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sociale Una sanità da migliorare, con generosità e partecipazione
Giacomo Faldella, già neonatologo del Policlinico e presidente della Fondazione
Sant’Orsola, racconta i progetti e gli obiettivi per l’anno in corso. Ma anche il valore di un ente che conta su 15 imprese nella governance, 227 volontari e 28 mila donazioni
Partiamo da uno dei nuovi progetti che ci coinvolge.
“Il prossimo servizio che Fondazione Sant’Orsola donerà ai pazienti dell’ospedale è nato da una chiacchierata sul terrazzo di Confindustria Emilia. L’associazione degli industriali emiliani ci ha offerto di aprire a tutti i pazienti ricoverati al Sant’Orsola la possibilità di frequentare, supportati dai nostri volontari, i corsi di formazione di Study in Action, una piattaforma che mette a disposizione corsi di formazione e-learning gratuiti. È una cosa che può apparire piccola, ma ha un grande valore, perché contribuirà a rendere i giorni di ricovero comunque pieni di vita”.
Proviamo ora a tracciare il quadro dei vostri interventi.
“L’obiettivo di fondo di Fondazione Sant’Orsola è essere a fianco di chi vive un percorso di cura per migliorare accoglienza e terapie. Per questo investiamo innanzitutto sull’innovazione: con oltre 500mila euro abbiamo portato al Sant’Orsola un lettino digitale che rende più efficace e sicura la radioterapia per i bimbi e una macchina che, mantenendo battente il cuore dopo la donazione, rende possibili più trapianti. Ma siamo ancor più impegnati sul fronte dei servizi per le persone”.
Quali sono le sfide per quest’anno?
“Un reparto tutto nuovo per i pazienti di Oncologia; far vivere il primo centro per il benessere dei pazienti con barbiere e parrucchiere dentro all’ospedale; mantenere aperta Casa Emilia dove in 22 appartamenti si accoglie gratuitamente chi deve rimanere a lungo a Bologna per terapie o controlli; costruire “Il parco della luna”, un piccolo padiglione immerso nel verde dove i piccoli pazienti ricoverati possano fare attività integrative. Sono solo alcuni dei 15 progetti che puntiamo a realizzare, grazie alla partecipazione di tutti”.
Cosa significa essere una “fondazione di partecipazione”?
“Fondazione Sant’Orsola è nata quattro anni fa dalla volontà di nove imprese, che nel frattempo sono divenute 15. Le imprese non donano soltanto, ma sono nella governance, costituiscono il consiglio di amministrazione dell’ente, dimostrando con i fatti il grande ruolo che le aziende possono giocare nella gestione dei beni comuni, la funzione pubblica che possono svolgere. Che cosa le unisce? Il desiderio di restituire qualcosa alla comunità in cui sono nate e cresciute. Un secondo aspetto rilevante è che i progetti nascono dall’ascolto di chi vive l’ospedale tutti i giorni: dai pazienti agli infermieri, dai medici ai familiari. Sono concreti, rispondono a bisogni reali perché nascono dal basso; per essere realizzati, poi, devono essere approvati dalla direzione dell’ospedale. Così, la Fondazione unisce base e vertice”.
C’è un progetto che sintetizza il vostro approccio, nella relazione con il pubblico?
“Il sistema sanitario dà la logopedia ai bimbi che nascono con la sindrome di Down a partire dal quarto anno di vita. Troppo tardi. Con il progetto ‘Guarda come cresco’ abbiamo dato la logopedia precoce, da 0 a 6 anni, a 43 bambini. Non solo: con un corso annuale insegniamo a 40 logopediste a realizzarla altrove e con un progetto di ricerca con Unibo vogliamo dimostrare l’efficacia del nostro approccio, che migliora la qualità della vita dei bambini e, anticipandola, riduce la spesa di welfare. L’obiettivo, insomma, è indurre il pubblico a cambiare e migliorare, non limitarci a fare da stampella”.
E avete trovato riscontro tra le persone?
“Assolutamente sì. I progetti si realizzano grazie alla partecipazione di tanti: in quattro anni abbiamo coinvolto 28 mila donatori: oltre 400 imprese e migliaia di cittadini. La trasparenza libera la generosità delle persone: far vedere che insieme si possono migliorare le cose, raggiungere risultati concreti e importanti accende il desiderio di partecipare. I nostri promotori coprono tutte le spese di funzionamento della Fondazione, dal personale alla raccolta fondi, e grazie a questo garantiamo che il 100% di ogni donazione che arriva vada al progetto a cui è stata dedicata: un elemento di trasparenza importante, che facilita la partecipazione. La garanzia proviene dal metodo che ci siamo dati: rendicontare sempre come vengono impiegate tutte le donazioni. Le informazioni si trovano sul nostro sito (www.fondazionesantorsola.it)”.
Ma anche limitarsi a rendicontare sembra non vi basta più
“Dopo averlo sperimentato su Casa Emilia nel 2022, abbiamo deciso di fare un passo ulteriore: quest’anno iniziamo, con il centro studi AICCON, un lavoro per misurare l’impatto che quello che facciamo ha sui pazienti ma anche sull’ospedale, sulla città, sulle imprese che partecipano. Fotografare il cambiamento che si genera, per vedere cosa funziona e cosa meno e migliorare sempre: questo è il nostro obiettivo”.
Con un importante valore aggiunto “I nostri volontari: 227 persone che ogni giorno realizzano nove servizi diversi per i pazienti, dall’aiuto ai pasti all’accoglienza negli atri, dal dono di un libro che chiunque è ricoverato può chiedere all’accompagnamento nel Day hospital oncologico. Hanno un’età media di 44 anni, perché ci sono pensionati ma anche tanti giovani e moltissimi lavoratori. Sono un motore di solidarietà sul campo, quotidiano e continuo”.