Il riso botanica | storia e arte | alimentazione | paesaggio coltivazione | ricerca | utilizzazione | mondo e mercato
il riso
botanica Botanica ed esigenze Aldo Ferrero, Antonio Tinarelli
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti: le foto alle pagine 1 (Lorelyn Medina) e 596 (Gennady Kravestky) sono dell’agenzia Dreamstime.com. Le foto alle pagine 104 e 105 sono di Renato Guttuso © Renato Guttuso by SIAE 2008.
botanica Botanica ed esigenze Inquadramento sistematico Il riso è una graminacea del genere Oryza L. appartenente alla tribù delle Oryzeae. Questa comprende 12 generi, di cui solo due, Oryza e Zizania, con piante di interesse alimentare. Le differenze fra questi due generi sono messe in evidenza dalla chiave analitica di Schmidt, basata su alcune differenze morfologiche: – genere Oryza: spighette bisessuate, compresse lateralmente, aristate o mutiche; glume rudimentali ben visibili; cariossidi strettamente contenute tra le due glumelle, indurite; – genere Zizania: spighette unisessuate; infiorescenze in pannocchie strette, a rametti molto numerosi, semieretti; glume assenti; glumelle membranose molto oblunghe (10-15 mm); la glumella inferiore si prolunga in una lunga arista, di 8-10 mm, nelle pannocchie maschili e di 15-20 mm nelle spighette femminili. L’inflorescenza femminile è normalmente eretta, mentre quella maschile è lassa. La posizione dei fiori favorisce la fecondazione incrociata. La classificazione del riso è stata per un lungo periodo di tempo oggetto di discussione a causa dell’ampia variabilità morfologica e della frequente presenza di piante con caratteristiche intermedie tra varie specie appartenenti a questo genere e per la notevole ampiezza di distribuzione. Il primo studio sistematico delle piante del genere Oryza è del russo Roschevicz che, nel 1931, arrivò a distinguere 19 specie su
Classificazione del riso
• Linneo considerò, per il genere Oryza,
una sola specie, O. sativa, che includeva 18 varietà, contraddistinte dalla forma e dalla colorazione dei semi, nonché dalla presenza o meno delle ariste
Risaie in Piemonte
Foto R. Angelini
2
botanica ed esigenze quattro sezioni. Nello stesso anno, i botanici tassonomi dell’IRRI formarono una lista di 25 specie, che fu poi ridotta nel 1965 a 22 da Tateoka, Sharma e Shastry. Queste specie presentano una ampia diversità sia a livello morfologico, sia ecologico. Seguendo la recente classificazione tassonomica di Vaughan (1989) la maggior parte delle specie di questo genere sono state raggruppate in 4 complessi, mentre alcune non sono ancora state inserite in alcuno di essi. In questi complessi figurano specie diploidi e tetraploidi caratterizzate dalla presenza di 6 genomi di base AA, BB, CC, EE, FF e GG e da 3 combinazioni genomiche BBCC, CCDD, HHJJ, anche se l’origine di DD, HH e JJ è ancora sconosciuta. Tra queste specie soltanto due, Oryza sativa e O. glaberrima sono quelle coltivate, mentre tutte le altre sono da considerarsi come selvatiche. O. sativa è la specie più coltivata a livello mondiale e costituisce l’alimento base per circa la metà della popolazione del globo. Essa si è probabilmente evoluta all’interno di un’ampia area compresa tra le regioni ai piedi dell’Himalaya e delle catene montuose adiacenti. O. glaberrima è una specie domesticata nel continente africano, attualmente coltivata in alcune aree dell’Africa occidentale. Le specie selvatiche sono distribuite principalmente nelle aree tropicali.
Inquadramento sistematico del riso
• Regno: Plantae (piante) • Sottoregno: Tracheobionta (piante vascolari)
• Gruppo: Cormofite (presenza di radici, fusto e foglie)
• Superdivisione: Fanerogame
o Spermatofite (riproduzione mediante seme)
• Divisione: Magnoliophyta
o Angiosperme (ovuli entro l’ovario)
• Classe: Liliopsida o Monocotiledoni (un solo cotiledone nel seme)
• Ordine: Poales o Glumiflore (presenza delle glume)
• Famiglia: Poaceae o Graminaceae • Tribù: Oryzeae • Genere: Oryza
Numero di specie, numero cromosomico e distribuzione dei generi della tribù Oryzeae (da Vaughan 1989) Genere
N. di specie
N. cromosomico
Distribuzione
Chikusiochloa
3
24
Cina e Giappone (aree temperate)
Hygroryza
1
24
Asia (aree temperate e tropicali)
Leersia
17
48, 60, 96
Tutti i continenti (aree temperate e tropicali)
Luziola
11
24
Nord e Sud America (aree temperate e tropicali)
Maltebrunia
5
Sconosciuto
Aree tropicali e Sud Africa
Oryza
24
24, 48
Tutti i continenti (aree temperate e tropicali)
Porteresia
1
48
Asia meridionale (aree tropicali)
Prosphytochloa
1
Sconosciuto
Africa meridionale (aree temperate)
Potamophila
1
24
Australia (aree temperate e tropicali)
Rhynchoryza
1
24
Sud America (aree temperate)
Zizania
3
30, 34
Asia (aree temperate e tropicali), Nord America, Europa
Zizaniopsis
5
24
Nord e Sud America (aree temperate e tropicali)
Foto R. Angelini
3
botanica Particolarmente quelle caratterizzate dal genoma AA costituiscono un importante patrimonio di risorse genetiche molto utili negli interventi di miglioramento del riso coltivato. Il complesso O. sativa comprende 8 specie, tutte con genoma AA, rappresentate da O. rufipogon, O. nivara, O. sativa, origi-
Numero cromosomico, genoma e distribuzione delle specie del genere Oryza (da Vaughan 1989) Complesso/taxon e specie
N. cromosomico
Genoma
Distribuzione
Complesso O. sativa O. sativa L.
24
AA
Tutto il mondo
O. glaberrima Steud.
24
AA
Africa occidentale
O. barthii A. Chev.
24
AA
Africa
O. longistaminata Chev. et Roehr.
24
AA
Africa
O. nivara Sharma et Shastry
24
AA
Asia tropicale e subtropicale
O. rufipogon Griff.
24
AA
Asia tropicale e subtropicale, Australia tropicale
O. meridionalis Ng
24
AA
Australia tropicale
O. glumaepatula Steud.
24
AA
America centro-meridionale
Complesso O. officinalis
O. alta Swallen
48
CCDD
America centro-meridionale
O. australiensis Domin.
24
EE
Australia tropicale
O. eichingeri Peter
24, 48
CC
Africa occidentale e orientale
O. grandiglumis (Doell) Prod.
48
CCDD
America centro-meridionale
O. latifolia Desv.
48
CCDD
America centro-meridionale
O. minuta J.S. Presl. et C.B. Presl.
48
BBCC
Filippine e Papua Nuova Guinea
O. officinalis Wall. ex Watt
24, 48
CC
Asia tropicale e Papua Nuova Guinea
O. punctata Koteky ex Steud.
24, 48
BB, BBCC
Africa
O. rizhomatis Vaughan
24
CC
Sri Lanka
Complesso O. ridley
O. longiglumis Jansen
48
HHJJ
Papua, Nuova Guinea, Giava, Indonesia
O. ridleyi Hook. f.
48
HHJJ
Asia meridionale
Complesso O. meyeriana
O. granulata Nees et Arn. ex Watt
24
GG
O. meyeriana (Zoll. et Mor. Ex Steud.) Baill.
Asia meridionale e sud-orientale Asia sud-orientale
Specie non assegnate ad alcun complesso
O. schlechteri Pilger
48
Sconosciuto
Papua, Nuova Guinea, Africa
O. brachyantha Chev. et Roehr.
24
FF
Africa
O. neocaledonica Morat
24
Sconosciuto
Papua, Nuova Guinea
4
botanica ed esigenze narie del continente asiatico, O. longistaminata, O. barthii e O. glaberrima, diffuse in Africa, e da O. meridionalis e O. glumaepatula, presenti rispettivamente in Australia e America latina. Questo complesso comprende le varie forme spontanee e infestanti delle due specie coltivate. Le forme spontanee di O. glaberrima sono diffuse in Africa e sono rappresentate dalla specie perenne rizomatosa O. longistaminata, diffusa nelle regioni sub-sahariane e nel Madagascar e da quella annuale O. barthii, che cresce nelle regioni dell’Africa centro-meridionale. O. barthii è stata da molti considerata come progenitrice della specie coltivata O. glaberrima. Tra le forme spontanee di O. sativa è da considerare O. rufipogon, una specie ampiamente distribuita nel Sud e Sud-Est asiatico e in Australia. Forme non facilmente distinguibili dal punto di vista morfologico sono presenti anche nelle aree paludose del Sud America. Gli habitat di O. nivara sono corsi d’acqua, stagni e bordi di paludi. Molte delle numerose forme infestanti del riso coltivato sono costituite dai diversi ibridi tra O. sativa e le sue due forme selvatiche (parenti?). I centri di differenziazione di O. glaberrima sono rappresentati dal bacino paludoso del fiume Niger e dall’area costiera della Guinea. O. glaberrima presenta ecotipi adattati alla coltivazione nelle acque profonde ed ecotipi in grado di svilupparsi anche in assenza di sommersione. Nei terreni idromorfi questa specie si comporta da pianta perenne e nei campi coltivati a O. sativa è talvolta presente come pianta infestante. La diversificazione ecologica in O. sativa è avvenuta nel tempo a seguito di fenomeni di ibridazione, differenziazione e selezione naturale che hanno interessato le forme ancestrali e grazie all’intervento dell’uomo che ne ha favorito l’inserimento in ambienti asciutti, a latitudini e quote più elevate, in aree soggette a sommersioni causate da esondazioni o maree. Questo lento processo evolutivo ha portato alla differenziazione di due subspecie identificate come indica, adattate alle aree tropicali e japonica, in grado di crescere nelle regioni a clima temperato o negli ambienti pluviali (upland). L’azione combinata della selezione naturale e dell’uomo a seguito delle sue preferenze culturali e delle tradizioni socio-religiose ha favorito la formazione di un’ampia diversità genetica, soprattutto nell’ambito delle varietà asiatiche, che ha riguardato le caratteristiche morfologiche della pianta, della dimensione del granello, della forma, del colore e delle proprietà chimiche e organolettiche. Il patrimonio cromosomico delle specie nel genere Oryza, in particolare quello delle subspecie japonica e indica, è diploide (2n = 24); nove delle ventidue specie sopra accennate, o taxa, sono invece tetraploidi (2n = 48). L’evoluzione che ha caratterizzato la differenziazione delle due sottospecie indica e japonica è posta in chiara evidenza dalle barriere di sterilità, nelle circostanze in cui si esegue l’incrocio tra le varietà dei due gruppi.
