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il pero
mondo e mercato Pero nel mondo Carlo Fideghelli
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Pero nel mondo Foto S. Musacchi
Introduzione Con oltre 19 milioni di tonnellate prodotte nel 2005 il pero è la seconda specie da frutto dei climi temperati dopo il melo (quasi 60 milioni di tonnellate) e prima del pesco (poco meno di 16 milioni di tonnellate). Complessivamente, sia la superficie coltivata che la produzione, negli ultimi 10 anni, sono aumentate ma a ritmi molto diversi: la superficie a poco meno del 2% l’anno, la produzione al 6% l’anno. I due diversi valori si possono spiegare con il miglioramento della tecnica colturale e della professionalità dei frutticoltori, la scelta di varietà e di portinnesti meglio rispondenti alle condizioni pedoclimatiche del territorio, l’abbandono delle aree marginali. Diretta conseguenza dei due dati appena commentati è l’aumento delle rese per ettaro che globalmente sono aumentate da 8,7 a 11,1 t con una grande variabilità da continente a continente e da Paese a Paese. I dati sono solo largamente indicativi, sia per la incertezza delle cifre fornite dai diversi Paesi, sia perché il dato riferito alle superfici non tiene conto degli impianti giovani non ancora in produzione, che nei Paesi con il più elevato tasso di crescita sono molto estesi.
Pero allevato a vaso di oltre 50 anni (Oregon)
Principali Paesi produttori per continente ed evoluzione delle superfici negli ultimi 10 anni
Produzione mondiale di pere
• Asia e Africa sono gli unici continenti le cui superfici sono aumentate (+32,8% in Asia, +5,2% in Africa), mentre in tutti gli altri continenti le superfici a pero sono diminuite, da un minimo del 13,7% nel continente nordamericano a un massimo del 19,7% in Europa
1995
2005
Variazione
ha
ha
%
Asia
1.036.994
1.377.373
+32,8
Europa Italia Spagna Germania Ucraina Portogallo Francia Belgio Olanda Austria
291.447 44.167 37.500 26.000 42.600 12.198 14.500 4253 5885 5525
234.119 42.661 35.547 26.000 14.000 11.000 9104 6904 6600 3400
–19,7 –3,4 –5,2 0,0 –67,1 –9,8 –37,2 +62,3 +12,1 –38,5
America del Nord
30.266
24.125
–13,7
America del Sud
39.032
32.611
–16,4
Africa
44.432
46.740
+5,2
Oceania
9139
7720
–15,5
MONDO
1.457.026
1.739.571
+19,4
Paese
• Tra i principali paesi produttori quelli
che hanno incrementato le superfici coltivate a pero, in misura più o meno importante, sono Cina, Corea del Sud, Corea del Nord, India, Iran, Belgio, Olanda, Sud Africa e Algeria
• I Paesi che hanno visto diminuire le
superfici sono: Corea del Sud, CinaTaiwan e Turchia in Asia; Italia, Spagna, Ucraina, Portogallo, Francia e Austria in Europa; Stati Uniti, Argentina e Cile in America; Australia in Oceania
Fonte: FAO
302
pero nel mondo Principali Paesi produttori per continente ed evoluzione della produzione negli ultimi 10 anni Media 1993-95
Media 2003-05
Variazione
(t)
(t)
%
Asia
5.806.597
12.637.700
+117,6
Europa Italia Spagna Germania Francia Belgio Olanda Ucraina Austria Portogallo
3.596.402 919.183 525.500 427.867 320.751 153.132 148.667 191.833 104.866 95.334
3.608.257 876.394 656.589 390.533 228.822 206.285 191.667 152.733 139.388 136.077
+0,3 –4,6 +24,9 –8,7 –28,7 +34,8 +28,6 –20,4 +32,9 +42,7
America del Nord
941.340
808.048
–14,1
America del Sud
688.098
836.350
+21,5
Africa
420.495
589.112
+40,1
Oceania
204.861
174.788
–14,6
MONDO
11.657.793
18.684.595
+60,3
Paese
Diffusione mondiale di pere
• L’Asia ha più che raddoppiato
la propria produzione (+117,6%), seguita dall’Africa (+40,1%) e America del Sud (+21,5%)
• L’Europa è stabile, mentre è diminuita
la produzione sia nell’America del Nord sia in Oceania
• Tra i principali produttori, i Paesi che
hanno maggiormente incrementato le produzioni sono Cina, che da sola copre il 57% del totale mondiale, Corea del Sud, Algeria, India, Portogallo, Argentina, Sud Africa, Belgio, Austria e Olanda, mentre quelli la cui produzione è in evidente calo sono Francia, Ucraina, Turchia, Australia, Cile e Giappone
Fonte: FAO
Le produzioni dei vari Paesi si differenziano anche per le differenti specie botaniche coltivate che, sostanzialmente, si dividono in pero europeo (Pyrus communis e P. nivalis) e peri orientali (P. pyrifolia, P. x bretschneideri, P. ussuriensis e alcune altre di importanza minore). Produzione
Superficie 19,3
13,5 4,5 4,3
67,6
Superficie e produzione nel mondo
3,1 0,9
Europa America del Sud America del Nord
• L’Asia è di gran lunga il continente
più importante con il 67,6% della produzione mondiale e il 79,2% della superficie, seguita dall’Europa con il 19,3% della produzione e il 13,5% della superficie
1,9 1,4 2,7 0,4
79,2
• Gli altri 4 continenti coprono appena il Africa Oceania Asia
13,1% della produzione complessiva e il 6,3% della superficie, le due Americhe rispettivamente il 4,5% e l’1,9% (Sud) e il 4,3% e l’1,4% (Nord), seguite dall’Africa e dall’Oceania
Fonte: FAO
Ripartizione della superficie e della produzione mondiale di pere (media periodo 2003-2005)
303
mondo e mercato Produzione media per ettaro: confronto tra il 1995 e il 2005 1995
2005
Variazione
t/ha
t/ha
%
Asia
6,4
9,6
+50,0
anomalo, probabilmente errato, dell’Austria che sarebbe il Paese con la maggiore produttività per unità di superficie (41 t/ha)
Europa Italia Spagna Germania Francia Belgio Olanda Ucraina Austria Portogallo
12,0 20,5 14,1 16,0 22,0 38,2 25,9 3,9 18,8 7,6
15,3 19,9 18,9 15,0 24,5 30,4 29,5 10,1 41,0 11,1
+27,5 –2,9 +34,0 –6,2 +11,4 –20,4 +13,9 +159,0 +118,1 +46,1
• Argentina, Belgio e Stati Uniti superano
America del Nord
30,9
30,1
–2,6
America del Sud
17,1
25,6
+49,7
Africa
9,3
10,5
+12,9
Oceania
22,3
20,5
–8,1
MONDO
8,7
11,1
+27,6
Rese medie a livello mondiale
Paese
• L’America settentrionale è il continente
con la maggiore resa per ettaro (30,1 t/ha), seguita dall’America del Sud (25,6 t/ha), dall’Oceania (20,5 t/ha), dall’Europa (15,3 t/ha), dall’Africa (10,5 t/ha) e infine dall’Asia con 9,6 t/ha
• Tra i singoli Paesi spicca il dato
le 30 t/ha, mentre in Olanda, Sud Africa, Cile, Francia, Giappone e Italia la produttività è compresa tra 20 e 30 t/ha
• I Paesi con la minore produttività sono Algeria, India, Cina e Turchia che non raggiungono le 10 t/ha
Fonte: FAO
Il pero europeo è praticamente l’unico coltivato in Europa, Africa, America, Oceania e Asia occidentale, con poche eccezioni di produzioni locali di peri orientali; al contrario, le specie orientali dominano nei quattro principali Paesi orientali: Cina, Giappone e le due Coree. Anche in questi Paesi sono presenti coltivazioni limitate di cultivar appartenenti al P. communis.
Impianto di pero in Corea. In prossimità della maturazione, ogni frutto viene avvolto in una opportuna protezione contro l’attacco di insetti o patogeni
Foto S. Musacchi
304
pero nel mondo Paesi minori produttori di pere Foto E. Bellini
Asia Medio Oriantale Azerbajan, Georgia, Pakistan, Libano, Israele, Uzbekistan, Siria, Armenia, Iraq, Giordania, Afganistan Europa Svizzera, Polonia, Russia, Grecia, Romania, Serbia-Montenegro, UK, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Slovenia, Ungheria, Bulgaria, Moldavia, Repubblica Ceca, Croazia, Macedonia, Danimarca, Slovacchia, Albania, Svezia, Lituania, Norvegia, Cipro Nord America Messico, Canada Sud America Brasile, Uruguay, Equador, Perù, Bolivia Africa Tunisia, Egitto, Marocco, Madagascar, Libia Pereto allevato a fuso in Romania
Oceania Nuova Zelanda
Pericoltura asiatica
Fonte: FAO
• La Cina è il maggiore produttore
di pere, coprendo il 57% dell’intera produzione mondiale
La pericoltura nei principali Paesi produttori
• A differenza di tutti gli altri Paesi
Asia L’Asia orientale è il distretto più importante del mondo con una produzione di pere che rappresenta più del 90% dell’intero continente, con la Cina dominante su tutti gli altri Paesi produttori.
