Il Pomodoro - Ricerca

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Il pomodoro botanica | storia e arte | alimentazione | paesaggio coltivazione | ricerca | utilizzazione | mondo e mercato


il pomodoro

ricerca Miglioramento genetico Gianpiero Soressi, Andrea Mazzucato

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


ricerca Miglioramento genetico Foto R. Angelini

Dalla domesticazione a Cristoforo Colombo La domesticazione del pomodoro è avvenuta nell’area messicana dell’America tropicale nella quale esisteva un’ampia variabilità di forme e colori della bacca, conseguenza di un alto grado di eterozigosi per la presenza di numerosi insetti impollinatori e variabile estrusione dello stigma. Pertanto le popolazioni precolombiane hanno potuto scegliere e riprodurre piante con mutazioni a carico della forma, delle dimensioni, della pigmentazione e della commestibilità (perdita di alcaloidi) della bacca, nonché di una maggiore autofertilità dovuta a una più idonea struttura fiorale. Per questo motivo il Messico è considerato, oltre che il probabile centro di domesticazione, anche il centro di diversificazione primario del pomodoro coltivato. In Messico si è realizzata la prima epoca del miglioramento del pomodoro, che ha interessato essenzialmente la forma e le dimensioni del frutto. L’aumento delle dimensioni dei loculi ha portato a bacche di forma allungata, mentre l’aumento del loro numero ha determinato forme sferiche e appiattite, di dimensioni anche notevoli, dotate o meno di costolature.

Il Messico è considerato, oltre che il probabile centro di domesticazione, anche il centro primario di diversificazione del pomodoro coltivato

Evoluzione del pomodoro in coltivazione tramite miglioramento genetico prima empirico e poi scientifico Solanum (ex Lycopersicon) (8-10 specie; 2n = 2x = 24) Specie allogame selvatiche, America sud-occidentale, parzialmente autoincompatibili

S. lycopersicum var. cerasiforme (forme infestanti, autogame, autocompatibili, diffuse in America tropicale)

S. pimpinellifolium - infestante - autogama - coste Ecuador e Perù

Introgressione

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Cultivar primitive con grande variabilità in America tropicale

Diffusione in Paesi temperati dell’emisfero boreale (XVI-XIX sec.)

Base genetica più ampia

Cultivar moderne (ibridi)

In America tropicale selezione per frutti più grandi con nuovi colori ecc.

Ibridazione e selezione

Cultivar zone temperate - base genetica ristretta - elevata autogamia - selezione di linee pure (inizi del XIX secolo)


miglioramento genetico Miglioramento empirico in Europa (XVI-XIX secolo) Con il suo arrivo in Europa, Spagna e Italia per prime, si verifica la seconda ondata di diversificazione e selezione, favorita dall’ampia variazione pedoclimatica propria dell’areale mediterraneo e dall’aumentata e più frequente autocompatibilità, necessaria per la riproduzione data la scarsità di pronubi impollinatori. Infatti, la nuova pianta presenta fiori privi di nettarii e quindi non appetibili per l’ape, il pronubo domestico per eccellenza. Inizia così una seconda fase del miglioramento genetico del pomodoro, che trova in Europa e soprattutto nel Sud Italia una sede privilegiata. È qui che avviene inizialmente una selezione più o meno conscia a favore delle dimensioni, del colore e di alcune caratteristiche di forma e commestibilità della bacca. Inoltre si fa più forte la selezione per il carattere “stigma inserto” che consente la quasi completa autogamia garantendo la massima fertilità delle piante necessaria per la loro riproduzione. La selezione naturale, orientata dall’orticoltore-coltivatore, agiva sulle progenie segreganti frutto degli occasionali incroci, consentendo la formazione di numerose popolazioni locali che si differenziarono già nel XIX secolo, in relazione al crescente consumo del pomodoro come ortaggio sia fresco sia conservato. Nel Nord Italia si affermarono tipologie a bacca grossa e costoluta (Nostrano, Genovese, Riccio di Parma, Ladino di Pannocchia) mentre al Sud si affermarono tipi allungati (San Marzano, Lampadina, Fiaschetta), ovali (Torrelama, Re Umberto) o a ciliegia.

Ibridi di pomodoro

• Benché gli studi sull’eterosi in

pomodoro siano iniziati oltre un secolo fa, la realizzazione di ibridi F1 con caratteristiche commerciali idonee al consumo fresco si fa risalire alla metà del XX secolo; da allora si è iniziato ad adottare ibridi F1 con sempre maggiore frequenza, prima in coltura protetta e successivamente in colture di pieno campo per l’industria

• I nuovi ibridi si dimostrano

ampiamente superiori alle comuni varietà per produttività, precocità, qualità, adattamento ambientale e tolleranza alle avversità biotiche in particolare grazie alla frequenza di geni di resistenza di tipo dominante

Foto P. Viggiani

Costituzione degli ibridi

• La costituzione degli ibridi è basata

sull’incorporazione nelle linee parentali dei caratteri d’interesse e sulla selezione di linee con buona attitudine generale alla combinazione per individuare infine la combinazione o le combinazioni con ottima attitudine specifica

• In Italia, il lavoro di valutazione per

il pomodoro da industria è iniziato negli anni ’70 a opera del gruppo di ricerca guidato dal prof. G.P. Soressi presso l’Istituto Sperimentale per l’Orticoltura di Salerno. Da allora, gli ibridi F1 sono presto diventati preponderanti anche nel panorama varietale italiano, non solo per quanto riguarda il pomodoro per il consumo fresco ma anche per quello di pieno campo destinato all’industria

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ricerca Miglioramento genetico moderno L’affermarsi della destinazione industriale, oltre a introdurre nuove caratteristiche da migliorare, decretò l’inizio di un sistematico ed efficace lavoro di selezione sugli ecotipi locali di pomodoro, per primo il San Marzano, basato sulle progenie di singola pianta (selezione per linea pura). Presto il miglioramento genetico si arricchì della possibilità di introdurre deliberatamente variabilità attraverso l’incrocio controllato, che consentiva di mescolare e ricombinare desiderate caratteristiche di tipologie diverse di differente provenienza geografica e adattamento. In Italia, e non solo, queste tecniche trovarono cosciente e piena applicazione solo a partire dall’inizio del XX secolo. Da allora, il miglioramento del pomodoro è avanzato con il continuo apporto di variabilità genetica sia di singole mutazioni capaci di conferire caratteristiche d’interesse (prima solo spontanee, poi indotte mediante mutagenesi fisica e chimica o variazione somaclonale in vitro), sia da incroci con accessioni di specie selvatiche, donatrici di caratteri a eredità semplice (monogenici) o più o meno complessa (oligogenici o poligenici). Di particolare importanza sono stati i risultati ottenuti con l’introgressione di caratteri utili dalle specie selvatiche affini al pomodoro, partendo da quelle compatibili con esso, come S. pimpinellifolium, S. cheesmaniae, S. habrochaites. L’ibridazione interspecifica ha raggiunto la massima intensità con l’ottenimento via embryo rescue di progenie vitali dall’incrocio tra il pomodoro coltivato e le due specie affini più distanti, S. peruvianum e S. chilense. Da tali incroci, applicando gli schemi di selezione caratteristici delle specie prevalentemente autogame (metodo pedigree, popolazione riunita e reincrocio), è stato possibile selezionare breeding line superiori, possedenti

Maschiosterilità

• La maschiosterilità genetica non è mai

stata molto impiegata per la produzione di seme ibrido di pomodoro, in quanto le numerose mutazioni descritte sono dovute ad alleli recessivi (ms) e, durante la propagazione della linea portaseme, richiedono l’eliminazione degli individui maschiofertili nei campi di produzione di seme ibrido (vedi schema alla pagina seguente). Infatti, la linea portaseme maschiosterile non può essere mantenuta per autofecondazione, ma deve essere moltiplicata per incrocio con individui fratelli maschiofertili eterozigoti. Ciò comporta la continua segregazione di individui maschiosterili e maschiofertili; questi ultimi devono essere eliminati. Le difficoltà nel mantenimento della linea portaseme, combinate con la lunghezza del lavoro di reincrocio necessario per introdurre le mutazioni di maschiosterilità nella linea parentale stessa, rendono poco economico il ricorso a questo sistema. Oggi sono state descritte e riscuotono un certo interesse da parte delle ditte sementiere mutazioni di maschiosterilità che permettono il mantenimento della linea maschiosterile per autofecondazione manuale, trattandosi di mutazioni funzionali (ossia che producono polline fertile ma che non fuoriesce dall’antera per difetti del meccanismo di deiscenza) o condizionali (ossia che esprimono la maschiosterilità in modo diverso a seconda di particolari condizioni esterne). Le linee che portano tali mutazioni possono essere autofecondate e quindi riprodotte con facilità

La selezione dei segreganti maschiosterili può essere fatta all’antesi con l’analisi morfo/citologica dei primi fiori; tuttavia in alcuni casi questa selezione può essere anticipata e facilitata basandosi su marcatori morfologici associati, come il carattere assenza di antocianina sull’ipocotile della plantula che è risultato associato alla mutazione ms1035

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miglioramento genetico Elenco di mutazioni di maschiosterilità genetica che hanno ricevuto attenzione per la loro possibile applicazione nella produzione del seme ibrido Nome

Wild type

Variable StamenPositional male Apetalous Pistillate less-2 sterile sterile

Linea B (maintainer) Linea A Linea C Maschiofertile Maschiosterile Maschiofertile (Ms/ms) (ms/ms) (Ms/Ms)

7B-1

Aspetto

Simbolo Interesse pratico

Maschio : Maschio fertile sterile (Ms/ms) (ms/ms) WT

sl-2

vms

ap

pi

ps-2

7B-1

++

+

?

+++

+++

Ibrido F1 fertile (Ms/ms)

numerosi caratteri di resistenza a stress biotici e abiotici nonché diverse caratteristiche qualitative. L’impulso più recente al miglioramento genetico del pomodoro è stato dato dalla costituzione degli ibridi, che attualmente dominano il panorama varietale in tutti i Paesi ad agricoltura avanzata. Per la produzione del seme ibrido F1, le operazioni di emasculazione e di impollinazione vengono in genere eseguite manualmente. Ciò è possibile grazie a una morfologia fiorale favorevole (è possibile asportare tutto l’androceo con delle pinzette appena prima dell’antesi del fiore), ma soprattutto all’elevato numero di semi ottenibile per ciascun fiore impollinato e all’elevato valore commerciale del seme ibrido. Di fatto, le ditte sementiere tendono a realizzare la produzione del seme F1 in Paesi dove il costo della mano d’opera è contenuto. Mentre non sono state trovate fonti di maschiosterilità citoplasmatica, numerosi mutanti con maschiosterilità genetica sono stati descritti per il pomodoro; ciononostante la loro utilizzazione pratica sino a oggi è stata scarsa.

Schema per l’uso di mutazioni recessive di maschiosterilità genetica per la produzione di seme ibrido

Foto R. Angelini

Obiettivi del miglioramento genetico moderno Per il pomodoro, gli obiettivi specifici del breeding dipendono dalle finalità agronomiche che a loro volta coincidono solitamente con la destinazione del prodotto. Si distingue a tal fine tra pomodori da industria allevati in pieno campo, pomodori da mensa per il consumo fresco, per lo più allevati in coltura protetta, e pomodori da serbo. Nel pomodoro, la produttività della coltura è stata da sempre uno degli obiettivi principali, nonché uno dei caratteri per cui si sono registrati i maggiori successi. Per esempio si ritiene che la produttività media delle cultivar da industria negli Stati Uniti tra il 1920 e il 1990 sia passata da 10 a oltre 70 t/ha. Di questi aumenti si ritiene che circa il 50% sia dovuto al miglioramento genetico. 395


ricerca La precocità di fioritura e di maturazione delle bacche è una caratteristica importante sia per le cultivar da tavola sia per quelle da industria. A questo riguardo esistono differenze genetiche che permettono colture precoci, medio-precoci e tardive con le quali è possibile estendere il periodo di raccolta sia nel caso del pomodoro da tavola sia in quello da industria (molto importante per una buona organizzazione dell’attività di trasformazione) a cui contribuiscono anche trapianti scalari. Altro carattere fondamentale introdotto nelle moderne varietà sia da mensa sia da industria riguarda la consistenza della bacca. Questo carattere ha un controllo poligenico ed è stato introdotto nel pomodoro coltivato utilizzando principalmente S. pimpinellifolium a partire dagli anni ’40 del secolo scorso. In Italia il carattere è entrato nelle prime cultivar (Gimar, Picenum) intorno agli anni ’60. La consistenza della bacca e la resistenza alla sovramaturazione sono risultati caratteri decisivi nello sviluppo delle moderne coltivazioni da industria che fanno uso esclusivo della raccolta meccanica in unica soluzione. Nelle varietà da mensa, la consistenza risulta una delle componenti della serbevolezza, cioè della capacità del frutto di mantenersi a lungo turgido anche dopo il distacco dalla pianta (shelf life).

Principali fasi del miglioramento genetico del pomodoro da mensa e da industria

• Nello schema sotto riportato è

rappresentata schematicamente l’evoluzione delle cultivar di pomodoro, da tavola e da industria, realizzate da genetisti e breeder dagli anni ’60 a oggi. Le frecce laterali continue indicano l’incessante lavoro di introduzione dei geni di resistenza agli stress biotici. Punti di partenza e lunghezze diverse delle frecce indicano rispettivamente un avvio e una prosecuzione differenziati nella sintesi e utilizzo in coltura di varietà (linee pure) e ibridi F1 per le due diverse destinazioni del prodotto. Lo schema si avvale della simbologia con cui i genetisti denotano la presenza di particolari geni e/o fenotipi, di cui viene data una descrizione nella tabella alla pagina seguente

Caratteristiche peculiari delle varietà da industria Per le varietà da industria le necessità del mercato richiedono la costituzione di tipopologie con accrescimento determinato, portamento compatto, fioritura concentrata, maturazione quasi contemporanea e adattamento alla raccolta meccanica in unica

Principali fasi del miglioramento genetico del pomodoro da mensa e da industria

Nord (sp+, sp1/2, o+, o1/2, u) Sud (sp+, sp1/2, o+f, ol, u+)

Habitus pianta

sp, o1/2 op, u+ (VF 145) sp, osc, u, ug (UC-n)

Bacca verde, invaiata o rossa, raccolta a frutto singolo (80-220 g)

Consistenza bacca peduncolo j-2

Bacca rossa (osc, op, u, ug, j) Raccolta meccanizzata (50-80 g)

Ibridi F1 hp, dg/hp-2, B c omozigoti e/o eterozigoti

Cultivar ad alto licopene

nor, nor2, alc, rin, Gr, Nr-1 (eterozigoti)

Maturazione rallentata e concentrata in campo

LSL, raccolta a grappolo maturo, tipologia medio-grande e ciliegino

Maggiore diversificazione della bacca per dimensioni, forma, colore, caratteristiche organolettiche e componenti antiossidanti a valenza salutistica (vitamine, carotenoidi, polifenoli, flavonoidi, acido lipoico, antocianine)

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Introduzione geni di resistenza

Da industria

Varietà (linea pura), semina diretta

Anni ’60

Ibridi F1, trapianto plantule

Ibridi F1, trapianto plantule

Varietà (linea pura), trapianto plantule

Introduzione geni di resistenza

Pomodoro Da mensa


miglioramento genetico Simbologia impiegata dai genetisti per indicare la presenza di geni e/o fenotipi Nome del gene

Simbolo genetico

Dominanza (D) recessività (r)

Simbolo fenotipico

Descrizione fenotipo pianta/bacca

Self pruning

sp

r

sp

habitus determinato

sp+

D

sp+

habitus indeterminato (WT) habitus intermedio

sp

1/2

Ovate

o

r

o

bacca allungata

o+

D

o+

bacca subsferica

o1/2

bacca tondo-liscia (tipo cv Moneymaker)

o

b

bacca grande semipiatta

o

p

bacca piriforme/lampadina

l

osc

bacca subcubica (tipo cv UC82)

Fasciated fruit

f

r

f

bacca con molte logge e costoluta 1

Uniform ripening

u

r

u

bacca priva di spalla verde

u+

D

+

u

bacca con spalla verde (WT)

Uniform gray-green

ug

r

ug

bacca grigio-verde uniforme

Jointless-2

j-2

r

j

peduncolo privo di articolazione

j-2+

D

j

+

peduncolo con articolazione

High pigment-1

hp-1

r

hp

internodi raccorciati, bacca verde-mela con o senza spalla verde

High pigment-2

hp-2*

r

hp-2

internodi raccorciati, bacca verde-intenso con o senza spalla verde

Dark green

dg*

r

hp-2

bacca verde intenso con o senza spalla verde

Intense pigment

Ip

D

Ip

Incremento licopene e °Brix

Beta-carotene

B

D

B

incremento (50%) beta-carotene a spese del licopene

Crimson

Bc (ogc)

r

ogc

incremento licopene a spese del beta-carotene

Beta-modifier

MoB

D

Bm

incremento (90%) beta-carotene a spese del licopene

Non-ripening

nor**

r

nor

bacca a maturazione rallentata (rosa-arancio finale)

nor **

r

nor

bacca a maturazione rallentata (rosa-arancio finale)

Alcobaca

alc**

r

alc

bacca a maturazione rallentata (rosa-arancio finale)

Never ripe-1

Nr-1

D

Nr

bacca mai matura (giallo-arancio finale)

Never ripe-2

Nr-2

D

Gr

bacca mai matura (rosa-arancio finale)

Ripening inhibitor

rin

r

rin

bacca mai matura (giallo-limone finale)

2

2

1, in associazione con il gene f, tutte le forme delle bacche sopra descritte presentano costolatura più o meno evidente * e **, geni rispettivamente allelici

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ricerca soluzione. Mentre la resistenza della bacca alla sovrammaturazione favorisce la maturazione quasi contemporanea, l’elevata consistenza e la forma sub-cubica o ovoidale della medesima, con peduncolo privo di articolazione (carattere jointless), rendono la pianta idonea alla meccanizzazione. Le cultivar da pelati sono invece caratterizzate da forma della bacca quasi parallelepipeda, molto allungata, mentre le varietà da serbo hanno frutti piccoli, tondeggianti, ovali o piriformi. L’adattamento alla meccanizzazione della raccolta è uno dei caratteri di maggiore importanza nelle moderne varietà di pomodoro da industria. La mutazione self pruning (sp), che conferisce habitus di crescita determinato, è stata di fondamentale importanza a tal fine in quanto essa causa un arresto anticipato del segmento simpodiale e risulta in un portamento della pianta più compatto, a struttura cespugliosa, con emissione più frequente delle infiorescenze e fruttificazione più concentrata. Altro carattere molto importante per la raccolta meccanica è il già citato gene jointless (j) che facilita il distacco del frutto dal calice, avendo il peduncolo privo di articolazione. Infatti normalmente i fiori di pomodoro sono dotati di un’articolazione del peduncolo che costituisce il tessuto di abscissione; di conseguenza, la porzione di peduncolo unita al calice rimane attaccata al frutto alla raccolta. Questo è un evento negativo nella fase di raccolta meccanica sia perché il calice rappresenta un elemento indesiderato nel prodotto, sia perché esso tende a provocare lesioni nelle bacche raccolte in massa creando uno scadimento qualitativo a seguito del facile insediamento di patogeni. L’allele migliore per questo carattere è stato derivato dalla specie selvatica S. cheesmaniae e denominato j-2. Una terza caratteristica importante che è stata trasferita in tutte le varietà moderne da industria è quella che causa la perdita della marinatura o spalla verde. La spalla verde consiste in una colorazione verde più intensa dei frutti immaturi in corrispondenza dell’attacco del peduncolo. Poiché le bacche con tale fenotipo difficilmente maturano uniformemente, in particolare quando le temperature e l’irradiazione solare sono elevate come in pieno campo d’estate, per l’industria si preferiscono varietà prive di questo carattere. La mutazione più utilizzata per ottenere la perdita della marinatura è detta uniform (u, uniforme) e oggi è entrata nel pedigree di tutte le nuove varietà da industria. a oggi non si conosce l’identità molecolare del gene uniform.

Mutanti self pruning

• Il nome self pruning significa

letteralmente che si “auto-pota” ed è dovuto al fatto che l’accrescimento si arresta naturalmente rimanendo determinato senza bisogno di tutori e di eliminazione dei germogli ascellari, come richiesto invece per l’allevamento dei tipi ad accrescimento indeterminato

• Si ritiene che la mutazione sp sia stata

trovata come variante spontanea in Florida nel 1914; da questa variante è stata selezionata la prima cultivar a crescita determinata (Cooper’s Special), commercializzata nei primi decenni del 1900. In seguito la mutazione è stata inclusa in tutte le cultivar moderne da industria. Il gene sp è stato localizzato sul cromosoma 6 ed è stato dimostrato che si tratta dell’ortologo nel pomodoro del gene Terminal flower 1 (TFL1) di Arabidopsis thaliana e Centroradialis (CEN) di Antirrhinum majus; questi geni sono deputati al controllo dell’identità del meristema dell’infiorescenza Foto R. Angelini

Caratteristiche peculiari delle varietà da mensa Le cultivar di pomodoro da mensa, adatte all’allevamento con tutori in coltura protetta, solitamente includono genotipi con accrescimento indeterminato e conseguente produzione scalare, con raccolta delle singole bacche all’invaiatura o dell’intero grappolo a bacche rosse come è possibile oggi con i nuovi ibridi long shelf life (LSL). Per quanto riguarda il pomodoro da

Pianta di pomodoro ad habitus di crescita indeterminato

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miglioramento genetico mensa, il carattere spalla verde tipico delle vecchie varietà come Marmande e San Marzano è tornato in auge, per cui oggi si trovano cultivar ibride sia di tipo uniform sia con spalla verde e queste ultime soprattutto nelle aree mediterranee. L’allevamento in coltura protetta e in stagioni non ottimali fa sì che nella coltivazione del pomodoro da mensa sia particolarmente sentito il problema della scarsa allegagione che si può presentare in condizioni di temperature eccessivamente basse (o eccessivamente alte). Una pratica comunemente adottata in questi casi è quella dell’ormonatura con formulati a base di auxina e/o gibberelline che hanno azione allegante. In alternativa è stata a lungo proposta l’adozione di varietà dotate di mutazioni di partenocarpia genetica come parthenocarpic fruit (pat) o pat-2. Sebbene cultivar di questo tipo siano state portate sul mercato, esse non hanno mai trovato pieno successo a causa delle difficoltà nella riproduzione del seme e del carattere pleiotropico di minore consistenza della bacca spesso riscontrato. Caratteristiche qualitative della bacca Due campi in cui il miglioramento genetico ha progredito verso medesimi obiettivi sia per le varietà da mensa sia per quelle da industria riguardano il miglioramento qualitativo, la diversificazione della bacca e l’inserimento di resistenze e tolleranze alle principali avversità. Benché il pomodoro coltivato sia unanimamente riconosciuto per il colore rosso a maturazione, dovuto all’accumulo di licopene nella polpa e di flavonoidi nella buccia, esistono numerose mutazioni (o geni derivati da specie selvatiche affini) che conferiscono colori diversi dal classico e diversi pool di pigmenti e di altri metaboliti di importanza nutrizionale e/o estetica. La mutazione colorless skin epidermis (y) conferisce buccia incolore per assenza di pigmenti flavonoidi e quindi un colore rosa alla bacca, yellow flesh (r) dà il giallo per assenza dei carotenoidi, beta (b) dà un colore arancione per prevalenza di beta-carotene, tangerin (t) dà un colore arancio vivo per predominanza di cis-licopene, una forma di questo pigmento antiossidante più facilmente assimilabile dall’organismo umano, apricot (at) dà un incremento nel contenuto in xantofille, fitofluene e beta-carotene, old gold corolla (ogc) dà un incremento all’intensità del licopene, così come high pigment (hp) e hp-2, lutescent (l) dà un colore quasi bianco alla bacca immatura per degradazione della clorofilla, green flesh (gf) dà un colore rosso-marroncino perché inibisce la completa degradazione della clorofilla, anthocyanin fruit (Aft) può contribuire a una colorazione violacea più scura per accumulo di antociani. Anche se, con l’eccezione di quelle che conferiscono un incremento di tutti i pigmenti (hp e hp-2), queste varianti non sono state utilizzate a fondo nel miglioramento genetico del pomodoro, il loro potenziale al fine di diversificare l’aspetto e la sostanza della bacca di

Fiore normale di pomodoro (in alto) e fiore partenocarpico con sviluppo anticipato dell’ovario (mutante pat, in basso)

Allegagione elevata in una pianta della cultivar Parteno, la prima varietà partenocarpica rilasciata in Italia

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ricerca pomodoro è molto elevato. Ancora maggiore interesse rivestono le combinazioni, a due o a tre, delle mutazioni singole in quanto possono consentire fenotipi ancora più estremi. Altre mutazioni che hanno trovato largo impiego nel miglioramento genetico sono quelle che determinano un rallentamento più o meno evidente della maturazione della bacca (mutanti ripening inhibitor, non ripening e Never ripe, conferendo aumentata consistenza e conservabilità al frutto (serbevolezza o shelf life). I geni per la maturazione ritardata, così come quelli per l’incremento dei pigmenti (hp) vengono usati negli ibridi moderni allo stato eterozigote (quindi omozigoti in una sola linea parentale), perché così si ha una ottimale espressione del carattere serbevolezza sia sulla pianta sia dopo la raccolta, senza penalizzare significativamente la desiderata colorazione rossa dovuta alla sintesi del licopene. Infatti le mutazioni più utilizzate, come ripe inhibitor e non ripening, sono caratterizzate da recessività incompleta, che le rende in grado di esprimere parzialmente il fenotipo anche quando si trovano allo stato eterozigote.

Geni di resistenza

• Tra i più importanti geni di resistenza

utilizzati nel pomodoro, ricordiamo Tm–22, trasferito da S. peruvianum, che offre da oltre 50 anni resistenza al TMV; Pto derivato da S. pimpinellifolium offre resistenza verso Pseudomonas syringae pv. tomato; I, I-2 e I-3 da S. pimpinellifolium e S. pennellii che conferiscono resistenza a Fusarium, e Mi da S. peruvianum che costituisce una fonte di resistenza durevole verso i nematodi

Varianti della colorazione della buccia e della polpa in pomodoro dovute all’azione di geni singoli. Bacca wild type (a), colorless epidermis (b), yellow flesh (c), Beta (d), tangerin (e), apricot (f), old gold corolla (g), high pigment-2 (h), lutescent (i), green flesh (j), Anthocyanin fruit (k)

bacca wild tipe

colorless epidermis

yellow flesh

tangerin

apricot

old gold corolla

lutescent

green flesh

400

Beta

high pigment-2

Anthocyanin fruit


miglioramento genetico

Caratteristiche qualitative della bacca Ripening inhibitor (rin)

Non ripening (nor)

• Il breeding convenzionale per le varianti

Never ripe (Nr)

di interesse relative alle caratteristiche qualitative della bacca e per le loro combinazioni potrà portare a una forte diversificazione del frutto per dimensioni, forma e pigmentazione, correlandovi l’ottenimento di specifici ed elevati livelli di composti antiossidanti come vitamina C ed E, flavonoidi, acido lipoico, polifenoli e antociani. Questi risultati consentiranno di variare opportunamente le preparazioni alimentari e di formulare diete diversificate nel gusto, nel valore salutistico e nell’estetica

Mutazioni che conferiscono maturazione ritardata della bacca e quindi maggiore serbevolezza: ripening inhibitor (rin), non ripening (nor), Never ripe (Nr)

Caratteri di resistenza e tolleranza La costituzione di cultivar geneticamente resistenti a patogeni e parassiti è stato uno dei maggiori contributi del miglioramento genetico del pomodoro. Per circa 30 degli agenti di stress di tipo biotico sono stati identificati geni di resistenza, avendo come principale fonte di reperimento le specie selvatiche affini al pomodoro e incrociabili con esso. Le cultivar moderne sono generalmente dotate di un numero consistente di geni di resistenza a controllo semplice (6-10). Tra questi, i più importanti sono quelli che conferiscono resistenza verso Fusarium spp., Verticillium spp., nematodi, alternaria, e altri patogeni batterici e virali. L’individuazione di nuove fonti di resistenza è un processo continuo in quanto i patogeni tendono a evolvere e a superare le resistenze già diffuse. Questo lavoro passa attraverso la valutazione del germoplasma, seguita dalla validazione e dallo studio del controllo genetico della resistenza. I geni utili vengono poi trasferiti alle linee di pregio seguendo protocolli tradizionali di breeding. Oggi per la maggior parte dei geni di resistenza utilizzati sono anche conosciuti protocolli per impiegare marcatori molecolari associati nella selezione assistita. Oltre a geni che conferiscono resistenza di tipo verticale, sono state identificate numerose fonti di resistenza orizzontale, cioè di tipo aspecifico e poligenico. Molte fonti di tolleranza a stress di tipo abiotico sono state parimenti identificate nelle specie selvatiche affini.