Caratteristiche botaniche
• Negli ambienti a clima temperato
il riso si comporta come una specie semiacquatica annuale, caratterizzata dalla presenza di un sistema radicale e di tessuti epigei, rappresentati da un culmo, da foglie e organi riproduttivi simili a quelli di molte altre graminacee coltivate
Foto S. Feccia
O. sativa subsp. indica Foto S. Feccia
O. sativa subsp. japonica
5
botanica Morfologia e struttura della pianta
Epidermide Anello di fibre
Radice È la parte interrata della pianta che svolge una funzione meccanica di sostegno e fisiologica di assorbimento dei nutrienti e dell’acqua dal terreno. È costituita da un sistema fascicolato che presenta un complesso di radici, che assumono uno sviluppo e un’importanza crescente durante l’accrescimento della pianta. L’apparato radicale inizia il suo sviluppo con la formazione, durante la germinazione, di una radichetta embrionale singola, seguita subito dopo da quella di altre due e di numerose ramificazioni che vanno a costituire, nel loro complesso, le radici secondarie o seminali molto sottili, che rimangono attive per l’intero ciclo biologico. La radichetta embrionale è rivestita da una formazione a forma di cuffia, nota come coleoriza che ne favorisce la fuoriuscita dal seme e la penetrazione nel suolo. Dai nodi inferiori dei culmi e per tutto il periodo di crescita che precede la fioritura, prendono poi origine le radici avventizie o della corona, di maggiori dimensioni e più sviluppate in lunghezza rispetto alle seminali. Le radici avventizie costituiscono la parte funzionalmente più importante dell’apparato radicale. Nelle normali condizioni di sommersione del suolo queste radici derivano dai nodi sotterranei, mentre negli ambienti caratterizzati dalla presenza di uno strato di acqua molto profondo (riso galleggiante) tendono a formarsi anche dai nodi al di sopra della superficie del suolo (radici del culmo). Le radici del culmo si possono formare anche in condizioni di riso trapiantato o in conseguenza di traumi provocati da eventi grandiniferi o da altre cause. L’assorbimento dei nutrienti e dell’acqua avviene a opera delle porzioni terminali delle radichette e, in particolare, di un sistema di peli radicali disposto in prossimità della cuffia o pileoriza, che
Strato pilifero
Peli radicali Lacuna
Fasci Periciclo Cilindro centrale Endoderma Midollo
Canali aeriferi
Parenchima corticale
Sezione trasversale della radice primaria
Risaia e, sullo sfondo, la catena alpina
Foto R. Angelini
6
botanica ed esigenze avvolge l’apice radicale. La struttura della radice è caratterizzata dalla presenza, dall’esterno verso l’interno, di un’epidermide, una corteccia e un cilindro centrale o stele. L’epidermide è costituita da uno strato di cellule cilindriche, alcune delle quali sono in grado di generare i peli radicali. Nella corteccia si distingue: – uno strato esterno o esoderma, formato da uno strato di cellule sottili e allungate, talvolta suberizzate; – un tessuto mediano, costituito da cellule tondeggianti, disposte in fila, che con il tempo tendono a disintegrarsi dando luogo alla formazione di spazi o camere aerifere; – una parte interna o endoderma con cellule allungate, in strato semplice, le cui pareti tendono nel tempo a diventare decisamente spesse e lignificate. Il cilindro centrale è costituito da tre elementi essenziali: il periciclo, il tessuto vascolare o conduttore e il midollo. Il periciclo è un elemento di separazione tra l’endoderma e il tessuto vascolare ed è costituito da un singolo strato di cellule. Il tessuto vascolare è formato da masse alternate di tessuti legnosi (xilema) e cribrosi (leptoma) nelle quali sono immersi i vasi. Nelle giovani radici sono sempre presenti quattro vasi, in quelle vecchie se ne possono trovare fino a sei. L’endoderma è percorso da numerosi canali aeriferi che conferiscono a questa specie un’elevata adattabilità alle condizioni di asfissia radicale che si determinano nei terreni sommersi dall’acqua. Il midollo occupa la parte centrale della radice; nelle ramificazioni laterali o nelle radichette più sottili è ammassato e piuttosto ridotto. Le radici sane sono inizialmente di colore bianco lattiginoso e assumono con il passare del tempo una colorazione giallo-ferruginoso e una consistenza fibrosa. In queste condizioni, le radici offrono, a partire dalla fase di fioritura, una discreta resistenza alla
Germinazione e sistema di semina
• Nel caso della semina in acqua,
l’emissione della radichetta seminale è successiva a quella del coleoptile, a motivo della parziale anaerobiosi che si stabilisce nel terreno sommerso
• Quando invece la semina viene
realizzata su terreno asciutto, come avviene nella generalità dei casi della semina interrata, prima si sviluppa la radichetta e successivamente il coleoptile
Altezza della pianta
• L’altezza della pianta del riso dipende
dal numero di nodi e internodi del culmo e può variare da 0,4 a 6 m (nel riso galleggiante). Le varietà a ciclo breve presentano un numero inferiore di internodi rispetto a quelle a ciclo più lungo
Risaie, campi di mais e pioppeti
Foto R. Angelini
7
botanica trazione, mentre nel caso di una pianta malata o sofferente il sistema radicale assume un colore bruno-nerastro e presenta una limitata resistenza alla trazione. Lo sviluppo in profondità e in larghezza dell’apparato radicale è fortemente influenzato dalle caratteristiche genetiche, dalla natura del terreno, dalla quantità di nutrienti disponibili e dal grado di aerazione del suolo. Il massimo sviluppo dell’apparato radicale si manifesta al termine della fase d’accestimento e principalmente quando il livello dell’acqua è mantenuto basso. Al raggiungimento della fase di fioritura l’accrescimento radicale si arresta mentre l’assunzione degli elementi nutritivi continua e si mantiene fino allo stadio di maturazione lattea, in linea approssimata 10-15 giorni dopo la fine della fioritura. Nel periodo iniziale, l’apparato radicale tende a svilupparsi in superficie, orizzontalmente, e ad approfondirsi soltanto all’inizio della fase di accestimento. Alla maturità della pianta, l’apparato radicale costituisce il 1012% della sostanza secca totale prodotta. In termini generali il 25% del sistema si situa nei primi 5 cm di profondità del suolo; il 60-65% entro i 10 cm. I genotipi che offrono una maggiore resistenza all’allettamento presentano un apparato radicale maggiormente sviluppato in profondità.
Struttura di un internodo Esaminando la sezione trasversale di un internodo si distinguono le seguenti parti:
• epidermide, costituita da uno strato di cellule subrettangolari, in cui si inseriscono degli stomi
• corteccia, costituita da quattro strati
di piccole cellule esagonali, che si ispessiscono e lignificano durante la maturazione
• midollo, costituito da una massa di
cellule parenchimatiche con sezione romboidale o tonda, dalle pareti sottili; con l’avanzamento del ciclo di sviluppo alcune di queste cellule degenerano dando luogo alla formazione di ampie cavità; nella massa midollare sono immersi fasci fibro-vascolari e numerosi granuli di amido. L’accumulo di amido in questa struttura permette al culmo di ritardare il processo di senescenza rispetto alle foglie
Culmo All’inizio del processo germinativo, alcuni giorni dopo la semina, si sviluppa il coleoptile, da cui prende origine il fusto primario. Nel riso, come in tutte le altre graminacee, il fusto prende il nome di culmo ed è caratterizzato da una successione di internodi e nodi. Come meglio specificato nel capitolo sulla fisiologia di questa specie, durante la fase di accestimento dalle gemme dei nodi basali, all’ascella delle prime foglie, si originano culmi secondari (culmi di accestimento), in numero variabile a seconda delle condizioni climatiche, delle caratteristiche genetiche della varietà, dello stato nutrizionale e sanitario della pianta e delle condizioni di ossigenazione del suolo. Nelle condizioni ordinarie di coltivazione del riso, nei climi temperati, il cespo di una pianta di riso presenta in media da 1 a 3 culmi in grado di formare un’infiorescenza produttiva, mentre in situazioni molto particolari (per esempio nel caso di piante isolate), si sono osservati fino a oltre cinquanta culmi fertili per pianta. L’asse del culmo è formato da nodi pieni distanziati da internodi cavi, più o meno lunghi. I nodi presentano un diametro superiore a quello degli internodi a causa di un ispessimento, il pulvino, dovuto principalmente alla presenza della porzione basale delle guaine fogliari. Al di sopra di ogni internodo è presente un tessuto di accrescimento degli internodi denominato meristema intercalare. Gli internodi sono lunghi da pochi mm (quelli basali) a 7-8, fino a 18-20 cm, e sono di numero variabile tra 10 e 20 a seconda della
• lume, costituito dalla parte cava, posta al centro dell’internodo
Epidermide Parenchima midollare
Corteccia Lacune aerifere
Canale centrale o lume dell’internodo
Fasci fibrovascolari Sezione trasversale dell’internodo del culmo
8
botanica ed esigenze Particolare della sezione dell’internodo del culmo Parete esterna
Lacune del sistema aerifero
Caratteristiche fogliari
• La presenza di ligula e orecchiette
consente di distinguere il riso dai giavoni (Echinochloa spp.), graminacee infestanti comunemente presenti nelle risaie di tutto il mondo, che ne sono privi
Epidermide Ipoderma Floema o libro Fasci fibro-vascolari collaterali Canale centrale o midollare (lume dell’internodo)
Xilema o legno Parenchima midollare
taglia e della lunghezza del ciclo della varietà, nonché dello stato nutrizionale e sanitario della pianta. Gli internodi sono lisci, di sezione cilindrica, di 6-8 mm di diametro, più o meno eretti, talora costoluti, normalmente di colore verde più o meno intenso. Alcuni genotipi sono interessati, sui fasci vascolari e più intensamente nella zona del nodo, da pigmentazioni antocianiche di colore rosso-vinoso fino al violetto intenso. La fragilità del culmo è legata alla presenza di cellulosa, il cui contenuto è strettamente dipendente da fattori genetici. L’ultimo internodo, su cui si inserisce la pannocchia, presenta alcune caratteristiche differenziali rispetto a quelli sottostanti; è di frequente costoluto e non cilindrico, talora sinuoso e con un lume assai più ridotto.