orientali, la pericoltura giapponese è in regresso, anche se è la seconda per dimensione, dopo la Cina
• La coltura in Corea del Sud e in India è in progressiva espansione
Cina. È già stato ricordato come la Cina produca, da sola, il 57% della produzione mondiale. Hebei è la provincia più importante, ma anche le altre province della parte centro-nord-orientale come Shandong, Shaanxi, Anhui, Hubei, Sichuan, Liaoning, Jiangxi e Hunan sono importanti aree di produzione. Le varietà coltivate appartengono prevalentemente alle specie P. pyrifolia, P. ussuriensis, P. x bretschneideri, ma anche a P. x sinkiangensis e P. communis. Ya-li (Yali, Ya-Li), che alcuni autori riportano come appartenente alla specie P. x bretschneideri e alcuni alla specie P. x sinkiangensis, insieme con Su Li sono le cultivar più diffuse. Altra cultivar della stessa specie è Pingo-li, mentre Sian-sui-li e An-li appartengono al P. ussuriensis. Le cultivar giapponesi Nijisheiki, Hosui, Kosui ecc., appartenenti alla specie P. pyrifolia, sono anche coltivate in Cina. La varietà di P. communis più importante è la cultivar autoctona Xiang, coltivata nella provincia nord-occidentale dello Xinjang; Bartlett è la più importante delle cultivar europee introdotte in Cina dall’Occidente. Come portinnesti vengono utilizzate diverse spe-
Foto S. Musacchi
Pere nashi prodotte in Cina
305
mondo e mercato
Foto E Bellini
Heilongjiang Mongolia interna Jilin Liaoning Gansu Pechino Hebei Thianlin Xingxiahui Shanxi Shandong Quinghai Shaanxi Hinan Nanchino Tibet Anhui Shanghai Sichuan Hubei Hunan Jiangxi Zhijiang Guiznou Tulian Yunnan Guanghxu Taiwan Zhuang Guangdong
Xinjiang Uygur
Hajnan
Province cinesi: in rosso quelle più importanti per la coltivazione del pero
cie: P. ussuriensis, P. betulaefolia e P. x bretschneideri per la resistenza al freddo, P. salicifolia per le zone caldo aride, P. kawakamii per le aree subtropicali, P. pashia nelle province himalayane. Cina-Taiwan. Nell’isola cinese di Taiwan prevalgono le cultivar di P. pyrifolia Shinseiki (3/4 della produzione), Shoko, Hosui e Kosui. Particolare è la cultivar Heng-shan, nativa di Taiwan, coltivata franca di piede. Giappone. La produzione è costituita per il 90% da cultivar della specie P. pyrifolia e il 10% da cultivar di P. communis. Gli espianti, in effetti, riguardano solamente il pero orientale, mentre le varietà europee sono in aumento. Nijisheiki, che è stata a lungo la cultivar più importante, è oggi preceduta da Kosui con il 32% della produzione e da Hosui con il
Raccolta delle pere in Cina
Impianto di pero in Corea
Foto S Musacchi
306
pero nel mondo 21%. Tutte le cultivar sono maliformi, Kosui e Hosui, con buccia marrone, rugginosa, Nijisheiki giallo-verde. Il principale problema fitosanitario è dato dalla Alternaria kikuchiana Tanaka che ha determinato la crisi di Nijisheiki, particolarmente sensibile.
Foto E Bellini
Corea del Sud. Dopo la Cina, la Corea del Sud è il Paese che ha registrato il maggiore incremento produttivo nell’ultimo decennio e questo fatto ha recentemente creato qualche problema di sovrapproduzione e di crisi di mercato. La pericoltura coreana è praticamente monovarietale con la cultivar Niitaka (P. pyrifolia) che rappresenta l’86% del totale. Il successo di questa cultivar è dovuto alla produttività, alle grosse dimensioni del frutto e alla serbevolezza. La seconda cultivar per importanza è Chojuro, vecchia varietà della stessa specie presente in tutti i Paesi orientali. India. La coltura del pero, in India, è in leggera espansione (+4,5% della superficie coltivata, dal 1995). La pericoltura indiana si può distinguere in tre aree: la prima, più elevata, nei distretti di Kullu, Shimba e Kimour dove sono coltivate le cultivar europee come Bartlett, Conference, MaxRed Bartlett, Starkrimson e Early China. La seconda area, a media altezza, dove si coltiva sia la Bartlett che varietà di P. pyrifolia come Gola e Patharnakh. Infine nell’area di pianura si coltiva solamente il P. pyrifolia. Come portinnesto si utilizzano sia i franchi di P. pashia (cultivar Kainth) che di P. pyrifolia (cultivar Shiara); recentemente con intermedio di cotogno.
Campo-collezione di pero a Xian, Cina
Foto E. Bellini
Foto S. Musacchi
Particolare di frutto avvolto in un involucro protettivo Vecchio pereto disetaneo in Pakistan
307
mondo e mercato Europa L’Unione europea produce circa l’85% della produzione europea e le principali varietà sono, nell’ordine, Conference (30%), William (11%), Abate Fétel (11%), seguite da Blanquilla, Decana del Comizio, Coscia, Guyot, Kaiser, Passa Crassana, con percentuali minori.
Pericoltura europea
• L’Italia è il secondo Paese produttore
mondiale e il primo produttore di pere di tipo europeo, con produzioni concentrate nelle province di Ferrara, Modena e Bologna
Italia. L’Italia è il secondo Paese produttore in assoluto e il primo produttore di pere di tipo europeo. La superficie coltivata a pero è diminuita drasticamente dagli anni ’70 fino al 1980, per riprendere leggermente fino a metà degli anni ’90 e successivamente è diminuita costantemente fino agli attuali 42.661 ha.
• La produzione spagnola, concentrata
nella valle dell’Ebro, è in forte crescita (25% nell’ultimo decennio), così come in Portogallo
• Mentre la produzione tedesca di pere è stazionaria, quella francese è in costante calo, sia nella superficie investita sia nella produzione
• In Belgio e in Olanda la pericoltura è caratterizzata da progressiva espansione ed elevata produttività per ettaro
Pericoltura spagnola. La competizione con l’Italia è data dalla pera Spadona (Blanquilla) (a sinistra) allevata a vaso su franco e da nuovi impianti di Abate Fétel (a destra) a fusetto su Cotogno di Provenza al 9° anno
La produzione ha avuto un andamento analogo, anche se non esattamente parallelo: la diminuzione, iniziata negli anni ’70, è continuata fino a metà degli anni ’80 e successivamente ha oscillato tra 1 milione e 900.000 t. La coltivazione del pero è fortemente concentrata in Emilia-Romagna nel triangolo formato da Ferrara, Modena e Bologna, dove sono presenti il 61% della superficie e il 68% della produzione. La seconda regione è il Veneto con 4556 ha e 103.900 t e la terza è la Sicilia con 3570 ha e una produzione di poco meno di 60.000 t. Produzioni di una certa importanza provengono anche dalla Lombardia, dal Piemonte e dalla Campania. La produzione italiana è caratterizzata dalla forte incidenza della cultivar Abate Fétel pari al 30%, seguita da William (19-20%) e Conference (16-17%). Con percentuali minori seguono Decana del Comizio (7%), Coscia (6,5-7%), Kaiser (6%), Max Red Bartlett (3-4%), Passa Crassana (2,5%). Le cultivar precoci che maturano prima di William costituiscono circa il 12% della produzione totale e sono rappresentate da
Fonte: ISTAT
Superficie coltivata a pero in Italia nel 2005
308
pero nel mondo Precoce di Fiorano, Guyot, Santa Maria, Spadona e poche altre, frutto del miglioramento genetico italiano recente, come Etrusca, Tosca, Carmen, prodotte principalmente in Sicilia, Campania e nelle altre regioni centro-meridionali. Il portinnesto dominante in Italia è il cotogno (MA, MC, Sydo, BA29), più recente è l’impiego dei cloni di franco OHxF. Foto R. Angelini
Fonte: ISTAT
Produzione di pere in Italia nel 2005 ha 75
Impianto intensivo in Italia
70 65
Spagna. In Spagna la coltura del pero è concentrata nella valle dell’Ebro e Lerida ne è la capitale. La pericoltura spagnola vive una fase di ristrutturazione che vede l’abbandono delle aree marginali con una conseguente riduzione delle superfici coltivate che sono passate dai 40.000 ha del 2000 agli attuali 35.500. Per contro, la produzione, nell’ultimo decennio è aumentata del 25% per merito della migliorata tecnica colturale e del cambiamento della base varietale che vede diminuire le cultivar estive, meno produt-
60 55 50
2005
2000
1995
1990
1985
1980
1975
40
1970
45
Fonte: ISTAT
2005
2000
1995
1990
1985
1980
1975
000 q 17 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7
1970
Andamento della superficie a pero in Italia
Fonte: ISTAT
Andamento delle produzioni a pero in Italia Pereto a Lerida (Spagna)
309
mondo e mercato tive, e l’aumento delle cultivar autunnali come la Conference e l’Abate Fétel, più produttive. La diffusione di quest’ultima è recente ed è motivata dal successo che la cultivar ha avuto in Italia. Blanquilla, cultivar estiva di origine spagnola, è la principale varietà con circa il 40% del totale, seguita da Conference con il 17%, Guyot (conosciuta in Spagna come Limonera) con l’11% e da Ercolini (sinonimo di Coscia) con il 7%. Germania. La pericoltura tedesca è più o meno stazionaria. Le aree di maggiore coltivazione sono la Sassonia (centro-est) e il sud-ovest, mentre è in forte crisi l’area di Amburgo che un tempo era importante. In Germania hanno ancora un ruolo importante i frutteti familiari e le piante sparse, anche se la tendenza è verso una pericoltura specializzata. Nelle aree centro-settentrionali prevalgono gli impianti con Conference (30%), Alexander Lucas (27%), Fondante de Charneux (17%), Favorita di Clapp (12%), mentre nelle aree meridionali le cultivar più significative sono William, A. Lucas, Conference e Decana del Comizio. Il portinnesto dei frutteti familiari è ancora il franco, mentre nei frutteti intensivi è utilizzato il cotogno, in particolare l’MC, e anche i franchi clonali OHxF.
Pericoltura olandese: giovane impianto di Decana del Comizio su cotogno allevato a spindelbush
Francia. La pericoltura francese è, da tempo, in forte crisi ed è in atto un ridimensionamento sia delle superfici sia delle produzioni. Le principali zone di produzione sono la Valle della Loira, il SudOvest, l’Aquitania e Rhone-Alpes. La William è la cultivar più importante con il 35% della produzione, seguita da Guyot con il 26%, in forte calo, Conference (9%), Pereto in Belgio
Foto E. Bellini
310
pero nel mondo Decana del Comizio (8%) e Passa Crassana. In particolare in Bretagna hanno una certa importanza le pere da sidro appartenenti soprattutto alla specie P. nivalis, ma anche alla specie P. cordata. Localmente, franchi di queste specie sono usati come portinnesti seminanizzanti, ma il cotogno, con i vari cloni del Cotogno di Provenza e del Cotogno di Angers, è il portinnesto standard della pericoltura francese.
