Roberto Renzi
Liane e Silicone – Da Akim a Tiramolla COMICON Edizioni via Chiaia, 41 - 80121 Napoli tel/fax: 0814238127 e-mail: edizioni@comicon.it edizioni.comicon.it Collana: Gli Audaci (n.8) a cura di: Riccardo Renzi e Edoardo Rosati Coordinamento Editoriale: Raffaele De Fazio e Emanuele Soffitto In collaborazione: Glauco Guardigli e Lorenzo Raggioli Progetto grafico e impaginazione: Studio TestaTonda Cover design: Roberto Policastro / Doppiavù Studio Illustrazioni di copertina: Giuseppe Festino Testi e omaggi di: Davide Barzi, Luigi F. Bona, Gianni Bono, Glauco Guardigli, Riccardo Renzi, Roberto Renzi, Edoardo Rosati, Silver © testi 2019: degli autori e degli aventi diritto © immagini di copertina: degli autori e degli aventi diritto - COMICON Edizioni © immagini 2019: degli autori e degli aventi diritto Un ringraziamento speciale a Gianni Bono e alla sua Guida al Fumetto Italiano Ricerca iconografica: guidafumettoitaliano.com (Dea Brusorio e Graziella Calatroni) Acquisizione immagini: Francesco Chiumento Si ringraziano per la collaborazione Loris Cantarelli, Stefano Marzorati e Mauro Zampolini Questo libro è stato stampato nel mese di aprile 2019 da Grafica Metelliana ISBN 978-88-98049-84-4
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Sommario Un’eredità di carta e fantasia di Luigi F. Bona
Roberto Renzi, uno di noi di Gianni Bono
Memorie ritrovate di Roberto Renzi
Mio padre fumettista di Riccardo Renzi
Akim, un tarzanide italiano alla corte di Francia di Glauco Guardigli
Dall’Alpe alle piramidi, da Tiramolla al Reno di Davide Barzi
I sogni nel cassetto: le invenzioni inedite di Edoardo Rosati
Al Maestro di Silver
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Un’eredità di carta e fantasia di Luigi F. Bona La sindrome della pagina bianca è inevitabile per chi vuole raccontare Roberto Renzi. E credo di dover cominciare quasi dalla fine, dal 7 marzo 2007, quando nello studio milanese del notaio Enrico Bellezza ci ritrovammo a firmare l’atto costitutivo della Fondazione Franco Fossati. Forse soltanto in quel momento comprendevamo esattamente l’importanza del passo che stavamo siglando, l’impegno che ci stavamo assumendo, forti soltanto delle nostre convinzioni. Grazia Nidasio e Roberto Renzi, tra tutti noi, mentre si abbracciavano, rappresentavano perfettamente i due percorsi intellettuali che avevano sostenuto e fornito la base delle scelte della nascente Fondazione. Sentivo fortemente la presenza virtuale di Umberto Manfrin, scomparso troppo presto per poter apporre anche la sua firma – sempre influente – su ogni scelta, come dell’amico Franco al quale intestavamo l’ente stesso. Probabilmente era stato il “tiramolliere” Manfrin a farci conoscere, a metà degli anni Settanta (era appena nata la rivista WOW), galeotto Camillo Moscati e le mostre mercato che organizzava nella Sala contrattazioni della Borsa di Milano. All’epoca ci s’incontrava con una certa assiduità, soprattutto tra autori, sotto il tetto della neonata Borsa del fumetto (il primo negozio specializzato milanese e tra i primi in Italia, un angusto pertugio in via Lazzaretto poi diventato un grande spazio con immensi magazzini). Ci si trovava la sera per quella che oggi si chiamerebbe “apericena”, una sorta di piccola movida artistica, e si tirava tardi chiacchierando con Karel Thole, Sandro Angiolini, Umberto Manfrin, Antonio Terenghi, Egidio Gherlizza e signora, Aldo Di Gennaro, Gino Gavioli, Antonio Tettamanzi, Giuseppe Festino, Nessim Vaturi, Franco Fossati e “quelli di WOW”, come Umberto Volpini e Sergio Giuffrida, e tanti altri amici, anche in transito per il capoluogo lombardo. Tra panini, pizze e birra si parlava di fumetto, lavoro, pettegolezzi editoriali e dei sogni di cui traboccavano i cassetti. Sbocciavano amicizie nuove, si consolidavano le conoscenze, si stabilivano anche originali collaborazioni e si traevano preziosi consigli. Alla fine del 1980 Renzi mi invitò al Circolo della Stampa, splendido palazzo milanese al numero 16 di Corso Venezia, per tenere una conferenza dibattito sulla “crisi” del fumetto. Avevo già faticosamente messo alla prova la mia timidezza inaugurando nei due anni pre-
presidente Fondazione Franco Fossati direttore WOW Spazio Fumetto - Museo del fumetto, dell’illustrazione e dell’immagine animata, Milano
nella pagina a fianco Un’immagine caricaturale di Roberto Renzi nelle vesti di presidente del Circolo della Stampa di Milano negli anni Ottanta.
