Collezione CRUMB Vol. 3 La Musica di Crumb Soggetto, Sceneggiatura e Disegni: Robert Crumb Traduzione: Marco Bertoli
COMICON Edizioni via Chiaia, 41 - 80121 Napoli tel/fax: 0814238127 e-mail: edizioni@comicon.it www.edizioni.comicon.it Collana: I Fondamentali Direzione Editoriale: Raffaele De Fazio Adattamento, impaginazione e lettering: Walter Dipino / Doppiavù Studio Cover design: Roberto Policastro / Doppiavù Studio Cura editoriale: Raffaele De Fazio, Claudio Curcio In collaborazione con: Glauco Guardigli Testi di: Marco Bertoli, Luca Boschi, Raffaele De Fazio Supervisione generale: Claudio Curcio Consulenza editoriale: Gisèle de Haan Redazione: Noemi Barricelli, Valentina Langella Amministrazione: Antonella Cavaliere © testi 2015: Robert Crumb © immagini di copertina e di quarta: Robert Crumb © immagini 2015: Robert Crumb Per l’edizione italiana © 2015: COMICON Edizioni Questo libro è stato stampato nel mese di ottobre 2015 da Grafica Metelliana - Mercato San Severino (SA) ISBN: 9788898049349 Per consultare il catalogo completo di COMICON Edizioni: www.edizioni.comicon.it
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Indice Premessa . ...........................5
Musicisti di strada . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 144
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illustrazioni: Altri ritratti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147
di Marco Bertoli
Patton
illustrazioni: The Cheap Suit Serenaders
Kit’n’Kaboodle
Le vecchie canzoni sono le migliori
. . . . . 21
illustrazioni: Copertine di dischi . . . . . . . . . . . . 160
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
illustrazioni: Barrelhouse and others
Io e Big Joe
. . . . . . . . 35
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . 170
Così è la Vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
illustrazioni: Copertine di dischi e altro
illustrazioni: Yazoo Records
Sunny Side Up con Mr.Natural
Keep on Truckin’
. . . . . . . . . . . . . . . . 46
. . . . . . . . . . 191
. . . . . . . . . . . 63
La musica piu amata dal grande cartoonist di Luca Boschi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
Contenuti extra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207
Che fine ha fatto tutta quella bella musica dei nostri nonni? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 Passa la Bottiglia
. . . . . 174
Robert Crumb, bluesman
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
Remember Keep on Truckin’? Smorfie e pose
. . . . . . 151
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
illustrazioni: Le Facce del Blues
. . . . . . . . . . . . . 81
Jelly Roll Morton e la Maledizione Voodoo . . 91 illustrazioni: Le Facce del Jazz . . . . . . . . . . . . . . . 98 illustrazioni: Concerti e advertising
. . . . . . . . 108
Cubist Be Bop Comics . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119 illustrazioni: Le Facce del Country . . . . . . . . . . 128
A caccia di vecchi dischi
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illustrazioni: Sketchbook e portfolio
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Patton Charley Patton è da molti considerato il Padre del Blues del delta del Mississippi. Nato nel 1890, il suo stile nel suonare la chitarra e la sua voce roca daranno al blues il corpo e il timbro che lo renderanno noto nel mondo. Abilissimo chitarrista, divenne famoso anche per i suoi numeri da funambolo con lo strumento, suonava infatti anche dietro la schiena, coi denti e con le dita dei piedi. Questa storia del 1985 è forse la più esplicativa della maturazione di una rivista come Zap Comix. Nata alla fine degli anni ’60 e venduta agli angoli di strada, Zap è stata la più rivoluzionaria pubblicazione underground di sempre. Con soli 16 numeri all’attivo, il primo del 1967 e l’ultimo del 2014, ha attraversato, con pause anche decennali, tutta la carriera dei suoi artefici: Robert Crumb, Victor Moscoso, S. Clay Wilson, Gilbert Shelton, Spain Rodriguez, Robert