Pericoltura americana e africana
• Gli Stati Uniti coprono il 98% della
produzione nordamericana: gli Stati maggiormente rappresentativi sono Washington, California e Oregon
Belgio e Olanda. A differenza della Francia la cui pericoltura è in crisi, Belgio e Olanda hanno visto incrementi importanti sia di superfici sia di produzioni. In questi due Paesi c’è oggi la pericoltura più intensiva non solo d’Europa, ma del mondo intero, con densità di impianto che arrivano facilmente a 3000-4000 piante per ettaro e oltre. Questi sono anche i due Paesi europei con la più alta produttività per ettaro (29-30 t), se si esclude il dato anomalo dell’Austria che produrerebbe 41 t/ha. La forte intensificazione è dovuta all’adozione di cloni di cotogno molto nanizzanti come MC e Adams, che si sono poi diffusi anche in altri Paesi europei. La specializzazione varietale è molto spinta ed è basata sulla Conference che rappresenta il 90% della produzione belga e il 70-75% di quella olandese. Altre cultivar importanti sono Decana del Comizio, Durondeau (in Belgio), Giese Wilderman e Alexander Lucas (in Olanda).
• Argentina e Cile sono i maggiori
produttori dell’America del Sud. A fronte di una recessione della produzione cilena, quella argentina è in progressivo aumento
• La produzione africana è concentrata
nel Sud Africa e nella riva meridionale del Mediterraneo
Foto S. Musacchi
Portogallo. La situazione portoghese è analoga a quella spagnola: diminuiscono le superfici e aumenta la produzione grazie a una razionalizzazione della coltura. La produzione portoghese è basata quasi completamente su varietà estive e la cultivar Rocha, da sola, copre il 75% della produzione. Nord America La produzione nordamericana coincide, in pratica, con quella statunitense che rappresenta il 98% del totale. Stati Uniti. Nonostante un leggero calo di superficie coltivata e di produzione, gli Stati Uniti sono ancora il secondo paese produttore di pere di tipo europeo. La pericoltura statunitense è concentrata sulla costa occidentale negli Stati di Washington, California e Oregon, che complessivamente coprono il 97% della produzione. La varietà più importante è la Bartlett, che è praticamente l’unica in California, insieme con il mutante Red Bartlett in Oregon e Washington. Più del 50% della Bartlett viene trasformato (sciroppati, succhi, essiccato). La seconda cultivar è la Anjou e il suo mutante a buccia rossa Red Anjou. Di una certa importanza sono anche Kaiser (il clone Golden Russet) e Decana del Comizio. In California, dove è presente una importante comunità asiatica, si coltivano anche alcune
Impianto a Y in Oregon
311
mondo e mercato cultivar di P. pyrifolia, la più importante delle quali è la Nijisheiki, originaria del Giappone. Il più importante portinnesto utilizzato negli Stati Uniti è il franco di William, Old Home, Farmingdale. L’incrocio di queste due ultime cultivar ha dato origine ai franchi clonali OHxF che stanno sostituendo il franco da seme; poco diffuso è l’uso del cotogno che, come è noto, non è affine con Bartlett. Foto S. Musacchi
Pericoltura nello stato di Washington La pericoltura argentina è molto competitiva in Europa nel semestre primaverile-estivo. Nella foto impianti di William su franchi allevati a fusetto
America del Sud La pericoltura del continente sudamericano è concentrata in due Paesi: Argentina e Cile che, da soli, coprono il 91% della produzione.
Impianto di pere in Oregon
Foto S. Musacchi
312
pero nel mondo Foto E. Bellini
Foto E. Bellini
Vecchi peri con particolari strutture di sostegno in Patagonia
Argentina. L’Argentina è un paese a forte vocazionalità nella produzione di pere, favorita anche dall’assenza del fuoco batterico e della psilla, come dimostra la produzione unitaria, tra le più elevate in assoluto. Anche in Argentina, nonostante dal 1995 al 2005 la superficie a pero sia diminuita, seppure di poco, la produzione è fortemente aumentata (+42%), a testimonianza di un miglioramento della tecnica colturale e della concentrazione della coltura nelle aree più vocate. William, compreso il mutante rosso Max Red Bartlett, rappresenta oltre il 50% della produzione; Packam’s Triumph è la seconda varietà con il 26-27% della produzione complessiva; Anjou completa il quadro varietale, molto ristretto. Il portinnesto utilizzato è
Piante in Uruguay con regressione del carattere mutato (a destra) in Max Red Bartlett (a sinistra)
Pereto adulto nella zona di Rio Negro in Patagonia, Argentina
Foto E. Bellini
313
mondo e mercato una selezione di P. communis individuata nell’ambito di una popolazione di peri spontanei derivati dalle prime pere portate dagli europei.
Foto S. Musacchi
Cile. A differenza della pericoltura argentina, quella cilena è in recessione, sia come superficie sia come produzione; la sola varietà in espansione, per i buoni risultati sui mercati all’esportazione, è la Coscia, portata in Cile da frutticoltori di origine italiana. Le altre cultivar importanti sono Packam’s Triumph, Kaiser e Max Red Bartlett; per mercati di nicchia c’è anche una certa produzione di cultivar giapponesi come Nijisheiki, Hosui e Kosui. Foto E. Bellini
Esempio di pericoltura razionale in Uruguay
Africa Le due aree di produzione del pero nel continente africano sono l’Africa del Sud e la riva sud del Mediterraneo, dove tutti i Paesi rivieraschi sono produttori di pere e l’Algeria è il più importante.
Piante di pero in Sud Africa Pero allevato a Tatura Trellis con alta densità di impianto in Australia
Foto E. Bellini
314
pero nel mondo Sud Africa. Il Sud Africa è, da lungo tempo, il principale Paese africano produttore di pere, con un elevato standard di produttività (26 t/ha) e di qualità; il 45% della produzione viene trasformato. La pericoltura è presente in due aree: la più importante è la Western Cape Province, la seconda è la Eastern Cape Province. Le due cultivar più importanti sono William e Packam’s Triumph con circa il 30% ciascuna; seguono Forelle (16%), Rosemarie (6%), Kaiser (5%), Decana del Comizio (5%).
Foto E. Bellini
Oceania L’Oceania è il più piccolo dei continenti e il pero non è tra le specie da frutto più importanti; negli ultimi dieci anni sono diminuite sia la superficie coltivata sia la produzione, concentrate per tre quarti in Australia. Australia. La maggior parte dei pereti australiani ha più di 30 anni e sono caratterizzati da bassa densità di impianto, portinnesti franchi vigorosi, forme di allevamento espanse. La coltivazione è concentrata negli stati di Victoria e Western Australia nel sud del Paese. William con il 44-45% e Packam’s Triumph con il 34% dominano la produzione. La terza cultivar è Kaiser, preferita alle precedenti nei pochi nuovi impianti. William è destinata prevalentemente alla trasformazione industriale.
Peri allevati a Y in Nuova Zelanda Area frutticola in Australia. La fascia di fiori bianchi è costituita da piante di pero
Foto E. Bellini
315
il pero
mondo e mercato Commercio internazionale Roberto Della Casa
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Commercio internazionale L’ultimo decennio ha conosciuto una profonda crescita del commercio mondiale di pere fresche. L’intensità delle esportazioni ha registrato un aumento a volume, tra il triennio ’94-’96 e il triennio ’02-’04, del 90,6%, passando da 1241 a 2365 migliaia di tonnellate; a ciò ha fatto da contraltare un incremento, o valore, del 44,8%, da 1532 a 2218 milioni di dollari americani. Proporzionale lo sviluppo dell’import, con una variazione in termini quantitativi del +92,8% (da 1230 a 2373 migliaia di tonnellate), accompagnata da una maggiorazione a valore del 46,4% (da 2011 a 2943 milioni di dollari americani). L’analisi del trade denota una spiccata concentrazione degli scambi, sotto il profilo dei player coinvolti, tanto sul versante dell’export quanto su quello dell’import; concentrazione che però nell’ultimo decennio pare essere andata progressivamente contraendosi: se, infatti, nel triennio ’94-’96 i primi cinque Paesi esportatori a volume coprivano il 63,9% dell’export mondiale di pere fresche, nel periodo ’02-’04 tale incidenza è scesa al 59,1% (–4,8%); situazione analoga a valore, con una diminuzione del coefficiente di concentrazione – calcolato sui primi cinque Paesi – fra il primo e il secondo triennio di riferimento, di 3,8 punti percentuali circa (da 53% a 49,2%). Riduzioni di intensità differenti si sono registrate sul lato dell’import. Mentre nell’arco temporale 1994-1996 i cinque maggiori Paesi importatori a volume di pere fresche assorbivano il 45,5% del prodotto complessivamente importato, nel triennio ’02-’04 tale capacità recettiva si è solamente attestata su di un valore del 39,2%, segnando così un decremento di 6,3 punti percentuali. Più contenuta la diminuzione in termini monetari, –2,3%, con un passaggio del tasso di concentrazione dell’import, per i primi cinque Paesi, da un valore del 48,9% a uno del 46,6%. Differente, nei due periodi in esame, è anche l’articolazione dei quattro cluster analizzati (top 10 exporter a volume, top 10 exporter a valore, top 10 importer a volume, top 10 importer a valore), segnata da entrate, uscite e mutamenti di posizione all’interno dei ranking. L’esame della variazione del saldo normalizzato, dato per ciascun Paese dal rapporto tra il saldo commerciale (esportazioni
Cosa significa
• Cluster: gruppi omogenei • Commodity: bene di massa • Export: esportazione • Exporter: esportatore • Food Retail System: sistema di vendita
al dettaglio HO.RE.CA.: Hotels Restaurants Catering • Import: importazione • • Importer: importatore • Player: attore • Ranking: graduatoria • Retail: dettaglio (vendita al) • Trade: commercio • Trend: tendenza
Foto R. Angelini
Mercato ortofrutticolo sulla Rambla (Spagna)
Coefficiente di concentrazione A volume 1994-1996
A volume 2002-2004
Variaz.
A valore 1994-1996
A valore 2002-2004
Variaz.
