Con i Piedi per Terra | 09. VALLE MILLECAMPI

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N. 9 - Febbraio - Marzo 2015 - Periodico bimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n째 46) art. 1, comma 1, NE/PD

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arte storia e natura prodotti tipici

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Numero 9

Direttore responsabile: Mattia De Poli Editore: Speak Out srl Piazza della Repubblica, 17/D Cavarzere - VE speakout@live.it

Hanno collaborato a questo numero: Francesca Antonucci Emanuele Cenghiaro Maurizio Drago Mauro Gambin Eloisa Gobbi Renato Malaman Eliano Morello Loredana Pavanello Francesco Selmin Roberto Soliman Mario Stramazzo Aldo Tonelli Martina Toso Cristina Veronese

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Valle Millecampi, tra acqua e terra

IL PAESAGGIO ALL’IMPROVVISO

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AGIONE ARTICOLI DI ST

Transumanze, partenze, ritorni: insomma Pasqua

Progetto Grafico:

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Sono arrivati gli asparagi!

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EDITORIALE di Mattia De Poli

Verso un nuovo umanesimo Milano 2015 sembra chiudere la porta alla cultura positivista e segnare una svolta rispetto al passato

L’

Expo dura sei mesi ma, ovunque va, lascia tracce indelebili, che diventano veri e propri simboli delle città che ospitano la manifestazione. Cosa sarebbe Parigi senza la Tour Eiffel? Quale turista, visitando Bruxelles, non rimane affascinato dalla gigantesca struttura dell’Atomium? L’esposizione universale viene organizzata da oltre centocinquant’anni ed è diventato un appuntamento atteso: è una vetrina in cui i Paesi di tutto il mondo si mettono in mostra. Nata in pieno clima positivista e negli anni della seconda rivoluzione industriale, fin dalle sue origini ha avuto come protagonisti la produzione manifatturiera, le applicazioni tecnologiche, l’industria, gli scambi commerciali. Occasionalmente è stato scelto un tema legato all’ambiente ma questo è stato considerato soltanto come fonte di risorse (l’acqua, gli oceani) da sfruttare. Milano 2015 sembra segnare una svolta importante: sembra chiudere la porta della cultura positivista per aprire quella di un nuovo umanesimo. Il tema prescelto per questa nuova esposizione internazionale è l’alimentazione: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Si parla ancora di “energia”, ma l’accento cade sulla “vita”. L’uomo torna ad essere il protagonista di una riflessione che verte sui diritti di tutti in ambito alimentare: il diritto ad un’alimentazione sana, sicura e sufficiente, il diritto alla sostenibilità ambientale ed economica della filiera agroalimentare, il diritto alla salvaguardia del gusto e della cultura del cibo.

Ma è davvero così importante sostituire parole come profitto e interessi con altre come diritto e benessere? La risposta più importante viene dalle persone che ogni sera vanno a dormire con la fame: secondo la Fao, sono oltre 800 milioni in tutto il mondo. Ma anche il comune cittadino di un paese sviluppato ha il diritto, quando va a fare la spesa, di sapere quali prodotti compra e magari di poter scegliere tra prodotti diversi. Lo sviluppo sostenibile non favorisce solo quanti si trovano in condizione di difficoltà ma anche chi già oggi ha la possibilità di fare acquisti. Se vado a comprare del miele al supermercato, l’etichetta mi dovrebbe dire in quale paese è stato prodotto. Eppure, trovare un vasetto che indichi chiaramente che il nettare dorato è stato prodotto in Italia è un’autentica impresa. C’è miele prodotto nell’Unione europea (senza alcuna ulteriore precisazione). C’è miele prodotto in Italia e Slovenia: si tratta forse di una miscela simile a quella di tanti caffè, realizzata nell’ambito di una cooperazione transfrontaliera? La situazione diventa ancora più imbarazzante quando l’etichetta segnala insieme come luogo di produzione l’Italia e l’Uruguay: il fenomeno dell’emigrazione ha interessato anche le api o il calcio ha fatto un’indebita invasione di campo rievocando storiche partite della Coppa del mondo? Di certo, la circolazione del cibo ha assunto dimensioni globali: ecco perché oggi tutti i paesi del mondo sono chiamati a riflettere insieme sull’alimentazione dei propri cittadini.

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CONSORZIO DI BONIFICA ADIGE EUGANEO,

MICHELE ZANATO è il nuovo presidente

Tra i primi obbiettivi: una Commissione conoscitiva dei rischi legati alle alluvioni, la conclusione dei cantieri per il servizio irriguo e riunire il personale impiegatizio di Conselve con Este cambiato, gli acquazzoni, le così dette “bombe d’acqua”, L’ultimo atto legato al rinnovo dell’Assemblea del Consorsono sempre più frequenti, sia nel fatto che il territorio ha zio di Bonifica Adige Euganeo si è concluso con l’elezione conosciuto una progressiva cementificazione, soprattutto del nuovo presidente. Lo scorso 13 febbraio Michele Zanelle aree pedemontane del vicentino e del veronese che nato si è insediato al vertice dell’ente, ricoprendo la carica pur esterne al comprensorio gravitano idraulicamente sul che in precedenza era stata di Antonio Salvan. Come il sistema Agno-Gua’-Frassine – predecessore anche Zanato Che si tratti di diversione delle acque S.Caterina, sul sistema Fratta è un imprenditore del settore primario, con un’esperienza o della creazione di bacini di laminazione, Gorzone e sullo scolo di Lozzo, decennale da consigliere e una gli interventi per la salvaguardia idraulica determinando, ogni qualvolta si assista ad abbondanti precipiconoscenza della bonifica che dovranno essere apportati tazioni, lo stato di piena. Piene gli arriva anche dall’albero geche non permettono al Consorzio la gestione dello smalnealogico di famiglia, in quanto il padre, in passato, ha timento delle precipitazioni, la fragilità degli argini porta ricoperto la carica di vicepresidente del Consorzio Leb. al fermo delle pompe e il nostro comprensorio finisce Sarà l’uomo dei prossimi cinque anni e in cima alle sue inesorabilmente sotto diversi centimetri d’acqua, creanpriorità c’è su tutto il tema del rischio idraulico. Tra le prido diversi disagi per le colture ma anche per gli insediame azioni del nuovo mandato, infatti, spicca la proposta menti urbani-agricoli-industriali. Ormai è evidente che gli rivolta dal Cda dell’ente all’Assemblea per l’istituzione di interventi non possono più essere rimandati, che si tratti una Commissione conoscitiva e l’approfondimento dei di diversione delle acque, di diversione delle pompe, delrischi legati alle alluvioni. “Questo territorio – spiega il la creazione di bacini di laminazione, dalla Commissione presidente Zanato – ha un problema legato allo smaltidovrebbero arrivare quelle risposte che possano facilitare mento delle acque piovane. Le cause sono da ricercarsi la decisione”. sia nel fatto che negli ultimi anni il clima è notevolmente Il neopresidente Michele Zanato, imprenditore del settore primario con un’esperienza decennale da consigliere e una conoscenza del tema della bonifica che gli arriva anche dall’albero genealogico di famiglia in quanto il padre, in passato, ha ricoperto la carica di vicepresidente del Consorzio Leb

Consorzio di Bonifica Adige Euganeo www.adigeuganeo.it


Quindi è stato abbandonato il progetto della diversione del Canale Fossetta che dal Fratta avrebbe dovuto scolmare le ondate di piena in Adige? investimento, poi quelle legate al dissesto idrogeologico e “Quel progetto esiste – spiega il neopresidente - e continella fattispecie quelle legate al Bacino scolante in Laguna nuerà ad esistere fino a quando non si concluderanno le Veneta. Per ora dalla Ue non sono arrivate risposte”. Ma analisi da parte dell’Arpav, cioè il prossimo anno. Poi va se il futuro appare vincolato alle risorse, il presente vede detto che comunque non compete al Consorzio la deciimpegnato il Consorzio in un piano di lavoro per riunire il sione, l’Ente della Bonifica si limita a proporre progetti e personale impiegatizio di Conselve con Este e nel complein questo caso, attraverso la campagna di monitoraggio tamento dei lavori del sistema dell’acqua, a valutare lo stato di Dalla pre conferenza organizzativa irriguo. Si tratta di cantieri già salute del Fratta, ma le modalità di annuale dell’Unione Triveneta Bonifiche finanziati, riconosciuti come intervento stanno in capo alla Reè emerso il dato che i Consorzi sono opere irrigue di elevata imporgione. La competenza dei fiumi, tanza e avviati nel corso del per il tratto in cui sono attraversacreditori nei confronti della Regione 2014. Infatti verranno collaudate, è della Regione”. del Veneto di oltre 60 milioni di euro ti a brevissimo il sistema irriguo Altro tema da affrontare con una per l’esecuzione di opere pubbliche a bassa pressione che servirà certa urgenza è quello delle riparte delle aree rurali di Noventa e Pojana Maggiore (opesorse a disposizione dei Consorzi. Dalla pre conferenza ra del costo di 3 milioni di euro finanziati dal Ministero), organizzativa annuale dell’Unione Triveneta Bonifiche è quello a servizio dei comuni di Barbona e Boara Pisani con emerso il dato che i Consorzi sono creditori nei confronti pescaggio dell’acqua dall’Adige (2 milioni e 300 mila euro, della Regione Veneto di oltre 60 milioni di euro, corrisponsempre con finanziamento ministeriale) e il completamendenti a spese già sostenute dai Consorzi per l’esecuzione to del sistema che servirà Ponso, Ospedaletto Euganeo e di opere pubbliche in concessione regionale. “Sessanta Santa Margherita D’Adige (costo 4 milioni di Euro sempre milioni di euro – precisa il presidente Zanato – sulle opere dal ministero). compiute, ma sulle opere in via di realizzazione pesano “Fai ciò che puoi, con ciò che hai, nel posto in cui sei”, altri 60 milioni e non sappiamo ancora quale sarà l’entità “Recita una massima di Theodore Roosevelt – conclude dei finanziamenti per le opere future. Bisognerà aspettare il presidente Michele Zanato – ed è quello che mi sento di l’approvazione del bilancio di Palazzo Balbi, su tutto pesa garantire ai consorziati: nei prossimi cinque anni faremo il “Patto di stabilità”. In più occasioni all’Unione Europea è sicuramente il possibile per il bene di questa nostra terra”. stato chiesto di lasciare fuori da questo vincolo le spese di ESTE Via Augustea, 25 - Tel. 0429 601563 Fax 0429 50054 CONSELVE Viale dell’Industria, 3 - Tel. 049 9597424 Fax 049 9597480


