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la vite e il vino
mondo e mercato Vite e vino nel mondo Stefano Raimondi
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Vite e vino nel mondo Introduzione Comprare una bottiglia in un’enoteca o metterla nel carrello della spesa durante una visita a un grande magazzino è un gesto consueto, naturale che non lascia traccia di emozioni o sensazioni e il particolare che provenga da un Paese distante migliaia o forse decine di migliaia di chilometri non desta specifiche sorprese. In fondo non c’è alcun motivo per sorprendersi: i trasporti sono ormai divenuti talmente efficienti, in grado di ridurre i tempi delle consegne delle merci in settimane piuttosto che mesi, anche dal più sperduto angolo della terra. Così il consumatore globale può accompagnare i pasti sorseggiando vino italiano, australiano, cileno e così via in base ai gusti personali. Le scelte all’interno del villaggio globale si moltiplicano, gli spazi e le stagioni sono annullate in un continuo alternarsi di possibilità e di combinazioni. La qualità del vino italiano, la facilità dei trasporti unita alle caratteristiche di facile movimentazione del prodotto hanno reso possibile nel 2005 l’esportazione del prodotto italiano di 15,7 milioni di ettolitri, pari a circa 2 miliardi di bottiglie, in oltre 165 mercati di tutti i continenti. Un primato nell’ambito dei prodotti alimentari italiani che non ha eguali, un primato tra i Paesi produttori di tutto il mondo. Il commercio del vino ha una sua lunga storia. Dalle coste dell’antica Grecia, dalle spiagge del Nord Africa le navi trasportavano nelle stive il nettare degli dei, anfore colme di vino prezioso proveniente da aree circoscritte da cui prendevano i nomi.
Commercio del vino nella storia
• Leggendo i testi antichi ci accorgiamo
che il vino in anfora e manufatti simili venivano commercializzati o meglio dire “esportati” già al tempo dei Fenici, dei Greci, dei Romani, percorrendo distanze all’epoca infinite con mezzi condizionati dalla velocità dei venti, dai capricci dei mari, volando da sponde opposte del Mediterraneo a colpi di remi. Parametri che oggi appaiono incredibili ai nostri occhi, che si confondono nella nostra mente a metà tra i ricordi delle prime letture dell’Odissea, e per l’altra nei vicoli ciechi della nostra fantasia, nei viaggi sempre immaginati, sognati e mai realizzati
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vite e vino nel mondo Carichi preziosi che arrivavano nei porti italiani e del bacino del Mediterraneo per continuare la strada verso il consumatore finale via terra, stipati in rudimentali carri trainati da buoi o a dorso di muli, percorrendo strade in terra battuta, che solcavano il paesaggio incontaminato, ancora non plasmato dall’uomo. Naturalmente le diverse tipologie di vino venivano già a quel tempo commercializzate in contenitori differenti. Il Vinum amphorarium – contenuto neIle anfore – era più pregiato e destinato al consumatore più esigente e più importante. In modo speculare il Vinum doliare, contenuto nei doli, spesso interrati, era destinato al consumo giornaliero, normalmente di qualità inferiore rispetto al primo. Il Vinum doliare era ampiamente disponibile sul mercato, venduto nelle tabernae, simili alle osterie odierne, i primordi del canale Ho.re.ca (Hotel, Restaurant & Catering), dove il vino, in base alle stagioni, era servito allungato con l’acqua calda o fredda e in qualche caso arricchito con spezie e miele. Una sorta di primordiale segmentazione del mercato molto schematica, ma con molte assonanze alle più o meno sofisticate classificazioni dei mercati di oggi. Queste brevi indicazioni ci forniscono un’idea precisa della centralità del vino nella scala socio-alimentare delle culture nascenti, prodotto di comune consumo e considerazione in tutti i lidi di quel crogiolo culturale che è stato il Mediterraneo. Il vino quindi, denominatore comune di più realtà, assume le caratteristiche specifiche di uno dei primi prodotti globali del tempo. Nel periodo precedente lo sviluppo della Roma imperiale il contesto geografico era caratterizzato da civiltà da poco tempo influen-
Classi di consumatori
• I consumatori di allora, come
oggi, erano suddivisi in due grandi segmenti ben identificabili. Il primo era caratterizzato da personalità importanti: imperatori, re, senatori, tribuni, militari di alto rango, che avevano il privilegio di gustare i vini di qualità provenienti da aree particolari già famosi come il Falerno (Campania) o il Caleno e il Cecubo proveniente dal basso Lazio. Il secondo segmento poteva essere ricondotto alla fascia media, al popolo
Foto P. Bacchiocchi
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mondo e mercato zate dalla conoscenza della lingua scritta, dando luogo alla difficoltà di formazione di una cultura omogenea, favorendo modelli culturali isolati e da un basso grado di comunicazione. L’introduzione e la diffusione prima della lingua greca, poi latina accelerò i processi di comunicazione, d’integrazione e d’interdipendenza tra i Paesi mediterranei. La diffusione della vite e del consumo di vino registrarono una sensibile accelerazione con lo sviluppo dell’Impero Romano. L’espansione di quest’ultimo generò una naturale diffusione sia della coltivazione della pianta, sia del relativo consumo del prodotto. Nuovi vigneti venivano messi a dimora ovunque arrivavano le legioni romane nelle zone vocate e non: nell’antica Londinium, l’odierna Londra, come a Burdigala, l’antica Bordeaux, senza andare troppo per il sottile. L’equazione presenza dell’Impero Romano e vite era una binomio fisso, irrinunciabile, indissolubile. Così la coltivazione della vite e il consumo di vino oltre a costituire un importante pilastro socio-alimentare della Roma imperiale, misurava geograficamente l’estensione dell’influenza militare romana, un confine “vegetale” foriero di una specifica tradizione culturale e sociale, grazie alla flessibilità, generosità, e adattabilità della vite. Ancora oggi sui confini settentrionali dell’Europa si confrontano le due grandi culture delle bevande europee: il vino e la birra. Un confronto che oggi è orientato e condizionato al solo piacere del palato, che non lascia trasparire le invasioni e le battaglie cruenti del passato. Il vino prodotto che ci fa sentire uniti e legati alla cultura di appartenenza, ma al tempo stesso ci regala questa grande sensazione di individualità, di libertà, di espressione e d’identificazione con il resto del mondo, e al tempo stesso medium per riallacciare il rapporto ancestrale con la natura. Il vino nel corso dei secoli entra nei riti religiosi. Il pane e il vino costituiscono gli elementi di unione con il divino attraverso il sacramento della comunione nella concezione cristiana cattolica. Il vino diviene elemento di condotta morale, di rettitudine, cartina al tornasole per giudicare l’animo più recondito dell’individuo: in vino veritas. E con la stessa disinvoltura il vino se ne allontana divenendo in molti casi elemento di trasgressione, di perdita del controllo, quasi a dimostrazione dell’indipendenza del prodotto rispetto all’uso, rispetto alla subordinazione della volontà umana. Carattere anarchico, libero, qualche volte ribelle, talvolta rivoluzionario, talaltra d’elite. Vino da consumare in compagnia insieme agli amici o nella solitudine più drammatica, un compagno di vita di molti di noi che entra nella sfera dell’intimità dell’essere umano richiamando legami primordiali, di stretto legame con il divino e più in generale con l’irrazionale.
Vino senza ostacoli
• Il vino nelle anfore, ieri, come nelle
bottiglie, oggi, riesce per qualche magia a superare ogni ostacolo per divenire un terreno di confronto tra culture, momento dialettico tra popoli e persone, che unisce nel consumo e separa nei gusti, nelle preferenze. Ogni Paese produttore con i suoi vitigni e le sue aree viticole vocate di riferimento (Chianti, Champagne, Rioja); ogni regione con i suoi vini tipici; ogni villaggio con il suo vino preferito; ogni consumatore giovane o vecchio, ricco o povero con il produttore pronto sulla punta della lingua
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vite e vino nel mondo Da oltre duemilacinquecento, anni il vino è oggetto di scambio, di commerci, ma anche strumento per allacciare alleanze, amicizie, buoni rapporti con i Paesi vicini e lontani. Un tempo molto spesso i doni ai reali erano costituiti da vini preziosi, consegnati personalmente dagli ambasciatori, assolvendo la funzione di testimone di pace, rispetto e di amicizia. Dalla diplomazia il vino è trasmigrato, con l’evoluzione della società, al mondo delle pubbliche relazioni: colazioni di lavoro anziché regali di stato, brindisi per commemorazioni e cerimonie personali piuttosto che buoni rapporti tra stati limitrofi. Il collante che può determinare il successo di un rapporto di lavoro, di un affare, di un’amicizia. Lo sviluppo del commercio del vino ha generato nel corso dei secoli, in un percorso a zig-zag, una lunga lista di mestieri di quella che oggi si chiama filiera: il mondo contadino rappresentato dal produttore, ma al cui interno è possibile trovare specializzazioni per ogni fase della produzione: dalla messa a dimora della piantina, alla potatura fino alla vendemmia; per poi passare alla cantina e a tutte le fasi che legano il prodotto fino al consumatore finale, passando per la comunicazione e la catena logistica commerciale, innescando in nuce una prima divisione del lavoro, già nel I millennio a.C., una “taylorizzazione” ante litteram, che vedrà la completa espressione molti secoli più tardi. Nel corso degli anni ’60 in Europa, dopo la nefasta parentesi della II guerra mondiale, maturarono le condizioni per una forte ripresa economica. Crescita dell’occupazione, aumento dei redditi furono gli ingredienti del consumo di massa, fenomeno talmente importante da caratterizzare il periodo della nostra recente storia sociale dei consumi con il neologismo: consumismo. Parallelamente la domanda di prodotti e servizi delle famiglie si andava progressivamente svincolando dai canoni tradizionali. Furono gli anni felici per la pubblicità in grado di influenzare “mi-
Vino in Italia
• L’Italia è tra i Paesi leader nella
produzione ed esportazione del vino nel mondo
• L’analisi dell’export permette di
evidenziare la capacità di questo insostituibile prodotto di adattarsi allo sviluppo delle società umane, mantenendo una specifica centralità, tanto da divenire una possibile chiave di lettura della storia sociale italiana
Vigneti a gradoni in Portogallo
Foto R. Angelini
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mondo e mercato racolosamente” il successo di decine di prodotti. L’introduzione degli elettrodomestici sollevò la famiglia e la donna, in particolare, da ruoli atavici: cucinare, lavare, pulire, liberando risorse umane e aprendo la strada ai consumi legati al tempo libero, all’economia del benessere. L’ottimismo del progresso permeava ogni cosa. I consumi alimentari iniziarono a subire le prime metamorfosi. L’alimentazione spostava il baricentro verso il piacere a scapito del bisogno. L’incubo della fame patito dalla popolazione nel periodo bellico sfumava. Il vino legato a un’immagine contadina, lontano dai nuovi modelli sociali, andò incontro a una drammatica contrazione della domanda. Le aziende agricole avevano difficoltà a portare in pareggio i bilanci, il valore della terra era in picchiata libera. Le città e l’occupazione industriale erano le nuove aspirazioni degli italiani. Sul versante opposto, la politica comunitaria nel settore agricolo degli anni ’70-’80 si era orientata al sostegno della produzione e, indirettamente, dei redditi degli agricoltori, cercando di contenere fenomeni migratori già sperimentati negli anni ’60 le cui ferite erano ancora dolenti. La combinazione degli effetti sopra accennati produsse crescenti eccedenze di vino e altri prodotti alimentari, che venivano ritirate dal mercato attraverso meccanismi non sempre facilmente intelligibili e trasparenti agli occhi del cittadino europeo. Indubbiamente, la profonda crisi del mercato degli anni ’80 ebbe il vantaggio di stimolare la curiosità di cosa avveniva fuori dei confini nazionali e iniziare a sondare le potenzialità di mercati lontani ma non impossibili. Le prime esplorazioni e penetrazioni commerciali si concentrarono in Europa, poi in Paesi più lontani come gli Stati Uniti, il Canada e infine il Giappone. I mercati esteri, quasi vergini al consumo del vino, furono molto recettivi ma imponevano un salto di qualità dei prodotti e nel packaging.
Vino in Europa
• L’animo europeo si è alimentato senza
dubbio della bevanda cara a Dioniso fornendo a secondo del consumatore e dei momenti: ispirazione, riflessione, forza, coraggio ma anche saggezza, fonte alimentare insostituibile per decine e decine di generazioni
• In qualche misura il vino, come la
moda, il design e molti altri prodotti, ha contribuito al fascino che l’Europa e l’Italia, in particolare, rappresenta nel mondo
Vigneti sulle coste siciliane
Foto R. Angelini
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vite e vino nel mondo
100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 Produzione
Export
40% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 5% 0%
Produzione ed export di vino italiano
% export/totale produzione
Milioni di ettolitri
Produzione ed export di vino italiano (1980-2005)
• Nel periodo 1980/85, la media della
produzione italiana oscillava intorno i 76 milioni di ettolitri e l’export si collocava intorno ai 16,5 milioni di ettolitri, pari a circa il 22% della produzione
• Nell’ultimo quinquennio (2001-2005)
% export
la media produttiva si è collocata a 49 milioni di ettolitri e l’export a circa 15 milioni, corrispondenti al 31% della produzione complessiva
La risposta italiana non tardò ad accontentare le esigenze dei mercati esteri migliorando la qualità dei prodotti e vestendo il vino in bottiglie corredate da etichette informative e raffinate. I produttori italiani intrapresero con decisione la strada della qualità, inizialmente con un piccolo gruppo di avanguardie, che aprì la strada a molte altre imprese stimolate dai brillanti successi ottenuti. A sostenere la crescita endogena del vino contribuì la legge 164 del 1992 che pose le basi di una normativa quadro, recependo le istanze del mondo della produzione e dell’evoluzione dei mercati. Il rapporto tra produzione di vino italiano ed export, riferito agli anni 1980-2005, mostra il flusso crescente delle consegne sui mercati esteri in un contesto di riduzione della produzione, evidenziando come il commercio estero abbia nel corso del tempo acquisito una crescente importanza nel quadro dell’economia del settore.
Foto R. Angelini
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mondo e mercato Secondo importante elemento determinatosi nella seconda metà degli anni ’90, è stata la comparsa di nuovi Paesi produttori accelerando il processo di specializzazione produttiva verso il prodotto imbottigliato a discapito del prodotto sfuso. In sostanza, qualità rispetto ai volumi. Meno cisterne e più bottiglie. L’andamento e l’evoluzione di tale premessa è facilmente osservabile nella composizione dell’export di vino italiano che mostra, dagli anni ’90 a oggi, un trend positivo per l’esportazione del prodotto imbottigliato rispetto a quello sfuso. L’adattamento fu una necessità dettata dalle regole del mercato, ma al tempo stesso uno stimolo a intraprendere con meno indugi la difficile strada della qualità e immagine del prodotto.