• Oggi si cominciano anche a conoscere

molti QTL per caratteri poligenici importanti per le caratteristiche della bacca e, grazie alle moderne tecniche di selezione assistita da marcatori molecolari, è oggi possibile selezionare anche per questi loci in maniera diretta

a

c

Miglioramento genetico con tecniche avanzate e biotecnologie

b

d

Pomodoro incolore dovuto alla combinazione di y (colourless skin epidermis) e r (yellow flesh) (a); frutto giallo intenso dovuto alla combinazione di r con hp (high-pigment) (b); combinazione marrone scuro data da gf (green flesh) con hp (c); combinazione porpora o nera data da Aft (anthocyanin fruit) con atv (Sun BlackTM) (d)

Coltura in vitro di cellule e tessuti Il pomodoro è una specie molto versatile nell’impiego in colture in vitro, includendo le applicazioni della micropropagazione, del risanamento da virus e batteri, del recupero e della coltura degli embrioni immaturi (embryo rescue), della rigenerazione di piante da tessuti o da singole cellule, dell’ottenimento di variabilità somaclonale e dell’ibridazione somatica (fusione di protoplasti). 401


ricerca Elenco (non esaustivo) di caratteri monogenici di resistenza a stress biotici trasferiti (o trasferibili) da specie selvatiche al pomodoro coltivato Categoria di patogeni

Virus

Batteri

Funghi

Nematodi

Avversità/malattia

Agente eziologico

Geni di resistenza

Specie di origine

Mosaico del tabacco

Tobacco Mosaic Virus (TMV)

Tm-1

S. habrochaites

Tm-2 Tm-22

S. peruvianum

Avvizzimento maculato

Tomato Spotted Wilt Virus (TSWV)

Sw-5, Sw-6

S. peruvianum

Accartocciamento fogliare giallo del pomodoro

Tomato Yellow Leaf Curl Virus (TYLCV)

Tylc

S. pimpinellifolium

Ty-1, Ty-3

S. chilense

Ty-2

S. habrochaites

Mosaico dell’erba medica

Alfalfa Mosaic Virus

Am

S. habrochaites

Virus Y della patata

Potato Virus Y

pot-1

S. habrochaites

Mosaico del cetriolo

Cucumber Mosaic Virus (CMV)

Cmr

S. chilense

Picchiettatura batterica

Pseudomonas syringae pv. tomato

Pto

S. pimpinellifolium

Maculatura batterica

Xanthomonas campestris pv. vesicatoria

Bs-4

S. pennellii

Tracheoverticilliosi

Verticillium dahliae

Ve

S. pimpinellifolium

Tracheofusariosi

Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici

I, I-2

S. pimpinellifolium

I-3

S. pennellii

Fusarium oxysporum f. sp. radicis-lycopersici

Fr-1

S. peruvianum

Alternariosi

Alternaria alternata f. sp. lycopersici

Asc

S. pennellii

Stemfiliosi

Stemphylium spp.

Sm

S. pimpinellifolium

Cladosporiosi

Cladosporium fulvum

Cf (da 1 a 24)

S. pimpinellifolium, S. lycopersicoides, S. habrochaites, S. peruvianum

Oidio

Leveillula taurica

Lv

S. chilense

Oidium neolycopersici

Ol (da 1 a 5)

S. habrochaites

Peronospora

Phytophthora infestans

Ph1-Ph4

S. pimpinellifolium, S. habrochaites

Radice suberosa

Pyrenochaeta lycopersici

Py-1

S. peruvianum

Nematodi galligeni

Meloidogyne spp.

Ma, Mi, Mi-1, Mi-3, Mi-9

S. peruvianum

Nematode dorato della patata

Globodera rostochiensis

Hero

S. pimpinellifolium

Fonti: Labate et al. 2007; Díez e Nuez 2008

402


miglioramento genetico Una metodica che tutt’oggi rimane di difficile applicazione nel pomodoro riguarda la produzione di aploidi tramite colture di antere o di polline (androgenesi), nonostante essa rappresenti una tecnica auspicata come metodo per ottenere in tempi molto rapidi linee completamente omozigoti dopo raddoppiamento cromosomico (doppi aploidi) che può avvenire spontaneamente o con sostanze antimitotiche come la colchicina. Sebbene di recente siano stati messi a punto sistemi promettenti, a oggi

Elenco (non esaustivo) di caratteri monogenici e poligenici per la tolleranza a stress abiotici e per la qualità della bacca trasferiti o trasferibili da specie selvatiche al pomodoro coltivato Caratteristica

Nome del carattere

Tipo/simbolo del gene

Specie di origine

Salinità

QTL

S. cheesmaniae S. chilense S. pennellii S. peruvianum S. pimpinellifolium S. galapagense

Stress idrico

QTL

S. pennellii S. chilense

Allegagione a basse (o alte) temperature, partenocarpia

pat-2, pat-6/pat-7, pat-8/pat-9

S. habrochaites

pat-5

S. peruvianum

Consistenza

QTL

S. pimpinellifolium

Contenuto in β-carotene

B

S. habrochaites S. cheesmaniae

Contenuto in licopene

QTL

S. pimpinellifolium

Contenuto in antociani

Aft

S. chilense

Contenuto generico in pigmenti

Ip

S. chmielewskii

Colore della bacca

QTL

S. pimpinellifolium S. habrochaites S. pennellii S. peruvianum S. neorickii

Vitamina C (acido ascorbico)

QTL

S. pennellii S. peruvianum S. pimpinellifolium

Fenoli totali

QTL

S. pennellii

Zuccheri

QTL

S. habrochaites S. chmielewskii S. galapagense

Tolleranza a stress abiotici

Qualità

Fonti: Labate et al. 2007; Díez e Nuez 2008

403


ricerca manca un protocollo di routine per ottenere doppi aploidi in pomodoro. Differentemente, è facile ottenere in vitro individui poliploidi tramite coltura di tessuti; questa attitudine è stata sfruttata per produrre somacloni tetraploidi (2n=4x=48) da rigenerazione di ipocotili in una coppia di linee quasi isogeniche tranne che per la mutazione di partenocarpia pat. Tali linee sono state utilizzate per produrre individui triploidi (2n=3x=36) da incroci 4x x 2x, che nel caso del pomodoro normale si sono dimostrati completamente sterili, mentre nell’incrocio di genotipi partenocarpici per il gene pat sono risultati produttivi, con frutti apireni più grandi del diploide corrispondente e con un contenuto maggiore di solidi solubili. Poiché il triploide partenocarpico è completamente privo di polline e di semi, esso deve essere propagato vegetativamente. Data questa totale sterilità, questo genotipo risulta ideale per applicazioni biotecnologiche dove il contenimento genico deve essere garantito con cura particolare, come nel caso di piante transgeniche idonee alla produzione di metaboliti con proprietà farmaceutiche (nutraceutici). I protocolli per eseguire colture di cellule di pomodoro in sospensione sono disponibili da tempo; recentemente è stata messa a punto la possibilità di stimolare nelle cellule in coltura la sintesi di pigmenti specifici del frutto (per esempio carotenoidi), aprendo così la possibilità alla produzione in vitro di tali metaboliti, che risultano di grande importanza per le loro proprietà salutistiche.

Capsula Petri con calli in fase di rigenerazione

Marcatori molecolari L’utilizzo dei marcatori molecolari nel pomodoro ha visto lo sviluppo di varie tipologie di analisi, tra cui i polimorfismi di lunghezza dei frammenti di restrizione (restriction fragment length polymorphisms, RFLP), il DNA polimorfico amplificato a random (random amplified polymorphic DNAs, RAPD), i polimorfismi di lunghezza dei frammenti amplificati (amplified fragment length polymorphisms, AFLP), i microsatelliti (simple sequence repeats, SSR), i polimorfismi di amplificazione sequenza-specifici (sequence-specific amplification polymorphisms, SSAP) e i polimorfismi di singoli nucleotidi (single nucleotide polymorphisms, SNP). Ciascuna classe di marcatori presenta peculiarità in termini di costo, riproducibilità, numerosità, polimorfismo ecc. A prescindere da ciò, a causa del basso livello di polimorfismo molecolare intraspecifico, almeno nel materiale di più recente selezione, le ricerche di mappatura, isolamento genico e l’impiego dei marcatori nella selezione hanno fatto di regola uso di popolazioni derivanti da incroci interspecifici. Da tale punto di vista, S. pennellii è stata la specie selvatica più utilizzata, sebbene anche S. pimpinellifolium e S. habrochaites siano stati adottati in taluni casi. La disponibilità di marcatori molecolari e di idonei materiali sperimentali ha fatto sì che oggi si conoscano

Provetta con plantule in fase di radicazione

Espianti nodali per micropropagazione

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miglioramento genetico marcatori utili per la selezione assistita associati a molti dei geni di resistenza che vengono incorporati di routine nelle varietà moderne. Il concetto di selezione assistita da marcatori (marker assisted selection, MAS) è molto semplice e si basa sul fatto che, se esiste una variante molecolare facilmente evidenziabile associata all’allele utile che si vuole selezionare, si può basare la selezione (almeno in alcune fasi dello schema di miglioramento) sul fenotipo molecolare, risparmiando così sui costi, sui tempi e sulle alee insite nella selezione convenzionale fortemente influenzata dall’ambiente di coltivazione. Inoltre moltissimi studi hanno riguardato la ricerca di QTL coinvolti nella determinazione di caratteristiche della bacca, quali forma e dimensioni, ma anche componenti nutrizionali, metaboliti secondari e fattori responsabili delle proprietà fisiche del frutto. L’uso della selezione assistita risulta un mezzo di grande utilità per la selezione dei caratteri legati alla performance del frutto, che si rendono evidenti nel fenotipo solo a maturità, ma anche per tutti gli altri caratteri in cui la selezione fenotipica risulti costosa o poco efficiente (soprattutto resistenze e tolleranze che richiedono onerose tecniche di infezione artificiale). Gli avanzamenti nelle tecnologie di analisi e nel numero dei marcatori disponibili hanno permesso lo sviluppo nel pomodoro di diverse mappe genetiche altamente saturate che sono state la base per la ricerca di marcatori associati a geni di interesse (gene targeting), il clonaggio genico basato sulla posizione di mappa (positional cloning) e la selezione di set di linee di introgressione che coprono interamente il genoma della specie. Nell’insieme l’uso di questi mezzi ha permesso l’identificazione delle basi molecolari di molte delle mutazioni utilizzate nel miglioramento convenzionale del pomodoro, tra cui quelle coinvolte nel ritardo

Marcatori molecolari

• La ricerca sui marcatori molecolari nel

pomodoro è iniziata negli anni ’80 del secolo scorso, quando sono stati messi a punto i primi protocolli per la rilevazione di varianti isoenzimatiche, ossia di forme diverse dello stesso enzima dovute alla esistenza di diversi alleli nel DNA codificante. Con tali marcatori furono realizzate le prime applicazioni, con il fine di eseguire analisi di purezza in ibridi o di mappare caratteri mendeliani e quantitativi. Da allora, molte classi di marcatori molecolari basati sulla sequenza del DNA sono state sviluppate in pomodoro e utilizzate per svariati studi genetici, dalla mappatura all’analisi QTL, dalla filogenesi intra- e interspecifica ai saggi sulla consistenza della diversità genetica

Diverse specie di amaranti infestano il pomodoro da industria

Foto R. Angelini

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ricerca della maturazione, come rin, nor e colourless non ripening (cnr); ciò, insieme all’aumentata conoscenza dei processi metabolici peculiari della maturazione, ha aperto la prospettiva di un breeding più mirato ed efficiente dei caratteri per la maturazione ritardata (long shelf life) e di altri caratteri connessi con la maturazione stessa. Similmente sono stati identificati molti dei geni che sono stati alla base della domesticazione del pomodoro e che oggi rappresentano dei bersagli più chiari per il breeding assistito o per applicazioni biotecnologiche. Tutto ciò ha portato allo sviluppo, anche nel pomodoro, del concetto della possibilità di svolgere il miglioramento genetico con una pianificazione a tavolino che imposti gli obiettivi desiderati e ne garantisca il raggiungimento (Breeding by DesignTM). Piante transgeniche Storicamente il pomodoro è sempre stato una specie in cui le tecnologie proprie dell’ingegneria genetica sono state applicate con facilità. Il metodo di trasformazione genetica più adottato è quello che si basa sull’ausilio dell’Agrobacterium tumefaciens, utilizzando come espianti porzioni di cotiledoni. A. tumefaciens è un batterio patogeno polifago agente della malattia nota come tumore del colletto; questo microrganismo ha la caratteristica di poter inserire nel genoma delle cellule della pianta ospite una sua sequenza di DNA, che contiene i geni necessari allo sviluppo del tumore. La sequenza trasferita, nota come regione T, è contenuta in una porzione di DNA accessorio del batterio, il plasmide Ti. La trasformazione tramite agrobatterio prevede la preparazione del costrutto contenente il gene desiderato (la sequenza codificante la proteina utile sotto il controllo di una sequenza regolatrice, il promotore, che ne modula l’espressione una volta entrato nel genoma recipiente, unita in genere a un secondo gene, detto selettivo, che consente di recuperare facilmente le plantule trasformate) e il suo inserimento nel plasmide Ti in sostituzione della regione T. Il batterio, che è stato privato (disarmato) dei geni responsabili dello sviluppo del tumore, inconsapevolmente trasferisce durante l’infezione il segmento genico desiderato in alcune cellule, dalla cui rigenerazione è possibile recuperare plantule trasformate esprimenti i geni introdotti. Il pomodoro è stata la prima specie coltivata in cui la messa in atto di una strategia basata sulla transgenosi si è tradotta in un prodotto effettivamente arrivato sul mercato. Si è trattato di una linea dotata di maturazione ritardata, fenotipo ottenuto grazie al silenziamento, ossia alla riduzione in espressione che si può ottenere con l’inserimento di opportuni transgeni, del gene che codifica per l’enzima poligalatturonasi (PG). La PG nel frutto è responsabile dei processi di rammollimento della bacca che accompagnano la maturazione; abbassarne l’attività nella bacca

Fogliolina di pomodoro trasformata geneticamente con un gene sensibile alla presenza dell’ormone auxina. La colorazione blu indica la presenza dell’ormone nel tessuto vascolare

Pianta di pomodoro della linea Microtom caratterizzata da dimensioni ridotte e ciclo molto rapido. Questo genotipo è molto utilizzato nella sperimentazione biotecnologica perché consente di ridurre gli spazi per allevare le piante e il tempo necessario a ogni generazione

406


miglioramento genetico ha consentito di ottenere un fenotipo di maggiore consistenza che permetteva di raccogliere bacche più mature e con migliori caratteristiche organolettiche. Da qui la denominazione di FlavrSavrTM che è stata assegnata alla prima varietà entrata in commercio con queste prerogative la quale è stata il primo prodotto transgenico arrivato sul mercato. Lo stesso risultato è stato in seguito raggiunto anche per altre vie, come per esempio con il silenziamento di geni coinvolti nella sintesi dell’etilene, l’ormone principale che stimola la maturazione. Dopo questi primi approcci, la trasformazione genetica del pomodoro è stata effettuata con diversi altri obiettivi, tra cui i principali sono quelli di conferimento di resistenza a erbicidi, virus e insetti. In virtù delle conoscenze che si sono andate accumulando relativamente agli eventi che controllano il momento dell’allegagione, diversi approcci transgenici di successo sono stati messi a punto al fine di ottenere piante fruttificanti in assenza di impollinazione e fecondazione (piante partenocarpiche). Questo obiettivo è stato ottenuto tramite l’espressione specifica di geni coinvolti nella biosintesi di ormoni quali l’auxina e le gibberelline negli ovari, ovvero attraverso l’inibizione di geni repressori della sintesi o della risposta degli stessi ormoni. Molti altri approcci transgenici sono stati proposti nel campo della cosiddetta ingegneria metabolica, che implica la possibilità di incrementare (o diminuire) per via transgenica la sintesi di determinati metaboliti di interesse. In tal modo sono state prodotte piante i cui frutti presentano un aumentato contenuto in beta-carotene, in xantofille, in antociani e in terpeni, incrementando e/o diversificando il pool di molecole con alto valore nutrizionale e salutistico contenute nella bacca di pomodoro.

Selezione in vitro di genotipi con attitudine allo sviluppo partenocarpico del frutto; differenza di sviluppo dell’ovario in fiori allevati in vitro di una pianta normale (a sinistra) e una partenocarpica (a destra)

Plantule di pomodoro allevate in vitro a diverse concentrazioni di acido naftalenacetico (NAA), un ormone auxinico di sintesi; è evidente l’effetto della dose dell’ormone e le differenze sulla parte aerea e sull’apparato radicale

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il pomodoro

ricerca Genomica Luigi Monti, Stefania Grillo

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


ricerca Genomica Introduzione Nel pomodoro, così come in altre specie vegetali, i recenti progressi delle conoscenze di genetica e biologia hanno spostato l’interesse dei genetisti dallo studio dei singoli geni a quello dell’intero patrimonio genetico e visto l’affermarsi di nuove strategie di ricerca basate su approcci di genomica strutturale e funzionale. Gli studi genomici stanno rivoluzionando diversi settori delle scienze agrarie permettendo una visione integrata e globale dei meccanismi fisiologici, biochimici e genetici che regolano la crescita e la produttività delle piante e lo sviluppo di nuovi strumenti per accelerare e rendere più mirato il miglioramento genetico delle piante agrarie.

Genomica del pomodoro

• Il pomodoro (Solanum lycopersicum)

è una pianta erbacea diploide (2n = 24). Il suo genoma ha una dimensione di circa 950 milioni di basi (Mb) ed è organizzato in 12 cromosomi. La maggior parte dei geni, più del 90%, risiede nella porzione eucromatica del genoma che corrisponde a circa un quarto del totale; nella parte eterocromatica sono invece conservate soprattutto regioni di DNA contenenti sequenze ripetute non codificanti. Grazie a queste caratteristiche il genoma del pomodoro è considerato un utile modello di studio in biologia molecolare e fisiologia vegetale. Il genoma del pomodoro è stato recentemente sequenziato e la sua annotazione è in corso

Sequenziamento del genoma del pomodoro: stato attuale Il pomodoro (Solanum lycopersicum) è oggi una delle specie vegetali più studiate a livello genetico e genomico, non solo a causa della sua notevole importanza economica, ma anche perché possiede un genoma relativamente piccolo (950Mb), il che ha contribuito a farne un sistema modello anche per altre specie in generale e per tutta la famiglia delle Solanaceae in particolare. Il pomodoro è oggetto di un progetto internazionale per il sequenziamento dell’intero genoma (International Solanaceae Genome Project, SOL) che coinvolge dieci Paesi, tra i quali l’Italia, a cui è affidata la determinazione della sequenza nucleotidica del cromosoma 1. Per il sequenziamento è stata adottata la strategia BAC-by-BAC (Bacterial Artificial Chromosome), già impiegata con successo nel sequenziamento di altri genomi quali quelli di Arabidopsis thaliaFoto R. Angelini

Eterocromatina ed eucromatina

• Eterocromatina: cromatina presente

nelle regioni fortemente condensate e intensamente colorabili del cromosoma eucariotico. Generalmente queste regioni, inattive in termini di trascrizione, sono localizzate in corrispondenza del centromero e, in misura minore, dei telomeri

• Eucromatina: regioni della cromatina

meno condensate sparse lungo i bracci del cromosoma eucariotico che sono attive in termini di trascrizione genica Il pomodoro è una delle specie vegetali più studiate a livello genetico e genomico

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genomica na (Arabidopsis Genome Initiative) e del riso (International Rice Genome Sequencing Project). Nell’ottobre 2008 erano disponibili nella banca dati GenBank ben 1095 sequenze BAC, equivalenti a ~120 Mb che hanno permesso il completamento del primo draft del genoma da parte del consorzio internazionale. Con l’affermarsi delle cosiddette tecnologie di sequenziamento di nuova generazione (Roche 454, Illumina Solexa, Applied Biosystem SOLiD) si sono rese disponibili valide alternative strategiche e tecnologiche per il sequenziamento del genoma di pomodoro ed è stata quindi lanciata una nuova iniziativa di sequenziamento dell’intero genoma mediante un approccio whole genome shotgun. L’integrazione dei dati ottenuti con tali approcci (454 shotgun) con i risultati già disponibili ottenuti con la strategia BAC-by-BAC, ha permesso il recente annuncio (nel dicembre 2009) del rilascio in rete di una versione preliminare dell’intera sequenza del genoma di pomodoro. Il consorzio International Tomato Annotation Group è al momento al lavoro per lo sviluppo e l’utilizzazione di strumenti bioinformatici avanzati per un’annotazione completa e di alta qualità dell’intero genoma che sarà disponibile alla comunità internazionale nei primi mesi del 2010. La determinazione della sequenza completa del genoma di pomodoro e la conseguente annotazione genica rappresenterà uno strumento formidabile per l’analisi dell’organizzazione e della funzionalità del genoma, per la comprensione dei meccanismi evolutivi alla base della diversificazione dell’intera famiglia delle Solanaceae e per lo sviluppo di strumenti avanzati per l’industria agro-alimentare.

Foto R. Angelini

Foto R. Angelini

Risorse per l’analisi strutturale e funzionale del genoma di pomodoro L’interesse scientifico ed economico del pomodoro ha reso possibile negli ultimi anni lo sviluppo di una vasta rete internazionale di gruppi di ricerca (Solanaceae Genomics Network) che condividono le numerose risorse sviluppate per questa specie attraverso un sito web dedicato alla raccolta, organizzazione e distribuzione alla comunità scientifica di informazioni, strumenti e risultati utili per l’analisi genetica e genomica nel pomodoro e in altre specie affini (patata, melanzana, peperone, tabacco ecc.). Anche la comunità scientifica italiana è molto attiva nel settore della genetica e genomica del pomodoro ai cui studi sono stati recentemente dedicati importanti finanziamenti pubblici. Inoltre è stato recentemente costituito il Laboratorio Pubblico-Privato di Genomica per l’innovazione e la valorizzazione della filiera del pomodoro (GenoPOM) dove sono concentrate alte competenze scientifiche e tecnologiche insieme ad avanzate risorse logistico-strumentali di genomica esclusivamente impegnate nello studio e nell’analisi del genoma del pomodoro. Gli strumenti genomici recentemente sviluppati per il pomodoro, la maggior parte dei quali sono at409


ricerca tualmente disponibili pubblicamente attraverso l’SGN, includono: dettagliate mappe genetiche e fisiche; ampie e caratterizzate collezioni di specie selvatiche e di mutanti, naturali o indotti per via chimica o fisica, incluse popolazioni messe a punto per la genomica funzionale, per esempio mutanti ottenuti per activation tagging e TILLING (Targeting Induced Local Lesions IN Genomes); vaste collezioni di Expressed Sequence Tags (EST); popolazioni di linee recombinant inbred (RI), linee quasi isogeniche (NIL) e linee di introgressione (IL); piattaforme di analisi trascrittomica, protetomica e metabolomica, piattaforme bioinformatiche per la gestione e integrazione dei dati. Le risorse sviluppate fanno del pomodoro una delle specie vegetali maggiormente caratterizzate e sono ampiamente utilizzate sia per studi di biologia e genetica di base sia per scopi applicativi d’interesse commerciale. Di seguito sarà brevemente accennato allo sviluppo e all’utilizzazione di tali risorse. Sviluppo e uso di marcatori molecolari e mappe genetiche Una delle applicazioni più efficaci delle conoscenze di genomica è lo sviluppo di marcatori molecolari da utilizzarsi per la selezione assista (Marker Assisted Selection, MAS) di genotipi superiori ai fini del miglioramento genetico vegetale. Il pomodoro è una

Piantine di Arabidopsis thaliana seminata in vitro. Tale pianta è da sempre usata come modello negli studi di genetica e di genomica

Risorse disponibili per l’analisi genetica e genomica del pomodoro Sito

Indirizzo web

Caratteristiche

Solanaceae Genomics Network (SGN)

www.sgn.cornell.edu

Database di informazioni genomiche, genetiche e tassonomiche su specie Solanaceae e Rubiaceae

TIGR Plant Gene Indeces

compbio.dfci.harvard.edu/tgi/ plant.html

Cataloghi di sequenze EST e geni di pomodoro e dati sui loro profili d’espressione, ruoli cellulari, funzioni e relazioni evoluzionistiche

Plant Genome Database (PlantGDB)

www.plantgdb.org

Risorsa per la genomica comparativa di specie vegetali. Comprende banche EST specie-specifiche di pianta, fornisce strumenti accessibili per l’analisi e l’annotazione di genomi vegetali

Tomato Genetics Resource Center (TGRC)

tgrc.ucdavis.edu

Banca di germoplasma di specie selvatiche, mutanti monogenici e varie collezioni di genotipi di pomodoro

Genes that Make Tomatoes

zamir.sgn.cornell.edu/mutants

Database di mutanti di pomodoro, comprendente anche un’ampia popolazione mutagenizzata per via chimica o fisica

EU-SOL

www.eu-sol.net

Progetto europeo per lo sviluppo di varietà di pomodoro e patata di alta qualità

Computer aided bioscience (CAB group)

biosrv.cab.unina.it

Collezioni EST di pomodoro, patata e altre Solanaceae, portale ISOL

Metapontum Agrobios

www.agrobios.it/ricerca/ genomfunz.htm

Piattaforma di genomica funzionale attraverso TILLING

Tomato Expression Database

ted.bti.cornell.edu

Catalogo delle piattaforme microarray e dei dati di espressione disponibili in pomodoro

Center for Gene Expression Profiling, Cornell University

bti.cornell.edu/CGEP/CGEP. html

Piattaforme microarray TOM1 TOM2

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genomica Mappa cromosomica del pomodoro [cM] 0 30 60 90 120 150

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Applicazioni dei marcatori molecolari e delle mappe genetiche

• I progressi nel sequenziamento

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del genoma combinati allo sviluppo dei marcatori molecolari e delle corrispondenti mappe genetiche presentano diverse applicazioni e potenzialità:

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– localizzazione di geni di resistenza a patogeni – mappatura e caratterizzazione di loci genetici che influenzano i caratteri quantitativi che sono i principali responsabili delle caratteristiche agronomiche delle piante

A sinistra è indicata la scala di lunghezza in centimorgan (cM). In giallo è indicata la posizione delle regioni completamente sequenziate

delle specie con il maggior numero di marcatori sviluppati (SSR, RFLP, SNP e altri) e nella banca dati del SGN sono oggi disponibili dati su circa 15.000 marcatori con informazioni, facilmente interrogabili on line, sulla sequenza e la localizzazione sulla mappa. Grazie all’ausilio dei marcatori molecolari, negli ultimi 15 anni è stato possibile localizzare numerosi geni d’interesse agronomico, tra cui più di 30 geni di resistenza a patogeni. Le conoscenze acquisite sono oggi utilizzate di routine dalle aziende sementiere per la selezione assistita da marcatori di genotipi resistenti in cui resistenze multiple sono piramidalizzate in modo mirato. Il grande numero di marcatori disponibili ha permesso inoltre l’affermarsi di studi genomici comparativi tra le diverse specie di pomodoro e del genere Solanum. Le analisi comparative hanno evidenziato che i genomi di pomodoro e patata differiscono solo di 5 inversioni pericentriche (in cui è interessato il centromero e sono coinvolti entrambi i bracci cromosomici) mentre il pomodoro e il peperone sono caratterizzati da ristrutturazioni causate sia da traslocazioni sia da inversioni. La disponibilità di grandi quantità di dati di sequenza delle diverse specie vegetali sta permettendo inoltre lo sviluppo e la mappatura di marcatori di tipo COS (Consensus Ortologous Set) condivisi da più specie e che sono ideali per ampi e precisi studi di genomica comparativa e di sintenia tra specie diverse e taxa non correlati. È da sottolineare l’estrema utilità anche ai fini applicativi delle conoscenze genomiche e della disponibilità di un ampio numero di marcatori. Questi infatti rappresentano uno strumento formidabile per la tracciabilità dei prodotti della filiera pomodoro (polpa, pelato, salsa, prodotto fresco) e la certificazione dei semi che già oggi le industrie sementiere e per quelle

– analisi di genetica comparativa tra le diverse specie coltivate – tracciabilità dei prodotti della filiera pomodoro e certificazione delle sementi

Foto R. Angelini

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ricerca di trasformazione utilizzano con sicurezza vista la disponibilità di procedure standard e applicabili su larga scala. Sviluppo e uso di approcci per i caratteri quantitativi In pomodoro la disponibilità di mappe di associazione molto sature di marcatori ha promosso la loro utilizzazione per l’identificazione di loci per caratteri quantitativi (Quantitative Trait Loci, QTL) che regolano importanti funzioni quali la produttività, la tolleranza a stress ambientali, la morfologia e qualità dei frutti, il contenuto in metaboliti secondari e vitamine. Tali studi, condotti su popolazioni provenienti da incroci interspecifici tra la specie coltivata (Solanum lycopersicum) e le specie selvatiche (S. pennellii, S. habrochaites, S. peruvianum e altre) di pomodoro, hanno inoltre evidenziato che specifiche combinazioni alleliche putativamente favorevoli sono presenti nelle specie selvatiche e che possono dare origine, se introgresse nelle varietà di pomodoro, a genotipi con caratteristiche superiori. Tali osservazioni hanno indotto il recente sviluppo di nuove strategie innovative per il miglioramento genetico assistito di caratteri quantitativi basate su analisi QTL utilizzando

Linee di introgressione (IL)

• Le linee di introgressione (IL)

rappresentano uno strumento utile per sfruttare la variabilità genetica andata persa nel corso dei millenni in seguito ai fenomeni di domesticazione e selezione; nel genoma selvatico, infatti, sono presenti combinazioni alleliche favorevoli che possono essere sfruttate una volta trasferite nei genomi delle piante coltivate

• Per costituire una popolazione di IL,

si parte da incroci interspecifici con specie selvatiche e si procede con la successiva selezione assistita da marcatori molecolari allo scopo di definire la posizione delle introgressioni del parentale selvatico nel genoma del parentale coltivato

Schema di produzione di una popolazione di linee di introgressione X Varietà Specie coltivata selvatica

Foto R. Angelini

X

Reincrocio Ibrido F1

Reincrocio e selezione assistita da marcatori molecolari per sei generazioni e autofecondazione per altre due generazioni Popolazione di linee di introgressione (IL) Cromosomi 1 2 3 4 5

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IL1-1 IL1-2 IL6-4 Valutare i fenotipi delle IL, selezionare linee con fenotipi interessanti ed effettuare prove di campo replicate La popolazione è costituita da un insieme di linee ciascuna contenente un singolo frammento della specie selvatica. L’insieme dei frammenti copre tutti i 12 cromosomi del pomodoro

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genomica la variabilità genetica presente nel germoplasma selvatico. Una delle strategie di maggior successo è basata sull’uso di popolazioni di linee di introgressione (IL) derivate da incroci interspecifici che consentono di avere una collezione permanente di segmenti cromosomici omozigoti di una specie selvatica nel background genetico della specie coltivata. La natura permanente di queste linee consente inoltre che diversi laboratori possano raccogliere dati dalle stesse linee e ripetere le prove più volte sia nel tempo sia nello spazio, presupposto fondamentale per lo studio dei caratteri quantitativi. Le popolazioni di IL, e in modo particolare quella di S. pennellii (LA716), sono state utilizzate per diversi scopi tra cui la mappatura di 130 QTL per un totale di 38 caratteristiche correlate alla qualità del frutto di pomodoro. L’approccio del breeding assistito basato sull’uso delle IL ha dimostrato grosse potenzialità applicative per il miglioramento genetico del pomodoro; infatti, introgressioni multiple di S. pennellii (approccio di piramidalizzazione di QTL) inserite nel background genetico coltivato, hanno permesso di ottenere l’ibrido AB2, che attualmente è la varietà di pomodoro da industria leader in California.