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L’INTERVISTA

PSR 2014-2020

all’insegna di competitività, innovazione, sostenibilità ambientale e governance Intervista ad Arianna Lazzarini, punta di diamante femminile del Consiglio Regionale, sul nuovo PSR verso la valorizzazione del territorio

Arianna Lazzarini è la più giovane donna in Consiglio regionale, eletta nel 2010 nelle liste della Lega Nord in provincia di Padova. A lei il compito di rappresentare il Gruppo del Carroccio, di cui è vicepresidente, nelle Commissioni Sanità-Sociale e Agricoltura. È proprio alla luce di quest’ultimo referato che le chiediamo del nuovo Programma di Sviluppo rurale 2014-2020 del Veneto (PSR), che prevede una dotazione di risorse di un miliardo e 184 milioni di euro. Come verranno impiegate queste risorse? Saranno quattro i pilastri: competitività, innovazione, sostenibilità ambientale e governance. Le risorse sono indirizzate per il 35% alla montagna, per l’11% alle filiere, per il 30,5% agli obiettivi agro-climatico-ambientali; abbiamo destinato 850 milioni per investimenti diretti e indiretti alle imprese, e 100 milioni per i giovani agricoltori (si punta ad avviare almeno altre 2000 aziende under 40). Il 2014 in Agricoltura è stato un anno difficile. Il numero delle imprese è sceso del 2,7%, gli occupati dell’8,2%. Siamo certi che le nuove priorità fissate dal PSR sapranno rispondere alla crisi garantendo alle aziende dell’agroalimentare un sostegno forte da chi su di loro investe.

Parliamo spesso dei prodotti tipici, eccellenze che faticano a conquistare fette di mercato. Cosa si dovrebbe fare per sostenere il settore, fondamentale per l’economia del territorio? L’input che la Regione sta dando alle aziende è quello di fare sistema nel proporsi ai mercati internazionali, superando la tendenza a ragionare singolarmente. Il PSR premia chi saprà organizzarsi in questo senso. Dall’altra parte, la Regione partecipa a progetti internazionali coinvolgendo centinaia di aziende nel “b2b”, cioè nel contatto diretto venditore-acquirente: questo riguarda tutto il comparto agroalimentare. Non temiamo di dire che se la viticoltura veneta ha superato molti vitigni francesi, è anche merito di una fortissima promozione in Italia e all’estero. Il Veneto ultimamente ha presentato problemi idrogeologici che hanno portato al centro del discorso la salvaguardia del territorio. Quali sono gli interventi urgenti e strategici anche per mantenere il Padovano un’area di eccellenza per l’agricoltura? Dopo l’alluvione del 2010, son state programmate e realizzate oltre 900 opere per una spesa di 400 milioni di euro. Parliamo di argini, bacini di laminazione, canali, cantieri

Arianna Lazzarini

indispensabili per salvaguardare le proprietà private e i campi. In 80 anni il Veneto è stato cementificato senza prevederne le conseguenze: oggi ad un consumo di suolo eccessivo dobbiamo rispondere con una pianificazione che metta l’ambiente al primo posto. È un impegno che ci siamo assunti nel 2010 e che stiamo portando avanti a tappe forzate, nonostante da Roma da anni non giungano fondi sufficienti. Turismo: la Bassa Padovana ha tutte le carte in regola per presentarsi come area di grande interesse. Cosa dovrà essere fatto per valorizzarla al meglio? A nessuna area del Veneto mancano motivi di attrattività: se siamo la regione più visitata d’Italia un motivo c’è, anzi ben più di uno. Ecco, penso che dobbiamo unire le forze nel rispetto dei reciproci ruoli: la Regione coordina e promuove, i Consorzi “vendono” ospitalità e territorio, Comuni e ProLoco offrono all’ospite motivi extra per restare più giorni e scoprire angoli sconosciuti al grande flusso. Quando sapremo unire tutto questo, saremo davvero competitivi ben più di adesso.

“Il Veneto è ricco di poli attrattivi: per valorizzare e promuovere il nostro territorio dobbiamo unire le forze nel rispetto dei reciproci ruoli” 6


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L’INTERVISTA

UN DISEGNO DI LEGGE “Salva Trasporto Fluvio-Marittimo” nella Pianura Padana

L’impegno dell’Onorevole polesano del Pd Diego Crivellari, per aggiornare i trasporti nel segno dell’intermodalità e migliorare la mobilità delle merci

Diego Crivellari

Rendere il trasporto fluvio-marittimo del circuito Padano Veneto e dell’Italia settentrionale accessibile e funzionale, è l’obiettivo del disegno di legge che porta la firma dell’onorevole Diego Crivellari. Il disegno, depositato in Commissione Trasporti alla Camera dei Deputati, qualche giorno fa, si concentra sul riordinare e creare una normativa ad hoc per la portualità del paese nel suo complesso, con un attenzione in particolare al sistema idroviario dell’Italia del Nord e del Nord Adriatico tra gli assi principali di Fiume Po e canale di Mantova, comprendendo i porti interni che costellano quest’area, la laguna di Venezia e l’Idrovia Ferrarese. “Il circuito risultante dall’intersezione di queste vie navigabili - spiega l’Onorevole Crivellari - attraversa e percorre la pianura Padana da est ad ovest, rendendo urgenti delle modificazioni legislative atte alla fruizione della navigazione interna in termini di competitività con gli altri mezzi di trasporto. In tal senso, l’Europa rappresenta un esempio concreto di come sia possibile utilizzare questo metodo di trasporto merci e passeggeri che risulta quanto mai utile attualmente anche nella Penisola, considerata la sua natura sostenibile

a livello di attività economiche ed in grado quindi di far fronte alle oggettive difficoltà che caratterizzano la situazione italiana odierna”. Le normative vigenti in ambito fluviale, infatti, risalgono al 1994 e necessitano di una rilettura alla luce dei cambiamenti storici ed economici, nonché rispetto alle criticità emerse quali ad esempio: gli aspetti strutturali di ponti eccessivamente bassi o regimi ridotti di acque. “Superare e ridefinire il modello anacronistico sia sul piano legislativo e del dialogo tra porti interni e marittimi sia dal punto di vista strettamente strutturale, permetterebbe all’Italia di restare un paese moderno ed evoluto sul piano della logistica e dei trasporti”, come sottolineato dall’Onorevole Crivellari. Il quadro di riferimento Bassa Pianura Padana e Polesine, in tema idroviario, è motivato dal ruolo che le vie navigabili dell’area potrebbe rivestire nell’ottica di collegamento delle attività industriali al mare in una delle regioni maggiormente industrializzate d’Europa. Un primo passo è stato compiuto con l’apertura della via fluviale Tartaro-Fissero-Canalbianco-Po di Levante che stenta

però a decollare a causa dell’alto costo per il suo utilizzo e per la non totale adeguatezza infrastrutturale: questioni che devono essere quanto prima e adeguatamente superate onde evitare la perdita totale d’uso di una risorsa così fondamentale. Il disegno di legge così presentato dall’Onorevole Diego Crivellari può essere un’occasione per dare impulso a questa opera che ha già richiesto ingenti capitali ma che può fungere da collegamento tra Adriatico e Cremona, centro della Pianura Padana liberando le strade dal traffico pesante alleggerendo i costi di trasporto che penalizzano l’export e l’appeal del Made in Italy nel mercato globalizzato. Un patrimonio da incentivare non solo per la sua importanza storica e ambientale ma anche per i benefici che può portare allo sviluppo e al miglioramento del sistema produttivo del Paese mediante risparmio energetico, tutela ambientale, sicurezza e qualità del trasporto: aspetti imprescindibili nello scenario contemporaneo.

