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Senza di me non potete far nulla

Attualità

Senza di me non potete far nulla

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L’ anno sacerdotale nella mente del nostro Papa Benedetto XVI, deve avere una ricaduta in tutte le nostre comunità, lasciando un segno. Comunità sono le diocesi, i presbiteri cioè le comunità dei preti diocesani e religiosi, le parrocchie, le comunità diaconali, le comunità religiose, le famiglie ed ogni altro gruppo analogo. Siamo alla fine dell’anno sacerdotale, ma ancora in tempo per individuare alcune impronte, richiami, convinzioni da assimilare. Una, non so se può chiamarsi la prima, è la reazione al “fare” dei preti; al troppo fare. Purtroppo questa constatazione potrebbe non preoccupare né i vescovi, né i fedeli laici. Anzi, gli uni e gli altri esigono che i preti si impegnino nel lavoro pastorale, rispondano ai bisogni del ministero, adempiano alle esigenze attuali, chiedono che i preti “facciano. I danni che provengono dal troppo “fare” sono meno riscontrabili rispetto ai vantaggi di avere tutto fatto e in ordine e bene con gli sforzi stressanti di chi fa tutto. Gesù non ha detto a noi ministri suoi rappresentanti di non fare. Quando vedeva affaticati i discepoli al ritorno della missione chiedeva loro di seguirlo in disparte per riposarsi. Quando Marta dava la precedenza al fare rispetto alla riflessione sulla motivazione del fare, interveniva richiamando l’essenzialità di queste ultime e le chiamava “parte migliore”. A noi suoi rappresentanti ha detto: “chi rimane in me ed io in lui porta molto frutto. Perché senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5). È una delle sottolineature più marcate del suo dire: “senza di me non potete fare

nulla”!

Quindi non ha detto di non fare, ma di non fare nulla senza di lui. Tutto facciamo con lui, “rimanendo in lui” che San Paolo ha espresso con “identificarsi in lui”, “avere gli stessi suoi sentimenti”. Ciò è possibile solo “stando con lui”, quindi chiede un po’ di tempo. Lui ci ha dato degli esempi che nei vangeli si ripetono, insistono: “stava in preghiera”, “al mattino quando era ancora buio si ritirò in un luogo deserto e là pregava!” Se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio” ecc ecc. Eppure gli apostoli gli dicevano “tutti ti cercano”, Lui sapeva che la persona che dovevano cercare era il “Figlio del Padre” non colui che “moltiplicava i pani e i pesci”. E quindi resisteva. Pregando non si perde tempo prezioso, ma si impara a valutare la vera preziosità del tempo: lasciare operare lui. Quando la gente ha chiesto a Gesù “che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?”. Gesù ha risposto: “Questa è l’opera di Dio, che crediate in colui che egli ha mandato”. Pregare e credere. Pregare è credere. La comunità, le comunità hanno il dovere di incoraggiare e sostenere il prete ad essere cristiano e discepolo in modo che sia in grado di guidare gli altri cristiani e discepoli; lui è

servo e pastore della comunità, quindi guida della comunità: “cristiano con voi e cristiano per voi”. È valida guida se si lascia guidare dallo Spirito Santo. Da membri della comunità noi pastori ci aspettiamo non solo di essere richiesti di molti servizi, ma anche di essere spronati a continuare a prepararci a servire bene, secondo Dio. L’efficacia del ministero è condizionata dall’autenticità e la fedeltà con le quali il presbitero lo vive: una maggiore o minore fedeltà influisce sull’evangelizzazione e condiziona in modo positivo o negativo la vita spirituale e la santificazione dei fedeli.

di + Giulio Sanguineti

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