Porzione di lamina
Ligula bifida
Auricole falcate e pelose
Foglie Sono disposte in modo alterno e in numero uguale a quello degli internodi ben sviluppati. Sono costituite da due parti: la guaina e la lamina o lembo. La guaina è una formazione allungata, cilindrica che si inserisce su un nodo e abbraccia per un certo tratto l’internodo superiore, fino al punto in cui si stacca, in modo netto e con forte angolo, il lembo. Nella giuntura tra la guaina e la lamina è presente una banda biancastra, nota come collare, su cui si inseriscono una ligula bifida, normalmente ialina, e due auricole o orecchiette falcate e pelose, più o meno pigmentate. In alcune varietà la ligula e le auricole sono assenti. La lamina è lunga 30-50 cm e larga 1,5 cm o poco più, piatta, lineare, con nervature parallele a una ben distinta nervatura centrale. Il suo portamento è, in generale per un primo tratto, eretto
Guaina Base della lamina fogliare del riso
9
botanica e successivamente arcuato, anche se nelle varietà a taglia bassa tende a essere in gran parte eretto. Il lembo fogliare è di norma pubescente e ispido; la ruvidezza si percepisce facendo scorrere le dita longitudinalmente dalla sommità alla base, per la presenza di peli inclinati verso l’apice. Le foglie, come anche altri organi della pianta, sono ricche di inclusioni silicee. Le foglie hanno una colorazione variabile dal verde al rosso violaceo e presentano una pigmentazione più intensa lungo la nervatura centrale e i margini della lamina. La prima foglia prodotta durante la germinazione è quella che protegge l’abbozzo del culmo, e prende il nome di coleoptile. Quella che si sviluppa successivamente attraverso il coleoptile è alquanto modificata e non forma praticamente il lembo. La foglia terminale, posta all’incirca all’altezza dell’infiorescenza, prende il nome di foglia bandiera ed è solitamente più breve e larga delle altre. La guaina di questa foglia protegge l’infiorescenza e si rigonfia prima che questa si liberi e diventi visibile. Il portamento della foglia bandiera varia da una posizione tendenzialmente eretta, parallela a quella dell’infiorescenza, orizzontale o pendula. Le foglie complete che si formano per prime esauriscono presto la loro funzione ed essiccano; nel periodo di massima attività vegetativa sono contemporaneamente attive cinque o sei foglie; alla maturazione, di rado, se ne contano più di due o tre ancora vitali. La foglia bandiera è quella che di norma mantiene più a lungo la sua efficienza fotosintetica.
Attività fotosintetica
• Le foglie sono gli organi della pianta
in grado di intercettare la maggior parte della radiazione solare incidente. Per indicare la capacità fotosintetica della pianta, nel riso come nelle altre colture, si fa comunemente riferimento all’indice di area fogliare o LAI (Leaf Area Index). Esso esprime la somma dell’area di tutte le foglie presenti sull’unità di superficie di terreno. Tale parametro assume il valore più elevato nel periodo che precede l’emissione dell’infiorescenza, quando cioè è presente il maggior numero di foglie vitali e viene esercitata la massima attività fotosintetica della pianta. In tali condizioni il LAI può variare da 5 a 10
Foto R. Angelini
Particolare della sezione trasversale della guaina fogliare Parenchima del mesofillo
Epidermide superiore
Cavità aerifera
Particolare del punto di inserzione delle foglie sul culmo
Fascio conduttore sotto epidermico
Gruppo fibroso Epidermide inferiore
10
Fascio conduttore interno
botanica ed esigenze Le foglie che si formano alla base del culmo esercitano un’azione trofica quasi esclusiva a favore dell’apparato radicale; la penultima e quella a bandiera assolvono, più di ogni altra, un ruolo di particolare valore nel favorire la migliore nutrizione delle cariossidi. Dal punto di vista anatomico, nella guaina si individuano un’epidermide superiore, un’epidermide inferiore e un mesofillo, costituito da un tessuto parenchimatico ricco di clorofilla e in cui sono immersi i fasci fibro-vascolari. Il tessuto parenchimatico presenta delle grosse cavità aerifere che mantengono separati i canali vascolari l’uno dall’altro. Questo tessuto funziona anche come organo di riserva nel quale si accumulano granuli di amido. Tutti i vasi hanno caratteristiche analoghe a quelle del culmo. I tessuti della lamina fogliare sono formati da una struttura simile a quella della guaina, pur con alcuni adattamenti. Il tessuto parenchimatico del mesofillo è in continuità con quello della guaina e avvolge i fasci fibro-vascolari, sotto forma di anelli concentrici, senza formare cavità. Gli stomi sono presenti su entrambe le pagine della lamina. La nervatura centrale è caratterizzata dalla presenza di ampie cavità aerifere.
Foto V. Bellettato
Infiorescenza L’infiorescenza è botanicamente una pannocchia racemosa inserita sull’ultimo nodo, all’apice di ogni culmo. È costituita da un asse principale o rachide e da 8-10 assi primari (o rachille) articolati, ciascuno, sui nodi del rachide. Comunemente, a ogni nodo del rachi-
Infiorescenza di riso
Foto R. Angelini
11
botanica
Glumella superiore (o palea)
Gluma superiore
de si inserisce una sola rachilla, anche se, in condizioni particolarmente favorevoli di fertilità del suolo e di illuminazione, si possono sviluppare 2 o 3 rachille. La pannocchia con queste caratteristiche viene comunemente denominata pannocchia femminile. Su ogni rachilla si inseriscono gli assi secondari, che a loro volta portano, a mezzo di brevi pedicelli, 2-3 spighette monoflore. Le spighette, di forma ovale, presentano dall’esterno un involucro fiorale che racchiude l’androceo e il gineceo, che è costituito da due coppie di glume e da 2 glumelle, a forma di navicella, combacianti tra loro, che rappresentano il reale involucro fiorale. Le glume comprendono due serie di formazioni, rappresentate dalle glume vere e proprie, lesiniformi, carenate, rigide, di 3-4 mm di lunghezza e 1 mm di larghezza e dalle glume rudimentali, che si presentano come rigonfiamenti sporgenti sull’apice del peduncolo. La glumella superiore o palea concorre per circa 1/3 alla costituzione dell’involucro fiorale e presenta 3 nervature prominenti (1 dorsale media e 2 sul margine); la glumella inferiore o lemma, più sviluppata della precedente, forma la restante parte dell’involucro e presenta 5 nervature (1 dorsale, 2 mediane, 2 sul margine) alternate a scanalature, che risultano ben visibili sulla superficie della cariosside. La nervatura dorsale della lemma termina nelle varietà mutiche con un mucrone e in quelle aristate con l’arista o resta, di lunghezza variabile. Entrambe le glumelle presentano una struttura anatomica caratterizzata dalla presenza di due rivestimenti, uno esterno e uno interno, di cellule epidermiche. Questi includono al loro interno i fasci conduttori, rilevabili dall’esterno come nervature, e strati di piccole cellule nelle regioni dove i fasci conduttori sono assenti. L’epidermide esterna è rivestita dalla cuticola e può essere glabra o più meno intensamente villosa per la presenza di peli o inclusioni silicee. Alla base delle glumelle sono presenti le lodicole, due formazioni che al momento dell’antesi si rigonfiano provocando la divaricazione dell’involucro fiorale. Il tempo in cui le glumelle restano divaricate è una caratteristica varietale e può essere compresa tra 5-10 minuti e qualche ora. L’androceo o organo maschile è composto da sei stami con filamenti sottili, bianchicci che sostengono un’antera e si allungano all’antesi. Ogni antera a sacca lunga, di colore giallo prima della fioritura e bianco dopo, presenta 4 logge che contengono i granuli pollinici e sono unite da un esile tessuto connettivo. Alla fioritura i lobi si aprono sulla linea di congiunzione favorendo la dispersione del polline. Il granulo pollinico o microsporangio è un’unità cellulare, costituita da uno strato di rivestimento e dal citoplasma, da cui trae origine il tubulo pollinico durante il processo di fecondazione dell’ovulo. Il gineceo si compone di un pistillo con ovario monocarpellare ovoide, monovulare, due stimmi piumosi di norma ialini, raramen-
Megasporangio o ovulo Ovario
Lodicola Gluma inferiore
Filamenti Glumella staminali inferiore (o lemma)
Sezione trasversale di spighetta di riso
12
botanica ed esigenze te pigmentati, che sormontano il pistillo. L’ovulo o macrosporangio al momento della fioritura, prima della fecondazione, risulta costituto dalla nocella dotata di un’apertura, il micropilo, per favorire la penetrazione del tubulo pollinico. All’interno della nocella sono presenti sette cellule: l’oosfera accompagnata da due sinergidi al polo micropilare, tre antipodi al polo opposto e una cellula con due nuclei (nuclei polari) al centro. Dal momento della sua liberazione dall’antera, il polline ha una vitalità limitata a pochi minuti (4-5) mentre gli stimmi rimangono fertili per 4-7 giorni. La deiscenza delle antere avviene normalmente prima della divaricazione delle glumelle. Per questa ragione il riso è una specie autogama, in grado di autoimpollinarsi. La parte terminale della spighetta è costituita dalla congiunzione delle sommità delle due glumette ed è ricoperta da peli. Il portamento del rachide può essere eretto, semieretto, pendulo e dipende dalle caratteristiche genetiche e, in parte, anche dalle specifiche condizioni colturali. A seconda dell’angolo compreso tra le rachille e l’asse del rachide, la pannocchia può avere una forma chiusa o aperta. La densità della pannocchia è espressa mediante il rapporto tra il numero dei fiori presenti nell’infiorescenza e la lunghezza del rachide dal nodo all’apice.
Foto. L. Tamborini
Foto R. Angelini
Seme Comunemente chiamato riso grezzo o risone, è formato da una cariosside, costituita da un frutto secco monospermo indeiscente e da un rivestimento, noto come lolla, rappresentato dalle glumelle saldate tra loro. Nella maggior parte delle varietà coltivate il rapporto ponderale tra la cariosside decorticata e la lolla è approssimativamente pari a 80:20. Il seme è sostenuto da un pedicello che si inserisce sulla rachilla, a mezzo di un tessuto di abscissione costituito da 1 a 3 strati di cellule. In molte piante di riso selvatiche e in alcune vecchie varietà coltivate il pedicello manifesta un’elevata fragilità a causa della suberificazione del tessuto di abscissione, con conseguente distacco del granello (crodatura) prima della completa maturazione o della raccolta. Alla maturazione la cariosside, privata delle glumelle, è formata da una sottile pellicola di rivestimento, dall’endosperma o endocarpo e dall’embrione. Il rivestimento consiste in una successione di strati di cellule, variabile da uno a sette, rappresentati dal pericarpo, dal tegumento seminale (tegmen), dallo strato aleuronico e dalla nocella, derivati nel loro complesso dalle pareti dell’ovario. Il pericarpo è comunemente ricco di grassi e proteine. Lo strato aleuronico è costituito da un tessuto profondo che è formato da uno spesso strato di grosse cellule. Nelle varietà a granello più o meno tondo della ssp. japonica, il pericarpo tende ad avere un numero di strati superiore rispetto ai genotipi della ssp. indica, che presentano una cariosside di tipo affusolato.
