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L’Autonomia è forte solo se ben gestita
Oggi, avere una percezione chiara di come essa possa essere messa nelle condizioni di sostenere un nuovo e generativo processo di crescita, è la vera emergenza a cui dobbiamo rispondere.
di MAURO MARCANTONI
Per meglio cogliere la portata della straordinaria crescita economica di cui abbiamo potuto beneficiare, è opportuno partire dai dati. Rispetto alla media nazionale, nel 1971 il Pil pro capite era in Trentino pari al 98,2% e in Alto Adige al 104,5%: in entrambi i casi sostanzialmente basso. Negli ultimi cinquant’anni questo indicatore è schizzato verso l’alto, superando rispettivamente il 130% in Trentino e il 160% in Alto Adige. Per apprezzare meglio questo dato, è utile considerare che la crescita percentuale, sempre rispetto alla media nazionale, nel periodo considerato è risultata in Trentino doppia e in Alto Adige addirittura più che tripla rispetto al Veneto, che pure è la migliore performance tra le Regioni del nord.
In Trentino, sempre rispetto alla media nazionale, negli ultimi dieci anni questa capacità propulsiva si è attenuata, ma se consideriamo il trend nel suo complesso il giudizio rimane positivo, pur con qualche preoccupazione. Se ci interroghiamo sulle ragioni che hanno consentito questi risultati, non possiamo prescindere da come, nel tempo, si è conformato il nostro sistema di autogoverno, sia in termini di assetti che di gestione.
Innanzitutto, è utile precisare che questo sistema, in termini di competenze, a livello nazionale è di gran lunga il più potente e dotato. Un risultato dovuto alla eccezionale capacità di dare forma e sostanza alla nostra Autonomia, non solo portando a compimento il disegno istituzionale previsto dal Secondo Statuto, ma anche potenziandolo acquisendo nuove competenze dallo Stato. E questo vale sia per Trento che per Bolzano.
Un secondo fondamentale indicatore dell’eccezionale livello di compiutezza del nostro sistema autonomistico riguarda la quota di spesa pubblica gestita in loco, rispetto a quella gestita dallo Stato. Poco meno e poco più di due terzi del totale della spesa pubblica, a Trento e a Bolzano, sono gestiti direttamente dalle istituzioni dell’Autonomia. In Friuli-Venezia Giulia la quota gestita in loco quasi si dimezza, scendendo a poco più di un terzo, e in Sicilia, addirittura, scende ad un quarto. Ciò significa che in Trentino e in Alto Adige la presenza diretta dello Stato è bassissima, in Friuli-Venezia Giulia è media, in Sicilia è elevatissima. Siamo pertanto in presenza di un sistema di autogoverno fortissimo, senza uguali nel Paese, che proprio per questa forza, se gestito bene, produce frutti altamente positivi. Simmetricamente, e questo è il problema, se gestito male i risultati sono inevitabilmente di segno inverso.
In una fase dove la pandemia ha scombinato tutti i nostri più consolidati riferimenti, avere una percezione chiara di come il “gioiellino” Autonomia Speciale può essere messo nelle condizioni di sostenere un nuovo e generativo processo di crescita è la vera grande emergenza a cui dobbiamo rispondere. Una grande emergenza che sfida la nostra capacità di autogoverno, quindi la qualità del capitale sociale e della classe dirigente su cui possiamo, e soprattutto potremo, fattivamente contare.