Foto R. Angelini

Sviluppo e uso di popolazioni di mutanti Nel pomodoro, sono inoltre disponibili numerose risorse per gli studi di genomica funzionale quali per esempio collezioni di mutanti di diversi genotipi. Presso il Tomato Genetics Resource Center (TGRC) dell’Università della California a Davis è disponibile un ampio catalogo di risorse genetiche tra cui più di 1000 accessioni di pomodoro di specie coltivate e selvatiche e migliaia di mutanti monogenici. Inoltre il catalogo Genes that Make Tomatoes, che include 13.000 mutanti (popolazione M2), provenienti da mutagenesi chimica e fisica di semi del genotipo M82, è disponibile e accessibile mediante il sito SGN. Entrambi i cataloghi consentono un accesso rapido alle caratteristiche morfologiche e fisiologiche dei mutanti e prevedono la possibilità di ordinare i genotipi di interesse. Due nuove collezioni di mutanti sono state recentemente sviluppate nella cultivar Microtom, che per le piccole dimensioni e per il rapido ciclo vitale è particolarmente utile per analisi su larga scala e si sta imponendo come genotipo modello del pomodoro. Queste ultime collezioni sono disponibili presso il National Institute of Genetics in Giappone e le caratteristiche fenotipiche di mutanti sono consultabili nel database pilota TOMATOMA (Tomato Mutant Archives). Recenti iniziative internazionali hanno permesso lo sviluppo di ulteriori risorse per studi avanzati di genomica funzionale quali differenti popolazioni di mutanti inserzionali (T-DNA) e 2 popolazioni ottenute mediante tecnologia TILLING (Targeting Induced Local Lesions IN Genomes). Questa ultima tecnologia, applicata sia nel settore animale sia in quello vegetale e sviluppata recentemente in pomodoro da gruppi di ricerca italiani, si basa su un sistema di genetica inversa che associa alla mutagenesi 413


ricerca chimica tradizionale tecniche avanzate di biologia molecolare per individuare la/e mutazione/i puntiforme/i e quindi l’allelle o la serie allelica del gene responsabile di caratteri di interesse. È atteso che esperimenti su larga scala che possano utilizzare sistemi robotici di fenotipizzazione potranno generare in breve tempo indicazioni su un numero considerevole di mutazioni favorevoli e geni coinvolti e quindi di nuovi genotipi di interesse da introdurre rapidamente in programmi di miglioramento genetico del pomodoro.

Genomica e discipline “omiche”: alcune definizioni

• Genomica: disciplina che studia la

struttura costitutiva di geni e genomi (genomica strutturale) nonché i loro aspetti funzionali (genomica funzionale), e la comparazione di geni e genomi tra organismi (genomica comparativa)

Sviluppo di piattaforme per l’analisi trascrittomica, proteomica, metabolomica L’ampiezza e la completezza delle collezioni EST disponibili per il pomodoro ha permesso già dal 2000 di realizzare diversi strumenti per analisi del trascrittoma, costruiti utilizzando prodotti di PCR amplificati come EST o frammenti di geni candidati di cui si desidera monitorare il livello d’espressione (microarray a cDNA) oppure impiegando oligonucleotidi (oligo-array) sintetizzati direttamente sui chip. Sono oggi quindi disponibili per la comunità scientifica diversi tipi di piattaforme per l’analisi trascrizionale aggiornate con i più recenti dati di sequenza alle quali si stanno aggiungendo quelle che utilizzano tecnologie ad altissima produttività basate su approcci di sequenziamento di nuova generazione (RNAseq). Tutti gli approcci di analisi di espressione prevedono l’uso di strumenti bioinformatici e statistici molto avanzati e il concomitante sviluppo di banche dati di espressione genica dedicate al confronto dei dati di diversi esperimenti e all’integrazione di dati di piattaforme differenti al fine di associare il livello di espressione di geni e network in una determinata situazione sperimentale/ stadio di sviluppo/ tessuto a un fenotipo d’interesse e quindi di individuare geni coinvolti nel controllo dei caratteri oggetto di studio. Negli ultimi anni approcci di analisi globale del trascrittoma di pomodoro hanno quindi permesso di identificare geni chiave coinvolti nello sviluppo e nella maturazione del frutto e nella determinazione della sua qualità organolettica e nutrizionale nonché geni coinvolti nella risposta a stimoli biotici e abiotici ed, in particolare, set genici la cui espressione è putativamente correlata con la capacità di tollerare alte temperature. Associati agli studi di tipo genomico, grazie allo sviluppo di protocolli sperimentali e approcci bioinformatici ad alta produttività, recentemente anche in pomodoro si sono affermati studi globali sulla componente proteica e metabolica. Anche se specifiche criticità ancora esistono sia dal punto di vista tecnico-procedurale sia da quello di integrazione delle diverse piattaforme, l’interesse dell’applicazione integrata delle tecnologie -omiche nel pomodoro è al momento focalizzato sulla maturazione del frutto. In tale sistema l’analisi dei geni espressi è correlata al corredo proteomico del frutto in maturazione e al profilo dei principali metaboliti e della componente volatile, fattore cruciale dell’aroma globale del frutto.

• Metaboloma: rappresenta la collezione di tutti i metaboliti prodotti da un organismo, equivalenti ai prodotti finali della espressione dei suoi geni. Essi possono essere distinti in primari (amminoacidi, nucleotidi, carboidrati semplici, lipidi, acidi organici ecc.) e secondari (alcaloidi, terpenoidi, composti fenolici)

• Metabolomica: studio sistematico del

repertorio di metaboliti prodotti da un organismo, nonché di specifici processi metabolici o di interi percorsi metabolici che portano una cellula a sintetizzare uno o più metaboliti

• Proteoma: l’insieme delle proteine

presenti in una cellula o in un tessuto di un organismo

• Proteomica: studio della struttura

e funzione delle proteine sintetizzate complessivamente da un organismo o da uno specifico tessuto o organo

• Trascrittoma: l’insieme degli RNA

presenti in una cellula o in un tessuto di un organismo

• Trascrittomica: studio degli RNA

messaggeri complessivamente prodotti da un organismo o espressi specificamente dalle cellule di un tessuto o di un organo in determinati momenti dello sviluppo o in particolari condizioni ambientali

414


genomica Approccio multidisciplinare per lo studio genomico della maturazione del frutto di pomodoro Valutazione caratteri agronomici

Analisi trascrizionale

Struttura genomica

Analisi metabolomica

Foto R. Angelini

Profili sensoriali

Analisi proteomica

Tali approcci hanno già messo in evidenza fondamentali differenze molecolari tra i diversi tipi di pomodoro, che caratterizzano le produzioni agricole italiane (tipo Allungato, Vesuviano, Sorrento, Corbarino), che spiegano le loro peculiari e distintive proprietà organolettiche e nutrizionali. Dal punto di vista applicativo le conoscenze acquisite permetteranno lo sviluppo di strumenti di grande efficacia non solo per la selezione di nuovi tipi con caratteristiche del frutto migliorate ma anche per la salvaguardia della tipicità dei prodotti locali, la tracciabilità dei prodotti sia freschi sia trasformati e la sicurezza alimentare.

Foto R. Angelini

Prospettive I diversi approcci genomici sopra descritti richiedono un enorme sforzo di integrazione per la comprensione dal punto di vista biologico di grandi moli di dati e lo sviluppo di modelli di predizione. Infatti, dopo il raggiungimento dell’obiettivo del sequenziamento dell’intero genoma, è nel settore della bioinformatica e biostatistica che si sono recentemente focalizzati gli sforzi della comunità scientifica del pomodoro e delle Solanaceae con lo sviluppo di piattaforme di analisi per la catalogazione, l’integrazione e la gestione di dati di genomica, trascrittomica, proteomica e metabolomica. Sono in corso di allestimento quindi piattaforme integrate multilivello, a cui l’Italia sta contribuendo con la piattaforma ISOLa, per lo sviluppo di modelli tipici della biologia dei sistemi. Per i genetisti è importante che tali piattaforme siano integrate, inoltre, ai dati di fenotipizzazione per descrivere adeguatamente le relazioni fenotipo-genotipo ed evidenziare l’associazione tra le caratteristiche di interesse e i processi molecolari che le determinano. 415


il pomodoro

ricerca Partenocarpia Tiziana Pandolfini, Giuseppe Leonardo Rotino

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


ricerca Partenocarpia Allegagione e sviluppo del frutto La produttività e il valore agronomico del pomodoro dipendono dal numero di frutti che una pianta produce e dal peso e dalla qualità dei frutti. Poiché il pomodoro è una delle colture orticole più diffuse nel mondo, questa specie è stata oggetto di numerosi studi volti a individuare i fattori genetici e biochimici che regolano lo sviluppo del frutto. Il frutto del pomodoro si origina dall’ovario e dal punto di vista botanico viene definito come un ovario allo stadio maturo. Il suo sviluppo può essere suddiviso in tre fasi. La prima fase consiste nella impollinazione e fecondazione degli ovuli a cui segue l’allegagione del frutto. Nel fiore aperto l’ovario è già formato, ma si trova in uno stato quiescente e la sua crescita è bloccata. Solo in seguito all’impollinazione, che ha luogo di norma 2 giorni dopo l’apertura del fiore (antesi), e alla fecondazione degli ovuli, l’ovario riprende a crescere. Questo passaggio da una stato quiescente a una fase di crescita attiva rappresenta l’allegagione. La seconda fase di sviluppo del frutto è il periodo di crescita per divisione cellulare. Questo stadio dura circa 7-10 giorni durante i quali il frutto cresce in seguito all’aumento del numero delle cellule. La terza fase è caratterizzata dalla crescita per distensione cellulare. Al termine della terza fase, che dura circa 6-7 settimane, il frutto ha raggiunto le sue dimensioni finali ed ha inizio il processo di maturazione. L’allegagione è la fase dello sviluppo che più risente delle condizioni climatiche. Condizioni ambientali sfavorevoli, quali basse e alte temperature, eccessiva umidità e bassa luminosità, limitano la fruttificazione perché riducono la mobilità e la fertilità del polline e causano turbe del processo di

Partenocarpia in agricoltura

• Partenocarpia: allegagione e sviluppo

del frutto senza impollinazione e fecondazione. I frutti sono privi di semi, cioè apireni

• Partenocarpia obbligatoria: le piante

producono sempre frutti apireni e quindi sono sterili e possono essere propagate solo mediante polline o vegetativamente

• Partenocarpia facoltativa: si possono

avere frutti apireni o con semi in dipendenza delle condizioni ambientali; le piante producono frutti con semi in condizioni ambientali favorevoli, mentre producono frutti senza semi in condizioni ambientali avverse per l’impollinazione e la fecondazione

Fasi di sviluppo del frutto di pomodoro

Pre-antesi

Antesi

Fecondazione

Fase I Allegagione

416

Divisione cellulare

Distensione cellulare

Fase II

Fase III

Maturazione Frutto di dimensioni finali


partenocarpia fecondazione. Per esempio la regolare allegagione del pomodoro viene compromessa quando le temperature notturne sono più basse di 13 °C o quando le temperature diurne superano i 38 °C per più di 5 ore. In condizioni ambientali avverse l’unico sistema efficace per ottenere una buona fruttificazione è l’induzione della partenocarpia, cioè lo sviluppo di frutti in assenza di impollinazione e fecondazione. La partenocarpia può essere un tratto utile sia per il pomodoro da mensa sia per il pomodoro da industria. Nel caso del pomodoro da mensa può permettere una produzione più stabile nelle coltivazioni extrastagionali e in particolare in quelle protette, riducendo i costi dovuti all’uso dei fitormoni ed evitando gli svantaggi che l’ormonatura può causare (ad esempio malformazioni dei frutti e problemi di carattere ambientale). Per quanto riguarda il pomodoro da industria l’assenza dei semi nei frutti partenocarpici potrebbe semplificare quei processi di produzione che prevedono la rimozione dei semi (produzioni di passate e succhi di pomodoro).

Vantaggi della partenocarpia in orticoltura

• Minore sensibilità verso condizioni

ambientali avverse. I frutti possono essere prodotti anche in condizioni sfavorevoli alla impollinazione e alla fecondazione quali per esempio: temperature troppo alte o troppo basse, alta umidità, bassa intensità luminosa, forte vento

• Allegagione precoce e aumento della produzione nelle colture anticipate

• Riduzione dei costi per uso di sostanze che favoriscono l’allegagione

Controllo ormonale dell’allegagione e tecniche per indurre la partenocarpia nel pomodoro La tecnica agronomica più diffusa per ottenere una soddisfacente allegagione del pomodoro in condizioni climatiche sfavorevoli consiste nell’indurre lo sviluppo di frutti partenocarpici trattando i fiori con sostanze fitoregolatrici auxino-simili e/o con altri regolatori di crescita come per esempio le gibberelline. La partenocarpia è definita in questo caso artificiale perché ottenuta tramite l’uso di sostanze chimiche applicate al fiore. La partenocarpia può essere ottenuta anche per via genetica. Esistono mutanti naturali di pomodoro come pat, pat-2 e pat-3/pat-4 che presentano sviluppo partenocarpico del frutto. Tuttavia questi mutanti non sono facilmente utilizzabili in agricoltura perché possono presentare tratti indesiderati quali dipendenza del fenotipo dal background genetico, presenza di effetti pleiotropici e carattere poligenico del tratto fenotipico. Inoltre alcuni di questi mutanti hanno bassa produttività

• Allegagione omogenea • Aumento della produzione nelle varietà

con alta qualità dei frutti ma bassa produttività dovuta a scarsa allegagione

• Riduzione dei costi per l’eliminazione dei semi

• Aumento della qualità dei frutti nelle

specie i cui semi producono sostanze di sapore sgradevole

• Prolungamento della conservazione

post-raccolta (nelle specie i cui semi producono sostanze che accelerano la maturazione del frutto)

Modello che rappresenta l’azione di auxine e gibberelline sull’allegagione e sulla crescita del frutto Impollinazione

Auxina

Geni che rispondono all’auxina

Divisione cellulare

Gibberelline

Geni che rispondono alle gibberelline

Distensione cellulare

Fecondazione Auxina Ovulo fecondato Gibberelline

Sviluppo del seme e dell’embrione

417

Crescita del frutto


ricerca e scarsa qualità dei frutti. I frutti apireni dei mutanti partenocarpici sono spesso di dimensioni inferiori al normale e questo è spiegabile con il fatto che sia gli ovuli fertilizzati sia i semi contribuiscono a controllare lo sviluppo e le dimensioni finali del frutto. La partenocarpia ha valore applicativo e commerciale soltanto se è associata a un’elevata qualità e a un’alta produttività. Per ottenere frutti partenocarpici di elevata qualità e di dimensioni e forma uguali a quelle dei frutti fecondati, è necessario capire quali sono i segnali molecolari prodotti dagli ovuli fecondati e dagli embrioni che inducono l’allegagione e sostengono lo sviluppo del frutto. Le numerose ricerche svolte negli ultimi anni hanno dimostrato in modo indiscutibile che sia le auxine sia le gibberelline svolgono un ruolo cruciale nel controllo dell’allegagione del pomodoro. Il polline produce sia auxine che gibberelline e sebbene il trasporto di questi fitormoni attraverso il tubulo pollinico verso gli ovuli non sia stato sperimentalmente dimostrato, si ritiene che il polline possa contribuire ad aumentare la concentrazione dei due ormoni negli ovuli fecondati. Inoltre gli ovuli una volta fecondati possono essi stessi sintetizzare auxina e stimolare la sintesi e l’attività delle gibberelline. L’azione coordinata dei due ormoni regola la crescita dell’ovario stimolando la divisione e l’espansione cellulare. Allo stato attuale l’uso dell’ingegneria genetica per produrre cultivar partenocarpiche ha dimostrato maggiori potenzialità rispetto alle tecniche classiche di breeding. Infatti è stato dimostrato che manipolando, tramite tecniche genetiche, l’azione di questi due ormoni a vari livelli, cioè agendo sulla sintesi oppure sulla sensibilità delle piante agli ormoni o ancora sulle vie di traduzione del segnale ormonale, è possibile ottenere lo sviluppo partenocarpico del frutto. Tra le varie tecniche proposte, quella basata sull’aumento della biosintesi dell’ormone auxina è la metodologia che è stata maggiormente sviluppata. Questa tecnica è stata applicata a numero-

Frutti ottenuti da autofecondazione (in alto) e da emasculazione (in basso) di fiori da piante transgeniche DefH9-iaaM partenocarpiche (a sinistra) e da piante controllo (a destra) di una linea di pomodoro tondo liscio. Notare la differenza nella forma e dimensione del frutto da fiore emasculato tra la pianta partenocarpica e il controllo sebbene l’esperimento sia stato condotto in condizioni ambientali di temperatura e luce limitate

Veduta della prova sperimentale in serra per la valutazione della produzione anticipata degli ibridi partenocarpici DefH9-iaaM

418


partenocarpia se cultivar utilizzate sia per la produzione di pomodoro da mensa sia da industria e le piante partenocarpiche sono state testate con prove agronomiche in condizioni di coltivazione sia in serra sia in campo aperto. Inoltre sulla base di parametri qualitativi e tecnologici è stata stabilita l’equivalenza tra i pomodori partenocarpici ottenuti con l’aumentata sintesi di auxina e quelli fecondati dello stesso background genetico. Questo metodo di ingegneria genetica è stato messo a punto già alla fine degli anni ’90 e sviluppato in Italia grazie alla collaborazione tra un gruppo di ricerca coordinato dal prof. Angelo Spena presso l’Università di Verona e un gruppo di ricerca attivo presso l’ex Istituto sperimentale per l’Orticultura del MiPAAF coordinato dal dott. Giuseppe Leonardo Rotino. Partenocarpia basata sulla sintesi di auxina Il metodo prevede l’aumento della sintesi di acido indolacetico, la principale forma di auxina nelle piante, negli ovuli non impollinati attraverso l’espressione del gene iaaM di Pseudomonas syringae sotto il controllo del promotore DefH9 (Deficiens Homologue 9) della bocca di leone, Antirrhinum majus. Il promotore DefH9 è capace di guidare l’espressione nella placenta e negli ovuli del gene iaaM che codifica per un enzima che converte il triptofano in indolacetammide. A sua volta questo composto viene spontaneamente convertito nella cellula vegetale in acido indolacetico. Nelle piante di pomodoro che esprimono il gene DefH9-iaaM le gemme fiorali hanno un contenuto di auxina più elevato rispetto alle gemme dei pomodori del tipo normale. Il frutto si sviluppa in assenza di fecondazione ed è privo di semi (apireno). Inoltre nelle

Pianta partenocarpica DefH9-iaaM che mostra allegagione e crescita di frutti dai fiori emasculati (EM) simili a quelle di frutti da fiori autofecondati

Allagagione e produzione nei pomodori partenocarpici Pomodoro da mensa

Allegagione (%)

Peso frutto riferito a 5 grappoli (g)

Produzione riferita a 5 grappoli (g)

Ibridi cerasiformi

L.CMxL.4

42,4 a

20,3 a

437,5 a

Ibridi cerasiformi partenocarpici

L.CM iaaMxL.4

100 b

26,5 b

1533,5 b

Fonte: modificato da Acciarri et al., 2000

Frutti con semi (%)

Nr. semi /frutto

Nr. frutti

Produz./pianta (g)

UC82

85 a

36,5 b

21,6 b

1380 b

RI-iaaM 4

27 b

18,4 c

43,2 a

1538 ab

RI-iaaM 5

20 b

11,4 c

33,7 a

1227 b

All-flesh

87 a

68,8 a

32,3 ab

1906 a

Pomodoro da industria Linea non partenocarpica Linee partenocarpiche Ibrido commerciale

A lettere differenti corrispondono in ciascuna colonna valori significativamente diversi Fonte: modificata da Rotino et al., 2005

419


ricerca piante partenocarpiche DefH9-iaaM la crescita del frutto risulta anticipata come accade anche in altre forme di partenocarpia, per esempio in mutanti pat di pomodoro. Poiché l’incremento di auxina è limitato agli ovuli e agli ovari, la crescita vegetativa delle piante partenocarpiche DefH9-iaaM risulta uguale a quella dei pomodori non partenocarpici. Il metodo è stato applicato con successo per ottenere partenocarpia facoltativa in varie cultivar di pomodoro da mensa (cerasiforme, Giasone, L276, Ailsa Craig ecc.). Prove condotte in tunnel non riscaldati in condizioni di coltura anticipata su ibridi tondo lisci (Giasone, 95-514, 95-516) e cerasiformi (L.CMxL.4) hanno dimostrato che la partenocarpia consente di aumentare sia l’allegagione sia la produzione. L’allegagione negli ibridi partenocarpici del tipo tondo liscio è risultata prossima o superiore al 90%, mentre nei controlli è al massimo del 70%. Gli ibridi cerasiformi hanno mostrato bassa capacità di fruttificare nelle condizioni di coltura anticipata (percentuale di allegagione media del 42%), mentre nelle linee partenocarpiche tutti i fiori riuscivano ad allegare. Il peso medio dei frutti partenocarpici è stato superiore a quello dei controlli sia negli ibridi tondo-lisci sia nel cerasiforme. La produzione per pianta è aumentata del 61% per la linea 95-516, del 123% per la linea 95-514 e del 150% per la linea Giasone. Il maggiore aumento della produzione commerciabile (circa 250%) è stato ottenuto negli ibridi del tipo cerasiforme. La tecnica sembra pertanto particolarmente efficace nel caso di cultivar sensibili ai fattori climatici avversi e a bassa produttività. Per quanto riguarda lo standard commerciale dei frutti, i pomodori partenocarpici mantengono le dimensioni e la forma dei frutti della cultivar originaria a parte l’assenza dei semi. Le cultivar utilizzate per la produzione di pomodori da mensa sono di solito selezionate anche sulla base della loro risposta agli ormoni, poiché cultivar con elevata sensibilità all’auxina, se utilizzate per la coltura precoce, potrebbero produrre frutti malformati se trattate con ormoni per favorirne l’allegagione. Al contrario le cultivar utilizzate per il pomodoro da industria possono talvolta avere un’accentuata sensibilità all’auxina. Un tipico esempio è quello della cultivar UC82, in cui l’aumento di sintesi di auxina tramite il gene DefH9-iaaM ha prodotto piante partenocarpiche obbligate che sviluppavano frutti con malformazioni riconducibili a eccesso di auxina, per esempio umbonatura e scatolatura. È stato dimostrato che è possibile ottimizzare la tecnica per le cultivar particolarmente sensibili all’auxina in modo da ottenere frutti partenocarpici di ottima qualità. Il costrutto originale è stato modificato geneticamente allo scopo di diminuire l’espressione del gene per la sintesi di auxina. Questo gene derivato (DefH9-RIiaaM) ha prodotto piante di pomodoro partenocarpiche facoltative UC82 che presentano concentrazioni di auxina nelle gemme fiorali superiori alle piante non partenocarpiche, ma inferiori alle

Caratteristiche dei frutti del grappolo basale di una pianta dell’ibrido Giasone partenocarpico (in alto) e del medesimo ibrido non partenocarpico (in basso)

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partenocarpia piante trasformate con il costrutto originale DefH9-iaaM. I frutti partenocarpici in questo caso non presentano più malformazioni. Le linee di pomodoro UC82 DefH9-RI-iaaM sono state testate in campo in condizioni di libera impollinazione valutandone la produzione sia sotto l’aspetto quantitativo sia qualitativo. Sebbene le piante siano caratterizzate da partenocarpia facoltativa, il numero dei frutti con semi e dei semi per frutto è risultato diminuito anche in condizioni di libera impollinazione. I frutti che presentavano semi erano mediamente il 20% contro l’85% nelle piante UC82 non partenocarpiche. Inoltre il numero dei semi per frutto nelle linee DefH9-RI-iaaM era ridotto del 60% e complessivamente il numero dei semi nei frutti commerciali risultava 10 volte minore nelle linee UC82 partenocarpiche facoltative rispetto alle piante non partenocarpiche. I frutti partenocarpici sono stati anche analizzati per quanto riguarda le proprietà tecnologiche e le caratteristiche biochimiche, quali contenuto di acidi organici, di vitamina C, beta-carotene, licopene, tomatina, polifenoli totali ecc. Dal punto di vista qualitativo i frutti partenocarpici sono risultati equivalenti ai controlli eccetto che per un aumento nel contenuto di beta-carotene. La produzione misurata come peso fresco dei frutti è stata comparabile rispetto a quella del controllo, tuttavia al maggior numero di frutti delle piante partenocarpiche era associato un peso medio per frutto inferiore a quello delle piante di controllo. L’adozione di una pratica colturale adatta alla elevata capacità di allegagione potrebbe favorire l’aumento del peso dei frutti partenocarpici. Infine confrontando le caratteristiche delle linee partenocarpiche e della cultivar UC82 originale con una diversa cultivar di pomodoro da industria, All-flesh, è stato messo in evidenza che le differenze tra la cultivar All-flesh e la cultivar UC82 risultano maggiori delle differenze tra i controlli e le linee partenocarpiche. Questi esempi dimostrano come la partenocarpia nel pomodoro sia un sistema efficiente per ottenere la produzione dei frutti in condizioni ambientali avverse, e come possa favorire la produzione precoce. In generale consente di aumentare la produttività e di standardizzare la produzione dei frutti. Per il pomodoro da industria i vantaggi risiedono nella migliore qualità del prodotto unita a una riduzione dei costi di processamento. L’ottenimento della partenocarpia attraverso l’introduzione di un gene per la sintesi di auxina è un metodo che ha dimostrato notevoli vantaggi, tra questi la sua applicabilità a diverse cultivar e a diverse condizioni di coltivazione e il mantenimento delle caratteristiche qualitative del frutto della cultivar di origine. La conoscenza dell’azione molecolare del gene utilizzato e la possibilità di controllare sia la quantità dell’ormone sia il tipo di tessuto in cui è prodotto (in questo caso ovuli, placenta e tessuti da questi derivati) sono i requisiti essenziali che permettono di adattare il metodo ai background genetici desiderati.