Top 10 exporter
93,9%
86,0%
–7,9%
81,7%
77,2%
–4,5%
Top 10 importer
72,5%
62,5%
–12,7%
71,9%
67,5%
–4,9%
Fonte: elaborazione dell’autore su dati FAO
316
commercio internazionale Top 10 exporter in volume (.000 t) Triennio ’94-’96
Triennio ’02-’04
Argentina
196,14
Cina
446,25
Cile
155,38
Argentina
327,67
Stati Uniti
151,63
Paesi Bassi
228,12
Paesi Bassi
150,85
Belgio
198,44
Italia
139,82
Stati Uniti
196,16
Cina
112,62
Italia
156,52
Francia
81,41
Spagna
144,51
Sud Africa
78,75
Cile
140,69
Spagna
72,26
Sud Africa
132,94
Australia
26,25
Thailandia
62,59
Export a volume
• Il triennio ’02-’04 ha visto affacciarsi
sulla scena internazionale Belgio e Thailandia, mentre Francia e Australia hanno perso il proprio ruolo di co-protagoniste
• L’Argentina, al primo posto nel triennio ’94-’96 per quantità di pere fresche esportate, è stata prepotentemente scalzata dalla Cina, passata, nel triennio ’02-’04, dalla sesta alla prima posizione
Fonte: elaborazione dell’autore su dati FAO
-importazioni) e il valore complessivo degli scambi (importazioni +esportazioni) ed espresso in forma percentuale, mostra un significativo miglioramento nell’ultimo decennio della performance commerciale della Cina (23,1 il saldo normalizzato medio riferibile al triennio ’94-’96, 52 quello riferibile invece al triennio ’02-’04, con un incremento netto del 125,1%). Al contrario, si registra un forte deterioramento delle prestazioni commerciali di Italia e Stati Uniti, il cui saldo normalizzato medio, nei due trienni di riferimento, è passato rispettivamente da 34,7 a 16,2 e
Export a valore
• Negli archi temporali di riferimento,
si denota una sostanziale stabilità, con la costante presenza dell’Italia, dei Paesi Bassi e della Cina, secondo però un differente ordine gerarchico. Nel ’94-’96 l’Italia occupava il primo posto, seguita da Paesi Bassi e Cina, mentre nel ’02-’04 sono i Paesi Bassi a primeggiare, tallonati da Cina e Italia
Top 10 value exporter (.000.000 US$) Triennio ’94-’96
Triennio ’02-’04
Italia
218,40
Paesi Bassi
247,44
Paesi Bassi
173,88
Cina
244,68
Cina
170,50
Italia
225,14
Argentina
126,04
Belgio
211,50
Stati Uniti
123,80
Stati Uniti
163,55
Francia
106,23
Argentina
160,33
Cile
104,78
Spagna
138,84
Spagna
92,87
Germania
126,10
Germania
70,95
Cile
100,65
Sud Africa
63,88
Francia
94,54
• Considerevole la crescita a valore
registrata dall’export del Belgio, che, quasi completamente assente durante il triennio ’94-’96, ha superato i 200 milioni di dollari americani nel triennio ’02-’04, portando il Paese a occupare la quarta posizione
Fonte: elaborazione dell’autore su dati FAO
317
mondo e mercato Top 10 volume importer (.000 t) Triennio ’94-’96
Import a volume
• L’ultimo decennio ha registrato
l’ingresso, fra i primi dieci player mondiali, del Messico e del Belgio, che hanno sostituito il Brasile e il Canada
• Le prime posizioni continuano
a essere occupate da Germania, Regno Unito e Paesi Bassi, precedute però, a oggi, dalla Russia
Foto S. Musacchi
Triennio ’02-’04
Germania
177,77
Russia
235,70
Regno Unito
108,41
Germania
230,09
Paesi Bassi
93,32
Regno Unito
163,85
Italia
91,51
Paesi Bassi
151,19
Brasile
88,59
Francia
149,93
Francia
85,82
Italia
137,09
Russia
69,59
Stati Uniti
132,17
Cina
61,43
Messico
95,76
Canada
58,59
Belgio
95,05
Stati Uniti
56,86
Cina
91,70
Fonte: elaborazione dell’autore su dati FAO
da 7,5 a –15, segnando, nell’ordine, –53,2% e –300,9%. Combinando i dati di import ed export in quantità con quelli relativi alla produzione interna, è facile appurare come l’Argentina, nell’ultimo decennio, abbia esportato quasi esclusivamente prodotto nazionale, dato che l’entità delle proprie importazioni di pere fresche si è costantemente attestata su valori pressoché trascurabili; situazione analoga ha caratterizzato le dinamiche commerciali di Cile e Sud Africa. Evidente, per contro, come i Paesi Bassi si siano fatti esportatori tanto di prodotto locale quanto di prodotto importato, visto che singolarmente né la produzione interna, né le importazioni sarebbero state in grado di coprire l’ammontare complessivo delle esportazioni nell’arco temporale di riferimento. Focalizzando l’attenzione sui primi tre exporter a volume di pere fresche (Argentina, Cile e Stati Uniti nel triennio ’94-’96; Cina, Argentina e Paesi Bassi nel triennio ’02-’04) e disarticolandone le esportazioni per Paese di destinazione, si può constatare il costante rilievo attribuito da Argentina e Paesi Bassi ai Paesi Europei, quali partner commerciali privilegiati in grado di recepire quote significative delle proprie esportazioni di pere fresche; se infatti i Paesi dell’odierna Europa a 25 assorbivano nel triennio ’94-’96 il 41,4% dell’export argentino e l’85,8% di quello olandese di pere, nel triennio ’02-’04 continuavano a recepirne rispettivamente il 43,2% e il 78,2%. In forte contrazione, invece, la percentuale dell’export cileno destinata ai mercati europei, passata da un valore del 47,8% nel primo triennio di riferimento a uno del 36,1% nel secondo. Porzioni molto più modeste sono invece quelle indirizzate ai Paesi europei da Stati Uniti e Cina, attestatesi rispettivamente
Mercato a Barcellona
Foto E. Bellini
Mercato ortofrutticolo cinese
318
commercio internazionale Top 10 value importer (.000.000 US$) Triennio ’94-’96
Triennio ’02-’04
Germania
344,56
Germania
403,78
Regno Unito
198,52
Regno Unito
286,47
Francia
197,66
Francia
269,74
Paesi Bassi
126,06
Stati Uniti
221,45
Stati Uniti
117,14
Paesi Bassi
189,69
Cina
106,55
Italia
162,23
Italia
105,80
Belgio
128,00
Russia
95,09
Giappone
117,33
Brasile
86,98
Canada
104,66
Canada
67,63
Russia
104,62
Import a valore
• Invariati dal ’94 al 2007 i Paesi
detentori delle prime cinque posizioni sul fronte dell’import a valore, con gli Stati Uniti passati però dalla quinta alla quarta posizione e i Paesi Bassi slittati, per converso, dal quarto al quinto posto
• Nuovi entranti il Belgio e il Giappone, mentre si segnala l’uscita della Cina e del Brasile
Foto S. Musacchi
Fonte: elaborazione dell’autore su dati FAO
su valori del 6,2% e dello 0,6% nel triennio ’94-’96 e del 4,6% e del 2,7% nel triennio ’02-’04. In maniera del tutto speculare, l’analisi condotta sui tre principali importer a volume (Germania, Regno Unito e Paesi Bassi nel triennio ’94-’96; Russia, Germania e Regno Unito nel triennio ’02-’04) mostra ancora oggi un ruolo considerevole per gli Stati europei quali controparti commerciali delle pere destinate verso questi mercati, benché il dato tendenziale denoti nell’ultimo decennio una progressiva perdita di interesse da parte dei maggiori player mondiali nei confronti del prodotto di provenienza europea; mentre infatti nel triennio ’94-’96 la quasi totalità dell’import tedesco, l’83,4% di quello britannico, il 56,2% di quello olandese e il 59,4% di quello russo derivavano da esportazioni effettuate da Paesi europei, nel triennio ’02-’04 lo era solamente il 77,9% delle importazioni tedesche, il 52,4% di quelle britanniche, il 35,0% di quelle olandesi e il 40,5% di quelle russe. L’analisi incrociata dei dati a volume e a valore, a livello aggregato, rivela, nel periodo in esame, una contrazione a due cifre sia del valore unitario del prodotto esportato sia di quello del prodotto importato, passati rispettivamente da 1234 e 1634 milioni di dollari americani nel triennio ’94-’96 a 988 (–19,9%) e 1346 milioni di dollari americani (–17,6%) nel triennio ’02-’04: ciò è sintomatico di una accresciuta percezione del frutto pera, da parte dei mercati internazionali, come di un prodotto commodity, una materia prima altamente indifferenziata, la cui competitività può quasi unicamente essere giocata sulla leva del prezzo, con un inevitabile e progressivo andamento al ribasso nel corso del tempo.
Mercato a Saragozza Foto S. Musacchi
Nashi confezionato per la vendita in Corea
319
mondo e mercato Distribuzione delle pere in Italia (in volume) Distributore
Volumi (t)
Incidenza % sul totale Italia
2002
2003
2004
2005
2002
2003
2004
2005
Iper+Super+Self S.
145.845
153.439
156.011
161.007
33,2
37
37,5
41,5
Tradiz.+Specializ.
97.445
92.892
92.888
76.840
22,2
22,4
22,3
19,8
Discount
10.681
12.680
18.299
18.972
2,4
3,1
4,4
4,9
Ambulanti+Altro
184.884
156.125
149.218
130.835
42,1
37,6
35,8
33,8
Totale Italia
438.855
415.136
416.416
387.654
100
100
100
100
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Gfk-Iha Foto U. Parmeggiani
La distribuzione al dettaglio e i consumi delle pere nei mercati italiano, francese, inglese e tedesco Negli ultimi quattro anni il mercato italiano è stato caratterizzato da una certa flessione dei volumi di pere fresche veicolati al consumo mediante la distribuzione al dettaglio. Mentre infatti nel 2002 erano transitate dal canale retail 438.855 t di prodotto, nel 2003 se ne registravano il 5,4% in meno (415.136 t) e, a fronte di una trascurabile variazione al rialzo nel 2004 (+0,3%, per un ammontare di 416.416 t), il 2005 ha conosciuto un’ulteriore contrazione di 6,9 punti percentuali circa nei volumi commercializzati (387.654 t). Sostanzialmente in linea anche il trend a valore, segnato nel 2003 da un decremento del 2,3% (621,7 milioni di euro contro 636,5 milioni di euro per l’anno 2002), a cui hanno fatto seguito, nel biennio 2004-2005, riduzioni dell’ordine di 1,6 e 11,7 punti percentuali (per un valore del prodotto complessivamente distribuito rispettivamente pari a 611,9 e 540,1 milioni di euro). Se ciò è vero in senso assoluto, declinando l’analisi ai diversi format del sistema retail, è facile comprendere come invece la moderna distribuzione mostri un andamento in controtendenza: il complesso Iper+Super+Self Service tra il 2002 e il 2005 ha visto crescere i volumi di pere fresche commercializzati del 10,4%, da 145.845 t a 161.007 t, passando per le 153.439 t del 2003 e le 156.011 t del 2004. Identico l’andamento registrato dai discount: +77,6%, dalle 10.681 t del 2002 alle 18.972 t del 2005 (12.680 t e 18.299 t i volumi transitati invece nel 2003 e nel 2004). Più contenuta si è rivelata la crescita a valore, con un aumento, tra il primo e l’ultimo anno in esame, di 1,8 punti percentuali per Iper+Super+Self Service (da 242,8 a 247,1 milioni di euro) e di 42,7 punti percentuali per i discount (da 16,8 a 24,0 milioni di euro). Se nel 2002 la maggior parte del prodotto veniva distribuito dagli Ambulanti (42,1%), nel corso del tempo si è assistito a una progressiva sostituzione a favore di discount, Ipermercati, Supermercati e punti vendita Self Service, tanto che a oggi il format prevalente è rappresentato dal cluster Iper+Super+Self Service, con una quota a volume, nel
Magazzino di stoccaggio del prodotto in attesa della commercializzazione Foto R. Piazza
Cassette di pere sul mercato italiano
320
commercio internazionale Distribuzione delle pere in Italia (in valore) Valore (.000 euro)
Distributori
Incidenza % sul totale Italia
2002
2003
2004
2005
2002
2003
2004
2005
Iper+Super+Self S.
