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La tomba vuota

Parola di Dio

La tomba vuota

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Sembravamo bambini! Gli occhi assonnati e gonfi, un po’ delusi per aver abbandonato troppo presto il sonno, i capelli ancora arruffati, ma uno sguardo dolce di complicità saettava dall’uno all’altro per stringerci in una scelta solidale che sapeva di imprevisto. Il gallo ha forse già cantato tre volte e un filo di tristezza percorre l’animo come un brivido per non aver creduto alle parole del Maestro; ma fermiamo il groppo alla gola perché vogliamo sperare ancora. “Io vado al sepolcro” – “Veniamo anche noi con te”. E giù, quasi di corsa per le stradine della città vecchia, magicamente silenziose, avvolte dalla notte, svuotate della vivacità dei bazar, degli scambi, degli odori e delle fatiche di una convivenza resa difficile dalla storia crudelmente sempre presente. “Via Dolorosa”, ma pur sempre strada, dove non ti puoi fermare al dolore ma qualcosa ogni giorno ti spinge a salire, ad uscire dalla città verso quel monte, verso quel giardino che profuma di morte e di vita. Una tomba ti attrae. L’aria frizzante del mattino ancora senza sole ammutolisce le nostre labbra, qualche tocco di campana si confonde con la preghiera del muezzin, campanili e minareti ti distraggono dal guardare la terra per sperare che lo shalom (Salam – pace) discenda come dal cielo. Entriamo alla spicciolata nel Santo dei Santi e l’incertezza di salire al Golgota o di correre alla tomba rende incerti i nostri passi. Vorremmo essere nello stesso tempo sul quel foro dove è stata piantata la croce e su quella pietra che ha accolto con dolcezza il corpo dell’Amato. Per fortuna appena entrati nella basilica, la pietra profumata delle unzioni fuga ogni dubbio. È il profumo della mirra, della tenerezza di donne più forti di ogni cautela perché innamorate che ci fa tuffare in un bacio pieno di ardore. Ma chi stai baciando? Chi cercate? E mi sento ripiombare in un passato che pesa, nella sensazione che “noi speravamo” ma… tutto è finito. Chinato su quella tomba vuota, è difficile trattenere le lacrime. “Perché piangi? Non cercare tra i morti Colui che è vivo?”. Resto attonito di fronte alla speranza fatta carne, di fronte alla certezza dell’Amore che non accetta ripiegamenti su se stessi. Ed allora affiorano volti di tanti amici imploranti un po’ di luce, una parola di vita, una voce di intercessione per loro. Prendo una candelina, una tenue fiamma per ridire il mio sì e diventare invocazione per tutti. Chiamaci per nome, uno ad uno. Facci sentire la tua voce. “Una voce, il mio diletto. Ecco viene saltellando sui monti. Il suo profumo mi inebria”. Cominciamo allora un entrare ed uscire da quella tomba, silenziosi e commossi, carichi di pena e di amore, stracolmi di una salutare certezza: Lui è vivo. E il grazie sgorga naturale, forte, con i toni del

La tomba vuota

divino, perché l’eucaristia su quella tomba è il grazie della creazione e della storia, la mia, la tua, le nostre, quella del mondo. Vorremmo nasconderci in quella tomba per risentire il richiamo dell’amore: “Alzati, sve- gliati e Cristo ti illuminerà”. La tomba vuota del mio cuore, il luogo delle mie paure, dei miei timori è la tomba da ama- re, il luogo dove tornare per cercare Colui che è vivo. Non possiamo lasciare quel luogo se non tor- nando al Golgota e immergere le nostre mani in quel foro e guardare davanti agli occhi l’ico- na di Colui che si chiama: Lo Sposo. Ognuno porta i suoi legami, i suoi affetti, le proprie incertezze ma anche i desideri, le aspirazioni, le gioie. E’ tutto deposto lì; e dove la croce ha affondato le sue radici, c’è d’ora in poi anche la mia vita. Usciamo a rivedere il sole. Un grande respiro che ci ributta nella vita. Ma il sole era già alto nel cuore. Non siamo dei visionari, dei creduloni. Con i piedi per terra ripercorriamo le strade che cominciano ad animarsi e a riprendere il con- sueto vociare. Non siamo andati fuori dal mondo ma nel cuore del mondo stesso da cui si alza maestoso e splendido più che mai, il più bello tra i figli dell’uomo: Cristo Gesù. A Lui per sempre il nostro grazie. di P. Alfredo omi

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