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cedenti gli eventi «Gulp!» al Palazzo dell’Arengario di Milano, organizzati con Roberto Catalano, Umberto Volpini e Dario Mogno (Editiemme), con esperienze come Il quotidiano dei fumetti. Mettere piede in quel sancta sanctorum del giornalismo, prestigioso quanto elegante, mi emozionava più che andare a Palazzo Marino, sede del Comune. Ma Renzi ne era il presidente, e Manfrin, Terenghi, Paolo Piffarerio e Tiberio Colantuoni ne erano già frequentatori piuttosto abituali. E così superai la prova. E al Circolo della Stampa ci si ritrovò altre volte, ma per cenare, tra amici e colleghi invitati da Roberto, giustamente pagando alla romana (poco, considerando anche la qualità dei cuochi). Roberto mi aveva spiegato che questi incontri erano un modo per ritrovarsi tra persone “speciali”, mosse tutte da uno stesso amore per il fumetto. Per lo più persone che avevano fatto parte anche della sua vita e che aveva avuto modo di apprezzare nel corso del tempo. Ne ero orgoglioso. Dopo la repentina scomparsa di Franco Fossati e la spontanea volontà espressa di procedere verso la Fondazione, Roberto mi invitò a un’altra serie di cene al Circolo, con lo scopo dichiarato di offrirmi la base per la Fondazione e per l’idea di Museo che si stava già configurando. Fu in una cena del genere, particolarmente allargata, organizzata in una grande sala riservata, che mi invitò ad annunciare il progetto del Museo. In una cena più ristretta si era costituita anche una sorta di Tavola rotonda, dove i Cavalieri del Fumetto erano già, oltre al sottoscritto, gli autori presenti (immortalati in una foto di Festino, che viaggia sempre con la sua fotocamera). sopra La lettera d’invito all’evento “Fumetto: crisi o trasformazione?” organizzato da Roberto Renzi al Circolo della Stampa, incontro durante il quale verranno poste le basi per la nascita della Fondazione Franco Fossati e del Museo del Fumetto di Milano. a fianco La famosa foto scattata da Giuseppe Festino al Circolo della Stampa. Da sinistra Paolo Piffarerio, Ezio Giglioli, Tiberio Colantuoni, Nicola Del Principe, Antonio Terenghi, Umberto Manfrin, Roberto Renzi e Luigi Bona.
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Da allora, il percorso per passare dalla semplice Associazione alla costituzione della Fondazione è stato più lungo e difficile del previsto, e ne sa qualcosa Melina Gatto, tra i soci fondatori, finché decidemmo il grande passo. Ma il senso di quanto stavamo facendo si era perfettamente chiarito soprattutto nel confronto con Roberto e Grazia. E Roberto, che conosceva bene il funzionamento degli enti e delle istituzioni, mi metteva in guardia dalle trappole invitandomi a tenere sempre presente gli obiettivi, stringendo su risultati concreti. Quando decidemmo di presentare il progetto di Museo, nel 2009, nell’Aula magna dell’Università statale di Milano (un’occasione offertaci dall’amico giornalista Luca Carra), volli che l’incontro fosse preceduto dalla proiezione di un filmato della celebre Settimana Incom, notiziari che un tempo si proiettavano nei cinema. Era datato 2 novembre 1950 e dedicato alla prima Mostra internazionale del Fumetto, realizzata nelle sale ambrosiane del Palazzo di Giustizia. L’organizzatore? Roberto Renzi, in collaborazione con il noto magistrato Adolfo Beria di Argentine. In una delle sue ultime interviste, Roberto spiegò a Loris Cantarelli di Fumo di China che «per la prima volta in Italia, i fumetti non erano qualcosa di clandestino e da vietare ai ragazzi, ma una forma di comunicazione valida e artistica da non sottovalutare. Durò un mese e fu allestita con i mezzi che avevamo: cavalletti rintracciati da qualche parte, disegni che gli editori ci concessero faticosamente... Ma fu importante per il luogo dove era stata allestita». E a montarla aveva collaborato anche Antonio Terenghi, che era stato poi il primo a parlarmene, mentre Alfredo Castelli mi aveva aiutato a recuperare il filmato. Roberto era nato a Cadorago nel 1923, un paio d’anni dopo Terenghi ma solo nove giorni prima di Augusto Pedrazza, un anno prima di Lina Buffolente, Franco