242.831
260.002
261.780
247.142
38,2
41,8
42,8
45,8
Tradiz.+Specializ.
147.836
140.470
134.028
105.926
23,2
22,6
21,9
19,6
Discount
16.818
20.048
24.955
24.003
2,6
3,2
4,1
4,4
Ambulanti+Altro
229.017
201.147
191.104
163.038
36,0
32,4
31,2
30,2
Totale Italia
636.502
621.667
611.867
540.109
100
100
100
100
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Gfk-Iha
2005, del 41,5% (a fronte di un 33,8% per l’Ambulantato e di un 4,9% per i discount). L’analisi a valore mostra invece, dal 2002 a oggi, una costante supremazia della Grande Distribuzione Organizzata (GDO), che nel corso del tempo è andata rafforzandosi: se infatti nel 2002 il complesso Iper+Super+Self Service commercializzava il 38,2% del prodotto complessivamente distribuito al dettaglio (percentuale che sale al 40,8% computando anche i discount) a fronte di un 36% ad appannaggio dell’Ambulantato, nel 2005 la forbice pare essersi notevolmente allargata, con un 45,8% del prodotto veicolato dalla GDO (50,2% con l’inclusione dei discount) e solamente un 30,2% ceduto da Ambulanti. La dinamica dei prezzi al consumo per il prodotto pera, negli ultimi anni, è stata caratterizzata nel mercato italiano da continue oscillazioni, il cui risultato si è sostanziato nel 2005 in un abbattimento di 3,9 punti percentuali del prezzo medio praticato nel 2002 (1,39 €/kg contro 1,45 €/kg). Approfondendo l’analisi in funzione dei differenti format del sistema retail, si scoprono trend che, fatti salvi
Foto R. Balestrazzi
Cassetta di pere Decana del Comizio Foto R. Balestrazzi
Andamento prezzo medio (€/kg) sulla distribuzione Distributore
Prezzo medio (euro/kg)
Variazione %
2002 2003 2004 2005 ’03 vs ’02
’04 vs ’03
’05 vs ’04
Iper +Super +Self S.
1,66
1,69
1,68
1,53
+1,8%
–1,0%
–8,5%
Trad.+Spec.
1,52
1,51
1,44
1,38
–0,3%
–4,6%
–4,5%
Discount
1,57
1,58
1,36
1,27
+0,4%
–13,7%
–7,2%
Ambulanti +Altro
1,24
1,29
1,28
1,25
+4,0%
–0,6%
–2,7%
Totale Italia
1,45
1,50
1,47
1,39
+3,2%
–1,9%
–5,2%
Pere della varietà Kaiser
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Gfk-Iha
321
mondo e mercato i punti vendita tradizionali (dove si assiste a una flessione continua nell’arco temporale di riferimento), paiono fra loro sostanzialmente omogenei: un andamento dei prezzi al rialzo nel 2003, quasi sempre più che compensato dalle contrazioni registrate nel biennio a seguire. Se così nel 2002 i prezzi medi praticati da Iper+Super+Self Service, punti vendita tradizionali e discount si attestavano, nell’ordine, su valori di 1,66 €/kg, 1,52 €/kg e 1,57 €/kg, tre anni dopo erano scesi rispettivamente a 1,53 €/kg (–7,8%), 1,38 €/kg (–9,1%) e 1,27 €/kg (–19,6%). È il complesso Iper+Super+Self Service ad aver costantemente praticato, nel periodo in esame, i più alti prezzi di vendita al consumo con un gap, rispetto a quelli applicati dagli Ambulanti – i più bassi in assoluto sul mercato italiano –, di 34,4 punti percentuali nel 2002 e di 23,2 punti percentuali nel 2005. Focalizzando l’analisi sulle famiglie Italiane acquirenti, è facile constatare, nel periodo individuato, una progressiva diminuzione della quantità media annua di pere, da 28,7 kg per nucleo familiare nel 2002, a 25 kg nel 2005 (–12,9%). L’indagine puntuale condotta a livello del singolo format contraddice però in parte il trend complessivo registrato: l’acquisto familiare medio annuo di pere effettuato presso il cluster Iper+Super+Self Service ha conosciuto infatti, nell’arco temporale di riferimento, una crescita continua di 6,8 punti percentuali, dai 19,2 kg del 2002 ai 20,5 del 2005, passando per i 19,4 kg del 2003 (+1%) e i 19,8 kg del 2004 (+2,1%). A due cifre, poi, l’aumento della quantità media annua di pere comprate dalle famiglie italiane nei discount, da 11,4 kg nel 2002 a 12,7 kg nel 2005, con una variazione, nel periodo considerato, del +11,4%. Di segno opposto, invece, le variazioni riscontrate a livello familiare negli acquisti di pere, sostenuti annualmente presso venditori ambulanti e punti vendita del dettaglio tradizionale: mentre infatti nel 2002, l’acquisto medio da fornitori di queste due categorie si
Foto U. Parmeggiani
Cassette di pere Abate Fétel
Acquisto familiare medio annuo Foto M. Fornaciari
Distributore
(kg)
Variazione %
2002 2003 2004 2005 ’03 vs ’02
’05 vs ’04
Iper +Super +Self S.
19,2
19,4
19,8
20,5
1,0%
2,1%
3,5%
Trad.+Spec.
19,7
17,4
17,2
15,7
–11,7%
–1,1%
–8,7%
Discount
11,4
11,7
11,7
12,7
2,6%
0,0%
8,5%
Ambulanti +Altro
24,8
21,6
21,3
19,4
–12,9%
–1,4%
–8,9%
Totale Italia
28,7
26,6
26,3
25,0
–7,3%
–1,1%
–4,9%
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Gfk-Iha
322
’04 vs ’03
commercio internazionale Andamento dei consumi di pere in Italia Media ’94-’96
Media ’02-’04
Variazione %
Consumi domestici + extradomestici (t)
799.104
730.212
–8,6%
Popolazione (.000.000 abitanti)
56,9
57,9
+1,8%
Consumi pro capite (kg/ab.)
14,1
12,6
–10,2%
Foto R. Balestrazzi
Fonte: elaborazione dell’autore su dati USDA e Istat
attestava, nell’ordine, sui 24,8 e i 19,7 kg, tre anni più tardi si era rispettivamente ridotto di 21,8 e 20,3 punti percentuali, affermandosi sui 19,4 e i 20,5 kg. Nel corso dell’ultimo decennio il mercato italiano è stato segnato da un affievolimento dei consumi di pere fresche: se nel triennio ’94-’96 il volume complessivo dei consumi domestici ed extradomestici (quelli cioè sostenuti presso strutture appartenenti al canale HO.RE.CA) aveva di fatto toccato una quota media annua di 799.104 t, nel triennio ’02-’04 non superava le 730.212 t, facendo registrare una flessione dell’8,6%. Considerando poi che nel lasso di tempo indagato la popolazione italiana ha subito un incremento dell’1,8% circa, da 56,9 a 57,9 milioni di abitanti, risulta evidente una diminuzione del consumo pro capite di pere del valore di 10,2 punti percentuali (12,6 kg/abitante nel triennio ’02-’04 contro 14,1 kg/abitante nel triennio ’94-’96), traducibile forse in una sorta di disaffezione da parte del consumatore verso il prodotto tal quale. Rapido e significativo è lo sviluppo conosciuto nella commercializzazione delle pere dal sistema retail francese durante i primi anni del nuovo millennio. Nell’arco di un solo anno, dal 2002 al 2003, si è assistito a una impennata nei volumi veicolati al consumo dell’ordine di 18,5 punti percentuali, da 99.409 a 117.800 t. Nella stessa direzione, benché di intensità leggermente inferiore, il trend riscontrato a valore: 217,3 milioni di euro nel 2003 contro i 188,6 milioni di euro del 2002, con una crescita netta del 15,2%. Combinando il dato a valore con quello a volume, si registra una contrazione del prezzo medio di vendita per la pera sul mercato francese, tra il 2002 e il 2003, attestabile su un livello del 2,9%, con il passaggio da 1,90 €/kg a 1,84 €/kg. Sulla base dei dati del Panel Consommateurs Secodip 2003, è emerso un prezzo massimo praticato al dettaglio nel 2003 di 2,12 €/kg e uno minimo di 1,58 €/kg, con un differenziale, fra il primo e il secondo, del 34,2%. Le rilevazioni condotte in Francia sui punti vendita della moderna distribuzione individuano, per il prodotto pera, un numero medio di referenze che, per piccoli ipermercati e grandi supermercati, va dai tre item nei mesi di marzo, settembre, ottobre e novembre a un singolo articolo nei mesi di giugno e luglio. Dall’indagine svolta nel mercato francese sui fruitori del
Cassetta di pere Conference
Francia: assortimento medio di un grande supermercato o di un piccolo ipermercato (n° referenze pere) Gennaio
2
Febbraio
2
Marzo
3
Aprile
2
Maggio
2
Giugno
1
Luglio
1
Agosto
2
Settembre
3
Ottobre
3
Novembre
3
Dicembre
2
Fonte: PB Conseil sulla base del panel Secodip
323
mondo e mercato Andamento dei consumi di pere in Francia, Germania e Regno Unito Francia*
Media ’94-’96
Media ’02-’04
Variazione %
Consumi domestici+extradomestici (t)
256.600
251.700
–1,9%
Popolazione (.000.000 abitanti)
59,4
62,1
+4,6%
Consumi pro capite (kg/ab.)