Export per tipologia di confezionamento
• Dal 1990 al 2005 si è assistito a una
profonda evoluzione nelle tipologie di confezionamento del vino italiano esportato a favore del vino sfuso rispetto a quello già imbottigliato
• Nel grafico a fianco, le linee colorate
mostrano le due dinamiche opposte: i flussi esportativi del prodotto imbottigliato in decisa crescita (linea rossa); in sensibile contrazione il vino sfuso (linea blu)
Export di vini in volume per confezionamento (1990-2005)
• A fine 2001 i rilevamenti statistici
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registravano, per la prima volta nella storia del commercio estero del vino italiano, il superamento in volume del vino in bottiglia nei confronti del prodotto sfuso. Obiettivo di grande valenza commerciale, frutto di una lunga politica di riqualificazione dell’intera filiera produttiva e passaggio definitivo da un’ottica di commodity a quella di prodotto ad alto valore aggiunto
Milioni di ettolitri
10 8 6 4 2 0
1990
< 2 litri
Vigneti nella Mancia, Spagna
1992
1994
> 2 litri
1996
1998
2000
Lineare (> 2 litri)
2002
2004
Lineare (< 2 litri)
Foto R. Angelini
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vite e vino nel mondo
Migliaia di ettolitri Milioni di euro
Volume e valore dell’export di vino italiano (1996-2005) 20.000 18.000 16.000 14.000 12.000 10.000 8000 6000 4000 2000 0
Volume
Volume e valore dell’export di vino italiano
• Dal 1996 a oggi l’andamento dei volumi ha registrato una crescita fino al 1999 per poi contrarsi al massimo livello nel 2003 e ritrovare una fase d’espansione a partire dal 2004
• Diametralmente opposto il trend
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
dei valori che segue un incremento costante, dovuto come segnalato in precedenza al maggiore valore medio del prodotto esportato
Valore
• L’individuazione del maggior valore
La prima fu perseguita affinando le metodologie di produzione nel vigneto e in cantina; la seconda curando tutti gli aspetti del Marchio/Azienda: dal packaging del prodotto all’etichetta, fino alle strutture aziendali, in un quadro di comunicazione globale con l’obiettivo di conquistare un ruolo di forte visibilità e notorietà internazionale.
nella bottiglia e nella qualità fu immediatamente recepito dalle aziende, divenendo prassi quotidiana
Caratteristiche della produzione vinicola italiana La produzione italiana si differenzia da altri Paesi produttori per alcuni elementi di particolare valenza. Primo fra tutti è la significativa presenza di vitigni tipici che possono avere un’estensione variabile: da pochi ettari fino a caratterizzare regioni intere. Questi vitigni tipici sono definiti tecnicamente autoctoni. Autoctoni sono il Sangiovese, vitigno tipico della Toscana e dell’Italia Centrale, con il quale si produce il Brunello di Montalcino, il Chianti, il Vino Nobile di Montepulciano, il Carmignano e il Morellino di Scansano; il Nebbiolo padre del Barolo, Barbaresco; o il Nero d’Avola e così via per oltre 250 vitigni autoctoni tra i più coltivati. Come vedremo più avanti, la spiccata presenza dei vitigni autoctoni offre da un lato vantaggi, in quanto unici e originali; dall’altro lo svantaggio di avere una produzione quantitativamente limitata. Secondo elemento di estrema importanza è la classificazione qualitativa dei vini italiani, definita con la legge 164 del 1992, caratterizzata da un’impostazione territoriale. Le denominazioni dei vini prendono il nome delle zone di produzione, seguendo un dettagliato disciplinare. Un terzo elemento caratterizzante la viticoltura italiana è l’atomizzazione delle aziende produttrici, la cui superficie media si aggira intorno all’ettaro creando un costo proibitivo del prodotto finale, certamente non concorrenziale con le produzioni dei grandi Paesi produttori. 555
mondo e mercato L’impostazione produttiva indicata per sommi capi, pur risultando coerente con una logica che trova i punti di forza nell’area di produzione, nella tradizione e nel legame con il territorio, risulta essere asincrona rispetto alle modalità d’acquisto del consumatore internazionale, come vedremo più avanti.
Opportunità e criticità
• Le caratteristiche della produzione
vinicola italiana si differenziano dall’offerta internazionale per la forte presenza di vitigni autoctoni, creando delle opportunità e criticità al tempo stesso. Il confronto con le caratteristiche della domanda internazionale consente di far emergere le principali problematiche e potenzialità, aprendo la strada alla risoluzione delle prime e alla valorizzazione delle seconde. Tra gli anelli deboli della catena emerge in tutta la sua importanza il fattore comunicazione, ribaltando la lettura e l’analisi dei mercati esteri
Caratteristiche della produzione mondiale Il mondo della produzione vinicola e quindi dell’offerta globale può essere schematicamente suddiviso in tre grandi segmenti: – il primo comprendente vini prodotti con vitigni internazionali (Cabernet, Merlot, Syrah = vitigni a bacca rossa, mentre Chardonnay, Sauvignon = vitigni a bacca bianca) ampiamente diffusi nel mondo, grazie alla facilità di dare ottimi risultati in svariate condizioni climatiche; – il secondo costituito da vini prodotti con vitigni autoctoni, ovvero vitigni originari e coltivati in aree circoscritte; – un terzo segmento costituito dall’unione dei primi due: vitigno internazionale + autoctono, che consente di aggiungere al vino uno specifico carattere personalizzante (vitigno autoctono), in un quadro riferimento organolettico consolidato (vitigno internazionale). Geograficamente, i vitigni internazionali sono distribuiti prevalentemente nei Paesi del Nuovo Mondo (Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Stati Uniti, Cile) e in parte in Europa. La viticoltura nel Nuovo Mondo, nata nel secolo passato, è stata condizionata dai flussi migratori europei e realizzata con materiale vegetativo di importazione prevalentemente di origine francese. In Europa si registra un mix di vitigni internazionali e autoctoni. La produzione italiana, come abbiamo visto, è fortemente caratterizzata dai vitigni autoctoni.
Paesaggio vitato a Montepulciano (SI)
Foto R. Angelini
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vite e vino nel mondo Un recente censimento ha evidenziato la presenza di oltre mille vitigni e si registra una crescita d’interesse e una riscoperta agronomica per i cosiddetti vitigni autoctoni minori da parte del mondo produttivo italiano. La forte frammentazione delle produzioni autoctone, accompagnata dall’atomizzazione fondiaria, determina la produzione di modeste masse critiche e una simmetrica scarsa diffusione delle denominazioni sui principali mercati esteri. Tali condizioni pregiudicano l’accesso alla Distribuzione Organizzata e conseguentemente una buona familiarità al grande pubblico. Situazione diametralmente opposta quella per i vini prodotti con vitigni internazionali: elevata massa critica, in quanto prodotti comuni di molti Paesi produttori; diffusa presenza sui mercati e una semplice facilità di apprendimento mnemonico, sia per il numero ristretto di vitigni, sia per la coincidenza tra nome di vitigno e vino (Vitigno Chardonnay –> Vino Chardonnay del …). Questi ultimi per l’ampia diffusione sono ampiamente conosciuti dal consumatore globale e in virtù della presenza ubiquitaria nella distribuzione sono divenuti noti anche al più ignaro consumatore internazionale. Tale passaggio costituisce un elemento chiave del marketing internazionale del vino in quanto pone in risalto il determinante trasferimento della scelta o preferenza del consumatore (domanda) dal fattore qualità/prezzo al fattore conoscenza/familiarità. Questa nuova condizione sposta l’equilibrio delle strategie marketing dal prodotto, in quanto tale, alla comunicazione. Non tutte le produzioni vinicole vengono commercializzate dalla Grande Distribuzione. Tale scelta può essere determinata da una precisa volontà del produttore di mantenere un alone di esclusività, sia perché interessato a un segmento particolare di consumatori, sia per la limitata produzione, o entrambe le condizioni. Anche in questo caso la diversificazione e specializzazione della domanda ha stimolato la nascita di reti distributive specializzate
Classificazione qualitativa dei vini italiani
• La fine del 2005 vede al vertice della
piramide qualitativa dei vini - 33 DOCG (Denominazione d’Origine Controllata e Garantita), - 311 vini DOC (Denominazione d’Origine Controllata) - 117 IGT (Indicazione Geografica Tipica) e Vini da Tavola che occupano la parte basale della piramide
• Collio, Cerasuolo di Vittoria, Primitivo
di Manduria, Verdicchio dei Castelli di Jesi, Valpolicella, Vermentino di Gallura ecc., sono alcune tra le denominazioni presenti. Risulta evidente come la familiarità dell’offerta enologica, anche per il consumatore italiano, non possa essere disgiunta da una discreta conoscenza geografica della Penisola
Vigneti sulle rive del Duero, in Portogallo
Foto R. Angelini
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mondo e mercato che vanno a occupare gli spazi creati dall’evoluzione delle tendenze del consumatore. Le enoteche, i wine bar, i ristoranti di alto livello assolvono questa importante funzione alla quale si sono aggiunti i nuovi strumenti legati a internet, dando luogo allo sviluppo di nuove forme di commercio internazionale.
Vini internazionali e vini autoctoni
• Immaginiamo lo sconforto di un
consumatore medio estero di fronte a uno scaffale con le due tipologie di vino. Da un lato i prodotti con vitigni autoctoni poco conosciuti, spesso difficili da pronunciare e classificati secondo un sistema a ispirazione geografica di un paese probabilmente mai visitato; dall’altro i vini prodotti con vitigni internazionali, pronti a essere acquistati senza dover superare particolari ostacoli nella comunicazione
Vino e comunicazione Se come anticipato nelle pagine precedenti il periodo di fine Millennio è stato contrassegnato dal miglioramento qualitativo dell’offerta, gli ultimi anni e il presente evidenziano la crescente attenzione alla comunicazione, ovvero al trasferimento delle valenze contenute nel vino al consumatore finale. Comunicare la filosofia produttiva, raccontare la storia dell’azienda, del produttore, la qualità di un vitigno, il fascino di un vino è di fondamentale importanza poiché questi elementi consentono una maggiore identificazione del marchio agli occhi del consumatore; e da opposta prospettiva il marchio diviene punto di riferimento per il consumatore globale inondato da un’offerta crescente proveniente da tutto il mondo. L’estetica e la forma conquistano un ruolo di primaria importanza. Così oggi le dimensioni delle bottiglie di vino si concentrano sul formato più snello, formati sopra i 750 ml diventano fuori moda, troppo ingombranti, troppo pesanti. Il fiasco, bottiglia tipica del vino toscano, onnipresente nella ristorazione fino a due decenni fa, risulta essere quasi scomparso. La confezione da 2 l rimane circoscritta ai vini di consumo quotidiano di media qualità. Sempre più le bottiglie di vetro vengono sostituite con nuovi contenitori, prodotti con materiali innovativi: brick, bag-in-box, pratici maneggevoli, igienicamente sicuri,
• Indubbiamente non sono tra le
situazioni più rosee per effettuare una scelta serena. Se a ciò si aggiunge che secondo recenti studi il consumatore medio tende ad acquistare prodotti in qualche misura noti, familiari e/o consigliati da persone di fiducia, risulta evidente lo svantaggio per le produzioni meno conosciute, in cui spesso ricadono i vini italiani
Vigneti in Cappadocia, Turchia
Foto R. Angelini
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vite e vino nel mondo riciclabili sotto il profilo ecologico. Il sughero, ultimo baluardo della bottiglia, lascia spazio ai prodotti sintetici per la chiusura delle bottiglie, anche se le nuove tecnologie e il contenimento dei costi fanno riscoprire il tappo a vite per i prodotti della fascia media. Le confezioni oversize – Magnum (1,5 l), Jeroboam (3 l), Reoboam (6 l) Mathulasem (6 l) fino alla Nabuccodonosor (15 l) – ritornano in voga per gli spumanti o vini di particolare pregio, dopo una completa rivisitazione e un lungo periodo di purgatorio. Non più dozzinali ma formati esclusivi, preziosi, adatti a eventi particolari, a celebrazioni importanti. Le etichette ormai ricercatissime passano, il più delle volte, per le mani di artisti e maestri della grafica italiana. Il vino assume, per ampie fasce del mercato, le caratteristiche di un prodotto di lusso. Il parallelo con la moda viene quasi naturale: modelle sempre più esili, vestiti sempre più originali, i tessuti sempre più preziosi e ricercati. Lo sforzo nella cura degli aspetti della comunicazione, accanto all’elevata qualità premiava gli investimenti. Il riscontro più evidente del crescente favore del pubblico internazionale verso il vino italiano è stato l’incremento del valore medio esportato. Un parametro che esprime l’interesse e il comportamento del consumatore nei confronti di un determinato prodotto o categoria di prodotto. L’immagine dell’impresa veicolata dalle bottiglie e dal vino contenuto certamente non poteva essere disgiunta dall’immagine dell’azienda di produzione. L’azienda stessa riacquista una centralità e tende ad assumere un doppio ruolo: origine della produzione e biglietto da visita per il produttore al mondo intero. Quindi, produzione e comunicazione.
Foto AgriLinea
Immagine del vino e comunicazione
• L’immagine è divenuta nell’ultimo
decennio la ricerca quotidiana dei produttori, il leit motiv delle imprese, dell’intero mondo del vino impegnato ad accrescere il valore aggiunto del prodotto, e in particolare di quella parte che prende il nome di valore immateriale, aprendo la strada alla centralità della comunicazione
Euro/litro
Prezzi medi del vino italiano esportato: UE/Paesi terzi (1996-2005) 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0
• Questa nuova filosofia produttiva
ha gettato le basi per la nascita di decine di concorsi internazionali, fino ad arrivare ai concorsi dedicati esclusivamente al packaging, tripudio massimo alla sfera dell’immagine e della comunicazione
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Paesi Terzi
Unione Europea
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mondo e mercato Le colline e il territorio italiano rivivono un secondo Rinascimento, coinvolgendo una dopo l’altra tutte le regioni italiane, con una cadenza quasi sincrona dopo l’auge di una prima regione emerge una seconda, e così via: dal Piemonte alla Puglia, dal Friuli alla Sardegna. Le aziende ristrutturate diventano esempi di recupero architettonico, i castelli ritrovano gli antichi splendori, le dimore rurali diventano luoghi idilliaci, evocando paesaggi ideali secondo le regole rinascimentali del buongoverno del territorio delle opere di Simone Martini. Il fenomeno è diffuso, totale dal maso al baglio, dalla fattoria alla masseria, gettando le basi per lo sviluppo dell’enoturismo, delle strade del vino e i percorsi enogastronomici.
In sintesi
• Scegliere d’investire in un mercato
è un passo non semplice per l’impresa
• La lettura del flusso delle esportazioni
secondo le diverse caratteristiche del prodotto: tipologia (DOC, DOCG, IGT e Vini da tavola); colore e distribuzione geografica nelle principali aree, può contribuire a rendere meno nebuloso il contesto internazionale per le future scelte commerciali
Tipologie di vino esportate I dati statistici, pur nella loro freddezza sintetica, consentono di capire meglio le tendenze in atto negli ultimi anni del vino italiano nello scenario internazionale, osservando l’andamento delle tipologie vinicole esportate. I vini VQPRD (Vini di qualità prodotti in regioni determinate) nell’ultimo decennio hanno mantenuto un volume export intorno ai 3,9 milioni di ettolitri con una punta massima nel periodo 1997-2002 quando le consegne estere superarono ampiamente i 4 milioni di ettolitri. I Vini da tavola hanno raggiunto il picco esportativo nel 1999 con un volume di 13,7 milioni di ettolitri, apice dal quale i flussi hanno registrato una progressiva contrazione fino a 7,4 milioni di ettolitri nel 2003. Nell’ultimo biennio 2004/05 si registra un deciso recupero tanto da toccare i 9,7 milioni di ettolitri.