Paludetti e Paolo Piffarerio. Dopo di lui seguirono Leo Cimpellin (1926), Umberto Manfrin (1927), Giorgio Rebuffi (1928), Franco Bignotti (1930) e Grazia Nidasio (1931). Sto in pratica dicendo che nel volgere di dieci anni abbiamo assistito alla nascita di una rosa di autori che finiranno per sperimentare percorsi comuni, per intrecciarsi e ritrovarsi di continuo per oltre mezzo secolo. Il più anziano del “gruppo” è Egidio Gherlizza, classe 1909. E per chi ama il fumetto e una certa matrice milanese, questi nomi da soli dicono più di quanto il sottoscritto potrebbe scrivere avendo a disposizione cento pagine. Roberto ha 19 anni quando, in piena guerra, nel 1942, comincia a scrivere racconti e a sceneggiare fumetti, attività che lo porta negli anni a venire (come si dirà diffusamente nelle pagine di questo libro) a sviluppare una potenza di fuoco creativa a dir poco invidiabile. Il suo mestiere principale è tuttavia quello giornalistico, a partire dalla gavetta come reporter di quotidiano (si occupa di cronaca nera nel giornale del pomeriggio La Notte), arrivando a essere tra i referenti istituzionali dei giorna7
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listi lombardi: presidente del Gruppo Cronisti Lombardi, dell’Associazione Lombarda Giornalisti, nonchè vicedirettore e per molto tempo direttore, come si diceva, del Circolo della Stampa della metropoli lombarda. I suoi eclettici interessi guidano sempre il Circolo oltre i confini del giornalismo “classico”: a parte il rilievo offerto al fumetto, nel 1971, per esempio, è lui a consegnare una medaglia d’oro al trentenne Fabrizio De André nel prestigioso salone di corso Venezia, nell’ambito di una giornata memorabile organizzata dal giornalista Gigi Speroni, con brani delle sue canzoni letti da Valeria Ciangottini accompagnata da Michelangelo La Bionda.
sopra Roberto Renzi durante la presentazione al Circolo della Stampa del suo libro Racconti mattinali (Baldini&Castoldi) nel 1995. nella pagina a fianco La copertina del libro Racconti mattinali - (Ci siamo portati in via dei Ciclamini).
Il tempo scorre, ma la voglia di scrivere non si assopisce. Renzi pubblica nel 1995 con Baldini&Castoldi Racconti mattinali - (Ci siamo portati in via dei Ciclamini), una sessantina di storie minimali (con prefazione di Piero Colaprico) tratte dai verbali di polizia e carabinieri, talvolta poetiche e spesso esilaranti, raccolte con curiosità e passione nella lunga militanza come giornalista di cronaca nera. E scrive anche, nel 2010, il libro autoprodotto Memorie da non perdere, con 23 episodi della sua vita professionale e la prefazione del figlio Riccardo, giornalista anche lui, medico-scientifico nella fattispecie, direttore del Corriere Salute, l’inserto di medicina del Corriere della Sera. Non occorre descrivere la sorpresa destata dalla prima venuta di Roberto negli uffici della Zadig (l’agenzia di giornalismo scientifico per cui lavoravo e che ci lasciava utilizzare la sala riunioni per gli incontri della Fondazione), dove ovviamente conoscevano benissimo Riccardo! Negli ultimi anni Roberto non riusciva più a partecipare fattivamente
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all’assemblea dei soci della Fondazione, ma si premurò di dedicarmi una lunga chiacchierata, al Museo. Mi spiegò che sentiva la vecchiaia. Che muoversi fisicamente stava diventando sempre più difficile ma che, ci tenne a rimarcarlo, era sempre disponibile a parlare con me per qualsiasi esigenza. E così anche nelle discussioni più accese era sempre intervenuto con la pacatezza e la diplomazia che gli derivavano dalla lunga esperienza nei numerosi ruoli istituzionali. E il suo voto non mi venne mai meno. Nei colloqui privati, e in quell’ultimo in particolare, parlammo di sistema, di prospettive, di come prevenire e affrontare le difficoltà che si sarebbero potute presentare in futuro. La sua saggezza è stata, ed è, la migliore lezione che mi ha trasmesso. Se oggi la Fondazione continua il suo cammino, è proprio in virtù di questa eredità straordinaria lasciata da persone davvero uniche. Come Grazia Nidasio e Roberto Renzi.