Caratteristiche dei frutti a grappolo basale di una pianta dell’ibrido partenocarpico LCM (in alto) e di una pianta del medesimo ibrido non partenocarpico (in basso)

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il pomodoro

ricerca Geni aucsia Barbara Molesini, Giuseppe Leonardo Rotino

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


ricerca Geni Aucsia Introduzione La famiglia genica Aucsia (Auxin cum silencing action) è stata recentemente identificata nel pomodoro ed è composta da due membri, SlAucsia-1 e SlAucsia-2. Studi di genomica funzionale hanno dimostrato che i geni Aucsia sono coinvolti nelle fasi iniziali dello sviluppo del frutto e agiscono su diversi processi biologici controllati dall’auxina.

Livello di espressione relativa dei geni SlAucsia

Studio della funzione dei geni Aucsia nel pomodoro mediante silenziamento genico Il gene SlAucsia-1 è stato identificato per primo, nell’ambito di uno studio condotto su piante di pomodoro non partenocarpiche e su piante partenocarpiche, transgeniche per DefH9-iaaM e DefH9-RI-iaaM. L’analisi prevedeva di isolare la popolazione dei trascritti presenti nelle gemme fiorali di controllo e di confrontarla con quelle derivanti dai germogli fiorali delle piante partenocarpiche. Lo scopo dell’esperimento era quello di individuare geni differenzialmente espressi nelle piante partenocarpiche rispetto alle piante controllo che potessero essere implicati nelle fasi precoci di sviluppo del frutto. 4 3 2 1 0

SlAucsia-1

Gemma fiorale

Impollinazione/ fecondazione

Crescita ovario/frutto

SlAucsia-2

Espressione dei geni Aucsia in fasi iniziali di sviluppo del frutto. Gemma fiorale raccolta prima dell’antesi, fiore aperto (2 giorni dopo l’antesi, stadio in cui normalmente si ha l’impollinazione e/o la fecondazione), crescita dell’ovario/frutto (4-5 giorni dopo l’antesi). Il livello di espressione nelle gemme fiorali di SlAucsia-2 è circa 3 volte maggiore rispetto a quello di SlAucsia-1. Si osserva in seguito all’impollinazione e alla fecondazione del fiore una notevole diminuzione (97%) nell’espressione di entrambi i trascritti genici

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geni Aucsia Schema del processo di RNA silencing A

Schema del processo di RNA silencing

dsRNA

• A) Il processo molecolare dell’RNA

silencing viene innescato da una molecola di RNA a doppio filamento (dsRNA). Attraverso un enzima chiamato Dicer, la sequenza di dsRNA è tagliata in frammenti di lunghezza minore (short interfering RNA o siRNA). Il breve frammento di dsRNA si associa a un complesso enzimatico denominato RISC (RNA-interference silencing complex). Il dsRNA viene srotolato (probabilmente per l’attività dell’enzima elicasi) e reso a singolo filamento, solo uno dei due filamenti resta associato a RISC (il filamento antisenso). siRNA viene portato dal RISC in corrispondenza dell’mRNA bersaglio complementare. Un elemento del RISC è in grado di operare un taglio sull’mRNA che viene quindi degradato

DICER siRNA

RISC

mRNA bersaglio

Degradazione dell’mRNA bersaglio

• B) Costrutti genici in grado di generare RNA silencing portano due sequenze (braccio senso e braccio antisenso) poste in orientamento invertito e separate da una sequenza spaziatrice. Il costrutto genico, una volta trascritto nella pianta, genera una molecola di RNA a forcina. Questo RNA a doppio filamento elicita il silenziamento del gene bersaglio

B Promotore

Spaziatore Braccio senso

Braccio antisenso

Terminatore RNA a “forcina”

È importante ricordare che nelle piante non partenocarpiche l’allegagione e la crescita dell’ovario/frutto avvengono in seguito all’impollinazione e alla fecondazione del fiore (fiore all’antesi ovvero stadio di fiore aperto), mentre nelle piante partenocarpiche DefH9-iaaM e DefH9-RI-iaaM lo sviluppo dell’ovario/frutto è anticipato a uno stadio che precede l’antesi, quando ancora la gemma fiorale è chiusa. Con queste analisi sono stati identificati 212 trascritti differenzialmente espressi, 65 di questi (31%) aventi funzione sconosciuta. Nell’ambito di questa classe è stato identificato il trascritto genico SlAucsia-1, la cui espressione nelle piante partenocarpiche era ridotta di circa un 60% rispetto alle piante controllo. L’analisi mediante software dedicati ha permesso in seguito di identificare all’interno del genoma di pomodoro un secondo gene, chiamato 423


ricerca SlAucsia-2, che mostrava, a livello del trascritto genico corrispondente, un’identità di sequenza con SlAucsia-1 dell’85%. I geni Aucsia sono espressi, sebbene con un diverso livello di espressione (il trascritto genico di SlAucsia-2 è più abbondante del trascritto genico di SlAucsia-1), in tutti i tessuti della pianta ma, preferenzialmente, nelle gemme fiorali allo stadio di pre-antesi, per poi diminuire quasi totalmente dopo che sono avvenute l’impollinazione e la fecondazione del fiore (4-5 giorni dopo l’antesi), stadio in cui il frutticino inizia a crescere. I geni SlAucsia-1 e SlAucsia-2 codificano per mini proteine di 53 aminoacidi che sono conservate nella maggior parte delle piante terrestri e in alcune alghe verdi unicellulari. Questo alto grado di conservazione dei peptidi potrebbe indicare un ruolo funzionale simile dei geni Aucsia in tutte le piante terrestri. La regolazione dell’espressione dei geni Aucsia durante le prime fasi di sviluppo del frutto di pomodoro ha suggerito una loro probabile implicazione nella formazione del frutto stesso. Per determinare il loro effettivo ruolo funzionale nel pomodoro, è stato sviluppato un approccio di silenziamento genico detto anche RNA silencing. Silenziare (= spegnere) un gene di interesse significa inattivare la sua espressione e questo può avvenire per esempio per degradazione dell’mRNA corrispondente, impedendo conseguentemente che l’informazione in esso contenuta venga tradotta in proteina. Una diminuita sintesi o una totale assenza di sintesi della proteina può portare nella pianta alla comparsa di alterazioni fenotipiche, dalla cui osservazione si può risalire alla funzione del gene bersaglio. RNA a doppia elica di sequenza omologa al gene/i bersaglio che si vogliono silenziare sono in grado di innescare l’RNA silencing. Per produrre queste molecole innesco, si possono costruire geni sintetici, costituiti da due sequenze omologhe al gene di interesse poste in orientamento invertito, separate da uno spaziatore, che una volta inseriti stabilmente nella pianta esprimono RNA a forcina (ovvero RNA a doppio filamento) che danno inizio al processo di spegnimento del gene bersaglio. Il costrutto genico messo a punto per silenziare i geni Aucsia porta ripetuta e in orientamento invertito una sequenza lunga 200 bp del gene SlAucsia-1 e produce nella pianta la formazione di una molecola a doppio filamento che serve da guida per la degradazione dell’mRNA di SlAucsia-1. L’alto grado d’identità dei trascritti genici di SlAucsia-1 e SlAucsia-2 ha permesso, con il solo costrutto diretto verso il gene SlAucsia-1, di innescare anche il silenziamento del gene SlAucsia-2. È stato dimostrato che il silenziamento dei geni Aucsia di pomodoro determina partenocarpia. Le gemme fiorali raccolte allo stadio pre-antesi dalle piante silenziate nei geni Aucsia contengono 100 volte più auxina rispetto alle gemme fiorali controllo. Il fenotipo partenocarpia può quindi essere spiegato come conseguenza dell’ele-

Frutti partenocarpici nelle piante silenziate per i geni Aucsia. Frutti partenocarpici obbligati in cui si nota l’umbonatura nella parte basale del frutto. In basso è riportata la sezione di un frutto partenocarpico maturo in cui si notano i due loculi interni vuoti per la totale assenza di semi

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geni Aucsia vato contenuto di auxina a livello delle giovani gemme fiorali che, mimando il segnale/i positivo/i che derivano normalmente dalla fecondazione del fiore, attiva il programma di sviluppo del frutto. Partenocarpia ottenuta mediante silenziamento dei geni Aucsia I frutti partenocarpici, essendo in grado di svilupparsi in assenza di fecondazione, sono privi di semi (frutti apireni). Come è noto la partenocarpia può essere facoltativa oppure obbligatoria. Nelle piante silenziate per i geni Aucsia sono stati osservati i due tipi di partenocarpia. I frutti partenocarpici facoltativi presentavano forma simile ai frutti controllo, mentre i frutti partenocarpici obbligati erano spesso umbonati, una malformazione che solitamente si osserva in serra quando i fiori di pomodoro vengono trattati con dosi eccessive di fitoregolatori alleganti. La partenocarpia che deriva dalla soppressione dei geni Aucsia è innovativa rispetto a quelle descritte precedentemente, poiché è stata ottenuta seguendo un approccio di tipo intragenico e non transgenico, ovvero senza introduzione nel genoma di pomodoro di un gene esogeno (estraneo ovvero un transgene), ma attraverso la regolazione di un gene naturalmente presente nel genoma della pianta stessa. La scoperta dei geni Aucsia potrebbe essere il punto di partenza per portare in futuro al conferimento di partenocarpia mediante un approccio di tipo cisgenico. In tal caso il costrutto genico sarà costituito in tutte le sue parti (promotore, regione codificante, terminatore) da porzioni di geni che sono familiari alla pianta stessa, in quanto derivati da una pianta donatrice dello stesso genere o specie. In questo modo, potrebbero essere superate tutte le problematiche di carattere etico legate all’inquinamento genico ovvero all’introduzione di materiale estraneo in varietà o cultivar. Importanza della scoperta della famiglia genica Aucsia L’auxina regola la maggior parte dei processi di sviluppo della pianta quali per esempio la risposta alla luce e alla gravità, lo sviluppo del frutto, la crescita delle radici e lo sviluppo delle foglie. Data l’importanza che questo ormone riveste per la vita di tutti gli organismi vegetali, l’auxina dal secolo XIX è sempre stata oggetto d’indagine. A oggi, il suo meccanismo d’azione è in buona parte conosciuto, tuttavia molti aspetti riguardanti la regolazione della concentrazione dell’ormone a livello cellulare e tissutale risultano ancora elusivi. La scoperta dei geni Aucsia è rilevante sia per le sue ricadute applicative in agricoltura sia da un punto di vista euristico, poiché potrebbe contribuire ad aumentare l’informazione riguardo ai meccanismi molecolari sottesi all’azione dell’auxina nello sviluppo della pianta. 425


il pomodoro

ricerca Attività di Nunhems Luigi Tarozzi, Stefano Carli

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


ricerca Attività di Nunhems Introduzione Gran parte dell’attività delle aziende sementiere è dedicata alla costituzione di nuove varietà o ibridi con caratteristiche agronomiche e qualitative migliorative o innovative rispetto ai materiali esistenti. I ricercatori partono dal materiale genetico delle migliori varietà e utilizzano banche geniche pubbliche per arricchire di nuovi caratteri le nuove realizzazioni. Fra le banche geniche oggi più utilizzate possiamo ricordare: – Tomato Genetics Resource Center di Davis, California; – Dr. Martha Mutchler della Cornell University; – Dr. Jay Scott dell’Università della Florida. L’attività di miglioramento genetico necessaria a incrementare le potenzialità delle varietà è stata storicamente condotta con i metodi di selezione sulle popolazioni naturali (selezione massale e per linea pura) e viene oggi condotta con metodi di selezione sulle popolazioni costituite dall’uomo (metodo pedigree, reincrocio ecc.). Attualmente sempre più importante è l’utilizzo della MAB (marker assistant breeding). Utilizzando le più moderne tecnologie è possibile affiancare ai metodi tradizionali uno strumento in grado di fornire in modo veloce ed efficace molte informazioni a riguardo del genotipo in oggetto. I laboratori di Nunhems analizzano i genotipi con tecniche di marcatura molecolare identificando la presenza di uno o più geni. Si utilizzano metodi rilevabili in letteratura ma, dove la qualità delle informazioni che si ottengono è poca, o dove non esiste nessuna pubblicazione a riguardo, si avviano programmi specifici per la ricerca di nuovi o più efficaci marcatori. Affiancando queste tecniche alla valutazione agrono-

Ricerca in due emisferi

• La ricerca sul pomodoro da industria

di Nunhems ha le proprie stazioni di riferimento a Lodi (California), S. Agata Bolognese (Italia) e Graneros (Cile). Nella sede cilena, sita nell’emisfero australe, è possibile coltivare in pieno campo nel periodo autunno-invernale con semine in settembre e raccolte in febbraio-marzo. Operando nei due emisferi i genetisti riescono a selezionare due generazioni all’anno rendendo più veloci i tempi della realizzazione degli ibridi

Nunhems

• Nunhems, The Global specialist delle

sementi orticole, propone nuove varietà e nuove idee di prodotto a elevato valore aggiunto, destinate a orticoltori professionali, industrie di trasformazione e catene di distribuzione. L’ampia gamma comprende varietà leader in molte specie quali: pomodoro per il mercato fresco e per l’industria, porro, cipolla, carota, melone, cetriolo, anguria, lattuga, peperone, cicoria witloof ecc. e marchi affermati nella GDO e DO quali Fashion, Mundial, Violì e altri ancora. Con ricerca in 28 specie e circa 2500 varietà in gamma, Nunhems è fra le prime quattro società leader nel mondo nel settore delle sementi orticole. Con uno staff di oltre 1300 persone, Nunhems è presente in tutte le più importanti aree di produzione e commercializzazione di ortaggi

Nunhems, sede di Haelen (Olanda)

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attività di Nunhems mica degli ibridi è possibile da un lato velocizzare i programmi di miglioramento varietale e dall’altro sviluppare complessi programmi di ricerca altrimenti difficili da realizzare.

Intense, l’innovazione nel pomodoro

Attività di una ditta sementiera Alcuni ricercatori all’interno di Nunhems si dedicano ai programmi di prebreeding per singole colture. Questo permette di realizzare progetti a breve e medio termine con l’obiettivo principale di indagare sulle possibilità di utilizzo di caratteri presenti su specie selvatiche, di capire come alcuni caratteri siano codificati dalla pianta, di analizzare la presenza e la funzione di enzimi o elementi nutritivi all’interno della pianta. Questo lavoro, realizzato mettendo a confronto analisi di laboratorio, valutazioni agronomiche delle piante e analisi qualitative dei frutti, permette di approfondire le conoscenze della coltura e di supportare il breeder nella realizzazione di ibridi innovativi. Uno degli obiettivi della ricerca è quello di selezionare ibridi di pomodoro resistenti o tolleranti ad alcune delle matattie più diffuse e pericolose nelle zone di coltivazione. Si realizzano varietà che, innescando meccanismi di difesa naturali, riescono ad affrontare, senza subire danni, attacchi di funghi, batteri e virus. Nei laboratori di patologia vegetale che affiancano l’attività dei genetisti, si testano le linee in via di selezione, così con il succedersi delle generazioni vengono fissate le resistenze genetiche. Da ultimo si realizzano i test in vivo su linee parentali e ibridi come controllo dell’efficacia del lavoro fatto. Nunhems ha realizzato laboratori di fitopatologia dedicati al pomodoro in Italia, California e India che si occupano di perfezionare ed eseguire i metodi di inoculo e la verifica dei risultati. Alcuni progetti specifici vengono sviluppati con la collaborazione di Istituti di ricerca o Università sia italiane sia estere.

• Il pomodoro Intense del tipo “tutta

polpa” presenta una limitata quantità di succo nelle cavità seminali e tessuti placentari più consistenti rispetto alle varietà tradizionali. Grazie a questo carattere la bacca si presenta poco “liquida” con aspetto più compatto dopo il taglio nella produzione di rondelle, filetti o cubetti per la IV gamma. L’alta resa è associata a un’eccellente conservabilità, al colore rosso vivo e al mantenimento di un aspetto di prodotto fresco anche dopo lavorazione. La pianta è di tipo indeterminato, adatta alla coltivazione in serra

Intense Intense

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ricerca Poiché alcune malattie si evolvono in modo rapido e sono in grado di superare le resistenze genetiche, è necessario ricercare in continuazione nuove fonti di resistenza e nuovi e più efficaci test. Nunhems ha realizzato vari centri di ricerca nel mondo (Italia, California, Olanda, India, Cina, Messico, Brasile) al fine di ottimizzare la selezione di ibridi adatti alla zona di coltivazione. Ogni areale necessita di piante con caratteri peculiari, quindi, una volta definiti i target di miglioramento, si procede alla sperimentazione. Gli screening vengono realizzati in epoche differenti, in terreni e ambienti con caratteristiche diverse. Questo permette di evidenziare i caratteri migliorativi degli ibridi più interessanti e di scartarne altri. Dopo 3-4 anni di sperimentazione le varietà selezionate si immettono sul mercato. Un programma di ricerca di successo deve essere in grado di venire incontro sia alle sigenze degli utilizzatori sia a quelle dei consumatori e sarà tanto più innovativo quanto più riuscirà ad anticipare le richieste del mercato. In diverse occasioni Nunhems ha saputo innovare grazie alla genetica. Ne sono esempio la realizzazione di ibridi di pomodoro da industria resistenti alla macchiettatura batterica (gene P.to) e al Tomato spotted wilt virus (gene Sw5), introdotti sul mercato italiano con largo anticipo rispetto alla diffusione dei patogeni negli areali di coltivazione, e gli ibridi per raccolta meccanica con maturazione molto precoce. Pur avendo una base comune il programma di ricerca sul pomodoro di Nunhems si specializza sui tre tipi di piante oggi coltivate: indeterminato per mercato fresco, determinati con frutto tondo per consumo fresco coltivati soprattutto in Medio Oriente ed Est Europa, determinato con frutto squadrato o allungato per la trasformazione industriale.

Fiore di pomodoro pronto per l’impollinazione incrociata

Ricerca nel pomodoro per l’industria Le varietà utilizzate per l’industria hanno avuto nel corso degli ultimi decenni un’evoluzione molto significativa. Si è passati gradualmente dalle varietà standard con pianta vigorosa, maturazione scalare, frutto di grossa pezzatura di forma tonda o globosa e consistenza limitata, tali da rendere necessarie più raccolte frazionate nel tempo, agli ibridi attuali con maturazione contemporanea e frutto consistente per la raccolta meccanica. Il pomodoro da industria è raccolto meccanicamente in tutti i Paesi ad agricoltura avanzata come California, Italia o Spagna e la raccolta meccanica, pur con tempi diversi, si sta progressivamente diffondendo nella maggior parte dei Paesi produttori. La ricerca ha da tempo abbandonato il miglioramento di ibridi per industria a raccolta manuale e si concentra solo su ibridi per la raccolta meccanica che devono avere alcune caratteristiche essenziali: contemporaneità di maturazione e consistenza e tenuta alla sovramaturazione del frutto adeguate.

Pomodoro da industria in fioritura

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attività Nunhems La contemporaneità di maturazione si ha selezionando piante determinate, con internodi corti e capaci di produrre una fioritura il più possibile omogenea. Il portamento sarà più o meno vigoroso in funzione delle aree di coltivazione, della fertilità dei terreni e delle condizioni climatiche alle quali il nuovo ibrido è destinato. È importante selezionare piante che, una volta completato il ciclo di maturazione, abbiano scarsa tendenza a ricacciare e a produrre una nuova vegetazione che rende meno agevole la raccolta meccanica. Poiché ha un’influenza diretta sul risultato economico della coltivazione, il miglioramento della produttività è una delle caratteristiche più importanti che vengono ricercate. La produttività è correlata al numero di branche e di grappoli fiorali che la pianta è in grado di realizzare, alla capacità di allegagione e alle dimensioni che il frutto raggiunge a maturazione. Il potenziale produttivo della pianta dipende anche dalla sua capacità fotosintetica e quindi dalla sanità della vegetazione. Il miglioramento della sanità dell’apparato vegetativo si ottiene sia con l’introduzione di specifici geni di resistenza alle malattie fogliari, sia con la selezione di piante più rustiche. Un’adeguata copertura fogliare protegge i frutti dall’esposizione diretta al sole, evita la formazione di scottature e, favorendo temperature più idonee alla sintesi del licopene in periodi particolarmente caldi, permette l’ottenimento di frutti di colore rosso più intenso. La fogliosità non deve essere troppo scarsa ma nemmeno eccessiva. Nelle zone con clima umido l’eccessiva fogliosità fa sì che la pianta asciughi lentamente con conseguente maggiore rischio di attacchi fungini. Inoltre l’eccessiva massa verde può rendere meno agevole la raccolta meccanica. La precocità di maturazione è un altro degli obiettivi importanti della ricerca. L’attività di trasformazione industriale e la stessa organizzazione all’interno dell’azienda agricola necessitano di una opportuna pianificazione delle quantità e dei periodi di raccolta

Nelle varietà da industria una buona copertura fogliare migliora la colorazione dei frutti

Coltura in serra di linee parentali utilizzate per gli incroci

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ricerca del pomodoro onde garantire un costante e continuo conferimento allo stabilimento. Le varietà precoci permettono di ampliare la campagna di raccolta e rendono possibile un migliore utilizzo delle macchine e degli impianti. Nel pomodoro per industria, se si escludono i tipi allungati per la produzione di pelato, la forma del frutto non ha un’importanza rilevante; le bacche sono per lo più di forma ovale o quadrata e con pezzatura media variabile fra i 60 e i 90 grammi. Vengono invece ad assumere grande importanza altre caratteristiche come la consistenza, la resistenza alle spaccature e alla sovramaturazione. Un’elevata consistenza permette al frutto di mantenersi integro durante le fasi di raccolta meccanizzata e trasporto alla rinfusa. La resistenza alle spaccature o al cracking fa riferimento alla capacità che ha la bacca di resistere alle lesioni che si verificano in campo quando il frutto maturo o in prossimità della maturazione è soggetto a sbalzi idrici con conseguente tendenza a creare fessurazioni che, oltre a provocare fuoriuscita di succo, possono favorire l’insediamento di funghi e muffe. Un’elevata tenuta alla sovramaturazione fa sì che i frutti maturi possano restare integri sulla pianta per un certo numero di giorni fino a quando non si giunga alla completa maturazione di tutti i palchi e comunque permette flessibilità se si ritarda la raccolta, o in caso di pioggia. Altri aspetti del miglioramento genetico sono correlati alle caratteristiche qualitative e industriali. In California, oggi il più grande Paese produttore di concentrato del mondo, la ricerca si focalizza soprattutto sul miglioramento del contenuto zuccherino (°Brix) e sulla viscosità. Il contenuto di zuccheri (°Brix) influisce sulla resa in concentrato, sull’efficienza ed economicità degli impianti ed è sicuramente uno dei caratteri più studiati sia dalla ricerca pubblica sia da quella privata. La viscosità, intesa come scorrevolezza del succo dopo trasformazione industriale, assume importanza nella produzione di ketchup e di passate fornendo a queste un aspetto di maggiore densità e consistenza. Nella produzione della polpa si utilizzano prevalentemente frutti di forma quadrata mentre per il pomodoro pelato, tipico del mercato italiano, si utilizzano frutti di forma allungata. Per tali trasformati la ricerca ha l’obiettivo di ottenere frutti con elevata consistenza, pezzatura uniforme, mesocarpo spesso, assenza di peduncoli alla raccolta, ottima pelabilità, colorazione esterna e interna il più intensa e omogenea possibile. Fra gli ibridi di più recente successo si possono ricordare i seguenti. – Lampo: viene dal programma di ricerca per l’ottenimento di ibridi quadrati con maturazione super precoce. Utilizzato per i primi trapianti, permette di iniziare le raccolte con alcuni giorni di anticipo rispetto ai precoci tradizionali. È più adatto alla raccolta meccanica del suo predecessore Solerosso per la migliore consistenza e pezzatura della bacca. È jointless, si stacca senza peduncoli aderenti al frutto durante la raccolta.

Lampo F1, ibrido per l’industria con maturazione molto precoce

Spunta F1, ibrido precoce con buone caratteristiche per la trasformazione

Vulcan F1, associa qualità industriale e alta produttività

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attività Nunhems – Spunta: ibrido precoce con pianta di buon vigore vegetativo ben adattabile anche a terreni di media fertilità. Frutto quadrato di ottima pezzatura, jointless con mesocarpo spesso e buone caratteristiche industriali per la produzione di polpa e passata. – Vulcan: ibrido con ciclo medio di maturazione. Pianta vigorosa e molto produttiva. Frutto quadrato, peso attorno ai 70 grammi, jointless con eccellente consistenza e colore esterno. Ottima la tenuta alla sovramaturazione e alle spaccature del frutto. Vulcan è in grado di associare buone caratteristiche qualitative per l’industria a una produttività elevata. – Messapico: è uno degli ibridi di maggior successo di Nunhems per l’ampia gamma di resistenze genetiche: al Tomato spotted wilt virus e ai Nematodi (resistenze intermedie) e a Pseudomonas tomato (batteriosi). Ha frutto allungato di pezzatura grande adatto alla produzione di pelati e al mercato fresco. Maturazione medio-precoce e ottima produttività.

Messapico F1, frutto allungato per pelato e mercato fresco

Obiettivi nel breeding del pomodoro da mensa Nel pomodoro da mensa il lavoro di miglioramento genetico è ampio poiché i tipi coltivati sono molteplici in dipendenza delle tradizioni di consumo, e molte sono le aree di coltivazione con diverse esigenze per quanto riguarda le caratteristiche agronomiche e di resistenza alle malattie. Gli ibridi di pomodoro da mensa sono prevalentemente piante di tipo indeterminato coltivate su sostegni, ma in alcune zone di produzione quali Turchia, Nord Africa, Est Europeo o la stessa California si utilizzano ibridi determinati o semideterminati per coltura a terra su pacciamatura o su sostegni bassi. Il programma di ricerca Nunhems sviluppa nuovi ibridi sia nei tipi a pianta determinata sia negli indeterminati che rappresentano il mercato più importante e che si differenziano per le caratteristiche del frutto e per il modo di raccolta: – ibridi per raccolta a frutto singolo, rosso omogeneo a maturazione completa e con pezzatura da 180 a 250 grammi; – ibridi per raccolta a frutto verde invaiato. La pezzatura varia a seconda della zona di consumo; – costoluto tipo Marmande; – ibridi per raccolta a grappolo e colorazione del frutto completamente rosso a maturazione, con pezzature molto variabili a seconda dei Paesi da 80 a 140 grammi e oltre; – ciliegino, cocktail e datterino per raccolta a frutto singolo o grappolo a seconda dei mercati; – a frutto ovale o Saladette per le Americhe e per alcuni Paesi del Nord Africa; – a frutto di colore rosato per i Paesi asiatici. Sono invece tipici del mercato italiano il Cuore di Bue e i tipi a frutto allungato.

Otranto F1, ibrido da mercato fresco per coltura a terra

Pomodoro tipo Saladette, coltivato in Messico e Sud America

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ricerca La complessità nel miglioramento del pomodoro da mensa è dovuta non solo al numero di tipi ma anche alle condizioni colturali. Per poter avere prodotto disponibile con continuità, il pomodoro viene trapiantato in diverse epoche dell’anno ed è necessario realizzare ibridi adatti alle diverse condizioni stagionali. Il ciclo vegetativo e di raccolta di una pianta indeterminata coltivata in ambiente protetto si protrae per diversi mesi e la medesima pianta deve essere in grado di crescere e produrre in condizioni ambientali molto diverse per il variare del numero delle ore di luce disponibili, dell’intensità luminosa, delle temperature e dell’umidità. Il miglioramento genetico dovrà quindi realizzare ibridi destinati alla coltura invernale che avranno internodi corti, fogliosità non eccessiva che possa utilizzare al meglio la luminosità disponibile, maturazione precoce, adattabilità alle basse temperature. Per il periodo estivo saranno necessarie piante con buona copertura fogliare e ottima capacità di allegare e produrre con temperature elevate. In generale, soprattutto per le colture a ciclo molto lungo, sarà necessario realizzare ibridi di facile coltivazione con ampia adattabilità, stabilità e continuità produttiva. Il miglioramento delle caratteristiche del frutto riguarda l’aspetto, la serbevolezza e la qualità. L’uniformità di dimensione e l’omogeneità nella forma rendono il frutto più attraente al consumatore. Negli ibridi raccolti a grappolo si ricerca uniformità di maturazione, pezzatura omogenea, che il grappolo sia a “spina di pesce” ben composto e simmetrico, che il rachide e i sepali mantengano colorazione verde anche dopo la raccolta. Sia nei frutti commercializzati rosso maturo sia in quelli invaiati è apprezzato un colore brillante, attraente, uniforme e senza difetti. È pertanto necessario selezionare ibridi poco sensibili al Blotchy ripening o alle decolorazioni del colletto (spalla gialla). La qualità organolettica è molto diversificata poiché la percezione della qualità non è la stessa in tutti i Paesi. I tipi cherry o datterino sono tanto più apprezzati quanto più elevati sono la dolcezza e il contenuto zuccherino ed è quindi essenziale nel miglioramento di questi tipi la ricerca di alto °Brix, mentre per i tipi a consumo invaiato come i Marmande le caratteristiche gustative si esaltano grazie a un buon bilanciamento fra acidità e zuccheri. L’elevata qualità non dipende solo dalla genetica. Vi sono aree di coltivazione come per esempio la zona di Pachino in Sicilia, alcune zone della Sardegna, della Puglia e della Spagna, dove l’elevata salinità dei terreni contribuisce a intensificare le caratteristiche qualitative dei frutti, il sapore e la colorazione. Uno degli scopi della ricerca Nunhems è la realizzazione di ibridi in grado di fornire il massimo delle performance agronomiche e qualitative per questi ambienti. Fra gli ibridi di pomodoro da mensa a pianta indeterminata realizzati da Nunhems per la coltura in serra si possono ricordare i seguenti.