4,3
4,1
–6,2%
Consumi domestici+extradomestici (t)
226.556
200.463
–11,5%
Popolazione (.000.000 abitanti)
81,6
82,5
+1,1%
Consumi pro capite (kg/ab.)
2,8
2,4
–12,4%
Consumi domestici+extradomestici (t)
134.560
147.737
+9,8%
Popolazione (.000.000 abitanti)
58,4
60,3
+3,2%
Consumi pro capite (kg/ab.)
2,3
2,5
+6,4%
Germania**
Regno Unito***
* Fonte: elaborazione dell’autore su dati USDA e Institut National d’Études Démographiques (INED) ** Fonte: elaborazione dell’autore su dati USDA e Wikipedia *** Fonte: elaborazione dell’autore su dati di diversa provenienza (USDA e altre)
prodotto è emersa negli ultimi dieci anni una lieve flessione del consumo globale di pere fresche, da intendersi ancora una volta come somma di consumi domestici ed extradomestici. A fronte, infatti, di una quantità media annua di prodotto pari a 256.600 t consumata nel triennio ’94-’96, nel periodo ’02-’04 la popolazione francese ha fruito annualmente di circa 251.700 t di pere fresche (–1,9%). Più marcata la contrazione dei consumi pro-capite, passati da 4,3 kg nel primo triennio di riferimento a 4,1 nel secondo (–6,2%). Al ribasso nell’ultimo decennio anche i consumi di pere fresche realizzati dalla popolazione tedesca. Mentre infatti nel periodo ’94-’96 la quantità media annua di prodotto consumato in e fuori casa si attestava su di un volume di 226.556 t circa, nel triennio ’02-’04 era scesa di 11,5 punti percentuali, giungendo a un livello pari a 200.463 t. Se a ciò si aggiunge una crescita demografica in Germania, nel periodo considerato, dell’1,1%, da 81,6 a 82,5 milioni di abitanti, è semplice appurare una diminuzione dei consumi pro-capite all’incirca pari al 12,4%, con il passaggio dai 2,8 kg del triennio ’94-’96 ai 2,4 kg del triennio ’02-’04. In controtendenza l’andamento dei consumi complessivi di pere fresche registrato nel mercato inglese, segnato da un incremento, tra il 1994-1996 e il 2002-2004, di 9,8 punti percentuali: a oggi, infatti, gli abitanti del Regno Unito consumano una quantità media annua di prodotto pari a 147.737 t, quando invece nel primo triennio di riferimento tale quantità non superava le 134.560 t. Trend analogo è riscontrabile anche a livello micro, con una crescita del consumo pro
Logo della pera IGP dell’Emilia Romagna
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commercio internazionale capite, nell’arco temporale in esame, del 6,4%, da 2,3 kg nel triennio ’94-’96 a 2,5 kg nel triennio ’02-’04.
Pere salvaguardate da protezione comunitaria
Le pere italiane tutelate da protezione comunitaria Con il marchio comunitario di qualità DOP (Denominazione di Origine Protetta), vengono tutelati quei prodotti agroalimentari il cui processo produttivo sia interamente realizzato in un’area delimitata e le cui caratteristiche qualitative siano dovute essenzialmente all’ambiente geografico, comprensivo di fattori naturali e umani. Il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta), meno stringente del primo, designa invece un prodotto originario di un determinato luogo, avente un elemento attribuibile all’origine geografica e la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengano nell’area geografica definita. A oggi in Europa sono sei le pere salvaguardate da protezione comunitaria, di cui tre DOP e tre IGP. A livello nazionale annoveriamo la Pera dell’Emilia-Romagna IGP e la Pera Mantovana IGP. Sono 232 le aziende agricole che risultano attualmente interessate alla produzione di pere del primo tipo, mentre le strutture industriali coinvolte sono 21 e 22 le aziende con prodotto certificato negli anni 2004-2005, sono 16 quelle iscritte al consorzio di tutela. All’80% di svolgimento della campagna 2005/2006 sono state 2000 le tonnellate di prodotto raccolte e certificate, interamente destinate al mercato interno: il 70% circa del prodotto viene veicolato al consumo per il tramite della distribuzione moderna, mentre il restante 30% è commercializzato da punti vendita al dettaglio tradizionali. Il prezzo prevalente registrato alla produzione per il prodotto finito franco-partenza dal centro di condizionamento e riferito alla varietà Abate – calibro 70/75, confezione a uno strato 30×50 o 40×60 – è di 1,20 €/kg, per un volume di affari della IGP, alla produzione, attestabile sui 220 milioni di euro. La realtà produttiva della Pera Mantovana IGP è oggigiorno caratterizzata dal’attività di 180 aziende agricole e di 3 strutture industriali. Nel 2005, sono 90 le aziende che risultavano socie del consorzio di tutela, mentre 10 erano le imprese con prodotto certificato, per un volume complessivo di pere a marchio IGP pari a 2000 t (quantità esigua rispetto alle 26.000 t di prodotto potenzialmente certificabili nell’ambito del territorio definito nel disciplinare di produzione). La Pera Mantovana a Indicazione Geografica Protetta è interamente commercializzata nel mercato nazionale attraverso l’intermediazione della Grande Distribuzione Organizzata. Il prezzo prevalente alla produzione, per le casse da 17 kg, è di 0,52 €/kg. Alla stessa stregua, il prezzo modale al consumo praticato presso i punti vendita della distribuzione moderna per il prodotto distribuito in confezioni a 1 strato 30×50 – il formato prevalente – si aggira sugli 1,9 €/kg. A fronte di ciò la Pera Mantovana IGP registra alla produzione un turnover di circa 1,04 milioni di euro, mentre il giro d’affari rilevato al consumo si attesta sui 3,8 milioni di euro.
Denominazione
Tipologia di protezione
Paese
Pera de Jumilla
DOP
Spagna
Pera dell’EmiliaRomagna
IGP
Italia
Pera Mantovana
IGP
Italia
Pêra Rocha do Oeste
DOP
Portogallo
Peras de Rincón de Soto
DOP
Spagna
Poires de Savoie
IGP
Francia
Fonte: Fondazione Qualivita
Logo della pera mantovana IGP
325
il pero
mondo e mercato Mercato italiano Roberto Piazza
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Mercato italiano Introduzione Fino a pochi anni fa, l’immissione sul mercato dei prodotti ortofrutticoli sembrava riguardare poco il produttore agricolo, protagonista della filiera agroalimentare con il compito, abbastanza generico, di produrre molto in risposta a una domanda che, negli anni ’80, era ancora superiore all’offerta; l’agricoltore trovava, in linea generale, la possibilità di collocare buona parte delle produzioni ortofrutticole. Inoltre, in caso di eccedenze, scattavano gli ammortizzatori economici a spese della Comunità Europea, rappresentati dai ritiri per la distruzione o la trasformazione delle produzioni eccedenti. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 l’agricoltore, inteso come imprenditore agricolo, si è trovato a dovere portare a termine il nuovo compito di immettere sul mercato produzioni quantitativamente inferiori e di qualità maggiore. Quindi, da circa 10 anni, ogni relatore, sperimentatore, o editorialista intervenuto nell’ambito di un convegno, o di una pubblicazione in materia di ortofrutta, espone le proprie idee e proposte sul significato di qualità, su come aumentarla e farla percepire. Con il contributo di anni di esperienza nel settore, gli operatori si stanno impegnando nella definizione della “qualità” delle produzioni ortofrutticole, interpretando le esigenze del mercato che, a sua volta, cerca di cogliere e soddisfare i gusti del consumatore in continua evoluzione. Infatti, se alcuni anni fa sui mercati la qualità veniva definita e percepita come freschezza e bontà del prodotto (anni ’70-’80), in seguito, il prodotto doveva essere anche bello e sano, non attaccato da marciumi o con esiti di attacchi di insetti (anni ’80-’90) ed evidenziare una perfetta conservazione, selezione, calibratura, uniformità, un confezionamento in imballaggio gradevole e una qualità igienico-sanitaria che garantisse l’assenza di residui chimici da agrofarmaci (anni ’90-2000).
Evoluzione del mercato italiano
• Tra gli anni ’70 e ’80 la qualità era percepita dall’abbondanza di un prodotto fresco
• Dalla fine degli anni ’80 diventa sempre più importante il concetto di “qualità”, inteso come l’insieme di precise caratteristiche del prodotto definite dalle richieste del consumatore
• Agli inizi degli anni ’90, parallelamente all’accrescersi dell’attenzione per la protezione in campo dai parassiti e dalle malattie, la qualità viene associata anche alla sanità e all’aspetto estetico del prodotto
• Dalla fine degli anni ’90 si affiancano
aspetti come salubrità, uniformità di prodotto, conservabilità, caratteristiche del confezionamento ecc.