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Roberto Renzi, uno di noi di Gianni Bono Gennaio 1975, una tappa importante della mia vita. Da Genova mi trasferisco a Milano a dirigere l’Editrice Cenisio, chiamato dall’editore Battista, detto Tino, Arcaini, che mi vuole al suo fianco per riorganizzare la redazione e accrescere il catalogo già ricco di prodotti destinati all’edicola. La Cenisio, società italo francese di proprietà di Arcaini e di Vittorio Broussard, direttore generale della parigina Sagédition, muove i primi passi nel 1960 pubblicando i tascabili Bunny e Tom & Jerry, cui si affianca ben presto una collana di comics derivati dalla televisione, appunto Vedette della TV, che traduce materiale della Western Publishing: da RinTinTin a Lassie, da Lone Ranger a Bonanza, da L’Uomo dell’Uncle a Tarzan. È proprio per curare le diverse testate del Re della Giungla, sulle quali già da tempo scrivevo diversi redazionali, che vengo chiamato in Cenisio. Non potevo certo immaginare che il personaggio creato più di cento anni fa da Edgar Rice Burroughs avrebbe così cambiato la mia vita come aveva influenzato quella dell’uomo eccezionale che avrei presto incontrato. Il primo giorno che metto piede in redazione, mi viene consegnato un comunicato del Circolo della Stampa di Milano che annuncia un grande evento espositivo dal titolo “Milano Fumetto”, organizzato con il patrocinio dell’Ente del Turismo e del Comune di Milano, proprio nella sede di corso Venezia n. 16. Arcaini mi dice: «Questo è un lavoro per lei, ha organizzato con tanto impegno le “Tre Giornate del Fumetto” a Genova, quindi è tutto suo. E poi ci dobbiamo andare perché è stata un’idea di Renzi». Nel pomeriggio vado a trovare il mio amico Renzo Barbieri che, oltre ai fumetti erotici più o meno spinti pubblicati come Edifumetto, aveva deciso di dedicarsi a pubblicazioni destinate ai ragazzi con il marchio Geis. Barbieri è con Giuseppe Pederiali e mi dicono più o meno le stesse parole. Identica la reazione al telefono di Lodovico Bevilacqua della Dardo: «Mica solo a Lucca e a Genova si parla di fumetti! Ora anche qui a Milano, dove li facciamo davvero, ci sarà un bel convegno. Per fortuna ci ha pensato Renzi!». Renzi, Renzi, Renzi. Ma chi è questo Renzi? Sembrava uno importante, una sorta di dio in terra. Era presidente del Circolo della Stampa e aveva tutti gli agganci possibili e immaginabili nell’ambiente per aiutare chi ne aveva bisogno a diventare giornalista
nella pagina a fianco Locandina della mostra “Milano Fumetto” realizzata da Graziano Origa. Il disegno è di Ferdinando Tacconi (1975).
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La puntata dedicata a Zan della Jungla della rubrica “I Tarzanidi” curata da Gianni Bono per le edizioni Altamira di Sergio Bonelli (1980).