Pannocchia a portamento eretto (sopra) e pendulo (sotto)
13
botanica Nell’aleurone sono depositate importanti sostanze di riserva, principalmente rappresentate da composti proteici e, soprattutto nelle varietà della spp. indica, lipidici. L’endosperma è il tessuto parenchimatico di riserva del seme, essenzialmente di natura amilacea. È separato dallo strato aleuronico mediante una sottile banda cellulare costituita da uno strato di cellule sub-aleuroniche, ricco di corpuscoli sferici di diversa dimensione e ad elevato contenuto proteico. La zona centrale dell’endosperma è invece costituita da un ampio parenchima di cellule allungate e incrociate, disordinate per forma e dimensione, molto differenti tra loro, allungate (radialmente), che contengono un gran numero di piccoli granuli d’amido e alcuni corpi proteici e lipidici a goccia. L’amido è formato da amilosio e amilopectina, due composti polimerici, con differente struttura. Il diverso rapporto tra questi due componenti conferisce particolari e differenti caratteristiche di tenuta alla cottura del granello di riso. L’elevata presenza di amilopectina fa assumere al riso una consistenza collosa durante la cottura. Le varietà con elevata o totale presenza di questo composto amilaceo sono note con il termine di riso “ceroso” o “glutinoso” o waxi e trovano prevalente impiego in pasticceria o come leganti alimentari. L’embrione o germe o gemma è situato nella parte ventrale della cariosside, al termine di una delle nervature, ed è essenzialmente costituito dalla piumetta, dalla radichetta, dallo scutello e dall’epiblasto. La piumetta e la radichetta rappresentano rispettivamente il complesso delle foglie e della radice embrionale. All’osservazione microscopica queste formazioni appaiono entrambe avvolte da rivestimenti, noti come coleoptile nel caso della piumetta e coleoriza in quello della radichetta. La piumetta e la radichetta sono unite da un abbozzo di fusticino, sul quale si possono distinguere due parti, l’ipocotile, o asse embrionale, posto al di sotto della fogliolina embrionale, e l’epicotile, che unisce invece questo alla base della piumetta. Il tratto di fusticino corrispondente al primo internodo è noto come mesocotile. L’embrione si presenta ripiegato nella parte mediana, tanto che la piumetta e la radichetta appaiono pressappoco orientate nella stessa direzione. Lo scutello è di fatto il cotiledone a forma di scudo, che avvolge la piumetta e la radichetta separandole dall’endosperma. È costituito da cellule cilindriche e presiede, durante la germinazione, all’assorbimento delle sostanze di riserva dell’endosperma e alla nutrizione dell’embrione. La formazione dell’embrione si completa già dopo 15 giorni dalla fioritura. L’epiblasto, frequentemente considerato come il residuo di un secondo cotiledone, è una piccola appendice squamiforme fusa con le porzioni laterali dello scutello. La formazione e la successiva maturazione della cariosside si realizzano in un arco di tempo assai variabile tra i genotipi; nelle varietà coltivate in Italia sono necessari solo circa 30 giorni per i genotipi più precoci e fino a
Seme
• Il seme del riso è una cariosside
rivestita dalle glumette, che rimangono strettamente aderenti a essa anche dopo la raccolta. Il colore della cariosside è determinato dal tipo di pigmenti eventualmente presenti nella sua membrana di rivestimento. La maggior parte delle varietà di riso è di colore bianco, bianco-paglierino, tuttavia sono coltivate anche varietà con pericarpo pigmentato nelle tinte del giallo, rosso, viola e nero. Frequentemente rosse sono le cariossidi dei genotipi spontanei, come per esempio quelli noti con il nome generico di riso crodo
Seconda foglia Prima foglia Radice seminale
Coleoptile Mesocotile
Radice primaria
Seme in germinazione
14
botanica ed esigenze 70 giorni per quelli più tardivi. In tutti i casi l’embrione è morfologicamente completo già circa 15 giorni dopo la fecondazione, quindi inizia il riempimento della cariosside con l’allargamento della parte basale e il suo successivo allungamento, seguita, al termine dell’accumulo delle sostanze di riserva, dall’essiccamento. In alcune varietà la parte centrale, l’ultima a riempirsi, non porta a termine completamente il processo di riempimento e maturazione, determinando la formazione di un’area opaca, nota come perla, lattescente, costituita da un tessuto cellulare lasso, poco consistente.
Forma, dimensioni e peso del seme
• La forma e la dimensione delle
cariossidi variano sensibilmente a seconda del genotipo; è compressa ai lati e tendenzialmente tondeggiante e ovale nelle varietà della ssp. japonica, nelle quali il rapporto lunghezza/ larghezza è compreso tra 2 e 3, mentre è affusolata in quelle della ssp. indica, caratterizzate da un rapporto lunghezza/larghezza superiore a 3
Esigenze ambientali del riso L’ambiente tipico delle regioni temperate, quali quelle italiane ed europee in genere, si caratterizza per una serie di condizioni climatiche non troppo favorevoli allo sviluppo della coltura, principalmente rappresentate dalle basse temperature e dalle sensibili escursioni termiche, soprattutto nel periodo della semina e della maturazione della coltura. Per ovviare a questi inconvenienti, il riso viene coltivato in terreni sommersi da una coltre idrica, variabile da 5 a 15 cm, a seconda dello stadio di sviluppo. L’acqua, grazie alla sua inerzia termica, tende a stabilizzare la temperatura del suolo e dell’aria in prossimità della coltura, limitando le brusche variazioni termiche. I fattori ambientali che maggiormente condizionano il successo della coltivazione del riso sono, oltre l’acqua, la temperatura, la radiazione solare e il fotoperiodo, nonché la natura del suolo.
• Il peso di 1000 semi del riso grezzo
è compreso tra 25 e 46 g e il peso ettolitrico, pur di limitato significato pratico, è di 60-65 kg
Polline
Foto D. Gangemi
• Il granulo pollinico del riso
è rivestito da una doppia membrana, una esterna (esina) e una interna (intina). L’esina è caratterizzata dalla presenza di asperità e depressioni ed è prevalentemente formata dalla sporopolleina, una sostanza analoga alla cutina e alla suberina, che conferisce al granulo pollinico una elevata resistenza alle alte temperature e agli ambienti acidi e basici, permettendo al polline di mantenersi integro e riconoscibile anche dopo migliaia di anni dalla sua formazione. L’intina è costituita da composti proteici con funzione enzimatica e di riconoscimento durante il processo di fecondazione
Riso in germinazione
15
botanica Acqua. L’acqua è un fattore chiave nella coltivazione del riso. Nelle risaie dei climi temperati l’acqua, oltre a soddisfare le esigenze fisiologiche della pianta, esercita un ruolo fondamentale nella regolazione delle condizioni termiche dell’ambiente circostante alle piante coltivate e nel contenimento dello sviluppo delle piante infestanti. Le esigenze idriche legate ai processi di crescita della pianta non sono molto diverse da quelle di altri cereali con simile ciclo colturale. La quantità di acqua consumata dalla coltura per effetto della traspirazione e dell’evaporazione, riferita a un periodo compreso tra la semina e la maturazione di circa 130 giorni, è pari a circa 4000-8000 m3/ha corrispondenti a 3,0-6,2 mm/giorno. Tenuto conto anche delle perdite per percolazione e dei volumi richiesti per mantenere una condizione di sommersione con un regolare deflusso idrico, i volumi stagionali di acqua possono variare tra circa 17.000, nei terreni pesanti, e 42.000 m3/ha in quelli sciolti. Suolo. Il riso è coltivato nel mondo su suoli con caratteristiche pedologiche, strutturali ed edafiche molto differenziate, dovute a una diversa origine geologica e all’evoluzione in differenti ambienti climatici. Particolarmente significativa a questo riguardo è l’influenza esercitata sulla formazione dei suoli dai regimi termici e pluviometrici specifici dei vari ambienti di coltivazione. In un’area di coltivazione relativamente ristretta sono talvolta presenti suoli argillosi, dove l’acqua ristagna con facilità, e suoli alluvionali e drenanti. Questa situazione è frequente anche nel nostro Paese, come per esempio in alcune aree del Vercellese o del Ferrarese. Anche se il termine “terreno da riso” è comunemente più riferito alla sua destinazione che non alla sua natura, il suolo che risulta più idoneo alla coltivazione è quello che è in
Esigenze e adattamento ambientale
• Il processo evolutivo, realizzatosi nel
corso di alcuni millenni, ha consentito al riso di adattarsi a condizioni ambientali molto diversificate. È coltivato in aree, quali quelle dell’alto Sind, in Pakistan, dove la media termica durante la stagione di coltivazione del riso è di 33 °C e in regioni a clima temperato, quali quelle italiane, dove la temperatura media stagionale è compresa tra 17 e 19 °C. Si adatta ad ambienti dove le precipitazioni si limitano a un centinaio di mm all’anno (Oasi Al Hasa, in Arabia Saudita) o dove queste superano anche 5000 mm (costa dell’Arakan, in Myanmar). È coltivato a livello del mare, nei delta dei fiumi e nei territori montani, spingendosi fino a quasi 3000 m di altezza sulle pendici himalayane del Nepal
L’abbondante disponibilità d’acqua è fondamentale per ottimizzare la produttività della coltura
Foto R. Angelini
16
botanica ed esigenze grado di trattenere meglio l’acqua, evitandone le perdite per percolazione. In tal senso risultano particolarmente idonei i terreni argillosi, argillosi-limosi e limosi che, con le opportune pratiche agronomiche, consentono anche di procedere al rapido sgrondo dell’acqua, quando questa operazione si rende necessaria. Presentano simili caratteristiche i terreni della “baraggia” vercellese, ubicati in prossimità dei rilievi alpini. Si tratta di suoli di origine autoctona, in passato occupati essenzialmente da brughiere e boschi e scarsamente coltivati, caratterizzati da ridotto contenuto di sostanza organica e da limitata fertilità. I terreni delle risaie italiane presentano nel complesso un pH variabile tra 4,5 e 6,8. In Francia, dove la coltivazione è prevalentemente concentrata nella regione costiera della Camargue, con suoli ricchi di materiale calcareo (15-45%), il pH è in gran parte compreso tra 7,5 e 8,5. Nelle zone costiere (delta del Po, delta del Rodano in Francia, delta dell’Ebro in Spagna) i terreni sono frequentemente salini e spesso anche alcalini, per la presenza di un’elevata concentrazione di sali di sodio. In queste aree, il riso rappresenta di fatto la principale coltura realizzabile, per effetto del dilavamento dei sali ottenuto con la continua sommersione del suolo. Il riso è da considerarsi coltura in grado di tollerare concentrazioni di sali nel suolo non molto elevate. Una salinità del suolo corrispondente a 6 mS/cm di conducibilità elettrica (parametro usato per esprimere la salinità di un suolo) è in grado di ridurre il potenziale produttivo del riso nella misura del 50%. Terreni salini e alcalini sono diffusi principalmente nelle aree risicole a clima tropicale e sub-tropicale e localizzate negli estuari delle regioni aride, dove si può determinare un accumulo di sali a seguito dell’intrusione delle acque marine o a seguito di intensi fenomeni di evaporazione. I terreni coltivati a riso presentano un’ampia variabilità anche per quanta riguarda il contenuto in sostanza organica. Anche nel nostro Paese, dove il contenuto medio è compreso tra l’1,5 e il 2%, si possono avere oscillazioni, per questo parametro, comprese tra lo 0,5 e il 14%. Temperatura. Nella aree di coltivazione del riso la variazione termica, relativa alle temperature massime e minime giornaliere assume valori compresi tra circa 5 e 30 °C. Il principale fattore che regola le variazioni di temperatura giornaliere in un’area è rappresentato dalla continentalità, cioè dalla sua distanza dal mare. La variazione tende ad aumentare gradualmente, man mano che ci si allontana dal mare. Le oscillazioni maggiori sono riscontrabili negli ambienti tropicali asciutti a circa 15-25° di latitudine. Nelle regioni temperate le variazioni annuali di temperatura sono superiori a quelle giornaliere; all’opposto, negli ambienti tropicali, le differenze termiche giornaliere superano quelle annuali. Nelle Filippine la variazione della temperatura giornaliera è di circa 7 °C a dicembre e 11 °C ad aprile, mentre
