La dimissione orientata: Progetto per l'integrazione e i diversi setting assistenziali territoriali

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Innovazione, Management Sanitario e Cultura per la Salute Quaderni per lo sviluppo delle relazioni tra i professionisti e nella comunità

LA DIMISSIONE ORIENTATA: PROGETTO PER L’INTEGRAZIONE TRA OSPEDALE E I DIVERSI SETTING ASSISTENZIALI TERRITORIALI

DANIELA DONETTI GIUSEPPE CIMARELLO a cura di GIANNI VICARIO E SIMONA GIACOMINI Trattazione della Comunità di Pratica numero 3

ANTONIO RIZZOTTO


DANIELA DONETTI GIUSEPPE CIMARELLO ANTONIO RIZZOTTO

LA DIMISSIONE ORIENTATA: PROGETTO PER L’INTEGRAZIONE TRA OSPEDALE E I DIVERSI ­SETTING ASSISTENZIALI TERRITORIALI

Trattazione della Comunità di Pratica numero 3


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UNA COLLANA DI QUADERNI DEDICATA AI PROFESSIONISTI DELLA SANITÀ con il patrocinio della ASL di Viterbo Curatori dell’opera Gianni Vicario e Simona Giacomini

DANIELA DONETTI GIUSEPPE CIMARELLO ANTONIO RIZZOTTO COMUNITÀ DI PRATICA N. 3

ALTRI AUTORI

Marco Cuboni

Simona Di Giovanni

Lorenzina Fiocchetti

Anna Federici

Alexandra Marenghi

Simona Giacomini

Giovanni Siena

Elettra Lazzaroni

Flavia Verginelli

Aristide Pellegrini

Piera De Iorio

Francesco Saverio Emmanuele Profiti

Anna Maria Cassano

Antonella Proietti

Sergio Cavasino

Nicoletta Salvatori

Michele Fiore

Renzo Scolastici Gianni Vicario Massimo Volpe

Si ringrazia per la collaborazione ■■ ■■

l’Area della Comunicazione la Community lab “La casa come primo luogo di cura” in particolare Cittadinanzattiva, AISM, Fondazione oltre noi, AMAN, AIL, AUSER , ACLI

Per l’immagine di copertina si ringrazia (Thanks for the cover image) Foto di Arek Socha da Pixabay

Volumi pubblicati: 1. IL PIANO TERRITORIALE: LA CASA COME PRIMO LUOGO DI CURA 2. MODELLO ORGANIZZATIVO DEL PERCORSO CHIRURGICO: DALLA CHIRURGIA D’URGENZA A QUELLA DI PROSSIMITÀ, IL CENTRO RESCUE SURGERY E LE EQUIPE ITINERANTI



SOMMARIO Prefazione vii Introduzione 1 1.

Analisi del contesto

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2.

uardare le cose da un altro punto di vista: la G Community lab “La casa come primo luogo di cura”

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3.

Il modello “dimissione orientata”

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4.

Gestire le dimissioni “difficili”

25

5.

Garantire la continuità delle cure nella dimissione “semplice”

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6.

Gli interventi intermedi a supporto del processo

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7.

’ “evento” ricovero nel PRogetto Individuale di Salute: il L diagramma di flusso e gli indicatori di processo e esito

37

8.

Ecosistema digitale e sistemi di monitoraggio

41

9.

onitoraggio delle attività: sintesi dei primi risultati M (attività febbraio/maggio 2022)

49

Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

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I. Professionisti e pazienti in cammino: ­riflessioni ­preliminari lungo un percorso per il cambiamento

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II. La metodologia adottata

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III. L’accertamento Infermieristico

71

10.

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SOMMARIO

IV. Ruolo del servizio sociale nel progetto delle dimissioni orientate

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V. I l ruolo dell’Unità Valutativa Integrata Ospedale Territorio nella Dimissione Orientata

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VI. IL PERCORSO RIABILITATIVO

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VII. Percorso Integrato Ospedale Territorio Terapia del Dolore

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VIII. Centro di nutrizione clinica e accessi vascolari

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Conclusioni

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Bibliografia

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Prefazione

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a fase di transizione da ospedale a domicilio, a seguito di un evento acuto o di una riacutizzazione di una patologia cronica, è di frequente caratterizzata da un livello di complessità clinico assistenziale elevato che presuppone risposte organizzate e flessibili da parte dei sistemi sanitario e sociale. Il sottile crinale sul quale si sviluppa il processo di dimissione dall’ospedale, sia per la dimensione legata ai tempi di risoluzione dei problemi organizzativo assistenziali relativi all’attivazione dei servizi territoriali più appropriati, che per quelle inerenti le condizioni cliniche, psicologiche e sociali del paziente e le caratteristiche del suo contesto familiare, rappresenta un momento critico che può ripercuotersi negativamente sulla condizione di salute della persona. E’ in questo ristretto spazio temporale e organizzativo che si può sviluppare la vera integrazione tra l’ambito ospedaliero, territoriale e sociale. I principali attori, oltra la paziente stesso e alla sua famiglia, sono i professionisti, gli strumenti (percorsi clinico assistenziali, sistemi integrati di gestione dei dati clinici e assistenziali) e le funzioni aziendali dedicate (centrali operative, Unit, servizi di cure intermedie, Telemedicina e teleassistenza). Il Decreto ministeriale del 23 maggio 2022, n. 77 “Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale” ha introdotti elementi di rilievo e importanti oggetti organizzativi che, in coerenza con quanto previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono volti al potenziamento dei servizi territoriali. Ci si riferisce all’approccio proattivo mediante stratificazione della popolazione a rischio, ai Progetti Individuali di Salute, alle Case della Comunità, Ospedali di Comunità, Unità di Continuità Assistenziale, al domicilio come primo luogo di cura, ai servizi di telemedicina e teleassistenza. Occorre però, a fronte dell’introduzione di modelli organizzativi innovativi e della disponibilità di risorse per attuarli concretamente, porsi dei quesiti: sono chiare e definite le modalità di funzionamento del sistema nel suo

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Prefazione

complesso? Si è valutato il reale e concreto impatto di questi nuovi oggetti sia nella loro singola funzione che nell’insieme del sistema? La sperimentazione sulle “Dimissioni orientate” condotta dall’ASL di Viterbo, il cui modello e risultati sono oggetto descritti in questo Quaderno, rappresenta una prima, tempestiva risposta ai quesiti sopra riportati. L’interconnessione realizzata nell’ASL di Viterbo tra il sistema delle Centrali operative, i servizi territoriali, le Unità di Continuità Assistenziali, l’ospedale per acuti, anche grazie all’utilizzo di strumenti digitali avanzati, nonché l’introduzione di diversi momenti valutativi (accertamento infermieristico all’ingresso in ospedale, approfondimenti valutativi in corso di ricovero, valutazione multidimensionale e ricerca della soluzione assistenziale più appropriata ancor prima della dimissione), coniugata con il potenziale utilizzo, all’interno di questa filiera, dei nuovi servizi di cure intermedie (Case della Comunità, Ospedali di Comunità), fornisce un prezioso elemento per riflettere sulle tecniche di funzionamento di questo approccio grazie ai risultati fino ad ora conseguiti. Rappresenta anche un possibile modello di riferimento, che AGENAS segue con interesse, come tutte le iniziative che possono essere potenzialmente replicabili in altre realtà e contesti territoriali.

Daniela Donetti


Introduzione

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l Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, così come il Decreto del 23 maggio 2022, n. 77 “Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale”, hanno il merito di aver ulteriormente promosso il “processo di evoluzione culturale in sanità”, espresso come necessità sia da parte dei professionisti che dalla società. I principi su cui questo cambiamento culturale si fonda sono quelli di cui si dibatte ormai da anni: prossimità, proattività, integrazione e partecipazione ai processi di cura. Il costante invecchiamento della popolazione, la recente pandemia, l’emergenza sociale che vede nuove povertà e solitudini, i conflitti in corso, le continue sfide portate dalla globalizzazione e dal cambiamento climatico hanno contribuito ad accelerare questo processo, trasformandolo da modello puramente teorico ad una vera presa di coscienza della politica sanitaria. In particolare la pandemia ha obbligato il Servizio sanitario a trovare soluzioni organizzative flessibili, integrate, con un forte coordinamento centrale e supportate da un avanzato sistema digitale, concentrando gli interventi assistenziali quanto più possibile al domicilio della persona. Individuare la casa come primo luogo di cura è possibile programmando interventi personalizzati erogabili in sicurezza al domicilio. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo e organizzare una risposta efficiente in tal senso a volte non è sufficiente il tempo limitato di un evento ospedaliero, da qui la necessita di disporre di soluzioni intermedie che consentano di non escludere a priori il rientro a domicilio, ma offrano una dilazione di tempo per cercare soluzioni adeguate e dare alla persona la possibilità di riacquistare una maggior autonomia. In particolare gli Ospedali di Comunità forniranno un contributo rilevante offrendo la possibilità di lavorare sulla ripresa delle autonomie e sulla capacità di autocura e caregiving mentre si riorganizza la risposta territoriale e si prepara il domicilio per accogliere la persona che ha nuove esigenze di vita. 1


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Introduzione

Le Case di Comunità favoriranno la permanenza al domicilio grazie ad un’assistenza proattiva, un mirato utilizzo dei sistemi di e-health e una forte spinta all’autocura. Anche le Unità speciali di Continuità Assistenziale (UCA) possono supportare il processo con interventi intermedi in attesa che si organizzi la risposta assistenziale definitiva o per limitare le ospedalizzazioni nei pazienti cronici e fragili. Il progetto “dimissione orientata” messo in campo dalla ASL di Viterbo nasce proprio per integrare questa parentesi ospedaliera all’interno del PRogetto Individuale di Salute (PRIS); in questo disegno le Centrali Operative Territoriali rappresentano lo snodo operativo nelle fasi di transizione del setting di cura, coinvolgendo nel processo anche gli enti locali, il terzo settore e il sistema degli accreditati. Al centro del percorso l’intercettazione di tutti i bisogni espressi dalla persona al momento dell’accesso nella struttura sanitaria e non solo del problema salute che ha portato al ricovero, con una presa in carico proattiva, che intercetta le condizioni che potenzialmente posso causare una prolungata ospedalizzazione. Protagonisti importanti di questo progetto le professioni sanitarie, con l’infermiere che delinea le fasi di avvio del percorso grazie ad un processo di valutazione che consente di attivare in sequenza una serie passaggi successivi, che contribuiscono, fin dall’ingresso in reparto, a pianificare le azioni da porre in essere alla dimissione. Questo sarà possibile anche grazie alla digitalizzazione di tutto il processo che consentirà un rapido passaggio di informazioni da un setting assistenziale all’altro e consentirà ai professionisti di “vedere” le azioni di cura rivolte alla persona come un unico episodio longitudinale protratto nel tempo. Un confronto continuo lungo questo asse temporale che coinvolge una pluralità di soggetti, il malato, la famiglia, i professionisti del servizio sanitario, gli enti locali, il terzo settore e le associazioni di malati, soggetti che hanno il compito di trasformare in azione concrete quei principi sopra enunciati, realizzando una rete di rapporti interprofessionali che si coordina attraverso il raccordo con le centrali operative per mezzo di strumenti informativi digitali. Con un ruolo cruciale affidato all’autocura: insegnare al paziente o al suo caregiver come gestire alcune problematiche, addestrarlo all’utilizzo di device, renderlo digitalmente competente è un elemento imprescindibile per intervenire in maniera precoce sulle complicanze ed evitare la non aderenza al percorso di cura e le conseguenti re–ammissioni precoci in ospedale.


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Analisi del contesto

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econdo il Rapporto State of Health in the EU Italia Profilo della Sanità 2021 (OCSE e Osservatorio europeo sui sistemi e le politiche sanitarie) l’aspettativa di vita in Italia è tra le più alte in Europa, ma nel 2020 si è abbassata, almeno temporaneamente, a causa dei decessi dovuti al COVID 19. Il nostro sistema sanitario, benché garantisca generalmente un buon accesso a prestazioni sanitarie di elevata qualità, ha mostrato, durante la pandemia, importanti debolezze strutturali. Ma l’esperienza di contro ha anche stimolato la diffusione di pratiche innovative, come ad esempio la nascita delle Unità speciali di continuità assistenziale, il cui potenziamento, sempre secondo il rapporto, permetterebbe di costruire un sistema sanitario più resiliente. TABELLA 1.

Punti salienti tratti da State of Health in the EU, Italia Profilo della Sanità 2021 L’Italia è stata tra i paesi dell’UE più duramente colpiti dal COVID-19 in termini di mortalità, in particolare durante la prima ondata ■■ Sebbene siano meno pronunciate rispetto alla maggior parte degli altri paesi

dell’UE, in Italia le disuguaglianze nell’aspettativa di vita legate alla situazione socioeconomica restano notevoli ■■ Nel 2019 circa tre quarti (73 %) degli adulti italiani hanno riferito di essere in buona salute, una percentuale leggermente superiore alla media UE (69 %). Tuttavia, secondo EU-SILC, un adulto italiano su sei (16 %) ha riferito di essere affetto da almeno una patologia cronica, e tale percentuale aumenta con l’età (il 37 % delle persone dai 65 anni in su soffre di una o più patologie croniche). ■■ L’Italia ha un numero di posti letto ospedalieri relativamente limitato a fronte di una durata media della degenza più lunga

C’è un consenso unanime da parte del mondo scientifico sul fatto che ogni accesso ai servizi sanitari da parte del cittadino costituisce il momento chiave 3


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Analisi del contesto

in cui i professionisti devono trovare un filo conduttore comune per coordinare l’intero processo che va dalle azioni di prevenzione alla fase clinico assistenziale vera e propria fino ad arrivare alla gestione del percorso di fine vita. Questo garantendo un’assistenza che risponda a criteri di appropriatezza, efficienza ed equità, in modo da assicurare servizi per offrire al singolo paziente la cura più idonea in relazione ai bisogni e alle risorse espresse dal contesto, mantenendo la continuità del percorso anche nelle fasi di transizione da un setting di cura all’altro. Tra le fasi di transitional care il momento dell’ospedalizzazione rappresenta sicuramente una delle fasi più delicate, fin dall’accesso nei PS. Il costante invecchiamento della popolazione ha determinato l’incremento del numero di ricoveri ospedalieri di pazienti complessi, che necessitano sia di un approccio multidisciplinare sia di un coordinamento con i servizi territoriali sociosanitari. Questo andamento demografico è stato accompagnato da una riduzione del numero di posti letto, causando, sulle organizzazioni sanitarie e sugli stessi operatori sanitari, una crescente pressione finalizzata alla riduzione della durata della degenza media ed a cascata il fenomeno del sovraffollamento in PS, definito come “overcrowding o crowding”, fenomeno oramai diffuso in ogni parte del mondo e in costante e progressivo aumento accompagnato da un altro problema che è quello del “boarding”. Mentre sul territorio questo ha determinato un aumento della richiesta a fronte di un’offerta costante che fatica ad adeguarsi alle variazioni del nuovo contesto epidemiologico. Si stima infatti che il 20% degli accessi in Pronto Soccorso sia non urgente e quindi potenzialmente evitabile. La distribuzione dei codici triage prevalentemente verdi e bianchi (4 e 5), la netta predominanza degli accessi spontanei (oltre il 70%), il tipo di esito dell’accesso che si risolve, in più di due terzi dei casi, nella dimissione verso il domicilio, così come la distribuzione degli accessi nel tempo (giorni della settimana e fasce orarie) suggeriscono che l’utilizzo del PS sia spesso surrettizio ad altri setting. Complessivamente l’analisi dei dati conferma che nella popolazione persiste la convinzione errata di trovare comunque una risposta presso l’ospedale, setting che è vissuto come il luogo di inizio dei percorsi diagnostico-terapeutici ‘soggettivamente’ ritenuti urgenti mentre il territorio è ritenuto la sede per il proseguimento del percorso ed il follow-up. Sappiamo inoltre che l’età avanzata si correla con percentuali più alte di fragilità e multimorbilità, basti pensare che il 25% degli accessi in Pronto Soccorso interessa la popolazione over 75 anni. L’ospedale non rappresenta l’ambiente ideale per un paziente con caratteristiche quali presenza di pluripatologie, perdita di autonomia e deterioramento cognitivo, a cui possono associarsi solitudine e fattori socio-ambientali sfavorenti che determinano uno stato di fragilità, che trasforma il ricovero nell’elemento scatenante di un complesso


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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di problematiche di difficile gestione e risoluzione, nonché, spesso, accelera il decadimento della persona rendendo difficile, se non impossibile, il rientro a domicilio, in alcuni causandone il decesso. TABELLA 2. Caratteristiche della popolazione over 65 Il 50% dei soggetti con età superiore ai 65 anni presenta morbilità croniche multiple di questi: ■■ almeno il 40% ha conseguenti problemi di mobilità o difficoltà nello svolgimen-

to delle attività della vita quotidiana ■■ la sottopopolazione fragile definita nella classe di rischio 4 e 5, ossia quella con

rischio di mortalità a 5 anni, risulta essere superiore al 50% (Fonte Mistral DEP Lazio). I malati con patologie croniche sono a più alto rischio di ricoveri ripetuti e di riammissioni prevenibili, tra le diagnosi maggiormente gravate da elevata probabilità di complicazioni post-dimissione sono: ■■ scompenso cardiaco ■■ diabete ■■ broncopneumopatia cronica ostruttiva ■■ soggetti anziani con deficit cognitivi

Anche una debolezza nel contesto sociale/abitativo della persona può incidere sulla frequenza di utilizzo dei servizi sanitari, in particolare del PS. Molti dei pazienti che presentano complicazioni precoci post-ospedaliere hanno avuto ricoveri multipli nel corso di un anno.

Il percorso del paziente all’interno del sistema sanitario si suddivide in tre fasi: Input - Accesso dei pazienti al pronto soccorso o direttamente nelle UUOO, può essere autonomo, con servizio 118, con ambulanze private, o accompagnato dalle Forze dell’Ordine; Throughput – Fase di ricovero con la valutazione diagnostica, il trattamento e l’osservazione; Output - Esito delle attività e l’uscita dalla struttura che può risolversi con l’indipendenza del paziente o con la presa in carico da altro setting assistenziale

Un’accurata gestione delle tre fasi con una attenta valutazione dei rischi e una pianificazione del percorso in osservanza anche della continuità assistenziale


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Analisi del contesto

garantisce la possibilità di dimettere i pazienti dall’ospedale al momento opportuno evitando possibili complicanze e ricadute e organizzando in tempi utili la fornitura di altri servizi. La “misura” di questo processo si basa sul verificare come si integrano l’esperienza del paziente, l’erogazione dei servizi e i processi attivati. In realtà quindi parliamo di tre fasi distinte ma fortemente connesse, la gestione efficiente dell’una o dell’altra incide fortemente sull’esito dell’intero percorso di ricovero e dimissione. È vero altresì che le dimissioni nei reparti vengono spesso ritardate per diversi motivi, dai più banali, il ritardo nell’espletamento della visita medica e l’impossibilità dei famigliari di ottemperare alla presa in carico della persona dimessa nell’orario previsto, ai più complessi, quali i ritardi nella presa in carico a livello territoriale delle persone che non possono tornare al loro domicilio senza l’attivazione di servizi di presa in carico o l’acquisizione di presidi (bed blocker). La stessa dimissione da PS, qualora i fattori che hanno determinato l’accesso risultino non necessitare di ricovero, può risultare difficoltosa in caso di soggetti appartenenti alle categorie fragili (specialmente in caso di fragilità sociale). TABELLA 3. Esiti della dimissione ritardata La letteratura riporta come da un quarto alla metà dei pazienti ricoverati in area critica, pur essendo clinicamente pronti, sono dimessi in ritardo, di questi, circa il 20% è trattenuto in ospedale per ritardo nella procedura di dimissione, di questi oltre la metà per indisponibilità di posto letto in post acuzie. I pazienti che subiscono una dimissione ritardata corrono un rischio maggiore di declino funzionale accelerato, di isolamento sociale e perdita di indipendenza, mortalità e complicazioni in corso di ricovero.

Altresì una dimissione prematura, effettuata cioè prima che il paziente sia clinicamente pronto o prima che il suo percorso post-ospedaliero sia delineato e organizzato, è causa di una quota rilevante dei pazienti riammessi precocemente in ospedale e non rappresenta una soluzione percorribile per risolvere il problema del sovraffollamento. Nella Position paper ANMCO “Gestione della dimissione ospedaliera” (Mauro Mennuni et al. 2016) vengono esaminate a fondo le cause della dimissione ritardata e della riammissione precoce evitabile, si può vedere un estratto nella Tabella 4 a pagina seguente. In ogni caso si osserva come una mancanza di proattività nella presa in carico del soggetto fragile fin dall’accesso alla struttura ospedaliera si associa spesso ad outcomes clinici negativi, così come la mancanza di un processo di coaching nell’autocura si associa spesso al fenomeno


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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TABELLA 4. Possibili cause di dimissione ritardata e di riammisione precoce evitabile Possibili cause di dimissione ritardata ■■ Mancata valutazione precoce, con conseguente mancata/insufficiente pianifica-

zione della dimissione. ■■ Inattenzione ai bisogni particolari di gruppi vulnerabili, quali anziani fragili,

deficit cognitivi, disabilità, e frequent user. ■■ Inadeguato preavviso della dimissione e mancato coinvolgimento dei pazienti,

dei familiari e degli accompagnatori, in particolare poca attenzione nella fase di dimissione alla capacità di autocura del malatto/caregiver. ■■ Scarsa comunicazione/coordinamento tra ospedale e servizi post-ospedalieri

(mancanza di percorsi dedicati e di strumenti di comunicazione tra professioni sanitarie). ■■ Ritardo nella presa in carico territoriale per ❏❏ mancanza di familiari idonei ad accudire una persona non più

­autosufficiente ❏❏ resistenze dei familiari a riprendere a casa il congiunto per motivi di

­carattere organizzativo o economico ❏❏ necessità di affiancare alla famiglia idonei servizi infermieristici e/o sociali ❏❏ necessità di fornire e gestire particolari presidi a domicilio ❏❏ necessità di reperire un’idonea sistemazione extrafamiliare, temporanea o

definitiva, qualora il rientro al domicilio non è percorribile ❏❏ altre situazioni problematiche di natura non clinica (stato di abbandono,

povertà, extra- comunitari sprovvisti di permesso di soggiorno, ecc.) ❏❏ eventuale presenza di barriere architettoniche del domicilio

Possibili cause di riammissione precoce evitabile ■■ Dimissione prematura. ■■ Mancata revisione terapeutica. ■■ Inadeguata gestione della terapia. ■■ Inadeguata pianificazione del trasferimento d’assistenza. ■■ Ritardato o assente follow-up. ■■ Mancato insegnamento dei segnali d’allarme della patologia. ■■ Mancata programmazione di test/trattamenti in follow-up. ■■ Mancata/insufficiente comunicazione tra personale sanitario e familiari/accom-

pagnatori. ■■ Mancata/insufficiente comunicazione tra ospedale e servizi territoriali.


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Analisi del contesto

della riammissione precoce evitabile, andando ad alimentare il problema del sovraffollamento nei P.S.. Questo rende fondamentale fare una profonda riflessione ed investire non solo sull’ottimizzazione dei posti letto con modelli flessibili di organizzazione ospedaliera ma lavorare su un modello di dimissione pianificata e condivisa con il territorio.


