizzazione – d eve essere codominante, in modo da differenziare gli eterozigoti dagli omozigoti

• Inoltre, deve essere applicabile

a differenti popolazioni nell’ambito della stessa specie

Selezione assistita

• La selezione assistita è efficace e

Foto R. Angelini

affidabile soprattutto quando utilizza contemporaneamente due marcatori molecolari associati a un gene di interesse, uno a valle e uno a monte del gene. Solo in caso di doppio crossing over, evento piuttosto raro, si ha la perdita di associazione tra il gene e i due marcatori

• Con un solo marcatore associato

al gene aumentano le probabilità di perdere l’associazione a causa di singoli crossing over, eventi molto probabili. Per ridurre al minimo la frequenza di singoli crossing over è necessario che la distanza tra il gene e il marcatore non superi 1 cm

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