Adattamento al terreno
• Il riso è una specie in grado di adattarsi a suoli con caratteristiche chimicofisiche molto differenziate, da quelli argillosi e sortumosi, che trattengono facilmente l’acqua, a quelli sciolti, che richiedono elevate disponibilità idriche per mantenere la sommersione
Classificazione dei terreni destinati a riso
• Possono venire classificati secondo
i sistemi generalmente utilizzati per la classificazione di tutti i suoli, come per esempio quello della tassonomia dei suoli adottato dal Dipartimento di Agricoltura degli USA (USDA), oppure secondo criteri basati su caratteristiche fisico-chimiche-attitudinali legate alle specifiche esigenze della coltura. Un esempio di quest’ultimo sistema è quello adottato in Giappone, che si basa sull’individuazione di Classi definite in relazione all’idoneità alla coltivazione di questa specie, e comprese tra la Classe I (con elevato potenziale produttivo) e la Classe IV (con numerosi fattori limitanti della produzione). Più specificamente, le diverse classi sono state individuate tenendo conto di parametri, quali profondità del suolo, ghiaia presente nel suolo, permeabilità, potenziale redox, fertilità relativa, contenuto di nutrienti, presenza di sostanze tossiche
17
botanica le variazioni massime tra le medie mensili sono dell’ordine di 4 °C nel corso dell’anno. Questa caratteristica è ben espressa dal detto “le notti sono l’inverno dei tropici”. La temperatura dell’aria varia con l’altitudine, riducendosi, nella fascia dell’atmosfera a contatto con il suolo, di circa 5,5 °C ogni 1000 metri di elevazione. Le esigenze termiche della coltura cambiano sensibilmente a seconda della varietà, anche se nella maggior parte di esse la temperatura minima di vegetazione (zero di vegetazione) è approssimativamente pari a 10 °C. La somma termica, cioè la quantità di calore utile al completamento del ciclo colturale è compresa tra circa 1800 e 3300 °C nelle varietà tropicali e tra 800 e 1600 °C per quelle dei climi temperati. Il riso è molto sensibile alle basse temperature a ogni stadio di sviluppo, dalla germinazione alla maturazione. Nelle prime fasi di crescita, per esempio, le basse temperature e la presenza di forti venti possono causare diradamenti, sradicamento e dispersione delle plantule appena germinate. L’influenza della temperatura sulla crescita della coltura è legata alla varietà e allo stadio fenologico. Durante le prime fasi di sviluppo, nell’intervallo di temperatura compreso tra 22 e 30 °C il tasso di crescita aumenta in modo pressoché lineare con l’aumento della temperatura. Nelle stesse condizioni termiche, a circa un mese dalla semina, la temperatura ha una limitata influenza sul tasso di crescita e sull’indice di accestimento. Durante la fase di differenziazione paniculare, l’aumento della temperatura, nell’ambito dell’intervallo sopra considerato, tende ad avere una influenza sfavorevole sul numero di spighette per pannocchia. In questa fase fenologica, tuttavia, vi è un forte rischio, soprattutto nelle varietà a ciclo più lungo, che le basse temperature notturne (inferiori a 15 °C) possano causare la sterilità della pannocchia. La temperatura media ottimale diurna, durante la maturazione delle varietà di riso di tipo japonica, è compresa tra 20 e 24 °C. In questa fase la temperatura ha una importante influenza sul peso delle cariossidi. È stato, per esempio, osservato che per una stessa varietà il peso di 1000 semi può variare da 24 g, quando la maturazione avviene a una temperatura media di 22 °C, a 21 g quando, invece, la temperatura si mantiene sui 28 °C. Nel caso delle varietà di tipo indica, invece, le temperature elevate non sono dannose al riempimento delle cariossidi, a condizione che l’intensità dell’illuminazione sia elevata. Nelle risaie sommerse assume notevole importanza, oltre la temperatura dell’aria, anche quella dell’acqua. Durante la fase di differenziazione dei primordi fiorali, i tessuti meristematici delle foglie, dei culmi e degli organi fiorali sono a livello dell’acqua e la crescita e lo sviluppo dipendono principalmente dalla temperatura dell’acqua. Lo sviluppo fogliare e l’altezza della pianta sono invece influenzati sia dalla temperatura dell’acqua sia da quella dell’aria. Con
Foto R. Angelini
Accrescimento disforme causato da temperatura dell’acqua non ottimale
Foto R. Angelini
Preparazione dei terreni argillosi del Ferrarese
18
botanica ed esigenze l’avanzamento dello sviluppo della pianta, tende via via a diminuire l’importanza della temperatura dell’acqua e ad aumentare quella dell’aria. Va tuttavia osservato che l’effetto della temperatura dell’acqua dipende principalmente dalla profondità della coltre idrica presente sul terreno. Nel periodo di differenziazione fiorale, l’innalzamento del livello dell’acqua a circa 15 cm consente di limitare il rischio di sterilità delle spighette, dovuto alla riduzione della temperatura soprattutto nelle ore notturne. Le basse temperature dell’aria e dell’acqua possono, in sintesi, dar luogo ai seguenti effetti sfavorevoli: – ridotta germinazione; – rallentamento dello sviluppo e decolorazione del germinello; – rallentamento della crescita con riduzione della taglia e dell’accestimento; – formazione ritardata della pannocchia; – incompleto sviluppo della pannocchia; – prolungamento del periodo di fioritura; – degenerazione delle spighette; – sterilità; – formazione di cariossidi anormali.
Risone
Effetto delle basse temperature e loro influenza sulla produzione di risone - Riduzione germinazione - Decolorazione fogliare - Morte della plantula
Plantule/m2 Pannocchie/m2
- Riduzione accestimento - Decolorazione fogliare - Arresto di sviluppo
- Malformazione pannocchia - Degenerazione spighette
Pannocchie/ pianta Spighette/m2
Spighette/ pannocchia
Cariossidi/m2
- Sterilità polline - Deficit fioritura
% sterilità spighette
- Decolorazione fogliare
Dimensione spighette
Produzione risone
Peso medio cariossidi - Decolorazione fogliare - Ritardo spigatura
Grado riempimento spighette
19
botanica L’insieme di queste manifestazioni si traduce comunemente in una perdita di produzione di risone. Soprattutto nei Paesi tropicali, si possono registrare danni alla coltura anche in conseguenza delle alte temperature. Gli effetti maggiori sono rilevabili nei giorni che precedono e seguono la fioritura. Quando la temperatura permane per almeno 4 ore a 35 °C si determina una riduzione della fertilità delle spighette di circa il 25%; quando, invece, questa si mantiene per uno stesso periodo di tempo sui 38 °C, la perdita di fertilità raggiunge il 45%. È stato altresì osservato che le temperature al di sopra dei livelli ottimali durante la spigatura comportano un meno efficiente assorbimento dell’azoto. Le condizioni termiche sfavorevoli e lo stato di anaerobiosi al momento della germinazione sono normalmente le principali cause di un limitato tasso di emergenza del riso (non superiore, talvolta, al 30-40% del seme distribuito). Le numerose sperimentazioni finora realizzate hanno mostrato che una produzione potenziale di 10 t/ha richiede una densità iniziale di almeno 250 piante/m2; in tali condizioni, in molte zone temperate, per ottenere un’accettabile affermazione della coltura è necessario impiegare circa 200 kg/ha di seme. Un altro accorgimento seguito dai risicoltori per evitare gli effetti delle basse temperature nei primi stadi di sviluppo è la posticipazione della semina; tale rinvio, se non accompagnato dalla scelta di varietà a ciclo più breve, può comportare un ritardo nell’epoca della fioritura e aumentare il rischio di incorrere nelle basse temperature, con possibili conseguenze negative sulla fecondazione delle spighette. I problemi di uno scarso insediamento della coltura provocato dalle basse temperature possono essere superati sviluppando nuove varietà a elevata produzione e caratterizzate da una buona tolleranza al freddo durante la germinazione. Negli ambienti in cui nel periodo di coltivazione si raggiungono precipitazioni di almeno un migliaio di mm e le temperature sono sufficientemente elevate il riso può essere coltivato senza sommersione del terreno, come tutti gli altri cereali. Radiazione solare e fotoperiodo. La radiazione solare incidente, espressa in calorie/cm2/ora, è caratterizzata da una lunghezza d’onda compresa tra < 1 nm (raggi X e gamma) e > 106 nm (onde radio) e comprende la radiazione diretta che proviene dal sole e quella diffusa dall’atmosfera terrestre. Soltanto la parte di radiazione solare compresa tra 380 e 720 nm, visibile dall’occhio umano, è utile ai fini della fotosintesi. Negli ambienti a clima temperato quali quelli del nostro Paese, Stati Uniti, Australia ecc., l’energia solare media durante tutto il ciclo colturale è dell’ordine di 100 cal/cm2/giorno ed è superiore a quella degli ambienti temperati asiatici o delle regioni monsoniche tropicali. Le esigenze in radiazione solare variano a seconda dello stadio di crescita della coltura. La produzione
Foto V. Bellettato
Accestimento Foto R. Angelini
Risaie prossime alla maturazione
Trebbiatura
20
botanica ed esigenze di riso risulta direttamente correlata alla radiazione disponibile a partire dallo stadio riproduttivo fino alla maturazione delle cariossidi. Sensibilmente più ridotta è invece la necessità di radiazione solare nelle fasi di accrescimento vegetativo. Questo comportamento è stato spiegato sperimentalmente con il fatto che l’accumulo dell’amido inizia 10 giorni prima dell’emissione della pannocchia, interessando, in un primo tempo, le foglie e il culmo e, successivamente, le cariossidi, durante un periodo di circa 40 giorni a partire dalla fecondazione. L’intensità di illuminamento presente nel periodo di coltivazione del riso in Italia e, più in generale in Europa, soddisfa sostanzialmente le esigenze della coltura. Questa specie raggiunge il livello di saturazione con un irraggiamento pari a circa il 50% di quello registrato in una giornata con cielo sereno, corrispondente a circa 40.000 lux. Il riso è una pianta tendenzialmente brevidiurna. La maggior parte delle forme presenti nelle regioni d’origine della coltura, in condizioni di giorno lungo, allungano il loro ciclo, ritardando sensibilmente l’epoca di fioritura. Nelle regioni dell’Asia monsonica, questo comportamento risulta vantaggioso, in quanto consente di giungere alla raccolta nel periodo successivo alla stagione dei monsoni. Molte delle varietà oggi coltivate, soprattutto nelle regioni a clima temperato, sono sostanzialmente insensibili alla durata del periodo di illuminazione.