• Uno spazio specifico è dedicato al vino italiano più brindato nel mondo: lo spumante
Vigneti in Romagna
Foto P. Bacchiocchi
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vite e vino nel mondo
Milioni di hl
Export di vino italiano in volume (1995-2005) 15 13 11 9 7 5 3 1 –1
Vini VQPRD
• L’importanza dei vini a denominazione
nell’economia del settore, ricadenti nella classificazione europea nei Vqprd (Vini di qualità prodotti in regioni determinate), è maggiormente palese sul versante dei valori, soprattutto negli anni 1997-2001, con una quota lievemente superiore al 50% del valore totale delle esportazioni di vino
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Vini Vqprd
Vini da tavola
• A partire dal 2003, i vini a denominazione
Milioni di euro
Export di vino italiano in valore (1995-2005) 2000 1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400 200 0
registrano una fase di stasi imputabile al repentino cambiamento della domanda internazionale, provocando una sensibile flessione dei consumi nella ristorazione e favorendo i consumi domestici
• Il ridimensionamento dell’importanza
dei vini a denominazione è facilmente osservabile nella crescita del divario nei valori con i VdT (Vini da Tavola), forbice che progressivamente si è ampliata dal 2002 al 2005
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Vini Vqprd
Vini da tavola
Foto P. Bacchiocchi
561
mondo e mercato Export di vino italiano in volume (1995-2005) Export dei vini VQPRD
• All’interno dei vini a denominazione Milioni di hl
nell’arco degli anni 1996/2005, si registra una crescita a due velocità
• I vini rossi e rosé VQPRD passano da
2,2 a 2,6 milioni di ettolitri con una crescita del 18%; sul versante dei valori l’incremento è più evidente (97%), da 420 a 830 milioni di euro, grazie alla crescita del prezzo medio da 1,77 a 2,97 €/litro (68%)
3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0
VQPRD rossi e rosé
VQPRD bianchi
1995
1996
1997
1998
1999
2001
2002
2003
2004
2005
2000
• I vini bianchi mostrano una dinamica
meno brillante: i volumi in flessione da 1,6 a 1,4 milioni di ettolitri, mentre i valori offrono maggiori soddisfazioni da 264 a 335 milioni di euro (+27%)
Export di vino italiano in valore (1995-2005)
• Anche nel caso dei vini a
Milioni di euro
denominazione si nota una spinta verso la qualità, segnata dall’aumento dei valori unitari sopra riportati Foto R. Angelini
1000 900 800 700 600 500 400 300 200 100 0
VQPRD bianchi
VQPRD rossi e rosé
1995
1996
1997
1998
1999
2001
2002
2003
2004
2005
2000
L’andamento così altalenante dei vini da tavola (VdT) deve essere letto in parallelo con il flusso dell’export del prodotto sfuso nel quale i VdT costituiscono di gran lunga la parte maggioritaria. Come per l’intera offerta italiana i vini da tavola hanno subito una profonda riqualificazione, riscontrabile attraverso l’andamento del prezzo medio a partire dal 2001. Nei vini a denominazione d’origine la crescita risulta essere costante eccetto la flessione del 2005. Da un punto di vista strettamente commerciale, la crescita dei VdT e in particolare dei vini a Indicazione Geografica Tipica (IGT) è da attribuire a un buon livello qualitativo, una presenza
Vigneti in Val di Non (TN)
562
vite e vino nel mondo
Euro/litro
Prezzo medio al litro del vino italiano esportato (1995-2005) 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0
Vini da tavola
Vini VQPRD
1995
1996
1997
1998
1999
2001
2002
2003
2004
2005
2000
più significativa nella Grande Distribuzione e un costo contenuto, rendendo accessibile il prodotto al consumatore medio. La crescita del prezzo medio del settore VdT, passato da 0,84 a 1,84 €/l, mostra con assoluta chiarezza il salto qualitativo della tipologia. Colore Anche se non repentinamente, la dinamica della domanda internazionale ha subito una profonda evoluzione per quanto riguarda le preferenze del colore del vino. Gli anni ’80-’90 sono stati caratterizzati da un orientamento tendenziale verso il vino rosso, grazie anche agli effetti del contributo della ricerca scientifica sugli effetti salutistici, il famoso French Paradox, che individuava un diretto legame tra un consumo moderato di vino rosso e la minore incidenza di alcune patologie cardiovascolari, malgrado la dieta ricca di grassi animali.
Andamento dell’export per tipologia di colore
• I grafici a lato e nella pagina successiva
mostrano il confronto dell’andamento dei flussi in volume e valore dei vini bianchi da un lato e rossi, rosati dall’altro nel periodo 1998-2005. Interessante notare come il ridimensionamento della preferenza accordata ai rossi, a partire dal 1999, abbia dimezzato il differenziale con i vini bianchi
Export di vino italiano in volume (1998-2005)
• L’accelerazione di tale fenomeno
è maggiormente visibile nell’ultimo biennio 2004/2005. Solo un milione di ettolitri separa le due tipologie, quando nel 1998 il divario era di oltre 3 milioni di ettolitri. Sotto il profilo dei valori il recupero è stato meno evidente, anche per il minor valore intrinseco e il ciclo di vita più breve dei vini bianchi
Milioni di ettolitri
12 10 8 6 4 2 0
1998
1999
Vini rossi, rosè
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Vini bianchi
563
mondo e mercato
Milioni di euro
Export di vino italiano in valore (1998-2005)
1600 1400 1200 1000 800 600 400 200 0
1998
Vini rossi, rosé
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Vini bianchi
Il fenomeno nato negli Stati Uniti, a Boston esattamente, ha fortemente influenzato, prima, il mercato USA, per diffondersi, successivamente, in tutti i principali mercati internazionali. Nel periodo di fine Millennio la scena internazionale è stata dominata da vini rossi, ben strutturati con elevato tenore alcolico, spesso affinati in barrique. L’accentuata tendenza verso i rossi destò in quel periodo non poche preoccupazioni ai produttori di vini bianchi. Gli anni che stiamo vivendo sono volti a un progressivo recupero complessivo dei vini bianchi, determinando un sostanziale equilibrio nel flusso del vino italiano. Oltre alle qualità intrinseche dei prodotti, il consumo di un determinato colore è influenzato dagli aspetti culturali e religiosi. Così in Estremo Oriente si registra una forte propensione per i vini rossi, in quanto colore tradizionalmente foriero di valenze e significati
Vigneti nella Napa Valley, California
564
vite e vino nel mondo positivi. In altri casi l’orientamento verso un determinato colore è condizionato da alcune caratteristiche organolettiche comuni. La ricchezza di profumi fruttati, i sentori floreali, l’elevata acidità, la freschezza al palato e la semplicità del gusto si trovano molto spesso nei bianchi, adattandosi in maniera naturale a modelli di consumo lontani dalla tradizione italiana. Così nei Paesi anglosassoni, per esempio, la diversa modalità del consumo spesso lontano dai pasti, favorisce il consumo di tipologie con caratteristiche di immediatezza, freschezza. Il frutto, l’armonia, la non complessità sono le caratteristiche prioritarie per il consumatore giovane che dopo il lavoro si ferma nel wine bar o nel vecchio pub sotto l’ufficio. Non affatto secondario è l’effetto climatico sul consumo, soprattutto nei climi freddi, come è il caso dei Paesi Scandinavi, della Russia o del Canada, dove la caratteristica alcolica gioca un ruolo primario favorendo decisamente i rossi ben strutturati. Di recente si registra una riscoperta dei vini rosé, quasi scomparsi negli anni ’90 da qualche anno in crescente ripresa. Fenomeno interessante da seguire con la massima attenzione per le potenzialità commerciali anche in mercati di grande prestigio e tradizione come la Francia, tra i centri di diffusione di questa nuova tendenza. Destinazione delle esportazioni Abbiamo visto che nell’arco degli ultimi anni il settore enologico ha registrato una continua evoluzione. I mercati destinatari del vino italiano sono circa 165, disseminati nei cinque continenti. I grafici che seguono mostrano la dinamica dei flussi di export del vino italiano in volume e valore verso l’Unione Europea e i Paesi terzi.
Vigneti lungo il Reno, Germania
565
mondo e mercato Distribuzione dell’export di vino italiano in volume: UE/Paesi terzi (1996-2005) Distribuzione delle esportazioni
20.000 18.000 16.000 14.000 12.000 10.000 8000 6000 4000 2000 0
Migliaia di ettolitri
• Nell’ultimo decennio si nota come
il valore, a valori correnti, diretto verso i Paesi terzi sia passato da 588 a 1.359 milioni di euro con una crescita del 131%; mentre l’Unione Europea ha registrato un incremento del 36%. In altri termini la crescita dell’export è dovuta in larga misura ai Paesi terzi, che ormai pesano per il 46% del valore totale esportato dal Sistema Vino Italia
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Unione Europea
Evoluzione dei consumi
Paesi terzi
Distribuzione dell’export di vino italiano in valore: UE/Paesi terzi (1996-2005)
• Sono i mercati dei Paesi terzi quelli più
suscettibili d’incremento nei consumi, sia in virtù di un rinnovato ciclo di crescita economica, sia per il livello dei consumi di vino molto al di sotto della media mondiale, e una spiccata tendenza verso il modello alimentare occidentale
Milioni di euro
3000
• Nell’area europea, considerata matura
in termini di mercato, le proiezioni dei consumi sono volte verso una stasi o in lieve regressione. La realtà europea sottende una variegata vivacità come nei Paesi Baltici, Regno Unito e tendenze non positive come in Germania
2500 2000 1500 1000 500 0
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Unione Europea
Paesi terzi
Foto P. Bacchiocchi
566
vite e vino nel mondo Se la tendenza risulta ben delineata per quanto concerne i valori, con un trend in continua crescita dell’export verso i Paesi terzi, il flusso delle quantità pende in maniera decisa verso l’Unione. La spiegazione è da ricercare nelle esportazioni del prodotto sfuso dirette in grande prevalenza nei Paesi limitrofi l’Italia (Germania, Francia, Spagna, Repubblica Ceca). Tale concentrazione determina un significativo differenziale del prezzo medio con i Paesi Terzi dove la tipologia sfuso è marginale. Il riallineamento tra l’UE e i Paesi terzi, seppure importante, non fornisce dettagliate informazioni circa l’andamento delle macroaree geo-economiche più importanti o dei singoli mercati, e in particolare delle dinamiche in atto. La figura seguente fornisce un quadro di sintesi degli anni 1999-2005 nelle aree più determinanti il flusso export.
Export di vino per macroaree
• L’area di riferimento più importante
è l’Unione Europea, anche se nel corso degli anni l’importanza è diminuita nonostante la crescita del numero dei paesi aderenti
• Segue il Nord America con una
chiara tendenza alla crescita, grazie all’espansione della domanda del mercato statunitense e canadese
• In crescita costante anche i mercati
europei non aderenti all’UE di cui Svizzera e Norvegia costituiscono gli assi portanti
Milioni di euro
Export di vino italiano per macroaree (1999-2005)
1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400 200 0
• L’Europa dell’Est registra un andamento positivo dovuto alla buona performance del mercato russo
• L’Estremo Oriente è caratterizzato da
Europa
1999
2000
Est Europa Nord America Sud America 2001
2002
2003
una fase complessiva di stasi scaturita da un lato dalla profonda crisi del mercato giapponese; dall’altro dalla dinamicità dei mercati minori quali: Corea del Sud, Taiwan, Cina, Hong Kong e Vietnam che risultano essere particolarmente vivaci
Asia
2004
2005
• Stabile l’America del Sud e l’Oceania
mentre le rimanenti aree non contribuiscono in maniera significativa al flusso esportativo
Distribuzione dell’export di vino italiano in valore (2005)
1%
8% 31%
Nordamerica Asia Sudamerica
55%
4% 1%
Unione Europea Est Europa Altri Paesi Europei
567
mondo e mercato Avendo acquisito la consapevolezza delle aree più importanti e misurata a grandi linee la dinamicità, andiamo a vedere cosa succede all’interno dei singoli mercati più importanti. La Germania si conferma il principale mercato destinatario per volume e secondo per valore. Gli Stati Uniti costituiscono la locomotiva delle esportazioni e si confermano mercato leader con un valore 770 milioni di euro, pari al 27% dell’intero valore esportato; e un volume di 2,2 milioni di ettolitri pari a circa 250 milioni di bottiglie. Nonostante le difficoltà menzionate precedentemente, il vino italiano si conferma primo
Mercato tedesco
• La difficile situazione economica
venutasi a creare dopo la caduta del Muro di Berlino e le ingenti risorse finanziarie assorbite per l’ammodernamento dell’area orientale, inclusa la città di Berlino, hanno orientato i consumi verso prodotti più economici deprimendo complessivamente il valore delle importazioni di vino italiano
Export di vino italiano in volume nei principali mercati (1996-2005)
• Dal 2003 si registra un’espansione
Milioni di hl
delle importazioni a prezzi medi molto bassi. In particolare, dopo alcuni anni di flessione, è in fase di nuova crescita l’importazione di prodotto sfuso dall’Italia, che viene successivamente imbottigliato localmente da grandi aziende specializzate
7000 6000 5000 4000 3000 2000 1000 0
Germania Francia Regno Svizzera Unito
1996
2000
Stati Uniti
Canada Giappone
2005
Export di vino italiano in valore nei principali mercati (1996-2005) 900 800
Milioni di euro
700 600 500 400 300 200 100 0
Germania Francia Regno Svizzera Unito
1996
568
2000
2005
Stati Uniti
Canada Giappone
vite e vino nel mondo
Milioni di euro
Volume dell’export di vino in USA per tipologie (2000-2005) 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0
2000
Valore dell’export in USA
•Il grafico a lato consente
Totale vini rossi e rosati 2001
2002
Totale vini bianchi 2003
di cogliere visivamente la composizione dell’export italiano e contemporaneamente la crescita dei vini bianchi che raddoppiano in valore nell’arco degli ultimi cinque anni, mentre i rossi, nello stesso arco temporale, registrano un aumento del 19%
Vini spumanti 2004
2005
fornitore del mercato USA superando l’Australia, e secondo in termini di valore dopo la Francia. L’influenza delle tendenze statunitensi supera i confini geografici portando beneficio al vino italiano in termini commerciali e promozionali in tutto il mondo. Non a caso, i trend di consumo degli ultimi decenni quali: i Supertuscans, negli anni ’90, il Pinot Grigio più recentemente, nascono nei centri urbani di tendenza mondiale: New York, Los Angeles, Chicago. In particolare, il fenomeno Pinot Grigio, oltre a determinare il successo di questo vino italiano, non particolarmente noto fino agli anni ’80, ha aperto la strada alla ripresa dei vini bianchi prima negli USA, per poi estendersi progressivamente agli altri mercati internazionali, primo fra tutti il Regno Unito. Foto R. Angelini
569
mondo e mercato Valore dell’export di vino in USA per tipologie (2000-2005) 400
Valore dell’export in USA per tipologie
350
• Il grafico consente di focalizzare
300 Milioni di euro
l’attenzione sulla crescita dei vini bianchi da tavola, mentre i vini a denominazione risultano essere stabili. Il grafico mostra con particolare chiarezza come la performance dei vini a denominazione sia modesta, in particolare nei bianchi
250 200 150 100 50 0
• In sintesi i Vini da tavola, bianchi,
rossi e rosati, sono divenuti nel giro di qualche anno i veri protagonisti del mercato USA con una crescita del 117% in valore e del 100% in quantità. Crescono i prodotti della fascia media, a scapito dei vini a denominazione, tendenza che induce a pensare a un consumo tra le mura domestiche piuttosto che legato alla ristorazione
2000
Vqprd rossi/rosati Vqprd bianchi fino fino a 13% vol < 2 l a 13% vol < 2 l 2001
2002
2003
Vini spumanti 2004
Vino da tavola 2005
Spumanti Gli spumanti costituiscono una parte molto importante dell’offerta enologica italiana, coprendo un segmento della domanda legata a momenti di particolare valenza emotiva. Negli ultimi anni gli spumanti hanno attraversato un profondo processo di trasformazione, come del resto l’intera offerta enologica italiana. A differenza dei vini tranquilli, il processo di riqualificazione, sicuramente ancora non completato, è stato assai più lungo e apparentemente più faticoso. Dal 1994 al 2005 il settore ha registrato una flessione dell’export, dagli anni ’90 al 2000, seguita da un periodo di stabilizzazione delle consegne.