• Attualmente l’identificazione di origine e la certificazione di processo sono gli aspetti che associano meglio il prodotto alla qualità
Nella foto a sinistra (anni ’80) si nota la scarsa attenzione per l’immagine del prodotto, mentre nelle altre due foto è evidente l’importanza oggi posta alla presentazione e al confezionamento
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mercato italiano Il concetto di qualità, negli anni, si è arricchito di aspetti che in passato avevano un’importanza relativa: la velocità e la puntualità di tutto il sistema logistico, la comunicazione relativa ai sistemi agronomici con i quali è stata prodotta quella frutta, la valorizzazione e l’evidenza delle caratteristiche salutistiche e nutrizionali di quel prodotto. In altre parole, dai prodotti ortofrutticoli ci si aspetta più di quanto possa dare un semplice alimento: l’informazione relativa alla zona di produzione, al produttore, ai sistemi agronomici attuati, ai nutrimenti apportati, alle proprietà salutistiche del prodotto e alla sua purezza. Praticamente, è necessario attribuire alle pere un alto valore aggiunto costituito dai servizi che contribuiscono al riconoscimento dei prodotti di qualità, rispetto a quelli indifferenziati. Nei mercati all’ingrosso italiani Nel tempo, sui grandi mercati ortofrutticoli italiani come quello di Bologna, Verona, Padova, Milano, Torino, Genova, Firenze, Roma, Catania ecc., si è assistito a una trasformazione epocale, per esempio nell’uso degli imballaggi, che ogni anno diventano sempre più piccoli, maneggevoli e leggeri. Si è passati da casse del peso di 18 kg alle padelline monostrato alveolate dalle dimensioni di 30×50 o 30×40 cm, che pesano 4-5 kg, e da confezioni in cui i frutti erano alla rinfusa e dove i “pezzi” migliori erano collocati nella parte superiore dell’imballaggio (metodo della “coperta”), si è giunti a utilizzare confezioni dove le pere sono sistemate a vista, con calibri o pezzature perfettamente uniformi. In Emilia Romagna (a Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì-Cesena) gli operatori commerciali e i dirigenti delle cooperative sono stati i primi a invadere i mercati con prodotti di pezzature ben definite e di calibri che differiscono tra loro per soli 5 mm (60-65, 65-70, 70-75, 75-80, 80-85 mm), a presentarsi con prodotti prevalentemente confezionati in plateau o “padelline” monostrato, ad associare le pere a immagini gradevoli del territorio di origine, con locandine che informano sulla produzione e sul produttore, con etichettatura che riporta il contenuto in sali minerali, vitamine, acidi organici, fibra ecc., ad apparire sui giornali con una comunicazione diretta al consumatore e i primi a investire risorse nella comunicazione, via radio e televisione, annunciando la nascita della pera a “Indicazione Geografica Protetta”. In realtà, è necessario ricordare che ci stiamo rivolgendo a un consumatore che non ha più fame; stiamo producendo e cercando di vendere un alimento a chi spesso viene consigliato di mangiare meno, comunque a chi non lotta più con il problema della fame (almeno in buona parte del mondo occidentale). È come cercare di vendere la quarta bicicletta a una famiglia di tre persone che già ha tre biciclette; è facile capire che l’offerta deve
L’imballaggio non funge solo da contenitore, ma anche da espositore
Confezione natalizia di Decana. Si noti il picciolo con ceralacca utilizzata per motivi estetici, ma anche per limitare la traspirazione dal punto di stacco Foto U. Parmeggiani
La padellina alveolata è un esempio dell’evoluzione degli imballaggi verso soluzioni maneggevoli e leggere
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mondo e mercato andare oltre il fatto che quella bici è bella e sapientemente costruita. Praticamente, esistono caratteristiche in grado di influenzare notevolmente la scelta all’acquisto, occorre dunque che il consumatore percepisca le differenze qualitative che intercorrono tra le diverse offerte, siano esse pere o biciclette. Domanda dei consumatori È noto come una pera matura rappresenti un frutto deliquescente e dissetante, proprio per questo motivo molti consumatori preferiscono un frutto di maggiore consistenza, che si possa mangiare senza sporcarsi e senza bisogno di un tavolo e un piatto. In sintesi, la pera non è un “frutto da passeggio” come potrebbero esserlo mela, uva da tavola o susina (in particolare i frutti con il nocciolo staccabile); la pera assomiglia, nel consumo, a una pesca, e questo è certamente un limite. La maggioranza dei consumatori predilige frutti di pezzatura medio-grossa e allungati (rappresentati dalla varietà Abate Fétel e Kaiser) o nella forma perfetta di “pera”, rappresentati dalla varietà Conference. La tendenza al consumo fresco, in Italia e in Europa, è abbastanza stazionaria e nel nostro Paese si aggira attorno ai 10 kg pro-capite annui, mentre in Europa, a eccezione della Spagna, i consumi si aggirano attorno ai 3-5 kg pro-capite.
Marchio Igp della pera Abate Fétel dell’Emilia Romagna Aree di coltivazione della pera Igp dell’Emilia-Romagna
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mercato italiano Ripartizione degli acquisti al dettaglio per i diversi canali distributivi (dal 2000 al 2005) Canale di vendita
’00/’01 (%)
’01/’02 (%)
’02/’03 (%)
Ipermercati
7
8
8
8
9
Supermercati
28
27
29
32
34
Discount
3
2
3
3
5
Piccole superfici
4
4
3
3
2
Ambulanti/mercati rionali
33
36
34
31
30
Dettaglio tradizionale
2
2
2
2
1
Dettaglio specializzato
21
21
20
20
19
Altri canali
1
1
2
1
1
Foto S. Musacci
’03/’04 ’04/’05 (%) (%)
Fonte: elaborazioni CSO su dati IHA
Distribuzione Le pere, come le mele, rappresentano un prodotto facilmente gestibile sia dalla grande distribuzione organizzata sia dal dettaglio tradizionale, questa facilità deriva dalla buona attitudine che hanno le pere a raccolta medio-tardiva a essere conservate in celle frigo a temperature comprese tra –0,1 e +0,2 °C (a temperature inferiori si corre il rischio dell’imbrunimento della parte interna, mentre a temperature superiori il prodotto può essere conservato per non più di 6-7 mesi).
Lavaggio delle pere prima del confezionamento
Linea di lavorazione
Foto S. Musacci
329
mondo e mercato Importazione I consumatori italiani, nonostante il nostro Paese sia leader nella produzione di pere, dal mese di aprile e per tutto agosto, si ritrova sui banchi di vendita anche frutta proveniente dall’estero, in particolare dall’Argentina e dal Cile, di varietà dal buon sapore e dall’aspetto gradevole quali Packam’s Triumph, William e, negli ultimi anni, anche significative quantità di Abate Fétel. Le pere provenienti dall’altro emisfero, rispetto alle nostre, sono caratterizzate da una maggiore freschezza, in quanto sono state raccolte solo 35-40 giorni prima dell’arrivo sui nostri mercati e non hanno subito la lunga conservazione delle nostrane, le quali, invece, hanno già sei o sette mesi di vita e di applicazione del freddo. Anche dalla Spagna, già in luglio e in agosto, si importano pere precoci, che entrano a pieno diritto nei mercati italiani ed europei, in quanto sono generalmente di buona qualità organolettica. Per correttezza di informazione, va sottolineato che le tecniche di conservazione adottate in Italia hanno raggiunto un livello tecnologico tale che, applicando freddo e modificando l’atmosfera delle celle per abbassare e minimizzare la respirazione e il metabolismo dei frutti, ai consumatori è garantito, anche dopo sei-otto mesi di conservazione, di potere apprezzare pere italiane di altissima qualità gustativa. Norme di qualità delle pere Sono 45 le specie ortofrutticole registrate in sede UE e, per le pere, tralasciando le premesse di ordine burocratico di precedenti regolamenti, si fa riferimento all’ultimo Regolamento CE n. 86 del 15 gennaio 2004, riportando i punti fondamentali che rappresentano la guida per chi si dedica o si interessa alla commercializzazione delle pere. La norma comunitaria si applica alle pere delle varietà derivate da Pyrus communis, destinate a essere fornite al consumatore allo stato fresco, mentre non riguarda le pere destinate alla trasformazione industriale. Come dice testualmente il Regolamento, “l’applicazione delle norme è intesa a eliminare dal mercato i prodotti di qualità insoddisfacente, ad adeguare la produzione alle esigenze dei consumatori e ad agevolare le relazioni commerciali fondate sulla concorrenza leale, contribuendo in tal modo a migliorare la redditività della produzione.” Inoltre, riporta che “le norme si applicano a tutte le fasi della commercializzazione: il trasporto su lunga distanza, il magazzinaggio di una certa durata o le varie manipolazioni cui sono soggetti i prodotti possono provocare talune alterazioni, dovute all’evoluzione biologica dei prodotti stessi o alla loro maggiore o minore deperibilità. Occorre pertanto tenere conto di tali alterazioni in sede di applicazione delle norme nelle fasi di commercializzazione successive a quella spedizione.”
Partite di provenienza argentina commercializzate in Italia
Definizioni delle caratteristiche qualitative minime
• Si noti l’uso legislativo dei termini
“praticamente” e “soddisfacente”: che differenza c’è fra dire che “le pere devono essere pulite e prive di sostanze estranee visibili” o dire “praticamente prive di sostanze estranee visibili”? o “praticamente prive di parassiti”? E poi cosa significa esattamente la frase: “arrivare in condizioni soddisfacenti al luogo di destinazione”?
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mercato italiano “Le pere della categoria Extra devono essere oggetto di una selezione e di un condizionamento particolarmente accurati e, pertanto, nei loro confronti va tenuto conto soltanto della diminuzione dello stato di freschezza e di turgidità”.
Classificazione delle pere
• Categoria Extra • Categoria I • Categoria II
Caratteristiche minime delle pere Per tutte le categorie devono essere: intere sane, sono esclusi i prodotti affetti da marciume o che presentino alterazioni tali da renderli inadatti al consumo pulite, praticamente prive di sostanze estranee visibili praticamente prive di parassiti praticamente assenti da attacchi parassitari prive di umidità esterna anomala prive di odori e/o sapori estranei devono essere state raccolte con cura lo stato di sviluppo e di maturazione devono consentire alla frutta di: perseguire il processo di maturazione in modo da raggiungere il grado di maturità appropriato in funzione delle caratteristiche varietali; sopportare il trasporto e le operazioni di movimentazione; arrivare in condizioni soddisfacenti al luogo di destinazione
Classificazione delle pere Categoria “Extra” – le pere di questa categoria devono essere di qualità superiore. Devono avere la forma, il calibro e la colorazione tipici della varietà e conservare intatto il peduncolo; – la polpa deve essere priva di qualsiasi deterioramento e la buccia deve essere esente da roussissement rugoso (macchie rugginose compatte). Questo requisito non si applica quando il roussissement è caratteristica della varietà; – le pere non devono presentare difetti, a eccezione di lievissime alterazioni superficiali della buccia, che non pregiudichino l’aspetto generale del prodotto, la qualità, la conservazione e la presentazione nell’imballaggio; – le pere non devono essere grumose. È tollerato il 15%, in numero o in peso, di pere non rispondenti alle caratteristiche della categoria, ma conformi a quelle della categoria I o eccezionalmente ammesse nelle tolleranze di questa categoria.