Foto R. Angelini
Risaie nel Ferrarese
Nei Paesi asiatici temperati l’energia solare media utile per la crescita del riso è inferiore a quella dei climi temperati europei
Foto R. Angelini
21
il riso
botanica Fisiologia del riso Stefano Bocchi
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti: le foto alle pagine 1 (Lorelyn Medina) e 596 (Gennady Kravestky) sono dell’agenzia Dreamstime.com. Le foto alle pagine 104 e 105 sono di Renato Guttuso © Renato Guttuso by SIAE 2008.
botanica Fisiologia del riso La coltura di riso impiega da 3 a 6 mesi per compiere il proprio ciclo produttivo, vale a dire per attraversare una sequenza ricorsiva stagionale di fasi fisiologiche, che inizia con la germinazione e si conclude con la maturazione del seme. Il ciclo produttivo dei cereali è convenzionalmente suddiviso in due principali fasi: quella vegetativa, durante la quale le piante producono tessuti e organi vegetativi (radici, foglie, gemme), e quella riproduttiva, durante la quale si formano e maturano gli organi della riproduzione (infiorescenze e parti delle stesse). L’equilibrio dinamico strutturale fra apparato fogliare, che svolge la funzione di fonte dei prodotti della fotosintesi (source) e quello riproduttivo, che svolge la funzione di organo di accumulo (sink) degli stessi, risulta di particolare importanza in relazione ai rapporti fisiologici e ai fini agronomici. La cariosside di riso (chiamata, spesso, anche con il termine granello), dopo avere superato l’eventuale dormienza, presente in alcune varietà, e posta in condizioni ambientali idonee (disponibilità di acqua, ossigeno e calore, in quantità sufficienti), inizia la germinazione. Questa si svolge attraverso i tre processi concatenati di imbibizione, attivazione e post-germinazione. Durante l’imbibizione, la cariosside assorbe acqua e passa rapidamente, in meno di un giorno indipendentemente dalla temperatura, da un contenuto idrico del 14% a circa il 30-35%. I processi di crescita e sviluppo successivi sono tutti dipendenti dalla temperatura dell’ambiente (acqua o aria ove è collocata la cariosside), che influenza fortemente, in modo differenziato a seconda della fase, il ritmo con cui avvengono. A temperatura ottimale (26-28 °C) il processo di germinazione può avvenire in pochi giorni (2-3), con temperature basse e/o
Fisiologia e fenologia
• La fenologia è quella disciplina che
descrive alcuni caratteri morfologici delle piante, rilevabili dall’occhio umano e ricollegabili ai processi fisiologici, al fine di fornire uno strumento semplificato, ma basato scientificamente, utile per le attività di monitoraggio, analisi e gestione agronomica delle colture
• La fenologia distingue e codifica
nel ciclo vitale fasi e stadi ricorrenti e propone scale numeriche di facile interpretazione, che possono essere condivise e adottate dagli operatori del settore con ridotti margini di errore
22
fisiologia del riso
21% umidità
Perdita di umidità
Arresto accumulo amido
Rapido riempimento granello
Pannocchia 1-2 mm Visibile con lente Divisione cellulare sensibile Basse temperature
Riserve del seme esaurite
Ciclo produttivo del riso Per un’adeguata analisi agronomica della coltura è usuale suddividere il ciclo del riso in tre fasi:
• crescita vegetativa (accumulo iniziale della biomassa), dalla germinazione all’inizio della differenziazione dei primordi della pannocchia
100 90 80
• sviluppo (cambio di strategia e
funzione) e differenziazione degli organi riproduttivi, dall’inizio della formazione dell’infiorescenza all’inizio della emissione della stessa (spigatura)
70 60 50 40
• maturazione, dalla fioritura/allegagione
30
20 Sviluppo 15 pannocchia 10 5 0
alla cariosside matura
20 10
5-20 14-22 24-42 Variabile
19-25
30-42
Maturazione Maturità
Maturazione cerosa
Maturazione lattea
Spigatura
Meiosi
0 cm Emergenza 2ª foglia 3ª “ ” 4ª “ ” 5ª foglia (1° accestimento) 2° accestimento 3° accestimento 4° accestimento Iniziazione pannocchia Differenziazione pannocchia
Germinazione
Sviluppo coleoptile e radice
Ciclo produttivo del riso
Foto G. Sarasso
(Giorni)
oscillanti al di sotto della temperatura cardinale minima (10 °C) il processo può richiedere 2-3 settimane. Si considera conclusa la germinazione quando appaiono ben evidenti la plantula e la radichetta (radice embrionale), entrambe perfettamente formate e in equilibrio strutturale tra loro. La cariosside, in condizioni di anaerobiosi, emette prima l’apparato fogliare e poi la radichetta, in condizioni di aerobiosi, invece, è emessa prima la radice embrionale che svolge immediatamente la funzione di radicamento e, successivamente, di assorbimento. Le differenze varietali in termini di velocità di germinazione sono ascrivibili non tanto alla tolleranza di basse temperature, quanto alle oscillazioni di queste in una fase delicata come la germinazione, durante la quale la funzione di volano termico svolta dall’acqua di sommersione è, in molti casi, piuttosto evidente.
Germinazione
23
botanica Le prime fasi del ciclo della pianta, dalla germinazione fino alla completa espansione della terza foglia, sono a carico delle riserve nutritive presenti nella cariosside. Circa il 60 % del peso della cariosside viene convertito in nuovi organi (tale valore di 0,60 viene indicato come efficienza di crescita e risulta costante all’interno di un intervallo termico di 21-32 °C), la pianta si può comportare quindi come un organismo non ancora strettamente autotrofo, ma che sta predisponendo un apparato fogliare in grado di svolgere la fotosintesi e un apparato radicale capace di assorbire acqua ed elementi nutritivi. Nella prima settimana seguente le germinazione, l’aumento di peso è fortemente legato alla temperatura e risulta linearmente correlato all’interno di un intervallo compreso tra 22 e 31 °C, mentre successivamente con 25-31 °C (intervallo ottimale) l’accrescimento risulta costante. In questa fase, oltre i 35 °C la crescita rallenta mentre oltre i 40 °C il germinello può andare incontro a una rapida morte. Grazie all’attività dell’apice meristematico, si aggiungono progressivamente alle prime tre foglie embrionali le altre foglie, fino a un numero massimo determinato dalla interazione genotipo x ambiente. Il ritmo di comparsa degli abbozzi fogliari (plastocrone) e quello di emissione delle foglie (fillocrone, vale a dire l’intervallo di tempo compreso tra l’emissione di una foglia e quella della successiva)
Accestimento
• Fase del ciclo vegetativo di alcune
piante, come i cereali, caratterizzata dalla rapida produzione di gemme e culmi, generalmente uno primario e più culmi secondari, che originano dallo stesso apice meristematico
• La differenziazione dei culmi secondari o d’accestimento prende avvio 20-30 giorni dall’avvenuta semina
• Secondo la varietà, l’accestimento si
determina su un solo piano o su più piani perpendicolari a quello dei primi culmi formatisi; in condizioni normali, ogni pianta produce da 2 a 5 culmi fertili
• L’accestimento termina in
concomitanza alla formazione embrionale dei primi abbozzi fiorali
Suddivisione del ciclo delle colture in stadi principali e secondari (a sinistra) e in stadi principali, mesostadi e stadi secondari (a destra) secondo la convenzione BBCH
90
90 90
5
pars a delle resc enze infio
Com
90
90
pars a delle resc enze
90
Com p del arsa germ oglio
90
90
90
infio
r Fio
it
ura
3
24
4
Parti ative t vege pianta della
Parti ative t vege pianta della
Com
de unga i ra m mi ent o
6
90
4
2
90
5
All
Schema generale
7
90
ra
itu
3
Sviluppo del frutto
90
90
6
Formazione dei germogli laterali
o pp ilu Sv lle de lie fog 90
2
e
90
90
Schema generale
7
r Fio
p ilu Sv lle de lie fog
ion
90
e
az
di d
90
ion
Sviluppo del frutto
po
s cim i accre 9 0 ento seco di d nd Sta 9 0 ario 9 0 90 i accrescime di d nto S ta primario 8 1
escimento sec i accr 90 ond ari o intermedi a t S di90 90 90 9 0 90 cr i di ac escimen d a to St primario 8 1
Sta 90
90
az
tur
90
tur
za
scen
Com p del arsa germ oglio
Sene
za
scen Sene
Ma
Ma
Formazione dei germogli laterali
All de unga i ra m mi ent o
fisiologia del riso dipendono dalla temperatura. Fino al raggiungimento della fase riproduttiva, compare una foglia ogni 4-5 giorni, successivamente ogni 7-8 giorni, in quanto nella prima fase sono richiesti circa 100 gradi-giorno per lo sviluppo completo di una foglia, mentre nella seconda circa 170 (gli abbozzi di queste foglie sono già presenti nell’apice meristematico, prima del passaggio alla fase riproduttiva). Dopo la propria emissione, la foglia si allunga completamente e inizia rapidamente ad assumere la funzione di fotosintesi. La vita di ogni nuova foglia attraversa tre distinte fasi: l’allungamento, la piena maturità, la senescenza. Nel corso della fase di allungamento, la nutrizione della foglia dipende dalle foglie sottostanti. La terza e la quarta foglia sottostanti a quella in via di allungamento sono caratterizzate dalla massima attività fotosintetica rispetto a tutte le altre e sono in grado di esportare assimilati verso le foglie sovrastanti. Per questa ragione, sono state chiamate centri fisiologicamente attivi (CFA); il CFA quindi, nel corso dell’emissione delle foglie, è in continuo spostamento verso l’alto. Alle lamine fogliari del riso si attribuisce, in prima approssimazione, preponderante importanza come sede della fotosintesi. Alle guaine fogliari, invece, vengono attribuite la funzione meccanica di sostegno dell’intera struttura sia prima sia dopo l’inizio della levata e quella di sito di accumulo temporaneo di amido e zuccheri, prima della spigatura. Durante la fase vegetativa, all’ascella di ogni foglia inserita sui nodi del culmo principale, viene formata una gemma di accestimento. Quando la quinta foglia emerge da un culmo, compare l’apice della prima foglia dell’accestimento proveniente dall’ascella della seconda foglia di quel culmo (la prima foglia non produce la gemma di accestimento). Seguendo uno schema modulare, quando compare la sesta foglia di un culmo, si aggiunge anche la prima foglia dell’accestimento originato all’ascella della terza foglia del culmo. Viene, così, mantenuta una sincronia di crescita tra la foglia del culmo e quella dell’accestimento collocato all’ascella della (n – 3)a foglia. La regola viene rispettata anche sui culmi di accestimento per ripetere lo stesso modulo ricorsivo tanto che, quando la 13a foglia emerge dal culmo principale, la pianta ha un elevato potenziale globale di 40 gemme di accestimento (9 primarie, 21 secondarie e 10 terziarie): non tutto questo potenziale viene espresso, vale a dire che non tutte le gemme sviluppano un culmo e non tutti i culmi sono in grado di entrare in fase riproduttiva con la produzione della pannocchia. Il numero delle gemme di accestimento terziario aumenta fino a un certo punto indicato come stadio di massimo accestimento; dopo questo stadio, numerose gemme/ culmi di accestimento muoiono. In condizione di trapianto si osservano generalmente 10-25 culmi, mentre con la semina diretta solo 2-5. Una gemma di accestimento e la corrispondente radice emergono dallo stesso nodo nello stesso momento. La relazione foglie/