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Guardare le cose da un altro punto di vista: la Community lab “La casa come primo luogo di cura”

S

econdo XXIV Rapporto PiT Salute di Cittadinanzattiva nel 2021 l’oggetto delle principali segnalazioni da parte dei cittadini hanno riguardato: l’accesso alle prestazioni (23,8%), la prevenzione (19,7%), l’assistenza territoriale (17,4%), l’assistenza ospedaliera e mobilità sanitaria (11,4%) e al quinto la voce altro (9,8%) che comprende la somma di differenti segnalazioni (accesso alle informazioni e alla documentazione, prestazioni assistenziali, agevolazioni/lavoro) non raggruppabili in un’unica categoria. Per quanto riguarda il quarto punto (assistenza ospedaliera e mobilità sanitaria) oltre la metà delle segnalazioni si riferiscono emergenza e Pronto Soccorso (74,7%%), dimissioni (9%) e ricoveri (8, %). Si tratta dei momenti in cui i cittadini si confrontano con l’organizzazione dei servizi quali, in primis, la gestione delle urgenze e poi con la vera e propria presa in carico a livello ospedaliero fino al momento della dimissione ed il rientro al domicilio. In particolare dal rapporto emerge come quello della dimissione diventi un passaggio delicato per i seguenti motivi: “mancanza/assenza di un iter strutturato di presa in carico del paziente, delle sue complessità cliniche e anche sociali che rende frammentato un percorso che dovrebbe invece seguire una sequenza lineare di procedure, luoghi, competenze che intervengono nei diversi momenti di cura e in contesti differenti quali il domicilio, la casa della salute, il poliambulatorio territoriale...”. Leggendo questo contributo che Cittadinanzattiva ha voluto dare al nostro lavoro ci siamo interrogati su come il percorso intrapreso dai nostri professionisti potesse beneficiare del contributo delle associazioni a tutela dei malati in uno scambio sinergico di idee e azioni. Nel tempo ci siamo resi conto come spesso, nonostante l’impegno profuso nel comunicare l’azienda, esiste ancora troppa distanza tra i cittadini e il servizio sanitario. 9


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Guardare le cose da un altro punto di vista

TABELLA 5. Il parere di Cittadinanzattiva Le dimissioni ospedaliere e i percorsi di cura: una sfida culturale prima che organizzativa. A causa di una carenza di percorsi ben strutturati, al momento della dimissione dalla struttura ospedaliera, il cittadino e i suoi familiari non hanno certezze circa i percorsi e i servizi disponibili sul territorio, mancano modalità uniformi di cura, assistenza e orientamento. Il più delle volte, non c’è una regia condivisa dei diversi momenti tra ospedale e territorio. Spesso se vi sono problematiche di carattere sociale che si associano a quelle di salute si paga lo scotto di avere o non avere servizi sociali adeguatamente sostenuti. Individuare dei percorsi di cura post ricovero significa mettere a terra, praticare e realizzare la cura migliore possibile per le persone. Tali percorsi non sono scontati perché significa aprire una stagione di collaborazione tra professionisti, tra luoghi e tra sensibilità anche molto diverse, ma è l’unica strada possibile per rispondere ai bisogni dei cittadini.

Anche l’AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla, ha dato un suo contributo che si riassume con quanto definito nella tabella. TABELLA 5.1. Il parere di AISM Il parere di AISM Progetto dimissioni orientate ASL Viterbo: le priorità delle persone con SM Per garantire la continuità dell’assistenza anche dopo la dimissione ospedaliera è essenziale che i pazienti trovino adeguato supporto e accompagnamento nell’accedere a un percorso assistenziale domiciliare che dovrà essere pianificato prima dell’uscita dal presidio ospedaliero e includere i servizi territoriali. Per questo è importante che la persona e rispettivo caregiver/familiare siano debitamente informati su tutti i passaggi per capire anche a chi rivolgersi quando necessario, così come pare fondamentale una comunicazione immediata tra gli attori della presa in carico ospedaliera con quelli sul territorio. Anche addestrare il caregiver, i familiari e la persona stessa anche nell’uso di tecnologie che possano favorire processi di telemedicina può facilitare la persona nel percorso di cura limitando gli spostamenti verso le strutture sanitarie.

Abbiamo bisogno di intermediari che possano avvicinare due mondi e due linguaggi diversi, persone che hanno messo la loro storia di malattia a disposizione degli altri per aiutarli a capire ed affrontare meglio un percorso difficile grazie


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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al supporto di chi ha avuto esperienze simili alle loro. Ma questa esperienza, questa storia, può aiutare anche i professionisti facilitandoli nella lettura dei bisogni espressi. Immaginiamo queste persone come amplificatori della voce dei malati, per eliminare il rumore e riuscire a isolare le questioni importanti. Da qui l’idea di creare una community lab per un’analisi partecipata sul tema “La casa come primo luogo di cura” ponendo particolare attenzione, in questa prima fase, al momento di transizione dal setting ospedaliero verso il domicilio. TABELLA 6. Community lab “La casa come primo luogo di cura” Cittadinanzattiva AISM Associazione Italiana Sclerosi Multipla Fondazione oltre noi AMAN Associazione per il Miglioramento e cura dell’Assistenza ai malati Neoplastici AIL Associazione Italiana contro le Leucemie-Linfoma e Mieloma ONLUS AUSER Associazione per l’invecchiamento attivo ACLI Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani

Il ricovero ospedaliero può rappresentare una parantesi più o meno breve nella vita del paziente, una parentesi che può chiudersi in dimissione o che può invece rimanere aperta dando seguito a problemi di carattere assistenziale, sanitario, economico e alloggiativo che vanno oltre all’episodio di cura gestito nella struttura di ricovero. In ogni caso il ricovero ospedaliero e la patologia che l’ha determinato, causano spesso nella persona uno stato di crisi, dettato dall’incertezza per il proprio futuro, dalla preoccupazione di dover affrontare una nuova vita condizionata da nuove esigenze e resa difficile da nuove limitazioni, paure che spesso generano dubbi inespressi e domande che non sempre trovano risposte. Partendo da questa considerazione abbiamo chiesto alla nostra community di aiutarci a capire il vissuto del malato al momento della dimissione e nel ritorno al proprio domicilio, ma soprattutto abbiamo chiesto se, secondo loro, la Casa come primo luogo di cura è possibile e come possiamo raggiungere questo obiettivo. Non abbiamo voluto consigli o pareri, ma piuttosto domande per verificare se il nostro modello contenesse le risposte giuste per risolvere i dubbi espressi dai malati e dai loro famigliari. La prima domanda su cui tutti i partecipanti hanno concordato è stata quella che risponde alla paura dell’abbandono una volta fuori dall’Ospedale: chi posso chiamare se ho necessità di un supporto dopo la dimissione? Domanda


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Guardare le cose da un altro punto di vista

che accomuna sia il malato che i suoi famigliari. La domanda torna anche in chiusura per rafforzare il concetto della necessità di avere un riferimento in caso di difficoltà lungo il percorso, che non necessariamente deve coincidere con la figura che ha seguito la persona in ospedale ma che possa seguire il suo percorso di follow up. La nostra agenda di dimissione (vedi capitolo 3) è strutturata in modo tale che la persona in dimissione avrà indicazioni sui contatti e le modalità con cui interfacciarsi con lo specialista che lo ha avuto in cura. Inoltre avrà già indicazioni sul percorso di follow up che potrà essere definito a con un controllo a distanza presso lo stesso reparto che lo ha visto ricoverato o in un setting territoriale il più possibile vicino al suo domicilio, anche in questo caso verranno fornite le indicazioni per il primo appuntamento ed i contatti del servizio di riferimento. Seguono domande sulla possibilità di formare la persona all’autocura e i suoi famigliari al caregiving, una parte importante dell’agenda di dimissione riguarderà proprio il piano di autocura, con una formazione ed un addestramento iniziato durante il ricovero e che potrà poi proseguire sul territorio, grazie all’infermiere di comunità. Uno dei requisiti fondamentali per definire il setting appropriato di dimissione della persona è proprio data dalla presenza di un caregiver competente qualora la persona stessa non sia in grado di gestire autonomamente la propria patologia e una delle azioni importanti che deve mettere in campo l’infermiere di comunità è proprio quella di rinforzo all’aderenza terapeutica. Il gruppo delle successive tre domande è inerente la perdita di autonomia con la conseguente ripresa della vita sociale e lavorativa: una delle ansie manifestata dalle persone è come rendere sicuro il domicilio, come fare per avere supporto negli spostamenti, in particolare per il rientro a lavoro, e come superare la fase più critica dall’adattamento alla nuova situazione. È ovvio che in casi di una perdita/riduzione delle autonomie verranno attivati quei meccanismi di tutela e protezione a cui collaborano i servizi sociosanitari della Asl, gli enti locali, il volontariato e l’associazionismo. In queste situazioni la valutazione dell’idoneità dell’ambiente di vita e del contesto sociale rientra di prassi nelle fasi valutative da porre in essere prima della dimissione, l’azione di miglioramento potrebbe essere quella di prevedere la presenza del tecnico della prevenzione nell’equipe delle UVI e delle UVMD a supporto del processo decisionale. A seguire un blocco di domande sulla relazione della persona con ­l’esterno: sarà debitamente informata sui servizi a disposizione sul territorio? La risposta è sì, l’agenda di dimissione nasce con l’intento di fornire alla persona, tra le altre cose tutte le informazioni necessarie per orientarsi nei servizi a disposizione, così come per indicare quali sono i suoi diritti di tutela e supporto.


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Il Medico curante sarà a conoscenza della situazione della persona? Lo scopo della lettera di dimissione è proprio quello di rendere noto al MMG la situazione clinica della persona, la stessa è stata integrata con la parte dedicata alle professioni sanitarie, quindi parliamo di una lettera di dimissione integrata medico, infermiere, fisioterapista e assistente sociale, in questo modo le informazioni per il curante saranno esaustive e complete. La stessa lettera di dimissione sarà di supporto anche ad altri attori che si faranno carico della persona in ambito domiciliare o ambulatoriale. Il passo futuro prevedere l’estensione del modello anche all’area di psicologia. Inoltre tra le azioni future in programma è prevista l’interoperabilità delle piattaforme informatizzate, cartella ospedaliera e cartella del MMG affinchè il medico possa avere conoscenza di tali informazioni in real time. Abbiamo lasciato per ultimo la domanda che riguarda proprio le associazioni: la persona in dimissione viene informata sulla presenza delle associazioni che possono supportarla? Questo fino ad oggi era una informativa lasciata alla discrezionalità dei professionisti. In alcuni ambiti la relazione tra associazione e servizi di cura è più sviluppata che in altri, per uniformare questa buona pratica, è nostra intenzione inserire nell’agenda di dimissione anche una scheda informativa sulle realtà presenti sul territorio che possono aiutare la persona malata ad affrontare il percorso che lo aspetta una volta rientrato a domicilio.



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Il modello “dimissione orientata”

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’evidenza, partendo sia dai dati riportati in letteratura ma anche dal vissuto “raccontato” dei cittadini, suggerisce che la pianificazione della dimissione dovrebbe iniziare fin dal momento del ricovero, anzi in alcune situazioni (anziano fragile e/o con problematiche di natura sociale) già dall’accesso al PS (ad esempio grazie al codice anziano fragile e alla segnalazione dei così detti frequent user alla centrale operativa). Il cambiamento dello stato di un paziente durante la degenza deve fare riflettere sulla necessità di ridurre il più possibile il periodo di ricovero e cercare di favorire il rientro a domicilio dopo la fase acuta. Ma, come abbiamo già detto, la Casa come luogo di cura è possibile se vengono programmati e attivati interventi personalizzati, anche specialistici, erogabili in sicurezza ed in continuità assistenziale. Il coordinamento, la continuità della cura, con azioni volte all’orientamento e all’autocura devono essere partecipate dai cittadini; il malato e la sua famiglia devono essere informate e consapevoli del percorso di cura, sia della parte che si svolge all’interno dell’ospedale ma anche di quello che succederà una volta dimessi dalla struttura, e l’intero processo si potrà attuare solo con il consenso della persona malata. L’obiettivo finale è quello di ridurre il senso di abbandono e di impotenza sia del paziente che nel suo caregiver e consentendo di gestire l’ansia del nucleo famigliare legata all’uscita da un ambiente “sicuro” ospedaliero. Il progetto della Asl di Viterbo nasce quindi dal presupposto che la dimissione non deve essere vista come un evento separato dal contesto di vita della persona, ma come un evento che rientra a pieno titolo nel Progetto individuale di salute (PRIS) della stessa e come tale vede una stretta connessione con gli attori preposti alla presa in carico territoriale. L’approccio alla persona al momento del ricovero deve essere sistemico e tutte le azioni tarate sul concetto di base che fin dal primo contatto si lavorerà 15


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insieme per pianificare le fasi seguenti individuando tempestivamente il successivo setting di cura. Inoltre avere più informazioni sulla malattia e sui servizi disponibili sul territorio aumenta la soddisfazione, riduce il senso di abbandono e di impotenza sia nel paziente che nei suoi famigliari. Fondamentale il coinvolgimento del medico curante che è comunque sempre il primo responsabile della salute del proprio assistito. TABELLA 7. Elementi chiave per una corretta dimissione La dimissione è frutto di un processo che deve essere pianificato subito dopo l’ingresso, con il contributo del malato e del caregiver. Prevede un approccio sistemico che inizia con il processo di valutazione che coinvolge nelle diverse fasi un team multidisciplinare integrato ospedale/territorio. A garanzia del continuum di cure è necessario prevede e programma il passaggio di informazioni e servizi per l’assistenza post-dimissione e utilizzare in modo appropriato i servizi di cura intermedi. A tal fine è opportuno che ci sia un coordinamento dell’intero processo affidato alle Centrali Operative Territoriali. Obiettivi ■■ ottimizzare i percorsi assistenziali al fine di assicurare la continuità dell’assisten-

za e la continuità terapeutica; ■■ ridurre l’ansia legata all’uscita da un ambiente “sicuro” condividendo uno sche-

ma comunicativo per promuovere le azioni di autocura e fornire riferimenti utili per la convalescenza, il follow up, nonché fornire una guida utile all’orientamento all’interno del servizio sanitario ■■ definire un set di informazioni cliniche ed assistenziali tra “chi invia e chi accog-

lie” il paziente ■■ coinvolgere gli stakeholders nel percorso

3.1 LE FASI E GLI OGGETTI DEL PROCESSO A. Fase di accettazione Questa è la fase di valutazione iniziale, da attuarsi entro le 48 ore dal ricovero, necessaria sia per individuare il rischio di dimissione difficile sia per intercettare bisogni semplici anche di natura non strettamente sanitaria. Offre inoltre delle indicazioni per poter orientare la dimissione e fornire supporto anche nei pazienti non considerati a rischio.


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Per evitare che i dati raccolti, utili ai fini della pianificazione della dimissione, siano influenzati da elementi soggettivi legati all’esperienza ed alla competenza di ogni professionista, con conseguente scarsa efficienza organizzativa, è bene ricorrere all’utilizzo di strumenti validati e indici assistenziali condivisi. In ogni ricovero in elezione è routinariamente opportuno identificare prima dell’ingresso i possibili bisogni del paziente, alla dimissione attuando già in questa fase una pianificazione che garantisca una ridotta permanenza in ospedale. Lo strumento che consente questa prima valutazione e dà il via al processo di pianificazione della dimissione è rappresentato dalla Scheda di accertamento infermieristico. La versione dello strumento di accertamento nella Asl di Viterbo è costruito secondo i modelli funzionali definiti da Marjory Gordon (Gordon M, 1985; 1990; 2009), seguendo la traccia fornita dalla Gordon stessa. Va compilata al momento del ricovero o comunque non oltre le 48 ore, tramite un’intervista fatta alla persona malata e/o al suo caregiver, integrata con l’osservazione e la rilevazione di segni e sintomi da parte dell’infermiere. Sulla base degli score negativi rilevati nei vari domini indagati, (secondo i modelli funzionali definiti da Marjory Gordon) si procederà con l’attuazione di una sequenza di azioni predefinite: ad ogni disfunzione rilevata, o all’associazione di queste con dati anagrafici e sociali, corrisponderà una successiva valutazione/azione (nel rispetto di timing concordati): ■■

somministrazione di ulteriori scale di valutazione, (Indice di BRASS, Scala di Braden, Scala di Conley, Malnutrition Screening Tool, VAS) per approfondire alcune aree considerate a rischio

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attivazione di consulenze, quali quella del dietista, del fisioterapista o dell’algologo, consulenze che possono anche esulare dal contesto di acuzie specifica per cui la persona è stata ricoverata ma che possono intercettare e prevenire situazioni di rischio che incidono anche sulla qualità dell’assistenza (malnutrizione nell’anziano, disturbi del metabolismo in soggetti a rischio, dolore cronico e disturbi del sonno, rischio di sindrome da allettamento).

In questo caso si effettuerà una consulenza impostando sia il piano di trattamento precoce, da attuarsi durante il ricovero, ma anche quello per la prosecuzione delle attività alla dimissione. Si ricorda che l’età avanzata, la polifarmacoterapia e la “solitudine” sono di per sé da considerarsi fattori di rischio.


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TABELLA 8. I rischi nell’anziano ospedalizzato Gli anziani subiscono alterazioni fisiologiche tipiche del processo di invecchiamento che li rendono più suscettibili agli eventi avversi durante il ricovero, che possono comportare una serie di complicanze estranee alla causa iniziale del ricovero. Queste complicanze possono portare ad una maggiore durata della degenza ospedaliera, al declino funzionale e ad una maggiore mortalità. Inoltre, un anziano su tre ospedalizzato perde la capacità di svolgere le attività della vita quotidiana (ADL) e almeno il 20% sviluppa delirio durante il ricovero. Anche così, l’evidenza suggerisce che gli operatori sanitari hanno bassi livelli di consapevolezza riguardo ai rischi di ricovero in questa popolazione. L’identificazione precoce degli individui a maggior rischio di complicanze ed esiti sfavorevoli consentirebbe un piano di trattamento più adeguato e una migliore allocazione delle risorse a disposizione del team multidisciplinare]. Inoltre, mentre è possibile ottenere una maggiore efficienza nei trattamenti proposti, i pazienti e le famiglie possono essere meglio preparati per le difficoltà successive alla dimissione dall’ospedale. A tal fine, può essere utile una valutazione sistematica al momento del ricovero in ospedale in particolare degli aspetti cognitivi, funzionali, sociali e nutrizionali, nonché la storia di cadute e il rischio di sviluppare lesioni da decubito che sono indici predittivi di ricoveri più lunghi.

B. Percorsi di preparazione alla dimissione Dopo la valutazione iniziale, il piano di dimissione definisce gli obiettivi da raggiungere, concordandoli con il paziente e i suoi familiari. La corretta programmazione deve garantire che il paziente sia dimesso al tempo appropriato rispetto alla propria situazione clinica e che, con idoneo preavviso, sia organizzata l’erogazione dei servizi post-ricovero necessari, garantendo una rapida, sicura e agevole transizione dall’ospedale ad altro ambiente di assistenza, anche attivando, se necessario degli interventi ponte. Le aree da attenzionare in questa fase sono: ■■

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La continuità assistenziale (prenotazione di visite di controllo sia presso il servizio di dimissione che verso altri centri, l’ingresso nelle reti e nei percorsi attivi per le cronicità, l’invio a centri di riferimento regionale in caso di diagnosi di malattie rare, l’invio ai punti di assistenza infermieristica. La continuità terapeutica che prevede la consegna dei farmaci per un ciclo di terapia, la stesura del piano terapeutico e il rilascio dell’esenzione, nonché la preparazione di un foglio informativo su modalità di assunzione e avvertenze sui farmaci assunti.


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Il piano nutrizionale e/o il piano di trattamento del dolore (definiti dal team di esperti attivato in seguito allo screening ed alla successiva consulenza) Nel piano va definito anche il successivo controllo presso l’ambulatorio dedicato, a domicilio o in televisita. L’attivazione dei percorsi per la dimissione concordate in seguito allo screening per la dimissione difficile (vedi paragrafo successivo) Il piano per il mantenimento/recupero nelle aree di autonomia (attività di vita) e il piano di autocura nella fase di convalescenza o di gestione della malattia cronica (anche con l’ausilio di applicativi per l’automonitoraggio/ telemonitoraggio e la programmazione di sedute di educazione terapeutica e comportamentale presso gli ambulatori infermieristici o i centri per la cronicità) La scheda di dimissione integrata: medica, infermieristica, sociale e riabilitativa. La dimissione infermieristica e riabilitativa di fatto risponde al penultimo punto e racchiude tutte le indicazioni volte alla prevenzione e all’autocura in particolare sulle attività di vita individuate a rischio (mobilità, eliminazione, fattori di rischio, igiene, gestione e cura di eventuali presidi). La dimissione è integrata perché comunque tutte le azioni saranno frutto di un’azione concordata tra professionisti.

C. Orientamento e servizi all’utenza in entrata e in uscita All’ingresso la persona e i suoi famigliari dovranno ricevere tutte le informazioni sul funzionamento del reparto presso il quale sono ricoverati (sistema di chiamata, orario visite e colloqui, orario dei pasti, regolamento per l’assistenza h24). Alla dimissione il paziente e i famigliari dovranno ricevere tutte le informazioni utili al fine di orientarsi nel sistema sanitario sia per atti amministrativi che per bisogni sanitari o sociali, considerando anche le situazioni che potrebbero verificarsi in seguito all’evoluzione della malattia. Il malato dovrà essere aggiornato sui suoi diritti e sull’offerta disponibile così come dovrà sapere chi e come contattare in caso di necessità (ovviamente specificando la necessità di cui trattasi).

D. La dimissione Il medico responsabile identifica il paziente eleggibile e stabilisce gli opportuni criteri di dimissione almeno 48-24 h prima della data stabilita, il team medico valuta clinicamente il paziente e prepara la lettera di dimissione.


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Il membro dello staff infermieristico competente monitorizza e documenta che siano soddisfatti i criteri clinici e organizzativi stabiliti per la dimissione, organizza la documentazione (Agenda di dimissione, vedi paragrafo successivo). TABELLA 9. Nurse check-list predimissione. 1. Contatta i familiari per confermare la data e l’ora di dimissione. 2. Stabilisce gli accordi per il trasporto del paziente per i casi di pertinenza 3. Conferma gli accordi per: ❏❏ il trasferimento presso altra struttura ❏❏ fornitura medica da fornire a domicilio (es. ossigeno terapeutico). ❏❏ assistenza domiciliare 4. Si accerta che la cartella clinica sia completa di tutti gli esami prescritti e dei referti correlati. 5. Si assicura che il paziente sia stato istruito in base alla sua patologia. 6. Si accerta che gli appuntamenti di follow-up siano stati fissati. 7. Si accerta della comprensione da parte del paziente/ familiare mediante la tecnica di “teach back” 8. Fornisce al paziente/familiari l’agenda di dimissione 9. Raccoglie la firma della persona o del caregiver sul foglio delle check list di dimissione. 10. Sigla e data lo stesso foglio e consegna l’originale al caregiver e conserva in cartella la copia.

E. L’agenda di dimissione È consigliabile realizzare le modalità di dimissione secondo un protocollo standardizzato, quale il discharge contract che noi chiameremo agenda di dimissione. La lettera di dimissione che rappresenta una forma di comunicazione unidirezionale e statica, non assolve completamente alla funzione di trasmissione delle informazioni, né in modo alcuno contempla la fase di educazione all’autocura e di orientamento ai servizi, inoltre spesso è troppo coincisa per gli aspetti terapeutici e per le azioni da attuare nella fase di convalescenza che spesso sono indicate oralmente ed in maniera veloce al momento della consegna del foglio di dimissione e danno poco tempo alla persona di elaborare domande e considerazioni. L’agenda di dimissione consente di condividere informazioni riguardanti la permanenza in ospedale e le azioni da attuare nelle fasi successive.


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Contempla quattro aree della comunicazione che corrispondono alle fasi e agli oggetti del processo: informazioni sensibili riguardanti la diagnosi, la prognosi e il trattamento ospedaliero e post-ospedaliero; ■■ informazioni relative al follow-up, dirette sia al paziente sia al caregiver, includendo gli aspetti pratici, i tempi, i farmaci, e la gestione dei fattori di rischio; ■■ informazioni che permettano al paziente di gestire la malattia o la fase di convalescenza e/o al famigliare di effettuare con sicurezza e con la necessaria abilità il ruolo di caregiver del paziente ■■ servizi di orientamento e contatti utili ■■

TABELLA 10. Composizione dell’agenda di dimissione Moduli precompilati Scheda 1. Informazioni per ottenere copia della cartella clinica Scheda 2. Informazioni per ottenere copia della certificazione di ricovero, degenza e dimissione Scheda 3. Informazioni per il riconoscimento dell’invalidità civile e legge 104/92 Scheda 4. Informazioni per il rilascio dell’esenzione per malattie croniche e per malattie rare Scheda 5. Informazioni per richiedere l’assistenza protesica Scheda 6. Informazioni per richiedere l’accesso in RSA Scheda 7. Informazioni sull’hospice Scheda 8. Informazioni per l’accesso ai servizi territoriali Scheda 9. Informazioni per richiedere l’assistenza domiciliare Scheda 10. Informazioni per accedere al Punto di assistenza infermieristica (PAINF) Scheda 11. Informazioni sulla gestione della stomia Scheda 12. Informazioni per accedere alla riabilitazione estensiva ambulatoriale Scheda 13. Rete ambulatoriale di Prossimità per la Terapia del Dolore e le Cure Palliative Scheda 14. Ufficio Relazione con il Pubblico (URP) Moduli personalizzati ■■ Scheda di dimissione integrata: medica, infermieristica, sociale e riabilitativa ■■ Piano di follow up ■■ Piano di terapia ■■ Piano nutrizionale e/o il piano di trattamento del dolore ■■ Piano di autocura e telemedicina


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Il modello “dimissione orientata”

Nell’agenda sarà presente una parte di modulistica precompilata, inerente informazioni di carattere generale che possono essere utili alla persona (orientamento), ed una parte di modulistica personalizzata (autocura e percorsi di continuità): il foglio dei trattamenti prescritti, dei farmaci (incluse le interazioni cibo/farmaco), il piano nutrizionale, il livello di attività e il piano di appuntamenti di follow-up e le schede con le azioni di autocura. Inoltre saranno presenti i moduli della dimissione integrata (medica, infermieristica e se necessaria riabilitativa e sociale) e i nominativi delle persone da contattare, comprensivi di numeri telefonici, in caso di urgenze o problemi, così come eventuali piani terapeutici e certificazioni di esenzione per patologia. Alla consegna dell’agenda l’infermiere selezionerà la parte di modulistica utile all’orientamento utile alla persona aggiungendo la parte di modulistica personalizzata compilata dagli attori del percorso andando così a comporre l’agenda di dimissione della persona. Fondamentale la verifica della comprensione delle informazioni trasmesse e la corretta composizione dell’agenda tramite una checklist che verrà firmata sia dal paziente/parente che dall’infermiere. Utile è anche disporre di materiale educativo illustrato, opuscoli o altro, che sono integrativi e non sostitutivi del colloquio con il paziente e che possono arricchire l’agenda di dimissione.