Williams, Rick Griffin e Paul Mavrides. Se in principio Zap era stata la valvola di sfogo di una nuova generazione di creativi, con storie dirompenti per contenuti e disegni, nel tempo, soprattutto negli albi a cavallo tra gli anni ‘70 e 80, inizia ad ospitare storie più mature degli stessi. Questa storia di Crumb, oltre a mostrare l’amore viscerale per quel tipo di musica e i suoi protagonisti, mette in campo nei disegni una perizia nelle descrizioni degli ambienti, una ricerca accuratissima dei dettagli e una mostruosa sicurezza del proprio tratto. Tra le storie pubblicate negli anni ’80 da Crumb è una delle più amate e citate. Il tutto su Zap #11 per soli 2 dollari e cinquanta. (Zap Comix #11, Last Gasp, febbraio 1985)
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u george s. patton, generale americano della seconda guerra mondiale, di chiacchiere se ne sono fatte abbastanza. beh, qui non è di lui che si parla. si parla di charley patton, un umile cantante di blues originario del delta del mississippi, morto nel 1934. l’unica cosa che questo patton avesse in comune con l’illustre generale era proprio che anche lui si chiamava…
harley patton trascorse quasi tutta la sua vita nell’enorme piantagione dockery, sul bassopiano del delta del mississippi. era un vagabondo, uno smidollato che campava alle spalle delle donne e che passava la vita a far niente. era anche un grande interprete del blues, che ebbe sul blues e sul rock and roll un influsso fortissimo che si avverte ancora oggi, anche se pochi ne ricordano il nome. la musica che patton cantava e suonava sfida le descrizioni. non c’è che sentirla.
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erò, ogni fattoria e ogni città aveva er i neri poveri che vivevano e lavoravano nell’isolamento di qualche musicista. c’era chi cantava, quelle piantagioni, la vita non era cambiata poi tanto dai chi suonava la chitarra o il violino o il tempi della schiavitù. banjo.
l blues era uno stile nuovo quando charley, orse era proprio henry sloan l’arcaico bluesman che w.c. da ragazzo, cominciò a impararlo da un mu- handy sentì a tutwiler, mississipi, nel 1903, mentre aspettava sicista più anziano, alla piantagione dockery. parliamo dei primi del novecento. quel musi- il treno. cista si chiamava henry sloan.
piaùnctoatmi neai , i v o u n ues o c ni d ueesrtci iballi, vi elnoicvaalni noetrteudri radfaflil-e andy era un musicista di buoni studi e di tematri etinee attrcicoimnpagnataellora io c successo. la musica di quello sconosciuto n lo ispirò al punto di scrivere “the st. louis cnaanttaaabialnitdà”, cahegpernodpor. blues”, “yellow dog blues”, “memphis blues” e “jazz bno emer moltissime altre canzoni famose, tutte nella andava forma del blues. i hate to see-e-e... that evening go down... sun
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a questo blues, ripulito e travestito da canzonetta, non aveva che un legame molto tenue con la popolazione rurale nera del delta, dove il blues genuino continuava a evolversi, espressione intensa ed eloquente della vita in quei luoghi. e tutti, là, prima o poi impararono qualcosa da charley patton. che fosse lui il primo dei bluesmen non era solo il suo pubblico a dirlo, ma anche gli altri musicisti.
ommy johnson, son house, howlin’ wolf e altri grandi cantanti di blues andarono a sentire patton e impararono da lui. alcuni di essi, a loro volta, diventarono delle leggende.
eddie “son“ house
howlin’ wolf
tommy johnson
bukka white
musicisti venivano pagati e spediti egistrando quei cantanti di blues er nostra fortuna, patton e città del nord per registrare, locali, le case discografiche altri furono notati dai talent- o nelle altrimenti venivano allestite delle speravano di vendere più grammoscout delle case discografiche, nei sale di registrazione provvisorie in foni alla gente di colore. tardi anni venti. una stanza d’albergo. e con l’acquisto di questo senti, mi dicono che ci sai fare con la chitarra…
tieni, bevi qualcosa.