“Promuovere il trasporto fluvio-marittimo dell’Italia settentrionale nell’ottica di incentivare lo sviluppo del nostro Paese” 7


L’ELZEVIRO di Eliano Morello

AGRICOLTURA e ALIMENTAZIONE

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ualche settimana fa dalla stampa ho appreso che, secondo alcune stime, gli italiani sono all’ultimo posto in Europa non solo per il forte debito pubblico o per la debole crescita dell’economia, ma anche per consumo di alimenti vegetali. Ora, se per l’economia sappiamo bene quali sono le nostre pecche, stare dietro alla Germania anche per consumo di pomodori, melanzane, pesche, pere o arance, è davvero insopportabile. Semplicemente pazzesco: noi il paese della dieta mediterranea che non sappiamo più mangiare. Sembrerebbe davvero incredibile che ciò sia avvenuto malgrado otto programmi su dieci, in Tv, parlino di cibo dove continuamente viene ribadita l’importanza di una corretta alimentazione e un’adeguata attività fisica. Tutto questo dovrebbe portare anche a conoscere le proprietà dei cibi, le date di scadenza e la provenienza degli alimenti. Tuttavia, lo sappiamo benissi-

DOPPIA PIRAMIDE ALIMENTARE del Barilla Center for Food&Nutrition

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mo, tra il dire e il fare c’è, come sempre, di mezzo il mare. Il fatto che da moltissimo tempo si parli di dieta mediterranea, di variare i cibi, di non abbondare nei condimenti, di cercare di portare in tavola due porzioni di verdura (una cotta e una cruda) e ben tre di frutta al giorno, queste, nella maggior parte dei casi restano appunto solo parole. Nella realtà dei fatti, il paese che più di tutti ha contribuito alla “creazione” di questa famosa dieta mediterranea la segue solo nei programmi culinari televisivi. Tra le mura domestiche sono infatti prediletti i cibi pronti (precotti, surgelati o confezionati), più veloci e pratici. Non che a livello ambientale ce la caviamo poi tanto meglio. Ognuno di noi sa (o crede di sapere) cosa devono fare gli altri per inquinare meno, ma non siamo molto propensi ad analizzare e magari modificare la nostra condotta personale. La doppia piramide alimentare


ELZEVIRO evidenzia proprio lo squilibrio che si crea tra piramide alimentare e ambientale: nella prima, a sinistra, si nota quali sono gli alimenti da mangiare in quantità (alla base, a basso contenuto calorico) e quelli da consumare con moderazione (al vertice, ad alto contenuto calorico); nella seconda, a destra, si evidenziano invece i prodotti che, a livello ambientale, hanno un impatto maggiore (in alto) per richieste energetiche, consumo di acqua e produzione di CO2, contro quelli a impatto minore (in basso). Tanto per fornire alcuni dati: • per ottenere 1 kg di carne rossa si producono circa 25.000 g CO2-eq/kg impiegando 15.500 litri di acqua • per 1 kg di pasta si producono circa 920 g CO2-eq/kg impiegando 1.750 litri di acqua • per 1 kg di frutta fresca si producono circa 200/600 g CO2-eq/kg impiegando 900 litri di acqua (vedere tabella 1 e tabella 2) Non serve una laurea per capire che, da qualsiasi prospettiva le si guardi, queste due piramidi dicono inequivocabilmente una cosa: consumare più frutta e verdura fa bene a noi e all’ambiente! Anzi, per la sostenibilità ambientale bisognerebbe mangiare solo frutta fresca e di stagione, prodotta il più vicino possibile (ricordate che anche i trasporti producono inquinamento!). L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda di introdurre almeno 400 grammi di frutta al giorno; solo 4-5 stati europei la superano (non preoccupatevi, noi non siamo tra questi!). In momenti di crisi economica noi italiani (consumatori) tutto possiamo dirci tranne che di essere intelligenti: siamo una tra le nazioni con le migliori produzioni ortofrutticole (per qualità e variabilità), si tratta di alimenti che costano poco e a impatto zero (quasi), tuttavia ne mangiamo sempre meno (non a caso i consumi di frutta e verdura sono vergognosamente in calo). Insomma, dal consumo di vegetali otterrebbero benefici la nostra salute, il nostro portafoglio e l’ambiente. Cosa aspettiamo? Rimango sconvolto ogni volta che accendo la televisione perché, ogni tre pubblicità, una reclamizza o prodotti contro la stitichezza, il bruciore di stomaco e il sovrappeso, o integratori vitaminici per adulti e bambini: tutti farmaci che si protrebbero tranquillamente evitare con un maggiore consumo di frutta e verdura, dato che sono a base di erbe e altri vegetali! Secondo voi, conviene comprare una confezione di Supradin o una di arance? Fate voi. Ecco infine una simpatica piramide modificata che sintetizza un comportamento alimentare corretto e al quale tutti dovremmo fare riferimento. Buon appetito!

Indicatori ambientali scelti per la rappresentazione degli impianti ambientali degli alimenti TABELLA 1 INDICATORI

COSA MISURA

UNITÀ DI MISURA

CARBON FOOTPRINT

L’emissione dei gas serra respirabili dei cambiamenti climatici

Massa di CO2 equivalente

ECOLOGICAL FOOTPRINT

Superficie di terra (o mare) biologicamente produttiva necessaria per fornire le risorse e assorbire le emissioni associate a un sistema produttivo

Superficie (m2 o ettari) globale

WATER FOOTPRINT

I consumi e le modalità di utilizzo delle risorse idriche da parte del sistema produttivo

Volume d’acqua

TABELLA 2 FRUTTA

CARBON ECOLOGICAL WATER FOOTPRINT FOOTPRINT FOOTPRINT g CO2 -eq/Kg

global/ m2/Kg

Litri/Kg

Data range

40÷1.375

255÷3.350

1,60÷13,40

Average value

671

927

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Cooking

0

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Average value with cooking

671

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4

LA PIRAMIDE ALIMENTARE NELLA DIETA MEDITERRANEA

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Tra le primizie dell’orto, annunciano l’arrivo della primavera. Piccoli, obbligatoriamente raccolti a mano, genuini e gustativamente dolci sono una delle immagini del Veneto e un presidio della tradizione gastronomica tra i colli Euganei A Baone, nella zona più meridionale dei Colli Euganei, che dominano la Bassa Padovana, la coltivazione dei “bisi” affonda nella memoria più profonda degli abitanti del territorio. Fino alla fine degli anni ‘70 esisteva addirittura un bel mercato di piselli freschi, qui, tra le colline che circondano le cittadine di Este e Monselice: tutte le sere tra aprile e maggio si davano convegno i contadini produttori, arrivando con i loro carri trainati da buoi, per vendere i “bisi” appena raccolti dai soleggiati pendii di Baone e Arquà Petrarca, dove tutt’ora continuano a crescere verdi e rigogliosi. La superficie coltivata non è estesissima: poco più di sei ettari, ma condotta nella direzione di quella qualità che negli ultimi anni le leggi del mercato industriale avevano annacquato dentro al grande mare della standardizzazione. Baone, invece, è rimasta un presidio, sempre più forte e tenace, della tradizione. Merito anche di Bisi & Bisi - Associazione Produttori Piselli dei Colli Euganei, che recentemente si è dotata di un disciplinare di produzione per la regolazione delle metodologie di coltivazione, selezionando quelle varietà che meglio si adattano a questi particolari terreni, nel quadro di una agricoltura sostenibile, usando le tecniche a minor impatto ambientale. I “bisi” di Baone

sono piccoli, il seme è rugoso, obbligatoriamente raccolti a mano, genuini e gustativamente dolci. Altra peculiarità è la precocità: seminati d’autunno e avvantaggiati nella crescita dalle caratteristiche pedoclimatiche e dalla particolare esposizione a sud dei Colli Euganei, rappresentano una di quelle primizie del territorio che annunciano l’arrivo della bella stagione. Nella Venezia del ‘700 i bisi si consumavano nel banchetto di San Marco, quello del 25 aprile: il più importante tra i quattro banchetti di stato, dove oltre al doge partecipavano le maggiori autorità della Serenissima Repubblica. Un menù, conservato all’Archivio di Stato ai Frari, esplicita che dopo un “ordovre”, un antipasto, di biscotti e robe salate, cominciava il banchetto vero proprio con 26 “scudelle” d’argento, lo scalco maggiore le prelevava dalla Zecca, di cui 13 erano di riso e altrettante di “bisi col parsutto”. È da qui che nasce il piatto più tipico del Veneto “risi e bisi”, anche se le due pietanze, come se ne evince dal documento, venivano servite separate. Oggi gli abbinamenti con il prezioso legume sono le più diverse, trovando abbinamenti in tutte le possibili declinazioni: dal mare alla terra, dal dolce al salato. Tra le versioni gastronomiche più famose che si possono trovare da queste parti, è giusto ricordare le “lasagne coi bisi”, “l’oca in onto coi bisi” e ovviamente i “risi e bisi”: lasciamo perdere l’idea che questa minestra si possa preparare tutto l’anno. Volendo si può fare con piselli surgelati (non oso pensare con quelli in scatola) e dado vegetale pronto. Ma se oggi vi fosse ancora il doge a governare la Serenissima Repubblica, ne sarebbe soddisfatto? Per apprezzarli come si deve, invece, è meglio fare un salto a Baone a fine maggio, troverete un paese in festa che giustamente celebra la sua eccellenza: messer “biso”.

Baone (PD) dal 22 al 26 maggio 2015 - www.festadeibisi.it


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IL BIO DI VASCO: sapore e qualità in sinergia con la natura

“Siamo un’azienda biologica perché non è più possibile andare contro natura e nella nostra esperienza pluridecennale abbiamo imparato non solo a capire, conoscere e rispettare l’ambiente ma anche a rispettare noi stessi servendoci di prodotti che fanno bene alla nostra salute” In una terra millenaria culla del fiume Adige, che con le sue acque da sempre sostiene e favorisce la produzione agricola, i titolari dell’azienda “Il Bio di Vasco” a Campagnazza di Castelbaldo coltivano 8 ettari che dal 2004 hanno deciso di destinare al biologico. Un’inversione di marcia alla ricerca dei sapori veri, di quei profumi e gusti dimenticati, di un prodotto realmente buono al palato e salutare in una totale sinergia con la natura. Un terroir, per altro, reso sabbioso-limoso dalle rotte dell’Adige che ne ha favorito la fertilità

Bianco, verde e viola: le tre varietà di asparagi biologici di “IL BIO DI VASCO”

per colture particolarmente delicate ed è questo il caso degli asparagi, i veri protagonisti della primavera che fanno capolino a fine marzo per segnare l’arrivo del tiepido clima accompagnandoci fin quasi all’inizio dell’estate. E a colorare il terroir di Castelbaldo ci pensano gli asparagi bianchi, verdi e viola di Vasco e del figlio Valerio, capaci di soddisfare i diversi gusti culinari caratterizzandosi per una dolcezza equilibrata e una consistenza poco fibrosa.