F. La verifica delle capacità di autocura e il problema dell’aderenza terapeutica L’educazione terapeutica si situa a livello della prevenzione secondaria e terziaria e consiste in un vero e proprio transfert, pianificato e organizzato, di competenze dal curante al paziente e si inscrive in una prospettiva in cui la dipendenza del malato cede il posto alla sua responsabilizzazione (D’Ivernois e Gagnayre, 2009). L’educazione rappresenta quindi un processo di scambio interattivo che ha inizio fin dal primo approccio di presa in carico ed è continuativo nel tempo al fine di consentire al paziente e/o ai suoi famigliari di: 1. Conoscere la malattia (sapere = conoscenza), 2. Gestire la terapia in modo competente (saper fare = autogestione), 3. Prevenire le complicanze evitabili (saper essere = comportamenti). Pertanto è opportuno che tale processo abbia inizio fin dalle fasi iniziali della presa in carico sia essa in ambito ambulatoriale che ospedaliero. Nel primo caso l’obiettivo è proprio quello di evitare le ospedalizzazioni grazie ad azioni proattive coordinate di teleassistenza ed al corretto rispetto degli attori del patto di cura.


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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Nel secondo caso l’obiettivo è di far arrivare alla dimissione il paziente ed i suoi famigliari con le competenze utili al fine di saper affrontare la sfida del rientro al domicilio o saper accettare soluzioni alternative se non in grado di farsi carico della situazione. In caso di necessità o in situazioni particolari si potrà attivare un percorso di supporto in accordo con il servizio di psicologia. Gli obiettivi formativi saranno declinati secondo i tre domini declinati sopra (saper, saper essere e saper fare) con il fine ultimo di garantire il raggiungimento dei seguenti livelli: percezione della propria salute; conoscenza; ■■ consapevolezza; ■■ disponibilità al cambiamento; ■■ assunzione di decisioni; ■■ cambiamento nei comportamenti. ■■ ■■

Il metodo consigliato in ospedale quello del teach back: esporre i concetti uno alla volta e verificare che il paziente abbia compreso e sia in grado di ripetere quanto appena espresso, anche a distanza di alcune ore/giorni. Fondamentale l’addestramento all’utilizzo di device, protesi e ausili, e dispositivi medici. Lo sviluppo in interventi atti a promuovere la partecipazione del paziente si rivela sempre necessaria anche se con finalità diverse: nella fase di convalescenza per non compromettere il percorso di ripresa dopo un’acuzie o un intervento ■■ nel caso sia previsto un percorso lungo e con rilevanti conseguenze nella vita quotidiana della persona (malattia cronica), per garantire l’aderenza al percorso e limitare/prevenire le complicanze ■■ qualora siano presenti fattori di rischio correlati a stili di vita (senza ancora un danno di salute) per modificare alcune abitudini ■■ nel caso di attivazione di processi di telemedicina (acquisizione di competenza digitale) ■■

Altro passaggio importante è il momento della conciliazione della terapia e la definizione del contratto terapeutico che può essere utile per aumentare l’aderenza terapeutica dell’utente al processo di cura. Il paziente segue correttamente la terapia quando rispetta il contratto di cura: ■■ ■■

rispetta tutte le norme di comportamento e quelle dietetiche assume regolarmente i farmaci prescritti


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Il modello “dimissione orientata”

usa correttamente le apparecchiature e gli strumenti tecnici (devices ed attrezzature sanitarie) ■■ si presenta regolarmente alle visite di controllo ■■

Le Centrali Operative che possono in maniera proattiva farsi carico di alcune situazioni di rischio tramite azioni di telecontrollo e teleassistenza, attività di recall o mediante utilizzo di App di auto o telemonitoraggio. TABELLA 11. Estratto da raccomandazione civica per l’aderenza terapeutica, 2018 Il NICE rispetto all’aderenza nella cronicità, sottolinea che esiste un alto rischio di errore nell’assunzione dei trattamenti, specialmente in presenza di polifarmacoterapia e multimorbidità. Le stime dell’OMS indicano che tra il 30% e il 50% dei ­farmaci prescritti non sono assunti come dovrebbero (OMS, 2003). Inoltre, tra il 30% e il 70% dei pazienti commette un errore o uno scambio involontario di farmaci, specie quando passa da un regime o da un ambito di cura a un altro . Da qui l’importanza della “decisione condivisa” e il “coinvolgimento della ­persona”, come una componente essenziale del progetto individuale di salute. In questo un aiuto ci viene dalla telemedicina che ci permette di monitorare a distanza alcune situazioni a rischio e di fornire teleassistenza.


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Gestire le dimissioni “difficili”

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er dimissione complessa o difficile si intende la dimissione che, nel rispetto della continuità terapeutica ed assistenziale, necessita di un consumo di risorse economiche, umane ed organizzative che vanno oltre la potenzialità del paziente e dei suoi familiari implicando un coinvolgimento particolare di quei presidi territoriali comprendenti i medici di famiglia (MMG), i servizi di assistenza domiciliare integrata (ADI), le strutture accreditate nonché i rientri di ospiti già domiciliati presso case protette e case di riposo. Le variabili che sembrano essere correlate alle dimissioni difficili sono rappresentate dall’età avanzata, dalla perdita di autonomia fisica e cognitiva, dalla presenza di patologie croniche e da situazioni che conducono alla terminalità, a queste vanno aggiunte quelle di carattere economico e sociale (solitudine, povertà, condizioni abitative, etc.). Scopo del progetto è quello di garantire la continuità socio/assistenziale ai pazienti che sono dimissibili dall’ospedale perché hanno superato la “fase acuta” ma non hanno esaurito lo “stato di bisogno” (pazienti che hanno la necessità di uno o più interventi coordinati a cura di professionisti diversi). Tutto questo assicurando l’appropriatezza grazie ad una scelta ragionata e condivisa della soluzione assistenziale, lavorando sulla facilitazione nei processi di attivazione e presa in carico sul territorio anche con interventi ponte e garantendo un supporto motivazionale ed educazionale al paziente ed ai suoi famigliari I risultati attesi sono una riduzione delle giornate di degenza ospedaliera ed una riduzione dei tempi di presa in carico da parte del territorio, facilitando i processi di attivazione/erogazione di prestazioni extraospedaliere. Fondamentale intercettare prima possibile i pazienti che possono presentare un momento di difficoltà al momento alla dimissione, la fase dell’accertamento infermieristico anche in questo caso si presta a rilevare gli alert che possono aiutarci in questa lettura dei bisogni. 25


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Gestire le dimissioni “difficili”

Se, durante la raccolta dei dati, l’infermiere riscontra l’associazione di uno dei fattori di rischio (età superiore a 65 anni, polifarmacoterapia, recente uso dei servizi sanitari, PS o ricovero, e stato di solitudine) a degli score negativi riscontrati in almeno due dei modelli funzionali, procede con la valutazione di secondo livello. Lo strumento individuato per la valutazione di secondo livello è la Scheda Blaylock Risk Assessment Screening Score – BRASS, Blaylock and Cason 1992, uno strumento di semplice e rapido impiego utilizzato per identificare i pazienti a rischio di ospedalizzazione prolungata o di dimissione difficile che può essere adottato già dal momento dell’ammissione in reparto. La TABELLA 12. Interpretazione punteggio BRASS Esiti della valutazione 0 – 10 rischio basso

Soggetti a basso rischio di problemi dopo la dimissione: non richiedono particolare impegno per l’organizzazione della loro dimissione, la disabilità è molto limitata.

11 – 19 rischio medio

Soggetti a medio rischio di problemi dopo la dimissione: legati a situazioni cliniche complesse che richiedono una pianificazione della dimissione, ma probabilmente senza rischio di istituzionalizzazione.

≥ 20 rischio alto

Soggetti ad alto rischio di problemi dopo la dimissione: perché hanno problemi clinici rilevanti e che richiedono una continuità di cure probabilmente in strutture riabilitative o istituzioni

TABELLA 13. Casi tipo Casi gestibili dalla COT H:

Casi da gestire in raccordo con la COT A e la COT D

■■ bisogni sociali da prendere in

■■ casi che necessitano solo di una

carico in raccordo al servizio sociale dell’ente locale di riferimento ■■ attivazioni di servizi di volontariato anche in funzione delle risorse presenti sul territorio

riattivazione di un percorso territoriale già in essere ■■ attivazione di interventi intermedi ■■ attivazione della UV integrata H-T ■■ ingresso in percorsi di cura dedicati alla cronicità


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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scheda contiene tutte le informazioni relative al paziente che rendono evidente la difficoltà della dimissione e non sono strettamente connessi alla diagnosi d’ingresso. Una volta individuata la classe di rischio la COT H (Centrale Operativa per l’integrazione Ospedale – Territorio) si farà carico delle segnalazioni con punteggio superiore a 11, in prima istanza attenzionando e cercando una soluzione ad eventuali bisogni sociali e coinvolgendo la COT A (Centrale Operativa Aziednale) per la risoluzione di bisogni sanitari di natura semplice e bisogni sociosanitari di natura complessa.

L’UNITÀ VALUTATIVA INTEGRATA H-T In questa fase di integrazione ospedale/territorio è stata individuata una Unità valutativa in parte “itinerante” il cui core è composto da: Responsabile del caso clinico Coordinatrice infermieristica UO e/o fisioterapista che ha in carico il caso ■■ Assistente sociale (servizio sociale ospedaliero) ■■ Geriatra e/o esperto in valutazione multidimensionale ■■ Coordinatore ADI (area infermieristica o area riabilitazione) ■■ ■■

TABELLA 13. Funzioni principali dell’UVI H-T ■■ Analisi dei casi da prendere in carico e ricerca informazioni specifiche; ■■ Analisi delle abilità funzionali: permette di capire quali sono le abilità psico-fisi-

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che della persona, cosa è in grado di fare, qual è il suo grado di autonomia, quali disabilità o quali ridotte funzionalità sono presenti, Inoltre permette di capire quali risorse la persona è capace di attivare per affrontare la malattia e per raggiungere gli obiettivi di cura. Valutazione dei bisogni assistenziali, riabilitativi e terapeutici Verifica della necessita di ausili/ presidi alla dimissione Analisi del sistema di supporto sociale: permette di sondare il supporto sociale intorno al paziente per capire quale aiuto attivare per il rientro al domicilio. Verifica delle condizioni abitative Definizione del setting assistenziale appropriato: è la fase finale ed è quella che deve garantire al paziente la miglior prosecuzione della cura. colloqui con parenti, caregiver e paziente; Elaborazione del piano assistenziale individuale (PAI) ed individuazione del case manager Pianificazione e timing concordato del percorso di dimissione;


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Gestire le dimissioni “difficili”

la stessa sarà una equipe fluida che si integrerà con gli altri attori del percorso (medico palliativista, medico rianimatore, nutrizionista ed altri professionisti che hanno partecipato al processo assistenziale durante la fase di ricovero). L’equipe territoriale che rappresenta il trait d’union con le COT D, ha il compito di assicurare l’appropriatezza della soluzione assistenziale individuata, lavorando sulla facilitazione nei processi di attivazione e presa in carico sul territorio anche grazie ad interventi ponte e garantendo un supporto motivazionale ed educazionale al paziente ed ai suoi famigliari.

VALUTAZIONE DEL CASO L’accesso della UVI H-T in contesto ospedaliero è previsto con una periodicità predefinita purchè si garantisca il timing della valutazione, da effettuarsi al massimo entro la quarta giornata di ricovero, poiché l’obiettivo è quello di avere l’intervallo di tempo giusto per attivare una risposta organica sul territorio al fine di non ritardare la dimissione. Vanno quindi garantiti almeno due accessi a settimana. I casi, verranno valutati in due momenti: A.  Una prima valutazione del paziente che avverrà in reparto e vedrà la collaborazione di tutta la UVI come sopra indicato B.  Un colloquio con i famigliari da tenersi in un luogo che assicuri la privacy e la tranquillità necessarie per condividere le opzioni assistenziali proponibili gestito dall’equipe territoriale e dall’assistente sociale Nella fase di valutazione (fase A) verrà visionata la cartella clinica e le condizioni fisiche del paziente, si acquisiranno quindi i dati anagrafici, sanitari e sociali del paziente. Verrà valutato lo stato clinico, cognitivo e collaborativo del paziente stesso tramite scale validate e verrà proposto un eventuale PAI o PRI. Inoltre l’assistente sociale provvederà ad effettuare un’analisi delle risorse familiari del paziente e, laddove inesistenti attiverà la rete coinvolgendo il Comune di residenza per avviare una presa in carico condivisa verificando anche la presenza di diritti di legge quali invalidità civile, legge 104 mettendo in atto le dovute procedure di riconoscimento. Le prescrizioni di presidi e ausili verranno effettuate dalla UVI al momento della valutazione ospedaliera per anticipare i tempi necessari per l’acquisizione degli stessi anche sulla base della presenza dei requisiti di prescrizione, ad esempio se la persona è in possesso d’invalidità, farà seguito il percorso agevolato di autorizzazione presso il servizio protesico.


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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Al termine della valutazione la soluzione socio-sanitaria e assistenziale più idonea va individuata in accordo con il paziente e i suoi famigliari (fase B) è quindi di fondamentale importanza il colloquio con i parenti attraverso il quale si possono individuare sia l’autonomia del paziente prima del ricovero sia il sostegno sociale, le necessità istruttive, i fattori ambientali (barriere architettoniche), le aspettative e le risorse a disposizione. Una volta raccolto il consenso dei famigliari sulla soluzione assistenziale proposta verrà elaborato il PAI provvisorio della durata di 10 giorni. La presa in carico di dieci giorni consentirà una rivalutazione a breve termine della UVMD con una rimodulazione se necessario delle attività, sappiamo infatti che spesso il cambio di setting comporta anche dei repentini cambi delle condizioni cliniche della persona, spesso in senso migliorativo se questa ritorna al suo domicilio.

DIMISSIONE Una volta che l’equipe di valutazione ha concordato con il paziente e i suoi famigliari il percorso più appropriato sarà cura della COT A procedere all’attivazione del servizio con le modalità e le procedure già previste in azienda e come definito da normativa regionale. La data di dimissione vera e propria andrà possibilmente concordata o comunque comunicata prima possibile all’equipe di presa in carico territoriale (almeno 72 ore prima) o al setting di cura individuato (congruità liste d’attesa) fermo restando: il completamento dell’iter diagnostico e terapeutico, si ricorda che la dimissione è una responsabilità del medico di reparto che ha in cura il paziente, ■■ la condivisione con il paziente ed i suoi famigliari di tutte le soluzioni assistenziali presenti sul territorio al fine di attuari scelte appropriate e consapevoli, fermo restando la azione di counselling e supporto che faccia capire alla persona che non verrà in ogni caso lasciata sola, ■■ la rivalutazione del caso in seguito a complicanze durante il ricovero. ■■



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Garantire la continuità delle cure nella dimissione “semplice”

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o scopo del lavoro è quello di stabilire una modalità condivisa di pianificazione delle dimissioni non solo dei pazienti complessi ma in generale di tutti quei pazienti che al ritorno a domicilio avranno bisogno di essere seguiti nel periodo di convalescenza o in quanto affetti da una patologia cronica. In ogni caso l’obiettivo è quello di garantire una “dimissione al domicilio più sicura, cercando di prevenire le riammissioni e ulteriori disagi per il paziente e altri problemi che potrebbero allungare i periodi di cura ospedaliera e ulteriori disagi per il malato” (FNOPI) assicurando la gestione della continuità delle cure in setting appropriati, fossero anche ambulatoriali. La persona dimessa dall’Ospedale non deve essere “persa di vista” e lasciata a navigare in un mare di difficoltà senza punti di riferimento, questo è quello che ci chiedono gli stessi malati come ben espresso nel capitolo 2. La convalescenza dopo un evento acuto o dopo un intervento chirurgico è un momento delicato che può contribuire a determinare la buona riuscita dell’intervento clinico-assistenziale effettuato. La diagnosi di una malattia cronica determina uno stato di ansia nella persona che si può fronteggiare inserendola da subito in un percorso di cure affinché essa non si senta sola ed abbandonata. L’agenda di dimissione riveste nelle dimissioni “semplici” un ruolo ancor più determinante, tornare a casa con indicazioni chiare su come comportarsi a domicilio e su come orientarsi all’interno del SSR offre alla persona la possibilità di scegliere tra le opzioni di cura e contribuire attivamente alla gestione della malattia, diminuisce il senso di ansia legato al ritorno a casa e aumento il gradimento verso il servizio di cura.

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Garantire la continuità delle cure nella dimissione “semplice”

In particolare va attenzionata la parte inerente l’autocura, il paziente dovrà essere preparato a gestire la terapia, eventuali presidi, osservare le medicazioni, essere addestrato ad eseguire semplici manovre. Se lui non è in grado di agire in piena autonomia l’addestramento e la formazione coinvolgerà il suo caregiver e i suoi famigliari. Conoscerà i possibili effetti collaterali dei farmaci e gli eventuali segni e sintomi da attenzionare. Avrà già un piano di cura predisposto con le date dei follow up e dove questi verranno eseguiti, tenendo conto del principio della prossimità. Avrà i contatti dei servizi e saprà chi chiamare in caso di difficoltà o segni di allarme. Il piano terapeutico e l’eventuale esenzione, così come altre pratiche amministrative saranno avviate già in contesto ospedaliero evitando alla persona di recarsi agli sportelli CUP una volta dimessa. Dall’altro lato i professionisti deputati alla presa in carico dopo la dimissione avranno modo condividendo le piattaforme informatiche di conoscere in anticipo la situazione ed essere pre-allertati sulle azioni da pianificare in conseguenza alla dimissione. Lo stesso MMG verrà tenuto aggiornato. In questo modo il ricovero diventerà una parentesi all’interno del PRIS e tutte le azioni di cura saranno condivise tra i professionisti che si faranno carico di prendere o riprendere in mano il percorso di cura senza interruzioni di continuità.


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Gli interventi intermedi a supporto del processo

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’ Unità speciale di continuità assistenziale (UCA) viene attivata della Centrale Operativa Aziendale, per attuare interventi intermedi temporanei o ponte in situazioni clinico-assistenziali complesse e/o fasi di transizione tra diversi setting assistenziali, in questa fase in cui ancora persiste un notevole numero di persone Covid positive una parte delle attività delle UCA rimane dedicata a questo target. Come previsto nel Piano Territoriale Aziendale l’UCA, garantisce la turnazione di tre squadre al giorno, ogni squadra prevede la presenza di un medico e un infermiere, con orario 8.00/20.00, per garantire le attività nell’ambito dei tre distretti. Va ribadito che l’UCA non sostituisce ma supporta per un tempo definito i professionisti responsabili della presa in carico definitiva del paziente, il suo intervento è temporaneo e finalizzato al raggiungimento di un obiettivo a breve termine. Può essere attivata per interventi di tipo 1. temporaneo in pazienti che richiedono un episodio di cura limitato nel tempo 2. ponte per supportare momenti di transizione delle cure in attesa dell’organizzazione di una risposta assistenziale organica e definitiva

1. Casistica e modalità di attivazione intervento temporaneo ■■

Supporto ai MMG nella gestione a domicilio in fasi di malattia in cui è necessario un intervento per agevolare il superamento delle fasi di instabilità clinica evitando così un ricovero in ospedale 33


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Gli interventi intermedi a supporto del processo

Supporto agli specialisti nella gestione delle cronicità per facilitare una forma di deospedalizzazione assistita ■■ Supporto al PS per evitare ricoveri impropri ■■

purché le condizioni cliniche e le prestazioni richieste siano prestazioni compatibili con la domiciliarità e ci sia il supporto in (tele)consulenza dello specialista di riferimento con possibilità di accessi domiciliari concordati in caso di necessità.

2. Casistica e modalità di attivazione intervento ponte L’attivazione parte dalla UV integrata H - T, e si cala nel percorso di dimissione orientata, per una presa in carico temporanea in caso di dimissione difficile del paziente utile per sopperire a momenti di transizione delle cure in attesa dell’organizzazione di una risposta assistenziale organica e definitiva sul territorio. In questo caso l’intervento può essere richiesto Direttamente dalla UOC di degenza, qualora fosse già stata individuata la soluzione assistenziale definitiva e si sia in attesa dell’attivazione della stessa, consultandosi con la UV integrata H-T ■■ direttamente dalla UV integrata che in fase di valutazione concorda i due step, ossia la soluzione temporanea e la soluzione definitiva, definendo anche i tempi di attivazione. ■■

Lo scopo delle COT A è quello di assicurare continuità, accessibilità ed integrazione dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria, ma anche garantire e supportare interventi di prevenzione a vari livelli, attraverso un servizio che è rivolto prevalentemente ad operatori sanitari e sociosanitari. Nello specifico la Unit Assistenza Proattiva Infermieristica si occupa di accogliere le richieste, del primo contatto e triage telefonico, e delle conseguenti azioni proattive da attuare: L’infermiere presente in centrale raccoglierà le richieste, facendo una prima valutazione della congruenza delle stesse, contattando se necessario il servizio richiedente e il caregiver per raccogliere ulteriori informazioni (presenza del caregiver e competenza nel supportare gli interventi, idoneità dell’ambiente domestico). ■■ Il modulo contiene la scala che definirà la prima traccia del setting d’intervento appropriato, fermo restando l’autonomia del medico e la volontà della persona coinvolta, la completezza delle informazioni consentirà di definire ■■


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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le giuste modalità d’intervento, il giusto timing nel rispetto della sicurezza dell’utente e dell’operatore ■■ Al concetto di stabilità/instabilità va rapportata l’età, la condizione di base e la possibilità di essere mobilizzato/spostato. In ogni caso verrà coinvolto il MMG per la condivisione del piano di intervento ■■ La COA allerterà l’UCA per contestualizzare l’intervento: se la richiesta è appropriata e risponde ai criteri definiti e condivisi si potrà procedere con la calendarizzazione e l’erogazione dell’intervento, altrimenti si potrà richiedere un approfondimento o valutare altra soluzione assistenziale ■■ Il medico che richiede l’intervento è comunque coinvolto nel processo di gestione della situazione clinico assistenziale ed in alcuni casi partecipe attivamente, anche mediante teleconsulto o visita in presenza. La Centrale Operativa potrà essere coinvolta nel processo di dimissione orientata laddove sia necessario un supporto per presa in carico territoriale del servizio specialistico di competenza, qualora la persona sia affetta da una o più cronicità, sia per la calendarizzazione di una prima visita in ambito specialistico (previo invio richiesta), sia per il reclutamento in PDTA aziendali, sia per il reinserimento in un altro ambito territoriale in una logica di prossimità. Potranno essere segnalati anche gli utenti così detti “frequent user” per eventuali percorsi di presa in carico o azioni proattive di monitoraggio. IMMAGINE 1.

attivazione UCA



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L’ “evento” ricovero nel PRogetto Individuale di Salute: il diagramma di flusso e gli indicatori di processo e esito

N

ei diagrammi a seguire si riassumono le fasi del processo ed i relativi indicatori individuati. Questa rappresentazione grafica ha consentito di guidare anche il processo di informatizzazione delle attività (tramite la trasposizione in cartella informatizzata degli strumenti di valutazione utilizzati e degli snodi decisionali legati agli esiti). L’indicatore I.3 vede tra gli snodi decisionali conseguenti agli score rilevati la somministrazione dell’indice di BRASS, strumento che individua i soggetti a rischio di dimissione difficile IMMAGINE 3.

Accertamento infermieristico

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L’ “evento” ricovero nel PRogetto Individuale di Salute

IMMAGINE 4.