grazie, signore…
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magnifico grammofono, riceverete in regalo tre dei nostri ultimi successi blues!
uttavia, l’intensa attività di registrazione del blues rurale negli a la grande depressione era alle porte; i poventi ci ha lasciato una ricca eredità culturale. molti vecchi e rari veri smisero del tutto di comprare grammo- 78anni giri sono stati ripubblicati da piccole etichette a cura di collezionisti; foni e ciò che rimase dell’industria discografica è grazie a loro se questa grande musica può essere goduta ancora oggi. perse interesse per i musicisti di campagna e preferì rivolgersi ai bluesmen di città, gente come washboard sam, tampa red e big bill broonzy. che esecuzione grandiosa! mettiamo giù qualche disco, sam? sì, signor melrose… ho qui due dozzine di canzoni nuove.
ggi, l’entusiasmo per la scusi, signora… ho musica di patton sentito che lei è la è quasi esclusinipote di charley vamente cosa di patton… appassionati bianchi e benestanti, nonché di qualche musicista rock. le ricerche sulla sua vita sono tutte opera di professori universitari bianchi. a quanto pare, alla popolazione nera il blues arcaico evoca ancora memorie troppo vive dello “zio tom”, della segregazione, di un passato che si vorrebbe dimenticare.
e fosse vivo, di sicuro charley considererebbe tutto ciò con amara ironia. ai suoi tempi, nessun bianco ascoltava quel suo blues così crudo. anzi, i contatti di charley con i bianchi erano davvero pochissimi.
sì, lo sono… in effetti…
nessuno di noi ha mai fatto caso al blues fino a pochi anni fa… non avevamo mai sentito nessuno cantarlo. non siamo mai stati il genere di piantatori che invitava i braccianti in casa per farli cantare alle feste…
la signora keith dockery, intervistata nel 1979
di patton, contadino, era un gran lavoraerfino i neri rispettabili e “di chiesa” consideravano l padree un cristiano fervente. gli dispiacque sapere charley e quelli come lui “negri da poco” e il blues chetore il figlio suonava quella musica peccaminosa. “musica del demonio”. nessun figlio mio muoviti, suonerà in quei ritrovi di i gottain obediah! puttane e di move ruffiani!
the alley
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a quei severi moniti non ebbero effetto. una dose più robusta di giustizia cristiana fu somministrata a charley nella legnaia.
n seguito il cuore del padre si intenerì per quel figlio difficile; gli comprò una chitarra.
non voglio vederti con quei mascalzoni, ho detto!
a per il giovane patton, intenso e fremente, anche quella musica era troppo blanda. lo attraeva in modo irresistibile quella, più passionale e meno bianca, di henry sloan, dai ritmi più complessi.
ll’inizio, charley suonò nei dintorni di casa con la famiglia chatmon, un’orchestrina a corde che suonava ragtime, canzoni del minstrel show e canzonette popolari ai ritrovi, ai picnic e alle feste.
ehi ragazzo, suoniamo un po’? dài, vieni in casa.
harley cadde sotto il sortilegio del blues e per anni seguì henry sloan, cercando d’impadronirsi dei rudimenti di quel nuovo linguaggio musicale.
a allora in poi, in famiglia si vide sempre meno. vagabondò, imparò la vita del nottambulo, a bere e a vivere alle spalle delle donne che cucinavano nelle case dei bianchi. she bring me th’meat she bring me lard...
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ei momenti più duri, charley, pentito, riapriva la bibbia e si riprometteva di mettere la sua vita al servizio del signore, di predicare il vangelo.
uelle conversioni non duravano mai troppo: le donne, la baldoria, il liquore di contrabbando erano per lui tentazioni troppo forti.
erso il 1931 qualcuno tentò di tagliargli la gola. patton se la cavò, ma gli rimase una brutta cicatrice.
atton era famoso per avere “la testa calda”, per essere “instabile” e per parlare troppo, il che spesso lo cacciava nei guai, perché a difendersi coi pugni non era bravo.
i sa anche che alzava le mani sulle sue donne. “se lo facevano arrabbiare, lui le picchiava; le picchiava con la sua vecchia chitarra”, ha raccontato uno che lo conosceva.
o conosciuto una delle sue mogli, una certa lizzie, che mi ha detto che un bel giorno lui ha semplicemente preso la chitarra ed è andato via, e non è più tornato. lei mica gli aveva fatto niente. e lui non aveva fatto niente a lei”.