Gli asparagi di “IL BIO DI VASCO” sono coltivati e raccolti rigorosamente a mano, divisi poi in mazzetti da 250/500 kg l’uno e distribuiti confezionati ed etichettati nei mercati e rivenditori di prodotti biologici oppure nel punto vendita aziendale di Castelbaldo

A ciascun colore il proprio piatto: asparago verde non deve essere pelato ed è adatto a risotti ed insalate; asparago viola da gustare crudo tagliato sottile e condito con olio, sale e aceto balsamico che conferisce un sapore agrodolce; asparago bianco perfetto per i risotti

Az. Agr. IL BIO DI VASCO di Vasco Franceschi • via Quarto II Tronco, 1/a • Castelbaldo (PD) Mob. +39 335 328100 • Mob. +39 335 1307514 • vasco.franceschi@alice.it • www.ilbiodivasco.com


PANORAMA GASTRONOMICO di Mario Stramazzo

Dal luppolo ai bruscandoli

le virtù della pianta che Linneo classificò humulus lupulus I suoi germogli sono una delle più ambite leccornie a tutte le latitudini. Il loro delicato ma pungente sapore, infatti, ben si presta per gustosi risotti, minestre, frittate. Mentre le infiorescenze diventano ingrediente della birra

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l contrario della sua malfamata parente conocontinua a regalare gli altri suoi componenti. Vale a sciuta come cannabis, con la quale condivide dire le infiorescenze che da secoli l’uomo ha impala famiglia di appartenenza, quella delle canrato a miscelare per ottenere e caratterizzare tutte nabacee, l’humulus lupulus e i suoi getti primaverile birre prodotte fin dall’inizio della storia di queste li lanciati dalla pianta per intercettare i raggi di sole bevanda che a ben diritto può considerarsi anche un della primavera, possiede prerogative tutt’altro che vero e proprio alimento. Questo perché, insieme al disprezzabili. A cominciare proprio dai suoi germogli luppolo, nella preparazione della birra, ci finisce uno che pur cambiando di nome dei cereali più nutrienti usati a seconda delle zone d’Italia Il “torciglioso” allungarsi dei dall’uomo: l’orzo, o meglio il (bruscandoli, aspargina, luver- germogli dell’humulus lupulus malto che si ottiene dalla sua tin, luperi, bertucci, viticedda, trasformazione. L’orzo era corimane per tutti il segnale tavarini, solo per citarne alcunosciuto già nel 3.000 a.C. e inequivocabile che l’inverno ni) sono una delle più ambite pare che le popolazioni del sta lasciando nuovamente il nord Europa avessero già imleccornie a tutte le latitudini. Il loro delicato ma pungente saparato a sfruttare questo aliposto alla primavera pore, infatti, ben si presta per mento, visto che con il freddo gustosi risotti, minestre, frittate e tante altre pietanze l’orzo cresce meglio dell’uva, come base essenziale o abbinamenti suggeriti dall’arte culinaria più creatiper la loro bionda bevanda che, essendo anche legva, anche se difficilmente riesce ad esaurire in un sol germente alcolica, costituisse un ottimo corroborante colpo tutte le qualità del luppolo che da pianta increenergetico e non solo fin da quei secoli, se è vero che dibilmente generosa, dopo avere prodotto i suo getti alcuni storici autorevoli sono convinti che addirittura

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PANORAMA GASTRONOMICO Mesopotamici e Sumeri producessero birra già nel 10.000 avanti Cristo. Una tavola di pietra ritrovata nel 1981 descrive un tipo di birra prodotto dai Babilonesi già nel 6.000 avanti Cristo e va ricordato che anche gli antichi cinesi producevano birra. Così pure le civiltà pre-colombiane che usavano il mais al posto dell’orzo. Come del resto usavano fare gli antichi Bretoni che producevano birra dal malto di grano prima che i Romani introducessero l’orzo. Dunque: malto, d’orzo o di frumento, acqua, lievito ma anche e soprattutto, come abbiamo visto, le infiorescenze di quel luppolo i cui gettiti qui da noi si chiamano bruscandoli, erano e rimangono gli ingredienti fondamentali per la birra e per questo attesi e ricercati ad ogni ciclico ritorno della bella stagione, perché il “torciglioso” allungarsi dei germogli dell’humulus lupulus rimane per tutti il segnale inequivocabile che l’inverno sta lasciando nuovamente il posto alla primavera e alla rinascita della natura, nonostante i molti insulti cui noi umani l’abbiamo sottoposta e purtroppo, la sottoponiamo. BRUSCANDOLI, MEGLIO ABBONDARE Usati spesso insieme ad altre erbe e spontanee primaverili per risotti, minestre o frittate, i bruscandoli, andrebbero invece gustati come singoli ingredienti nei diversi piatti. È da soli infatti, così sostengono i gourmet, che fanno sentire appieno il loro sapore elegantemente pungente e dolcemente amaricante. Gustarne pochi poi non serve a nulla, e solo un ricco e folto mazzo, sa regalare la giusta forza al riso o stemperare la robustezza dei tuorli delle uova usati per una frittata. Non volendo ricorrere ai servigi del fruttivendolo, che fra l’altro per questo tipo di primizie non è certo a buon mercato, è facile incontrarli in campagna, specie nei terreni ancora incolti, o lungo le rive dei fossati durante una passeggiata domenicale. Ha una stagionalità molto breve, un mese circa tra marzo e aprile, ma scottati brevemente in padella possono venir congelati per usi futuri.

Aspargina in Lombardia luvertìn in Piemonte lavertìn in Monferrato luperi in Umbria Bruscandolo o Vidisone in Veneto

Vartìs in Emilia-Romagna Bruscandolo a Trieste Urtizon in Friuli Bertuçi nella Val di Vara Viticcedda nel Cilento

Riso e Bruscandoli

Lavare i bruscandoli, eliminare la parte legnosa dei germogli, e tritare tutto grossolanamente. In una pentola imbiondire dolcemente l’aglio tritato fine con olio extra vergine di oliva, versare i bruscandoli e farli stufare brevemente. Calare il riso e mescolando aggiungere il brodo vegetale caldo in più riprese fino a cottura circa 18 minuti. Spegnere il fuoco, correggere di sale e pepe e mantecare con il burro e il parmigiano reggiano.

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ASPARAGO di Conche,

prodotto straordinario che nasce tra terra e mare La patria dell’asparago padovano è Conche. Una terra unica, intanto perché non è già quasi più terra, ma anche perché non si può dire sia ancora mare. Questo frammento di laguna adriatica è sicuramente una campagna affascinate, valorizzata da località come Ca’ di Mezzo o la Valle Millecampi, oggi patrimonio dell’Unesco, che trova nella sua storia anche le ragioni della propria morfologia.

I veneziani nel XIV secolo decisero di tagliare qui nel padovano, e non dentro i loro confini, gli argini della “Brenta nova” per impedire l’interramento della laguna. L’intervento provocò numerose alluvioni e l’intera gronda lagunare divenne una zona acquitrinosa. Tuttavia è in questa convivenza tra terra e mare che nasce l’eccellenza dell’asparago di Conche. Bianco, tenero, profumato dalla salsedine: non ha nulla a che vedere con i cugini asparagi veneti. Qui, dove la punta estrema della provincia di Padova arriva a toccare il mare, sono proprio il clima e le caratteristiche della terra lagunare a fare la differenza. “Erbaggio prezioso” ebbe a definirlo anche il grande Pellegrino Artusi, scopritore della cucina borghese e autore dell’opera “La Scienza in cucina e l’Arte di Mangiar bene”


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PARTIAMO DALLA LEGGENDA La leggenda vuole sia stato proprio Sant’Antonio a portare a Padova l’asparago, per rabbonire il carattere di quel despota arrogante e crudele di Ezzelino III da Romano, che verso la metà del 1200 sottomise nel sangue e con distruzioni le città del Veneto, compresa Padova ovviamente. È probabile però che gli asparagi venissero coltivati in Italia da molto tempo prima, risalgono al 200 a.C., infatti, le citazioni di Catone, nel De agricoltura, che riconducono l’eburneo ortaggio tra i prodotti comuni della Roma antica. Nel Medioevo, dunque, era già una coltura nota ed affermata anche se, più che per le insalate, era prodotto e consumato per le doti officinali e forse da qui l’aneddoto di Sant’Antonio che usa l’asparago come curativo per il carattere del losco figuro, vicario dell’imperatore Federico II di Svevia. Ma la figura del Santo padovano potrebbe essere legata al nostro ortaggio anche perché la data che riporta la sua festività, 13 giugno, veniva usata un tempo come termine per la raccolta degli asparagi, mentre a designarne l’inizio era un altro santo, San Giuseppe, il 19 marzo. I dati certi sulla

presenza dell’asparago sulle tavole venete, tuttavia, vanno rinviati di qualche secolo. Nella nota spese di un banchetto organizzato dal governo della Serenissima Repubblica nel 1534, uno dei tanti imbanditi in occasione di visite o incontri diplomatici con gli ambasciatori o procuratori dei paesi con i quali Venezia faceva affari, compare un massiccio acquisto: “per sparasi mazi 130, lire 3 et soldi 10”. Neanche tanto per una pianta che come sappiamo dal maestro di convitti bolognese e scalco ponficio, Bartolomeo Scappi, era già entrata a far parte della grande e sfarzosa cucina rinascimentale da autentico “cibo eletto”, come del resto è sempre stato visto che nelle culle della civiltà mediterranea (da quella egizia a quella greca) l’asparago veniva considerato “sacro”. “Erbaggio prezioso” ebbe a definirlo anche il grande Pellegrino Artusi, scopritore della cucina borghese e autore dell’opera “La Scienza in cucina e l’Arte di Mangiar bene”, tanto per dire in quanta considerazione viene tenuto, da sempre, il nostro ortaggio.