Naxos F1

Shannon F1

Agro F1

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attività Nunhems – Saddaya: grappolo a spina di pesce con 4-7 frutti. Si distingue per il frutto regolare dalla forma tonda leggermente appiattita con pezzatura di 120-150 grammi e per il colore rosso intenso. Pianta vigorosa con internodi corti e maturazione precoce che si adatta a un lungo ciclo di produzione. – Tropical: pianta indeterminata di media vigoria con internodi corti. Grappoli di 12-18 frutti del tipo cherry della pezzatura di 20-25 grammi con rachide di colore verde intenso. La bacca è molto resistente alle spaccature. Tropical si caratterizza per l’eccellente dolcezza e l’elevato grado zuccherino. – Marmandino: pianta indeterminata, aperta con frutto della tipologia Marmande. Pezzatura di 130-140 grammi. Predilige un ambiente di coltivazione caratterizzato da elevata salinità che conferisce al frutto un colore di fondo verde scuro, collettatura marcata e un sapore caratteristico. – Naxos: ibrido indeterminato con frutto tondo, pezzatura di 100 grammi per raccolta, frutto singolo. Ha spalla verde marcata, aspetto attraente ed eccellenti caratteristiche gustative. Coltivato negli areali del Sud Italia è adatto alle condizioni di salinità. Produttività elevata. – Shannon: indeterminato, per coltura invernale e raccolta a frutto singolo con pezzatura di 180-200 grammi. Diffuso in Turchia e in altri Paesi del bacino mediterraneo. Ottimo colore quando maturo, eccellente consistenza, molto tollerante al Blotchy ripening. – Agro: indeterminato, per coltura in serra e pieno campo. Frutto allungato con pezzatura di 120-130 grammi. Consistente e a lunga conservazione, ha colore attraente sia per raccolta maturo sia invaiato. Tollerante al marciume apicale.

Tropical F1

Marmandino F1 Saddaya F1

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il pomodoro

ricerca Varietà da industria Mario Parisi

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


ricerca Varietà da industria Evoluzione varietale e caratteristiche delle moderne varietà Il miglioramento genetico del pomodoro da industria ha consentito la costituzione di un’ampia gamma di genotipi (varietà standard o, per lo più, ibridi) che ha quasi totalmente sostituito gli ecotipi locali ed è in continua e rapida evoluzione sia rispetto alle esigenze del coltivatore (lunghezza del ciclo, resistenze a fitopatie e fisiopatie, adattabilità a diverse condizioni pedologiche ecc.) sia rispetto alle aspettative dell’industria conserviera (principalmente alte rese di trasformazione e diverse tipologie di prodotto finito). La scelta varietale rappresenta notoriamente uno dei fattori strategici per il successo della coltivazione e per le implicazioni sulla resa industriale. L’adozione di un determinato genotipo risulta orientata, prima di tutto, rispetto al derivato che si deve produrre: pelati per piccoli o grandi formati, filetti, spaccati/essiccati, passate, concentrati, triturati, polpe pronte, cubettati, pomodorini inscatolati interi, pelati o non, preparati surgelati per pizza. Ricordiamo che alcuni genotipi vengono definiti multipurpose, cioè adatti per diversi tipi di trasformati e, in alcuni casi, possono anche essere utilizzati per il consumo fresco. Altri importanti fattori o caratteri che condizionano la scelta varietale sono: resistenza alle fitopatie (virus, funghi, batteri e nematodi), lunghezza del ciclo, vigore e portamento della pianta, dimensione e forma della bacca, areale di coltivazione (per il pomodorino cherry, per esempio, ci sono varietà/ibridi più adatti per le coltivazioni in collina e altri maggiormente indicati per la pianura), tipo di terreno (terreni più o meno fertili o “stanchi”, più o meno freschi, leggeri o pesanti), peculiari caratteristiche specifiche della materia

Indirizzi per la scelta varietale

• La tipologia di derivato finale,

la produttività, le caratteristiche intrinseche ed estrinseche della materia prima, la resa industriale, la lunghezza del ciclo, l’adattabilità a particolari condizioni pedoclimatiche, la resistenza/tolleranza alle fitopatie, il vigore/portamento e alcune peculiarità qualitative (carattere All-flesh, “alta viscosità” e “alto licopene”) rappresentano i cardini fondamentali di scelta della varietà da impiantare

Massaro. Ibrido, con ciclo medio-precoce, a frutto allungato di dimensioni mediograndi adatto per la trasformazione in pelati (confezioni da 3 kg), per il mercato del fresco e per lo spaccato/essiccato

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varietà da industria prima (per esempio alta viscosità e/o consistenza, alto contenuto in licopene). Attualmente, in linea di massima, tutti i moderni ibridi da industria delle tipologie lungo e tondo/squadrato, e più recentemente anche il pomodorino cherry, possiedono caratteristiche che li rendono idonei alla raccolta meccanica. Esse possono essere così riassunte: accrescimento definito, con portamento raccolto e per quanto possibile eretto per facilitare il taglio della barra falciante delle raccoglitrici, fioritura abbondante e concentrata, massa fogliare contenuta ma ben coprente i frutti a maturazione, quest’ultima deve risultare contemporanea; i frutti devono essere resistenti alla sovrammaturazione (caratteri Prolonged Shelf Life e/o Extended Field Storage), dotati di buona consistenza, resistenti alle spaccature, di facile distacco dalla pianta a seguito di un modesto scuotimento, senza trattenere porzioni di peduncolo (carattere jointless). Tutte queste caratteristiche, unitamente a quelle di resistenza/tolleranza ad avversità biotiche/abiotiche, sono praticamente assenti o poco definite nelle vecchie varietà locali non migliorate.

Scelta della varietà in funzione delle problematiche fitopatologiche

• La scelta del genotipo, indipendente

dalla destinazione finale del prodotto, attualmente viene molto influenzata dal suo “corredo” di resistenze alle principali malattie. Nelle regioni del Sud Italia risulta fondamentale adottare ibridi resistenti al virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro (TSWV) e ai nematodi galligeni del genere Meloidogyne, per la diffusione epidemica di queste due avversità e per i danni gravissimi che si registrano alle coltivazioni

Cultivar a frutto allungato per la produzione di pelati La scelta varietale per la tipologia da “pelati” (produzione tipica dell’Italia meridionale) deve considerare, oltre alle resistenze/ tolleranze a stress biotici/abitoci e all’idoneità alla raccolta meccanica, peculiari caratteristiche morfologiche e qualitative della bacca, quali: la forma allungata del frutto (rapporto lunghezza/ diametro >1,3), il facile distacco dell’epidermide dal mesocarpo (pelabilità), l’assenza di cicatrici di varia natura o di colletto verde che ostacolano il processo di pelatura, l’assenza di marciume apicale (che rappresenta il più grave dei difetti per questa tipologia),

Cohiba. Ibrido, con ciclo medio-precoce, a frutto allungato di grosse dimensioni (90-95 g), idoneo per la produzione di pelati in formati grandi, per il mercato del fresco e per lo spaccato/essiccato

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ricerca l’assenza di logge vuote (scatolatura o peperonatura), l’assenza di fittone interno evidente, l’elevato contenuto cellulosico-pectinico (in grado di determinare buona consistenza e integrità della bacca alla fine del processo di trasformazione e durante la conservazione), l’elevata pigmentazione della parte esterna in grado di garantire frutti di intensa colorazione rossa dopo la pelatura. Con la diffusione dei trasformati alternativi (in particolare filetti, spaccati ecc.) l’importanza di ottenere materia prima di elevata colorazione è decisamente aumentata, proprio in funzione della necessità di avere derivati che siano cromaticamente uniformi per essere graditi al consumatore. Tra i primi materiali genetici adottati in Italia per la raccolta meccanica, e che hanno avuto grande successo, si ricordano: Napoli VF, Roma VF, Ventura (o Chico III) e via seguendo, fino a Italpeel e Hypeel 244. Nell’ambito di questa tipologia una notevole discriminante nella scelta del genotipo è data dal peso medio della bacca. Si va dalle varietà (con peso medio del frutto oltre 85-90 g) adatte per i grandi formati (scatole da 3 kg) fino ai mini-pelati (con peso medio del frutto intorno ai 40-45 g) per la produzione di formati piccoli (scatole da 400 g). Quest’ultima tipologia rappresenta l’innovazione più recente nell’ambito del pomodoro lungo, insieme ai tipi Allflesh di cui si dirà più avanti. Tra le varietà adatte per la produzione di formati grandi ricordiamo, tra quelli che hanno dato ottime performance in diverse prove sperimentali: All-flesh 900, Angos, Anita, Cohiba, Elba, Herdon, Messapico, TO 1610, UG9233, Wantia. Riguardo invece agli ibridi con peso medio della bacca oscillante tra i 60 e i 90 g, attualmente esiste un elevato numero di costituzioni genetiche (per esempio Crosby, Diaz, Pullrex, Red Spring, Regent ecc.) maggiormente adatte a uno o a un altro ambiente/

Scipio. Ibrido da pelati, con ciclo precoce, dotato di resistenza a TSWV e a nematodi galligeni

Diaz. Ibrido da pelati, con ciclo precoce, dotato di interessanti caratteri di resistenza ad avversità biotiche quali TSWV, alternariosi e stemfiliosi

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varietà da industria comprensorio e spesso dotate di un numero più o meno elevato di resistenze/tolleranze e/o di peculiari caratteristiche della materia prima. Per i formati piccoli, invece, recenti sperimentazioni indicano come molto validi gli ibridi Cesarino, DRI 4704, Dunè e ISI 47761. Tra i pomodori lunghi, adatti per la produzione di spaccati/essiccati, si ricordano: Erminia, Gades, Massaro, Tampico, Wantia, Wicky. Altro carattere molto considerato ai fini della scelta varietale è la lunghezza del ciclo. Ibridi lunghi a ciclo precoce sono, a titolo di esempio: Auspicio, Coimbra, Diaz, Ercole, Letos, Oxford, Pullrex, Raggio, Rapidus, Regent. All’opposto per raccolte tardive vanno scelti ibridi quali: Galeon, Gladis, Rambla, Red Spring. Cultivar a frutto tondo/squadrato per la produzione di concentrati Nella scelta delle varietà da destinare alla produzione di concentrati particolare attenzione va rivolta all’elevato residuo secco, sia per risvolti economici (resa di trasformazione, riduzione dei costi energetici, aumento della potenzialità delle linee) sia per aspetti di carattere qualitativo (minor danno termico, in funzione del minor tempo necessario alla concentrazione, e quindi anche ridotta alterazione delle caratteristiche organolettiche). Altro fattore essenziale per produrre concentrati di qualità è rappresentato dal colore rosso intenso del succo, che risulta dalla presenza del pigmento carotenoide licopene. Tra i primi ibridi, adatti alla raccolta meccanica, che furono inizialmente introdotti in Italia, con notevole successo, si ricordano: UC82, Petomech, Euromech, Cannery Row, Agata, Amur e, infine, Perfectpeel, ancora coltivato per gli interessanti standard qualita-

Gladis. Ibrido da pelati, con maturazione medio-tardiva, a frutto medio-grande, dotato di resistenza ai nematodi galligeni

Perfectpeel. Ibrido a frutto tondo/squadrato a ciclo medio. Per le elevate produzioni e per gli interessanti standard qualitativi della materia prima questa varietà è stata, per molti anni, il punto di riferimento dei pomodoricoltori dell’Italia settentrionale. Ancora oggi è coltivata in taluni areali

Brixsol. Ibrido a frutto tondo/squadrato a ciclo precoce. È dotato di interessanti caratteristiche, quali: alto contenuto di licopene, resistenza a TSWV, a nematodi galligeni e a picchiettatura batterica

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ricerca tivi della materia prima. Successivamente, questi genotipi storici sono stati sostituiti da nuove costituzioni, dotate, spesso, di specifiche caratteristiche della materia prima. A titolo di esempio, si ricordano: Axel, Aspion, Jet, Lampo, Montego, Nekkar, Precocix, Prix, Progress, Safaix, Sciumi, Solerosso, Trajan, Turner, UG Early, Vulcan (tra quelli a ciclo precoce), fino a Alican, All-flesh 1110, Gamlex, Jeirex, Nerman, Ovidio, Red Spring, Riglio, Templar, Wall (tra quelli a raccolta tardiva). Come per il pomodoro lungo per la produzione di pelati, anche per questa tipologia la scelta varietale è, chiaramente, condizionata dalle problematiche fitopatologiche e dalle condizioni pedo-climatiche del sito di coltivazione, rispetto alle quali esistono genotipi con specifiche caratteristiche e, quindi, a maggiore o minore adattabilità. Cultivar ad alta viscosità per la produzione di passate Come accennato in precedenza, nel corso degli anni si è molto ampliata la domanda di specifici derivati industriali (sughi pronti, pezzettoni, polpe pronte, passate a elevato potere condente ecc.), di conseguenza le ditte sementiere hanno impostato specifici programmi di breeding allo scopo di produrre genotipi la cui materia prima risulti, già in partenza, dotata di caratteristiche sempre più specifiche in relazione al preparato industriale che si deve produrre. Con riguardo alla passata, per esempio, la caratteristica principale che dovrebbe contraddistinguere questo preparato è l’elevato potere condente, che si estrinseca nell’aderire alla pasta senza che si presenti l’indesiderata perdita di siero. Questa caratteristica è legata alla viscosità e alla consistenza, parametri a cui l’industria, oggi, guarda sempre più con particolare attenzione. Ibridi a elevata viscosità (Highly viscous lines) sono stati ottenuti dai breeder nell’ultimo decennio, per cui, attualmente, è possibile disporre di materia prima già dotata di elevata consistenza e viscosità e che non necessita, quindi, di essere sottoposta a specifici trattamenti tecnologici che, oltre a rappresentare un significativo aggravio dei costi di trasformazione, determinano sensibili alterazioni delle caratteristiche organolettiche e nutrizionali del prodotto finito. Gli ibridi più noti e sperimentati corrispondono ai nomi di: Falcorosso, H9553, H9661, Pata Roja, UG812J, Vespro. Per la produzione industriale di ketchup spesso viene utilizzato un mix di diverse cultivar di pomodoro allo scopo di ottenere contemporaneamente prestabiliti valori di solidi totali, consistenza Bostwick, viscosità e colore. Tra le varietà più utilizzate, si ricordano: H3402, H9661, H9997, Pata Roja, Tiziano.

York. Ibrido a frutto tondo/squadrato a maturazione medio-tardiva, tra i primi materiali genetici resistenti a TSWV messi in commercio dalle ditte sementiere

Cultivar All-flesh Per l’ottenimento di derivati industriali caratterizzati da elevata consistenza (pelati o nuove tipologie di prodotti denominati polpe pronte, cubettati, triturati, filetti) la ricerca genetica, da qualche anno, ha messo a disposizione sul mercato gli ibridi definiti All-

Frutti sezionati di ibridi All-flesh (a sinistra) a confronto con ibridi non dotati di questo carattere (a destra)

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varietà da industria flesh (tutta polpa) caratterizzati da elevato spessore del mesocarpo e dalla presenza di logge piene, per l’eliminazione dei liquidi placentari. Tra gli ibridi più recenti si ricordano: All-flesh 905, Allflesh 915, All-flesh 935, Elliot, Gades (per i tipi lunghi), All-flesh 1000, All-flesh 1120, Everton, H8204, Najal, Red Sky, Revenge AF (per i tipi tondo/squadrati), e infine, più recentemente, anche i pomodorini Pizzaiolo e TO 1840 (questi ultimi particolarmente adatti alla produzione di fettine circolari (o “rondelle”) surgelate, utilizzate per la preparazione della pizza). Cultivar ad alto contenuto di licopene Nell’ultimo decennio particolare attenzione, da parte sia del mondo scientifico sia dei consumatori, è stata rivolta agli aspetti nutraceutici del pomodoro, con particolare riferimento al suo fitonutriente più importante, il licopene, dotato di notevole attività antiossidante e antiradicalica. Una serie di ricerche indica che, nella nostra dieta, il quantitativo maggiore di questo antiossidante è apportato dal consumo dei derivati industriali del pomodoro: di qui l’interesse, da parte dei breeder, a costituire genotipi da industria in cui risulti aumentato il contenuto del carotenoide in parola (ibridi HP, High Pigment). Attualmente, in commercio esiste un discreto panorama di varietà ad alto licopene. Tra gli ibridi più noti: Augusto e Medley (per i tipi lunghi), AB8065, Barone Rosso, Brixsol, Dracula, H2406, H3702, H9997, Kalvert, Nemacrimson, Pninaly, Red Code, Tiziano, Triple Red, UG Red (per i tipi tondo/ squadrati) e, infine, DRI 4704, DRI 4707, Ovalino e Strombolino (per il tipo cherry determinato). Purtroppo alcune esperienze indicano, per gli ibridi che esprimono i valori più elevati del carotenoide, rese produttive inferiori agli ibridi standard e, dal momento che, attualmente, non sussistono Foto R. Angelini

Frutti sezionati di ibridi ad alto contenuto di licopene (High Pigment) (in alto) a confronto con ibridi non dotati di questo carattere (in basso) Raccolta del pomodoro da conferire alle industrie di trasformazione

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ricerca (se non in rarissimi casi), da parte dell’industria conserviera, i presupposti per un aumento del prezzo al quintale che ne compensi la differenza produttiva, l’interesse del produttore nei confronti di questi nuovi genotipi viene a cadere. Più recentemente, alcune industrie del settore farmaceutico hanno utilizzato questi genotipi esclusivamente per l’estrazione del fitonutriente.

Pomodorino cherry

• Il pomodorino cherry, prodotto tipico

di alcuni areali dell’Italia meridionale, rappresenta una delle innovazioni di maggior successo degli ultimi venti anni dell’industria conserviera italiana. Le varietà attualmente disponibili risultano avere una buona adattabilità a regimi di ridotti input colturali e buone caratteristiche di rusticità. Dalle varietà a bacca sferica oggi il mercato si sta evolvendo verso tipi a bacca ovaleallungata (datterini, mini-plum, minisanmarzano ecc.), non sempre adatti alla produzione di pomodorini interi non pelati

Pomodorino cherry L’ideotipo di pomodorino da inscatolare intero, non pelato (small hillock tomatoes o anche cherry tomatoes), su cui orientare la scelta varietale, può essere riassunto come segue: bacche di forma tendenzialmente sferica (da cui il nome di ciliegino), ben consistenti (non molli), integre e senza alcun difetto esteriore, caratterizzate da pezzatura sufficientemente ridotta e uniforme (mediamente intorno ai 10 g), elevato spessore della polpa e ridotta consistenza della buccia, basso contenuto di semi e con colorazione esterna uniforme, sapore del frutto tendente al dolce, senza alcun retrogusto particolare. Quanto agli aspetti agronomici, il genotipo da scegliere deve possedere i seguenti requisiti: elevata rusticità (capace di adattarsi anche a terreni marginali e/o condizioni colturali estreme, con particolare riferimento a condizioni di stress idrico), accrescimento determinato, elevata contemporaneità di maturazione delle bacche (con buona resistenza alla sovrammaturazione), elevata resistenza/tolleranza a fitopatie e a fisiopatie (principalmente le spaccature, il difetto più frequente e che deprezza più di altri la qualità della materia prima). A differenza delle tipologie lungo e tondo/squadrato, rappresentate attualmente nella quasi totalità da ibridi, per la tipologia cherry sono ancora frequentemente utilizzate varietà open pollinated, spesso selezionate da ditte sementiere di piccole dimensioni molto diffuse sul territorio campano, regione dalla quale originariamente si è diffusa la coltivazione del pomodorino. Tra le varietà standard si ricordano, principalmente, Altavilla (ancora la più utilizzata), Galatino e a forma d’oliva. Accanto alle suddette varietà standard, coltivate principalmente nelle aree collinari e in semina diretta (in particolare nelle aree interne a confine tra la Campania e la Puglia), nella prima metà degli anni ’90 cominciano a diffondersi i primi ibridi commerciali, tra cui Tombolino, Brillantino, Somma, Tomito, Tondino Italico F1 ecc. La spiccata produttività (in pianura, principalmente) e l’elevata adattabilità a diversi ambienti e tecniche colturali hanno consentito, in breve tempo, la diffusione della varietà Tomito anche in nuovi areali pomodoricoli, rendendo il pomodorino cherry una vera e propria coltura industriale da pieno campo. La sua coltivazione in pianura in regime irriguo fornisce però bacche di grosse dimensioni (in particolare quelle del primo palco), non sempre accettate dall’industria di trasformazione. Dai primi anni del 2000 l’attività dei breeder si è rivolta principalmente al miglioramento della qua-

Tomito. L’ibrido di pomodorino per l’industria ancora maggiormente coltivato

ISI 46373. Ibrido di pomodorino della tipologia mini-sanmarzano, per la produzione di mini-pelati

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varietà da industria lità (con particolare riferimento alla regolarità della forma e della dimensione delle bacche, al loro colore e ad altri aspetti legati alla trasformazione industriale) e alla resistenza alle fitopatie. Tra le varietà più interessanti, attualmente disponibili, si citano: Mignon, Biliardino, Tamburino, Redondino, Scintilla, Minidor e Micron. Questi ultimi due ibridi possono essere considerati dei Tomitomigliorati: in particolare, rispetto a Tomito, Minidor presenta frutti più piccoli e regolari e Micron risulta superiore per alcune caratteristiche analitiche della materia prima (colore e spessore della polpa migliori, elevato contenuto in zuccheri). Queste due varietà risultano, inoltre, più precoci (rispetto a Tomito e, soprattutto, alle varietà standard), con eccezionale concentrazione di maturazione, elevata resistenza delle bacche alla sovrammaturazione e sono particolarmente adatte anche nelle coltivazioni di pianura. Nonostante l’avvento di queste varietà migliorate, Tomito è ancora oggi una varietà molto diffusa. Negli ultimi 3-4 anni, nell’ambito della tipologia cherry, stanno comparendo sul mercato nuovi ibridi con frutti di peso medio spesso superiore ai 15 g, con forma per lo più allungata-ovale-oblunga, con o senza apice mucronato, ricadenti in tipologie definite di volta in volta fiaschetto, datterino, mini-plum, mini-sanmarzano. In genere il peso unitario del frutto non ideoneo per l’inscatolamento tal quale (small hillock tomatoes o anche cherry tomatoes) fa orientare il loro impiego verso altri utilizzi, tra cui prodotti industriali definiti di alta qualità (mini-pelati, passate con particolari caratteristiche di sapidità) e/o come utilizzo per la IV gamma (genotipi multipurpose). Tra gli ibridi di recentissima costituzione: ISI 46373 (mini-sanmarzano), Quorum (mini-plum), Penny, Pizzaiolo, Scarpariello, TO 1251, TO 1253, TO 1254, TO 1906.

Redondino. Ibrido di pomodorino a frutto tondeggiante. Tra i più recenti materiali genetici che associano una buona produttività a eccellenti caratteristiche della materia prima

Strombolino. Recentissimo ibrido di pomodorino a frutto tondeggiante. Risulta particolarmente interessante per l’elevato contenuto di licopene e per le resistenze a TSWV e a nematodi galligeni, oltre che per i buoni livelli di produzione

Micron. Ibrido di pomodorino i cui frutti, rispetto a Tomito, risultano migliorati per alcune caratteristiche chimico-analitiche fondamentali (colore, spessore della polpa e contenuto di zuccheri)

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il pomodoro

ricerca Antiche varietà da mensa Nazzareno Acciarri

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


ricerca Antiche varietà da mensa Introduzione L’Italia è, senza ombra di dubbio, il Paese più ricco di antiche varietà di pomodoro da mensa divenute tradizionali in diverse regioni. Gli italiani, dopo Incas e Aztechi, sono stati i primi a consumare il pomodoro anche crudo e a utilizzarlo come condimento di primi piatti e pietanze e a conservarlo essiccato o sottolio o sterilizzato a bagnomaria. Furono i ceti meno abbienti i primi a consumare i frutti di questa pianta traendone grande beneficio nutritivo grazie ai suoi costituenti. Attualmente il pomodoro è diffuso ovunque, è divenuto una delle principali fonti di vitamine e sali minerali e fornisce un apporto calorico molto basso per cui è raccomandato in ogni dieta equilibrata. Sicuramente i primi pomodori giunti nel nostro Paese appartenevano a diverse varietà botaniche della specie Solanum lycopersicum, soprattutto la cerasiforme, o a specie a essa affini; i frutti, di colore rosso o giallo erano, probabilmente, più piccoli di una pallina da golf e con un peso di 10-30 grammi. Solo con il tempo, una pianta considerata curiosità botanica o ornamentale divenne interessante per l’alimentazione. Con questo interesse aumentarono la diffusione e la voglia di avere piante sempre più produttive e frutti sempre più grandi, colorati, di forme diverse o, se anche piccoli, più saporiti e capaci di mantenersi il più a lungo possibile dopo la raccolta. Gli italiani sono stati i primi a ottenere e allevare nuove cultivar con differenze nelle principali caratteristiche dei frutti. È probabile che anche i primi pomodori coltivati in altri Paesi europei e in USA avessero origine italiana. Alla fine dell’Ottocento e nei primi anni

San Marzano

Un campo appena impiantato presso il CRA-ORA per gli allevamenti selettivi di antiche cultivar italiane. L’ampiezza del germoplasma recuperato è indispensabile per raggiungere obiettivi importanti

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antiche varietà da mensa del Novecento, il pomodoro, che era giunto dalle Americhe, vi tornò, portato dai nostri emigranti, più grande e più bello. Le prime selezioni, fatte dagli ortolani senza alcun fondamento scientifico, potrebbero essere assimilate a una sorta di empirica selezione massale: venivano scelte, per la riproduzione, le piante più belle e più sane, i frutti più colorati (prevalentemente rossi), più grossi o più sapidi, dalle forme più disparate, secondo le preferenze del singolo coltivatore che teneva conto delle preferenze dei consumatori del luogo per poter meglio vendere il proprio raccolto. Gli incroci casuali tra tipi diversi e le mutazioni genetiche imprevedibili incrementavano variabilità di forme, colori, sapori e dimensioni. Questa ricchezza di variabilità, più o meno stabilizzata dall’ortolano, cominciò sempre più a legarsi al territorio ma anche a diffondersi seguendo le correnti migratorie. Da queste scelte legate al gusto degli ortolani, dei consumatori locali e quindi al territorio sono nate moltissime cultivar diversificate non solo per regione ma anche per confini comunali. Dalla Liguria alla Sicilia si assiste al proliferare di varietà con forme, colori, sapori e tipologie di pianta le più disparate, una ricchezza legata a una diversità genetica di inestimabile valore scientifico e culturale. Una vera e propria attività di miglioramento genetico con basi scientifiche è iniziata non più di un secolo fa. Agli inizi, il miglioramento della specie era condotto mediante la selezione di genotipi all’interno di cultivar eterogenee; i caratteri considerati erano soprattutto dimensioni del frutto e sua colorazione, mentre le prime attività selettive mirate all’ottenimento di piante resistenti alle malattie ebbero probabilmente inizio negli USA. Una svolta importante nel progresso del miglioramento genetico si è avuta dopo il 1925 con l’impiego della tecnica dell’ibridazione

Pomodorino del Vesuvio

Pizzutello di Paceco Canestrino Toscano

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ricerca manuale e seguente selezione delle popolazioni segreganti. Questo metodo consentì di ottenere numerose nuove cultivar, alcune delle quali ebbero grande successo nel mondo per il loro estremo adattamento alle diverse condizioni di coltura e per alcune resistenze a parassiti. Il successo delle ibridazioni e delle selezioni è da ricercare anche nella facilità di manipolazione dei fiori e nel semplice controllo degli esincroci (fecondazione incrociata), che in questa specie prevalentemente autogama sono piuttosto rari. In seguito grandi progressi saranno consentiti dal largo impiego di incroci interspecifici; con questa tecnica sono stati ottenuti importanti miglioramenti nella qualità dei frutti e soprattutto nella resistenza a molte malattie. Oltre che dalle istituzioni pubbliche di ricerca, un intenso lavoro è stato svolto anche da organizzazioni private che hanno contribuito ad ampliare sempre di più la gamma di varietà e di ibridi disponibili per le coltivazioni di tipologie non solo di pomodoro per il consumo fresco ma anche per quello destinato alla trasformazione. Nel tempo la tendenza è stata quella di un’alta specializzazione delle nuove cultivar nei confronti dell’ambiente di coltura e della destinazione commerciale della produzione.