Il rischio di dimissione difficile

In presenza di alterazioni, rilevate dall’accertamento infermieristico, di almeno due modelli funzionali associate a criteri predisposti in base a età, numero dei ricoveri negli ultimi tre mesi, numero di problemi clinici attivi e numero di farmaci assunti, viene compilata da parte degli infermieri di reparto la scala di Brass, che valuta il livello di rischio di problemi assistenziali nel post dimissione. La prevalutazione condotta nella COT H consente di “raffinare” il dato delle BRASS e prendere i primi contatti con le famiglie e con gli Enti locali. L’indicatore I.4.5 rendiconta le soluzioni definite direttamente dalla COT H senza il supporto della COT A e l’intervento della UVI H-T. Il dato potrà essere arricchito misurando gli interventi sociali effettuati al di fuori di quelli segnalati tramite BRASS, indicatore indiretto che ci fornirà dati sull’aderenza al percorso e sulla coerenza della valutazione con gli strumenti in uso. IMMAGINE 5.

Unita valutativa multidimensionale integrata h-t


IMMAGINE 6.

Il processo di dimissione orientata

LA DIMISSIONE ORIENTATA 39


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L’ “evento” ricovero nel PRogetto Individuale di Salute

La COT A sulla base delle richieste inviate dalla COT H coordina le attività della UVMI H-T La valutazione in ambito di ricovero da attuarsi entro la quarta giornata consente di anticipare la risposta del territorio, in genere attivata nel momento della dimissione con tempi di reazione molti stretti. La stesura di un PAI a dieci giorni dà inoltre la possibilità all’utente di riappropriarsi del suo ambiente di vita e consentire una rivalutazione, questa volta a cura della UVMD, in cui sia gli operatori sanitari che la famiglia e la persona stessa hanno una maggior consapevolezza delle potenzialità di ripresa. La valutazione della persona fatta all’interno del contesto ospedaliero è fortemente condizionata dal contesto stesso e dai ruoli messi in atto durante il ricovero: l’organizzazione ospedaliera esercita una forte pressione sulla persona (orari, luoghi, abbigliamento…) impedendogli di esprimere pienamente le sue potenzialità. Gli indicatori rappresentati nelle varie fasi permetteranno il monitoraggio delle attività, al completamento dell’opera di digitalizzazione del processo la rilevazione degli stessi sarà ovviamente semplificata ed avrà un minore margine di errore.


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Ecosistema digitale e sistemi di monitoraggio a cura di Francesco Saverio Emmanuele Profiti

I

l progetto di Dimissione Orientata (di seguito anche abbrev. “progetto”) vede coinvolti, in maniera articolata ed integrata, più componenti dell’ecosistema digitale aziendale. Prima di poter procedere, però, con il descrivere dal punto di vista tecnico-funzionale il ruolo di ciascuno di questi componenti, le loro relazioni ed integrazioni, nonché con il comprendere il set minimo di dati necessari per il monitoraggio e il controllo dei processi e dei percorsi di cura, si rende necessaria una premessa metodologica per l’inquadramento del progetto all’interno del complesso dell’ecosistema digitale aziendale. Si è partiti, infatti, dalla declinazione dell’obiettivo principale del progetto: l’evoluzione dell’ecosistema digitale aziendale al fine di “tracciare il paziente in tutti i suoi contatti con l’Azienda per massimizzare le informazioni disponibili sia per l’interscambio tra professionisti e operatori, sia per monitorare l’andamento del percorso di cura”. Per raggiungere detto obiettivo è stato necessario svolgere un’attività di mapping degli eventi sanitari ospedalieri e eventi socio-sanitari territoriali, con individuazione degli asset IT aziendali e regionali per la gestione dell’insieme dei processi verticali che generano dati necessari alla gestione del paziente. Il passo successivo, sempre dal punto di vista metodologico, è stata l’individuazione delle relazioni e delle integrazioni tra gli asset IT aziendali e regionali per massimizzare l’interscambio delle informazioni utili alla gestione multidisciplinare del paziente, nonché a favorire l’uso dei sistemi verticali dell’ecosistema digitale aziendale già in uso da parte dei professionisti con lo scopo di 41


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Ecosistema digitale e sistemi di monitoraggio

diminuire la frammentazione delle interfacce, indirizzando così in maniera più efficiente de efficace la gestione del change management. L’applicazione della metodologia così come fin qui declinata, ha consentito quindi l’individuazione dei componenti dell’ecosistema digitale aziendale coinvolti (come meglio dettagliato nella figura seguente) e quelli da far evolvere nell’ottica del progetto di Dimissione Orientata: 1. Sistema Informativo Ospedaliero a. ADT (Ammissione, Dimissione, Trasferimento) b. Cartella clinica digitale di reparto 2. Sistema Informativo Territoriale a. Cartella clinica digitale ambulatoriale 3. Sistemi Trasversali a. Repository digitale b. Telemedicina c. Controllo e monitoraggio dei processi L’acceso ai vari componenti dell’ecosistema digitale, nel rispetto della normativa privacy, prevede la profilazione degli utenti per la visualizzazione e l’alimentazione dei dati secondo le proprie competenze di processo. Gli utenti che a vario titolo in Azienda accedono e alimentano i dati in ragione del processo di dimissione orientata appartengo a varie categorie: ■■

Medici, Infermieri, Fisioterapisti ospedialieri che hanno in cura il paziente: Sistema Informativo Ospedaliero nei moduli così come declinati al punto 1, sia visualizzazione sia alimentazione; IMMAGINE 7.

Ecosistema digitale per l’Agenda di Dimissione Orientata


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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Medici, Infermieri, Fisioterapisti territoriali che hanno in cura il paziente: Sistema Informativo Territoriale nei moduli così come declinati al punto 2, sia visualizzazione sia alimentazione; ■■ Medici, Infermieri, Fisioterapisti ospedalieri e territoriali che hanno in cura il paziente: Sistemi Trasversali nei moduli così come declinati al punto 3, sia visualizzazione sia alimentazione; ■■ Medici e infermieri afferenti alla COA e all’USCAT: Sistemi di cui al punto 1., 2. e 3. sia visualizzazione sia alimentazione; ■■ Assistenti Sociali: Sistema Cartella clinica digitale di reparto: per la visualizzazione e l’alimentazione Scheda di Valutazione sociale come di seguito meglio dettagliato. ■■

Nell’ambito del Sistema Informativo Ospedaliero, la Cartella clinica digitale di reparto è stata quindi corredata dei seguenti moduli funzionali: Accertamento infermieristico Scheda BRASS ■■ Scheda di Valutazione sociale ■■ Scheda di Valutazione multidimensionale UVI H-T ■■ ■■

Con particolare riferimento all’Accertamento infermieristico, oltre alla rilevazione dei dati già indicati nei paragrafi precedenti, è da sottolineare l’utilizzo da parte del personale infermieristico di specifiche codifiche strutturate e tassonomie: NANDA: Diagnosi Infermieristiche; ■■ Nursing Interventions Classification (NIC): tassonomie infermieristiche standardizzate incentrate sui trattamenti infermieristici; ■■ Nursing Outcomes Classification (NOC): terminologie infermieristiche standardizzate incentrate sui risultati ottenuti sui pazienti. ■■

L’utilizzo di codifiche e tassonomie strutturate, oltre a indirizzare univocamente la semantica dell’interpretazione dei dati, consente un’indagine statistiche e di processo più precisa e puntuale. Tutti i moduli funzionali sopra riportati sono compilati nell’ambiente della Cartella clinica digitale di reparto, rispettivamente dal personale infermieristico (Accertamento e Scheda BRASS), dal personale del servizio sociale (Scheda di Valutazione sociale) e dal personale della COA-H-T (Scheda di Valutazione UVI H-T), in fase di ricovero e prima della dimissione. Le schede BRASS con valore >= 11 attivano la notifica al Servizio Sociale relativamente necessità di procedere alla compilazione della scheda di Valutazione sociale.


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Ecosistema digitale e sistemi di monitoraggio

Attraverso la Scheda di Valutazione sociale, il personale del Servizio Sociale valuta, tra le altre informazioni già citate nei paragrafi precedenti, l’attivazione della valutazione multidimensionale da parte del personale COA-H-T. In quest’ultimo caso, viene attivata la UVI H-T che compilata la Scheda di Valutazione multidimensionale, il cui dato principale è il setting assistenziale territoriale di destinazione del paziente in seguito a dimissione: ADI Lungodegenza cod. 60 ■■ Riabilitazione Intensiva cod. 56 ■■ Riabilitazione cod. 75 ■■ RSA Mantenimento A/B ■■ RSA Estensiva ■■ Riabilitazione ex art 26 Residenziale ■■ Riabilitazione ex art 26 Semiresidenziale ■■ Riabilitazione ex art 26 Non Residenziale ■■ Hospice Residenziale ■■ Hospice Domiciliare ■■ Cure Palliative/Terapia del Dolore ■■ UCA ■■ ■■

L’insieme dei dati così raccolti, con anche tutti gli altri dati inseriti sulla Cartella clinica digitale di reparto e i referti relativi all’episodio di ricovero, vengono gestiti nel Repository digitale sia al fine di rendere disponibili le informazioni alla Cartella clinica digitale territoriale, sia al fine di consentire lo scambio dati con il Fascicolo Sanitario Elettronico così come verrà declinato nell’ambito del PNRR (standard IHE e HL7 FHIR1) A tal proposito, infatti, c’è da sottolineare che la cartella clinica digitale di reparto e il repository digitale risultano integrati con i verticali dell’ecosistema ospedaliero sia per l’acquisizione di dati e referti, sia per l’acquisizione d’immagini. In particolare, l’integrazione coinvolge principalmente i seguenti sistemi ■■

MPI2: per la certificazione del Codice Fiscale del paziente, utilizzato lungo tutto il percorso assistenziale per il link tra i dati dei vari episodi di cura del paziente stesso. Per il raggiungimento di detto obiettivo, nonché in ottica di

1. Standard di interoperabilità indicati dai documenti ministeriali per il l’interscambio dati tra applicativi e Fasciolo Sanitario Elettronico 2. MPI: Master Patient Index, anagrafica centralizzata degli assistiti


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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interoperabilità e scambio dati con l’FSE regionale, l’MPI è integrato a sua volta con l’Anagrafica Sanitaria Unica Regionale (ASUR); ■■ RIS/PACS/VNA3: per la condivisione di referti e immagini generati dai servizi di Diagnostica per Immagini; ■■ LIS4: per la condivisione di referti generati dai servizi di Diagnostica Clinica, Genetica Medica e Anatomia-Patologica; ■■ Pronto Soccorso: per la condivisione dei dati generati in episodi attuali o progressi gestiti al Pronto Soccorso; ■■ Cartella clinica digitale territoriale: per la condivisione dei dati generali nei percorsi territoriali di cura del paziente; ■■ SIATES/SIAT5: per la condivisione delle valutazioni e dei piani di assistenza territoriali di cura del paziente. A questo punto, per il paziente ancora ricoverato e indentificato univocamente con il Codice Nosologico e il Codice Fiscale, è definito il setting assistenziale territoriale di destinazione, a seguito di tutte le professionalità che lo hanno valutato. Sempre nell’ambito del Sistema Informativo Ospedaliero, l’ADT è stato inoltre modificato nella parte relativa alla gestione della dimissione. In particolare, è stata aggiunta (oltre la semplice gestione della lettera di dimissione) la funzionalità di agenda di dimissione. L’Agenda di Dimissione è rappresentata dall’insieme dei seguenti documenti e dati: Lettera di dimissione medica Lettera di dimissione infermieristica ■■ Schede informative per l’informazione dei servizi territoriali ■■ Piano terapia domiciliare ■■ Piano nutrizionale ■■ Piano fisioterapia ■■ Piano visite di controllo (CUP) ■■ ■■

3. RIS: Radiology Information System, Sistema Informatico per la gestione della Diagnostica per Immagini – PACS: sistema di archiviazione e comunicazione delle immagini – VNA: Vendor Neutral Archive, tecnologia di imaging in cui immagini e documenti sono archiviati in un formato standard e con un’interfaccia standard, in modo tale da essere accessibili in modo indipendente dal sistema generante 4. LIS: Laboratory Information System, Sistema per gestione dei laboratori integrato con gli strumenti per la gestione del processo di tracciabilità e refertazione di prestazioni di laboratorio 5. SIATES/SIAT: Sistema erogato in cloud dalla Regione Lazio per la valutazione multidimensionale e l’erogazione di prestazioni territoriali strutturate ai pazienti


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Ecosistema digitale e sistemi di monitoraggio

Lettera di dimissione sociale ■■ Scheda attivazione PUA ■■

All’atto della dimissione, l’insieme dei professionisti che concorrono alla produzione dell’Agenda di Dimissione così come sopra illustrata, procedono con la compilazione dei dati e documenti elencati. Alla dimissione, dunque, al paziente risultano associati un elenco di dati e documenti costituenti l’Agenda di Dimissione, nonché il setting assistenziale di territoriale di destinazione. Attraverso il Codice Fiscale del paziente, assegnato il setting assistenziale di territoriale di destinazione, i dati relativi al paziente vengono transitati all’interno del Sistema per il controllo e monitoraggio dei processi. Il Sistema per il controllo e monitoraggio dei processi consente di poter analizzare i dati sotto due prospettive principali: ■■ ■■

Analisi di produttività ed esito; Analisi di percorso di cura del paziente, basato su Codice Fiscale del paziente e setting assistenziale territoriale di destinazione, in ragione dello svolgimento delle attività previste in Agenda di Dimissione.

Nel caso in cui per il paziente venga attivata l’UCA, l’ecosistema digitale si completa con il sistema di Telemedicina. Il sistema di Telemedicina vede l’utilizzo di un insieme di Device a disposizione del team UCA che si reca a domicilio del paziente e così costituito: n. 1 emogasanalizzatore ■■ n. 1 ECG – 12 derivazioni ■■ n. 1 spirometro ■■ Tablet per invio parametri rilevati in tempo reale ■■

Attraverso il sistema di telemedicina gli operatori della COA e della COT, il team UCA a domicilio del paziente e gli specialisti possono: Visualizzare la documentazione clinica del paziente presente nel Repository (compresi i dati e documenti relativi all’Agenda di Dimissione); ■■ Visualizzare ed analizzare i parametri rilevati in tempo reale (telecontrollo e telemonitoraggio); ■■ Attivare in sincrono sessioni di teleconsulto multidisciplinari e multiprofessionali. ■■

Per l’attivazione delle sessioni sincrone di teleconsulto multidisciplinari e multiprofessionali, i professionisti ospedalieri e territoriali sono stati dotati di postazioni con opportuni kit di videoconferenza.


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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Per l’identificazione e la rendicontazione delle prestazioni di telemedicina, il riferimento è stato il DCA 103/2020 emanato da Regione Lazio in epoca pandemica e, al momento della pubblicazione, in corso di validità. Attraverso detto riferimento normativo è stato possibile utilizzare un catalogo di prestazioni di telemedicina e i relativi aspetti di rendicontazione. Il Sistema, inoltre, è già predisposto per utilizzare lo schema di codifica delle prestazioni di telemedicina emanate recentemente dal Ministero in ambito ADI. Nell’ambito del PNRR, infine, la dotazione di device per ciascun team UCA verranno così completate: n. 1 otoscopio digitale n. 1 rilevatore multiparametrico ■■ n. 1 sonda ecografica con tablet ■■ n. 1 portatile di radiologia domiciliare ■■ ■■

Rispetto a quanto sin qui esposto, la COA aziendale è integrata con tutti i Sistemi per la visualizzazione del percorso di cura del paziente, per la compilazione delle parti di competenza dell’Agenda di Dimissione orientata per la gestione in telemedicina del paziente e per l’avanzamento e la rendicontazione delle attività mediante il Sistema di controllo e monitoraggio dei processi.



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Monitoraggio delle attività: sintesi dei primi risultati (attività febbraio/ maggio 2022)

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ome già descritto il processo ha inizio con una valutazione iniziale, l’accertamento infermieristico, che genera, secondo degli score predefiniti, le successive azioni attraverso la somministrazione di ulteriori scale di valutazione e/o l’attivazione di percorsi di consulenza nel rispetto del timing concordato. Nelle pagine seguenti troviamo grafici e tabelle che illustrano l’andamento dei primi quattro mesi di attività, sia in termini complessivi sia mostrando l’andamento crescente delle attività come distribuzione temporale. Si può osservare (Immagine 9) come in più del 50% dei casi è stato necessario attivare valutazioni di secondo livello, nella maggior parte dei la somministrazione del BRASS Index, e/o consulenze, quali l’intervento del fisioterapista. Nel caso di consulenze il professionista coinvolto interviene con una valutazione proattiva, sulla base dell’indice di rischio presentato dalla persona, al fine di prevenire la comparsa del problema o minimizzandone l’impatto, impatto che potrebbe complicare la gestione del caso, ritardando la dimissione e incidendo sulla qualità di vita della persona. In ogni caso il consulente condivide con il medico responsabile del caso il piano di trattamento da attuarsi durante il ricovero e in dimissione. A seguire un esempio (Immagine 10) di come la valutazione precoce del fisioterapista abbia consentito nel 33% dei casi il rientro a casa senza attivare alcun servizio domiciliare, ma con la sola preparazione fisica, un processo di addestramento alla corretta movimentazione e la predisposizione di un programma sostenibile di attività fisica personalizzato. 49


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Monitoraggio delle attività

IMMAGINE 9. Prima fase dell’accertamento infermieristico Come mostrato dal grafico il processo è stato correttamente attivato nel 100% dei casi, va tuttavia considerato che sono escluse da questa valutazione alcune attività di ricovero per le quali si attuano procedure modificate in funzione della tipologia di utenza (ricoveri brevi, terapie intensive, ricoveri in ostetricia, in pediatria e in reparti Covid). Ovviamente durante il ricovero in caso di variazioni delle condizioni di salute della persona potrà essere necessaria una rivalutazione. Spesso questa rilevazione non fa altro che evidenziare un problema preesistente al ricovero (malnutrizione nell’anziano, dolore cronico e disturbi del sonno, rischio di sindrome da allettamento).

IMMAGINE 10.

Il percorso riabilitativo


LA DIMISSIONE ORIENTATA IMMAGINE 11.

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Esiti di un intervento precoce del fisioterapista

Uno degli snodi più importanti del processo è l’individuazione dei degenti a rischio di dimissione ritardata, che consente di suddividere la popolazione target in percorsi di dimissione “semplice” o “difficile”. La COT A nel primo caso è coinvolta per il supporto nella presa in carico territoriale e l’inserimento nei PDTA per le cronicità, nel secondo si fa carico della risoluzione della situazione complessa predisponendo le azioni di transitional care ospedale-territorio, avvalendosi del supporto del Servizio Sociale Ospedaliero (parte della COT H) e dell’Unità Valutativa Integrata Ospedale Territorio (UVI H-T). La platea che in fase di accertamento necessità di un approfondimento tramite BRASS Index è pari al 39,6% del totale dei pazienti valutati. Di questi, i soggetti a medio – alto rischio di dimissione difficile sono pari al 26% della popolazione totale esaminata e rappresentano il 66,5% del totale delle Brass somministrate (Immagine 12). La prevalutazione dell’assistente sociale consente di “raffinare e pulire” il dato emerso, come vediamo nell’Immagine 3. L’immagine 13 mostra invece il lavoro di recall verso famiglie, servizi territoriali e Enti locali che l’assistente sociale ha effettuato per favorire i passaggi successivi della valutazione, utili per supportare nel processo decisionale nel passaggio di setting.


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Monitoraggio delle attività

IMMAGINE 12. BRASS Index In presenza di alterazioni, rilevate dall’accertamento infermieristico, di almeno due modelli funzionali associate a criteri quali l’età, il numero dei ricoveri degli ultimi tre mesi, numero di problemi clinici attivi e numero di farmaci assunti, viene compilato il BRASS Index.

Le restanti segnalazioni giungono alla COT A che predispone le azioni successive, tra queste la programmazione degli interventi dell’UVI H-T, considerando che la valutazione è da attuarsi entro la quarta giornata di ricovero in modo da consentire una risposta anticipata dal territorio. La UVI H-T6 definisce gli obiettivi da raggiungere, il setting di destinazione, i presidi da erogare e le prassi amministrative da avviare. La stesura del PAI a dieci giorni dà la possibilità all’utente di riappropriarsi del suo ambiente di vita e consente una rivalutazione, questa volta a cura della UVMD7, in cui tutti gli attori hanno una maggior consapevolezza delle potenzialità di ripresa delle autonomie della persona. Si specifica che l’UVI H-T è composta da operatori del territorio (coordinatori infermieristici e/o della riabilitazione), dal medico ospedaliero, dal coordinatore infermieristico del reparto e/o dal fisioterapista che gestiscono il caso, dall’assistente sociale e da un medico esperto nella valutazione multidimensionale. Viene attivata dalla COT A. 6. Unità Valutativa Integrata Ospedale Territorio 7. Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale


LA DIMISSIONE ORIENTATA IMMAGINE 13.

Il ruolo del Servizio Sociale

IMMAGINE 14.

Esiti delle valutazioni COT A

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318 esitati in PAI


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Monitoraggio delle attività IMMAGINE 15.

IMMAGINE 16.

Esiti delle valutazioni UVI H-T

Destinazione alla dimissione

Il passaggio di integrazione H-T rimane il più complesso (Immagine 14, 15, 16), tanto che risultano situazioni “non valutate” a causa della non compiuta applicazione della procedura (quasi il 15%), la criticità è stata già affrontata dal tavolo tecnico. Si può vedere come la riabilitazione e l’hospice siano i due fronti più impegnati, per quanto riguarda l’ADI in realtà una buona parte dei casi “non


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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valutati” secondo procedura è sfuggito alla rilevazione perché il reparto di degenza ha attivato il servizio domiciliare attraverso i canali consolidati, quindi la % è sottostimata. IMMAGINE 17.

Dati di sintesi complessivi

Questo è il quadro finale della valutazione del primo quadrimestre di sperimentazione. Alle informazioni condivise si aggiunge il dato delle valutazioni nutrizionali e algologiche, che in entrambi i casi è pari circa al 3%, entrambi sono stati attivati in un secondo momento, in particolare per il percorso di nutrizione clinica è stato modificato anche lo strumento di valutazione, passando dal MUST al MNT. Comunque in entrambi i percorsi sono stati oggetto di valutazione di secondo livello più di 50 sui 1799 ricoverati sottoposti ad accertamento infermieristico. L’ intervento UCA è stato attivato complessivamente per 57 casi in dimissione (circa il 3%) in cui i tempi di attivazione del setting territoriale non coincidevano con i tempi di dimissione. Dal grafico sotto si può vedere come sia costante nel tempo il numero dei casi seguiti in supporto ai processi di transitional care, non solo per i pazienti COVID, che invece hanno vedono la domanda correlata all’andamento dell’epidemia. Nel caso delle UCA appare rilevante notare come evidenziato dall’Immagine successiva come si sta incrementando in maniera costante l’attività rivolta a casi no Covid, mentre ovviamente quella rivolta ai casi Covid rimane strettamente connessa all’andamento dell’epidemia.


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Monitoraggio delle attività IMMAGINE 9.

Attività UCA casi COVID e casi NO COVID

In ogni caso i numeri rappresentati vanno letti nel contesto presente nella fase di sperimentazione che temporalmente vede ancora una forte incidenza di casi Covid che necessitano sia di ricovero ospedaliero che di interventi a domicilio da parte delle USCAT, questo ovviamente rende più difficile la piena applicazione del modello. Tutti gli altri pazienti dimessi hanno comunque ricevuto la loro agenda di dimissione con la pianificazione delle attività successive al ricovero, i consigli utili e le informazioni di orientamento all’uso dei servizi


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

I

n questo capitolo passeremo ad approfondire alcune fasi del processo, lasciando spazio ai singoli professionisti, dove per “singolo” si intende l’area professionale rappresentata. Questa visione è necessaria per dimostrare come le competenze proprie dello specifico professionale possano integrarsi e ricomporsi in un unicum processo nel percorso di cura, a dimostrazione del fatto che nell’equipe multidisciplinari ogni professionista porta un contributo in termini di efficienza organizzativa e qualità dell’assistenza già negli interventi mirati di sua pertinenza ma questi possono assumere un valore aggiunto se letti in relazione alla concatenazione di eventi che da essi si avviano. Saper interpretare in maniera oggettiva i dati antropometrici, i segni, i sintomi e l’anamnesi socio-anagrafica, saper individuare le aree di vulnerabilità e misurare il rischio espresso mette il professionista in grado di agire in maniera proattiva e coordinata e tutela il paziente, a garanzia delle continuità e qualità degli interventi clinico assistenziali a lui rivolti (su di lui agiti).