(anche solo per firmare le proprie testate), quindi io pensavo a questo signore come a un burocrate e non lo avevo per nulla collegato allo sceneggiatore a me noto, ma che non avevo mai conosciuto di persona. Ci vollero Giorgio Rebuffi, con Luciano Bottaro e Carlo Chendi di passaggio in via Jacopo della Quercia, sede della Cenisio, per consegnare i propri lavori, a farmi tornare sulla Terra. «Tiramolla è stata un’idea sua che poi abbiamo sviluppato insieme», disse il primo, e Chendi aggiunse «Per l’Alpe ha sceneggiato centinaia di storie. E non solo di Cucciolo e Tiramolla», «Anche in Pepito c’è il suo zampino», commentò quindi Bottaro. Per finire con Arcaini: «E Akim dove lo mettiamo? Tomasina voleva venderci la testata, ma abbiamo declinato l’offerta perché non potevamo pubblicarlo anche in Francia». Insomma, questo Renzi dovevo proprio conoscerlo. E l’occasione non tardò. A maggio, per “Milano Fumetto”, mi occupai degli spazi espositivi della Cenisio insieme al mio collega Renato Cassamagnaghi. Ma visto che, oltre a essere il più giovane direttore su piazza, ero anche esperto di fumetti, mi trovai in giuria con Roberto Cortopassi, Roberto Costa, Carlo De Marino, Morando Morandini, Giuseppe Pederiali e… Roberto Renzi! Renzi aveva davvero contatti in ogni redazione e casa editrice, quindi alla manifestazione aderirono tutti gli editori di Milano e tantissimi autori parteciparono a incontri tra addetti ai lavori e con il pubblico. Allora ancora non lo sapevo, ma Renzi in fatto di esposizioni sul fumetto era stato un precursore. Ebbi occasione di parlarne con lui sei mesi dopo, quando Sergio Bonelli mi chiamò in redazione e mi disse che aveva deciso di ristampare l’Akim francese e che aveva commissionato a Renzi e Pedrazza di scriverne e disegnarne un nuovo episodio introduttivo. Il mio contratto con Cenisio mi lasciava libero di lavorare con altri editori, soprattutto come autore o saggista, così, dopo “Foto di Famiglia”, rubrica che usciva su Tex da oltre un anno, Bonelli me ne chiese un’altra ad hoc per Akim, che avremmo chiamato “I Tarzanidi”. Iniziò sul n. 2, con l’obiettivo di presentare i vari epigoni in ordine cronologico. Con stupore di entrambi, scoprimmo che il primo tarzanide della storia lo aveva creato proprio suo padre Gianluigi. Si chiamava Artagow e lo aveva disegnato il pittore Enrico Mercatali. Quindi, quando poi passai nell’ufficio di Decio Canzio, che mi chiese anche di tradurre le storie francesi di Akim, aggiungendo «Ma forse è meglio se vai a trovare Renzi e ne parlate», non ebbi problemi ad accettare e a seguire il suo consiglio.
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Da quel giorno gli appuntamenti con Roberto divennero sempre più frequenti. Parlammo poco di Akim, ma in ogni occasione in cui ci si incontrava lui aggiungeva un pezzo alla sua già incredibile biografia. Anzi, una volta diventato nonno, decise pure di scrivere la sua storia in un libro, Memorie da non perdere, per i suoi settanta amici – ne abbiamo riportato alcuni stralci nel capitolo “Memorie ritrovate”. Io sono l’amico n. 7 e, dopo aver fatto infiniti confronti e ricerche, appurato fatti e avvenimenti, credo di poterla finalmente raccontare con completezza e obiettività anche a voi. Roberto Renzi nasce a Cadorago, in provincia di Como, il 10 febbraio 1923. Per una serie di vicende, il padre Renato abbandona la famiglia e il piccolo Roberto vive con la madre nella villa dei nonni. Il nonno ingegnere, per le sue diverse attività, si reca a Milano quasi tutti i giorni percorrendo la linea Milano-Como, prima rete italiana per pendolari, ancor oggi gestita da Ferrovie Nord. Renzi trascorre quindi i primi sei anni della sua vita in campagna, fintanto che tutta la famiglia, per comodità, decide di trasferirsi a Milano in via Arpesani al n. 3, una stradina privata, con tante famiglie e tanti bambini. Al n. 7 risiede un suo coetaneo, Augusto Pedrazza. Non sono nella stessa classe, ma frequentano la medesima scuola e lungo il tragitto verso casa parlano dei loro sogni che, una volta adulti, diventeranno realtà. La zona è vicina al centro ma anche alla periferia. La domenica la mamma di Augusto, che fa la levatrice mentre il padre è musicista, carica i ragazzi sul portapacchi della bicicletta e si dirige all’Idroscalo, dove non sembra proprio di essere a Milano. La passione per i fumetti scoppiò per entrambi quando, un po’ più grandicelli, scoprirono l’Avventuroso pubblicato da Nerbini; nel contempo un pomeriggio, “rotto il salvadanaio”, andarono al cinema Colosseo a vedere uno dei film di Tarzan. Ne rimasero folgorati. Soprattutto Augusto, che nei giorni seguenti si mise a disegnare con il gesso, sui marciapiedi della via, le avventure del re della giungla, suscitando l’entusiasmo dei coetanei e lo stupore di Roberto che gli chiese: “Ma visto che sei così bravo, perché non scriviamo e disegniamo delle storie?”. Senza immaginare che pochi anni più tardi quella sarebbe stata davvero la loro professione. Pedrazza si mosse per primo nell’ambiente e, nel 1941, portò Renzi da Mario Conte, l’editore della Edital. Nei primi anni 30, a Padova, i quattro fratelli Conte – Alfredo, Augusto, Gino e Mario – avevano uno stabilimento tipografico e una casa editrice, la Antenore, che pubblicava diverse collane. Vi collaboravano Luciana Peverelli, Gastone Simone e un giovanissimo Andrea Lavezzolo. Questi scriveva tra l’altro i fascicoli I tre cow-boys, che erano poi Tom Mix, George O’Brien e Richard Dix, illustrati con copertine di Giove Toppi. Stampa13
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sopra Due albi di Criche e Croc editi dai fratelli Conte nel 1939. nella pagina a fianco Il primo numero di Le Avventure Illustrate pubblicato a Padova dalla Casa Editrice Antenore nel 1934.