TRENT’ANNI DI COOPERATIVA C.A.P.O Le origini della coltivazione dell’asparago di Conche possono essere rintracciate nella memoria dei suoi abitanti come in quelle di tutti i padovani, in passato quasi ogni famiglia aveva in fondo al proprio orto l’asparagiaia in sabbia da passare in rassegna quotidiana nel periodo della raccolta. Ma è alla fine degli anni ’60 del secolo scorso che qui, a due passi dalla Laguna, in questo estremo lembo di terra padovana tra valli e casoni dal tetto di paglia, nel nome del “demoxe da fare”, l’asparago inizia a farsi da coltura di sussistenza coltura di economia. Ovviamente non senza difficoltà, ma fatto sta che grazie al coraggio dei primi coltivatori, questa produzione ha raggiunto un successo che è sotto gli occhi e al palato di tutti. Il passo successivo non fu meno pionieristico: un numero esiguo di operatori fecero da La cooperativa C.A.P.O. precurin trent’anni ha trasformato sori alla questa eccellenza della terra nascita in un simbolo di questa terra. della coLa Saccisica e soprattutto Conche operativa sono nomi che ormai viaggiano C.A.P.O., Coopein accoppiata con l’asparago rativa Agricola Produttore Ortofrutticoli, per soddisfare la necessità di conferire il prodotto al mercato ortofrutticolo di Padova. Era il 1982. Oggi la C.A.P.O. gestisce e commercializza direttamente circa 3000 quintali/ anno di asparago, contrassegnato col logo territoriale ADC (Asparago di Conche), che viene prodotto da un centinaio di soci su una superficie di circa 80 ettari nelle zone di Conche, Santa Margherita di Codevigo e Valli di Chioggia. L’asparago di Conche, senza togliere

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nulla ai cugini che vengono prodotti in altre zone del padovano e del Veneto, si distingue per le sue peculiari caratteristiche territoriali e per le proprietà pedologiche dei terreni di origine alluvionale ad alta salinità e ricchi di limo che rendono l’asparago di Conche un prodotto assolutamente unico e inconfondibile. La cooperativa C.A.P.O. in trent’anni ha trasformato questa eccellenza della terra in un simbolo di questa terra. La Saccisica e soprattutto Conche sono nomi che ormai viaggiano in accoppiata con l’asparago e non solo, sono figli di questa estrema propaggine della provincia I mazzi sono contrassegnati padovana anche il radicchio o il col logo territoriale ADC, porro di Conche, Asparago di Conche i vini Doc delle Corti Benedettine e la star dei pollai locali, la gallina di Polverara. Autentici preziosi di storia umana e di imprenditoria vanno incoraggiati, tutelati, valorizzati, fatti conoscere per ciò che rappresentano: una grande opportunità economica che ha tutte le carte in regola per fungere da antidoto a questi anni di crisi, dove un intero sistema economico è stato messo da parte e una nuova stagione si sta affacciando, finalmente, nel nome di una tradizione che va a braccetto con l’innovazione e con la strategia del fare squadra. La C.A.P.O. ha ben chiaro in che direzione si sta spostando il futuro, puntando sull’innovazione tecnologica del lavorato, con una macchina che prepara gli asparagi bianchi pelati pronti per la ristorazione, ma anche lasciando parte delle lavorazioni preliminari direttamente ai produttori, riconoscendo un valore aggiunto al loro apporto in termini operativi, qualitativi, di controllo del prodotto e allo stesso tempo abbattendo i costi. Molto del lavoro della Cooperativa, inoltre, viene condotto alla ricerca di sinergie e collaborazioni nel settore dell’enogastronomia, oltre alle nuove forme della comunicazione e della commercializzazione per permettere a questo straordinario prodotto della terra di essere sempre più conosciuto ed apprezzato.


IDENTIKIT DEL VERO CONCHE con ramiConsiderato “afrodisiaco” per la sua forma fallica, che ficazioni rimane più o meno simile in tutte le specie, le principadell’apli variazioni risiedono invece nel colore: dal violetto al parato raverde, le sfumature sono infinite, dipendendo dall’edicale ed sposizione al sole previste delle rispettive tradizioni è solo dal agronomiche. L’asparago di Conche, invece, è bianterzo anno co. Tutto bianco. La punta è sempre chiusa e il gambo che è possibile iniziare la raccolta. Ciò può rapprelungo circa 22 centimetri. Coltivato in pieno campo, sentare un deterrente per chi voglia iniziare questa evitando serre o altri espedienti che possano affiecoltura, ma va detto che il ciclo di vita di una pianta volirne le caratteristiche è oggetto di una continua è molto lungo, raggiungendo i 10 anni. Ogni zampa ricerca per adattarlo sempre più al territorio e renderproduce annualmente una ventina di “turioni” che lo sempre più tenero e gustoso. L’area di produzione spuntano dal terreno in diverse fasi. La raccolta, per è quella di Conche, Santa Margherita di Codevigo e questo, richiede passaggi giornalieri e una Valli di Chioggia, come certa professionalità, gli steli degli asparagi, previsto dal disciplinare. Tutto bianco. Viene raccolto a mano La punta è sempre chiusa infatti, vengono staccati dalla pianta a circa 25 centimetri di profondità con un lungo colda fine marzo fino ai prie il gambo lungo circa tello, la cui punta finisce a paletta, come una mi giorni di giugno, ri22 centimetri. spetto alle altre specie, Coltivato in pieno campo sgorbia, che viene infilato nel terreno perpendicolarmente all’asta del turione per reciderlo dunque, è più tardivo a quasi alla radice facendo un po’ di leva e soprattutto causa delle terre fredde che caratterizzano le aree di facendo attenzione a non danneggiare gli altri gerlaguna. Le “zampe” da cui si originano i “turioni”, osmogli della pianta. Dopo la raccolta i turioni vengono sia la parte edibile dell’asparago, vengono interrate a mondati nella parte estrema, lavati e confezionati semarzo sotto 15-20 centimetri di sabbia o sabbia argilcondo la pezzatura in mazzetti di circa un chilogramla. I terreni giusti per questa coltura, infatti, sono quelli mo, il peso può variare a seconda delle comodità leggeri, sabbiosi come quelli di origine marina, l’esemcommerciali, e destinati ai rivenditori della grande pio più valido è appunto Conche, pur che la salinità distribuzione, ai ristoranti o direttamente ai consumadel fondo non superi le 8 mS/cm. L’importante è che i tori finali grazie ai due punti vendita della cooperativa terreni abbiano un buon drenaggio, i ristagni d’acqua C.A.P.O.: il primo nello stabilimento di via Vallona nelpossono dare luogo a marciture che fanno morire la la frazione di Conche e il secondo in Romea (vicino al pianta. È importante invece che la zampa sopravviva ristorante Da Toni) aperto da fine marzo fino a dopo a lungo per avere una buona produzione e per aml’estate con in vendita oltre gli asparagi gli altri promortizzare i primi due anni di vita in cui non è reddidotti del territorio. tizia. Nei primi 24 mesi, infatti, non produce turioni, essendo impegnata nella colonizzazione del terreno

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L’ASPARAGO IN TAVOLA L’asparago di Conche è un bianco che, come tutti i bianchi, ha la caratteristica di essere meno fibroso, più delicato e meno amaro delle altre specie. Inoltre può essere consumato pressoché interamente, mancando la parte legnosa che si origina con la presa di colore dovuta alla fotosintesi clorofilliana, e soprattutto ha il suo spiccato sapore: sapido, che arriva dal mare. Una vera specialità a patto però che lo si sappia riconoscere, i mazzi sono contrassegnati col logo territoriale ADC (Asparago di Conche), e lo si sappia acquistare, fresco. Un Conche appena colto ha la base del turione umida e di un bel colore giallo. L’apice, invece, è bianco. Se fosse di un colore giallino o peggio giallo intenso, l’asparago è già sicuramente degradato. Un asparago che rimane sul banco di vendita per più di due o tre giorni avvizzisce, si asciuga diventando fibroso, amarogno e privo delle sue piene

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caratteristiche nutrizionali importantissime da mettere sul piatto. Gli asparagi forniscono una buona quantità di sali minerali quali: calcio, fosforo magnesio e potassio e vitamine A, vitamina B1, vitamina B6, vitamina C, acido folico, amminoacidi, carotenoidi, rutina, che serve a rinforzare i capelli. Gli asparagi sono anche particolarmente adatti a tutte le diete ipocaloriche, in quanto contengono poche calorie (25 Kcal/100g) e sono poveri di sodio. Hanno proprietà depurative e diuretiche, rivestono un ruolo attivo nella diminuzione di casi di eczema, ma sono anche ricchi di acido urico, per cui è sconsigliato il loro consumo a coloro che soffrono di cistite, gotta ed infiammazioni generali ai reni. Gli asparagi contengono asparagina o acido aspartico, che conferisce all’urina il tipico odore; la comparsa dell’odore di asparagi nell’urina è associata all’efficienza del sistema renale.