Pera d’Abruzzo

Vecchie cultivar poco competitive Purtroppo la specializzazione della coltivazione e il diffondersi della coltura protetta hanno portato, sempre più negli anni, a una standardizzazione e a una riduzione delle tipologie coltivate. La necessità di avere piante adatte ai diversi ambienti di coltivazione e soprattutto dotate di resistenze alle malattie, con frutti capaci di conservarsi molto a lungo dopo la raccolta per poter giungere sani ai lontani mercati di commercializzazione e consumo e con caratteristiche idonee a soddisfare larghe platee di consumatori, Cuore di Bue

Costoluto fiorentino Campo di selezione di cultivar italiane di pomodoro da mensa

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antiche varietà da mensa ha ridotto a poche tipologie l’antica e ampia variabilità delle cultivar. La maggior parte delle vecchie varietà italiane, a fronte di un gusto e di una distinguibilità di forma e colore spesso superiori e apprezzabili rispetto ai moderni ibridi di poche tipologie, ha un numero rilevante di difetti di tipo genetico, agronomico e fisiologico proprio perché non sono state mai considerate da una mirata attività di miglioramento genetico. Derivate, come sono, dalla selezione di ortolani di almeno cento-duecento anni fa le vecchie varietà, confrontate con i moderni ibridi F1, risultano essere poco produttive, poco adatte alla coltura protetta, hanno frutti disformi, soggetti a spaccature e pochissimo o affatto conservabili mentre le piante sono sensibili ai più disparati patogeni, soprattutto a quelli di recente introduzione come alcuni virus. Anche se è difficile che le apprezzabili caratteristiche di unicità e sapore possano competere con l’alta tecnologia delle moderne cultivar, quando una vecchia varietà viene venduta nel territorio dove è nota e apprezzata quasi sempre riesce a spuntare prezzi superiori ai moderni ibridi, così come non è raro che incontrino i favori dei nuovi consumatori che, poi, manifestano interesse a riacquistarla. Antiche varietà italiane: sono migliorabili geneticamente? Come per molti ortaggi tipici del nostro territorio, anche il pomodoro italiano è stato fonte, per molte organizzazioni sia pubbliche sia private, di caratteri utili per il miglioramento genetico. Sono stati tratti caratteri che migliorano il sapore, il colore, la conservabilità, ne sono state imitate alcune forme. Caratteristiche utilizzate però solo per migliorare poche tipologie oggi molto diffuse (rossi a grappolo, ciliegini, allungati da insalata, insalatari) ma raramente sono state migliorate cultivar antiche mantenendone le caratteristiche più distintive della tipologia. Tutto ciò ha portato alla quasi scomparsa di alcune di esse, certe tipologie sono a grave rischio di estinzione, o alla coltivazione in ristrettissimi areali o addirittura nei soli orti di qualche vecchio amatore del tipo. I loro frutti non sono facilmente reperibili oppure li si trova in piccoli mercati rionali o solamente presso gli ortolani coltivatori. Nonostante ciò alcuni ritengono le vecchie cultivar intoccabili dal punto di vista genetico senza tener conto che solo conservando non si risolvono i problemi che portano inesorabilmente al rischio estinzione o senza tener conto che rimarrebbero sempre relegate in piccoli insignificanti spazi e, magari, oggetto solo di sagre di paese in cui per mancanza di prodotto originale vengono presentate e offerte altre tipologie solo somiglianti. Un miglioramento genetico rispettoso della tipologia è oggi più facile grazie ai vantaggi delle nuove tecniche di miglioramento, garantite da più avanzate conoscenze genomiche e offerte, in modo particolare, da strumenti molto precisi come la selezione assistita da marcatori molecolari.

Nuovi ibridi di Rosa di Sorrento

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ricerca Recupero, conservazione e miglioramento Un certosino lavoro di recupero delle vecchie cultivar attraverso la più ampia collezione possibile di accessioni diverse per singola cultivar è alla base del lavoro del miglioramento nel rispetto della tradizione. Conoscenza e studio dei vecchi materiali sono imprescindibili da un lavoro di breeding atto a rendere competitive queste vecchie e quasi del tutto abbandonate tipologie. Recupero, conoscenza e conservazione sono una garanzia di mantenimento mentre il miglioramento è il primo passo per diffondere e valorizzare un patrimonio tipico del nostro Paese. Negli ultimi anni, diversi progetti di ricerca pubblici e numerose collaborazioni di ricerca con privati, interessati a valorizzare un patrimonio poco utilizzato, sono stati alla base dell’attività svolta presso il Consiglio per la Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura-Unità di ricerca per l’Orticoltura (CRA-ORA), già sezione Operativa Periferica dell’Istituto Sperimentale per l’Orticoltura del MiPAAF di Salerno. Il lavoro di recupero del germoplasma ha portato a una collezione di oltre 180 accessioni appartenenti a 20 cultivar caratteristiche di diverse regioni italiane quali Pantano Romano, Canestrino, Cuore di Bue di Albenga, Cuore di Bue, Pisanello, Costoluto Fiorentino, San Marzano, Corbarino, Pera d’Abruzzo, Rosa di Sorrento, Locale di Belmonte, Vesuviani ecc. Tutte, anche quelle sottoposte tramite selezione a ricostituzione varietale, sono conservate presso la banca del germoplasma del CRA-ORA. Il recupero di questo materiale, ora disponibile secondo le selezioni vecchie anche di centinaia di anni, è stato alla base del miglioramento genetico di alcune tipologie in ordine al poten-

Conservazione del germopalsma delle antiche varietà di pomodoro L’attività, per evitare la perdita del germoplasma originale e le critiche dei più tradizionalisti, ha seguito tre vie principali:

• recupero, studio e collezione • miglioramento sfruttando l’antica

variabilità riscontrata all’interno delle singole tipologie

• breeding attraverso la creazione

di nuova variabilità per migliorare caratteri agronomici, qualitativi e di resistenza a patogeni nel rispetto più stretto della tipologia di origine

Ecotipi di San Marzano Accessione di Corbarino molto produttiva

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antiche varietà da mensa ziale interesse loro attribuito per il mercato. L’attività di breeding si è quindi concentrata solo su alcuni tipi con risultati a volte interessanti, importanti e capaci di giungere su un largo mercato. Esperienze e risultati all’interno di alcune singole tipologie La prima cultivar antica presa in considerazione per il miglioramento è stata il Cuore di Bue di Albenga per l’aspetto dei frutti, altamente distinguibile, attraente e diverso da quello di tutti i pomodori in commercio, per il sapore e per la consistenza. Poteva, quindi, costituire una novità assoluta sul mercato attraverso la valorizzazione della tipicità italiana. Sono 28 le accessioni recuperate di questa tipologia originaria della Liguria e del Piemonte. Lo studio del germoplasma ha portato alla scoperta di un’elevata variabilità all’interno della tipologia. Sono state riscontrate differenze nella forma e nella dimensione dei frutti, nella loro colorazione, nella capacità di allegagione e quindi nella produzione, nel differente comportamento verso la sensibilità a difetti fisiologici, nella vigoria della pianta e nel diverso adattamento alla coltura protetta.

Ibrido F1 di Pera d’Abruzzo

Variabilità di dimensioni, forme, colori e allegagione in accessioni di Cuore di Bue di Albenga

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ricerca Questa diversità ha consentito, senza l’impiego di caratteri provenienti da altre tipologie, di poter ottenere primi risultati importanti attraverso ibridazioni mirate a sfruttare i pregi delle linee parentali mascherandone i difetti e assicurando l’esclusività del nuovo prodotto fondamentale per garantire le aziende private interessate ad avvalersi della privativa vegetale. Questa strategia ha portato all’ottenimento di diversi ibridi F1 valutati attraverso prove territoriali e in diversi ambienti di coltura. Due ibridi, ottenuti nel pieno rispetto della tradizione, sono oggi largamente commercializzati grazie a questa attività: Cuorbenga (FOUR) e Margot (ISI Sementi). Quasi sempre, oggi, sui banchi della distribuzione il prezzo di questa antica ma nuova varietà migliorata è superiore a quello di tutte le altre tipologie di pomodori presenti, segno di un apprezzamento anche da parte di chi non conosceva affatto questa tipologia. Nel contempo, causa la mancanza di resistenze genetiche a patogeni, è stata avviata la terza fase del programma, mirata all’introduzione di nuova variabilità, attraverso incrocio con altre tipologie e selezione delle generazioni segreganti derivate, allo scopo di ottenere razze parentali con resistenze genetiche e caratteri agronomici superiori. In questa fase grande aiuto deriva dalla selezione assistita con marcatori molecolari e, mediante selezioni dopo infezioni artificiali con patogeni, queste tecniche consentono di stabilizzare materiali identici al tipo originale ma migliorati per aspetti molto importanti. Oltre che impiegare marcatori molecolari già presenti in bibliografia, ne sono stati messi a punto di nuovi come quelli atti a selezionare

Caprese preparata con un pomodoro Rosa di Sorrento migliorato

I nuovi ibridi hanno favorito la diffusione del Cuore di Bue di Albenga anche all’estero

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antiche varietà da mensa per resistenza a Verticillium, a TYLCV e per la forma del frutto tutti molto performanti per questa tipologia. Presto saranno disponibili materiali utili per l’ibridazione con resistenze genetiche a diversi patogeni importanti. Questo lavoro, unitamente a quello svolto in contemporanea anche da organismi privati, ha consentito un’importante valorizzazione della tipologia oggi diffusa in coltivazione non più solo in Liguria e Piemonte ma anche nella serre di Sicilia, Sardegna, Lazio, Campania ecc. e presente sui mercati e nella grande distribuzione di tutta Italia e anche all’estero. Un altro esempio, del tutto originale perché svolto solo dal CRAORA, è rappresentato dal miglioramento del Rosa di Sorrento, un grosso insalataro, rosa a maturazione, tipico della Costiera Amalfitana e costituente base, insieme alla mozzarella di bufala, della famosa caprese. Anche in questo caso, dopo aver recuperato germoplasma tipico nelle zone di origine, è stata sfruttata la variabilità esistente per ottenere risultati immediati e pienamente rispettosi della tradizione. Un esempio è l’ibrido F1 Costiera ottenuto incro-

Nuovo ibrido Cuorbenga appartenente all’antica varietà Cuore di Bue di Albenga

Variabilità di dimensioni, forme, colori e allegagione in ibridi di Rosa di Sorrento resistenti a diversi patogeni

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ricerca ciando due diverse accessioni di Rosa di Sorrento. Nonostante sia stata rintracciata, all’interno della cultivar locale, un’accessione dotata di resistenza a Verticillium, trasmessa al Costiera (FOUR), i difetti agronomici del Rosa di Sorrento in generale sono tali che non si può prescindere, volendo valorizzarla, da un miglioramento genetico teso a introdurre nuovi caratteri da altre tipologie. È ciò che è stato fatto mediante selezione assistita con marcatori molecolari di popolazioni segreganti derivate dall’incrocio tra Rosa di Sorrento e un tipo diverso capace di fungere da donatore di importanti caratteri come resistenza a diversi patogeni, compresi virus, e di migliorare la qualità del frutto e la produzione della pianta. Oggi sono in corso di valutazione ibridi F1 ottenuti con nuove linee pure interessantissimi per colore, produzione, conservabilità, regolarità di forma nonché sapore e colorazione eccellenti. Rappresentano un’innovazione di grande interesse per i privati e presto dovrebbero giungere sul mercato. I nuovi strumenti molecolari del miglioramento genetico consentono un intervento molto preciso con l’introgressione nella cultivar antica solo di poche mirate caratteristiche senza stravolgere la tipicità della varietà e senza modificarne le qualità distintive. Con le stesse strategie sono stati raggiunti risultati anche sul Pera d’Abruzzo per il quale l’ibrido F1 Perbruzzo (FOUR), costi-

Nuovo ibrido Perbruzzo ottenuto incrociando due diverse accessioni di Pera d’Abruzzo Nuovo ibrido di Rosa di Sorrento con resistenze genetiche a numerosi patogeni

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antiche varietà da mensa tuito presso il CRA-ORA, è il primo ibrido immesso sul mercato e anche diffusamente coltivato, appartenente a questa antica tipologia. Questo ibrido, ottenuto incrociando due Pera d’Abruzzo, è del tutto rispettoso dell’antica tipologia e sta contribuendo a evitare la sua emarginazione impedendone la sostituzione con il Cuore di Bue di Albenga che, somigliante e più facilmente reperibile come varietà migliorata, viene venduto da molti vivai al posto del Pera. Anche in questo caso il lavoro procede con l’ottenimento di nuovi materiali arricchiti di resistenze a patogeni ma rispettosi delle caratteristiche di tipicità della cultivar. Sempre presso il CRA-ORA sono in corso, con l’adozione degli stessi modelli sperimentali e di breeding e con l’impiego dei marcatori molecolari, interventi miglioratori su Pisanello, Locale di Belmonte, San Marzano e altre tipologie a frutto piccolo tipiche soprattutto della Campania. Le esperienze in atto o già maturate e i risultati raggiunti con la diffusione in coltura e sul mercato di nuove costituzioni legate ad antiche varietà italiane, il fatto che per alcune di esse si sia giunti a un allargamento considerevole del numero dei consumatori, creando nuove opportunità per i produttori, sono un segnale positivo sulla possibilità di riqualificare, senza snaturarne le caratteristiche, produzioni legate a una ricca biodiversità tutta italiana.

Corbarino

Nuovo ibrido appartenente alla tipologia toscana nota come Pisanello

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il pomodoro

ricerca Varietà locali Alfonso Pentangelo

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


ricerca Varietà locali Foto A. Di Gennaro

Pomodorini da pieno campo In tutto il territorio nazionale, in particolare nell’area centro-meridionale, vengono coltivate, in pien’aria, numerose varietà locali di pomodoro caratterizzate, in prevalenza, da bacche di piccole dimensioni. Si tratta, in genere, di varietà autoctone, spesso di elevato pregio, formatesi nel corso degli anni per ibridazioni spontanee e/o mutazioni e successive selezioni operate dagli stessi agricoltori. La loro coltivazione interessa, generalmente, superfici molto limitate (a volte soltanto pochi ettari, per cui le statistiche ufficiali non le riportano) venendo effettuata, nella maggior parte dei casi, negli orti familiari e/o in piccole aziende di tipo tradizionale che svolgono, quindi, un importante ruolo nel mantenimento e nella salvaguardia di questo importante patrimonio genetico. Le diverse varietà locali di pomodorini, pur differendo fra loro per forma, dimensione e colore delle bacche e nel tipo di accrescimento della pianta (determinato o indeterminato), sono caratterizzate tutte da un’elevata adattabilità alla coltivazione in asciutta (cosiddetta seccagna), effettuata in assenza di acqua o, comunque, con limitati apporti irrigui. Sono, inoltre, accomunate, nella maggior parte dei casi, da alcune caratteristiche delle bacche: dimensioni piuttosto ridotte (meno di 25 g), elevato spessore della buccia; alto contenuto di solidi solubili; assenza del carattere jointless (per cui il pedicello presenta un’articolazione che non permette il distacco della bacca senza il calice); notevole difficoltà di distacco del peduncolo dalla bacca. Queste caratteristiche, associate alla tecnica colturale tradizionale (coltivazione in asciutta), esaltano le proprietà organolettiche di questo prodotto, destinato al consumo fresco e alla produzione di conserve, nonché alla conservazione da fresco per il consumo invernale. In

Foto A. Di Gennaro

Pomodorini gialli, di forma tonda, sulla pianta

Foto A. Di Gennaro

Foto A. Di Gennaro

Pomodorini gialli, di forma a pera Coltivazione del pomodoro Corbarino in pianura in piccoli orti familiari

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varietà locali questo ultimo caso, le bacche (spesso non completamente mature) vengono raccolte in grappoli e disposte su supporti di varia natura (spago, principalmente), formando delle corone o trecce denominate in vario modo a seconda delle zone di produzione (spungilli, spunzilli, spunilli ecc.) e successivamente appese a tettoie o altri ripari (da cui il nome anche di piennolo, pendolo ecc.). Così disposte, le bacche si conservano, in maniera naturale, per molti mesi. La possibilità di disporre per lungo tempo di pomodoro allo stato fresco era di fondamentale importanza in passato quando non erano disponibili varietà analoghe (pomodorini da mensa) coltivate in ambiente protetto (sotto serra) o pomodori freschi provenienti da luoghi di produzione molto distanti e ancora prima quando non erano diffuse le tecniche di trasformazione delle conserve alimentari.

Foto A. Di Gennaro

Varietà più diffuse Numerose sono le varietà locali di pomodorini attualmente coltivate nel nostro Paese, alcune delle quali facenti parte della banca dati dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali italiani. Tra le più famose si citano, partendo dal Nord e scendendo verso l’estremo Sud: Ciliegino toscano, Pendolino, Pomodoro Pallino (Toscana); Pomodori gialli invernali (Molise); Corbarino, Vesuviano (Campania); Pomodorino di Manduria, Pomodoro da serbo giallo (Puglia); Pizzutello di Paceco, Pomodoro Faino di Licata detto Buttichieddu (Sicilia). In Puglia (e nelle zone limitrofe della Basilicata) viene coltivato, inoltre, un elevato numero di pomodorini a frutto tondo e/o tondo-ovale, ad accrescimento determinato della pianta, meglio conosciuti con il nome della zona di coltivazione (Tondino di

Frutti di Vesuviano

Coltivazione di Vesuviano

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ricerca Palagiano, di Matera, di Galatina, di Altamura, di Corato, di Barletta ecc.); da questi, molto probabilmente, sono state selezionate (nella metà degli anni ’90) le prime varietà commerciali di pomodorini a sviluppo determinato della pianta per la produzione specificamente destinata all’industria di trasformazione. Esistono, inoltre, numerose popolazioni locali, calabresi e, principalmente, siciliane particolarmente adatte alle coltivazioni in coltura seccagna e utilizzate quasi esclusivamente per la conservazione tal quale per il consumo invernale (da serbo), che prendono il nome dalla forma e dal colore delle bacche (tondo, tondino, fiaschetto, perino, pizzutello, giallo ecc.) e dai comuni o dai comprensori di coltivazione, tra cui, principalmente: Lipari, Vulcano, Salina, Filicudi (isole Eolie), Licata, Sciacca, Montallegro (Agrigento), Custonaci, S. Vito Lo Capo, Pantelleria (Trapani), Basicò, Milazzo, Mazzarrà Sant’Andrea, San Pier Niceto, Santo Stefano di Camastra (Messina), Rizziconi, Palmi, S. Giorgio Morgeto, Bianco (Reggio Calabria), Mileto, Pizzoni (Vibo Valentia).

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Pomodorini campani Un discorso a parte meritano le varietà locali campane di pomodorino, tra cui spiccano il Corbarino e il Vesuviano, fortemente e storicamente legate al territorio in cui esse vengono coltivate, tanto da essere interessate da azioni di tutela per il rilascio dell’importante marchio comunitario Denominazione di Origine Protetta (DOP). La loro origine è sicuramente riconducibile a vecchie varietà di pomodorini già ampiamente diffuse sul territorio regionale oltre un secolo fa. Le prime testimonianze documentate e dettagliate, risalenti al 1902, evidenziano, infatti, alla fine dell’800, la presenza, sul territorio campano, di varietà di pomodoro caratterizzate da

Pomodorino pugliese tondo-ovale di Galatina

Usi dei pomodorini campani

• Sia il Vesuviano sia il Corbarino

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venivano utilizzati nella preparazione familiare di una conserva molto tipica, detta a pacchetelle; i frutti dei pomodorini, non pelati, venivano tagliati longitudinalmente in due o più parti, a spicchi (o filetti) e inseriti in bottiglie di vetro, contenenti circa 2/3 di succo ottenuto dallo stesso pomodorino o da altre varietà di pomodoro da conserva successivamente sterilizzate a bagnomaria utilizzando bidoni o grossi pentoloni. Ancora oggi, questa preparazione tradizionale e secolare, tramandata nel tempo, si svolge utilizzando, però, vasetti di vetro

Piennolo di pomodorini gialli, di forma tonda

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Foto A. Di Gennaro

Piennolo di pomodorini gialli, allungato-piriformi


varietà locali frutti di piccole dimensioni e di varia forma destinate esclusivamente alla conservazione allo stato fresco. Tra queste, le varietà cosiddette prugna, a mazzetti, a fiaschetto, a melanzana e piriforme furono botanicamente classificate e accuratamente descritte. Successivamente, il pomodoro si diffuse ampiamente su tutto il territorio regionale, soprattutto nella provincia di Salerno, tanto che, in una ricerca condotta negli anni ’50, furono reperite, solo in quest’ultima provincia, ben 133 varietà e popolazioni locali di pomodoro ascrivibili a sei tipologie rispetto alla forma del frutto, tra cui numerose quelle a frutto piccolo e assimilabili alla varietà Corbarino (Cannellino, Cruarese, Nocerese, Pummarulino). Il Corbarino, a differenza di numerosi altri prodotti tipici tradizionali (a rischio di erosione genetica), è ancora ampiamente coltivato e diffuso; il prodotto fresco e, soprattutto, quello trasformato, infatti, è molto noto e apprezzato dai consumatori anche al di fuori dell’ambito regionale. Quanto al riconoscimento del marchio di qualità, per il Corbarino sono in fase di progettazione le attività necessarie alla richiesta, mentre per il Vesuviano, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L. 332/48 del 17.12.09 del Regolamento comunitario n. 1238/2009, è stata ufficialmente riconosciuta, ai sensi del Regolamento CE 510/2006, l’iscrizione della Denominazione di Origine Protetta Pomodorino del piennolo del Vesuvio (DOP) nel Registro europeo delle DOP e delle IGP. Per questa varietà, Slow Food ha creato, inoltre, un Presidio con lo scopo di salvaguardare e promuovere la qualità del prodotto, fortemente radicato nella cultura del territorio vesuviano. Il Corbarino o pomodorino di Corbara ha il suo centro di origine e diffusione attorno al comune di Corbara (SA), in zona collinare, ai piedi dei monti Lattari, sul versante della Penisola Sorrentina che guarda verso la valle del Sarno. Comprende diversi biotipi caratterizzati quasi tutti (circa il 90%) da piante a crescita indeterminata (altezza variabile da 1,3 a 1,8 m, a seconda dei biotipi),

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Piante con frutti di Corbarino pronti per la raccolta

Corbarino inscatolato

• Al Corbarino sono da attribuire

le prime trasformazioni industriali di pomodorino intero, non pelato, effettuate negli stabilimenti conservieri dell’Agro Sarnese-Nocerino alla fine degli anni ’80. Le bacche di Corbarino venivano inscatolate intere, con la buccia in succo ottenuto dallo stesso pomodorino o da altre varietà di pomodoro da conserva (anche San Marzano). Attualmente, questo nuovo derivato del pomodoro, conosciuto con il termine generico di “pomodorino di collina” o in inglese small hillock tomatoes, si ottiene utilizzando varietà (ibridi, in particolare) di pomodorini da industria (cherry)

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Corbarino. Coltivazione in collina con Vesuvio e Agro Nocerino Sarnese sullo sfondo

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ricerca la cui coltivazione richiede il ricorso a tutori (in legno) e all’utilizzo di fili di ferro per il sostegno delle piante. Tutti i biotipi presentano bacche di piccole dimensioni (<25 g), comprese tra i 13 e i 21 g (75% dei biotipi), di forma prevalente allungato-ovale (tendente al piriforme), con apice stilare (il pizzetto) quasi sempre assente. Il Corbarino, conosciuto con diversi nomi dialettali (tra i quali il più diffuso è Cruarese), viene coltivato in ambienti collinari, sui due versanti della Penisola Sorrentina e su quello della Costiera Amalfitana (territorio interamente ricadente nel Parco Regionale dei Monti Lattari) ma anche in pianura (in tutto l’Agro SarneseNocerino e in alcune aree delle zone limitrofe della valle dell’Irno, dell’area Stabiese-Vesuviana e dell’Agro Acerrano-Nolano). Le coltivazioni vengono condotte su piccoli appezzamenti (raramente si superano superfici di 7000 m2), in aziende a prevalente conduzione familiare, spesso in consociazione con altre orticole e (non di rado, in collina) con piante arboree (viti e fruttiferi, in genere), con uso di seme selezionato e riprodotto nella stessa azienda, dove vengono anche prodotte le piantine (in semenzaio o in contenitori alveolati) per il trapianto. Normalmente, non viene eseguita alcuna pratica di cimatura della pianta e la notevole scalarità di fioritura (e di conseguenza della maturazione dei frutti) comporta non meno di 2-3 raccolte eseguite esclusivamente a mano; con i trapianti più precoci (effettuati agli inizi di aprile) si ottengono le raccolte più anticipate di bacche completamente mature, già a partire dalla fine di luglio. Solitamente le raccolte si concludono a fine settembre, anche se, in condizioni favorevoli di crescita, possono protrarsi, spesso, fino a tutto ottobre.

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Corbarino. Tipologia ovoidale Foto A. Di Gennaro

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Corbarino. Tipologia a frutto allungato Corbarino. Coltivazione in pianura con i Monti Lattari sullo sfondo

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varietà locali La produzione, a piena maturazione delle bacche, particolarmente apprezzata per le sue peculiari caratteristiche aromatiche e per il sapore agrodolce, dovuto a un equilibrato rapporto tra le sostanze zuccherine (>3,5 g%) e il basso contenuto di acidità (compreso tra 0,3 e 0,4 g%), è destinata sia al mercato del fresco (per il consumo diretto o per la produzione familiare di conserve), sia all’industria di trasformazione. In quest’ultimo caso, la commercializzazione del prodotto trasformato è, normalmente, a cura dell’industria conserviera ma può avvenire anche direttamente da parte dell’azienda agricola. Non sono rare, infatti, le aziende agricole produttrici che commissionano la trasformazione industriale del prodotto a piccole fabbriche, numerose sul territorio, che eseguono l’attività d’inscatolamento come servizio per conto terzi. Per il prodotto da consumare fresco (la cui raccolta può essere effettuata anche prima della completa maturazione delle bacche) si utilizzano, generalmente, i biotipi con frutti di maggiori dimensioni (circa 20 g) e di forma più allungata, mentre per la trasformazione industriale i biotipi più adatti sono quelli a bacca di forma tendente all’ovoidale, di pezzatura media, più uniforme e contenuta (intorno ai 15 g). Diversi biotipi (soprattutto quelli a forma delle bacche più tondeggiante), coltivati quasi esclusivamente negli ambienti collinari, risultano essere particolarmente serbevoli e sono, quindi, utilizzati per il consumo invernale, dopo essere stati confezionati in grappoli (chiamati spunzilli) e collocati, appesi, sotto tettoie o in locali asciutti e ventilati. Negli ambienti collinari, dove sono assenti o molto limitati gli interventi irrigui, le produzioni raggiungono al massimo le 30 t/ha, men-

Foto A. Di Gennaro

Foto A. Di Gennaro

Foto A. Di Gennaro

Foto A. Di Gennaro

Alcune fasi della produzione di conserve di pomodorini corbarini realizzata presso un piccolo “laboratorio” locale Corbarino. Coltivazione in collina consociata a fruttiferi

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ricerca tre in pianura (in irriguo) le produzioni, qualitativamente più scarse, possono raggiungere anche valori massimi di circa 80 t/ha. In quest’ultimo ambiente, per mantenere elevati gli standard qualitativi del prodotto (in particolare quello da avviare alla trasformazione) occorre ridurre (anche sensibilmente) gli apporti irrigui, in maniera da contenere le produzioni entro valori massimi di 60 t/ha. Il pomodorino Vesuviano o pomodorino del piennolo del Vesuvio è diffuso principalmente lungo le pendici dell’omonimo famoso vulcano, da cui prende la denominazione. La sua coltivazione, effettuata su una superficie stimata di poco meno di 500 ettari (10% circa della SAU a seminativi della zona), con produzione annuale stimata in circa 8 mila tonnellate di prodotto fresco, interessa 18 comuni della fascia pedemontana del complesso vulcanico Monte Somma-Vesuvio, ricadenti (quasi tutti) all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio. Le bacche, della dimensione di circa 25 g, sono di forma ovoidale leggermente pruniforme (con rapporto degli assi compreso tra 1,2 e 1,3), con costolatura abbastanza evidente della parte peduncolare e pizzetto ben appuntito nella parte distale; la colorazione esterna è rosso vermiglio, la polpa, di colore rosso intenso, è molto spessa e presenta un grado Brix maggiore di 6,5. Le caratteristiche qualitative delle bacche sono esaltate dalle peculiarità pedoclimatiche dell’ambiente di coltivazione; i suoli, ricchi di ceneri e lapilli, contraddistinti da una tessitura sabbiosa (che li rende molto sciolti e drenati) e da una reazione neutra o sub-alcalina, sono molto fertili per l’alto contenuto di macro e micro elementi assimilabili; il clima è sostanzialmente asciutto, con discreta ventosità, elevate temperature e ampie escursioni termiche fra notte e giorno che contribuiscono anche a un naturale controllo delle avversità parassitarie. L’elevato spessore della buccia e la tenace attaccatura della bacca al peduncolo rendono i frutti di questa

Pomodorino del piennolo

• La destinazione principale del

pomodorino Vesuviano risulta la conservazione in piennoli (da cui il nome Pomodorino del piennolo). I grappoli (le cosiddette schiocche), raccolti quando il 75% delle bacche è maturo e le altre già invaiate, vengono sistemati su un filo di fibra vegetale (canapa, in genere), legato a cerchio, così da formare una corona di grappoli di frutti, i cosiddetti piennoli, dal peso variabile da 1 a 5 kg. Questi, così ottenuti, vanno tenuti sospesi da terra mediante ganci o su idonei supporti, sotto verande o terrazze o in locali asciutti e ventilati Foto A. Di Gennaro

Vesuviano. Frutti a diverso stadio di maturazione

Foto A. Di Gennaro

Foto A. Di Gennaro

Vesuviano. Frutti su pianta

Piccolissimi appezzamenti alle falde del Vesuvio dove si coltiva il pomodorino Vesuviano

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varietà locali varietà particolarmente adatti alla conservazione da fresco, per lunghi periodi, confezionati nei caratteristici e tipici piennoli, da cui il nome Pomodorino del piennolo del Vesuvio. I piennoli, opportunamente conservati in ambienti asciutti e ventilati, permettono ai frutti di serbarsi, mantenendo inalterate le caratteristiche organolettiche e nutrizionali, fino al periodo natalizio e, in alcuni casi, fino alla primavera successiva, senza l’ausilio di alcun trattamento chimico. Per migliorare la protezione, spesso si utilizzano sistemi fisici (quali retine contro gli insetti e apparecchi a ultrasuoni) che non interferiscono, però, sulla qualità del prodotto. Oltre che per la conservazione allo stato fresco (in piennoli, ma anche come bacche singole o in grappoli, poste alla rinfusa in idonei contenitori), il pomodorino Vesuviano viene diffusamente destinato anche al consumo fresco e alla produzione di conserve. Con riguardo alla tecnica colturale, essendo le piante del Vesuviano caratterizzate da accrescimento indeterminato, il loro allevamento, effettuato esclusivamente in pien’aria, prevede l’utilizzo di tutori e fili di ferro per sostenere le piante, che vanno cimate a un’altezza media di 80 cm. Gli impianti vengono eseguiti a partire dalla metà di marzo fino agli inizi di maggio, normalmente su piccoli appezzamenti, spesso sistemati a terrazzi. Vengono utilizzate generalmente piantine ottenute in azienda (allevate in semenzaio o in contenitori alveolati), disposte in filari semplici, alla densità di circa 40 mila piante per ettaro. La raccolta (che inizia a fine giugno e si protrae fino alla fine di agosto) e la maggior parte delle operazioni colturali richieste (trapianto, legatura delle piante ai tutori, cimatura ecc.) vengono eseguite a mano. Le rese, molto variabili in funzione del regime irriguo adottato, normalmente risultano molto basse (non maggiore di 10 t/ha) in asciutta; in ogni caso il Disciplinare di produzione pur ammettendo il ricorso all’irrigazione (solo localizzata, con sistemi a micro portata) prevede rese non superiori a 16 t/ha.