Vigneti in Trentino
Foto M. Galli
570
vite e vino nel mondo Volume del vino spumante italiano esportato sul totale (1994-2005) 25.000
10 15.000
8
10.000
6 4
5000
2005, il settore registra una prima parte (dagli anni ’90 fino al 2000) di flessione delle consegne da 2,1 milioni a circa 716.000 hl e una seconda (dal 2001 ad oggi) di stabilizzazione del flusso export intorno agli 800.000 hl, pari al 6% del volume esportato dall’intero settore. Per misurare il ridimensionamento del peso della spumantistica è sufficiente osservare che nel 1995 il settore contribuiva con il 12% in volume e 20% in valore all’export del comparto vino italiano, mentre nel 2005 le quote sono divenute 6% e 8% rispettivamente
Quota spumanti %
Migliaia di ettolitri
• Esaminando l’arco degli anni 1994-
12
20.000
0
Export di spumante
14
2 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Spumanti
Totale vino
0
Quota spumanti
Valore del vino spumante italiano esportato sul totale (1994-2005) 3500
25 20
2500 2000
15
1500
10
1000 5
500 0
Quota spumanti %
Milioni di euro
3000
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Spumanti
Totale vino
0
Quota spumanti
La flessione delle consegne di spumante è da imputare alla contrazione dei consumi in alcuni Paesi, tra i quali si segnalano la Russia e la Germania. Sul mercato tedesco la flessione è sicuramente da ricercare nel cambiamento del gusto del consumatore, orientato sempre più verso il gusto secco, a scapito del dolce della tipologia Asti, asse portante dello spumante italiano in Germania. Nell’arco del decennio 1995-2005 gli spumanti hanno perso complessivamente 320 mila ettolitri nella sola Germania. In Russia la contrazione è riconducibile a problemi di carattere congiunturale e al nuovo quadro politico di riferimento della seconda metà degli anni ’90. Accanto a fenomeni di flessione è doveroso 571
mondo e mercato sottolineare un buon recupero dei mercati: svizzero, britannico, statunitense e giapponese. Senza entrare troppo nei problemi strutturali è possibile evidenziare: – gli spumanti non hanno registrato lo stesso percorso dei vini tranquilli. Complessivamente la spumantistica italiana non ha saputo cogliere appieno le opportunità del mercato internazionale che sono risultate determinanti per il decollo dei vini tranquilli; – i successi di alcune aziende, nei diversi distretti produttivi (Franciacorta, Prosecco, Trento) sono in qualche misura rimasti isolati, non generando quella massa critica di prodotto e d’immagine tali da innescare il fenomeno virtuoso di crescita e sviluppo dei rispettivi territori, attraverso quel modello tipico italiano che rimane il distretto;
Export di spumante in volume nei principali mercati (1995-2005) 600
Migliaia di hl
500 400 300 200 100 0
Germania
1995
Regno Unito
2000
Svizzera
Stati Uniti
Giappone
2005
Export di spumante in valore nei principali mercati (1995-2005) 90
Consumo di spumanti
80
• In Italia il consumo degli spumanti
70 Milioni di euro
è legato alle festività o a momenti celebrativi e quindi associato a periodi determinati e circoscritti; nei mercati esteri, invece, tale legame è meno forte o addirittura assente, creando le condizioni per il consumo durante l’intero arco dell’anno. Processo che prende il nome di destagionalizzazione della domanda
60 50 40 30 20 10 0
Germania
1995
572
Regno Unito
2000
2005
Svizzera
Stati Uniti
Giappone
vite e vino nel mondo – il mancato innesco del sistema di relazioni produttive sul territorio pone in evidenza il limite della politica di brand, che rimane confinata alla sfera aziendale; – subordinatamente, evidenzia l’esigenza di una vera e propria strategia settoriale che consenta una crescita commerciale, d’immagine e di comunicazione.
9% 27%
Un nuovo approccio ai mercati Abbiamo detto che il vino italiano viene esportato in 165 paesi per un valore che sfiora i 3 miliardi di euro e 15,6 milioni di ettolitri. Il vino costituisce la prima voce del comparto alimentare italiano con una quota del 17%. Nell’approfondire la dinamica dei mercati esteri si sente l’esigenza di avere delle chiavi di lettura e strumenti 9% operativi in grado di superare i parametri volume e valore che obbli27% gano l’operatore a una visione miope e presbite allo stesso tempo. Miope in quanto l’estrema sinteticità non riesce a dare profondità alla dinamica in atto e alla pluralità dei mercati. Presbite poiché i dati non costituiscono un’analisi capace di cogliere64% le opportunità sul nascere dei nuovi e vecchi mercati in un’ottica globale. Esaminando i flussi commerciali e suddividendo i mercati in sette classi di valore predefinite dall’ISTAT, si ha l’opportunità di configurare i mercati in gruppi omogenei di valore. Andando ad analizzare ogni singola classe è possibile verificare nei gruppi di minore importanza la presenza di mercati strategici per il medio-lungo periodo quali l’India, la Cina, la Russia e realtà
Sp
As 64%
Spumanti > 8,5% in volume Asti < 8,5% in volume Altri spumanti < 8,5% in volume Composizione dell’export di spumante in valore (2005)
Foto E. Marmiroli
Composizione delle esportazioni di spumante
• I prodotti di riferimento dell’export
2005 sono per il 64% Asti spumante, seguito dalla categoria spumanti con grado alcolico superiore a 8,5 gradi alcolici con una quota del 27%. La rimanente quota del 9% è da attribuire agli spumanti con grado alcolico inferiore a 8,5 gradi alcolici
• Gli spumanti sono fortemente dominati dalla notorietà del marchio aziendale (brand), aspetto che li accomuna ai prodotti di lusso. Ogni griffe ha un proprio stile di vita che viene fatto proprio e in parte condiviso dai consumatori
Vigneti in Spagna
573
Al
mondo e mercato Distribuzione dell’export di vino nei diversi mercati per classi di valore (2003-2005) Evoluzione dell’Export per classe di valore
1 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 mil. euro > 51,6 25,5-51,5 5,1-25,5 2,5-5,09 0,5-2,49 0,25-0,49 < 0,25 Quota percentuale %
• I grafici a fianco offrono il quadro
evolutivo negli anni 2003-2005 della composizione dell’export di vino italiano utilizzando la suddivisione per classi di valori (in alto) e un dettaglio dei flussi in valore del 2005 (in basso)
• Il grafico in basso mostra, oltre al
numero di mercati per classe di valore, il peso di ogni singolo gruppo di mercati: al primo gruppo appartengono 11 mercati con un valore maggiore di 51,6 milioni di euro, i quali nel 2005 costituiscono l’88,3% del totale esportato (2.602 milioni di euro). Al secondo gruppo appartengono 4 mercati, con valore compreso tra 25,5 e 51,6 milioni di euro, per un controvalore di 146 milioni di euro ecc.
2003
2004
2005
Distribuzione dell’export italiano in classi di fatturato, numero e relativo peso percentuale (2005) 3000
88,3%
Milioni di euro
2500 2000 1500 1000 500
5,0% 4,3% 1,2% 0,8% 0,2% 0,2% 0 mil. euro > 51,6 25,5-51,5 5,1-25,5 2,5-5,09 0,5-2,49 0,25-0,49 < 0,25
Classi di valore ISTAT
n. mercati
Le classi di valore sono intervalli di valore definiti dall’Istituto Centrale di Statistica utilizzati per raggruppare mercati ricadenti negli intervalli così definiti:
11
4
13
6
35
16
94 Foto R. Angelini
• mercati > 51,6 milioni di euro • mercati > 25, 6 < 51,5 milioni di euro • mercati 5,1-25,5 milioni di euro • mercati 2,5-5,09 milioni di euro • mercati 0,5-2,49 milioni di euro • mercati 0,25-0,49 milioni di euro • mercati < 0,25 milioni di euro Vigneto di Tokaji in Ungheria
574
vite e vino nel mondo che ancora non hanno espresso completamente la potenzialità ricettiva quali: Corea del Sud, Taiwan, Messico. Questo nuovo approccio ai mercati esteri consente di monitorare aree omogenee in termini di valore e di individuare sul nascere fenomeni d’espansione nei mercati suscettibili di crescita. All’interno dei singoli gruppi è possibile monitorare la dinamica in atto senza tralasciare nessun mercato che avrà una visibilità immediata in base all’andamento del flusso d’importazione del vino italiano. Tale diversa impostazione libera l’approccio ai mercati esteri da
Tendenza dei mercati
• Una diversa analisi dei mercati
suddivisi per classi di valori permette di monitorare e gestire le dinamiche degli scambi internazionali con maggiore oculatezza e puntualità
Export di vino italiano per classe di valore 25,6-51,5 milioni di euro (1998-2005) 60
Milioni di euro
50 40 30
Export per classe di valore
20
• I grafici a lato riportano l’andamento
dei flussi export in valore dei principali mercati ricadenti nelle due classi di valore 25,6-51,5 milioni di euro e 2,5-5,09 milioni di euro
10 0
Norvegia
1998
Russia
2002
Belgio
Spagna
2005
• Dalla figura è facilmente intuibile
la dinamicità e l’accelerazione dei mercati norvegese, russo e spagnolo, mentre il Belgio registra un andamento positivo più contenuto. L’import ad anni alterni della Spagna è da collegare alle carenze produttive iberiche che danno luogo ciclicamente a una domanda di vino, in prevalenza sfuso
Export di vino italiano per classe di valore 2,5-5,09 milioni di euro (1998-2005) 6
Milioni di euro
5
• La vivacità dei singoli mercati asiatici
4
(Singapore, Malta, Thailandia) è riscontrabile dal raddoppio dei valori nell’arco degli anni considerati. Sebbene di valori assoluti più ridotti, la crescita dei mercati minori risponde all’esigenza e alla funzionalità del modello esportativo italiano che ricordiamo composto da migliaia d’imprese
3 2 1 0
Malta
1998
Cina 2002
Hong Kong Singapore Thailandia 2005
Nuova Zelanda
575
mondo e mercato una certa dose di empirismo, ponendo le basi per una metodologia più puntuale caratterizzata da parametri oggettivi. L’approccio suddetto riqualifica, nel contesto della gestione dei flussi esportativi, il parametro distributivo che diviene un indice di qualità della gestione del commercio internazionale di un’impresa. Maggiore è il numero dei mercati, maggiore sarà la stabilità e lo stato di salute economica dell’azienda. Con l’ausilio di altre informazioni relative, quali il flusso import totale di vino, i parametri macroeconomici e l’interesse della domanda verso il modello alimentare occidentale/italiano, è possibile ipotizzare le potenzialità di crescita del mercato preso in considerazione, e quindi attivare le opportune strategie promocommerciali. Con il bagaglio d’informazioni acquisito, oltre a un nuova visione complessiva dei mercati esteri, è possibile approcciare la programmazione delle attività commerciali e/o promozionali per tutti gli attori della filiera a partire dalle imprese fino alle attività delle Regioni. Per esempio, le imprese possono confrontare le performance aziendali con la media nazionale e verificare il livello conseguito, apportando modifiche e/o integrazioni nei mercati sottodimensionati. Discorso simile per Consorzi di tutela, Regioni e tutte le istituzioni operanti nel settore vitivinicolo. Uno strumento semplice che consente di aumentare la profondità della lettura dei mercati esteri con l’obiettivo ultimo di trovare “nuovi” spazi commerciali per le imprese italiane.
Produzione ed export 2003
2004
2005
Totale produzione1 vino
44.088
53.050
47.570
Produzione sud
15.903
18.100
18.760
Quota produzione sud
36,1%
34,1%
39,4%
Totale export2 vino
2.701
2.847
2.953
Export vino sud
157,86
172,53
166,651
Quota export sud
5,8%
6,1%
5,6%
in migliaia di ettolitri 2 in milioni di euro 1
Efficienza del sistema viticolo italiano
• Se la crescita dell’export vinicolo
italiano è dato dalla sommatoria delle regioni, per migliorare l’efficienza del sistema è necessario verificare le singole performance territoriali, intervenendo laddove necessario
Il Sud e l’export Se da un lato l’analisi delle potenzialità dei mercati consente di monitorare l’andamento delle esportazioni, una ricognizione sul settore vino comprensiva di una valutazione dei dati delle singole Foto R. Angelini
576
vite e vino nel mondo regioni consente di monitorare l’andamento dei flussi e l’efficienza del Sistema Vino Italia in maniera puntuale, individuando le eventuali aree d’intervento. I dati in valore relativi al 2005 evidenziano due andamenti: le regioni parte del centro e l’intera Italia settentrionale in decisa crescita: Piemonte, Veneto, Trentino Alto Adige, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo e Campania; l’Italia del Sud e alcune regioni centrali registrano significative contrazioni: Lazio (–9,7%), Molise, Basilicata, Calabria (–7,1%), Puglia (–6,8%), Sicilia (–3,2%), Sardegna (–10,2%).
Produzione/esportazione del Mezzogiorno
• I valori indicati nella tabella mostrano
con chiarezza come il flusso delle esportazioni, percentualmente molto ridotto se confrontato ai valori della produzione, abbia registrato un tasso di crescita nel triennio 2003-2005 inferiore alla media del vino italiano nel suo complesso (5,4% contro il 9,4% registrato dall’Italia), deprimendo la quota del Sud dal 5,8% al 5,7%
Export di vino italiano in valore per macro regioni (2003-2005) 2500
Milioni di euro
2000 1500 1000 500 0 2003
Nord 2004
Centro
Sud
2005
Vigneti in Sicilia
Foto R. Angelini
577
mondo e mercato Variazione percentuale in valore dell’export di vino italiano per macro regioni (2003-2005)
Foto R. Angelini
Totale Italia Sud Centro Nord 0
2
4
6
8
10
12
La bassa dinamicità del Sud appare in qualche misura in controtendenza rispetto alla vivace domanda per i vini dell’Italia del Nord e più in generale del vino italiano nel suo complesso anche se parte del prodotto viene commercializzato in altre regioni. Un dato che assume toni più grigi, tenuto conto che il Mezzogiorno produce, in base alle annate, una quota intorno al 40% del vino prodotto in Italia; una produzione in grado di offrire una gamma di prodotto quasi completa: dai vini bianchi, ai rossi; dai vini da meditazione ai vini da agricoltura biologica. Un mancato sviluppo dell’export legato al prodotto imbottigliato potrebbe indurre le imprese nel medio periodo a un ritorno verso la commercializzazione del prodotto sfuso, come negli anni ’70-’90. Il vino in molte aree dell’Italia del Sud supera il limite di prodotto per divenire un importante tassello socioeconomico di primaria importanza. Un modello produttivo in grado si sviluppare un’economia sostenibile laddove molti altri settori hanno fallito.