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a gran parte dei blues che patton registrò nella sua prima seduta del 1929 erano apoteosi della baldoria, vanterie sessuali, storie di donne gelose o infedeli, di bevute e gozzoviglie. in “it won’t be long”, patton canta: “la mia donna è altissima, è alta come un ciliegio, si sveglia prima del giorno e me la tira subito addosso”.
n “tom rushen blues” patton racconta di essersi ubriacato e poi svegliato in prigione. “ieri sera sono andato a dormire, speravo di trovare pace, ma al risveglio c’era tom rushen che mi scuoteva. quando sei nei guai, è inutile piangere e urlare, tom rushen ti riporta di volata in prigione”.
no dei dischi più famosi di patton, “high water everywhere”, era una trenodia accorata in ricordo dell’alluvione del mississippi del 1927. il grande fiume ruppe gli argini e inondò la campagna. “a sumner l’acqua è salita e il povero charley ha dovuto levare le tende. il signore mi è testimone, l’acqua è saltata addosso a quella città”.
elle case non vedevo nessuno; non c’era più nessuno da vedere”.
inquanta fra uomini e bambini sono restati sotto e sono affogati, oh buon signore, donne e uomini, oh, donne e bambini, giù sul fondo”.
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n tante delle sue canzoni, patton prende e va, abbandona una donna, fa il vagabondo… “me ne vado, sweet mama, non ne hai voglia tu? sa dio quando o se tornerò mai più qui” (“screamin’ and hollerin’ the blues”). “un giorno o l’altro ti mancherà quello che io ti do; lo so che ti mancherò, sogni d’oro, perché io me ne vado” (“some of these days i’ll be gone”).
a per lo più racconta di come gli piace spassarsela: “mi piace far casino e rissare, mi piace far casino e rissare, o signore, ubriacarmi fradicio, divertirmi e passare la notte per strada” (“elder green blues”).
uttavia non erano le parole l’aspetto più importante delle sue canzoni. per lo più le si capisce a malapena e a volte proprio per niente, come ha ammesso perfino son house. charley era soprattutto un musicista da ballo per le feste del sabato sera, rumorose e turbolente, dove il whisky scadente scorreva a fiumi.
icorda hays mcmullen: “ho visto charley patton limitarsi a battere la mano sulla cassa della chitarra, senza nemmeno toccare le corde… facevo così anch’io. la gente di colore, quando va a ballare, vuole ballare tutta la notte e io mi stancavo; per questo cominciavo forte, a gola spiegata, e dopo un po’, quando ormai si erano scaldati, battevo solo il tempo sulla chitarra”.
a sua voce diventava uno strumento musicale: sull’accompagnamento pesante e cadenzato della chitarra, charley gridava, mugghiava, ringhiava per lunghi tratti di tempo, anche per mezz’ora, e intanto la gente ballava.
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are che il miglior amico di patton fosse willie brown, che per anni lo frequentò e studiò il suo modo di cantare e di suonare, tanto che alla fine diventò lui stesso uno dei migliori musicisti del delta.
nche tommy johnson, che veniva dal sud del mississippi, imparò qualcosa da questi due grandi maestri del blues. tornato a casa, disse al fratello ledell che per imparare il blues aveva venduto l’anima al diavolo.
apitava che suonassero insieme a qualche ballo; willie teneva il ritmo con la chitarra mentre charley la sua la buttava per aria, la riacchiappava fra le gambe, insomma ne faceva di tutti colori per divertire la gente.