Foto A. Di Gennaro

Foto A. Di Gennaro

Realizzazione dei piennoli Foto A. Di Gennaro

Foto A. Di Gennaro

Piennolo dopo 6 mesi di conservazione Piennoli in conservazione

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il pomodoro

ricerca San Marzano Italo Giordano

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


ricerca San Marzano Dal San Marzano al pomodoro da industria Quando, agli inizi del ’900, Francesco Cirio, pioniere dell’industria conserviera, avviò nell’Agro Sarnese-Nocerino, in Campania, i primi tentativi di conservazione industriale del pomodoro in scatola sotto forma di frutti interi sbucciati (i famosi pelati), utilizzò le bacche del San Marzano, la varietà locale che, fra le tante allora presenti negli orti familiari delle popolazioni rurali della Campania, meglio si prestava a questo tipo di conservazione. Nell’Agro Sarnese-Nocerino (la Campania felix degli antichi Romani), il San Marzano ha trovato le condizioni pedo-climatiche ideali per svilupparsi e per esprimere appieno le caratteristiche morfologiche e organolettiche tipiche che ne hanno decretato il successo. Ancora oggi, San Marzano è sinonimo, nel mondo, di pomodoro ed è il simbolo dell’industria conserviera italiana, conosciuto e apprezzato per le sue pregevoli caratteristiche organolettiche, per il suo particolare gusto ricco e per la polpa succosa. Le peculiari caratteristiche qualitative dei frutti di questa varietà permisero alle industrie conserviere campane di mantenere e, in alcuni momenti, addirittura rafforzare le posizioni di mercato acquisite, anche quando, nel decennio compreso tra la metà degli anni ’60 e la metà degli anni ’70 del secolo scorso, si registrò una grave crisi di vendite dei derivati di pomodoro dell’industria italiana, determinata dagli elevati costi di produzione e dalla forte e agguerrita concorrenza di Paesi esteri. A partire dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso, furono introdotte, nelle coltivazioni,

Agro Sarnese-Nocerino, centro di origine del San Marzano

• L’Agro Sarnese-Nocerino è un

comprensorio omogeneo, situato nella Piana del fiume Sarno, i cui comuni ricadono tutti nella provincia di Salerno. Il suo territorio è compreso tra i monti Picentini, i monti Lattari – che lo dividono dalla Costiera Amalfitana – e il Vesuvio

• La zona è caratterizzata da un clima mite e da suoli di origine vulcanica, molto fertili e sciolti

• Vi si pratica un’agricoltura

specializzata, sia in pien’aria sia sotto serra, molto intensiva, con rapida successione di colture orticole (fino a sei in uno stesso anno), spesso consociate fra loro e/o con colture arboree (arancio, noce, kaki)

• È famosa, in quest’area, la cosiddetta

coltivazione a staffetta, con l’impianto di nuove colture tra i filari di colture ancora in corso, poco prima della raccolta di queste ultime

Cartina della Campania: in colore rosa è evidenziato l’areale di coltivazione del San Marzano

• La zona è ricca di ortaggi autoctoni

tipici: oltre al famoso San Marzano, si ricordano il pomodorino di Corbara, la cipolla bianca di Pompei (da cui si ricava il cipollotto di Nocera), il peperone quadrato di Nocera, il peperoncino dolce friariello della valle del Sarno

Caserta

Benevento Avellino

Napoli Salerno

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San Marzano varietà nuove (della tipologia Roma, a frutto allungato), adatte alla coltivazione senza sostegni e con maturazione dei frutti abbastanza contemporanea, che si diffusero ampiamente in nuovi areali caratterizzati da superfici aziendali più ampie, affiancandosi al San Marzano per la produzione di pomodori per pelati. Successivamente, l’avvento degli ibridi e l’introduzione della raccolta meccanica favorirono l’estensione della coltivazione del pomodoro da industria anche in altre regioni, sia al Nord sia al Sud, relegando il San Marzano a mero prodotto di nicchia, limitato a una zona ristretta e ben circoscritta. Molte nuove cultivar, altamente produttive e con costi di produzione molto più bassi, caratterizzate da frutti solo morfologicamente simili al San Marzano ma privi di buona parte delle caratteristiche organolettiche tipiche, si diffusero rapidamente in zone anche molto lontane dall’areale di origine e inondarono ben presto le industrie di trasformazione. Il risultato fu che il nome San Marzano incominciò sempre più a essere usato per un prodotto che tale non era, con grosso danno per i coltivatori della varietà originaria, la quale, di fatto, in pochi anni finì per essere quasi totalmente abbandonata. Dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso, poi, la situazione si aggravò ancora di più, in conseguenza di serie problematiche fitopatologiche dovute alla comparsa e alla successiva rapida diffusione di gravi infezioni virali imputabili al Cucumber Mosaic Virus (CMV). La successiva comparsa di altre gravi fitopatie, quali la suberosi radicale (da Pyrenochaeta lycopersici) prima e il Tomato Spotted Wilt Virus (TSWV) dopo, ridussero drasticamente le superfici investite e, di conseguenza, le produzioni: a partire dal 1982, anno in cui era stata registrata la produzione massima (circa 4 milioni di quintali),

Marciume apicale, fisiopatia molto grave per il San Marzano

• Il marciume apicale è la fisiopatia

più temuta e grave per le varietà di pomodoro a bacca allungata. Attribuita a squilibri metabolici di natura idrica e/o a carenze di calcio nel terreno, si manifesta con una macchia, nella zona apicale del frutto, di colore dapprima marrone chiaro, quindi marrone scuro per la degenerazione dei tessuti, su cui sovente si insediano muffe saprofite. L’alterazione può a volte interessare anche la metà del frutto, che diventa praticamente incommercializzabile. Si può prevenire con un’attenta ed equilibrata gestione delle irrigazioni e, nei casi di accertata carenza di calcio, con apporti al terreno di questo elemento

Foto R. Angelini

Frutti di pomodoro con marciume apicale

Caratteristica coltivazione di San Marzano: si notano i tipici pali in legno a cui sono legati diversi ordini di fili di ferro per il sostegno delle piante

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ricerca le quantità di San Marzano destinate all’industria diminuirono progressivamente, fino quasi ad azzerarsi alla fine degli anni ’90. Negli anni successivi si è registrata una lenta inversione di tendenza, grazie soprattutto a un’incisiva azione di valorizzazione della Regione Campania, che ha portato, nel luglio del 1996, all’ottenimento del marchio collettivo DOP con la denominazione Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino. Nel giugno del 1999, poi, è stato costituito il relativo Consorzio di tutela, con lo scopo di vigilare sull’applicazione delle norme previste dal Disciplinare di produzione, a garanzia dei consumatori e per una migliore promozione e valorizzazione di questo prodotto. Già a partire dall’anno 2000 è quindi ripresa la produzione di San Marzano, che ha raggiunto il massimo di 60 mila quintali nell’annata 2004/05, per poi attestarsi su poco più di 40 mila quintali nelle annate successive. Nonostante tutte queste vicissitudini, il pomodoro continua a rivestire una considerevole importanza per la Campania, in quanto in questa regione è dislocato il maggior numero di industrie di trasformazione del pomodoro, concentrate per il 90% in una ristretta area compresa tra le province di Napoli e Salerno. Qui viene prodotta, infatti, la totalità di San Marzano e buona parte dei derivati industriali del pomodoro, soprattutto pelati. La Campania inoltre costituisce un importante serbatoio di varietà locali autoctone e di pregio (oltre al San Marzano, il Corbarino, il Vesuviano, il Sorrentino tra i più famosi). Piccole aziende familiari di tipo tradizionale svolgono un importante ruolo di conservazione di un ampio patrimonio genetico, rappresentando, di fatto, un concreto esempio di salvaguardia di biodiversità.

Disciplinare di produzione della DOP Pomodoro San Marzano

• Il Disciplinare ammette l’utilizzazione solo dell’ecotipo San Marzano e di sue varietà migliorate, escludendo la coltivazione di ibridi o di varietà geneticamente modificate

• Sia i frutti freschi sia il prodotto

trasformato devono essere ottenuti nel territorio indicato dal Disciplinare (ricadente in prevalenza nella provincia di Salerno e in parte nelle province di Napoli e Avellino)

• Per la tecnica colturale, sono vietate

la coltura sotto serra e qualsiasi forma di forzatura. La raccolta va effettuata esclusivamente a mano, in maniera scalare, a completa maturazione dei frutti. Per il trasporto vanno utilizzati contenitori della capienza di circa 25 kg

• La resa massima di prodotto fresco

è stabilita in 80 tonnellate per ettaro, mentre la resa in prodotto trasformato (pelato intero) non supera l’80%. Quanto ai principali parametri analitici per la trasformazione, il pH non deve superare 4,5 e il residuo rifrattometrico non deve essere inferiore al 4% con una tolleranza di –0,2

Origini e diffusione del San Marzano Il San Marzano è originario dell’Agro Sarnese-Nocerino, in provincia di Salerno. Pare quasi certo che il suo centro di origine sia da localizzare nella contrada Fiano, al confine tra Nocera Inferiore e Sarno, da dove si è poi rapidamente diffuso, concentrandosi soprattutto nel territorio del comune di San Marzano, da cui ha preso il nome. Molto probabilmente esso è derivato da una ibridazione spontanea tra vecchie popolazioni locali (Fiaschella o Fiascone x Tondo di Nocera) o da mutazione spontanea della varietà tradizionale denominata Lampadina e successive selezioni operate dagli stessi agricoltori. Il San Marzano, quindi, non è rappresentato da una linea pura omozigote, ma da un insieme di biotipi differenziatisi nei diversi microambienti della Campania, per effetto della selezione, sia naturale sia artificiale, finalizzata soprattutto alla produzione di frutti adatti alla pelatura. Un censimento effettuato, verso la metà degli anni ’50, dagli Ispettorati provinciali per l’agricoltura di Salerno e Napoli registrò l’esistenza di ben 29 biotipi riconducibili alla tipologia San Marzano.

• Il prodotto può essere confezionato in

contenitori di vetro o di banda stagnata (del formato 500, 1000 o 3000 grammi)

• La Denominazione di Origine Protetta

designa i frutti sbucciati, sia interi sia a filetti, immersi in succo di pomodoro ottenuto esclusivamente da frutti di San Marzano. Le confezioni DOP, certificate e numerate, devono riportare, oltre alle indicazioni previste per legge, anche il logo grafico del Consorzio di tutela

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San Marzano Per le sue caratteristiche morfo-fisiologiche, questa varietà richiede molte cure colturali (tra le più impegnative, l’allevamento delle piante con sostegni e la raccolta scalare, difficilmente meccanizzabile), che richiedono un notevole impiego di mano d’opera, esigenza che ben si adatta alle caratteristiche strutturali dell’Agro Sarnese-Nocerino e delle zone limitrofe in cui è maggiormente diffuso questo ecotipo. In tali zone, gli appezzamenti sono di dimensioni molto limitate e c’è ancora buona disponibilità di mano d’opera familiare sempre presente in azienda.

Foto Consorzio di tutela del Pomodoro San Marzano

Caratteristiche morfologiche e qualitative La diffusione crescente di nuove varietà e ibridi, molti dei quali assimilabili morfologicamente alla tipologia San Marzano, hanno nel tempo accresciuto la confusione sulla definizione delle caratteristiche del vero San Marzano. Per cercare di fare chiarezza sull’argomento, a partire dagli anni ’90 sono state condotte alcune attività sperimentali finanziate dalla Regione Campania, che hanno visto il coinvolgimento dell’Ente Nazionale Sementi Elette, del Consorzio per la Ricerca Applicata in Agricoltura, della Facoltà di Agraria di Portici, dell’Università degli studi di Salerno, degli Istituti di Ricerca e Sperimentazione Agraria del Ministero dell’Agricoltura e della Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari. Sulla base di tutte le informazioni disponibili è, pertanto, possibile una descrizione abbastanza univoca del San Marzano. Trattasi di una varietà a ciclo medio-tardivo, caratterizzata da piante molto vigorose, a crescita indeterminata, che superano in genere, a completo sviluppo, i 150 cm di

Logo del Consorzio di tutela della DOP Pomodoro San Marzano dell’Agro SarneseNocerino

Raccolta manuale dei frutti di San Marzano Frutti di San Marzano pelati in fase di inscatolamento

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ricerca altezza. Il fusto è eretto fino all’inizio della fruttificazione, poi decombente, poco ramificato alla base, con fogliame abbondante e ben coprente. I frutti sono riuniti in grappoli di 5-6 e anche più e ogni pianta può portare fino a 10-12 grappoli di frutti, i quali maturano scalarmente, dal basso verso l’alto. Il frutto, di dimensioni medio-grosse (lunghezza compresa tra 60 e 80 mm con rapporto tra gli assi non inferiore a 2,2 ± 0,2; peso medio oscillante tra 50 e 60 g ma con punte anche di 100 g), è allungato, di forma cilindrica, con due depressioni laterali parallele longitudinali, quasi a formare un parallelepipedo con base rettangolare e sezione trasversale quadrata, arrotondata agli spigoli; la parte basale, all’attacco con il peduncolo, è piatta, leggermente costoluta, di colore verde scuro ante-maturazione (la cosiddetta spalla verde); l’apice stilare può presentarsi da incavato ad appuntito. A tale proposito va segnalato che la presenza dei solchi mediani longitudinali e dell’apice stilare incavato – caratteristiche morfologiche dei frutti un tempo molto evidenti e diffuse, tanto da essere ancora presenti nel concetto tradizionale di San Marzano di molti agricoltori e tecnici locali – non sempre è riscontrabile nei genotipi attualmente più diffusi. La polpa è abbastanza soda – anche se la consistenza diminuisce molto velocemente con la maturazione – ed elastica, di colore rosso intenso; la buccia è facilmente staccabile a completa maturazione. Questa inizia circa 95-100 giorni dopo il trapianto (normalmente nei primi giorni di agosto) e va avanti fino a tutto settembre, prolungandosi a volte fino a ottobre inoltrato, in presenza di condizioni climatiche e fitosanitarie favorevoli. I frutti di San Marzano vengono destinati prevalentemente all’industria di trasformazione per la produzione di pelati, grazie soprattutto alla spiccata facilità di distacco della buccia; talvolta le bacche dei primi palchi vengono

Uno dei primi barattoli di pelati San Marzano

Una delle prime etichette per i barattoli di pelati San Marzano

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San Marzano utilizzate anche per il consumo fresco. L’allevamento in verticale delle piante contribuisce all’ottenimento di una produzione di gran pregio, in quanto evita alle bacche qualsiasi contatto con il terreno e con l’acqua di irrigazione. Essendo, poi, la raccolta effettuata esclusivamente a mano, a completa maturazione dei frutti, la resa industriale è molto elevata. Quanto alle caratteristiche qualitative, i frutti di San Marzano si presentano di colore rosso intenso molto uniforme e con limitata presenza di fasci vascolari ispessiti nella zona pezolare (fittone interno).

Foto R. Angelini

Caratterizzazione molecolare L’identificazione varietale attraverso la sola caratterizzazione morfo-fisiologica non può dirsi esaustiva e il più delle volte non è sufficiente per valutare le caratteristiche di distinguibilità, uniformità e stabilità, in quanto la maggior parte dei descrittori morfologici si basa su caratteristiche che possono variare con l’età della pianta e le condizioni ambientali. Nel caso del San Marzano, poi, i marcatori morfologici disponibili non hanno una capacità discriminatoria tale da poter distinguere tra biotipi fenotipicamente simili. Con l’analisi molecolare può essere definita una vera e propria carta di identità (fingerprinting molecolare) del San Marzano, che ne permette il riconoscimento in qualsiasi momento del ciclo e consente anche di discriminare genotipi a esso morfologicamente molto simili. Una ricerca condotta in proposito presso la Facoltà di Agraria di Portici, mediante l’utilizzo di un microsatellite (GATA)4, ha evidenziato la presenza di un pattern di ibridazione San Marzano specifico, composto da sei frammenti di dimensioni comprese tra 11 e 2,8 kbp, differente, per uno o più frammenti, da altre varietà similari. In un altro esperimento, condotto presso il C.R.A. –

Grappolo di frutti San Marzano ben maturi

Foto R. Angelini

Raccolta del San Marzano

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ricerca Unità di Ricerca per l’Orticoltura di Monsampolo del Tronto (AP), è stato, invece, utilizzato un marcatore CAPS per il gene ovate, per discriminare il San Marzano originario da altri ecotipi e/o varietà migliorate a frutto allungato, anche se è risultato che, da solo, il gene ovate non identifica esclusivamente il San Marzano originario. Questi innovativi strumenti analitici, opportunamente integrati con altri allo studio, potrebbero contribuire a risolvere i problemi di distinzione tra ecotipo d’origine e altri pomodori allungati che nulla hanno a che fare con il vero San Marzano.

Pomodoro San Marzano transgenico: sì o no?

• Il miglioramento del San Marzano

attraverso la trasformazione genetica potrebbe contribuire a superare alcuni aspetti negativi di questa varietà, primo fra tutti quello della suscettibilità alle fitopatie, in particolare ai virus. Nel caso dell’introduzione della resistenza a CMV sono state utilizzate particolari metodologie biotecnologiche quali l’impiego delle Coat Protein (CP) o la cosiddetta strategia antisenso. L’uso delle moderne biotecnologie, specie se applicate a una varietà come il San Marzano, dai forti connotati di naturalità e tradizionalità, si scontra, però, con grosse remore, soprattutto di ordine ambientale e di sicurezza alimentare non ancora verificate scientificamente

Possibilità di miglioramento genetico Il San Marzano originario (o meglio, tutto il pool di genotipi tradizionali assimilabili a questa tipologia) possiede delle caratteristiche di pregio, soprattutto organolettiche e nutrizionali, non riscontrabili in altre varietà, che sono il frutto della stretta interazione di questo ecotipo con l’originario ambiente di coltivazione e del continuo processo di selezione, in parte naturale e in parte operato dagli agricoltori locali. Un aspetto negativo del San Marzano è rappresentato dalle limitate resistenze a fattori biotici, per cui facilmente esso può soccombere quando l’ambiente di coltivazione è interessato da nuove situazioni fitosanitarie, come è avvenuto nel caso della comparsa delle gravi infezioni virali che, alla fine degli anni ’80, portarono alla quasi totale scomparsa della sua coltivazione anche nei luoghi di origine. Al fine di salvaguardare questa produzione, è necessario un intervento genetico, finalizzato soprattutto all’introduzione di geni di resistenza alle principali e più gravi malattie, specialmente a quelle difficilmente controllabili con i mezzi chimici.

Gli afidi, oltre che per il danno diretto, preoccupano in quanto vettori di virus che hanno portato alla scomparsa della coltivazione del vero San Marzano. Nella foto Aphis fabae Frutti di San Marzano in sezione longitudinale e trasversale

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San Marzano Trattandosi di un ecotipo di pregio, per il San Marzano vanno usati metodi di miglioramento genetico che consentono di preservarne al massimo le caratteristiche originarie (soprattutto quelle organolettiche), agendo il meno possibile sul suo genoma. Gli obiettivi possono essere perseguiti attraverso il miglioramento genetico convenzionale o con l’uso delle moderne biotecnologie. Quanto alle metodologie convenzionali, sono attualmente disponibili, sia in germoplasma spontaneo sia in varietà migliorate di pomodoro, numerose fonti di geni utilizzabili per l’introgressione di resistenze ai principali patogeni e insetti. Questo approccio presenta, però, due principali aspetti negativi: i tempi e i costi elevati per le operazioni di incrocio, selezione e reincrocio, ma soprattutto il rischio di trasferire, nella varietà da migliorare, anche geni indesiderati che possono mutare il genoma e agire sull’espressione delle caratteristiche di tipicità. Numerose sono le cultivar commerciali (sia varietà sia ibridi) derivate dal San Marzano attraverso programmi di miglioramento genetico convenzionale: si ricordano, tra queste, gli ibridi Ranco e Rezano, molto diffusi nelle aree di origine del San Marzano, e la varietà Kiros (ex Cirio 3), unica varietà migliorata ammessa dal disciplinare di produzione della DOP. L’uso delle moderne biotecnologie consente di superare le suddette difficoltà attraverso l’impiego dei marcatori molecolari (utili soprattutto nel caso di introduzione di caratteristiche di resistenza ad agenti parassitari) o mediante l’ingegneria genetica. Entrambe queste metodologie consentono una notevole riduzione dei tempi e dei costi e, nel caso della trasformazione genetica, il trasferimento di singoli geni determina una minima alterazione del genoma della varietà da migliorare (cosa particolarmente

Foto R. Angelini

Bacche di San Marzano con la caratteristica spalla verde

San Marzano “re dei pomodori”

• “Il pomodoro San Marzano è lungo,

nervoso, costoluto. Esso è l’unico che non si frantuma nella lavorazione; al contrario, si mantiene intero e, per così dire, vivo nel barattolo. Soltanto con esso si può ottenere un pelato di alta qualità e supremo sapore”. Così lo scrittore Domenico Rea descrive il San Marzano (da lui stesso definito “re pomodoro”), in un reportage del viaggio fatto, nel lontano 1957, da Pompei a Paestum, sulle orme dei viaggiatori del Grand Tour, alla ricerca delle tradizioni culturali e gastronomiche della regione Campania

Frutti della varietà Kiros (ex Cirio 3), unica varietà migliorata ammessa dal Disciplinare DOP, oltre agli ecotipi locali

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ricerca importante per una produzione tipica come il San Marzano). Attualmente è in atto uno studio multidisciplinare comprendente analisi agronomiche, sensoriali, del metaboloma, del trascrittoma e del proteoma, con lo scopo di individuare, mediante tecniche avanzate basate sull’utilizzo di microarray, i marcatori molecolari che correlano con le specifiche caratteristiche di tipicità. Il tipico sapore del San Marzano è il risultato del giusto equilibrio tra diverse sostanze, poche delle quali sono state finora studiate, ed è funzione dei componenti dell’aroma (composti volatili di cui ne sono stati finora identificati circa 400 nel pomodoro), la cui espressione è fortemente influenzata anche dall’ambiente, dalla tecnica di coltivazione, dallo stadio di maturazione dei frutti e dalle condizioni di conservazione e trasformazione. La possibilità di disporre di informazioni genetiche sul gusto tipico del San Marzano potrebbe essere d’aiuto in futuri programmi di breeding per caratteri agronomicamente utili (rese elevate e stabili, resistenza a stress biotici/abiotici ecc.) nei quali sia possibile preservare la quota di genoma implicata nell’espressione del gusto tipico di questo pomodoro.

Foto R. Angelini

Tecnica colturale tradizionale del San Marzano Il San Marzano viene coltivato tradizionalmente in pien’aria. Essendo le piante a crescita indeterminata, esse vengono allevate in verticale, legate a fili di ferro zincato paralleli al terreno, fissati su pali di legno, normalmente di castagno. In genere vengono disposti tre ordini di fili di ferro (a 50, 90 e 130 cm dal suolo), mentre i pali

Coltivazione di San Marzano allevato su pali di sostegno in legno

Campo di San Marzano a fine ciclo con coltivazione a staffetta di fagiolino

Foto V. Magnifico

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San Marzano di legno vengono sistemati ogni 4-5 piante, distanziati di 200-250 cm lungo i filari. Per l’impianto della coltura viene utilizzato il trapianto di piantine normalmente prodotte nella stessa azienda con seme autoriprodotto. Le epoche di trapianto vanno dalla prima quindicina del mese di aprile fino a metà maggio, utilizzando una densità di investimento di 1,5-2 piante/m2 e disponendo le piante ogni 40-60 cm lungo file distanti 110-130 cm. Essendo i suoli in cui è coltivato il San Marzano normalmente ben dotati di fosforo e potassio, per la fertilizzazione sono in genere necessari solo apporti di concimi azotati, in quantità non superiori a 100-150 kg/ ha di N. L’irrigazione viene effettuata ancora oggi frequentemente per scorrimento o per infiltrazione da solchi, anche se si sta sempre più diffondendo la microirrigazione epigeica con manichette forate o con gocciolatoi. L’acqua utilizzata è quella prelevata dai numerosi pozzi aziendali, attraverso pompe aspiranti e, in alcuni casi, ancora mediante tradizionali sistemi di adduzione, di cui il più famoso è quello con le norie (marchingegni azionati da muli o asini, costituiti da semplici ingranaggi di ruote dentate che permettevano a una serie di contenitori collegati tra loro di pescare in continuo l’acqua dal pozzo). Di solito vengono eseguite sia la cimatura sia la scacchiatura o spollonatura (una sorta di potatura verde mirata all’eliminazione dei getti ascellari, onde ottenere una pianta non molto rigogliosa). La raccolta è scalare e viene effettuata manualmente, in trequattro momenti, intervallati di circa 20 giorni, a partire dalla metà di agosto.