Fenologia secondo la convenzione BBCH
• La scala BBCH (Compendium of Growth
Stage Identification Keys for Mono- and Dicotyledonous Plants) permette di racchiudere tutte le scale già esistenti e di estenderle a tutte le specie per le quali attualmente non sono disponibili scale apposite. Essa è divisa in stadi di sviluppo primari e secondari. Ogni stadio viene caratterizzato da un codice composto da due cifre. L’intero ciclo è suddiviso in dieci stadi principali indicati con i numeri da 0 a 9. All’interno degli stadi principali possono essere individuati stadi secondari che definiscono fenomeni di più breve durata. I codici degli stadi secondari possono indicare sequenze progressive di comparsa o valori percentuali rispetto al completamento dello stadio stesso. Per esempio, il codice 3 può indicare la terza foglia, il terzo culmo, il terzo nodo oppure il 30% della lunghezza finale, il 30% della fioritura. In funzione del campo di applicazione, possono essere adottate scale più semplici con stadi principali e secondari o scale più dettagliate che comprendono, tra gli stadi principali e secondari, anche i mesostadi
25
botanica radici è mantenuta anche per gli aspetti quantitativi: la crescita dell’apparato radicale dipende da quella dell’apparato fogliare e questa relazione, definita con il termine di allometria o crescita relativa, è espressa nella seguente equazione:
Foto N. Marangon
Wr = H W T h dove: W r = peso secco della radice WT = peso secco totale della pianta H = 0,212 h = 0,936 Dai valori delle costanti H e h deriva che una coltura, caratterizzata alla spigatura da un peso secco di 3 t/ha, presenta un peso di radice pari a 330 kg/ha. In prima approssimazione, si può far coincidere la durata dell’intero apparato fogliare (insieme delle 10-16 foglie, a seconda della varietà) alla vita della pianta, ma nell’arco di questo periodo sono attive, contemporaneamente, solo 4-5 foglie. All’interno dell’apparato fogliare esiste una forte variabilità in termini di durata di vita della singola foglia. In genere, vivono più a lungo le foglie superiori: la cosiddetta foglia bandiera è quella più longeva. Struttura fogliare e fotosintesi influenzano fortemente la produzione. La fotosintesi della coltura è correlata con il valore del LAI (Leaf Area Index, indice di area fogliare), con il ritmo potenziale di fotosintesi per unità di LAI, con la proporzione di luce trasmessa ai palchi fogliari sottostanti rispetto a quella totale ricevuta dallo strato superficiale della canopy (Light Transmission Ratio o LTR, frazione di luce trasmessa) e con la longevità dell’apparato fogliare (LAD, Leaf Area Duration o durata dell’area fogliare), vale a dire il prodotto del LAI medio per il totale dei giorni compresi tra la fioritura e la raccolta. La dimensione dell’area fogliare è il fattore che maggiormente determina la produzione granellare rispetto al ritmo di fotosintesi; quindi per aumentare la produzione si dovrebbe prioritariamente raggiungere il LAI ottimale e, secondariamente, incrementare il ritmo di fotosintesi. La crescita non è altro che il bilancio tra la fotosintesi (accumulo di biomassa) e la respirazione (consumo); una riduzione di respirazione da parte degli organi non direttamente collegati con la crescita (guaine fogliari, culmo e pannocchia) può portare a un aumento di produzione. Per queste ragioni una diminuzione della lunghezza del culmo e un aumento del rapporto peso foglie/peso totale alla fioritura porta a un favorevole bilancio tra fotosintesi e respirazione e ad un maggiore accumulo finale (produzione) di fitomassa. L’influenza del ritmo di fotosintesi sulla produzione di biomassa diminuisce al crescere dell’area fogliare. Con un aumento di LAI, il ritmo di fotosintesi diminuisce a causa dell’aumento dei processi di reciproco ombreggiamento delle foglie, mentre la respirazione aumenta. Viene considerato LAI ottimale quel valore al quale l’apparato fogliare riesce
Foglia bandiera
Ritmo della fotosintesi
• Il riso, classificato come pianta C3, ha
in realtà un ritmo di fotosintesi netta per singola foglia più elevato rispetto ad altre piante coltivate C3, come frumento e orzo. Ciò sembra dovuto principalmente ai processi evolutivi di adattamento della foglia di riso alle condizioni di ambiente acquatico delle fasce tropicali calde e umide. Queste caratteristiche della foglia sono: – una maggiore frequenza degli stomi, specialmente nelle varietà indica (800-1250/mm2) rispetto al frumento (115-270 /mm2)
– cellule del mesofillo più piccole con una maggiore superficie rapportata al volume – minore resistenza stomatica alla CO2 (0,7-0,8 s/cm) rispetto al frumento (4,1 s/cm) – elevato punto di compensazione alla CO2
26
fisiologia del riso a sostenere il massimo ritmo di crescita della coltura. Una coltura densa e ben fertilizzata può anche raggiungere e superare LAI 10, tuttavia, considerando che la fotosintesi lorda aumenta asintoticamente e la respirazione linearmente (in prima approssimazione), sono considerati valori ottimali di LAI, per il riso, quelli compresi fra 4 e 7. In alcune sperimentazioni, il massimo aumento di produzione è stato riportato con LAI compreso fra 6 e 8. La produzione totale di fitomassa è maggiore in condizioni di clima temperato rispetto ai climi tropicali, grazie a un più favorevole rapporto tra fotosintesi e respirazione. Le alte temperature portano a maggiori consumi per respirazione e a controproducenti accelerazioni della fase di maturazione-riempimento del granello (nei tropici la produzione totale annuale può però aumentare grazie al doppio/triplo raccolto). Il ritmo di crescita della biomassa, espresso come kg/ha/giorno, può raggiungere valori massimi anche elevati, intorno a 300, ottenuti e mantenuti in fase di levata. L’azoto fogliare contribuisce fortemente alla produzione di biomassa in quanto il ritmo di fotosintesi aumenta linearmente con l’aumentare della sua concentrazione. Una carenza di azoto comporta un aumento di resistenza degli stomi, particolarmente nelle foglie più basse, che si traduce in un minore ritmo di fotosintesi. La disponibilità di azoto prima della fioritura aumenta la longevità della foglia, particolarmente importante per continuare il processo di produzione di biomassa dopo la spigatura attraverso una potenziata attività fotosintetica. Il ritmo di fotosintesi netta della singola foglia aumenta linearmente con l’aumento dell’intensità luminosa fino al punto di saturazione luminosa. Foglie più spesse e con maggiore concentrazione di azoto mostrano un più elevato punto di saturazione luminosa rispetto a quelle più sottili con un contenuto di azoto inferiore. Il punto di sa-
Assimilazione del carbonio
• L’assimilazione del carbonio di una
foglia esposta alla luce solo per un lato è minore rispetto a quella che si ha quando sono esposti entrambi i lati, con differenza più marcata in foglie spesse e con alto contenuto di azoto
• Il coefficiente di estinzione k è il
rapporto tra la luce persa attraverso le foglie e la luce ricevuta in superficie:
ln I/I0 = –kF
dove I = intensità della luce intercettata dagli strati esterni superiori della vegetazione, I0 = intensità all’interno della vegetazione, F = LAI
• Il valore quindi è pari a 0 all’estremo
superiore della coltura e massimo a livello del terreno. A elevato ombreggiamento per unità di area fogliare corrisponde un più alto valore di k. Valori piccoli indicano una più equilibrata distribuzione della luce all’interno della coltura e una minore saturazione luminosa per la fotosintesi delle singole foglie
Foto V. Bellettato
27
botanica turazione luminosa è circa doppio quando l’azoto fogliare aumenta da 11, 5 a 17, 5 mg/dm2. Il ritmo di fotosintesi in presenza di elevate intensità luminose è strettamente legato al contenuto di clorofilla, direttamente collegato al contenuto di azoto fogliare. Nonostante l’elevata intensità luminosa, può sopraggiungere una riduzione del ritmo di fotosintesi intorno a mezzogiorno a causa dell’abbassamento dell’umidità dell’aria, delle alte temperature e del diminuito potenziale idrico della foglia e, conseguentemente, della chiusura degli stomi. Il ritmo di fotosintesi viene influenzato dall’orientamento della foglia nello spazio all’interno della canopy. Le foglie erette permettono una migliore penetrazione della luce che può raggiungere i palchi fogliari inferiori e aumentare il ritmo fotosintetico della coltura, particolarmente in condizioni di elevata intensità luminosa. Il portamento eretto della foglia bandiera, dalla quale dipende gran parte dei carboidrati collocati nella granella alla fine del ciclo, è un carattere auspicabile nelle varietà destinate alle alte produzioni. Prove effettuate utilizzando modelli di crescita della coltura hanno dimostrato che la fotosintesi può aumentare del 20% grazie al portamento della foglia, quando il LAI è elevato. Allo stadio fenologico di inizio dell’allungamento della quartultima foglia, circa 30-35 giorni prima della spigatura, l’apice meristematico del culmo maestro comincia a cambiare forma: da quella arrotondata passa rapidamente a conica-allungata sulla quale si possono vedere, con l’ausilio di un microscopio, i primi abbozzi delle spighette. L’apice meristematico non differenzia più strutture vegetative, ma inizia a porre le basi per la riproduzione. Il cosiddetto viraggio avvia la fase di iniziazione, differenziazione, crescita e spinta verso l’alto della pannocchia: tale fase, compresa fra la differenziazione del nodo paniculare e la piena maturazione delle cellule polliniche, dura 25-45 giorni in funzione della varietà. Con il viraggio si avvia anche il processo di allungamento degli internodi, possibile grazie all’attività dei meristemi intercalari collocati sopra ogni nodo del culmo. La pannocchia inizia così a formarsi e contemporaneamente a elevarsi all’interno della pianta con la strategia di raggiungerne l’apice e poter, successivamente all’emissione, fiorire, allegare (fecondazione anemofila) e maturare. Quando la giovane pannocchia in formazione ha raggiunto la dimensione di 1-2 mm e ha ormai iniziato ad allontanarsi, grazie ai primi processi di allungamento del primo internodo, dal terreno, si determina lo stadio agronomico di “iniziazione della pannocchia” (la panicle initiation si riconosce anche per la presenza della camera d’aria interclusa tra i due nodi basali del culmo) considerato ideale per la distribuzione di azoto in copertura. Alla panicle initiation del culmo maestro segue, a distanza di tempo, quella sui culmi di accestimento. Quando la pannocchia raggiunge la lunghezza di 5 cm è ormai determinato il numero finale di spighette. Lo stadio di botticella, considerato l’ultimo dello sviluppo dell’infiorescenza, viene re-