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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

I.  PROFESSIONISTI E PAZIENTI IN CAMMINO: ­RIFLESSIONI ­PRELIMINARI LUNGO UN PERCORSO PER IL CAMBIAMENTO A cura di Massimo Volpe Viandante, non esiste il sentiero Il sentiero si fa camminando Antonio Machado Il lettore che avrà avuto la pazienza (e la benevolenza) di attraversare i vari capitoli di questo volume coglierà immediatamente che il linguaggio ed il tono di questo contributo si discostano da quelli utilizzati nelle altre parti dell’opera. In questo capitolo alcuni rappresentanti delle professionalità coinvolte ed impegnate nel progetto “Dimissioni orientate” della ASL di Viterbo cercheranno di condividere con i lettori non solo e non tanto i tasselli di una esperienza tecnica, ma anche e soprattutto i “frammenti”, necessariamente ancora alla ricerca di una loro intima composizione, di una “partecipazione emotiva” ad un percorso di cambiamento. Cercheremo di condurre per mano i lettori dentro i vissuti del “viaggio” professionale che abbiamo iniziato da alcuni mesi nella nostra Azienda costruendo la narrazione intorno ad alcune “parole chiave” individuate e condivise in un incontro (sarebbe troppo pretenzioso definirlo focus group) fortemente voluto e faticosamente strappato ad una giornata primaverile uguale a tante altre e che, come queste, sembrava troppo breve per far fronte alla “marea montante” della routine quotidiana.

Paziente/Persona L’attenzione al paziente o, in termini più eleganti, la centralità del paziente è l’elemento di riferimento, la stella polare, l’interruttore “etico” di tutti i progetti di cambiamento/miglioramento in sanità. Anche la nostra esperienza si è nutrita di questa aspirazione: mettere il paziente al centro. Ma al centro di che cosa? Dei nostri pensieri, del nostro agire quotidiano di professionisti in sanità? Sembrava a tutti un concetto ovvio, fin troppo scontato, che il paziente fosse il punto focale del nostro operare. In realtà lavorando al progetto e riflettendo sul concetto di “transitional care”, cioè, semplificando la traduzione, di impegno per la transizione, ovvero per il passaggio del paziente da un setting (anche questo termine è così elegante che non invoglia a cercare un equivalente italiano) di cura ad un altro, ci siamo accorti che spesso al centro del nostro agire non vi è il paziente ma l’organo o l’apparato malato, non la persona ma la malattia o le malattie che portano


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l’individuo all’interno del nostro “campo visivo” professionale. Ci siamo accorti che la focalizzazione sull’organo o sulla malattia ci faceva perdere il contatto con la persona, con le sue paure, con le sue radici, con i suoi desideri, con la sua unicità. Ci siamo dovuti rendere conto che era necessario impostare o re-impostare la nostra relazione con il paziente ed anche con il nostro modo di operare utilizzando un diverso modello concettuale di riferimento: era necessaria una transizione (una parola magica che ritorna!) da un modello cosiddetto “bio-medico”, cioè focalizzato sulla malattia o sull’organo o apparato malato, ad un modello “bio-psico-sociale”, cioè un approccio che focalizza le tre dimensioni del continuum salute-malattia: biologica, psicologica e sociale. Abbiamo capito che con l’adesione, inizialmente culturale ma successivamente anche organizzativa ed operativa, a tale modello, ciascun professionista può ottenere due importanti benefici: in primo luogo percepire immediatamente la possibilità di “costruire” uno spazio di relazione con il paziente/persona che oltrepassa la semplice attenzione al problema biologico ma attinge anche alle dimensioni delle condizioni/relazioni sociali e del vissuto emozionale; ■■ in secondo luogo realizzare dentro di sè una prima forma di integrazione: quella tra saperi, tra conoscenze afferenti ad ambiti distinti ma profondamente interconnessi. Tale sintesi apre la porta ad una forma più alta e impegnativa di integrazione: quella tra professionisti, ma su questo aspetto torneremo più avanti. ■■

Proattività Ecco una parola entrata solo recentemente nel “lessico” della sanità pubblica che, nella nostra esperienza, ha assunto un valore culturale ed organizzativo fondamentale. “Lavorando” sulla e per la proattività giorno dopo giorno, ciascuno nel proprio ambito professionale e più operatori in team multiprofessionali più o meno allargati, abbiamo capito e operativamente realizzato che in tale parola sono insiti due concetti: ■■

innanzitutto il concetto di “prendere l’iniziativa”, personalmente o in team, di “incontrare” i bisogni del paziente/persona, inizialmente secondo un approccio valutativo (mediante l’utilizzo di strumenti specifici di ogni categoria professionale) e successivamente con un approccio di intervento che, nella quasi totalità dei casi, ha richiesto il coinvolgimento di molteplici professionalità. Questa interpretazione del significato della proattività discende direttamente dai principi fondanti della sanità di iniziativa, cioè


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quel modello di sanità pubblica che non attende che la persona si presenti con i suoi problemi di salute/malattia in un luogo di cura ma che cerca di “andare incontro” ai bisogni di salute di ciascun cittadino, anche in una prospettiva di prevenzione delle malattie e di educazione all’auto-cura (empowerment); ■■ in secondo luogo il concetto di “precocità”, cioè di anticipare il più possibile l’identificazione delle problematiche biologiche, psicologiche e sociali della persona che possono rappresentare possibili barriere ad una dimissione tempestiva dall’ospedale e alla presa in carico da parte di un altro setting assistenziale. L’adesione ad un modello di comportamento professionale ispirato e finalizzato alla proattività ha richiesto, ovviamente, da parte di ogni professionista uno sforzo culturale per l’acquisizione o il recupero di strumenti e modalità operative idonee oltre che la messa in discussione prima ed il superamento poi di prassi operative consolidate e per certi versi rassicuranti ma non più in linea con le esigenze dell’organizzazione. Questa “transizione” ci porta direttamente alla prossima parola chiave.

Competenza Nell’uso routinario di questa parola sono insiti due significati: ■■

quello più tecnico e più ovvio di insieme di conoscenze professionali (sapere, saper fare, saper essere) necessarie per svolgere uno specifico lavoro;

■■

quello più psicologico ed intimamente correlato alla sensibilità individuale di “perimetro di attività” di ciascuno entro il quale nessuno può entrare o oltre il quale il singolo non intende spingersi (“questo compito non è di mia competenza!”).

Nella partecipazione al progetto sulle “Dimissioni orientate” abbiamo avvertito la necessità di “rivisitare” entrambi i significati della parola. Cominciamo dal significato di competenza intesa come bagaglio di conoscenze tecniche. Non vi è dubbio che, per realizzare una gestione “proattiva” del percorso di dimissione, è stato necessario in primo luogo apprendere l’uso o “rinfrescare” le conoscenze universitarie sull’uso di specifici strumenti valutativi (scheda di accertamento infermieristico, scheda di BRASS, scale di valutazione dell’autosufficienza, ecc.). È stato necessario anche sviluppare specifiche competenze nell’uso di strumenti informatici che si sono rivelati un supporto indispensabile nella documentazione e tracciabilità delle attività svolte. Tutti questi aspetti


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sono gli elementi costitutivi di quella dimensione che potremmo definire “competenza tecnica”. Non secondaria in questa esperienza di scoperta o di riscoperta è stata la percezione di poter lavorare per obiettivi e non semplicemente per compiti e tale vissuto ha costituito una potente spinta motivazionale a insistere nell’impegno a inseguire e realizzare i cambiamenti necessari, anche quando i risultati degli sforzi profusi sembravano scarsi o addirittura assenti. Potremmo qualificare questo aspetto come “competenza emotiva”. È stato, inoltre, necessario scoprire o riscoprire la necessità ed il valore della relazione con il paziente/persona e con gli altri professionisti. Attraverso la cura della relazione con il paziente è stato possibile cogliere pienamente la necessità e l’efficacia di una valutazione globale del benessere/salute della persona e, quindi, in relazione a tale valutazione, contribuire alla progettazione del percorso di dimissione. Attraverso la costruzione o il consolidamento della relazione con professionalità differenti è stato possibile, da un lato, migliorare le capacità di valutazione dei singoli pazienti per attivare idonei percorsi di transizione e continuità delle cure (verso la residenzialità e soprattutto verso il domicilio) e, dall’altro, alimentare la creazione di una coesione di gruppo ed entro il gruppo multiprofessionale potenzialmente idonea a sostenere i singoli nel percorso di cambiamento. Non vi è alcun dubbio che questi aspetti confluiscono in quella particolare tipologia di competenza che possiamo definire “relazionale”. Una breve riflessione merita anche il significato di competenza intesa come “perimetro” o “spazio professionale” invalicabile per sé stessi e per altri. Questa esperienza ha mostrato a tutti noi come la sanità di oggi non può essere più fondata sulla ottusa difesa del proprio “orticello” professionale perché le esigenze del paziente/persona e delle organizzazioni richiedono necessariamente il confronto e la condivisione delle conoscenze e, per usare un termine oggi “di tendenza”, la contaminazione delle culture. Questa constatazione dispiega le ali della nostra riflessione sulla prossima parola chiave.

Integrazione Di tale termine si è già accennato nel paragrafo sul paziente/persona. Esso deriva dal sostantivo latino “integer” cioè intero e richiama le azioni finalizzate a raggiungere l’interezza, cioè il completamento di qualcosa che, per sua natura, è in origine incompleto. Un primo aspetto e fondamentale aspetto nel percorso che la nostra ASL ha intrapreso è che noi professionisti abbiamo acquisito la consapevolezza che nel nostro modo di pensare e nelle nostre modalità di lavoro vi era una lacuna


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di conoscenza e di operatività che poteva essere riempita, integrata da qualcosa o qualcuno. Tale consapevolezza non era assolutamente scontata e ha rappresentato lo stimolo ad intraprendere, farsi coinvolgere e sostenere il processo di cambiamento Abbiamo individuato e“vissuto” sei tipologie o forme di integrazione: Integrazione culturale. Questa è la prima tappa del percorso ed ha un significato squisitamente individuale, cioè non presuppone l’interazione tra più persone ma solo la consapevolezza del professionista dell’esistenza di un “vuoto” culturale che può/ deve essere colmato attraverso una attività di apprendimento/aggiornamento. Per questo motivo i professionisti coinvolti a vario titolo nel progetto hanno dovuto mettere mano, come già anticipato nel paragrafo sulla competenza”, ad un “refresh” di conoscenze introiettate nella formazione universitaria o all’acquisizione di nuove skills necessarie a padroneggiare le nuove modalità organizzative; Integrazione strumentale. È questa una forma di integrazione che discende direttamente dalla precedente. Essa riguarda l’utilizzo di strumenti e tecniche che sono proprie di ambiti professionali differenti e attiene, per esempio, all’utilizzo di metodologie di valutazione clinica che abitualmente sono patrimonio culturale e operativo di specifiche professionalità (es. il modello di valutazione dei bisogni proprio della professione infermieristica e le scale di valutazione dell’autosufficienza che sono proprie dei tecnici della riabilitazione); Integrazione documentale. L’opportunità di lavorare insieme sull’elaborazione prima e sulla concreta realizzazione di un processo con valenza clinica, assistenziale ed organizzativa ha reso evidente a tutti i professionisti coinvolti la necessità di far “confluire” la documentazione del proprio ambito di attività su un supporto che consentisse l’accesso conoscitivo a tutte le professionalità perché è stato immediatamente chiaro che ciascun professionista (medico, infermiere, tecnico della riabilitazione, assistente sociale ecc.) non avrebbe potuto operare efficacemente se non fosse stato messo a conoscenza di quanto osservato e fatto dagli altri operatori. Pertanto i professionisti hanno lavorato sulla fusione dei vari supporti documentali (cartella medica, cartella infermieristica, cartella riabilitativa, referto di consulenza sociale, ecc.) in un documento unitario, inizialmente cartaceo e successivamente e progressivamente evoluto (per il momento ancora in forma parziale) in strumento digitale;


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Integrazione professionale. L’espressione più semplice ma anche più efficace di questa forma è il colloquio tra professionisti che si scambiano opinioni, conoscenze, sensazioni sulla gestione di un caso clinico, su un percorso diagnostico-terapeutico, su una modalità di lavoro, in sintesi su un tema professionale rispetto al quale essi avvertono il bisogno di un confronto e l’opportunità di un arricchimento reciproco. Il lavoro comune sul percorso ha agito da innesco al confronto, su un piano di pari dignità professionale, tra operatori che, in precedenza, parlavano poco o nulla tra loro (es. medici o infermieri con tecnici della riabilitazione, personale sanitario con personale del Servizio Sociale ospedaliero) o che sapevano poco o nulla del lavoro svolto da altri professionisti (es. personale sanitario poco informato del lavoro svolto dal Servizio Sociale). Di fatto questi momenti di confronto “tra pari” hanno offerto anche l’opportunità, semmai ve ne fosse il bisogno, di dare visibilità interna al lavoro svolto da specifici professionisti, lavoro che prima non solo era poco conosciuto ma anche poco “riconosciuto” nel valore assunto all’interno dei percorsi di cura. Una particolare e per certi versi assolutamente originale esperienza di integrazione multiprofessionale e interdisciplinare è quella rappresentata dagli “incontri del venerdì”. Si tratta di incontri tenuti sistematicamente e puntualmente dall’inizio dell’anno 2022 e tuttora ancora in corso ogni venerdì nella sala riunioni della Direzione Generale nel corso dei quali i dirigenti di riferimento delle professionalità coinvolte nel progetto si incontrano con la Direzione Strategica per aggiornarsi reciprocamente sull’andamento delle attività e condividere l’analisi dei risultati ottenuti, delle criticità emerse e delle azioni correttive da implementare. La presenza in tali incontri della Direzione Strategica, non come semplice spettatore ma con un ruolo forte ed incisivo di sostegno, creatività, indirizzo, motivazione ha rappresentato un fattore decisivo per l’evoluzione positiva del progetto; 1. integrazione tra professionisti e caregiver. L’impegno su un percorso/programma di dimissione, necessariamente “ritagliato” e personalizzato sul singolo paziente, ha comportato la necessità di interazione e confronto con il o i caregiver del paziente stesso. Questa interazione, teoricamente sempre prefigurata ma raramente tradotta in comportamenti operativi, è stata, ad un tempo, un obiettivo ed un risultato del progetto. Si è espressa in una maggiore attenzione al dialogo con il caregiver, anche con il ricorso, quando necessario, alla mediazione culturale, oltre che nella informazione e formazione del caregiver su specifiche pratiche assistenziali;


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Integrazione tra servizi. È questa la forma più alta ed ambita di integrazione. Operativamente è stata ed è continuamente ricercata attraverso lo sviluppo ed il perfezionamento degli strumenti di comunicazione tra diversi setting assistenziali, l’elaborazione di procedure multiprofessionali e multidisciplinari, la partecipazione a tavoli tecnici aziendali (nella ASL di Viterbo formalizzati e attivi già dall’anno 2020 con la denominazione di “Comunità di pratica”). Secondo l’opinione dei professionisti della nostra ASL le sfide più grandi che tale forma di integrazione deve vincere sono la non conoscenza reciproca degli ambiti di operatività di ciascun servizio e la specificità dei linguaggi tecnici utilizzati nei singoli contesti. Si tratta, tuttavia, di colline e non di montagne da scalare: gli incontri, l’elaborazione collegiale di procedure, lo scambio di documentazione tecnica sono alcuni degli strumenti che possiamo utilizzare per cercare la sintesi nel rispetto e nella valorizzazione delle specificità.

Sono state tutte rose e fiori? Il lettore ci perdoni l’utilizzo di questa espressione colloquiale. Desideriamo semplicemente comunicare la nostra intenzione di non nascondere le difficoltà che abbiamo incontrato e che, forse, nella giusta ambizione di condividere e dare visibilità al progetto ed al contributo di ciascuna professionalità, possono essere state rese “impalpabili”. L’elenco sarebbe lungo ed ogni professionalità coinvolta potrebbe segnalare quelle con le quali si è maggiormente confrontata o scontrata. Per non tediare il lettore ci limitiamo a descrivere due aspetti del lavoro svolto, comuni a tutte le professionalità, che si prestano ad essere interpretati e vissuti come difficoltà o opportunità: la gestione del carico di lavoro e la gestione del tempo. La necessità di utilizzare nuovi strumenti, di aderire a nuove modalità di lavoro, di curare maggiormente la comunicazione con il paziente e con gli altri professionisti genera inevitabilmente in ciascuno di noi la sensazione di un aumento del carico di lavoro e tale sensazione può costituire una barriera al cambiamento o comportare l’adozione di interventi vari, genericamente descritti come sensibilizzazione, informazione, formazione, motivazione, sostegno, commitment, endorsement che possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Non esiste un’unica ricetta per sconfiggere tale sensazione. Gli interventi prima citati sono tutti descritti nella letteratura organizzativa come potenzialmente idonei a gestire e a “far metabolizzare” ai professionisti la suddetta percezione. Nella nostra esperienza ciò che ha “funzionato” sono stati soprattutto il dialogo ed il confronto continui tra la Direzione (il livello “strategico”), la dirigenza (il livello organizzativo) ed i professionisti sul


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campo (il livello operativo) e la pazienza di attendere la maturazione delle condizioni per il cambiamento. La gestione del tempo è l’altra faccia della medaglia del vissuto personale: il coinvolgimento in un progetto di cambiamento genera la necessità di impegnarsi in attività nuove, strettamente collegate agli obiettivi da raggiungere, che si aggiungono a quelle routinarie svolte abitualmente. Inevitabilmente ciascuno di noi percepisce la sensazione di non avere tempo sufficiente per far fronte a tutti gli impegni e da tale sensazione può essere travolto. Abbiamo sperimentato ampiamente questa sensazione ed abbiamo testato anche l’efficacia (limitata) degli strumenti per governarla dentro di noi: darsi (o imporsi) delle priorità, lavorare per obiettivi, delegare (ove possibile!!!!) parti del lavoro. Anche in questo caso non vi sono ricette universalmente valide. Nella nostra esperienza sono state di aiuto il confronto con i colleghi e, soprattutto, l’accettazione (più o meno serena) dei nostri limiti. Quali sono stati, in breve, i più importanti e potenzialmente più fruttiferi risultati ottenuti? Anche per tale domanda, come per quella formulata nel paragrafo precedente, ogni professionalità potrebbe articolare una molteplicità di risposte. Abbiamo tentato di individuarne solo due che hanno il significato di essere forse valide per tutte le professionalità coinvolte e potenzialmente fruttifere, cioè in grado di creare un ambiente culturale favorevole allo sviluppo di nuove progettualità. Il primo risultato è stata la creazione di canali di comunicazione tra professionisti che lavorano nella stessa azienda e sugli stessi pazienti (magari in momenti diversi), che affrontano gli stessi problemi e che fino ad ora si erano poco o nulla incontrati e comunque non avevano mai condiviso un progetto di cambiamento. Non si può nascondere che, in alcuni casi, all’inizio qualcuno di noi possa aver provato una sensazione di diffidenza o di invadenza del proprio ambito operativo. Tuttavia il dialogo, continuamente cercato e sistematicamente trovato, ha consentito di far “cadere i muri”, qualora questi esistessero e di individuare i “punti di contatto” cioè le molteplici questioni sulle quali è stato possibile lavorare efficacemente insieme. L’altro risultato che intendiamo testimoniare e che riteniamo di poter spendere anche per le prossime sfide che ci aspettano è l’attenzione, quasi ossessiva, alla misurazione continua e sistematica dei risultati ed alla analisi e valutazione collegiale degli stessi nell’ambito di incontri multiprofessionali e con la Direzione Strategica. La cosiddetta “cultura del dato” è pratica non ampiamente diffusa in sanità, sebbene ne sia fortemente teorizzato il valore allo scopo di sostenere i processi di cambiamento. Con l’impulso della Direzione Strategica i professionisti si sono impegnati nella rilevazione dei dati concernenti le varie attività messe in campo e, in assenza di supporti informatici in


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via di sviluppo, lo hanno fatto utilizzando le modalità più semplici disponibili, quali la raccolta dei documenti cartacei ed il conteggio manuale degli eventi oggetto di interesse. Tali dati sono stati esaminati e valutati ed hanno consentito di capire se il percorso era quello giusto per conseguire gli obiettivi o se era necessario modificare la rotta.

Ed ora? In questo contributo abbiamo esperito il tentativo, non sappiamo se riuscito, di comunicare al lettore gli aspetti del nostro vissuto in questo progetto. Ci sentiamo una comunità in cammino verso nuovi obiettivi. Gli obiettivi sono indispensabili ma, forse, è soprattutto il sentirsi in cammino che alimenta giorno dopo giorno il nostro impegno.


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II. LA METODOLOGIA ADOTTATA A cura di Flavia Verginelli La transizione dall’ospedale verso il domicilio del paziente o verso altri setting assistenziali rappresenta un momento molto critico per i pazienti, soprattutto anziani e soggetti fragili. La necessità di individuare degli obiettivi da raggiungere nell’ambito di una riorganizzazione della dimissione ospedaliera deriva dal fatto che essa è spessa poco standardizzata ed è caratterizzata da discontinuità e frammentazione delle cure nel passaggio dall’ospedale al post-acuzie. Essa è risultata pertanto alla base del impegno di due tavoli di lavoro permanenti, fortemente sostenuti dalla Direzione Strategica della ASL di Viterbo, che, in un primo momento, hanno lavorato separatamente individuando rispettivamente le criticità ospedaliere e territoriali (con conseguente implementazione e/o modifica degli strumenti a disposizione) e successivamente si sono fusi per creare un sistema efficace ed efficiente di comunicazione e continuità assistenziale. Il primo obiettivo in ordine cronologico è stato quello di analizzare le componenti del processo di dimissione ospedaliera, partendo dalla valutazione della qualità dell’assistenza e considerando la dimissione come un unicum dall’accettazione al termine del percorso clinico-assistenziale in acuzie. Altro punto è stato quello di individuare le componenti modificabili e quindi di identificare i metodi per riprogettare l’intero processo di dimissione fino ad arrivare alla costituzione di un percorso personalizzato sul singolo paziente dall’ospedale al territorio. Per una corretta dimissione dall’ospedale o per il trasferimento delle cure sul territorio è stato necessario tenere sempre presente che l’uscita dall’ospedale per acuti non è un evento a sé stante ma un processo che deve essere pianificato già dalle prime ore dopo il ricovero o anche prima in caso di ricovero in elezione. Tale processo è facilitato da un approccio sistemico che inizia già in fase di valutazione. È stato inoltre considerato necessario assicurare che il paziente e il caregiver comprendessero e contribuissero alla decisione pianificata come partner paritari. L’evento dimissione è stato quindi facilitato da un approccio sistemico globale in team integrato multidisciplinare. Inoltre è risultato fondamentale riprogettare un passaggio di informazioni ai servizi territoriali per l’assistenza post-dimissione sufficientemente esaustivo al fine di non dover ritardare la dimissione e/o la presa in carico del paziente. Al fine di integrare quanto sopra descritto, si è attivato il servizio di discharge room, con personale e ambienti dedicati. Tale progetto ha però subito una battuta di arresto dovuta alla necessità di rimodulazione degli


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spazi ospedalieri e delle risorse umane a causa della emergenza pandemica da COVID19 che a tutt’oggi persiste. La modalità di valutazione e presa in carico con progettazione della dimissione sin dai primi giorni di ricovero, collegata all’impiego della discharge room, nonostante l’interruzione della sperimentazione, è stata acquisita e mantenuta dagli operatori sanitari, ed ha quindi portato alla progettazione di una dimissione personalizzata e alla creazione dell’AGENDA DI DIMISSIONE. All’ingresso del paziente, grazie alla Scheda di Accertamento infermieristico (Scheda Di Nuova Introduzione), all’Anamnesi e all’esame Obiettivo del medico, vengono intercettate le fragilità/problematiche dell’assistito con attivazione immediata dei percorsi necessari per una dimissione orientata in sicurezza. A seguito della somministrazione di specifiche scale di valutazione validate, durante le fasi di accertamento dei bisogni del paziente, possono essere attivati diversi percorsi che vedono coinvolte figure professionali diverse (dall’assistente sociale, allo psicologo, al singolo specialista o ai team multidisciplinari). L’anamnesi clinica, l’inserimento del paziente in specifici PDTA, l’utilizzo di specifiche scale di valutazione ha consentito inoltre di attivare il percorso psicologico necessario sia al paziente sia al caregiver già durante la degenza. Stesso dicasi per l’identificazione di un bisogno sociale con la conseguente attivazione del servizio preposto presente all’interno dell’ospedale, nel momento in cui venga identificata attraverso la somministrazione, da parte dell’infermiere di reparto dell’Indice di Brass, o direttamente su segnalazione del coordinatore infermieristico o del medico che hanno in carico il paziente. Tale processo in futuro sarà ulteriormente agevolato dall’informatizzazione della cartella clinica di reparto che consentirà una visione globale e immediata delle necessità clinico-assistenziali del paziente in carico a tutte le figure professionali che accederanno alla cartella e quanto si è programmato ed effettuato in tutte le fasi del ricovero fino alla dimissione. Alla dimissione al paziente viene fornita una cartellina con al suo interno la Lettera di Continuità Assistenziale compilata dal medico, in cui sono presenti due voci specifiche fondamentali nel continuum ospedale-territorio: una per eventuali appuntamenti ambulatoriali (visite specialistiche, prestazioni di diagnostica per immagine o di laboratorio) già prenotati durante la degenza (non solo per pazienti in cod.6) e per i quali ha prodotto specifiche impegnative dematerializzate inserite nella cartellina e una in cui il medico può scrivere eventuali consigli gestionali da effettuarsi a domicilio. Inoltre viene prodotta anche una Lettera di dimissione Infermieristica in cui, sulla base della valutazione degli undici modelli funzionale presenti sulla scheda di accertamento in ingresso, l’infermiere, oltre a descriverne la gestione durante il ricovero secondo le diagnosi infermieristiche codificate, definisce anche i passi successivi da