Foto R. Angelini
Conclusioni L’apertura dei mercati e la parallela evoluzione della domanda internazionale hanno ampliato le possibilità di collocare il vino italiano in mercati nuovi impensabili fino a qualche anno fa: India, Vietnam, Emirati Arabi, Messico, fornendo alle imprese la possibilità di crescere sia dal punto di vista economico sia del confronto con le diverse specificità dei mercati mondiali. Sono molti a ritenere che la crescita e il successo del vino italiano è scaturito grazie al rapporto dialettico e costruttivo con la stampa internazionale e più in generale con il mercato estero. La globalizzazione dei mercati, la crescente predominanza delle grandi catene distributive e il consolidamento dei grandi gruppi produttivi internazionali tendono in qualche misura a uniformare l’offerta al consumatore finale, generando difficoltà crescenti per
Vigneti in Portogallo
578
vite e vino nel mondo le piccole e medie imprese del settore. Nel confronto degli ultimi anni con i Paesi concorrenti il vino italiano ne esce rafforzato, avendo maturato una specifica identità produttiva, e la consapevolezza di dover offrire al mercato globale prodotti di alto profilo qualitativo, ricchi di emozione e fascino a un prezzo in grado di stimolare la curiosità del consumatore di ogni continente. In questi anni, il settore ha dato prova di capire le istanze del consumatore fornendo risposte che il mercato internazionale ha premiato. Il vino italiano nei prossimi anni dovrà confrontarsi con alcuni problemi strutturali che vengono segnalati: – la ridotta dimensione delle aziende e le conseguenze sul piano della gestione finanziaria nell’ottica più generale della competitività del settore; – la comunicazione di una produzione caratterizzata da vitigni autoctoni. – la prossima riforma dell’organizzazione comune del mercato dell’UE; – il riconoscimento delle denominazioni in sede WTO, per evitare l’annoso problema delle imitazioni o degli usi impropri di denominazioni in altri mercati; – la formazione di manager esperti delle problematiche internazionali in grado di traghettare le piccole e medie imprese italiane verso il mercato globale. La crescita di nuovi spazi commerciali nel villaggio globale sarà sempre più legato alla competitività dell’offerta e, in considerazione della frammentazione della struttura fondiaria italiana, dovrà essere perseguita per linee esterne alle aziende, nelle fasi a monte e a valle della filiera produttiva. Naturalmente, al vino italiano non mancano storia, esperienza, territori, professionalità e quel tocco di genialità imprenditoriale per garantire spazi adeguati a uno dei più affascinanti prodotti del Made in Italy.
Foto R. Pastore
Vigneto in Sardegna
Vigneti in Romagna
Foto P. Bacchiocchi
579
la vite e il vino
mondo e mercato Vite e vino nel mercato Eugenio Pomarici, Flavio Boccia, Angela Mariani
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche.
mondo e mercato Vite e vino nel mercato Il mercato del vino presenta da sempre alcuni caratteri peculiari: il prodotto è differenziato, per tipologie e livelli di pregio; si sono sviluppati intensi traffici commerciali anche su lunga distanza; l’autorità pubblica è intervenuta fissando regole per impedire le frodi e regolare l’offerta. Lo scenario attuale, in seguito ai cambiamenti avvenuti nella geografia della produzione e dei consumi nel corso degli anni ’90, si caratterizza per una sempre più spinta internazionalizzazione e concorrenza sul mercato. Nelle pagine che seguono sono analizzati in modo sintetico i protagonisti vecchi e nuovi del mercato mondiale del vino, per poi approfondire la posizione del sistema vitivinicolo dell’Italia, individuandone le caratteristiche peculiari e le prospettive di sviluppo.
Vino nel mondo
• I Paesi del Nuovo Mondo, Australia,
Stati Uniti, Cile, Sud Africa, sono divenuti agguerriti concorrenti dei Paesi tradizionali produttori ed esportatori, Francia, Italia e Spagna
• Il vino sta entrando nelle abitudini
di consumo in un numero crescente di Paesi e il prodotto è sempre più differenziato, per qualità e prezzi
• Nel mercato operano piccole e medie imprese affiancate da grandi gruppi e da multinazionali
Evoluzione del mercato mondiale La produzione e il consumo di vino hanno avuto, nel recente passato, un andamento simile; entrambi hanno subito una forte riduzione dall’inizio degli anni ’80 fino alla metà degli anni ’90, per poi registrare un trend di contenuta crescita. Attualmente la produzione è di circa 280 milioni di ettolitri, i consumi 235 milioni, gli usi industriali (brandy, vermouth, aceto e carburanti) circa 35 milioni. Confrontando questi dati risulta una situazione di eccesso di offerta, principalmente da attribuire ai Paesi produttori mediterranei dell’UE. La superficie vitata globale si è ridotta negli ultimi 30 anni in modo significativo (circa 1,7 milioni di ettari, pari a un –20%), anche se dal 1999 si registra una tendenza al lieve aumento, determinato da investimenti in aree geografiche extra europee.
• Il settore ha potenzialità di sviluppo, ma è necessario superare alcuni elementi conflittuali nelle relazioni commerciali
Panorama della viticoltura siciliana
Foto R. Angelini
580
vite e vino nel mercato Le esportazioni in quantità, dopo la contrazione accusata nel corso degli anni ’80, hanno visto una crescita continua e sostenuta: nell’ultimo decennio sono passate da 55 a più di 76 milioni di hl (in valore da oltre 8 a quasi 20 miliardi di dollari). Il settore del vino si caratterizza, quindi, per una notevole spinta all’internazionalizzazione del mercato, che può essere colta considerando il rapporto tra esportazioni e produzione, che è passato dal 14% dei primi anni ’80 a quasi il 25% nel 2002, e da quello tra importazioni e consumo, passato nello stesso periodo dal 16,5% al 27%. In particolare, è interessante approfondire l’evoluzione a partire dall’inizio degli anni ’90, perché in questo arco temporale si sono realizzati importanti cambiamenti nello scenario competitivo, con l’emergere di nuovi concorrenti (produttori ed esportatori) e nuovi mercati di consumo. Ancora oggi i Paesi europei di antica tradizione vitivinicola, quali Francia, Italia, Spagna, che insieme rappresentano oltre il 60%
Vino nel mondo Valori medi
1980-82
1990-92
2000-02
Superficie (.000 ha)
9213
7909
7452
Produzione (mil. hl)
347
277
279
Consumo (mil. hl)
293
226
227
Export (mil. hl)
48
43
64
Nuova geografia mondiale del vino Nord-Europa: consumi in crescita; Regno Unito: mercato più dinamico Russia: mercato in crescita
Germania: produttore e importatore
Est europeo: (Ungheria, Romania), buon potenziale di crescita produttiva; Moldavia esportatore
Francia, Italia, Spagna: grandi produttori, consumatori ed esportatori
USA: mercato in espansione ed esportatore; Canada: importatore in crescita
Argentina: produzione e consumi in calo; Cile: forte esportatore; altri Paesi: consumi in crescita
Area non rilevante
Cina: produzione e consumi in crescita; India: potenziale nuovo mercato; altri Paesi: piccoli importatori
Sud Africa: esportatore; Nord Africa: piccoli produttori; altri Paesi: consumi in calo
Australia: produzione ed export in grande crescita; Nuova Zelanda: forte export di vini di pregio
581
mondo e mercato 370 350 330
Altri 13,6%
USA 6,3% Argentina 5,3%
Milioni di hl
Cile 1,3% Australia 1,6% Cina 1,3%
UE 70,6%
310 290 270 250 230 210
1990 Altri Cile 2,2% 14,5% Australia 3,8% Cina 3,9% USA 9% Argentina 4,8%
1980 1990 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Produzione
Consumo
Produzione e consumo mondiale di vino
della produzione e delle esportazioni, sono protagonisti del mercato. Nel tempo, però, altri Paesi di altre aree continentali si sono affacciati sulla scena internazionale. La produzione di vino nei Paesi dell’UE e in Argentina nel periodo considerato è lievemente diminuita, mentre ha avuto un notevole sviluppo negli Usa, in Cina, in Australia e in Cile. Il peso di questi Paesi sulla produzione mondiale è, quindi, in aumento. Le variazioni più significative si sono, però, realizzate sul fronte delle esportazioni. Un insieme di Paesi, Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Cile e Sud Africa, convenzionalmente definiti come i Paesi del “nuovo mondo” del vino, sono riusciti a conquistare quote significative nel commercio internazionale. Il successo commerciale di questi Paesi, dove la produzione vitivinicola ha preso avvio “portata” dagli emigranti europei, è stato determinato dalla capacità di produrre vini con un buon rapporto qualità/prez-
UE 61,9%
2002 UE e “nuovi Paesi” del vino: evoluzione dei contributi alla produzione
Vigneti a Stellenbosch, Sud Africa
FotoR. Angelini
582
vite e vino nel mercato 20
78
18 16
68
14
63
12
58
10
53
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Export in volume
Altri 17,7%
Miliardi di $
Milioni di hl
73
Nuova Zelanda 0,2% Moldavia 0,3% Argentina 0,3% Sud Africa 0,4% USA 1,8% Cile 1% Australia 1,7%
Spagna 8,6%
8
Export in valore
Francia 50,7%
Italia 17,4%
Esportazioni di vino nel mondo
1990
zo, facilmente identificabili per il consumatore grazie alla notorietà dei vitigni utilizzati e a marche supportate da efficienti campagne di marketing. L’Australia in particolare è diventata una sorta di modello di riferimento con il quale confrontarsi. Il rapido successo di questo Paese nel mercato internazionale appare, infatti, il risultato dell’efficace comportamento delle imprese esportatrici nell’ambito di una strategia nazionale, studiata e adottata da tutta la comunità vitivinicola, che fissa nuovi standard nei comportamenti delle imprese e dei loro raggruppamenti. Da qualche anno però in questo Paese si va determinando uno squilibrio nel mercato, con un volume di produzione che supera le capacità di assorbimento del mercato interno e dell’export; quindi un problema di eccedenze analogo a quello che da anni affligge l’UE. È, infine, da sottolineare anche la buona performance commerciale della Moldavia che indirizza le sue esportazioni sul mercato russo.
Altri 13,5% Nuova Zelanda 0,8% Moldavia 0,9% Argentina 1,1% Sud Africa 1,9%
Francia 38,5%
USA 4% Cile 4,6% Australia 8% Spagna 8,8%
Italia 18%
2002 Evoluzione delle quote in valore dei Paesi esportatori Coltivazione della vite in un’isola greca
Foto A. Scienza
583
mondo e mercato
Dinamica dei consumi di vino
• Francia, Italia, Spagna e Argentina,
tradizionalmente produttori e consumatori di vino, hanno registrato una forte contrazione dei consumi nell’arco dell’ultimo trentennio
• I consumi sono invece in aumento nei Paesi anglosassoni e nel Nord Europa
• Con il miglioramento delle condizioni economiche si affacciano ora sul panorama mondiale nuovi mercati come quello cinese e russo
• In prospettiva però il consumo di vino
Litri
potrebbe risentire negativamente del clima di preoccupazione che si va diffondendo, soprattutto nei Paesi a elevato reddito, sulle conseguenze negative per la salute di un consumo eccessivo di sostanze alcoliche, specie fra i giovani
65 60 55 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0
Francia Portogallo Italia Svizzera Spagna Argentina Ungheria Belgio Germania Olanda Australia Nuova Zelanda Regno Unito Cile Canada USA Sud Africa Giappone Cina
Dinamica dei consumi Il consumo di vino nei Paesi tradizionali produttori e consumatori (in particolare Francia, Italia, Spagna, Argentina) è stato in contrazione per almeno tre decenni e solo in alcuni ci sono oggi segni di una precaria stabilizzazione; il consumo tende, invece, ad aumentare nei Paesi anglosassoni e nel Nord Europa. Inoltre si sono aperti nuovi spazi di mercato in Paesi dove il vino sta entrando e si va consolidando nelle abitudini di consumo (Russia, Cina). L’aumento del consumo di vino, in diverse realtà, è da ricondurre al miglioramento delle condizioni economiche (si pensi a quanto si è verificato nell’Europa Orientale).
1994
2004
Consumi mondiali procapite (in litri)
L’evoluzione del consumo di vino è il risultato, in larga misura, di un processo di sostituzione tra le differenti bevande alcoliche. Nei Paesi latino-americani e mediterranei la riduzione del consumo di vino si accompagna a un incremento di quello della birra, fenomeno particolarmente marcato soprattutto in Portogallo, Argentina e Spagna. Al contrario, nei Paesi anglosassoni e in altri del Nuovo Mondo, si assiste al fenomeno opposto. In alcuni mercati invece il consumo di vino va a sostituire quello di altre bevande spiritose. In particolare in Cina, è lo stesso governo a disincentivare il consumo (e la produzione) di superalcolici e indirettamente, quindi, a promuovere bevande a bassa gradazione come il vino. In molti Paesi, dove era assente una vera e propria cultura del vino, la penetrazione del prodotto è stata favorita anche dalla di584
vite e vino nel mercato sponibilità di vini appartenenti a una fascia di prezzo intermedia, proposti con uno stile che li rendeva accessibili anche al pubblico privo di particolare competenza e capacità di scelta, provenienti per lo più dai produttori del nuovo mondo.
Foto A. Scienza
Differenziazione qualitativa dei vini Il vino è un prodotto per il quale, storicamente, la produzione ha potuto orientarsi verso livelli di pregio molto diversi: dalla produzione di vini ordinari di basso valore per il consumo quotidiano popolare, ai vini di pregio altissimo. Questo ha portato nella prassi commerciale l’affermazione di una classificazione dei vini per fasce di prezzo, nel marketing diversi metodi per la presentazione dei vini, nella regolamentazione della produzione norme che prescrivono le tecniche che consentono l’uso di particolari denominazioni. Classificazioni per fasce di prezzo Le classificazioni per fasce di prezzo, ampiamente utilizzate dagli operatori, si sono sviluppate sulla base della terminologia di matrice anglosassone che identifica i vini ordinari come basic (negli USA jug wine, vini spazzatura) e quelli di pregio come premium. La crescita del volume dei vini di pregio nella produzione e nel commercio internazionale e l’ampiezza della loro gamma di prezzo ha portato ad articolare maggiormente la classificazione di questi vini, sia pure non in termini normativi ma puramente concettuali e lessicali. Ciò è avvenuto in modo spontaneo e ha portato in Paesi e contesti diversi a risultati differenti. Una delle classificazioni cui si fa più spesso riferimento è quella utilizzata dall’ufficio studi della Rabobank nei suoi periodici rapporti sul mercato del vino, che articola la classe dei vini premium in 5 categorie. I vini della categoria basic e popular premium rappresentano circa il 70% del mercato in quantità e il 40% in valore.
Appassimento del Torcolato nelle zone di Breganze, Vicenza
Vigneti in provincia di Trapani
585
mondo e mercato Segmentazione di prezzo nel mercato del vino Vini di qualità europei
• Per i Vqprd la normativa dell’UE prevede che la produzione sia disciplinata rispetto a sette elementi: delimitazione della zona di produzione, tipo di vitigno, pratiche colturali, pratiche enologiche, titolo alcolometrico naturale minimo, resa per ettaro, analisi e valutazione delle caratteristiche organolettiche. Essa fissa solo alcuni parametri analitici e regole di produzione vincolanti per tutti i Paesi membri, ma demanda a essi il compito di disciplinare, in modo specifico, la produzione e procedere al loro riconoscimento delle denominazioni
Categorie
Prezzo (€/bott.)