LA FESTA DEL PRINCIPE BIANCO dal 24 aprile al 1° maggio “Parchè el magnare è la pì bela legrazion che possa far l’omo” sosteneva Angelo Beolco, detto il Ruzzante, nella sua opera più celebrata, “La moscheta”. L’illustre drammaturgo, attore nonché scrittore padovano era solito passare molta parte del suo tempo da queste parti, ospite nel palazzo dell’amico Alvise Cornaro, e indubbiamente conosceva bene il valore del cibo. Le sue opere sono così ricche di riferimenti al mangiare che è proprio attraverso questa primitiva necessità che viene tratteggiato l’identikit della gente della sua terra. Per i suoi personaggi niente è più desiderabile quanto il mangiare, un piacere che supera di gran lunga ogni altro e che pervade tutti i sensi. Quando le regie sente dire de magnare, le se dreza, le se distende; il naso, poi, che sente el saore, tira el fiò, el reghigna, el galde de quel saore…”. Sapore è sintomatico di terra nell’”Orazione”, commissionatagli dal Cornaro, il Pavan è terra dove c’è tutto e il Ruzzante si diverte nel “Quando le regie sente dire passarla de magnare, le se dreza, le se in rasdistende; il naso, poi, che sente el s e g n a declasaore, tira el fiò, el reghigna, mando el galde de quel saore…” l’abbondanza, la bellezza, la perfezione dei suoi prodotti concludendo ogni sequenza: In tel Pavan, an? Buon cibo e promozione sono oggi anche le prerogative della Festa dell’Asparago di Conche, Promossa ed organizzata dal Gruppo Culturale e Ricreativo di Conche, da ormai 27 anni. Il piccolo villaggio lagunare torna ad animarsi dal week end che precede il 25 aprile a quello successivo il 1° maggio, portando in piazza tantissima gente, circa un migliaio di persone ogni sera, e ben 10 quintali di asparagi che vengono preparati dal Gruppo Culturale di Conche e dai tanti volontari in ricette sempre nuove e in combinazione con gli altri prodotti del territorio. Immancabile il risotto, gli asparagi in camicia “alla Conche”, fino alle ricette della tradizione come gli ossetti con gli asparagi o le semplicissime ma sempre attuali uova e asparagi. Insomma un appuntamento al quale non è il caso di mancare...

Nel 1993 è nato il Gruppo Culturale di Conche, che di fatto è il gruppo che si occupa dell’organizzazione e della realizzazione della Festa d’Asparago di Conche e non solo, visto che gli 80 soci, affiancati da un nutrito numero di volontari, si occupano anche della Festa del Radicchio. La festa non è caratterizzata solo dalla cucina locale, sin dai primi anni, infatti, si sono voluti introdurre momenti culturali: manifestazioni, incontri, esposizioni, intrattenimenti tipici della cultura popolare. Il ricavato della festa viene oggi reinvestito in parte in infrastrutture e attrezzature e in parte devoluto in beneficenza. A tal proposito val la pena ricordare che nel 1997 i proventi della festa sono stati determinati per il restauro della locale chiesa e che anche negli anni successivi il contributo non è mai venuto meno per migliorare le infrastrutture a servizio della comunità, l’ultimo intervento riguarda la realizzazione di un piccolo campo di calcetto. Un risultato importante per l’aspetto sociale del piccolo comune, ottenuto grazie all’impegno dei tanti volontari che prestano la loro opera e alla fattiva collaborazione che il Gruppo Culturale è riuscito da instaurare con tutte le autorità e le istituzioni del territorio. Angelo Beolco, detto il Ruzzante, drammaturgo, attore e scrittore padovano

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Volponi, dal 1950

a servizio dell’agricoltura L’azienda mosse i primi passi con le “bacinelle” per le stalle. Dopo qualche anno si specializzò nel campo dell’irrigazione La Ditta Volponi è presente nel mercato dei macchinari per l’agricoltura dal 1950. Olmes Volponi iniziò l’attività con le famose “bacinelle”per le stalle che rivoluzionarono il modo di abbeverare le mucche. I primi impianti prevedevano un motorino elettrico per la carica di un serbatoio che a caduta riempiva una condotta dove erano collegate una serie di abbeveratoi. Con questo sistema più capi bevevano allo stesso tempo, senza l’ausilio di un operatore. L’attività aziendale nel tempo si allargò il proprio campo di azione realizzando i primi impianti di irrigazione con tubi in plastica e pompe a cinghioli o gruppetti a petrolio. Dal 1995, a Olmes, è subentrato il figlio Gabriele che con nuove energie oggi continua l’attività di famiglia nel campo dell’irrigazione con diverse specializza-

zioni, tanto che qualsiasi esigenza del cliente viene soddisfatta. Fa parte della deontologia aziendale, insieme alla trasparenza e onestà che da sempre contraddistingue la professionalità della famiglia Volponi, la convinzione che il cliente deve sempre essere soddisfatto e consigliato nelle proprie scelte. L’offerta della ditta Volponi oggi spazia dai sistemi di irrigazione a bassa e alta pressione per agricoltura, gruppi motopompe, rotoloni , pompe per trattrice, irrigatori multi marche, batterie di filtrazione manuali e automatiche da vigneto e ortaggi, accessori e componenti vari per irrigazione. Tra le attrezzature agricole la disponibilità è praticamente illimitata, spaziando dagli erpici rotanti ai gruppi diserbo.

IRRIGAZIONI Volponi Gabriele

IRRIGAZIONI VOLPONI GABRIELE Via Fiume, 8 - 35020 Maserà Di Padova (PD) Cell. 348 1201334 - Fax 0498863921 - volponigabriele@gmail.com


IL PAESAGGIO ALL’IMPROVVISO di Cristina Veronese ed Emanuele Cenghiaro

Valle Millecampi,

terra antica, sospesa tra il cielo e il mare Ai confini della provincia di Padova con Venezia il paesaggio della laguna si fa interessante. Una terra che non è già più terra ma che non è ancora mare, che sorprende per i suoi colori, per il suo profumo e per quel silenzio che è proprio dei luoghi selvatici. Stupisce sempre, anche chi la frequenta assiduamente, perché ad ogni stagione, la Valle, si traveste, muta e si tramuta

L

a Valle Millecampi è una grandissima distesa palustre dalla forma sinuosa e irregolare, frutto di un plurisecolare lavoro di bonifica iniziato a partire dal 1500 ad opera di Alvise Cornaro, ricco mecenate e possidente veneziano. Questo suggestivo luogo si trova ai confini di Padova e Venezia, diviso a metà dal Comune di Codevigo e da quello di Campagna Lupia, confina con altre valli minori dai nomi a volte evocativi e toponimici, come nel caso di Morosina o Ghebbo, ma non mancano denominazioni decisamente più inquietanti, come nel caso di Valle Sette Morti. Le suggestioni più forti tuttavia arrivano direttamente dal paesaggio lagunare: ghebi, grandi laghi salsi, aree a canneto si scontrano con linee decise di argini, fiumi e canali e con le regolari geometrie di ter-

reni bonificati; il territorio è composto di barene, cioè isolotti bassi e pianeggianti che vengono sommersi dall’acqua con l’alta marea e riaffiorano con la bassa. L’equilibrio tra terra e acqua è un filo fragile a rompersi; l’ecosistema, molto delicato e peculiare, grazie ad una flora e una fauna rigogliose è qualcosa di unico, tanto da meritare la prestigiosa classificazione di patrimonio mondiale dell’umanità, attribuito dall’Unesco. Insomma una terra che non è già più terra ma che non è ancora mare, che sa sorprendere per i suoi colori, per profumi intensi e per i suoni antichi, propri dei luoghi selvatici. Stupisce sempre, anche chi la frequenta assiduamente, in quanto ad ogni stagione la Valle si traveste, muta e si tramuta.

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IL PAESAGGIO ALL’IMPROVVISO

A PIEDI, IN BICI O CAVALLO:

a spasso tra passato e presente

@ William Nordio

Chi attraversa, e sono in tanti, la strada statale Romea, che costeggia buona parte del territorio di Valle Millecampi, non può minimamente sospettare che a pochi metri dall’asfalto, dal cemento e dallo smog, si nasconda un territorio mozzafiato, dai colori incantevoli a tutte le stagioni, dove la laguna di Venezia incontra la terra in un susseguirsi di percorsi sospesi tra cielo, acqua e natura spettacolare. Giunti all’incirca al km 99 della statale si arriva alla località della Fogolana e precisamente in via Passo Fogolana, dove si trovano il ristorante da Giosuè e l’agriturismo Vecchia Fogolana, entrambi aperti per pranzo e cena. Il percorso alla scoperta della valle prosegue in direzione Casone delle Sacche, si raggiunge un ponte girevole sul canale Novissimo da cui si può scorgere l’accogliente Agriturismo b&b Ae Cavane, proseguendo, a pochi metri, ci sono due direzioni per raggiungere il Casone delle Sacche: girando a sinistra si può procedere solo a piedi o con la bicicletta e si arriva a destinazione costeggiando il canale Scirocchetto seguendo un percorso naturalistico molto pregevole, mentre chi si trova in macchina o in pullman deve proseguire verso destra e seguire le indicazioni stradali e che conducono ad una strada stretta e per un tratto sterrata.

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La destinazione prima è: IL CASONE DELLE SACCHE

È una testimonianza significativa del sistema insediativo originario della valle, il cui nome sembra derivi dal fatto che fu costruito su una sacca che arrivava fino alle campagne, e difatti la posizione di questo Casone è di collegamento tra terra e Valle, segnando il confine con le acque di laguna e la terraferma; Il Casone è costituito da più corpi addossati, distinguibili per destinazione funzionale e per successiva edificazione, serviva a dare rifugio ai ricchi cacciatori provenienti principalmente da Padova nei primi anni del novecento; nel 1971 Dino Risi girò alcune scene del film “La moglie del prete” con Sofia Loren e Marcello Mastroianni. Purtroppo per molto tempo questo Casone Vallivo fu abbandonato, ed il tempo e l’incuria lo ridussero ad un rudere, fino a che, sul finire degli anni novanta, con uno sforzo notevole, è stato avviato il recupero dello stabile e un rilancio in grande stile della Valle Millecampi come attrattiva turistica e paesaggistica, nonché come centro museale per le valli lagunari e come punto di partenza e di arrivo per itinerari via terra e via acqua. Il Casone attualmente ospita gli uffici della polizia Provinciale e la sede della Polisportiva Millecampi che organizza, tra le altre attività sportive, corsi di canotaggio


@ William Nordio

IL PAESAGGIO ALL’IMPROVVISO

Ad una manciata di metri dal Casone delle Sacche sorgono: I CASONI NUOVI Sono stati costruiti di recente, i lavori sono iniziati nel 2011 e completati a fine 2013 nell’ambito del progetto di valorizzazione e tutela della laguna Veneta al fine di dare una testimonianza in chiave “moderna” dei casoni vallivi: anticamente il Casone era la forma abitativa dei poveri contadini veneti per oltre un millennio, ma contrariamente a quanto si può pensare ad un primo sguardo, non si trattava di una rudimentale capanna: i Casoni erano il frutto di una cultura abitativa molto evoluta, costruiti con materiali naturali e a basso costo, la cui combinazione produceva un’opera d’arte a basso impatto ambientale, insomma un esempio ante-litteram di “bioedilizia”. Il tetto in paglia di segale e/o canne palustri era particolarmente alto perché doveva contenere uno spazio adeguato per conservare il fieno per i bovini, infatti, nel sottotetto erano per questo motivo presenti delle aperture per il ricambio d’aria; la parte più bassa era in muratura, con pochissime aperture a finestra di piccole dimensioni, per non disperdere il calore, il pavimento era in terra battuta, o, per i più ricchi, in pietra. Alcuni casoni erano dotati di un portico rivolto verso sud. La stalla era una specie di “caldaia vivente” nella quale ci si radunava nei mesi più freddi e si raccontavano le storie (i filò).