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compiere a domicilio, ad opera del paziente o del caregiver, o dei colleghi che prenderanno in carico il paziente negli altri setting assistenziali. In un’ottica di massima informazione ed orientamento del paziente, sono state prodotte 14 schede informative che, all’atto della dimissione, il medico e l’infermiere selezionano per ogni singolo paziente in base ai propri bisogni di salute. Tali schede danno indicazioni di varia natura, come per esempio indicazioni per richiedere copia della cartella clinica, o informazioni per il riconoscimento dell’invalidità civile e legge 104/92, fino alla collocazione degli ambulatori di riferimento per la gestione di una stomia. In questo modo il paziente viene dimesso con il complesso degli adempimenti finalizzati ad assicurare in forma programmata coordinata e integrata la dimissione informata e la fruizione appropriata e condivisa delle prestazioni e dei servizi in relazione ai bisogni accertati. A tale scopo, per esempio, sono stati creati degli spazi dedicati in specifiche agende CUP per la presa in carico territoriale di pazienti in dimissione con prima diagnosi di BPCO o Diabete durante il ricovero. Sono in fase di riorganizzazione altri due percorsi, già in essere, per i quali è stata già predisposta specifica modulistica alla dimissione per la presa in carico sul territorio: la richiesta di presa in carico da parte del team di terapia del dolore e cure palliative e la richiesta di presa in carico da parte team nutrizionale. Infatti la rilevazione del dolore è ormai una pratica consolidata negli ospedali della ASL di Viterbo, che necessita tuttavia della ridefinizione di un percorso univoco di presa in carico dall’ospedale al territorio ad opera di un TEAM unico aziendale nell’ambito dell’algologia e delle cure palliative. Lo stesso processo è stato pensato per l’ampliamento del TEAM NUTRIZIONALE. Il percorso è stato già in parte revisionato in base alle risorse attualmente disponibili individuate nelle diverse figure specialistiche necessarie presenti sia in ospedale che sul territorio. La diffusione della cultura dell’Agenda di Dimissione a tutte le UU.OO. del P.O. di Belcolle e a tutti i Presidi Ospedalieri della ASL di Viterbo ha seguito un cronoprogramma articolato per ogni unità operativa in queste fasi: 1. Incontro di formazione unitari del personale medico ed infermieristico all’uso degli strumenti 2. Utilizzazione degli strumenti da parte del personale 3. Verifica dell’utilizzo degli strumenti da parte della Direzione Sanitaria/ GOPS 4. Incontro per la condivisione con il personale dei risultati della verifica con individuazione di eventuali criticità e delle possibili misure correttive


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5. Implementazione delle misure correttive tra le quali: modifica degli strumenti e/o dei percorsi (es. definizione di slot per la prenotazione di prestazioni post-dimissione o modifica del format digitale della lettera di continuità assistenziale Medica uniformata per tutti i Presidi Ospedalieri e le singole Unità Operative) Contestualmente all’attivazione dell’agenda di dimissione nei singoli reparti e all’implementazione delle attività territoriali si sono tenuti incontri collegiali con una rappresentanza dei singoli tavoli e la Direzione Strategica per la condivisione dei contenuti degli strumenti sviluppati e dei risultati ottenuti dai tavoli tecnici. A tali incontri ha fatto seguito la modifica di alcuni strumenti sviluppati dai singoli e l’elaborazione di ulteriori altri strumenti al fine di agevolare il percorso del paziente ed il lavoro di tutti i professionisti dell’azienda. Un esempio fra tutti è la revisione della Scheda di prescrizione di presidi ed ausili che ha consentito da una parte di ridurre il rischio di errori da parte del medico ospedaliero richiedente, introducendo uno schema predefinito dei presidi più frequentemente richiesti, e dall’altra di avere tutte le informazioni cliniche e tecniche per autorizzare gli stessi nel minor tempo possibile.


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III. L’ACCERTAMENTO INFERMIERISTICO a cura di Anna Federici Lavorare in tempi di pandemia per gli infermieri non è stato semplice, ma è servito a rinforzare i legami, la solidarietà di gruppo e anche a riflettere sull’utilizzo di metodi e strumenti che possano essere di aiuto a pianificare l’assistenza rivolta alle persone. A tal proposito il progetto delle dimissioni orientate diviene un’opportunità per mettere a punto l’accertamento e in generale tutto il processo di nursing fino alla lettera di dimissione infermieristica. Seppure avviato poco prima dell’inizio della pandemia, momento di massimo impegno per la professione infermieristica, questo progetto ha risvegliato l’entusiasmo di trascrivere i dati di interesse assistenziale attraverso quel tempo di relazione con la persona assistita necessario per l’acquisizione dei dati stessi. In contrasto con l’emergenza Covid che ha scardinato, in pochissimo tempo, luoghi, modalità, struttura e possibilità di comunicazione di tutte le persone, è sembrato che gli infermieri volessero con forza riappropriarsi della propria identità professionale e vivere il momento dell’accertamento come il luogo di incontro comunicativo privilegiato con la persona. Riscoprire insieme tutti noi infermieri della Asl di Viterbo che la scheda di accertamento è il punto di avvio di un percorso multidisciplinare che tende ad un obiettivo comune ha ridato linfa a pensieri, idee e carica emotiva positiva. Sebbene, ad oggi una criticità dell’infermieristica è rappresentata dalla mancanza di un modello teorico di riferimento universale, esistono però delle informazioni che devono essere raccolte al fine di poter rilevare i bisogni assistenziali della persona. Alla persona assistita gli infermieri devono garantire l’assistenza pianificata e personalizzata ed è eticamente corretto che la persona stessa sappia che sarà compiuto un accertamento su alcuni modelli correlati alla salute alla ricerca dei suoi problemi reali o potenziali. L’accertamento è identificato come la prima fase del processo di assistenza infermieristica. Tale processo pone le basi teoriche per le modalità con cui gli infermieri organizzano non solo l’assistenza alle persone, ma anche il supporto ai caregivers, alle famiglie e alle comunità. La pianificazione dell’assistenza infermieristica e la scelta degli interventi assistenziali da erogare per soddisfare i bisogni di salute, prendono avvio con quanto emerso dall’accertamento. Questo step del processo di nursing consente infatti di: raccogliere le informazioni di base della persona; ■■ valutare le attività di vita / modelli funzionali; ■■


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■■

definire il rischio di sviluppare disfunzioni;

■■

fornire dati per la fase diagnostica infermieristica;

■■

iniziare la relazione di fiducia con la persona assistita.

La raccolta dei dati, eseguita al momento dell’ingresso della persona assistita nell’Unità Operativa di degenza, garantisce inoltre: ■■

la presa in carico precoce e la continuità dell’assistenza;

■■

l’identificazione dei pazienti a rischio di ospedalizzazione prolungata o di dimissione difficile;

■■

l’identificazione delle persone assistite con un livello di dipendenza nella gestione della propria persona utile ad esempio per la presa in carico da parte del fisioterapista per l’attivazione del percorso riabilitativo.

■■

la corretta pianificazione della dimissione con attivazione di eventuali percorsi educativi di autocura.

Descrizione delle attività La descrizione delle attività che costituiscono il progetto parte dall’identificazione di tutti i bisogni presenti all’ingresso di ogni paziente nelle UU.OO. di ricovero al fine di pianificare un percorso che garantisca una ridotta permanenza in ospedale. L’accertamento infermieristico consente questa prima valutazione dei bisogni. Sulla base dei dati rilevati attraverso i vari domini indicati nell’accertamento infermieristico si procede con la compilazione di scale e indici che danno luogo ad una migliore interpretazione di eventuali rischi come quello di dimissione difficile. Qualora si rilevi quest’ultimo rischio, la persona viene presa in carico dal Servizio Sociale che dopo un’ulteriore analisi decide i casi da gestire tramite il COA/Unità Valutativa Multidimensionale. L’accertamento infermieristico, avviato già prima della pandemia, è stato sperimentato, nella Asl di Viterbo, prima nel Presidio Ospedaliero di Belcolle e poi introdotto anche nei Presidi Ospedalieri periferici dell’Azienda. Tenendo conto della rimodulazione dei posti letto continua nel periodo covid, la scheda di accertamento è stata prodotta dalle UU.OO.del Presidio di Belcolle come da tabella sottostante La scelta di escludere alcune UU.OO. dall’accertamento infermieristico risiede in specifiche caratteristiche assistenziali delle stesse (ad esempio terapie intensive).


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Strumenti di misurazione Nella Asl di Viterbo la scheda di accertamento infermieristico è stata costruita prendendo come riferimento la Teorica del Nursing Marjory Gordon. La Gordon, adottando un approccio olistico dell’infermieristica, ha evidenziato chiaramente nel suo modello teorico come tutti gli esseri umani hanno in comune certi modelli funzionali che contribuiscono alla loro salute e al mantenimento della qualità di vita. Per modello funzionale si intende un insieme di comportamenti, più o meno consapevoli, che si ripetono nel corso del tempo e che relazionandosi continuamente fra loro formano l’unicità e la complessità di ogni singola persona. Tali modelli funzionali comuni a tutte le persone sono il centro di interesse dell’accertamento infermieristico. La descrizione e la valutazione dei modelli di salute permettono all’infermiere di identificare sia i modelli che sono funzionali che quelli che sono disfunzionali e per i quali occorre proporre interventi.


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

I modelli sono: 1. modello di percezione e gestione della salute 2. modello di nutrizione e metabolismo 3. modello di eliminazione 4. modello di attività ed esercizio fisico 5. modello di riposo e sonno 6. modello cognitivo-percettivo 7. modello di percezione di sé 8. modello di ruoli e relazioni 9. modello di sessualità e riproduzione 10. modello di coping e di tolleranza allo stress 11. modello di valori e credenze Affinché l’accertamento si renda più obiettivo possibile e al fine di garantire un alto standard qualitativo e quantitativo dell’assistenza occorre adottare: osservazione colloquio ■■ consultazione della documentazione clinica ■■ e soprattutto utilizzo di scale/indici di valutazione. ■■ ■■

La versione dello strumento di accertamento nella Asl di Viterbo è stata realizzata sulla base dell’analisi effettuata sui modelli funzionali di Gordon (Gordon M, 1990; 2009), della consultazione degli strumenti analoghi adottati in campo nazionale e della decisione, all’interno del Governo delle Professioni Sanitarie (GoPS), di scegliere un linguaggio tassonomico NANDA, NIC e NOC per le fasi successive della pianificazione assistenziale in considerazione della possibilità di introdurre in Azienda la cartella informatizzata integrata. Lo strumento è stato realizzato in forma cartacea, selezionando per i quesiti la traccia fornita dalla Gordon (Gordon M, 1985) (Scheda n. 1). Nelle strutture coinvolte per limitare le interpretazioni personali da parte degli operatori sono stati svolti degli incontri formativi a cura del GoPS e introdotte scale ed indici considerati importanti per rendere l’accertamento ancora più obiettivo.


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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La struttura della scheda di accertamento riassume nelle voci riportate gli undici modelli funzionali proposti da M. Gordon all’interno dei quali si possono raggruppare i comportamenti e le necessità degli esseri umani: ■■

■■

■■

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■■

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■■

■■

Modello di percezione e gestione della salute: definisce la visione che la persona assistita ha della propria salute e di come la gestisce e qui il dato ritenuto utile nella raccolta è orientato all’assunzione di farmaci. Modello nutrizionale e metabolico: viene definita la tipologia di dieta assunta. La valutazione di sistemi correlati alla tipologia di assunzione dei pasti e alle condizioni della pelle, delle mucose. Modello di eliminazione: viene definita l’eliminazione intestinale ed urinaria dell’individuo nelle sue caratteristiche di maggior interesse: frequenza, quantità, qualità e tipologia. Modello di attività ed esercizio fisico: all’interno di questo modello vengono analizzati tutti i comportamenti della vita quotidiana, dalle attività più semplici a quelle più complesse nella gestione della propria persona. Modello di riposo e sonno: l’alternanza circadiana di sonno, veglia e riposo vengono analizzate nel loro susseguirsi, sia a livello qualitativo che quantitativo. Modello cognitivo e percettivo: vista, udito, tatto, gusto ed olfatto: i 5 sensi presi in considerazione in base a come funzionano e se necessitano di ausili o apparecchiature esterne. La presenza o meno di dolore. Modello di percezione di sé: viene messo in evidenza il rapporto che ogni singolo individuo ha con preoccupazione, inquietudine, ansia. Modello di ruoli e di relazioni: viene sottolineato il rapporto che ogni singolo individuo ha con le persone circostanti e le relazioni che riesce ad instaurare con gli operatori. Modello di sessualità e riproduzione: rappresenta la percezione del singolo individuo in rapporto alla propria sfera sessuale. Modello di coping e di tolleranza allo stress: come il soggetto risponde alla capacità di adattamento alle situazioni a cui è sottoposto, le capacità di controllo e tolleranza. Modello di valori e convinzioni: vengono riportati i valori e le convinzioni che influiscono sul processo di cura della persona.


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro


LA DIMISSIONE ORIENTATA

Scheda n. 1 Accertamento infermieristico

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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

Come precedentemente evidenziato, per evitare che i dati raccolti, entro le 48 ore dal ricovero, nell’accertamento siano influenzati da elementi soggettivi legati all’esperienza ed alla competenza di ogni professionista, con conseguente scarsa efficienza organizzativa, è bene ricorrere all’utilizzo di strumenti validati e indici assistenziali condivisi. Infatti le scale di valutazione e gli indici assistenziali, se correttamente utilizzati, favoriscono una lettura oggettiva e confrontabile dei fenomeni assistenziali, una omogenea valutazione quali-quantitativa dell’assistenza e la comunicazione o lo scambio di informazioni tra le diverse discipline (Silvestro, 2003). Gli strumenti che la letteratura suggerisce per valutare la complessità della dimissione sono cinque: Hospital Admission Risk Profile – HARP Identification of Seniors At Risk - ISAR ■■ Care Complexity Prediction Instrument – COMPRI ■■ Score Hospitalier d’Evaluation du Risque de Perte d’Autonomie - SHERPA ■■ Blaylock Risk Assessment Screening Score – BRASS ■■ ■■

Hoogerduijn e collaboratori in una revisione sistematica criticano, per ragioni diverse, l’applicabilità nella clinica di tre, HARP, ISAR e COMPRI, dei cinque strumenti citati: la non specificità per la popolazione anziana la scarsa validità e affidabilità la non chiarezza nella loro applicazione in ambito clinico l’eccessivo tempo di somministrazione e la scarsa fruibilità delle informazioni non sono noti il livello di conoscenza e di formazione richiesto al valutatore. Per quanto riguarda SHERPA gli stessi autori dichiarano che lo strumento ha una moderata capacità predittiva spiegata dal fatto che esclude dalla valutazione alcune variabili che si manifestano durante il ricovero e determinano un aumento del rischio di declino funzionale (Hoogerduijn, Schuurmans, Duijnstee, de Rooij, & Grypdonck, 2007). La scelta quindi ha portato all’utilizzo della scala di BRASS che consente di identificare coloro che sono a rischio di ospedalizzazione prolungata e di dimissione difficile: in particolare i pazienti che avranno bisogno dell’attivazione di servizi (o risorse assistenziali anche familiari) per l’assistenza extraospedaliera. Inoltre gli infermieri possono utilizzare le informazioni fornite dalla BRASS per pianificare interventi educativi da attuare già durante il ricovero. A questo punto la scheda di accertamento è stata impostata in modo tale che in presenza di alterazioni di almeno due modelli funzionali associate a criteri predisposti in base a: età ■■ numero dei ricoveri negli ultimi tre mesi; ■■


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numero di problemi clinici attivi; ■■ numero di farmaci assunti; ■■

richiedesse la compilazione della scala di Brass da parte degli infermieri (Scheda 2).


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

Scheda 2 Scala di Brass La Scala Brass o indice di Brass si articola in 10 item presi in considerazione, ovvero: 1. Età; 2. Condizioni di vita e supporto sociale; 3. Stato funzionale; 4. Stato cognitivo; 5. Stato comportamentale; 6. Mobilità; 7. Ambito sensoriale; 8. Numero di precedenti ingressi al pronto soccorso; 9. Problemi clinici attivi; 10. Quantità di farmaci assunti. È opportuno spiegare come si assegnino i punteggi di ogni singolo item: 1. Se l’età è 55 anni o inferiore si attribuisce il valore 0; Se l’età è tra i 56 anni e 64 anni si attribuisce il valore 1;


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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Se l’età è tra i 65 anni e i 79 anni si attribuisce il valore 2; Se l’età è 80 anni o superiore si attribuisce il valore 3. 2. Le condizioni di vita vengono esaminate in base alla figura o alle figure con cui il soggetto anziano vive: Se il paziente vive a domicilio con la moglie\marito si attribuisce il valore 0; Se il paziente vive a domicilio con la famiglia si attribuisce il valore 1; Se il paziente vive a domicilio solo ma con il sostegno della famiglia si attribuisce il valore 2; Se il paziente vive a domicilio solo ma con il sostegno di amici e conoscenti si attribuisce il valore 3; Se il paziente vive a domicilio solo e senza sostegno si attribuisce il valore 4; Se il paziente vive a domicilio con assistenza domiciliare si attribuisce il valore 5. 3. Lo stato funzionale viene esaminato in base all’autonomia o dipendenza nelle ADL O IADL del paziente: Se il paziente è autonomo si attribuisce il valore 0; Se il paziente è dipendente (di qualsiasi natura) si attribuisce il valore 1; 4. Lo stato cognitivo viene esaminato in base all’orientamento tempo, spazio, luogo e concezione di sé: Se il paziente è orientato si attribuisce il valore 0; Se il paziente è disorientato qualche volta in alcune sfere si attribuisce il valore 1; Se il paziente è disorientato sempre in alcune sfere si attribuisce il valore 2; Se il paziente è disorientato qualche volta in tutte le sfere si attribuisce il valore 3; Se il paziente è disorientato sempre in tutte le sfere si attribuisce il valore 4; Se il paziente è in stato comatoso si attribuisce il valore 5. 5. Nello stato comportamentale si prende in considerazione: Se il paziente ha un comportamento appropriato si attribuisce il valore 0; Se il paziente presenta wanderig, stato di agitazione, confusione o simili si attribuisce il valore 1. 6. L’ambito della mobilità viene esaminato nel seguente modo: Se il paziente deambula si attribuisce il valore 0; Se il paziente deambula con aiuto di ausili si attribuisce il valore 1; Se il paziente deambula con assistenza si attribuisce il valore 2; Se il paziente non deambula si attribuisce il valore 3.


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

7.Nell’ambito sensoriale si esamina il deficit visivo e uditivo: Se il paziente non presenta deficit il valore attribuito è 0; Se il paziente presenta uno dei due deficit il valore attribuito è 1; Se il paziente presenta entrambi i deficit il valore attribuito è 2. 8. Il numero di ingressi al pronto soccorso incidono nell’indice nel seguente modo: Nessuno negli ultimi 3 mesi si attribuisce valore 0; Uno negli ultimi 3 mesi si attribuisce valore 1; Due negli ultimi 3 mesi si attribuisce valore 2; Più di due negli ultimi 3 mesi si attribuisce valore 3. 9. I problemi clinici attivi si analizzano nel seguente modo: Se il paziente presenta meno di 3 problemi clinici attivi il valore attribuito è 0; Se il paziente presenta dai 3 ai 5 problemi clinici attivi il valore attribuito è 1; Se il paziente presenta più di 5 problemi clinici attivi il valore attribuito è 2. 10. Alla quantità di farmaci assunti viene attribuito il seguente punteggio: Se il paziente assume meno di 3 farmaci il valore attribuito è 0; Se il paziente assume più di 3 farmaci il valore attribuito è 1. Eseguendo in finale la sommatoria di tutti i punteggi attribuiti si riscontra l’indice di rischio di insorgenza di problematiche post-dimissione nella persona assistita. Punteggio Finale Punteggio

Indice di rischio

0-10

BASSO soggetti a basso rischio di problemi dopo la dimissione: non richiedono particolare impegno per l’organizzazione della loro dimissione, la disabilità è molto limitata.

11-19

MEDIO Soggetti a medio rischio di problemi legati a situazioni cliniche complesse che richiedono una pianificazione della dimissione ma probabilmente senza rischio di istituzionalizzazione.

≥ 20

ALTO Soggetti ad alto rischio perché hanno problemi rilevanti e che richiedono una continuità di cure probabilmente in strutture riabilitative o istituzioni.


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Nella sperimentazione della Asl di Viterbo tutte le persone aventi rischio medio-alto di problemi post-dimissione ospedaliera ovvero con punteggio ≥ 11 al Brass index sono state segnalate al Servizio Sociale per ulteriore analisi e successiva richiesta alla Centrale operativa Aziendale (COT A) per l’attivazione dell’Unità valutativa Multidimensionale al fine appunto della dimissione agevolata e la presa in carico negli altri setting extraospedalieri.

Esiti della sperimentazione Nell’esperienza condotta nella Asl di Viterbo rispetto al percorso delle Dimissioni Orientate sono stati analizzati i dati rilevati nei mesi di Febbraio Marzo – Aprile - Maggio 2022. I dati sono stati raccolti nelle unità operative del Presidio Ospedaliero di Belcolle come di seguito riportato: ACCERTAMENTO UUOO MESE FEBBRAIO ■■

AREA MEDICA

■■

AREA CHIRURGICA

■■

AREA CARDIOLOGICA

■■

AREA NEUROSCIENZE

■■

GASTRONEFROLOGIA

■■

UROLOGIA

ACCERTAMENTO UUOO MESE MARZO AREA MEDICA ■■ AREA CHIRURGICA ■■ AREA CARDIOL ■■ AREA NEUROSCIENZE ■■ GASTRONEFROLOGIA ■■ UROLOGIA ■■ GINECOLOGIA ■■

ACCERTAMENTO UUOO MESE APRILE ■■ ■■

AREA MEDICA AREA CHIRURGICA


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

■■

AREA CARDIOLOGICA

■■

AREA NEUROSCIENZE

■■

GASTRONEFROLOGIA

■■

UROLOGIA

■■

GINECOLOGIA

■■

MEDICINA D’URGENZA

I dati relativi alle schede di accertamento compilate sono stati: Mese

N schede accertamento compilate nelle UUOO

Febbraio

360

Marzo

494

Aprile

471

Maggio

474

Totale

1799

Rispetto agli accertamenti è stato considerato l’indicatore: – Numero accertamenti infermieristici /Numero di ricoveri per UU.OO. individuate Mese

Valore indicatore Numero accertamenti infermieristici /Numero di ricoveri per UU.OO. Individuate

Febbraio

360/360 = 1

Marzo

494/494 = 1

Aprile

471/471=1

Maggio

474/474=1


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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Sono state poi considerate il numero di scale di Brass compilate: Mese

N schede accertamento ­compilate nelle UUOO

N scale di Brass c ­ ompilate

Febbraio

360

138

Marzo

494

214

Aprile

471

196

Maggio

474

165

Totale

1799

713

In base al numero di scale Brass compilate è stato considerato l’indicatore: – Numero di schede BRASS compilate / Numero di accertamenti infermieristici effettuati Mese

Valore indicatore Numero accertamenti infermieristici /Numero di ricoveri per UU.OO. Individuate

Valore indicatore Numero di scale BRASS compilate / Numero di accertamenti infermieristici effettuati

Febbraio

1

138/360 = 0,38

Marzo

1

214/494 = 0,43

Aprile

1

196/471 = 0,41

Maggio

1

165/474 = 0,34

Infine sono state considerate il numero di scale di Brass trasferite al Servizio Sociale per ulteriore analisi. Mese

N schede accertamento compilate nelle UUOO

N scale di Brass ­compilate

N di schede Brass inviate al Servizio Sociale per valutazione e attivazione UVM

Febbraio

360

138

92

Marzo

494

214

148

Aprile

471

196

127

Maggio

474

165

136

Totale

1799

713

503


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

Ovviamente sulle scale di Brass compilate, in considerazione della presenza dei criteri di compilazione, non tutte hanno individuato un rischio di dimissione difficile ≥ 11. In base al numero di scale di Brass compilate sono stati considerati i seguenti indicatori: – –

umero di BRASS compilate con valore = > 11 / Numero di scale BRASS N compilate Numero di BRASS compilate con valore = > 11 / Numero di accertamenti infermieristici

Mese

Valore ­indicatore Numero accertamenti infermieristici /Numero di ricoveri per UU.OO. Individuate

Valore i­ ndicatore Numero di schede BRASS compilate / Numero di accertamenti infermieristici effettuati

Valore i­ ndicatore Numero di BRASS compilate con valore = > 11 / Numero di schede BRASS compilate

Valore i­ ndicatore Numero di BRASS compilate con valore = > 11 / Numero di accertamenti infermieristici

Febbraio

1

0,38

92/138 = 0,66

92/360 = 0,25

Marzo

1

0,43

148/214 = 0,69

148/494 = 0,29

Aprile

1

0,41

127/196 = 0,64

127/ 471 = 0,26

Maggio

1

0,34

136/165 = 0,82

136/474 = 0,28

Possiamo pertanto concludere che gli esiti della sperimentazione Progetto Dimissioni Orientate dimostrano che: –

l ’accertamento infermieristico viene prodotto su tutti i ricoveri nelle UU.OO. individuate. Alla persona assistita gli infermieri garantiscono l’assistenza pianificata e personalizzata e riconoscono come eticamente corretto che la persona stessa sappia che sarà compiuto un accertamento su alcuni modelli correlati alla salute alla ricerca dei suoi problemi reali o potenziali; le scale e gli indici sono importanti per rendere l’accertamento ancora più obiettivo. Nel percorso delle dimissioni orientate, si è ritenuto ricorrere alla scala di Brass qualora all’accertamento infermieristico fossero presenti i criteri per la compilazione. Rispetto a questo è stato constatato che il rischio


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di dimissione difficile è presente nel 40% degli assistiti nelle UU.OO. individuate nel periodo di sperimentazione; delle scale di Brass compilate il 70% degli assistiti valutati con questo strumento presentano un rischio di dimissione difficile medio-alto ovvero con punteggio ≥ 11, i rimanenti ovviamente si pongono in un punteggio di basso rischio. la scala di Brass si è rivelata uno strumento di facile e veloce compilazione e sembra fornire buone indicazioni per la validità predittiva in merito al rischio medio-alto di dimissione difficile del paziente. Infatti mette in luce un rischio medio-alto di dimissione difficile nel 27% di tutte le persone assistite nelle UU.OO. individuate del Presidio Ospedaliero di Belcolle nel periodo di sperimentazione, in linea con altri studi italiani.