L’efficienza fotosintetica è funzione anche delle varietà
• Le varietà tradizionali a taglia elevata e a ciclo medio-tardivo hanno, in genere, più elevati ritmi di fotosintesi fogliare e una biomassa totale superiore rispetto a quella delle moderne varietà semi-nane e precoci. La produzione granellare delle varietà tradizionali è in genere inferiore a causa dell’inferiore fotosintesi della canopy, in fase di post-fioritura, dei fenomeni di ombreggiamento delle foglie, di un basso HI (Harvest Index) e della bassa efficienza di traslocazione, spesso dovuta a fenomeni di allettamento
• La differenza varietale della fotosintesi fogliare è attribuibile alla diversa carboxilation resistance (resistenza alla carbossilazione), regolata dalla attività della RuBP carbossilasi
Foto V. Bellettato
Fioritura di Vialone Nano
28
fisiologia del riso gistrato quando quest’ultima è avvolta ancora solo dalla guaina dell’ultima foglia, che appare per questo ingrossata. Sono ormai evidenti i processi di senescenza nei palchi fogliari inferiori. Quando i collari (striscia di confine tra guaina e lamina) della foglia bandiera e quello della foglia precedente appaiono allineati, la meiosi sta procedendo nelle spighette localizzate nella regione centrale della pannocchia, ancora in crescita. Lo stadio di botticella è seguito da quello di emissione della pannocchia, detto di spigatura. La fioritura inizia con l’emissione delle antere deiscenti delle spighette terminali di pannocchie ancora completamente erette. La pianta di riso risulta caratterizzata da un’alta percentuale di autogamia. I fiori si possono aprire durante il giorno in un intervallo compreso tra le 9 e le 15, in funzione della varietà e delle condizioni climatiche: in genere, si aprono presto nelle giornate luminose, tardi nelle giornate umide e nuvolose. Ogni spighetta rimane aperta circa 1-2,5 ore, si allunga il filamento e vengono emesse le antere al di fuori delle due glumelle (nei giorni di pioggia, la fecondazione può avvenire a fiore chiuso). La deiscenza delle antere e la conseguente diffusione del polline avvengono appena prima o durante l’apertura delle glumelle, per questa ragione possono facilmente avvenire processi di autofecondazione. La vita della cellula pollinica è limitata a circa 5 minuti (il polline è molto sensibile alle alte temperature), mentre lo stigma può essere recettivo e fertile per 3-7 giorni. L’antesi si avvia a partire dalle spighette collocate all’apice delle ramificazioni superiori della pannocchia, non appena inizia la spigatura. L’intero processo di fecondazione può impiegare fino a 7-10 giorni, prima che tutte le spighette di una stessa pannocchia abbiano ultimato la fase. Dopo la fecondazione, le due glumelle palea e lemma si chiudono,
Emissione della pannocchia
Pannocchia matura
29
botanica saldandosi e determinando quindi il volume all’interno del quale saranno contenuti e protetti l’embrione e le riserve nutritive (sink). Nell’ultima fase, la strategia della pianta è completamente rivolta alla formazione di un frutto che possa assicurare la generazione successiva e quindi non solo di un embrione ben formato, ma anche di nutrienti necessari per la prima parte del ciclo vitale successivo, collocati all’interno di involucri di protezione e capaci di attraversare periodi di condizioni non favorevoli (strategia seguita dalle terofite e dalle emicriptofite). Prima della spigatura, la pianta ha già pronte molte riserve di amido e zuccheri collocati nelle guaine e nel culmo, riserve pronte a essere traslocate nel granello in aggiunta ai fotosintati formati ex novo dall’ultimo centro fisiologicamente attivo, soprattutto dalla foglia bandiera. La fase di maturazione è caratterizzata dall’aumento di dimensioni e peso della cariosside, dal suo cambiamento di colore – inizialmente il granello appare verde, successivamente diventa giallo – e dalla senescenza delle foglie. Quest’ultima fase ha una durata inferiore, circa 25-35 giorni, negli ambienti tropicali rispetto agli ambienti temperati (circa 45-55 giorni). Le alte temperature possono accelerare il ritmo di accumulo di fotosintati nel granello, ma si ritiene che temperature comprese tra 20 e 29 °C – quindi più basse rispetto a quelle considerate ottimali per lo stadio precedente di fioritura – favoriscano la fase di maturazione, innalzando i livelli qualiquantitativi della produzione. La crescita del granello inizia con un ritmo relativamente contenuto, procede con il cosiddetto periodo di rapido e lineare riempimento, mantenuto per la maggior parte
RUE (Radiation Use Efficiency)
• L’efficienza d’uso della fotosintesi o
Radiation Use Efficiency (RUE), vale a dire la risposta della pianta in termini di assimilazione del carbonio alla densità di flusso di fotoni intercettata (Qi = intercepted photon flux density), è stata studiata in diverse condizioni: singola foglia, piccole parcelle, camera di crescita. Recenti studi svolti a scala di campo hanno messo in evidenza come la relazione tra ritmo di scambio della CO2 (CO2 Exchange Rate o CER) e la Qi per canopy estese e omogenee vari significativamente in funzione dello stadio di sviluppo e del LAI (Indice di sviluppo dell’area fogliare)
• Il massimo valore di RUE viene
generalmente raggiunto nei primi stadi della fase vegetativa e diminuisce significativamente una volta superato il valore 2 di LAI. I più bassi valori di RUE si registrano dopo la fioritura, in corrispondenza di una decisa caduta della concentrazione dell’azoto fogliare, in gran parte rimosso per il riempimento del granello. Ciò può indicare una minore capacità di accumulare carbonio da parte della foglia oppure può essere attribuito a una minore superficie fogliare attivamente coinvolta nei processi di fotosintesi, ma ormai destinata a processi di senescenza
Contributo relativo alla formazione di carboidrati presenti alla raccolta da parte dei processi di fotosintesi e traslocazione prima e dopo la fioritura Produzione relativa di carboidrati 100 = carboidrati alla raccolta 100 Fotosintesi dopo la fioritura
80
• La RUE del riso è più bassa rispetto a quella di altre colture e varia da 2,2 a 2,4
74%
60 40
12% 20%
Residuo Respirato
20 68%
Traslocato
26%
0 Carboidrati accumulati alla fioritura
30
Carboidrati nella cariosside a maturità
fisiologia del riso dell’intera fase, si conclude con una decelerazione prossima alla maturità. Viene convenzionalmente suddivisa in tre sottofasi, con tre stadi riconoscibili dal contenuto di acqua nel granello: 1) stadio di maturazione lattea: il contenuto della cariosside che appare inizialmente acquoso in questo stadio ha una consistenza e un colore lattiginosi. L’apice della pannocchia inizia a formare un arco e dalle spighette apicali, se schiacciate, esce un liquido bianco; 2) stadio di maturazione cerosa: la consistenza del contenuto della cariosside diviene cerosa; 3) stadio di maturazione: il colore del granello vira sul giallo, come gialli e caratterizzati da basso livello di umidità diventano progressivamente tutti gli assi primari e secondari della pannocchia; gli ingiallimenti a partire dai palchi fogliari più bassi evidenziano il processo di senescenza che investe completamente o in parte (alcune varietà mantengono verdi le foglie anche a cariosside matura) l’apparato fotosintetizzante epigeo. La produzione di granella dipende dalla capacità della coltura di accumulare biomassa che, a sua volta, viene determinata dalla capacità potenziale di fotosintetizzare e dalla capacità delle spighette di accettare e immagazzinare i fotosintati e quindi, come già accennato, dall’equilibrio source/sink colturale. La fonte (source) è intesa come la disponibilità o la fornitura di assimilati e include sia quelli prodotti prima della fioritura, vale a dire prima che si possano formare i siti di accumulo delle riserve, collocati nelle parti vegetative, sia quelli prodotti dopo la fioritura e subito traslocati direttamente nella granella. La produzione granellare quindi dipende sia dalla capacità della source sia da quella del sink, tra loro interdipendenti. Il periodo più critico, in termini di richiesta energetica solare, parte dall’inizio della differenziazione della pannocchia fino a circa 10 giorni prima della maturazione fisiologica.
Equazione della produzione in termini di prodotto delle singole componenti
• Produzione granellare (t/ha) = piante/
m2 × pannocchie/pianta × spighette/ pannocchia × spighette % fertili × peso unitario
• Ogni componente si caratterizza per
a) la fase del ciclo durante la quale si determina; b) il contributo relativo alla produzione finale globale che può essere calcolato con l’analisi di regressione multipla. Tale tecnica, applicata in alcune particolari situazioni, ha indicato che le componenti nel loro insieme possono spiegare circa l’ 80 % della variazione globale, il 60 % della quale è spiegata dal numero di spighette/m2 e il 21% dalla percentuale di spighette piene e dal peso unitario insieme
Foto E. Marmiroli
Analisi delle componenti della produzione La produzione granellare è il risultato finale di un processo di crescita e sviluppo durante il quale si differenziano le diverse componenti della produzione. Una analisi di queste componenti non solo aiuta a individuare il fattore limitante la produzione, ma aiuta a capire le strategie da seguire per aumentare i livelli di produzione. Tra i componenti, il numero di pannocchie/m2 è quello che maggiormente determina la produzione. I componenti contigui sono spesso correlati negativamente per i processi di compensazione che la coltura mette in atto al fine di raggiungere il migliore risultato finale. Se, per esempio, per varie ragioni l’investimento iniziale risulta basso, la coltura tende a reagire emettendo un maggior numero di culmi di accestimento; con un elevato numero di culmi fertili di accestimento, la coltura potrebbe essere spinta a differenziare un minor numero di spighette per pannocchia; un numero limitato di spighette fertili per pannocchia può portare a un elevato peso unitario della cariosside. 31