IL CASONE MILLECAMPI Costituisce uno dei più rilevanti esempi di CASONE VALLIVO affiancato da un bilancione sospeso sul canale dei Sette Morti: è il Casone Millecampi è rimasto per lungo tempo inutilizzato e attaccato violentemente dagli agenti atmosferici e dai fenomeni di marea che lo hanno profondamente intaccato e ridotto in rovina. Una cordata di finanziamenti capeggiata dalla Provincia di Padova con il contributo del Magistrato delle Acque, Fondazione Cariparo e Regione hanno consentito il suo recupero e restauro, i lavori sono stati ultimati da pochi mesi e questo notevole edificio dovrebbe essere destinato a struttura ricettiva con ristorazione. In questo magico luogo ci si arriva però solo in barca... Percorrendo una stradina sterrata piuttosto stretta e un po’ dissestata si raggiunge LA SPIAGGETTA DELLA BOSCHETTONA Recuperata solo qualche anno fa grazie ai lavori finanziati da parte del Consorzio Venezia Nuova è un posto unico ed esclusivo: di certo non vi si trovano ombrelloni, lettini, servizio bar in spiaggia, musica ed intrattenimento, ma qui si può assaporare la suggestione ed il fascino di una natura è anche una meta prediletta per gli amanti del Kay Surf.

L’Associazione Serenissime Terre (Flavio 339 6378006) Corti Benedettine (Cristina 329 7468414) accompagnano per mano alla scoperta di questo affascinante, ma anche complicato territorio con escursioni in barca, bici, nordic walking e a cavallo. Una guida turistica estremamente completa in formato tascabile ci conduce inoltre alla scoperta di itinerari turistici e luoghi di pregio dal Portello di Padova a Valle Millecampi (per info e acquisti info@tracciati.eu o www.tracciati.eu).

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TENUTA CIVRANA la vita torna a pulsare frenetica in campagna Non è solo un’azienda agricola dove si coltivano prodotti di qualità, ma è anche una straordinaria opportunità per conoscere la natura e i suoi protagonisti È tornata la bella stagione alla Tenuta Civrana. La grande campagna di 365 ettari ha ripreso le sue tinte, nelle mille sfumature delle colture che ciclicamente si alternano tra orti e campi, anche il cielo ora è solcato da migliaia di uccelli e dei loro trilli. Sì, dopo mesi di ovattato silenzio, la vita è tornata a pulsare frenetica, riprendendo il proprio giro: l’airone cenerino ha già deposto le sue uova nella garzaia, proprio nel cuore del percorso naturalistico, e nei laghetti le anatre nuotano in coppia, anche per loro è arrivato il tempo della nidificazione. È questo il bello della Tenuta Civrana, perchè non è solo un’azienda agricola dove si coltivano prodotti di qualità, ma è anche una straordinaria opportunità per conoscere la natura e i suoi protagonisti. Dal 2007 l’azienda si è strutturata per essere una fattoria didattica e da allora stagionalmente propone visite guidate, lezioni in classe laboratori. Qui le materie sono le più vaste e spaziano dalla conoscenza dei boschi, all’esperienza della vita in campagna. Fiori, erbe, frutti: sono studi che richiedono attenzione. Non manca l’incontro con gli animali selvatici o quelli di bassa corte: capre, oche, asini, cavalli che fanPegolotte di Cona (VE), Via della Stazione 10 Tel. 333 6662584 • Agriturismo 347 2220023 info@tenutacivrana.it • www.tenutacivrana.it

no bella mostra di se, nelle stalle della fattoria. La scuola della natura, non chiude mai, nemmeno la domenica anzi la domenica l’offerta da didattica si fa pratica anche per le famiglie grazie all’agriturismo che trasforma profumi in sapori. Si mangia divinamente. Il cuoco Luca Brun sa seguire le stagioni e il menù ora consiglia i risotti, da provare quello con i bruscandoli, o le crespelle agli asparagi e il coniglio. Ah, dopo il pranzo o la passeggiata in campagna è anche possibile fare la spesa... FATTORIA DIDATTICA Le lezioni sono indicate per scuole dell’infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di primo grado, con attività calibrate e concordate con i docenti in base alle diverse stagioni, all’età degli studenti o ai progetti delle singole classi. Per iscriversi basa andare sul sito della tenuta all’indirizzo www.tenutacivrana.it e scaricare l’apposito modulo.

TENUTA CIVRANA


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L’erba del vicino

è sempre più verde... L’azienda “Il prato del re” di Maserà di Padova è specializzata nella produzione di prati in rotolo, propone un servizio che parte dalla consulenza e accompagna tutte le fasi di realizzazione di un impianto: dalla progettazione, alla posa in opera Senza dubbio il giardino è il naturale completamento per una bella casa. Con l’arrivo della bella stagione un angolo ben curato, verde e in ordine oltre a valorizzare esteticamente il posto in cui viviamo è un piacere da vivere, perché trasmette emozioni edificanti. Peccato che il nostro pollice più che verde sia verso e che i cicli della natura difficilmente coincidano con gli scampoli di tempo che il lavoro, la famiglia, gli impegni ci lasciano a disposizione. Ma a tutto c’è un rimedio e nel caso del verde domestico, la risposta giusta potrebbe essere il prato in rotolo. A Maserà di Padova l’azienda Il Prato del Re, di Giacomo Rigoni, può fornire una buona base di partenza per ogni spazio verde e tutta l’esperienza necessaria per ottenere finalmente risultati soddisfacenti. La famiglia Rigoni da decenni è impegnata nell’impianto e nella manutenzione dei prati nei principali stadi di calcio, dove ogni domenica gioca la serie A, perciò la disponibilità di rotoli standard (40 x 120 cm) o big-roll (120 x lunghezza a piacere) è praticamente illimitata, tempestivamente disponibile e le essenze certificate. Grazie al prato in rotolo è possibile evitare le sempre incerte operazioni di semina, concimazione, diserbo, e ottenere in pochi giorni un bel giardino, perfetto proprio ora che sta arrivando la primavera. Allestire e mantenere il proprio angolo verde in ordine è più facile che partire da zero…

Il prato in rotolo ha un impiego a dir poco poliedrico, si parte dal tradizionale giardino o dall’aiuola e gli impianti sportivi ma potrebbe essere l’ideale per creare allestimenti temporanei come fiere, vetrine matrimoni, fino ad arrivare ad un impiego decisamente artistico come alcune opere di design.

Per l’attecchimento dell’erba in rotolo bastano cinque giorni di innaffiature e il trapianto è possibile in qualsiasi mese dell’anno.

IL PRATO DEL RE di Rigoni Giacomo - www.ilpratodelre.it - info@ilpratodelre.it Via Casolina, 129 - 35020 Maserà di Padova (PD) - Tel. 049 8868014 - Cell 340 0626262


LA MEMORIA DI CARTA di Roberto Soliman

RITI e RITUALI di Primavera

Carnevale, Bati Marso e Rogazioni: antichi rituali popolari per invocare la bella stagione, esorcizzando l’oblio dell’inverno, sono diventati, nel tempo, anche riti religiosi, per ritornare, in parte, pagani

L

a parola Carnevale deriva dal latino Carnem di rinnovamento. Levare (eliminare la carne), poiché anticamenQuesto sconvolgimento assumeva un rituale purificate indicava il banchetto che si teneva il martedì torio e comprendeva un “processo”, con condanna, e grasso (ultimo giorno di carnevale), immediatamente il bruciamento, o impiccagione, del re Carnevale, rapprima del periodo di astinenza e digiuno della Quapresentato da un fantoccio immaginato come l’anno resima. Ha origini antiche vecchio e i suoi guai, ma si immaginacon le Dionisiache greche Nell’antico mondo l’anno va anche che si trattasse del sovrano o (da Dionisio, dio greco del nuovo iniziava con Marzo. dell’ordine costituito. Sovrano che convino), o i Saturnali romacedeva volentieri questo periodo senI mesi erano dieci: ni, durante i quali si reaza regole alla popolazione come valvonon esistevano Gennaio lizzava una temporanea la di sfogo, così poi lui poteva dedicarsi e Febbraio sospensione degli obbliai propri affari indisturbato. Per la Chieghi sociali e delle gerarchie, per lasciare posto allo sa Cattolica il Carnevale ha inizio con la domenica di scherzo e, a volte, alla dissolutezza. Settuagesima, la prima delle nove che precedono la Nell’antico mondo romano la festa era in onore della settimana Santa, secondo il calendario Gregoriano, e dea Iside, importata dal mondo egizio, e vedeva la finisce il martedì precedente il mercoledì delle Cenepresenza di gruppi mascherati, in processione, nel ri, ed è stato ritualizzato per essere un momento di momento del passaggio dall’anno vecchio al nuovo, riflessione e riconciliazione con Dio, un rinnovamento che iniziava con Marzo. I mesi erano dieci: non esisteche i pagani vedevano nell’anno nuovo. Ora il Carnevano Gennaio e Febbraio. Mancando di spiegazioni vale è soprattutto un rituale pagano, dove ogni ceto scientifiche, per gli antichi, il passaggio, diventato poi sociale libera la fantasia per catturare un po’ di felicità il carnevale, si inquadrava in un ciclico movimento che forse arriverà alla prossima occasione. degli spiriti tra il cielo, la terra e gli inferi e riconduceAnche il Bati Marso è un rituale pagano legato al va l’uomo e il suo destino a una dimensione metafisirisveglio della natura, ed era praticato in quasi tutto ca, nel tentativo di inquadrare la primavera, portatrice il Veneto, ma anche nel Trentino e in Friuli e poteva