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

IV.  RUOLO DEL SERVIZIO SOCIALE NEL PROGETTO DELLE DIMISSIONI ORIENTATE a cura di Nicoletta Salvatori Il servizio sociale professionale in ambito ospedaliero è il punto di congiunzione tra il sanitario e il sociale, tra l’Ospedale e il Territorio, tra la cura e l’assistenza. Il suo intervento si caratterizza per la molteplicità delle prospettive all’interno di un’ottica trifocale che vede interagire la persona con la sua famiglia, il suo ambiente di vita e l’organizzazione dei servizi, in una prospettiva circolare di influenza reciproca. Di conseguenza il servizio sociale rappresenta un valore aggiunto nella lettura bio-psico-sociale dei bisogni della persona, in grado di predisporre per tempo, già durante il periodo di degenza, dimissioni appropriate e sostenibili condivise con il paziente (di seguito pz.) e la famiglia, nella rete dei servizi territoriali dove il cittadino vive. Le aree d’intervento che rappresentano i processi di lavoro del servizio sociale in ambito ospedaliero sono: area di segretariato sociale, consulenza e informazione ai familiari e ai pz. in merito ai servizi e agli interventi presenti sul territorio (ADI, FKT, Centri Diurni, ecc.); ■■ area di intervento di rete, lavoro di connessione intra ed extra-organizzativa che consente all’assistente sociale (di seguito A.S.), di disegnare soluzioni personalizzate per ciascun cittadino sulla base della conoscenza reale del bisogno; ■■ area dell’abitare, favorire il rientro della persona presso il proprio domicilio oppure, ove impossibile, facilitare percorsi di inserimento residenziale; ■■ area della tutela economica, valutazione delle risorse economiche del pz. e della sua capacità di gestirle ed eventuale attivazione di risorse specifiche in collaborazione con altri enti pubblici o privati; ■■ area della tutela giuridica, segnalazione e collaborazione con l’Autorità Giudiziaria, attività di advocacy in percorsi civili e penali in favore dei pz fragili: consulenze su istanze di invalidità civile e disabilità, tutela della donna e del neonato, tutela delle vittime di violenza diretta e/o assistita, (…). ■■

L’attivazione del servizio sociale presso i Poli Ospedalieri della Asl di Viterbo può avvenire attraverso tre modalità: ■■ ■■

diretta quando è il pz e/o i suoi familiari a rivolgersi al servizio; indiretta su richiesta dei reparti ospedalieri, dei servizi e delle istituzioni territoriali (EE.LL. FF. OO., Magistratura, Terzo Settore, Associazioni di volontariato, (...);


LA DIMISSIONE ORIENTATA ■■

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percorsi strutturati: dimissioni orientate, violenza di genere, codice azzurro (…).

Descrizione delle attività In merito al progetto delle dimissioni orientate, il servizio sociale viene attivato dal coordinatore infermieristico con l’invio della scheda BRASS (valutazione del rischio post dimissione ospedaliera) con un punteggio ≥ di 11 per i pz con età superiore ai 65 anni o che abbiano compromissione di uno o più domini emersi dall’accertamento infermieristico. A questo punto il servizio sociale prende in carico il pz. e lo accompagna lungo tutto il percorso di cura, valutandone anzitutto la complessità dei bisogni attraverso una anamnesi ed una valutazione sociale ponderata e, in modo conseguenziale, verso una dimissione programmata. Nella fase dell’assessment l’A.S. pone la propria attenzione non soltanto sui bisogni espressi o meno dalla persona, ma anche su quelle che sono le risorse proprie ed ambientali del contesto in cui vive, nonché le risorse della rete dei servizi presenti e attivabili. Tale valutazione permette di intercettare precocemente i pz con un bisogno semplice e quelli con un elevato livello di fragilità socio-sanitaria (bisogno complesso); ed indirizzare gli interventi su più linee di attività. In caso di bisogno sociale semplice l’A.S. procede all’attivazione diretta dei servizi e/o delle prestazioni, coinvolgendo, ove necessario, la rete formale e informale presente sul territorio; diversamente se il bisogno rilevato è complesso o di natura sanitaria, attiva l’Unità Valutativa Multidimensionale Ospedale Territorio ( di seguito UVM), mettendone a conoscenza la COT A, per analizzare, in maniera olistica e multidimensionale, gli aspetti sanitari ed i bisogni sociali della persona, al fine di elaborare un Progetto Assistenziale Individuale (PAI) attraverso il budget di salute che permetta di garantire l’attuazione e l’efficacia degli interventi condivisi con il pz e i suoi familiari. Sia in caso di bisogno semplice che complesso il servizio sociale invia al collega del comune e del distretto di competenza la lettera di dimissioni sociali contenente valutazione e diagnosi sociale, oltre agli eventuali appuntamenti previsti nell’agenda di dimissioni

Strumenti di misurazione La scheda (pag. 92) utilizzata per la valutazione sociale del pz e del suo contesto di vita è stata realizzata sul modello della “Binas colori sociali”8 . Le motivazioni alla base della scelta di questo strumento sono relative alla sua immediatezza nella somministrazione, particolarmente utile in un contesto 8. uno strumento studiato e validato dalla professoressa Edda Samory con il Centro Studi di Servizio Sociale e già applicata in alcune realtà regionali (Emilia Romagna, Sardegna (..)


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

dinamico e in veloce evoluzione come quello ospedaliero, alla sua grande malleabilità grazie alla quale è stato possibile adattarlo alla rilevazione e valutazione di quelli che sono i principali determinanti sociali che influiscono sulle condizioni di salute della persona (contesto abitativo, reddito, rete familiare, capacità), prendendo in considerazione non soltanto variabili oggettive ma anche le potenzialità delle persone e la loro rete relazionale. Di fatto la scheda si compone di sei items di cui due a carattere oggettivo (situazione abitativa e situazione economica) e quattro a carattere soggettivo che prendono in esame le risorse del contesto vitale e le capacità personali, aree in cui è imprescindibile la partecipazione dei soggetti interessati, nell’ottica di quello che Milner e O’Byrne (2004) definiscono assessment della reciprocità, basato su una valutazione sociale partecipata. Le principali attenzioni e criticità in questa delicata fase del processo di aiuto riguardano il rischio di una elevata standardizzazione dei processi e di una categorizzazione dei pz con la conseguenza di un allontanamento da una valutazione quanto più possibile personalizzata ed appropriata per le specifiche esigenze della persona. A completamento della valutazione ponderata di cui sopra, si utilizza una scheda anamnestica di raccolta delle principali informazioni socio assistenziali sul pz, quali la situazione giuridica, la presenza di altri servizi territoriali, la composizione del nucleo familiare, (…). Le due schede permettono di avere un quadro socio relazionale maggiormente definito.

Esiti della sperimentazione Al termine del percorso assume rilevanza la fase della valutazione dei processi e degli esiti post dimissioni attraverso l’individuazione di indicatori adeguati alla misurazione dell’appropriatezza dell’intervento. I dati che seguono sono relativi al primo quadrimeste di sperimentazione (febbraio maggio2022) e sono inerenti, nello specifico, all’intervento del servizio sociale in relazione al percorso di Dimissione Orientate. Il numero di pz sottoposti a valutazione sociale ponderata su numero di Brass pervenute al servizio sociale è pari a 503/503 (100%). Il servizio sociale sui 503 pz ha effettuato i seguenti interventi: – –

1 285 contatti con pz e/o familiari; 61 contatti con Enti Locali (34 Viterbo, 1 Montefiascone, 4 Orvieto, 5 Orte, 5 Acquapendente, 1 Rieti, 2 Vetralla, 2 Ronciglione, 1 Bomarzo, 1 Canepina, 2 Vignanello, 1 Tarquinia, 1 Marta, 1 Civita Castellana); 152 contatti con i servizi territoriali (83 Distretto C Civitacastellana, 58 Distretto B Viterbo, 10 Distretto A Tarquinia, 1 PUA Rieti).


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TAB.1. Dati del Servizio Sociale – periodo Febbraio/Maggio 2022 Periodo di sperimentazione

Dal 01.02.2022 al 31.05.2022

N. Brass N. Brass N. Utenti in N. Casi N. Casi con esito con esito cui è stato segnalati segnalati in prestazi- in valutazinecessario dal PS dal PS e one one UVM intervento ma e gestiti gestiti dalla sociale / Integrata non intercettati dalla COH COH con Numero / Numero né dall’acsenza intervento totale totale certamento interCOT A Brass Brass infermieristico vento né dalla Brass COT A 4/503

494/503

83

7

/

Esiti della valutazione sociale effettuata sui 503 pz: – – – –

4 sono risultate con bisogno semplice a bassa intensità sociale, per i quali è stato preso contatto con il servizio sociale di residenza per concordarne le dimissioni; 4 sono deceduti nel frattempo; 1 dimesso a domicilio nello stesso giorno in cui è stata inviata la BRASS. 494 pz sono stati valutati con bisogno complesso ad alta intensità sociale per i quali è stata richiesta UVM.

Gli indicatori presi in esame per misurare l’intervento del servizio sociale, considerano sia la dimensione quantitativa, attraverso il numero di valutazioni ed il numero di interventi effettuati, sia la dimensione qualitativa in relazione alla tipologia di interventi posti in essere. Considerando che una valutazione ex post nel breve termine è importante per ovviare alla possibile influenza dei determinanti ambientali e socio economici che riguardano il contesto di vita della persona, è previsto nella prossima fase del progetto un monitoraggio tramite contatto telefonico effettuato dall’A.S. del distretto, rivolto al pz. e ai sui familiari entro i primi 3 gg. successivi alle dimissioni per un feedback utile per far emergere eventuali nodi critici e proposte di miglioramento del processo. In un lavoro teso a costruire percorsi di cure e care, l’obiettivo del servizio sociale in linea con il PNRR è facilitare la permanenza della persona fragile nel proprio domicilio, nella propria casa intesa come primo “luogo di cura”. È proprio in questa dimensione che il servizio sociale diventa un elemento di qualità, facendosi promotore di attivare e prendersi cura delle reti di sostegno


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per favorire sia i processi di integrazione interna all’ Azienda (Ospedale-servizi territoriali), che esterna (EE.LL.- terzo settore), nell’ottica di una sanità di prossimità e al fine di evitare che problemi sociali, culturali ed economici ostacolino il raggiungimento dell’obiettivo salute-benessere del cittadino.


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V. IL RUOLO DELL’UNITÀ VALUTATIVA INTEGRATA OSPEDALE -TERRITORIO NELLA DIMISSIONE ORIENTATA a cura di Elettra Lazzaroni La ASL di Viterbo ha formalizzato già nel 2018 l’istituzione della UVM H-T nelle dimissioni orientate. La nostra UVM H-T è composta da operatori afferenti a Servizi Territoriali e Ospedalieri, nell’ottica di integrare competenze e funzioni di esperti per individuare la soluzione assistenziale più appropriata per l’utente valutato e la sua famiglia. Infatti il setting che viene individuato dal Team rappresenterà non solo la continuità assistenziale, ma soprattutto il luogo di cura di un paziente fragile e complesso. L’Unità Valutativa Multidimensionale rappresenta uno strumento importante, normato e riconosciuto a livello internazionale che consente a esperti con competenze multidisciplinari, di ottimizzare attivià, valutazioni e soluzioni di approprietezza. Una responsabilità etica, morale e socio sanitaria di cui dobbiamo averne tutti consapevolezza. Per questa complessità di valutazione non è sufficiente essere “esperti” ma integrare le competenze le esperienze scientifiche significa mettere in atto la sintesi della cultura e formazione di ogni operatore nel proprio ambito, la conoscenza delle normative vigenti, e soprattutto l’umanizzazione di percorsi di soluzione assistenziale. La valutazione multidimensionale, a seguito della stabilizzazione del quadro clinico del pz, si concretizza principalmente in due setting assistenziali. Dimissione con rientro presso il proprio domicilio: l’A.S. coinvolge il comune e/o il distretto di competenza in modo da condividerne la programmazione, fornisce maggiori informazioni sui bisogni assistenziali e sulle possibili difficoltà nella gestione del rientro al domicilio, organizza, ove necessario, il trasporto, attiva la rete dei servizi utili al pz, coinvolgendo i familiari e informandoli su eventuali diritti fruibili, attiva il terzo settore per eventuali azioni di supporto. Dimissione con inserimento in struttura residenziale: l’A.S. informa il pz e i familiari sulle strutture residenziali presenti sul territorio e sui servizi di sollievo e supporto al care giver, monitora l’andamento delle liste di attesa per le LD, RSA, Cod.56, R1 Hospice residenziale e domiciliare, in stretto contatto con l’Ufficio Ricoveri al fine di fornire informazioni utili ai Reparti per la programmazione delle dimissioni e ai familiari per i tempi di ingresso del proprio familiare in struttura.


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

Abbiamo previsto che l’UVM H-T fosse uno strumento permanente nella sede dell’Ospedale di Belcolle, con accessi almeno 2 volte a settimana presso l’Ospedale e se necessario effettua la valutazione integrandosi con il Team da remoto. Vorrei aprire una parentesi alla soluzione da “remoto” che nella visione di utilizzo delle nuove tecnologie ha consentito di ottimizzare i tempi e le risorse, consentendo anche con distanze di sede, di lavorare integrati all’interno di reparti ospedalieri gestendo la complessità assistenziale. A questo punto viene effettuata la valutazione multidisciplinare valutando attentamente il paziente, la cartella clinica con i colleghi del reparto, le informazioni della valutazione sociale, della riabilitazione e si individua la soluzione assistenziale più appropriata per il rientro a domicilio o per attivazione di Strutture Accreditate. Vorrei sottolineare che tutti i componenti della UVM sono tutti formati per effettuare questa attività. L’importanza della formazione risulta indispensabile e selettiva nell’individuare i componenti della UVM, nessuno può “improvvisare”. Pertanto ogni operatore deve essere inserito nella formazione continua. Almeno due componenti della UVM, di cui uno il Geriatra, si recano in reparto e con il medico del reparto e il coordinatore infermieristico prendono visione della cartella clinica, valutano il paziente, compilano le scale di valutazione. L’insieme dei dati acquisiti e il confronto in UVM danno esito alla soluzione di appropriatezza. Soluzione che prevede rientro a domicilio ADI ricovero in Post acuzie in strutture accreditate ■■ ricovero in strutture terriroriali di cronicità in accreditato ■■ ■■

L’assistenza domiciliare deve rappresentare la scelta principale e più appropriata per il paziente. Infatti Curare a Domicilio è l’obiettivo che dobbiamo perseguire per garantire una dimissione rapida nel confort del proprio ambiente con l’utente seguito dai suoi familiari e dai servizi ASL. Gli operatori dell’assistenza domiciliare oltre il loro lavoro di funzioni e competenze, hanno il compito di educare e formare i care-giver alla gestione del paziente stesso, dalle piccole medicazioni, ad apprendere piccole manovre di riabilitazione, come far alzare il paziente, come sostenerlo per pochi passi, come accudirlo, come cambiarlo. Inoltre educare ad una corretta alimentazione, a come nutrirlo, a quali cibi evitare, etc.


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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1. Lungodegenza, rappresenta la necessità del continuare le cure il ambiente protetto per un periodo più lungo in quanto il paziente non ancora stabilizzato ma con fase acuta superata. Sono pazienti complessi che prevedono una assistenza H 24 di tipo sanitario con terapie complesse. Dalla LD il paziente che si stabilizza può essere rivalutato per, ADI, RSA, Riabilitazione Ex art 26, o se la complessità è tale da rappresentare un fine vita potrà essere spostato in Hospice. 2. Riabilitazione post acuzie Cod. 56 3. RSA, il paziente che ha terminato il suo percorso di cura e in relazione a scelta del paziente stesso o della famiglia o del rappresentante legale, in un ambito comunque di stabilità clinica e in fase di cronicità può dopo valutazione Multidimensionale ed in UVM Distrettuale integrata dal servizio sociale dell’ente Locale di residenza essere inserito in struttura di RSA e rimanere in carico al proprio MMG. L’UVMH-T si avvale di Scale di Valutazione validate, quali il Barthel index, le IADL, il MMSE, la Scala del Dolore e la relazione clinica fatta in ambito ospedaliero dalla valutazione congiunta dal geriatra ed il medico che ha in cura la persona durante il ricovero.


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

VI. IL PERCORSO RIABILITATIVO a cura di Renzo Scolastici In Riabilitazione gli interventi non sono mai rivolti esclusivamente all’organo o al sintomo ma vengono trattati in relazione complessiva con la Persona e l’ambiente in cui vive e questo principio si concretizza nel concetto di “presa in carico”. La Riabilitazione costituisce un settore di intervento per il quale è importante garantire una pianificazione integrata tra il sistema sanitario e quello sociale. Le attività finalizzate al recupero funzionale dei pazienti devono essere garantite in fase acuta, post-acuta e sugli esiti, proponendo alla Persona con disabilità ricoverata in acuzie un Percorso Riabilitativo Unico e Integrato nei vari setting terapeutici della Rete Riabilitativa che sia focalizzato sui bisogni del paziente. Per definire correttamente il grado di necessità della Persona da riabilitare si devono considerare più aspetti quali la complessità clinica, la disabilità e la comorbilità, dal momento che la malattia è origine di menomazioni che limitano le attività della vita quotidiana e della partecipazione alla vita sociale. In riabilitazione l’interprofessionalità e l’interdisciplinarità partono dai bisogni della persona coinvolgendo tutte le figure professionali dell’area riabilitativa, ampliandosi a professionisti delle aree infermieristiche, tecniche, psicologiche e delle attività sociali. Lo scopo della Riabilitazione è “guadagnare salute” e ambito dell’intervento riabilitativo è “definire la persona” per poi realizzare tutti gli interventi sanitari necessari a raggiungere le condizioni di massimo livello di funzionamento e partecipazione ponendo al centro il concetto di qualità di vita. Le evidenze della letteratura dimostrano che tanto più è tempestiva la presa in carico tanto più valido può essere il risultato raggiungibile in termini di recupero e di prevenzione di ulteriori danni (secondari e terziari) e per sfruttare appieno l’intero potenziale riabilitativo del paziente il processo di cura deve iniziare precocemente.

DESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ Nella Asl di Viterbo la Rete Riabilitativa Aziendale garantisce la continuità di presa in carico dei pazienti nei diversi setting assistenziali: in regime di degenza, ambulatoriale e domiciliare. L’intervento del riabilitatore nei reparti per acuti ha diversi obiettivi :


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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■■

contribuire a prevenire gli effetti avversi dell’ipomobilità (“prevenzione”),

■■

modificare i problemi di salute dell’utente (“cura”),

■■

partecipare, in stretta integrazione con le altre figure professionali coinvolte nella cura del paziente, all’ orientamento della dimissione e alla predisposizione precoce di quanto necessario per il rientro a domicilio.