Caratterizzazione dei vini nelle categorie
Icon
> 150
Immagine consolidata nel tempo, complessità, capacità di invecchiamento, alti punteggi da parte della critica
Ultra-premium
14-150
Tipicità, varietali o uvaggi di pregio, buona complessità, caratteri specifici, origine, immagine, brand riconoscibile. Per quelli di maggiore prezzo: immagine, potenziale di invecchiamento, complessità, buoni giudizi della critica
Super-premium
7-14
Immagine, complessità, capacità di invecchiamento, ben accettato dalla critica
Premium
5-7
Brand, riconoscibilità, origine, buona struttura, carattere, ricchezza, tipicità legata all’uvaggio o alla varietà
Popular premium
3-5
Combinazione di carattere e accessibilità, caratteristiche varietali riconoscibili, origine, brand
Basic
<3
Varietali (se la categoria lo consente), fruttato, accessibile, brand
Fonte: Rabobank
Strumenti di segnalazione delle caratteristiche e dell’identità dei vini Il primo strumento utilizzato per segnalare le caratteristiche e l’identità dei vini è stata l’origine geografica; rispetto a questo, in Europa si è sviluppata una prassi commerciale che ha dato origine a una tradizione normativa, partita dai vini Porto e Tokay, che si è consolidata nella normativa francese delle Appellations d’Origine Contrôlée nei primi trenta anni del ’900 e, poi, ha influenzato fortemente la normativa comunitaria, che ha adottato nel 1962 una classificazione dei prodotti che porta a presentare i vini di maggiore qualità attraverso un’attestazione d’origine, definendo quindi due categorie: quella dei vini da tavola, destinata ad accogliere i vini ordinari, e quella dei Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate (Vqprd), destinata ad accogliere i vini di maggiore pregio. Successivamente, nella categoria dei vini da tavola è stata introdotta una ulteriore distinzione tra quelli senza altra indicazione e quelli con Indicazione Geografica (IG), istituendo una categoria intermedia nella scala della qualità, sottoposta al rispetto di vincoli e regole meno stringenti rispetto ai Vqprd, ma sempre caratterizzata dalla attestazione dell’origine. Nei Paesi del Nuovo Mondo, mancando la necessaria stratificazione storica, non aveva senso una logica di classificazione e regolamentazione dei vini analoga a quella dell’UE. I brillanti risultati in termini di crescita dei consumi interni e delle quote di mercato nel com-
Vini da tavola europei con Indicazione Geografica (IG)
• Nell’UE, per vini da tavola con IG, è
previsto sempre un disciplinare ma meno vincolante rispetto ai Vqprd: in particolare la zona di produzione può comprendere un ampio territorio, perchè caratterizzato da uniformità per garantire vini con caratteristiche omogenee, e una parte dell’uva (15%) può provenire anche da altre aree di produzione
586
vite e vino nel mercato Classificazione dei vini nei Paesi UE Paese
Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate (Vqprd)
Vino da Tavola con Indicazione Geografica
Vini da Tavola
Francia
AOC: Appelation d’Origine Contrôlée Vdqs: Vins Délémité de Qualité Supérieure
Vin de Pays
Vin de Table
Germania
Qualitätswein mit Prädikat or Kabinett Qualitätswein Bestimmter Anbaugebiete
Landwein
Deutscher Tafelwein
Italia
DOCG: Denominazioe di Origine Controllata e Garantita DOC: Denominazione di Origine Controllata
Indicazione Geografica Tipica (IGT)
Vino da Tavola
Spagna
Vino de Pago Denominacìon de Origen Calificada (DOC) Denominacìon de Origen (DO) Vinos de Calidad con Indicación Geográfica
Vino de la Tierra
Vino de Mesa
Austria
Qualitätswein mit Prädikat or Kabinett Qualitätswein
Landwein
Tafelwein
Portogallo
DOC: Denominacao de Origem Controlada
Vinho Regional
Vinho de Mesa
Etichettatura dei vini da tavola europei
• In UE nei vini da tavola senza
indicazione geografica non si possono riportare in etichetta indicazioni riguardanti l’origine delle uve, il vitigno e l’annata di produzione
Nuovi Paesi del vino e indicazioni geografiche
• Nei paesi del Nuovo Mondo l’utilizzo
delle indicazioni o denominazioni geografiche non è sottoposto a vincoli e condizioni stringenti come avviene nell’UE, in particolare non sono presenti regole di produzione e in molti casi è sufficiente che solo l’85% dell’uva prodotta provenga dalla zona delimitata (come per le IG europee)
mercio internazionale ottenuti da questi Paesi sono stati realizzati puntando su un criterio di segnalazione al pubblico della qualità del prodotto in base al vitigno e/o alla presenza di un marchio, innovan-
Vigneti ai piedi delle Ande, Argentina
587
mondo e mercato do radicalmente l’impostazione del marketing del vino e definendo standard poi seguiti anche dalle aziende del Vecchio Mondo. Da alcuni anni, però, si è cominciata a valorizzare la specificità dei singoli territori, introducendo sistemi di identificazione dei prodotti in relazione alla provenienza geografica anche nel Nuovo Mondo. Negli Usa, per esempio, le diverse aree viticole sono state ufficialmente identificate come American Viticultural Areas. A oggi sono circa 100; la più nota è Napa Valley e il loro numero è in crescita. Il sistema delle imprese Negli ultimi decenni si è andato configurando un nuovo scenario imprenditoriale, nel quale possono essere individuati quattro gruppi di imprese: 3 gruppi di imprese vitivinicole specializzate (piccole, medie, grandi) e il gruppo delle multinazionali delle bevande con interessi nel settore vinicolo. Nel panorama mondiale numericamente prevalgono le imprese di piccole e medie dimensioni. Anche se queste sono una caratteristica storica dei Paesi tradizionali produttori europei (come nel caso del sistema italiano) e dell’Argentina, nel Nuovo Mondo costituiscono comunque una presenza forte e in crescita, contraddicendo così l’idea diffusa dell’esistenza di due sistemi totalmente diversi: un gran numero di imprese in Europa e poche grandissime imprese nei Paesi emergenti. La vera differenza tra i due mondi del vino risulta essere la polarizzazione. Nel Nuovo Mondo si è delineato un sistema dove poche imprese dominano il mercato interno e le esportazioni dei vini più commerciali, mentre una costellazione di piccole imprese, in espansione numerica, opera nel segmento (quantitativamente ristretto, ma a più alto valore aggiunto) dei vini di alta gamma. Nei Paesi del Vecchio Mondo il mercato dei vini più commerciali è, invece, conteso da un numero ampio di imprese di media
Vigneti a Napa Valley, California
Vigneti in Australia
588
vite e vino nel mercato grandezza, che trovano ancora una ragione di essere nella dimensione e nella struttura attuale del mercato interno: quest’ultimo assorbe la quasi totalità della produzione di tali imprese, che costituiscono una caratteristica precipua dei Paesi tradizionali produttori. Negli ultimi due decenni numerose medie e grandi imprese vitivinicole hanno perseguito dei percorsi di internazionalizzazione, al fine di attuare strategie caratterizzate da un’ampia gamma di prodotti, un portafoglio di marche rinomate e sulla costituzione di vaste ed efficienti reti di distribuzione commerciale. Le fusioni tra imprese di medie dimensioni hanno modificato in maniera forte il mercato del vino, ampliando gli ambiti geografici molto più di quanto era accaduto in precedenza. Tra le imprese prevalentemente vinicole di maggiore dimensione Constellation è quella con maggiore grado di internazionalizzazione. Strategie aziendali innovative ed energiche azioni di marketing sono, invece, i principali elementi che hanno caratterizzato il comportamento delle imprese multinazionali dei superalcolici che hanno iniziato a operare in modo massiccio nel settore del vino negli anni ’90, contribuendo in modo significativo ai processi di ristrutturazione internazionale innescati dalle aziende vinicole. Queste multinazionali dei superalcolici sono state sempre più interessate alle sinergie realizzabili controllando anche la distribuzione del vino il cui mercato, negli anni ’90, è stato molto dinamico consentendo buoni margini di crescita. Il mercato del vino è stato attrattivo anche per le imprese della birra. Queste in numerosi casi hanno investito le loro disponibilità di liquidità in progetti nel mercato del vino di notevole importanza, potendo valorizzare la loro cultura di marketing in un settore, quello del vino, tradizionalmente con minore esperienza nello sviluppo di strategie di promozione di marchi.
Sistema delle imprese del vino Piccole imprese vinicole Fatturato < 50 milioni di euro: Numero estremamente elevato nell’UE USA: circa 3000 Australia: circa 1600 Argentina: circa 1500 Imprese vinicole di media grandezza Fatturato tra 50 e 600 milioni di euro: Spagna (7); Francia (13); Italia (12); USA (2); Germania (2); USA + Australia (1); Cile (2); Argentina (2); Sudafrica (1) Grandi imprese vinicole Fatturato > 1000 milioni di euro: Usa + Australia (Constellation); Usa (Gallo); Australia (Southcorp + Foster’s); Francia (Castel Fréres) Multinazionali delle bevande 5 con fatturato > 2000 milioni di euro 12 con fatturato tra 100 e 1000 milioni di euro Prime quattro multinazionali per fatturato totale: Francia (Pernod Ricard); Regno Unito (Diageo); Francia (Lvmh); Usa (Fortune Brands)
Vigneto in Toscana
589
mondo e mercato Certamente la testimonianza più significativa di questo fenomeno è l’acquisizione da parte del gruppo birraio australiano Forser’s di Southcorp, una delle più grandi imprese vinicole del mondo.
OCM vino
Politiche di settore e conflitti nelle relazioni commerciali Il forte sviluppo degli scambi commerciali, avvenuto a partire dall’inizio degli anni ’90, è stato senza dubbio favorito dal processo di progressiva riduzione della protezione tariffaria dei mercati, avviata sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Gli impegni presi nell’Ambito dell’Accordo agricolo hanno anche determinato una sostanziale riduzione del sostegno e della protezione accordata dalla Politica Comunitaria alle produzioni vitivinicole dei paesi dell’UE. Più in generale, la produzione del vino è soggetta a una normativa complessa in tutti i Paesi per ragioni di tipo fiscale e di tutela dei consumatori e dei produttori; le differenze nei sistemi di regolamentazione possono rappresentare un ostacolo allo sviluppo degli scambi e costituire quindi oggetto di tensioni e conflitti nelle relazioni tra Paesi a livello internazionale. In Europa il vino è un prodotto che ha una lunga storia, nel tempo si è sviluppato un sistema produttivo con forti connotazioni territoriali e si è consolidato un modello di regolamentazione della produzione e dei mercati, articolato e complesso, per preservare e tutelare questo patrimonio di conoscenze e tradizioni, oltre che proteggere gli interessi dei consumatori. La regolamentazione dell’UE, in particolare, stabilisce in modo dettagliato le pratiche enologiche che possono essere utilizzate e pone precisi vincoli nell’uso delle denominazioni di origine nelle etichette. Nei Paesi produttori del Nuovo Mondo, invece, l’attività vitivinicola è nata in tempi più recenti e si è sviluppata anche grazie alla capacità
• La regolamentazione del settore
vitivinicolo nell’UE attualmente è affidata ad un insieme di norme che prende il nome di Organizzazione Comune di Mercato (OCM) del vino. Questa è definita dal Regolamento CE n. 1493 del 1999 ma è in discussione la sua riforma
• L’OCM, molto articolata e complessa,
prevede: 1) un insieme di misure di intervento per il sostegno e la protezione del settore che riguardano la gestione: del potenziale produttivo (vigneti), del mercato (distillazioni e magazzinaggio per vino e mosto) e degli scambi (dazi e restituzioni alle esportazioni); 2) una regolamentazione dei processi produttivi (pratiche enologiche); 3) una regolamentazione dei prodotti (classificazioni e regole di etichettatura)
Barricaia
Foto P. Bacchiocchi
590
vite e vino nel mercato di introdurre innovazioni di processo e di prodotto, in un contesto istituzionale dove la regolamentazione settoriale è finalizzata, in via principale, a garantire la tutela della salute e la correttezza delle informazioni ai consumatori. In particolare i produttori di questi Paesi godono di ampia libertà nella scelta e nell’introduzione di nuove pratiche enologiche, con il vincolo ovviamente della non dannosità per la salute. Questa diversità istituzionale ha, quindi, determinato due ambiti di conflitto tra Vecchio e Nuovo Mondo del vino. I Paesi del Nuovo Mondo premono affinché l’UE apra in modo definitivo il suo mercato alle importazioni dei vini prodotti nei paesi terzi, anche se non rispettano le norme interne dell’UE riguardo alle pratiche enologiche. Nei fatti l’UE ha concesso da anni ormai deroghe nell’ambito di accordi bilaterali e, in prospettiva, difficilmente potranno essere mantenuti divieti a pratiche enologiche se non sulla base di una provata dannosità per la salute. Per l’UE invece assume particolare rilevanza il tema del riconoscimento e della tutela delle denominazioni geografiche. Il problema sorge in quanto diverse denominazioni europee, nei Paesi del Nuovo Mondo, sono utilizzate come denominazioni semigeneriche per identificare classi di prodotti (per esempio, Champagne, Porto o Chianti) o nei marchi (come California Chianti o Pink Chablis). I Paesi produttori dell’UE, data la rilevanza attribuita alla denominazione geografica per la valorizzazione dei prodotti, contestano l’utilizzazione che ne viene fatta nei Paesi del Nuovo Mondo e da tempo ne rivendicano l’uso esclusivo. In concreto, per il riconoscimento e la tutela delle denominazioni, l’UE si è affidata alla stipula di Accordi bilaterali con singoli Paesi del Nuovo Mondo. Dalla nascita del WTO, il problema della tutela delle indicazioni geografiche trova un suo riferimento normativo negli articoli dell’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (Trips). Nell’ambito di questo accordo le Indicazioni
OIV: un consesso per prevenire e comporre i conflitti I conflitti nel mercato del vino hanno una storia antica e per tentare di evitarli opera l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV), un’istituzione intergovernativa a carattere scientifico e tecnico, che nasce dall’evoluzione dell’Ufficio Internazionale della Vigna e del Vino, fondato nel 1924. L’OIV conta più di 40 membri (produttori e consumatori di vino) e ha come compiti specifici:
• promuovere e contribuire
all’armonizzazione internazionale delle pratiche e delle norme esistenti e, all’occorrenza, all’elaborazione di nuove norme internazionali atte a migliorare le condizioni di produzione e commercializzazione dei prodotti vitivinicoli, anche nell’interesse dei consumatori;
• promuovere e orientare le ricerche e le
sperimentazioni scientifiche e tecniche;
• discutere e sviluppare proposte sui
temi della garanzia dell’autenticità dei prodotti della viticoltura, protezione delle indicazioni geografiche, miglioramento dei criteri scientifici e tecnici per il riconoscimento e la protezione delle novità vegetali vitivinicole;
Foto A. Scienza
• contribuire all’informazione sul mondo del vino
591
mondo e mercato Geografiche sono state riconosciute come un diritto di proprietà intellettuale meritevole di una tutela analoga a quella accordata ai marchi; ma le trattative per l’istituzione di un Registro multilaterale di notifica e registrazione delle indicazioni geografiche, passo necessario per rendere operativo il sistema di protezione, sono da anni ferme a causa di aspri conflitti tra le parti.