vano anche un settimanale intitolato Avventure Illustrate e I Romanzi del Cigno. L’attività fallì e i Conte si trasferirono a Milano dove fondarono la Nuova Antenore, e continuarono alcune collane come I tre cow-boys e I Romanzi del Cigno. Anche questa attività durò poco e le testate passarono alla Casa Editrice Nicolli, fondata a Padova da Cornelio Nicolli e trasferita a Milano il 14 febbraio 1934. Oltre ai già citati I Romanzi del Cigno, pubblicò la Collana Azzurra e due settimanali illustrati di vita e cultura cinematografica Diva e Cinevita. Augusto e Mario operano attraverso la Nicolli senza figurare, mentre Gino inizia un’attività distributiva delle rese editoriali e solo nel dopoguerra diventerà editore, Gino Conte Editore in via Cerva n. 11, con la Collana Rosa d’Oro – le cui innovative edizioni a pop-up sono ideate dal fratello Augusto – e l’enciclopedia Vita Meravigliosa. L’attività editoriale dei fratelli Conte è indirizzata a prodotti di derivazione cinematografica, ma anche alla narrativa gialla. E quando, nel 1938, il MinCulPop decreta l’embargo nei confronti di ciò che arriva dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti, danno vita a una serie di collane e personaggi a fumetti dichiaratamente autarchici. Così, il 1° giugno 1938, nascono le Edizioni Economiche Italiane, in capo a Mario, e le Edizioni Economiche Ausonia in capo ad Augusto. Nel 1939, è la volta delle Edizioni Mundus e la Nicolli trasferisce la sede in via Fiamma n. 5. Tutti questi marchi editoriali il 16 dicembre 1940 confluiranno nella Edital del solo Mario Conte. Augusto si dedica a una diversa attività commerciale. Queste case editrici pubblicano diverse collane con differenti personaggi: Gli Albi di Scimmiottino con l’omonimo protagonista disegnato da Enver Bongrani, Giuseppe Perego e Rino Anzi; gli Albi Mundus con storie libere di genere avventuroso; Cartoni Animati con Trottola, Orsacchiotto e la Signora Coccodé; Le Più Belle Fiabe e Gli Albi dell’Allegria. Conte trasferisce la sede e l’attività editoriale da via Sant’Antonio n. 8 a via Luciano Manara n. 7. Non prima però di aver ceduto due testate, Gli Albi di Scimmiottino – su cui esordirà Cucciolo – e Le Più Belle Fiabe al neo editore Giuseppe Caregaro, che ha appena fondato le Edizioni Alpe. Caregaro, imparentato con Arnoldo Mondadori da parte della moglie, che ne era cugina di secondo grado, lavora per l’azienda familiare nel settore amministrativo. Ha quindi sottomano i dati di vendita di Topolino e ne constata tutti i giorni il grande successo, così, quando capisce che le restrizioni ministeriali possono dar spazio a nuove attività editoriali italiane, non si lascia sfuggire l’occasione e si mette in proprio. Forse da solo, forse in un primo momento con lo stesso Conte, con il quale più realisticamente si spartiscono poi le testate.
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