Definendo il Percorso Riabilitativo, la Asl Vt stabilisce i criteri di attivazione e le modalità di conduzione condivise in una logica di interdisciplinarietà trasversale nel rispetto della centralità della persona, al fine di garantire al paziente il massimo livello di recupero compatibile con le condizioni cliniche, attraverso interventi riabilitativi tempestivi e precoci, per migliorare gli esiti dell’assistenza riabilitativa e la qualità percepita. La presa in carico riabilitativa coincide con l’attivazione di una valutazione funzionale in cui il riabilitatore identifica il livello di bisogno riabilitativo. Laddove il bisogno sia “semplice” si procederà al Trattamento Riabilitativo, qualora fosse “complesso” si proporrà al medico di reparto il coinvolgimento dell’Unità Valutativa Integrata H-T. Il trattamento riabilitativo durante la degenza comprende: interventi riabilitativi rivolti alla Persona (esercizi terapeutici, terapie manuali, individuazione e addestramento all’uso di dispositivi) ■■ interventi riabilitativi rivolti ai contesti di vita (educazione terapeutica ai familiari/care-giver, proposta di adattamenti ambientali) ■■ compilazione della documentazione clinica alla dimissione con consegna laddove appropriata di schede di addestramento al paziente e/o al care giver ■■

I dati dimostrano che è estremamente rilevante il valore dell’immediatezza della presa in carico riabilitativa globale già durante il ricovero e che altrettanto essenziale è prevenire la discontinuità tra interventi sanitari e socio assistenziali alla dimissione. Nel nostro contesto aziendale si è avviato uno studio pilota volto ad evidenziare l’efficacia in termini di governo clinico dell’utilizzo di uno strumento di rilevazione dati (accertamento infermieristico) che, intercettando precocemente i bisogni, consenta una tempestiva attivazione dei servizi. Dal momento che tutti gli studi affermano che la mobilizzazione precoce (dopo 48/72 ore dal ricovero) ha un effetto positivo sugli outcome in termini di: recupero funzionale ■■ incidenza delle ulcere da pressione ■■


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

recupero debolezza muscolare riduzione disturbi cardio respiratori ■■ incidenza delle infezioni ■■ delle alterazioni vegetative ■■ riduzione dei tempi di dimissione ■■ ■■

e che durante la degenza il riabilitatore chiamato a valutare e prendere in carico precocemente il paziente ha la possibilità durante tutta la fase di ricovero di effettuare colloqui con i familiari/care-givers al fine di conoscere il contesto ambientale, familiare e abitativo ■■ attiva programmi di addestramento ed educazione alla gestione del paziente ■■ partecipa a incontri di integrazione con eventuali altri componenti dell’equipe di cura con l’obbiettivo di ridurre i rischi di dimissione difficile, attivare processi di orientamento, agevolare la presa in carico territoriale e facilitare la domiciliarità eleggendo la casa come primo luogo di cura. ■■

Possiamo concludere che la Riabilitazione è fondamentalmente un processo educativo del paziente e della famiglia in cui la precocità è l’indice di appropriatezza della cura da cui deriva un aumento dell’efficienza organizzativa con una riduzione dei carichi assistenziali e la restituzione della persona al proprio ambiente di vita. Questo è l’obbiettivo principale verso il quale devono convergere tutti gli interventi riabilitativi. Nella Asl di Viterbo la scheda di accertamento infermieristico è stata utilizzata come strumento per intercettare anche il bisogno riabilitativo consentendo, già dopo 24 ore dall’accertamento, la possibilità di richiedere la valutazione riabilitativa. La valutazione riabilitativa viene attivata quando nel modello funzionale di “attività ed esercizio fisico” dell’accertamento infermieristico, il livello di dipendenza nella gestione della propria persona è > 1. La presa in carico dopo 48/72 ore dal ricovero consente di intervenire precocemente sulla prevenzione dei danni secondari, rallentando il declino funzionale associato alla ridotta mobilità ■■ sull’aumento dell’autonomia e delle capacità attuali della Persona, riducendo la necessità di assistenza e facilitando il Percorso Nutrizionale ■■ sulla gestione del dolore o delle disfunzioni attraverso strategie di posizionamento a supporto del Percorso della Terapia del dolore ■■ sulla prevenzione dei fattori di rischio e delle situazioni potenzialmente fonte di alterazioni di struttura e funzione, riducendo i rischi di una dimissione difficile. ■■


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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Strumenti di misurazione: la precocità della valutazione riabilitativa per agevolare le dimissioni e la domiciliarità È durante la degenza che inizia l’accertamento del bisogno e del potenziale riabilitativo della persona assistita. Lavorando sul progetto delle dimissioni agevolate si è evidenziato che 1. 78 sono i pazienti complessi per i quali è stata attivata l’UVI H-T per proseguire il Percorso riabilitativo dopo la dimissione su 587 attivazioni di valutazione riabilitativa 2. solo il 12,7% dei pazienti con rischio medio alto di ospedalizzazione prolungata e/o dimissione difficile è in trattamento fisioterapico Di seguito si evidenziano come significativi i primi dati del percorso riabilitativo dei pazienti ricoverati nel mese di Aprile e Maggio presso l’Area Medica. N° ATTIVAZIONI VALUTAZIONI RIABILITATIVE

124

N° SCHEDE ACCERTAMENTO COMPILATE

202

N° SCHEDE ACCERTAMENTO CON LIVELLO DI >1

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N° ATTIVAZIONI PERCORSO RIABILITATIVO ENTRO 48/72 H DALL’EVENTO ACUTO

103

N° ATTIVAZIONI TARDIVA PERCORSO RIABILITATIVO

21

N° PAZIENTI DIMESSI

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PROSEGUIMENTO DEL PERCORSO RIABILITATIVO ALLA DIMISSIONE

13 TERMINA 14 NON PROSEGUE 2 MED MF 1 RSA 15 ALTRO REPARTO 17 VILLA IMM.COD56 2 VILLA MARGHERITA 2 S. LUCIA 5 ADI PONTE 27 ADDESTRAMENTO GESTIONE AUTONOMIE

il 61% dei pazienti ai quali è stata compilata la scheda di accertamento hanno un bisogno riabilitativo ■■ il 100% dei pazienti ai quali la scheda d’accertamento ha intercettato il bisogno riabilitativo hanno iniziato il percorso riabilitativo ■■


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

l’83% dei pazienti ai quali la scheda di accertamento ha intercettato il bisogno riabilitativo è stata attivata la valutazione riabilitativa entro 48/72h ■■ il 17% dei pazienti ai quali la scheda di accertamento ha intercettato il bisogno riabilitativo è stata attivata la valutazione riabilitativa dopo 48/72h ■■

Esiti della sperimentazione Dei 1475 accertamenti infermieristici compilati nel quadrimestre Febbraio – Maggio presso l’Ospedale di Belcolle 587 hanno rilevato un bisogno riabilitativo. 587 / 1475 = 39,8% pazienti con attivazioni percorso riabilitativo sul totale degli accertamenti infermieristici Dei 587pazienti che hanno iniziato il Percorso Riabilitativo nei reparti per acuti 67 hanno un bisogno complesso che ha richiesto l’attivazione dell’ UVI H-T (per Brass>11) e 467 hanno un bisogno riabilitativo semplice Ad oggi 534 pazienti hanno proseguito il percorso riabilitativo alla dimissione nei setting successivi come evidenziato in Tabella e 53 sono in trattamento nei reparti con percorso riabilitativo da definire. 67/534 = 12,5% percorsi riabilitativi con bisogno complesso 467/534 = 87,5% percorsi riabilitativi con bisogno semplice Dei 1475 accertamenti infermieristici 418 pazienti avevano una Brass >11 di cui 67 hanno un bisogno riabilitativo e richiedono l’attivazione dell’UVI H-T per il proseguimento del percorso riabilitativo dopo la dimissione. 67 / 418 = 16% percorsi riabilitativi attivati in UVI H-T per i pazienti ad alto rischio di dimissione ( Brass>11) Con il proseguimento della sperimentazione che consentirà attraverso la scheda di accertamento di intercettare precocemente il bisogno riabilitativo e l’attivazione tempestiva di una mobilizzazione precoce, si ridurranno i danni secondari e il numero di pazienti ad alto rischio di dimissione (Brass > 11) aumentando la possibilità di educazione ed addestramento del paziente e care giver con conseguente incentivazione della domiciliarità . Oggi solo il 2 % (38/534) dei pazienti che hanno iniziato il percorso riabilitativo nei reparti per acuti sceglie l’Assistenza Domiciliare come setting successivo alla dimissione.


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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DATI COMPLESSIVI FEBBRAIO - MAGGIO 2022 SETTING DI DIMISSIONE

BISOGNO ­ OMPLESSO C (BRASS >11)

BISOGNO SEMPLICE

TOT. PZ CON BISOGNO ­RIABILITATIVO

ADI

3

19

22

ADI PONTE

12

4

16

ADDESTRATI ALLA GESTIONE DELLE AUTONOMIE

19

172

191

VILLA IMMACOLATA COD 56

16

38

54

MONTEFIASCONE COD.56

0

7

7

VILLA S MARGHERITA

3

6

9

VILLA IMMACOLATA CO.60

1

2

3

RSA

2

12

14

RSA COVID

0

4

4

VILLA IMMACOLATA EX ART.26

1

0

1

HOSPICE

0

4

4

MEDICINA MONTEFIASCONE

0

19

19

ALTRO OSPEDALE EXTRA AZIENDALE

0

8

8

S. LUCIA

1

1

2

ALTRO REPARTO DI ­BELCOLLE

2

92

94

NON PROSEGUE PER MUTATE CONDIZIONI CLINICHE

7

55

62

NESSUN TRACCIAMENTO

0

24

24

ANCORA DEGENTI IN TRATTAMENTO CON PERCORSO DA DEFINIRE

53

TOTALE

67

467

587 (534+53)


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

VII.  PERCORSO INTEGRATO OSPEDALE TERRITORIO TERAPIA DEL DOLORE a cura di Giovanni Siena Nell’ampio spettro delle specialità mediche si sta distinguendo, per necessità e rilevanza, la gestione del sintomo dolore tramite metodiche integrate farmacologiche-procedurali, andando a connotare la cosiddetta Terapia del Dolore. Una corretta e pronta gestione di una condizione clinica caratterizzata da esigenze algologiche rappresenta sempre più spesso una sfida per il medico, quanto in misura maggiore, un diritto imprescindibile del paziente/utente che afferisce alla struttura ospedaliera o ambulatoriale. Un appropriato approccio inoltre permette di evitare che il paziente, presentatosi all’attenzione del clinico con un evento acuto, vada incontro ad una cronicizzazione dello stesso, con notevole aggravio per la persona e per il sistema sanitario. Facendo riferimento alle più recenti linee guida gestionali, la tendenza è quella di mantenere per il più breve tempo possibile il paziente nella struttura ospedaliera, accelerando la sua dimissione a domicilio con dettagliata programmazione di futuri accessi ambulatoriali così da garantire la continuità terapeutica ed assistenziale. La gestione antalgica rappresenta in quest’ottica uno dei punti fondamentali, sia per il confort del paziente che per un miglior outcome a medio e lungo termine. Il panorama della Terapia del Dolore però non si limita solamente a prendersi carico del paziente chirurgico dimesso; si compone anche di molti altri fenotipi di pazienti, che vanno dal soggetto geriatrico osteo artrosico con comorbidità, al paziente oncologico che ciclicamente afferisce alla struttura ospedaliera per seguire percorso di cura. La patologia osteo artrosica assume un ruolo primario, non tanto in termini di incidenza quanto di prevalenza, ponendo così la struttura ambulatoriale come riferimento per i medici di famiglia ed il territorio con il quale si sviluppa rapporto proficuo e vantaggioso per il paziente stesso. Discorso fortunatamente diverso in termini epidemiologici per i pazienti oncologici, che necessitano comunque di un servizio che risponda prontamente alle improvvise e gravi esigenze caratterizzanti la malattia neoplastica. Con orgoglioso riferimento alla legislazione italiana, capofila a livello europeo con la legge 38, il sintomo dolore, il suo monitoraggio e conseguente trattamento, ha acquisito la considerazione di parametro vitale per ogni paziente presente all’interno della struttura ospedaliera, ponendo così il servizio di Anestesia Rianimazione e Terapia del Dolore come riferimento per tutte le altre strutture operative.


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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Attività del Servizio Al momento l’attività del nostro servizio si articola essenzialmente su quattro turni settimanali di sei ore ciascuno, durante i quali si effettuano prestazioni ambulatoriali finalizzate ad offrire assistenza a pazienti di provenienza territoriale, inviati da specialisti, medici di famiglia o prenotati spontaneamente. Parallelamente a questo viene svolto servizio di consulenza nei reparti ospedalieri, attivato discrezionalmente dal collega afferente al reparto richiedente sotto forma di consulenza specialistica, la quale viene evasa nel più breve tempo possibile. Quest’ultimo aspetto è caratterizzato sia dalla presenza di pazienti oncologici, che di pazienti in regime di ricovero per inquadramento diagnostico, che pazienti afferenti ad altri servizi ambulatoriali (Malattie Infettive, Angiologia, Neurologia...) o al reparto di Medicina Protetta. Per quel che concerne l’attività ambulatoriale, si tende a dedicare tre giorni allo svolgimento delle procedure, mantenendo una giornata, il giovedì mattina, per le prime visite che per la maggior parte vengono fissate tramite CUP regionale. Nella gestione degli appuntamenti teniamo conto della possibilità di avere delle urgenze da poter espletare anche al di fuori degli orari canonici, effettuando così delle prime visite anche nei giorni di procedure ed inserendo il paziente direttamente. La parte procedurale si compone di vari livelli di terapia infiltrativa, articolare e non, che viene eseguita a seconda del distretto anatomico con ausilio di guida ecografica ed in modo particolare a carico delle grandi articolazioni (spalla, ginocchio, anca, sacro-iliaca); per le patologie delle strutture vertebrali si applicano diversi approcci infiltrativi, sia a carico delle componenti articolari che discali. Ogni iter intrapreso viene scelto previa visita ed esame obiettivo, esami strumentali effettuati, integrazioni degli stessi e consulenze di specialisti dove necessario.

Strumenti valutativi L’inquadramento del paziente afferente al servizio di Terapia del Dolore si basa in maniera precipua sulla semeiotica; non esistono al momento strumenti valutativi validati per il sintomo dolore. Si applicano scale monodimensionali (VRS , NRS, VAS..) o multidimensionali ( McGill, Brief Pain Inventory, PainAid) per cercare di oggettivare un sintomo altrimenti non definibile. Di estrema importanza e non altrimenti derogabile è il supporto delle indagini radiologiche, che completano la valutazione clinica e ci indicano spesso la genesi del problema; l’ecografia sta assumendo sempre più importanza sia in fase diagnostica che successivamente in procedura, e durante la visita del paziente l’imaging in real time che ci consente è spesso dirimente


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

nelle decisioni che si prendono. Rimane centrale il ruolo svolto dalle tradizionali indagini radiologiche, in quanto ricche di informazioni, facilmente eseguibili e con basso impatto sull’economia sanitaria. Altrettanto importanti sono le metodiche radiologiche come la TAC o la Risonanza Magnetica Nucleare, soprattutto nei pazienti con patologie della colonna o con patologia neoplastica in fase di stadiazione. Di seconda linea sono indagini quali Angiografia di distretti periferici, Scintigrafia a cellule marcate, cosi come esami di competenza specialistica tipo Potenziali Evocati o ElettroMioGrafia, che vanno a costituire un imprescindibile completamento diagnostico.

Dati Facendo riferimento al periodo Gennaio-Aprile 2022, di seguito elenco delle procedure che sono state effettuate presso il nostro servizio: Prestazione

Numero pazienti

Prime Visite

65

Visite Controllo

31

Mesoterapia

77

Peridurali

3

Intra articolari Spalla

6

Intra articolari Anca

2

Intra articolari Ginocchio

7

Intra articolari Sacro Iliaca

8

Consulenze Reparti

30

Prestazioni fornite nell’ambito del percorso “Dimissioni orientate” Prestazione

Numero pazienti

Prime Visite

30

Consulenze Reparti

30

Il servizio di Terapia del Dolore opera con l’intento di garantire assistenza sia a livello intra-ospedaliero, fornendo supporto quando richiesto tramite consulenza specialistica, che a livello extra-ospedaliero, mettendo a disposizione del territorio la propria struttura ambulatoriale, accessibile tramite prenotazione CUP regionale o contatto diretto.


LA DIMISSIONE ORIENTATA

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VIII.  CENTRO DI NUTRIZIONE CLINICA E ACCESSI VASCOLARI a cura di Aristide Pellegrini La malnutrizione è un insieme di alterazioni strutturali e funzionali dell’organismo causate da una riduzione dell’apporto energetico o all’ iperassunzione calorica e/o da carenza di nutrienti tali da comportare effetti negativi su prognosi, morbosità e mortalità. La malnutrizione è tutt’altro che una questione riguardante i paesi poveri; possiamo trovare persone malnutrite ogni giorno nelle corsie degli ospedali, nelle RSA o nelle case di pazienti affetti da diverse patologie. Il deficit nutrizionale colpisce pazienti, spesso anziani, che a causa di patologie acute o croniche, non possono nutrirsi in modo adeguato. Può trattarsi di soggetti con patologie infiammatorie intestinali, neurologiche, sottoposti ad interventi chirurgici o disfagici; tuttavia un’ampia percentuale di pazienti malnutriti è rappresentata anche da malati oncologici con un progressivo decadimento dello stato nutrizionale correlato alla neoplasia stessa e agli effetti collaterali delle terapie. La malnutrizione coinvolge diversi aspetti, clinici ed economici. Dal punto di vista clinico questi pazienti presentano un inferiore tasso di risposta alle cure, maggiore compromissione della risposta clinica, oltre che un peggioramento della qualità di vita. Dal punto di vista economico un paziente malnutrito necessita di una degenza ospedaliera più lunga con maggiore frequenza di complicanze post-operatorie, alto tasso di riospedalizzazione e costi più elevati per il SSN che, per i soggetti malnutriti, possono superare fino a 2-3 volte lo standard. In Europa si stima una spesa di 170 miliardi di euro per oltre 30 milioni di pazienti. I servizi sanitari europei devono costantemente fronteggiare le conseguenze cliniche negative dovute alla piaga della malnutrizione che, con una presa in carico precoce del problema, potrebbero gravare decisamente meno. La letteratura riporta che in Europa la malnutrizione si riscontra con una frequenza media del 35% tra i nuovi ammessi in ospedale e che tale condizione si aggrava, nella maggior parte dei casi, durante la degenza ospedaliera. Il percorso nutrizionale dell’ASL di Viterbo ha la finalità di migliorare lo stato nutrizionale del paziente ospedalizzato e di fornire al momento della dimissione un percorso ambulatoriale e di Nutrizione Artificiale Domiciliare per migliorare l’aspettativa di vita e la qualità della vita del paziente. Le attività specifiche svolte presso il Centro di Nutrizione Clinica e Accessi Vascolari sito presso il presidio Ospedaliero Centrale Belcolle sono le seguenti: –

Il medico Nutrizionista e il Dietista svolgono consulenze intra ospedaliere di valutazione nutrizionale, al fine di garantire al paziente malnutrito


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Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

il corretto apporto calorico proteico, di micro e macro nutrienti. Al momento della dimissione, ove necessario, al paziente verrà somministrato un Piano Terapeutico personalizzato di Nutrizione Artificiale e schemi dietoterapici. Il paziente verrà inoltre dimesso con un calendario di appuntamenti per il follow up nutrizionale presso l’Ambulatorio di Nutrizione Clinica. Il Centro si occupa anche del posizionamento degli accessi vascolari a medio/ lungo termine, in ambito ospedaliero e territoriale. Al fine di garantire la continuità terapeutica vengono posizionati accessi venosi tipo PICC e/o MIDLINE anche in fase di dimissione ospedaliera, utili all’esecuzione di prelievi ematici, somministrazione di eventuale terapia venosa, antalgica, nutrizione parenterale e eventuali esami strumentali. Grazie all’impianto di tali devices il paziente può beneficiare di una dimissione precoce e proseguire le terapie del caso presso il proprio domicilio. L’Ambulatorio di Nutrizione Clinica si interfaccia continuamente con il territorio tramite Centro Assistenza Domiciliare (CAD), Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), Assistenza Domiciliare Altissima Intensità di Cura (ADIAI), Unità speciali di continuità assistenziali (USCAT), Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) e Hospice;

Offre prestazioni alle seguenti tipologie di pazienti sia in ospedale che sul territorio: Pazienti disfagici per patologie neurologiche, acute o degenerative; Pazienti oncologici sottoposti a radioterapia / chemioterapia con malnutrizione calorico proteica e/o cachessia; ■■ Pazienti con malattie infiammatorie intestinali; ■■ Pazienti chirurgici da inserire nel protocollo Enhanced Recovery After Surgery (ERAS); ■■ Pazienti operati, oncologici o complicati che necessitano di supporto nutrizionale calorico proteico; ■■ Pazienti affetti da insufficienza intestinale (intestino corto); ■■ Pazienti con insufficienze multi organiche croniche; ■■ Pazienti ostetriche ginecologiche; ■■ Pazienti con disturbi del comportamento alimentare; ■■ Neonati e bambini affetti da sindromi neurologiche acute o da malattie rare in collaborazione con il centro Nad dell’Ospedale pediatrico BAMBINO GESU’; ■■ Pazienti affetti da obesità; ■■ Pazienti affetti da sindromi metaboliche; ■■ ■■


LA DIMISSIONE ORIENTATA ■■

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Pazienti che necessitano di nutrizione parenterale domiciliare.

el Centro di Nutrizione Clinica si posiziona il sondino naso gastrico da N nutrizione enterale e si sostituiscono gastrostomie; in collaborazione con il servizio di endoscopia si confeziona gastronomia endoscopica percutanea (PEG). Un semplice strumento utilizzato per identificare i pazienti a rischio di malnutrizione e i pazienti ad alto rischio nutrizionale che necessitano di una pre-riabilitazione nutrizionale è la scala Malnutrition Screening Tool, una scala validata, progettata per un facile utilizzo da parte degli infermieri coinvolti nell’ammissione di pazienti negli ospedali, che comprende un breve questionario (tre domande) da somministrare entro 48 ore dal primo contatto con la persona. Questo test si presta ad essere somministrato anche nella fase di accertamento infermieristico, anche in questo caso associandolo ad una disfunzione nel modello funzionale della nutrizione. Seguirà la valutazione della dietista e se necessario del nutrizionista. La valutazione nutrizionale prevede la raccolta di alcuni dati attraverso diversi metodi di valutazione che consentono di definire bene la composizione corporea. Verrà presa in considerazione in particolare l’antropometria. Le misure considerata in antropometria sono: peso e statura (definiscono l’accrescimento corporeo); le pliche (determinano la topografia dello stato di grasso sottocutaneo);le circonferenze ; i diametri (servono più che altro per definire la taglia corporea); le lunghezze segmentali (vengono definite semplicemente per la valutazione in alcuni momenti particolari, per esempio: in riferimento allo sport o come misure antropologiche). l’indicatore fondamentale é il peso corporeo, esso è un indicatore grossolano della composizione corporea e del bilancio energetico. In ultimo, non per importanza, la stima del dispendio energetico attraverso la Formula di predizione del Dispendio Energetico di Harris- Benedict. L’intervento nutrizionale si basa sulla prescrizione ed elaborazione di piani dietoterapici personalizzati, counseling nutrizionale e nutrizione artificiale, in particolare nutrizione enterale e parenterale.

Dati Centro Nutrizione Clinica e Accessi Vascolari Il Centro di Nutrizione Clinica e Accessi Vascolari della ASL di Viterbo, nel trimestre febbraio- aprile 2022, ha erogato le seguenti prestazioni: –

2 2 pazienti hanno posizionato, in collaborazione con il servizio di endoscopia digestiva, sonde gastrostomiche e/o sondino nasogastrico per patologie neurodegenerative o oncologiche; con successiva prescrizione di nutrizione enterale totale;


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– –

Focus sulle fasi del processo: metodi e strumenti di lavoro

3 0 pazienti, affetti da disfagia di grado medio/grave, sono stati presi in carico con prescrizioni di Alimenti a Fini Medici Speciali (AFMS); 25 sono pazienti oncologici in trattamento radio e chemio terapico sono stati presi in carico con prescrizioni di Alimenti a Fini Medici Speciali (AFMS);

3 sono pazienti con patologie infiammatorie intestinali sono stati presi in carico con prescrizioni di Alimenti a Fini Medici Speciali (AFMS);

7 sono affetti da insufficienza intestinale grave in Nutrizione Parenterale totale presso il proprio domicilio sono stati presi in carico in collaborazione con il servizio ADIAI

5 pazienti sono di età minore ai 18 anni seguiti in collaborazione con ­l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesu’di Roma.

8 pazienti con malnutrizione in eccesso

4 0 consulenze che richiedevano intervento dietoterapico del Dietista alcune con integrazione della prestazione Medica Specialistica attraverso l’elaborazione di diete personalizzate e supporto nutrizionale.

S ono stati impiantati 265 accessi vascolari (Picc Cicc Midline) 5 di questi a domicilio.


Conclusioni

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e continue sfide sanitarie ci hanno costretto a riflettere su come l’approccio alla sanità di comunità debba essere un approccio one health e di come l’approccio alla persona debba essere un approccio olistico ma anche di responsabilizzazione verso la salute che è un bene del singolo ma anche di tutta la comunità. Per ridurre gli eventi avversi post-dimissione, non è sufficiente l’ottimizzazione delle strategie cliniche ma è necessario valutare altri importanti aspetti, spesso trascurati, quali l’acquisizione di informazioni approfondite sugli aspetti psicosociali e socio-economici, la creazione di legami efficaci e tempestivi con le strutture territoriali, il coinvolgimento del paziente e delle persone che lo assistono. L’evidenza suggerisce che la pianificazione della dimissione dovrebbe iniziare fin dal momento del ricovero, anzi già dall’accesso al PS: questo comporta un confronto continuo lungo un’asse temporale che coinvolge una pluralità di soggetti realizzando una rete di rapporti interprofessionali che si coordina attraverso strumenti informativi digitali. Tutti i pazienti che giungono al ricovero, sia in elezione sia in urgenza, dovrebbero essere sottoposti, idealmente subito dopo l’ingresso, ad una valutazione completa e alla creazione di una pianificazione della dimissione. Questo processo, multiprofessionale e multisetting, si ricompone all’interno del PRIS in un unico episodio longitudinale di cura e la COT ne rappresenta il disegno degli snodi decisionali mantenendo saldo il filo del percorso, avendo la visione completa della storia sociosanitaria della persona. Rientrare al proprio domicilio con indicazioni chiare su come comportarsi e come orientarsi all’interno del SSR offre alla persona la possibilità di scegliere tra le opzioni di cura e contribuire attivamente alla gestione della malattia, diminuendo il senso di ansia legato al ritorno a casa. Assicurando l’appropriatezza grazie ad una scelta ragionata e condivisa della soluzione assistenziale, lavorando sulla facilitazione nei processi di 111


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Conclusioni

attivazione e presa in carico sul territorio, garantendo un supporto motivazionale ed educazionale al paziente ed ai suoi famigliari possiamo ottenere enormi benefici per la persona malata, la sua famiglia e l’organizzazione sanitaria, sia economici che di impatto sulla qualità di vita e sulla qualità dell’assistenza, ma soprattutto sugli esiti di salute. La casa come luogo di cura è possibile solo se riusciamo a trasformarla in luogo sicuro per la persona, per la famiglia e per i professionisti che all’interno vi operano tenendo; sempre presente che la casa non sempre corrisponde al domicilio della persona quanto piuttosto al luogo in cui lui si sente a casa. Infatti la casa non è solo il luogo fisico costruito e abitato dagli uomini ma è una rappresentazione simbolica della salute fisica, psichica, affettiva e sociale della persona, nonché rappresenta la sua storia, quindi è più un luogo interiore che non delle semplici mura.


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