rriverà un uomo nero, alto, e ti prenderà la li ho domandato come aveva fatto”, ha chitarra, l’accorderà, suonerà qualcosa e te raccontato poi ledell. “lui mi ha detto: la restituirà. è così che io ho imparato a se vuoi imparare a suonare qualunque cosa suonare tutto quello che voglio” e a inventarti le tue canzoni, prendi la chitarra e va’ a metterti a un crocicchio. sta’ attento, vacci poco prima di mezzanotte… tira fuor la chitarra e mettiti a suonare un po’ per conto tuo”.
on loro andò anche louise johnson, una ragazza molto giovane, n altro grande cantante del delta fortissima pianista di boogie woogie in una bettola del posto. che conobbe charley fu son house. a patton piacquero molto sia lei sia la sua musica, e cominciò a house aveva appena scontato due anni a parchman, una colonia agricola penale, farle la corte. perché aveva ucciso un uomo in una lite. a patton le sue canzoni piacquero e lo invitò a una seduta di registrazione sua e di willie brown a grafton, in wisconsin.
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grafton c’è un alberghetto dove si sono messi quelli della casa discografica… lì mi dicono che il capo è arrivato e ha dato a tutti la loro chiave. io chiedo dov’è andato, perché a me non ha dato niente, e a quel punto louise dice: sì, invece. no, dico io. e lei: ho preso io anche la tua chiave, io dico ‘oh oh, le cose si mettono bene…’ e così è andata… io e lei nella nostra stanzetta”.
nni dopo, house si vantava di come avesse portato via a charley la giovane pianista, mentre andavano a grafton; “charley se l’è presa. si siede davanti e io, dietro, comincio subito a dirle stupidaggini nell’orecchio, ‘sai, mi piaci proprio’, e intanto trinchiamo”.
erso la metà degli anni venti stava cominciando ad affermarsi una nuova ondata di bluesmen del delta. fra loro c’era un ragazzo sempre sul chi vive, robert johnson. era un vicino di willie brown e cominciò a girellare intorno a brown, a patton e a son house per imparare il blues. ornò più o meno un anno dopo e li lasciò tutti di stucco per il nuovo stile con cui suonava il blues sulla chitarra, con una pulsazione possente al basso che non si era mai sentita prima. fra il 1936 e il ’37, johnson ha registrato alcuni dei più grandi blues rurali di tutti i tempi.
musicisti più anziani disprezzavano i maldestri tentativi chitarristici di johnson. quando avevano la sbronza cattiva, lo facevano suonare e poi lo prendevano in giro. alla fine johnson decise di cambiare aria.
ra del 1930, la salute di patton era seriamente compromessa da tanti anni di liquore di contrabbando e da milioni di sigarette. all’epoca doveva avere quarantacinque anni o pochi di più.
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elle sue canzoni risuonava adesso un accento sinistro, disperato. in “bird nest bound” sembra anelare a una sistemazione, alla stabilità. “se fossi un uccello, mama, mi troverei un nido nel cuore della città; e quando in città mi sentissi solo, avrei almeno sempre il mio nido d’uccello”.
h, mi ricordo una mattina, ero sulla porta della mia ragazza… sai che cosa mi ha detto? senti, papa charley, non ti voglio più”.
al 1930 patton convisse con una certa bertha lee, che lavorava come cuoca presso famiglie bianche del quartiere. la coppia cambiò diverse abitazioni ed era solita litigare con violenza. patton incolpava lei della sua cattiva salute e anche di affamarlo. bevevano e poi, scatenati, se le davano di santa ragione.
erò non si separarono. addirittura, nell’ultima seduta di registrazione di patton, nel 1934, cantarono insieme. nel gennaio di quell’anno w.r. calaway, dell’american record corporation, si mise in cerca di patton; voleva farlo incidere ancora. l’industria stava lentamente cominciando a riprendersi dalla depressione.
i riportò con sé a new york. patton stava molto male: debole, con il fiato corto e a stento più in grado di cantare e suonare. lla fine lo trovò, con bertha lee, nella cittadina di belzoni, mississippi. si trovavano tutti e due in prigione per aver causato disordine a una festa privata. calaway pagò la cauzione.