Sistema vitivinicolo italiano
• L’Italia è uno dei protagonisti del
mercato del vino ed esprime un sistema vitivinicolo complesso: cantine che producono per l’autoapprovvigionamento e i mercati locali convivono con imprese dinamiche, attente ai consumatori moderni e ai nuovi sistemi distributivi nazionali e internazionali. Per cogliere questa complessità si deve conoscere quanto e quale vino si produce e come è organizzata la produzione e distribuzione. Il destino del sistema vitivinicolo italiano dipenderà dalla valorizzazione dei suoi numerosi punti di forza rispetto al nuovo quadro competitivo internazionale
Sistema vitivinicolo in Italia L’Italia occupa nel mercato del vino un posto di grande importanza essendo, insieme alla Francia, il primo produttore, esportatore e consumatore. La produzione, dopo una forte crescita negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, ha raggiunto un massimo all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso e attualmente, dopo una lunga riduzione cui è seguita una ripresa, si è attestata intorno ai 47 milioni di ettolitri, per un valore di circa 11 miliardi di euro. Tutte le regioni italiane contribuiscono alla produzione, anche se con pesi molto diversi. La produzione nazionale è estremamente diversificata e spazia dai vini ordinari e più economici ottenuti in grande quantità per soddisfare le esigenze del consumo quotidiano, ai vini di grandissimo pregio, realizzati in un numero contenuto di bottiglie provenienti da vigneti particolarmente vocati e accuratamente coltivati. Da circa un ventennio, accanto ai vini tradizionali prodotti con i vitigni storici italiani hanno assunto visibilità e prestigio vini realizzati con vitigni importati, i cosiddetti vini internazionali, che hanno reso più variegato il panorama dell’offerta. Nella produzione italiana è sensibilmente aumentato nel corso degli ultimi due decenni il peso dei VQPRD – in Italia denominati DOC e DOCG – e dei vini IGT. È avvenuta, infatti, un’importante riqualificazione dell’offerta che è stata in grado di seguire un’evolu80
Milioni di hl
70 60 50 40
20
Vigneti a Locorotondo (BA)
1880-1884 1885-1889 1890-1894 1895-1899 1900-1904 1905-1909 1910-1914 1915-1919 1920-1924 1925-1929 1930-1934 1935-1939 1940-1944 1945-1949 1950-1954 1955-1959 1960-1964 1965-1969 1970-1974 1975-1979 1980-1984 1985-1989 1990-1994 1995-1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
30
Produzione di vino in Italia
592
vite e vino nel mercato 18 16 14
Quota (%)
DOC/DOCG 32,4%
Vini da tavola 40,5%
12 10
IGT 27,1%
8 6
Composizione dell’offerta italiana di vino (media 2002-2004)
4
0
Sardegna Sicilia Calabria Basilicata Puglia Campania Molise Abruzzo Lazio Marche Umbria Toscana Emilia R. Liguria Friuli-V. G. Veneto Trentino-A. A. Lombardia Valle d’Aosta Piemonte
2
Contributo delle regioni italiane alla produzione (media 2002/2004)
Altri usi 2%
zione della domanda dei consumatori verso vini con un maggiore contenuto sensoriale. Attualmente i vini DOC/DOCG rappresentano il 33% dell’offerta nazionale e i vini IGT il 27%. È importante sottolineare, inoltre, che la crescita dei vini a denominazione e con indicazione geografica tipica è solo un aspetto della riconversione qualitativa del sistema vitivinicolo italiano; questo è stato anche in grado di avviare un significativo, anche se forse incompleto, processo di miglioramento
Esportazione 29% Consumo interno 69%
Foto P. Bacchiocchi
Valore Altri usi 10%
Esportazione 33%
Consumo interno 57%
Volume Destinazione delle disponibilità vinicole in Italia (media 2002-2004)
593
mondo e mercato dei vini più economici che sono stati portati a standard di sicurezza, accettabilità e, in certi casi, appeal di notevole livello. La produzione nazionale è sempre stata in grado di soddisfare largamente le esigenze interne, pertanto, le importazioni nazionali sono state, fino a oggi, sempre piuttosto contenute e confinate al soddisfacimento di esigenze molto specifiche, mentre è stato possibile alimentare un importante e crescente flusso di export e, in molti anni, si sono anche generate forti eccedenze produttive. Comunque oggi la principale destinazione della produzione italiana è il consumo interno, sia in termini di valore sia di volume; seguono l’esportazione e gli altri usi. Il settore vitivinicolo italiano si presenta, quindi, molto orientato al mercato interno, anche se il ruolo delle esportazioni è di crescente importanza.
Oltre mezzo litro al giorno 5% Mai 44%
1-2 bicchieri al giorno 26% Saltuariamente 25%
Consumi e consumatori Il mercato interno è, dunque, uno sbocco importante per le imprese italiane, ma si deve segnalare che l’attuale livello di consumo (circa 30 milioni di ettolitri) è il risultato di una riduzione iniziata negli anni ’70 del ’900, legata a fattori strutturali, ossia alla modifica della funzione d’uso del vino da alimento fornitore di calorie a basso costo a complemento non necessario del pasto, che solo recentemente si è interrotta. La diminuzione dei consumi è il ri-
Frequenza del consumo di vino nella popolazione italiana con più di 14 anni (2003)
Segmentazione dei consumatori Segmenti di mercato più promettenti
Categoria
Caratteri principali
• Buoni consumatori (35%): è un gruppo
Lontani (saltuari-ininfluenti) peso 15%
15-34 e 55-64 anni; centro-nord; maggioranza donne; licenza media; casalinghe; famiglia 2-3 persone; classe < media; non capacità di influenzare; dopocena e occasioni; frizzanti; non conoscenza varietà
• Super-consumatori (8%): è un gruppo
Semi-lontani (neo-consumatori saltuari) peso 26%
18-24 anni; grossi centri urbani; soprattutto donne; licenza media; classe media; impiegati/insegnanti; famiglia > 4 persone; capacità di influenzare; occasioni; prezzo onesto; solo DOC/IGT di marca; dolci, bianchi e leggeri
Semi-lontani semplici (gran bevitori) peso 16%
> 64 anni; sud; licenza elementare; classe < media; salariato/agricoltore, pensionati; soprattutto uomini; con minorenni in famiglia; non capacità di influenzare; quotidiano ai pasti; vini di zona; rossi, fermi e secchi; non conoscenza varietà
Buoni consumatori (esperti medi e attenti) peso 35%
55-64 anni; centro-sud e grandi centri; maggioranza uomini; diploma; pensionato/single; classe inferiore alla media; capacità di influenzare; quasi quotidiano; fuori casa/occasioni; solo DOC/IGT di marca; prezzo onesto; vini di zona; piacevoli, secchi e rossi; conoscitore
Super consumatori (top e “wine maniacs”) peso 8%
35-54 anni; grandi centri urbani; soprattutto uomini; famiglia > 4 persone senza minorenni; diploma/laurea; classe > media; impiegato/quadro/insegnante; forte capacità di influenzare; quotidiano ai pasti/occasioni/aperitivo/wine bar; conoscitore; vini rossi, fermi, morbidi, secchi
importante di consumatori che ha rapporti solidi con il prodotto, anche se con una focalizzazione sui vini medi significativo di soggetti con una forte e competente attenzione ai prodotti di maggiore pregio
• Consumatori semi-lontani (26%) per le
loro caratteristiche socio-demografiche potranno essere i protagonisti dello sviluppo del mercato interno nei prossimi anni e vanno, quindi, considerati come un gruppo cui dedicare un’attenzione particolare nella definizione delle strategie di marketing collettivo e individuale
594
vite e vino nel mercato sultato di una riduzione dei consumi pro capite e del numero dei bevitori. Attualmente, solo il 56% della popolazione con più di 14 anni beve vino regolarmente o saltuariamente. Alla progressiva riduzione dei consumi complessivi si è accompagnata, però, una crescita del consumo di vini a denominazione (DOC e DOCG), stabilizzatosi negli ultimi anni. Nonostante tutto, il consumo pro capite annuo continua a essere ancora, come osservato in precedenza, tra i più alti del mondo. Il rapporto con il vino degli italiani è comunque assai diversificato non solo in termini di frequenza di consumo, ma anche di preferenze e attitudini. Il modo con cui si consuma il vino in Italia è cambiato nel tempo ed è cresciuta la quota del consumo di vino nella ristorazione, mentre è diminuita quella dei consumi domestici che, comunque, continuano a prevalere in termini di volume. Il settore della ristorazione si qualifica, pertanto, di crescente importanza nelle strategie delle imprese. L’utilizzazione nazionale del vino per usi non alimentari Completando il quadro dell’utilizzazione interna del vino, gli altri usi del prodotto, che rappresentano in termini di volume una destinazione non trascurabile, sono caratterizzati dall’utilizzazione del vino nell’industria liquoristica, per la produzione di vermouth e altri prodotti, e nella produzione di aceto, in una quantità che è sostanzialmente costante nel tempo. Negli anni di produzione eccedente i fabbisogni interni e le possibilità di esportazione, una destinazione importante del vino diventa la distillazione, da molti anni sovvenzionata dall’Unione Europea.
70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0%
Consumi domestici Ristorazione
Volume
Valore
Luoghi di consumo del vino in Italia (2005)
Esportazioni e importazioni L’Italia esporta attualmente un volume di vino che è prossimo alla metà di quello consumato internamente. Come meglio descrit-
Viticoltura in Trentino
Foto E. Marmiroli
595
mondo e mercato 18 16
I fornitori dell’Italia
14
• Le importazioni provengono, per più
12 Milioni di hl
del 90% sia in valore sia in volume, da paesi dell’UE (soprattutto Francia per l’imbottigliato e Spagna per lo sfuso), ma diventano significative anche le importazioni da Stati Uniti, Australia, Argentina, Ungheria e Cile
10 8 6 4
0
1871-1875 1876-1880 1881-1885 1886-1890 1891-1895 1896-1900 1901-1905 1906-1910 1911-1915 1916-1920 1921-1925 1926-1930 1931-1935 1936-1940 1941-1945 1946-1950 1951-1955 1956-1960 1961-1965 1966-1970 1971-1975 1976-1980 1981-1985 1986-1990 1991-1995 1996-2000 2001-2004
2
Esportazione di vino dell’Italia
to in un altro contributo in questo volume, l’Italia è sempre stata esportatrice di vino, ma è da segnalarsi la notevole crescita delle esportazioni nella seconda metà del secolo passato che è continuata, sia pure con delle interruzioni del trend, nel nuovo secolo. Effettivamente, alla riconversione qualitativa cui si è fatto cenno si è accompagnata una evoluzione degli orientamenti strategici di molte imprese che hanno consentito al sistema vitivinicolo italiano nel suo complesso di adattarsi all’evoluzione della geografia mondiale dei consumi, orientando una parte significativa della produzione al mercato estero e guadagnando su questo mercato importanti quote. A fronte di una crescita delle esportazioni si è assistito anche, soprattutto negli ultimi anni, a una crescita delle importazioni, anche se molto più moderata, che nel 2005 sono giunte a 250 milioni di euro per 1,7 milioni di ettolitri. Le ragioni di questo incremento sono molteplici. In primo luogo, l’evoluzione degli orientamenti e degli interessi dei consumatori apre le porte a vini stranieri imbottigliati che si aggiungono allo Champagne, del quale l’Italia è tradizionalmente un grande importatore, e agli altri vini classici francesi. Inoltre, il minore interesse dei produttori italiani per i vini più economici, dovuto alla possibilità di orientarsi su prodotti più remunerativi o determinato da un perdita di competitività, favorisce l’ingresso di vini sfusi da utilizzarsi come vini da tavola. Certamente, al di là delle azioni dirette di produttori stranieri, i distributori con operatività internazionale che agiscono in Italia rappresentano un veicolo potenzialmente importante di immissione di prodotto estero di pregio nel mercato italiano. Peraltro, la visibilità delle etichette straniere negli stand dei Vinitaly 2006 e 2007 è stata certamente maggiore di quella degli anni precedenti.
DOC e DOCG: disciplinari di produzione I disciplinari di produzione specificano
• i confini dell’area nell’ambito della
quale possono essere prodotte le uve da destinare alla produzione dei vini disciplinati
• le varietà di vite ammesse • le norme di coltivazione della vite • le norme relative alle pratiche enologiche • parametri analitici e organolettici dei vini prodotti
• la resa in vino per ettaro • per i DOC e DOCG sono previsti, prima dell’immissione in commercio, test organolettici ufficiali
596
vite e vino nel mercato Norme del vino L’industria del vino italiana si muove in una cornice normativa determinata, nei suoi termini generali, dalla regolamentazione europea e, nei suoi termini specifici, da una normativa nazionale articolata su una legge (attualmente in vigore la n. 164 del 1982) che definisce, nella cornice delle norme dell’UE, le tre categorie dei vini italiani (DOC/DOCG, IGT e vini da tavola) e su una legge (attualmente la n. 82 del 2006) che disciplina gli aspetti generali della produzione del vino. La normativa vigente prevede che si possa giungere alla presentazione al pubblico di vini designati come DOC, DOCG o IGT quando un gruppo di produttori di un’area specifica converge sul progetto di produrre un vino con le uve prodotte in detta area e definisce un insieme di regole di produzione (disciplinare) che devono essere approvate dal competente comitato regionale vini DOC e da un comitato nazionale. I comitati sono espressione del mondo della produzione, della ricerca vitivinicola e delle istituzioni e sono un’espressione della filiera produttiva nel suo complesso. I disciplinari sono progressivamente più vincolanti passando dai vini IGT ai DOC e ai DOCG, ma comunque sono sempre il frutto di un processo di autodeterminazione dei produttori che si attivano per l’istituzione di un vino con una manifesta origine geografica. La normativa prevede anche, sebbene non sempre avvenga, che la produzione dei vini a denominazione si realizzi sotto il controllo di un Consorzio di Tutela costituito dai produttori stessi, che ha il compito di operare per il corretto sviluppo dell’offerta, oltre che per tutelare i produttori stessi da un uso abusivo del marchio della denominazione. Tutela e controllo vanno intese come attività destinate a impedire la produzione nell’area della denominazione senza rispettare il
DOC e DOCG: vini tracciati
• I vini DOC e DOCG e quelli IGT godono di un sistema di garanzia che si è andato perfezionando nel tempo e, dopo un periodo triennale di sperimentazione, dall’autunno 2006 è attivo, per quanto riguarda i vini DOC e DOCG, un sistema di tracciabilità gestito dai Consorzi di Tutela (DM 4 agosto 2006). Sito internet: www.federdoc.it
Foto A. Scienza
Lo Zibibbo o Moscato d’Alessandria è alla base del DOC Passito di Pantelleria Zibibbo e dammusi panteschi
Foto A. Scienza
597
mondo e mercato disciplinare o l’utilizzazione della denominazione da parte di soggetti terzi non titolati.
Aziende viticole italiane Classi di ampiezza aziendale (ha)
La struttura del sistema vitivinicolo Gli operatori del sistema vitivinicolo sono i produttori di uva, i produttori di vino e gli addetti alla distribuzione. Questo sistema ha una grande capacità produttiva ed è molto complesso per effetto di profondi processi evolutivi avvenuti nel passato e tuttora in corso.