Pere di categoria Extra dal campo alla confezione
331
mondo e mercato Categoria I – le pere di questa categoria devono essere di buona qualità. Devono presentare la forma, il calibro e la colorazione tipici della varietà; – la polpa deve essere priva di qualsiasi deterioramento e la buccia esente da roussissement rugoso; – le pere possono presentare i seguenti lievi difetti, che non devono però pregiudicare l’aspetto generale del prodotto, la qualità, la conservazione e la presentazione nell’imballaggio: lievi difetti di forma, di sviluppo, di colorazione, lievi difetti della buccia entro i limiti (2 cm di lunghezza per i difetti di forma allungata, 1 cm2 di superficie totale per gli altri difetti, salvo per quelli derivanti dalla ticchiolatura da Venturia pirina e V. inaequalis, che non devono occupare una superficie totale superiore a 0,25 cm2; 1 cm2 di superficie totale per le ammaccature lievi, che non devono essere decolorate); – il peduncolo può essere leggermente danneggiato; – le pere non devono essere grumose. È tollerato il 10%, in numero o in peso, di pere non rispondenti alle caratteristiche della categoria, ma conformi a quelle della categoria II o eccezionalmente ammesse nelle tolleranze di questa categoria. Tuttavia, tale tolleranza non si applica alle pere prive di peduncolo.
Qualità delle pere
• È sempre inopportuno presentare sul
mercato frutti di categoria II o partite che mostrano le alterazioni previste dalla normativa vigente, in quanto influiscono negativamente disorientando sia il mondo della distribuzione che il consumatore: deprimono i prezzi, creano una immagine distorta e sbagliata nel consumatore, e rischiano di trascinare anche il prodotto di buona qualità su livelli non corrispondenti alle attese dei produttori e del settore dei servizi, senza dare alcun beneficio al consumatore
Categoria II Questa categoria comprende le pere che non possono essere classificate nelle categorie superiori, ma che corrispondono alle caratteristiche minime sopra definite. – la polpa non deve presentare difetti di rilievo; – sono ammessi i seguenti difetti purché i frutti conservino le caratteristiche essenziali di qualità, conservazione, presentazione: difetti di forma, di sviluppo, di colorazione, lievi roussissement rugosi, difetti della buccia entro i seguenti limiti (4 cm di lunghezza per i difetti di forma allungata, 2,5 cm2 di superficie totale per gli altri difetti, salvo quelli derivanti dalla ticchiolatura, che non devono occupare una superficie totale superiore a 1 cm2; 1 cm2 di superficie totale per le ammaccature lievi, che possono essere leggermente decolorate). È tollerato il 10%, in numero o in peso, di pere non rispondenti alle caratteristiche della categoria e alle caratteristiche minime, esclusi i frutti affetti da marciume o che presentino qualsiasi altra alterazione che li renda inadatti al consumo. Nell’ambito di questa tolleranza, può essere ammesso al massimo il 2%, in numero o in peso, di frutti che presentino i seguenti difetti: – leggere lesioni o screpolature non cicatrizzate; – leggerissime tracce di marciume; – presenza di parassiti vivi nel frutto e/o alterazioni della polpa dovute a parassiti.
Foto U. Parmeggiani
Calibratrice automatica
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mercato italiano Foto U. Parmeggiani
Calibri
• Per qualsiasi tipo di imballaggio
o lavorazione per prodotto destinato ai mercati all’ingrosso, è consigliato il rispetto di una differenza massima di calibro pari a 5 mm sempre, o di 10 mm in casi eccezionali
Pere in mostra al mercato
Calibri delle cultivar “estive”
Disposizioni relative alla calibrazione Il calibro è determinato dal diametro massimo della sezione equatoriale. Per tutte le categorie è richiesto un calibro minimo; mentre non è richiesto alcun calibro minimo per le pere estive (di seguito riportate) raccolte e spedite fra il 10 giugno e il 31 luglio di ogni anno. Per garantire l’omogeneità, la differenza di diametro fra i frutti di uno stesso collo è limitata a: – 5 mm per i frutti della categoria Extra e i frutti delle categorie I e II presentati a strati ordinati; – 10 mm per i frutti della categoria I presentati alla rinfusa nell’imballaggio di vendita; – per i frutti della categoria II presentati alla rinfusa non è previsto un calibro omogeneo. Per tutte le categorie è tollerato il 10%, in numero o in peso, di frutti rispondenti al calibro immediatamente inferiore o superiore a quello indicato sul collo in oggetto, con una variazione massima di 5 mm al di sotto del minimo per i frutti classificati nel più piccolo calibro ammesso.
Per le seguenti varietà raccolte e spedite tra il 10 giugno e il 31 luglio non è richiesto un calibro minimo per i frutti:
• Beurré Giffard • Butirra precoce Morettini o Morettini
• Blanca de Aranjuez o Espadona • Carusella • Castella o Castell de Verano • Coscia o Ercolini • Etrusca • Gentile • Moscatella • San Giovanni • Précoce de Trevoux • Precoce di Fiorano • Santa Maria o Santa Maria
Calibri minimi per categoria Varietà
Cat. Extra
Cat. I
Cat. II
Varietà a frutto grosso (quelle normalmente commercializzate)
60 mm
55 mm
55 mm
Altre varietà
55 mm
50 mm
50 mm
Morettini
• Spadoncina o Spadona estiva
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mondo e mercato Disposizioni relative alla presentazione Omogeneità. Il contenuto di ciascun collo (ossia della confezione minima di imballaggio) deve essere omogeneo e comprendere soltanto pere della stessa origine, varietà, qualità e calibro (se il prodotto è calibrato) e aventi un grado di maturazione uniforme. Inoltre, per la categoria Extra è richiesta l’omogeneità di colorazione. La parte visibile del contenuto del collo deve essere rappresentativa dell’insieme. In deroga alle precedenti disposizioni sull’omogeneità, i prodotti contemplati dalla legislazione possono essere mescolati, in imballaggi di vendita di peso netto inferiore o uguale a 3 kg, con ortofrutticoli freschi di specie differenti.
Confezionamento
• Le misure esterne degli imballaggi
hanno misure standard, al fine di favorire la logistica dei prodotti, permettendone la “pallettizzazione” in pallets di 80×120 o 100×120 cm
• L’altezza può andare da un minimo di 8 cm a un massimo di 32 cm
• La base può avere le seguenti misure:
Condizionamento. Le pere devono essere condizionate in modo che sia garantita una protezione adeguata del prodotto. I materiali utilizzati all’interno del collo devono essere nuovi, puliti e non contenere sostanze che possono provocare alterazioni esterne o interne al prodotto. L’impiego di materiali, in particolare di carta, o di marchi recanti indicazioni commerciali, è autorizzato soltanto se la stampa o l’etichettatura sono realizzate con inchiostro o colla non tossici. I colli devono essere privi di qualsiasi corpo estraneo. La Legge n. 441 del 5 agosto 1981 e relative modifiche sulla vendita a peso netto delle merci, prevede che gli imballaggi utilizzati nella vendita all’ingrosso dei prodotti ortofrutticoli debbano essere nuovi, salvo che si tratti di imballaggi in plastica. Gli imballaggi non nuovi possono essere utilizzati nella vendita all’ingrosso solamente se integri, puliti e asciutti. Va anche sottolineato che è proibito usare imballaggi, anche se integri, puliti e asciutti, che riportino scritte, marchi, immagini che non appartengono alle pere in essi contenute, o ai responsabili della filiera. Si ricorda che la vendita dei prodotti agroalimentari e quella dei prodotti ortofrutticoli, è effettuata a peso netto. È obbligatorio, di conseguenza, che sull’imballaggio sia indicato il peso dello stesso (o tara), possibilmente espresso in grammi e sono ammessi i seguenti scostamenti: ±15% per gli imballaggi in legno; ±8% per gli imballaggi di cartone; e ±2% per gli imballaggi in plastica.
30×50 cm, 30×40 cm, 40×60 cm e loro multipli o sottomultipli
• Nella confezione possono essere
inseriti: addobbi, bollini, locandine informative sul prodotto, sui sistemi di coltivazione e attestati di origine
Foto U. Parmeggiani
Presentazione. I frutti della categoria Extra devono essere sempre imballati a strati ordinati, è preferibile la scelta del sistema monostrato con alveolo. Disposizioni relative alle indicazioni esterne Ogni collo o cassetta deve recare, in caratteri raggruppati sullo stesso lato, leggibili, indelebili e visibili dall’esterno, le seguenti indicazioni: 334
mercato italiano – l’identificazione dell’imballatore e/o dello speditore: nome, indirizzo o logo di identificazione rilasciato o riconosciuto da un organismo ufficiale. In caso di utilizzazione di un codice a barre (simbolo di identificazione), è necessario riportare accanto il nome dell’imballatore e/o speditore, o una abbreviazione equivalente; – la natura del prodotto, per esempio la dicitura “pere” se il contenuto non è visibile dall’esterno, e la denominazione della varietà; – l’origine del prodotto, il Paese o Stato ed eventualmente la zona di produzione o la denominazione nazionale, regionale o locale. Sarebbe buona prassi indicare il nome e la provincia delle zone tipiche di produzione delle pere, al fine di educare anche il consumatore a familiarizzare con le zone dove si coltivano questi frutti; – le caratteristiche commerciali, come la categoria Extra (Ex), I, o II, il calibro, oppure, per i frutti presentati in strati ordinati, il numero dei pezzi. Nel caso di identificazione per calibro, quest’ultimo deve essere espresso dal diametro minimo e massimo, per i frutti soggetti alle regole di omogeneità oppure, per i frutti non soggetti alle regole di omogeneità, dal diametro del frutto più piccolo del collo seguito dalla menzione “e più” o da una espressione equivalente, oppure dal diametro del frutto più grosso del collo (per esempio “mm 60 e +” oppure “mm 60-80”); – il marchio ufficiale di controllo (facoltativo).
calibro
origine
natura del prodotto
Numero massimo ammesso dei frutti per collo in funzione del calibro N. dei frutti
diametro (mm)
12
80-85
12-14
75-80
14-16
70-75
16-20
65-70
20-24
60-65
Foto U. Parmeggiani
categoria
codici di rintracciabilità Etichettatrice
Indicazioni di etichetta
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