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ell’ultimo suo disco sembra affacciarsi la conatton e bertha lee cantarono insieme la canzone “oh sapevolezza che gli sia rimasto ormai poco death”. qui si avverte con terribile chiarezza la prossitempo. in “poor me” canta: “guarda che bella la mità della morte e il terrore che essa suscita in charley. luna, come splende fra i rami. signore, io vedo bertha lee, ma lei non vede me”. fa’ sileNzio fa’ sileNzio
qualcuno m1 chiama…
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lcune settimane dopo, patton si mise a letto per non alzarsi più. vi rimase una settimana, predicando, ripetendo in continuazione il suo sermone preferito, che aveva registrato nel 1929 sotto il nome di j.j. hadley: “verrà e i suoi capelli saranno come lana d’agnello, i suoi occhi come lingue di fuoco e tutti gli uomini sapranno che lui è il figlio dell’unico dio vivente… le sue spalle saranno cinte da un arcobaleno, avrà piedi di lucido ottone… e avrà un albero dinanzi ai dodici raccolti, e le foglie saranno salvezza e dannazione, e la grande pietra dietro a cui ci si può sedere, e il vento non può più toccarti, e conterai i ventiquattro anziani con cui puoi sederti a parlare, e ai quali puoi raccontare i triboli da cui vieni… il mondo da cui sei appena venuto”.
fa’ sileNzio
qualcuno m1 chiama… o sibuleon dio, sileNzio Nzio qualcuno ti chiama lo so, lo so, signore,esormai mi ro ota pc
harley patton morì il 28 aprile 1934. la notizia non apparve né sulla stampa locale né su quella nazionale. ran parte delle informazioni per questa storia vengono dal bel libro di robert palmer “deep blues”, viking press 1981. 20
Illustrazioni
The Cheap Suit Serenaders Robert Crumb ha iniziato a registrare musica col suo banjo fin dall’inizio degli anni ’70 ma il suo interesse per la musica risale a molto prima, quando iniziò da giovanissimo a collezionare dischi a 78 giri di jazz e blues. Il suo primo trio, la Keep on Truckin’ Orchestra, incide i primi dischi nel 1972 e si esibisce anche in un mini tour dei campus americani, ma nel frattempo hanno cambiato nome e adesso si chiamano Cheap Suit Serenaders, e ne fanno parte, oltre a Crumb al banjo e alla chitarra, Terry Zwigoff al banjo, Alan Dodge al violino e armonica, Robert Armstrong alle chitarre e Bob Brozman alla steel guitar. Nell’arco di quel decennio incidono tre dischi e qualche singolo; col suo trasferimento imminente in Francia Crumb lascia il gruppo alla fine degli anni ’70 nonostante recensioni favorevoli su Rolling Stones Magazine e un invito al Saturday Night Live nel 1977. All’origine della scelta di Crumb aveva contribuito in maniera decisiva soprattutto un altro fattore, l’aver capito che la gente era talvolta più interessata a vedere il famoso cartoonist che suona piuttosto che alla musica che sta suonando; in un’intervista alcuni anni dopo descrisse quel periodo così: “Andarcene in giro, suonare vecchi pezzi e mangiare schifezze e donut nei bar, avventure on the road e flirtare con le ragazze. Sì, è stato divertente per un po’, forse è stata la prima volta che ho avuto un gruppo di amici con cui andarmene a zonzo; ma ad un certo punto ero perseguitato da nerd dei fumetti e pseudo-giornalisti in cerca della notizia facile. Ci siamo divertiti e voglio ancora bene a quei ragazzi, ma forse la verità è che volevo tornare a concentrarmi sul disegno… e lo feci. In quegli anni il mio stile di disegno migliorò moltissimo e nel frattempo avevo iniziato a detestare la parte business del music business”.
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