Foglia e grappolo di frutti maturi di San Marzano

Foto R. Angelini

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il pomodoro

ricerca Valutazione della qualità Paolo Sequi, Massimiliano Valentini

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


ricerca Valutazione della qualità Introduzione Il termine qualità viene usato per definire il grado di eccellenza di un prodotto; è un concetto che l’uomo ha sviluppato nel tempo e continua a modificare e ad aggiornare; per un pomodoro, come più in generale per un prodotto agroalimentare, non corrisponde a un singolo parametro ben definito, ma è il risultato dell’insieme complesso, e spesso variabile, di molteplici caratteristiche. La qualità di un pomodoro è la somma di proprietà quali quelle sensoriali, nutrizionali, meccaniche e di composizione chimica. Ne consegue che il controllo della qualità è compito difficile e articolato, sul quale si concentra uno dei principali interessi sia del comparto produttivo sia della commercializzazione, e che per valutare e controllare la qualità è necessario misurare una o più grandezze che le sono legate, direttamente o anche indirettamente. Oggigiorno i sistemi di analisi in uso sono prevalentemente di tipo distruttivo; le analisi vengono eseguite su un numero molto limitato di campioni e i risultati sono considerati rappresentativi dell’intero lotto. Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse per le analisi non distruttive, le quali offrono una serie di vantaggi molto interessanti per la realtà industriale. I sistemi di questo tipo sono quelli che analizzano il prodotto nella sua interezza, senza la necessità di trattare preventivamente il campione in alcun modo, né chimicamente né fisicamente. A seconda della tecnica in uso è possibile ottenere una serie di informazioni e grandezze che permettono di definire alcuni aspetti della qualità, utili al fine della classificazione, selezione e conservazione ottimale del prodotto. Le moderne tecnologie non distruttive con maggiori potenzialità per la valutazione della qualità del pomodoro sono basate sulla spettroscopia nel vicino infrarosso (NIR), sulla spettroscopia di Risonanza Magnetica per Immagini (MRI), e sull’uso del naso elettronico. La prima trova già applicazioni in linea nella realtà industriale; la MRI, nota nel campo medico-diagnostico, ha molteplici potenzialità non ancora sfruttate appieno, infine il naso elettronico tra i sensori appare tra i più interessanti.

Analisi non distruttive

• Le analisi non distruttive hanno come

principale caratteristica quella di non prevedere alcun tipo di pre-trattamento chimico, fisico o biologico del campione in esame. Altra loro peculiarità è la velocità di analisi: per alcuni sistemi come il NIR è addirittura inferiore al secondo. Questo aspetto, coniugato a un’adeguata automazione, permette di analizzare in modo sistematico un numero molto elevato di campioni, in teoria anche un’intera produzione. La maggior parte dei sistemi ha un costo contenuto e una manutenzione semplice; una volta opportunamente automatizzato, inoltre, il loro corretto funzionamento non richiede conoscenze particolarmente specifiche

Risonanza Magnetica per Immagini La Risonanza Magnetica per Immagini è una tecnica nota per le sue applicazioni nel settore medico-diagnostico, è stata sviluppata negli anni ’70 ed è basata sugli stessi principi fisici della spettroscopia di Risonanza Magnetica Nucleare, ossia l’interazione di una proprietà quantomeccanica, il momento magnetico di spin, con un intenso campo magnetico. La MRI fornisce in modo completamente non invasivo e non distruttivo immagini ad alta risoluzione di una qualsiasi sezione o volume interno del campione in esame.

Immagini MRI pesate in T2 di un pomodoro ciliegino cultivar Naomi (in alto) e Shiren (in basso)

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valutazione della qualità

Principi della MRI

• Le immagini MRI di pomodori vengono

ottenute analizzando nello spazio tridimensionale le molecole di acqua. Le immagini sono costituite da pixel, la cui intensità nella scala dei grigi è proporzionale alla quantità di segnale NMR. Quest’ultimo può essere registrato in vari modi a seconda dei parametri di acquisizione usati. Nell’esperimento più semplice il segnale NMR acquisito deriva dalla cessione di energia ed è direttamente proporzionale solo al contenuto in acqua. Le zone del pomodoro con maggiore quantità di acqua, come le cavità placentari, sono evidenziate da un colore molto chiaro, mentre i tessuti poveri di acqua, per es. i semi, appaiono più scuri. Queste immagini si dicono pesate in densità di spin. Un altro esperimento MRI è quello in cui viene misurato il rilassamento trasversalmente. Le immagini risultanti si dicono pesate in T2. In queste immagini il segnale è proporzionale alla mobilità delle molecole di acqua; ne consegue che le zone di colore chiaro contengono acqua con elevata mobilità, e che quindi ha interazioni ridotte con il substrato cellulare, mentre le aree scure sono caratterizzate da molecole con interazioni più forti con la matrice cellulare e quindi più legate a questa

Immagine MRI pesata in T2 che evidenzia le differenze nel pericarpo tra un pomodoro da industria maturo (a destra) e uno con zone ancora acerbe (a sinistra)

La figura qui sopra mettono a confronto le immagini MRI di 2 pomodori da industria esternamente identici e indistinguibili. Quello a sinistra ha il grado di maturazione ottimale, mentre quello a destra ha alcune zone del pericarpo ancora poco sviluppate. Queste ultime sono messe in evidenza nell’immagine MRI pesata in T2 dalle zone scure con contorno irregolare al centro del pericarpo. Tagliando con un coltello tale pomodoro le aree poco mature corrispondono a zone di colore molto chiaro, chimicamente caratterizzate da un basso contenuto di zuccheri. Anche i danni meccanici del pericarpo possono essere rilevati in una frazione di secondo tramite MRI. Questo aspetto è di particolare importanza per la lavorazione industriale del pomodoro; infatti il procedimento della sbucciatura a vapore (steam peeling) provoca il disfacimento del prodotto con il pericarpo danneggiato dagli urti, con perdite notevoli di materiale. Per questo motivo sono in corso studi per lo sviluppo di strumentazioni in grado di rilevare sistematicamente, lungo la catena di lavorazione, pomodori danneggiati meccanicamente. La MRI si è anche dimostrata in grado di distinguere alcune varietà di pomodoro ciliegino e di risalire alla loro zona di provenienza. Lo studio, i cui risultati sono stati poi oggetto di brevetto, ha dimostrato la possibilità di discriminare tramite MRI le cultivar Naomi e Shiren sulla base di differenze morfologiche dei tessuti interni, in termini di organizzazione delle matrice cellulare del pericarpo. Le informazioni contenute in quest’ultimo hanno fornito utili indicazioni anche ai fini della tracciabilità del ben noto pomodoro ciliegino di Pachino, permettendo la distinzione di campioni di piante, appartenenti alla medesima varietà ma coltivate in zone limitrofe, entro e al di fuori del comprensorio IGP. In pratica, pur non eseguendo un’analisi chimica della composizione del pomodoro ciliegino, è stato possibile riscontrare differenze significative riconducibili al fenotipo del prodotto, strumento di per sé adottabile per la tracciabilità di qualsiasi alimento. 471


ricerca Spettroscopia NIR Il sistema NIR è tra le tecnologie analitiche avanzate quella che trova maggiori applicazioni a livello industriale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari, compreso il pomodoro. Le applicazioni sono molteplici e la velocità di analisi, frazioni di secondo, insieme al basso costo della strumentazione e alla semplicità di gestione, ha permesso di mettere a punto sistemi che operano in linea per la verifica e la classificazione dei prodotti. Questi strumenti molto avanzati contengono rilevatori a fotodiodi di nuova concezione e sono capaci di rilevare più lunghezze d’onda contemporaneamente, riducendo così di molto il tempo di analisi. I principali parametri misurati sono il contenuto di solidi solubili (SSC) e degli acidi titolabili (TA), che vengono calcolati in modo non invasivo con una notevole precisione mediante la rilevazione prevalentemente della luce riflessa. La determinazione della sostanza secca è un’altra applicazione della spettroscopia NIR, anche in questo caso tramite l’analisi della luce riflessa, consolidata nella valutazione della qualità del pomodoro. E sempre la luce riflessa viene usata per la misura della consistenza, o durezza, del pomodoro. Recentemente è stato dimostrato che la spettroscopia nel vicino infrarosso funziona anche sui prodotti della lavorazione del pomodoro, soprattutto passata e succo. Per questi prodotti è possibile misurare con precisione, sempre senza la manipolazione preventiva del campione e in tempi molto rapidi, il contenuto in zuccheri e acidi. Questi due parametri sono tra i più importanti per la definizione del livello di qualità di passata e succo di pomodoro. Va comunque ricordato che il NIR presenta due limitazioni strumentali non trascurabili, che

Principi del NIR

• Le molecole organiche di un alimento

sono costituite da atomi combinati tra di loro da legami chimici che hanno la capacità di assorbire luce sotto forma di fotoni nella zona del vicino infrarosso, praticamente invisibile per l’occhio umano. Tale luce ha una lunghezza d’onda (λ) compresa tra i 750 e 2600 nm, e quando fotoni con questa λ colpiscono il campione nella sua interezza, una parte delle radiazioni viene assorbita dalle molecole. Questo permette di ottenere uno spettro NIR dal quale è possibile, anche disponendo di opportune banche dati, determinare in modo non invasivo la composizione chimica del prodotto in esame. Esistono diversi tipi di strumenti NIR, che misurano la luce trasmessa, quella riflessa specularmente e quella riflessa in maniera diffusa

Rappresentazione schematica del funzionamento del NIR che rileva la luce trasmessa Spettro NIR λ (nm) Luce riflessa Luce trasmessa Spettrometro per Risonanza Magnetica per immagini; a differenza di quelli usati a fini medici questo strumento si sviluppa in verticale e il campione viene inserito dal basso

Sorgente luminosa

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valutazione della qualità nonostante i continui aggiornamenti tecnologici difficilmente potranno essere risolti. Il primo riguarda la zona analizzata: la capacità di penetrazione della luce di eccitazione è di pochi millimetri, circa 1 cm, e questo significa che il dato che si ottiene è significativo solo per una zona limitata del pomodoro in esame, quella superficiale, la quale può differire sensibilmente dalle aree più interne. Secondo aspetto di rilievo è la necessità continua di calibrazione, taratura e verifica dello strumento. Ciò nonostante il NIR è la tecnologia non distruttiva che trova maggiore impiego per la valutazione della qualità del pomodoro fresco e lavorato, oltre che dei prodotti ortofrutticoli in generale.

Naso elettronico

• Questo strumento è un sensore che

mira a riprodurre artificialmente il senso dell’olfatto umano: ha quindi la capacità di percepire gli odori di un alimento, ossia di rilevare e riconoscere determinate sostanze volatili. Esso si basa su un funzionamento qualitativo e semi-quantitativo, non è in grado di misurare la concentrazione di un composto specifico ma può determinare in una frazione di secondo la presenza di particolari classi di molecole. Il cuore dello strumento è costituito dall’insieme dei sensori, ospitati in prossimità dello spazio di testa dove viene posto il campione da analizzare. Le sostanze volatili sono registrate sotto forma di impulsi elettrici e trasformate in una impronta olfattiva. I dati ottenuti non rappresentano valori assoluti, ed è necessario eseguire una sorta di analisi comparativa. I risultati sono quindi il frutto dell’analisi del sensore vera e propria e di una trattazione statistica complessa dei dati. Le specifiche dello strumento hanno portato esperti del settore a usarlo per il riconoscimento di materiale con potenziali rischi per la salute dei consumatori, come per esempio la presenza di muffe, e in generale di pericolo di origine biologica derivanti da un trattamento non corretto, o in ambiente non salubre, durante la raccolta, la conservazione e la lavorazione. Quanto sviluppato per il pomodoro intero è applicabile anche ai derivati lavorati, come pelati e passate

Naso elettronico Questo strumento, in parte ancora in fase di sviluppo, mostra un’enorme versatilità, tanto da essere impiegato nel settore agroalimentare, nell’industria cosmetica e farmaceutica, oltre che nel monitoraggio ambientale. L’applicazione di maggiore interesse è la valutazione del grado di maturazione, sia al momento della raccolta sia durante la conservazione. Mentre il secondo aspetto è di interesse relativo per il pomodoro avendo questo una conservazione relativamente limitata, il primo è di notevole importanza, anche perché sono ormai disponibili strumenti compatti e portatili che permettono di eseguire le analisi direttamente in campo. Questo rende possibile la classificazione dei pomodori in tre categorie: immaturi, maturi e sovramaturi, e in parte consente anche la differenziazione di alcune varietà. Un’altra applicazione di particolare interesse è legata al fatto che pomodori deteriorati o danneggiati mostrano un’impronta olfattiva profondamente diversa dagli equivalenti di qualità accettabile.

Rappresentazione schematica del funzionamento del naso elettronico PC per analisi statistica dei dati PC2

Sensori

PC1 Aria

Odori

Spazio di testa

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il pomodoro

ricerca Analisi multiresiduale Elisa Conte

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.


ricerca Analisi multiresiduale Storia, evoluzione e prospettive La qualità di un prodotto destinato all’alimentazione non nasce dal caso, ma è frutto di una serie di valutazioni, scelte, accortezze che fanno la differenza. È qualità anche la salubrità di quanto ingeriamo con la dieta, che dipende, oltre che dai livelli di residui dei prodotti fitosanitari (p.f.) conseguenti ai trattamenti effettuati per difendere le produzioni dalle avversità, anche dalla presenza di microrganismi, di metalli pesanti, di differenti sostanze di origine naturale, quali per esempio le micotossine. È percezione comune però che specialmente i residui di agrofarmaci rappresentino un indice di cattiva qualità e di rischio per il consumatore, anche se i limiti vengono fissati, dopo attenta valutazione del rischio per il consumatore stesso, con fattori di sicurezza molto conservativi, variabili in funzione delle caratteristiche tossicologiche delle molecole. È per questo che nel 1992, l’allora Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF), promosse una vasta indagine conoscitiva, coordinata dal CRA-PAV, allora ISPaVe, volta a quantizzare il fenomeno residui che generava preoccupazioni e allarmismo, senza peraltro basarsi su dati sufficienti e significativi. L’indagine, attivata inizialmente solo al Nord Italia, si è evoluta nel tempo e, da fotografia dello stato igienicosanitario delle produzioni ortofrutticole nazionali, è diventata uno strumento prima tecnico-conoscitivo e successivamente tecnico-scientifico. Quest’ultimo è volto alla verifica della ricaduta delle differenti tecniche di difesa sul prodotto finale, allo studio della persistenza di nuove molecole, alla difesa delle colture minori, all’impatto sull’ambiente delle scelte operate in campo. Il progetto ha anche cambiato nome, da Rete di Monitoraggio a

Cos’è un residuo di prodotto fitosanitario

• Si definisce residuo di un prodotto

fitosanitario (p.f.) la quantità di sostanza attiva (s.a.) che rimane sul o nel prodotto destinato all’alimentazione, in conseguenza di un trattamento antiparassitario o di un diserbo chimico. Vengono fissati i livelli massimi accettabili (LMR) per coltura, armonizzati a livello comunitario, dopo un’attenta valutazione del rischio per il consumatore. Essa tiene principalmente conto della dose giornaliera accettabile (ADI) e della dieta. L’ADI è la quantità di s.a. che un individuo può ingerire ogni giorno della vita senza rischio per la salute. Vengono considerate anche diete di categorie a rischio, quali per esempio lattanti, bambini, anziani

Foto R. Angelini

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analisi multiresiduale Programma interregionale per il miglioramento qualitativo delle produzioni agricole “Controllo dei residui di prodotti fitosanitari finalizzato alla razionalizzazione di tecniche di difesa delle colture. Per comodità nel testo si continuerà a chiamarlo monitoraggio. Contemporaneamente, agli inizi degli anni ’90, è stato attivato dal Ministero della Salute, sulle produzioni nazionali e di importazione, il controllo ufficiale dei residui nei punti di vendita e di ingresso sul territorio nazionale. La sua finalità era di natura ispettiva e repressiva, anche per dare risposta alle direttive comunitarie che imponevano questo tipo di monitoraggio a tutti gli stati membri, per avere un quadro generale del possibile rischio per il consumatore su tutto il territorio dell’Ue. Le due attività hanno camminato di pari passo, di supporto l’una all’altra, ma dopo i primi anni si è capito che i risultati non erano confrontabili: l’attività del MiPAAF infatti prevedeva, con il supporto delle Regioni e dei loro tecnici, di operare su colture significative a livello regionale e su sostanze attive problematiche, o perché necessarie di ulteriore messa a punto delle modalità di applicazione o perché particolarmente persistenti. Si è indagato quindi sulle situazioni più a rischio: non era pertanto un’indagine a campione, ma una verifica dell’impiego in campo, perché i risultati fossero di indirizzo per l’assistenza tecnica e di verifica delle conseguenze dell’effettivo impiego dei prodotti fitosanitari sulla qualità del prodotto finale. I tecnici regionali, opportunamente istruiti al fine di operare in maniera standardizzata, prelevano in campo al momento della raccolta i campioni previsti dal progetto, in aziende che operano secondo criteri di difesa integrata o tradizionale. Tutte le elabora-

Obiettivi attuali della Rete di monitoraggio

• Acquisizione di elementi conoscitivi

sulla presenza di residui di agrofarmaci

• Responsabilizzazione degli operatori del settore

• Attivazione di una rete di laboratori qualificati

• Valutazione delle strategie di difesa adottate a livello regionale

• Studio delle curve di degradazione

degli agrofarmaci in condizioni di reale pratica d’uso

• Studio del comportamento residuale nei prodotti trasformati

• Studio della persistenza di sostanze

attive in terreni e acque a uso agricolo

• Studio del comportamento residuale di sostanze attive di nuova introduzione, di nuove formulazioni e di diverse tecniche di distribuzione

• Supporto per la valorizzazione delle

produzioni agricole regionali e per la valutazione dell’applicazione delle misure agro-ambientali volte al raggiungimento di un sistema di qualità nazionale

Organizzazione della Rete di Monitoraggio Campionamento in azienda

Schede campionamento

Laboratorio

Analisi

Divulgazione ed azioni conseguenti Regioni

CRA-PAV

Dati elaborati Inserimento ed elaborazione

Scheda analisi Scheda campionamento Scheda trattamenti

Divulgazione ed azioni conseguenti

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ricerca zioni e le correlazioni finali sono rese possibili dal fatto che ogni campione, anonimo se non per il tecnico, è accompagnato da una scheda dei trattamenti che riporta la sua storia (tipo di difesa, campo o serra, formulati utilizzati, dosi, momenti d’intervento, avversità, data di prelievo). Tale scheda segue il campione al laboratorio insieme a un’altra scheda sulla quale viene riportata l’indicazione del tecnico campionatore delle molecole da ricercare, in genere in numero di tre. Esse vengono analizzate nella maggior parte dei casi con metodiche multiresiduo per gruppi di composti. Dopo confronto con alcuni laboratori, era stata infatti concordata una scheda di richiesta analisi, fornita ai tecnici, che organizzava le sostanze attive in gruppi, in funzione dell’analisi multiresiduo che più comunemente veniva effettuata per la loro ricerca. È un raggruppamento minimo, nel senso che con un’unica determinazione multiresiduo tutti i laboratori dovevano determinare almeno le sostanze attive riportate in ogni gruppo. Tali analisi hanno permesso di individuare anche altre molecole oltre a quelle richieste dai tecnici, conseguenti in alcuni casi a utilizzi non dichiarati nelle schede dei trattamenti. Nella scheda messa a punto per la richiesta di analisi sono anche riportate le molecole che necessitano di analisi specifica. La finalità immediata dopo il campionamento è comunque di ottenere rapidamente una risposta dai laboratori e di far ritornare al tecnico il risultato, in modo da poter correggere indicazioni e comportamenti. L’individuazione dei laboratori idonei all’attività di monitoraggio, tra quelli segnalati dalle Regioni, inizialmente non è stata facile, specie per il Sud Italia. Se in alcune Regioni, infatti, agli inizi degli anni ’90 era già alta l’attenzione e la sensibilità verso il problema dei residui, in altre l’attività era ancora da iniziare e la disomogeneità ha costretto a una partenza lenta e differenziata. La disparità è stata però di stimolo per la crescita dei laboratori nelle zone carenti, che, una volta a regime, hanno operato fattivamente. Le strumentazioni, nell’arco degli anni, hanno subito numerosi adeguamenti: molti laboratori si sono dotati di attrezzature che meglio rispondevano alle esigenze analitiche quali HPLC-MS, GC-MS, HPLC-MS-MS, GC-MS-MS. C’è stato infatti un sostanziale cambiamento nella disponibilità di molecole impiegabili e quindi da ricercare, molecole sempre più selettive, appartenenti a differenti famiglie chimiche che spesso non è possibile analizzare se non con analisi specifiche e costose. Non va inoltre dimenticato che i numerosi limiti fissati a livelli molto bassi, quando non al limite di determinazione, impongono strumentazioni molto sensibili, al fine di effettuare ulteriori conferme dei risultati ottenuti. La griglia fornita ai tecnici necessita periodicamente di un aggiornamento alla luce dell’evoluzione delle metodiche e delle strumentazioni, oltre che dell’inserimento delle molecole che via via sono state registrate. Tutti i dati sul campione, compresi i risultati delle analisi, vengono inviati al CRA-PAV che li elabora, confrontandoli con la banca dati

Particolarità del piano di monitoraggio

• Conferimento di campioni mirati verso situazioni a rischio e a storia nota

• Conferimenti volontari • Controlli non fiscali • Conferimenti anonimi dei campioni • Rapidità nelle risposte analitiche • Frequenti incontri con i tecnici per la verifica dei risultati

Foto R. Angelini

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analisi multiresiduale agrofarmaci per valutarne la corrispondenza con i limiti di residuo fissati per legge. L’elaborazione è resa possibile da un software di gestione appositamente creato e messo a disposizione delle Regioni. Attraverso una puntuale elaborazione dei dati in pratica si analizzano e si relazionano tutte le molteplici variabili che entrano in gioco nel complicato rapporto matrice-sostanza attiva. Il Monitoraggio nell’arco degli anni ha indagato su oltre 130.000 campioni, a vicende alterne in funzione dei finanziamenti ottenuti, effettuando più di 2.000.000 di determinazioni analitiche, su un totale di circa 100 colture. Il pomodoro è stato campionato fin dal 1993. Poiché i risultati dei primissimi anni non sarebbero confrontabili con i successivi per autorizzazioni e limiti di residui diversi, le considerazioni qui esposte si riferiscono al periodo che va dal 1998 a oggi, che ha riguardato 4211 campionamenti, dei quali 1659 in serra e 2552 in campo. In questi anni è cambiata la gestione della difesa, sono cambiate le molecole da ricercare, molte sono state revocate, altre sono state autorizzate. L’attività svolta ha permesso di individuare l’evoluzione nell’utilizzo delle molecole più significative per la difesa del pomodoro, la diminuzione degli usi delle sostanze attive che hanno subito revoche, l’avanzamento delle nuove. Ma proprio perché la normativa negli ultimi 10 anni, a seguito dell’attività comunitaria, ha determinato frequenti variazioni nelle autorizzazioni e incertezze, in conseguenza spesso della non tempestiva informazione delle modifiche sopraggiunte, la verifica dell’impiego si è rivelata estremamente importante per supportare i tecnici. Inoltre, risulterebbero alcune irregolarità, sporadiche, nei primi anni di utilizzo di nuove molecole appositamente indagate, che dimostrerebbero spesso la necessità di una loro opportuna messa a punto. Grazie alle analisi e alle schede dei trattamenti si è evidenziato che le

Schede del piano Problematiche dell’innesto di monitoraggio

• L’attuale sistema di moltiplicazione anagrafica: • Scheda della vite, tramite innesto a tavolo e sua

evidenzia alcune difficoltà –propagazione, Matrice campionata operative legate soprattutto ai tempi – Regione e Provincia di produzione. Infatti, l’imprenditore –vivaista Tipologia campionamento: campo, devediprevedere l’anno prima serra, magazzino l’andamento del mercato e scegliere varietà, i cloni, i portinnesti più adatti –le Date campionamento e consegna alle zone da dove presumibilmente analisi proverrà la maggiore domanda. Infatti, tecnica: • Scheda la barbatella che viene venduta –al Trattamenti effettuati: viticoltore viene preparata l’anno Formulato distribuito precedente e solo raramente l’azienda Numero di distribuzioni viticola prenota con largo anticipo Date di intervento le barbatelle che intende mettere Volumi distribuiti a dimora Avversità controllata

• Scheda analisi: – Identificativo laboratorio – Gruppi chimici Principio attivo Residuo

Foto M. Curci

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ricerca molecole più frequentemente ritrovate nel corso degli anni tra le irregolarità, sono state prevalentemente quelle ad attività fungicida. Le non conformità ai valori fissati, proprio perché presenti in numero limitato, non sono state correlate a cause specifiche. Potrebbero quindi essere imputabili a errori, all’andamento stagionale, al numero dei trattamenti effettuati. Le schede dei trattamenti hanno permesso comunque di evidenziare per alcune molecole, in funzione dell’andamento stagionale, trattamenti ripetuti più volte nell’arco della stessa stagione. Tali ripetizioni, pur se non sono in genere indice di una buona pratica agricola, nella maggior parte dei casi non hanno determinato irregolarità. È stato possibile anche individuare la presenza contemporanea di più residui sullo stesso campione. La contemporanea presenza di più s.a., evidenziata all’analisi, non permette al momento però di dare giudizi relativi al rischio per il consumatore

Norme sugli agrofarmaci

• L’anno 1993 ha rappresentato il punto

0 nel mondo degli agrofarmaci: la Direttiva 91/414 infatti indica nelle molecole presenti sul mercato al luglio 1993, quelle che avrebbero dovuto subire la revisione per poter essere incluse in Allegato I, lista positiva di sostanze attive. Le altre, autorizzate successivamente, sono state incluse nello stesso Allegato secondo gli stessi criteri adottati nella revisione, più stringenti e approfonditi per quanto riguarda la valutazione del rischio per il consumatore, l’operatore, l’ambiente. La revisione è praticamente terminata, moltissime molecole non sono più impiegabili, altre hanno preso o stanno prendendo il loro posto. La Direttiva 91/414 sta per essere sostituita da un regolamento e ci si avvia verso ulteriori possibili cambiamenti. Anche per il pomodoro, come per la maggior parte delle altre colture, la non inclusione ha coinvolto più gli insetticidi che i fungicidi, condizionando la gestione della difesa. I criteri adottati dall’Unione europea per la valutazione degli agrofarmaci sono identici in tutti i Paesi membri e offrono livelli di garanzia elevatissimi tali da prevenire rischi per gli operatori agricoli, per i consumatori e per l’ambiente

Campioni di pomodoro prelevati e analizzati nella Rete di Monitoraggio, dal 1993 al 2008

261 26

42 20 30 32

110 69 214 31 341 69 89 107 50 377

53 325

8 759 242 234

88 47

26 273 142 136

Campioni di campo Campioni di serra

Campioni e impieghi totali suddivisi per anno di indagine 1998-99

2000-02

2003-05

2006-07

2007-08**

Campioni

652

953

1467

956

173

Impieghi

1145

2808

4498

2208

280

**: dati parziali

478


analisi multiresiduale in quanto sono allo studio dell’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) eventuali effetti sinergici sulla salute umana, in funzione dei meccanismi di azione delle molecole coinvolte. Pur ribadendo quanto già esposto, e cioè che le indagini sono prevalentemente mirate a situazioni a rischio, si può dare un quadro di quanto ritrovato: le irregolarità sugli usi hanno determinato “non rilevabilità” in percentuali variabili dall’83,5 al 90,3% dei casi; valori inferiori al 50% dell’LMR dall’8,7 al 14,4%; valori compresi tra il 50% e l’LMR dallo 0,4 all’1,2%; valori superiori all’LMR tra lo 0,3 e l’1,8%. Quest’ultimo dato è stato riscontrato nel 2006-2007, annata particolarmente calda e umida, forse la più calda dell’ultimo secolo. Le irregolarità emerse nell’arco dell’indagine sono risultate, rispetto alle altre colture, piuttosto contenute e pari in genere al 50% della media totale delle irregolarità ottenute sui campioni di tutte le colture. Inoltre, confrontando i valori ritrovati nell’arco degli anni è possibile affermare che le percentuali di campioni con presenza di residui al disotto del 50% dei limiti fissati sono risultate comprese tra il 95,2% e il 98,3%. Alla luce dei dati esposti il pomodoro in generale non desta particolari preoccupazioni sotto l’aspetto igienico-sanitario: è infatti una coltura importante per l’agricoltura nazionale ed ha quindi a sua disposizione una vasta gamma di s.a. autorizzate che permettono di gestirne al meglio le avversità. Inoltre, l’assistenza tecnica e la sensibilità degli operatori hanno raggiunto in generale, anche grazie al progetto, un alto grado di consapevolezza e i criteri di difesa ecocompatibili sempre più applicati ne sono il risultato. Il futuro del progetto potrebbe essere racchiuso nell’ultimo punto esposto tra gli obiettivi, all’inizio di questa relazione, in considerazione della prossima obbligatorietà dell’applicazione della difesa integrata. Il Piano Strategico Nazionale del MiPAAF infatti comprende, tra le principali finalità, anche la qualità delle produzioni agricole, prevedendo azioni di monitoraggio, verifica e indirizzo, riferite all’adozione di un sistema di qualità. Tali azioni potrebbero essere garantite grazie ai risultati e all’esperienza maturati con il progetto.

Campioni analizzati con presenza di uno o più residui N. di residui

1998-99

2002-03

2004-05

2006-07

2007-08**

1

157 (11)

197 (12)

278 (11)

114 (18)

24 (2)

2

22

25 (1)

61 (1)

23 (8)

2

3

3

3

11

11 (2)

4

1

1

1

2

Laboratori e apparecchiature per l’analisi dei residui di agrofarmaci

Legenda: ( ) n. di campioni irregolari **: dati parziali

479


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