Superficie Aziende (%) (%)
< 0,5
15
66
0,51-1
11
14
1,01-2
16
10
2,01-5
24
7
5,01-10
14
2
> 10
20
1
Numero totale
676.647
770.872
Produzione dell’uva La produzione del vino in Italia è sostenuta da un vigneto che corrisponde approssimativamente a quasi un quinto di quello europeo e a più di un decimo di quello del mondo. Questo vigneto è, tuttavia, da lungo tempo in contrazione e, oggi, è ormai ridotto a meno del 50% di 25 anni fa. Il censimento del 2000, infatti, indicava una superficie produttiva di circa 680.000 ha. La produzione della vite viene realizzata da aziende di dimensioni molto diverse, tra le quali si possono individuare un gruppo costituito da un numero relativamente contenuto di aziende professionali, in cui un’adeguata estensione degli appezzamenti vitati consente di operare in condizioni di costo accettabili (sebbene migliorabili) e che controlla nel suo insieme una parte importante del vigneto italiano, e una vasta costellazione di aziende, che si possono definire amatoriali, con vigneti di estensione molto ridotta. Le condizioni di produzione dell’uva in Italia sono comunque molto diverse, non solo per la differente dimensione delle aziende, ma anche per i vari possibili obiettivi qualitativi della produzione, della giacitura, altimetria, forma di allevamento, dimensione degli impianti e varietà. Questo determina costi di produzione molto variabili. Su questo aspetto della coltura incide anche il livello di mecca-
Meccanizzazione della vendemmia
• Le vendemmiatrici meccaniche attive
in Italia sono 800 unità, contro le 14.000 attive in Francia, Paese con una superficie a vite di analoga estensione
Tempo di vendemmia
Foto R. Angelini
598
vite e vino nel mercato nizzazione che in Italia risulta essere abbastanza basso e limitato, in genere, alla gestione del suolo e dei trattamenti antiparassitari. Molti osservatori asseriscono che il settore vitivinicolo italiano ha visto negli ultimi venti anni maggiori progressi nelle cantine piuttosto che nei vigneti. Comunque, la parte professionale del vigneto italiano è stata interessata, dal 2000 in poi, da un importante processo di rinnovamento degli impianti, finalizzato a migliorare la produttività e il potenziale enologico delle uve attraverso la partecipazione ai programmi di ristrutturazione e riconversione del potenziale produttivo, sostenuti dall’UE.
Cantine italiane e capacità produttiva
Sistema di trasformazione In Italia ci sono circa 40.000 cantine, di cui la maggioranza, però, ha una produzione destinata principalmente all’autoconsumo. L’80% del totale produce, infatti, meno di 100 ettolitri di vino all’anno, realizzando circa il 5% della produzione totale. Oltre il 70% del vino italiano è prodotto, invece, in poco più di 600 cantine con una dimensione operativa ragionevolmente elevata (più di 10.000 ettolitri all’anno) che consente di attivare efficienti relazioni con la grande distribuzione nazionale ed estera e con i circuiti di distribuzione internazionale che approvvigionano il settore ho.re.ca e il dettaglio specializzato. Le migliaia di cantine italiane sono tra loro diverse non solo per la dimensione, ma anche perché sono condotte da imprese di tipo diverso: vi sono cooperative che lavorano l’uva conferita dai soci, le imprese agricole le cui cantine trasformano prevalentemente l’uva prodotta nell’azienda stessa, le imprese industriali che lavorano principalmente uve acquistate da terzi. La cooperazione controlla circa il 50% della produzione e si qualifica come la tipologia di impresa con la maggiore dimensione media degli impianti di trasformazione. Le cantine delle aziende agricole hanno una dimensione operativa piuttosto contenuta, ma nel loro insieme esprimono un quarto della produzione nazionale, così come le cantine industriali. A queste tre tipologie di impresa attive nella produzione del vino si aggiunge però, nell’approvvigionamento del mercato finale, un’altra importante categoria di attori che è quella degli imbottigliatori. Il loro numero totale si aggira intorno a 30.000, ma quelli che hanno una dimensione operativa significativa sono circa 3000. Le cantine sociali trasferiscono (nel 2002) agli imbottigliatori puri e alle cantine industriali circa il 40% della loro produzione, anche se questa percentuale è in contrazione. In precedenza si è illustrato come il mercato mondiale del vino si sia caratterizzato, negli ultimi tempi, per l’affermarsi di imprese di grandissime dimensioni che stanno influenzando il contesto competitivo complessivo e si è potuto osservare che l’Italia, pur non avendo imprese specializzate di grandissima dimensione, ha comunque operatori che si qualificano come global player di notevole dinamicità. La presenza, tra questi, di imprese cooperative dimostra come sia
Dimensione produttiva (hl)
Cantine (%)
Produzione (%)
< 100
78
5
100-500
13
3
500-5000
7
14
5000-50.000
2
42
> 50.000
0
35
Totale
Numero 39.868
hl 49.335.615
100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
Cantine Cooperative Cantine agricole industriali Numero (%)
Produzione (%)
Peso delle diverse forme di impresa nella produzione del vino in Italia
Viticoltura e cooperazione
• La cooperazione consente di
valorizzare la produzione delle aziende viticole professionali di dimensione minore; coinvolge quasi 170.000 viticoltori e, in particolare, la metà di quelli con aziende di dimensione tra 0,5 e 5 ha
599
mondo e mercato eterogeneo in Italia il mondo della cooperazione, nel quale convivono puri trasformatori fornitori dell’industria enologica e dinamiche imprese integrate protagoniste sui mercati internazionali. In questo gruppo di testa ci sono, poi, alcuni gruppi privati italiani di grande tradizione, anche se caratterizzati da percorsi evolutivi diversi, e una multinazionale delle bevande, la Campari, che sta espandendo rapidamente la sua partecipazione al mercato del vino, seguendo l’esempio delle altre grandi multinazionali delle bevande. Il sistema delle imprese vitivinicole italiane ha visto, negli ultimi anni, numerosi episodi di fusioni, acquisizioni e ingresso nel settore di soggetti esterni (come banche e assicurazioni), ma questi non sono comunque stati in grado di determinare un mutamento significativo della fisionomia del settore. Complessivamente le imprese con un fatturato superiore ai 10 milioni di euro sono circa 50, che insieme realizzano circa il 20% del fatturato nazionale del vino. Il sistema delle imprese è dunque poco concentrato. Peraltro, l’evoluzione della domanda e l’interesse per le produzioni fortemente legate al territorio ha fatto crescere, negli anni passati, il numero delle imprese di produzione capaci di operare con un marchio proprio e uscire dai circuiti locali per presentarsi sul mercato nazionale e internazionale. Ne è prova il crescente numero di produttori presenti nelle guide del vino e a fiere come il Vinitaly (da 130 a più di 3000 negli ultimi 40 anni). Molte imprese hanno, però, cercato di potenziare la propria competitività, dando vita ad accordi di natura strategica finalizzati allo svolgimento di attività di ricerca e cogestione di attività di produzione e distribuzione. Certamente, comunque, il comparto nel quale si è assistito alle fusioni più significative è quello della cooperazione, che infatti esprime le due imprese vitivinicole italiane di maggiore dimensione. In questa ricerca di assetti aziendali e partnership finalizzate ad acquisire una più vantaggiosa posizione competitiva, le imprese italiane hanno cercato i propri partner principalmente in Italia e pertanto, attualmente, il sistema vitivinicolo italiano si caratterizza, rispetto allo scenario mondiale, per una bassa internazionalizzazione del sistema produttivo, sia perché sono modesti, fino a ora, gli investimenti esteri delle imprese italiane, sia perché sono ancora più esigui gli investimenti di imprese estere in Italia.
Principali imprese vinicole italiane Imprese
Tipo di impresa
Fatturato (mil. €)
Caviro
Cooperativa
239
GIV
Cooperativa
236
Cavit
Cooperativa
174
Campari
Az. privata
126
Marchesi Antinori
Az. privata
117
Ferdinando Giordano
Az. privata
115
Fratelli Martini Secondo Luigi
Az. privata
99
Fratelli Gancia
Az. privata
96
Cantine Coop. Mezzacorona
Cooperativa
92
Zonin
Az. privata
80
Cantine Coop. Riunite Cooperativa
78
La tabella riporta le prime 11 imprese italiane che per fatturato si classificano tra le prime 70 imprese mondiali. Tra queste, 5 sono cooperative Foto E. Marmiroli
Distribuzione Il sistema vitivinicolo italiano provvede alla distribuzione del prodotto in Italia e all’estero attraverso un sistema complesso, che sta subendo importanti trasformazioni. Nell’approvvigionamento del mercato interno i sistemi distributivi delle aziende sono molto articolati, perché le imprese hanno come interlocutori potenziali un enorme numero di punti di distribuzione al dettaglio e si sono sviluppate diverse tipologie di canale specifiche per l’approvvigionamento della ristorazione 600
vite e vino nel mercato commerciale e del piccolo dettaglio specializzato e non specializzato, e per l’approvvigionamento della grande distribuzione e della ristorazione organizzata. Certamente, la riorganizzazione dei sistemi di distribuzione è condizionata dalla crescita del ruolo della grande distribuzione organizzata, che ormai gioca in Italia un ruolo di primissimo piano anche nella distribuzione del vino. Considerando tutti i vini, il canale moderno (iper/super, liberi servizi, discount) veicola più del 70% del vino acquistato per i consumi domestici. In questo canale prevalgono gli acquisti dei vini nella fascia di prezzo tra 1,5 e 3 €/l. Sono però in notevolissima crescita i discount, testimonianza evidente della necessità e volontà delle famiglie di contenere la spesa per il vino di uso corrente. La crescita dei discount e, in misura più contenuta, degli iper e supermercati è accompagnata da una forte contrazione degli acquisti nel dettaglio tradizionale, tipologia di distribuzione del vino che appare in difficoltà nell’offerta degli standard di economicità e assortimento richiesti dalla clientela, e nella quale si concentrano gli acquisti di vino sfuso. Per quanto riguarda l’approvvigionamento dei mercati esteri, la distribuzione delle imprese vinicole italiane avviene con modalità diverse. La più tradizionale e diffusa è quella del contatto con importatori esteri, o operatori della grande distribuzione, nei diversi Paesi di destinazione delle esportazioni. Altre imprese affidano il contatto con i soli mercati esteri a società di distribuzione oppure a broker specializzati. Alcune delle società di maggiore dimensione hanno, invece, deciso di dotarsi di proprie società di distribuzione nei mercati esteri chiave, altre ancora affidano la distribuzione all’estero a società di distribuzione internazionale con operatività globale, come Maxxium Worldwide, e, infine, alcune imprese stanno valutando l’opportunità di introdurre nei principali mercati nuove figure (brand ambassador) con il compito di sviluppare un contatto diretto con il mercato estero (a fini promozionali e di intelligence) che la sola relazione con l’importatore non garantisce. Anche nel campo della distribuzione nei mercati internazionali, la pressione competitiva sta sottoponendo le strutture tradizionali a una forte spinta che indurrà, certamente, intensi processi di riorganizzazione. Le cantine imbottigliatrici direttamente legate alla produzione dell’uva e alla trasformazione stanno puntando molto negli ultimi anni alla vendita diretta del vino in cantina, cercando di cogliere le crescenti opportunità dell’enoturismo e del turismo enogastronomico in generale. Per valorizzare meglio queste opportunità, in tutte le regioni italiane numerose aziende vitivinicole si sono associate per dare vita a dei percorsi integrati nei territori di appartenenza denominati Strade del Vino. Queste – attualmente circa 130 – consentono ai visitatori di conoscere le diverse aree di produzione, attraverso percorsi tra le vigne, visite di aziende, punti di ristoro specializzati nell’enogastronomia
Punti vendita del vino in Italia Tipologia
Unità
Ipermercati
220
Supermercati
7017
Superette
24.500
Enoteche e wine bar
9500
Drogherie e gastronomie
30.000
Negozi generi alim. vari
50.000
Bar e caffè
114.000
Ristoranti
42.000
Trattorie
2000
Pizzerie
20.000
Ristorazione alberghiera
20.000
Fast food
3000
Ristorazione collettiva e catering
3000
Pub e discoteche
16.500
11% 9% 8%
56%
10% 6%
Super-Iper Liberi servizi Discount Dettaglio trad. Bottiglierie-enoteche Altri Peso dei diversi luoghi di acquisto nella distribuzione di vino in Italia
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mondo e mercato 14% 12%
Ripartizione percentuale degli acquisti in volume per fasce di prezzo nel canale moderno
10% 8%
Prezzi in €/l
2003
2004
Variazioni
< 1,5
13,2
14
+
1,5-3
46,4
46,1
–
4%
3-5
32,2
31,3
–
2%
5-10
7,1
7,2
+
> 10
1,1
1,4
+
0%
Sicilia Calabria Basilicata Puglia Campania Molise Abruzzo Lazio Umbria Marche Toscana Emilia R. Veneto Friuli-V. G. P. A. Trento P. A. Bolzano Lombardia Liguria Piemonte Valle d’Aosta
6%
Distribuzione regionale delle Strade del vino
Vino e private label
dell’area dove insiste la strada, punti di vendita dei prodotti del luogo, agevolando quindi i visitatori nella conoscenza dell’offerta e quindi nell’acquisizione di quella fiducia nei prodotti che stimola l’acquisto diretto.
• La grande distribuzione si sta
muovendo anche nella direzione dello sviluppo di marche commerciali nei vini basic in brik e anche nei vini imbottigliati di maggiore pregio. Sono segnalate iniziative di Coop Toscana, Carrefour e Pam-Panorama
Il sistema vitivinicolo italiano e le sfide del futuro Le imprese vitivinicole italiane hanno sperimentato negli anni ’90 un periodo certamente felice in termini di profitti, che ha potuto sostenere anche un volume di investimenti molto elevato, consentendo un generale dinamismo comparabile a quanto è avvenuto nei Paesi emergenti. Negli ultimi anni le performance delle
Vigneti a Perugia
Foto R. Pastore
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vite e vino nel mercato imprese italiane hanno risentito dell’accresciuta competizione sia sul mercato internazionale sia su quello interno. Alcune imprese sono riuscite a stabilizzare o a migliorare i propri risultati, ma altre, quelle più deboli in termini strutturali e di capacità di marketing, hanno sperimentato crescenti difficoltà. Le prospettive di evoluzione del mercato indicano indubbiamente un ulteriore incremento della selettività del contesto competitivo. Ciò nonostante, il sistema vitivinicolo italiano ha certamente le risorse materiali e immateriali per rimanere sul mercato e rafforzare la sua posizione. Le imprese italiane dovranno diventare, però, sempre più efficienti, rafforzando la capacità di lettura dell’evoluzione della domanda in Italia e all’estero, sviluppando partnership e forme di integrazione capaci di compensare le debolezze dimensionali e affinando la capacità di gestire un’offerta articolata e di offrire un elevato servizio ai clienti. Il patrimonio di vini provenienti dai vitigni storici nazionali (a cui spesso si fa riferimento come vitigni autoctoni) è un punto di forza importante in un mercato che premia l’originalità e la caratterizzazione dei prodotti; questi dovranno essere, quindi, valorizzati in sinergia con i nuovi vini che l’Italia ha espresso a livelli di eccellenza. Lo sforzo delle imprese dovrà essere, però, sostenuto da una costante e rapida evoluzione del quadro istituzionale che porti a un adeguamento delle normative sulla produzione, sulla garanzia dei prodotti e a efficaci politiche per l’innovazione, la ricerca e il credito. Questa è certamente una condizione essenziale per vincere le sfide del futuro.
Foto AgriLinea
Vigneti in Romagna Vigneti in Toscana
Foto R. Balestrazzi
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