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LA MEMORIA DI CARTA avere indicazioni diverse: “Osade de Marso”, “Ciamare Marso”, “Batar Marso”, “Brusa Marso”, “Kalendimarso”, etc… Dopo il lungo e buio Inverno, si richiamava la natura al risveglio con giovani in corteo che, partendo dalle contrade, raggiungevano all’imbrunire il paese esibendosi in: schiamazzi, battiti metallici, il gracchiare delle “racole”, scherzi e cantilene, accompagnati, a volte, dagli animali della corte che avevano condiviso con i padroni questo duro periodo. Spesso si finiva con canti e balli davanti al fuoco, bruciando l’Inverno, rappresentato da un fantoccio di paglia. Questa tradizione ha avuto profonde radici nel tempo e probabilmente, come tante che segnavano i passaggi delle stagioni, risale alla preistoria confondendosi con il Carnevale. A Roma antica nel giorno prima del plenilunio dopo il primo di Marzo, iniziava l’anno nuovo (come nei territori sotto la Repubblica di Venezia), e un uomo vestito di pelli chiamato Mamurio Vetrurio (il vecchio Marte: il Marzo dell’anno precedente), era cacciato fuori dalla città a bastonate. È da puntualizzare che Marzo prende il nome dal dio Marte, che originalmente era il dio della vegetazione, ma siccome a Marzo, con il risveglio della natura, riprendevano le guerre e i guerrieri venivano radunati nel campo di Marte, da cui il toponimo Campo Marzo esistente anche a Vicenza e a Lendinara, Marte, da buon ecologista, è diventato dio della Guerra. Strano il destino degli dei! Si può supporre che in seguito al risveglio della natura, si risvegliasse anche nei giovani la voglia di “Trovàr morosa”, con grida in burlesco di proposte matrimoniali, aiutati da suoni e percussioni con oggetti metallici sotto la casa delle giovani da marito. Sempre la sera del primo di Marzo, sembra che gli “spasimanti” lasciassero un grosso sasso vicino all’uscio della casa della prescelta. Se il sasso veniva ritratto era segno

che la ragazza accettava di parlare, sempre sull’uscio, con questo ragazzo. È ovvio che poi sono state aggiunte percussioni di bidoni, lamiere, pignatte, ritmate da filastrocche sul mese di Marzo come: “Marzo - Marzo sìa...” da parte dei giovani di ogni villaggio. Le Rogazioni sono, nel cattolicesimo, preghiere, atti di penitenza e processioni propiziatorie sulla buona riuscita delle seminagioni. Hanno anch’esse origine molto antica. Si rifanno a una celebrazione precristiana: le Ambarvalia, che erano processioni fatte per propiziare il buon esito della stagione agraria. La più importante si teneva in corrispondenza del 25 Aprile del nostro calendario. Papa Liberio (325 - 366) le trasformò da rituale a rito cristiano. Nella città di Roma, il rito fu introdotto da papa Leone III, nell’anno 816, per estenderlo a tutta la cristianità e a tutte le parrocchie, allo scopo di chiedere protezione a Dio sul lavoro dei campi e per tenere lontane le calamità naturali: ghiacciate, grandine, alluvioni e siccità. A fianco del rito si è sviluppata nelle campagne una tradizione, che è durata fino a mezzo secolo fa: i contadini fabbricavano della croci, con rami potati dai pioppi o salici. Il sacerdote, in Rogazione con alcuni fedeli, sostava agli ingressi delle varie corti, dove venivano preparati degli altarini con immagini sacre, e benediva, oltre ai campi, queste croci che poi venivano fissate con un chiodo agli alberi di testa dei vigneti o di altre piantagioni. Il sacrestano raccoglieva l’offerta per la chiesa, che di solito era costituita da uova, vera merce di scambio, che riponeva in una “sporta”, e la processione si allontanava verso la prossima sosta, mentre il sacerdote intercalava le litanie della Madonna e dei Santi, alla benedizione dei campi e delle culture, “...rogamus te Domine ut per auxilium misericordiae tuae emittas super hunc fructum segetum dexterae tua benedictionem...”

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IL PANORAMA GASTRONOMICO di Maurizio Drago

LA PASQUA,

LE ERBETTE, GLI OVINI E LA TRANSUMANZA, LE UOVA: spicchi di tradizioni del nostro territorio Pasqua, oltre a un significato intimamente religioso, significa anche uscire, andare alla ricerca del sole, fare le passeggiate lungo gli argini dei fiumi o sui Colli

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LE ERBE SPONTANEE PRIMAVERILI: DA CIBO POVERO A “CULT” PER CHEF… Per chi ama la gastronomia, le belle giornate ci spingono alla ricerca delle erbe che crescono spontanee in campagna, lungo le rive dei fiumi e nei Colli Euganei; con un po’ di allenamento visivo si comprende dove crescono e come raccoglierle: bruschi (pungitopo), bruscando’i (luppoli), carletti, grintani o scrissioi (strigoli), pissacan o brusaoci (tarassaco), rosoe, cassalievore, rapunso’i, sparesine e altre erbe che si possono trovare e che diventano la delizia nelle nostre tavole imbandite. Per la verità queste erbe costituivano il piatto povero di una civiltà contadina dove le donne si inventavano ricette e particolari piatti che diventavano cibo più di sostentamento che di sfiziosità. Ora, fortunatamente, questo processo si è invertito e questi piatti sono stati copiati dai cuochi che ne fanno un cult con romantiche cene tematiche e con gustosi piatti presentati con bella dovizia.


IL PANORAMA GASTRONOMICO

L’AGNELLO A PASQUA: IL PIATTO DELLA RITUALITÀ E DELLA TRADIZIONE Ma a Pasqua, festa importante, si mangiava (e si mangia) anche un piatto importante. In questa festa si sovrappongono e si intrecciano tradizioni ebraiche, la liberazione del popolo d’ Israele dalla schiavitù dell’Egitto, cristiane (Gesù “agnello” di Dio), e antichi riti pagani, fra cui la celebrazione dell’arrivo della primavera, in tutte le sue manifestazioni, quando la natura si riveste di verde e di fiori, gli animali vivono la stagione degli amori e anche noi sentiamo una nuova voglia di ricominciare, di stare all’aria aperta, quasi a spogliarci delle ansie e delle paure invernali. Il piatto “forte” è l’agnello, cotto in varie forme, ma quello classico rimane le costolette di agnello al forno abbinate a verdure, o con carciofi. È il pranzo pasquale per antonomasia che rievoca come anche nel nostro territorio sono presenti gli ovini. Anche qui si attuava la transumanza. Il noto giornalista e storico dell’alimentazione, il bresciano Riccardo Lagorio, ricorda come le pecore e gli agnelli venivano portati dalla campagna padovana sino alle colline oltrevenete di Massa Carrara, di Bergamo e oltre. C’è la pecora nera di razza massese che produce dell’ottimo pecorino in provincia di Padova, come pure c’è una produzione di prosciutti, salami e carnami di pecora ad Agna.

Nel Veneto il Cristianesimo è arrivato prestissimo, già in epoca apostolica, non da Roma ma da Alessandria, la più colta e raffinata città mediterranea. La nostra regione fece proprie, così, alcune tradizioni orientali, come il pane dolce di Pasqua e le uova.

LE UOVA E GLI ANIMALI DA CORTILE A PASQUA Ma oltre l’agnello ci sono anche gli animali da cortile che nelle aie venete abbondano. E, ovviamente, le uova! Nel Veneto il Cristianesimo è arrivato prestissimo, già in epoca apostolica, non da Roma ma da Alessandria, la più colta e raffinata città mediterranea. La nostra regione fece proprie, così, alcune tradizioni orientali, come il pane dolce di Pasqua e le uova. L’uovo è considerato la rappresentazione della vita e della rigenerazione, ecco la tradizione romana di sotterrare nei campi un uovo dipinto di rosso, simbolo di fecondità e quindi propizio per il raccolto. Il detto “A Pasqua trista xè la polastra che no la faza el ovo” induce a vedere l’uovo che diventa raffigurazione del germe stesso della vita, le tagliatelle diventano il cibo pasquale. Le uova servono anche per fare la colomba e la focaccia pasquale veneziana, che richiamano l’episodio del diluvio universale, descritto nella Genesi, quando la colomba ritornò da Noè tenendo nel becco un ramoscello d’ulivo come messaggio di pace. Il castigo divino si era concluso, le acque del diluvio si ritiravano e iniziava un’epoca nuova per l’umanità.

IL PIÙ TIPICO PRANZO PASQUALE VENETO Ecco che viene rappresentato il pranzo completo del veneto, il classico pranzo del nostro territorio. Le uova sode colorate come stuzzichino, per primo un buon piatto di lasagne all’uovo, per secondo le costolette di agnello e per finire la colomba pasquale... Questo è il pranzo più tipico, tradizionale, rituale e... territoriale. Veneto!

ERRATA CORRIGE pag 5 del n. 8 di Con i Piedi per Terra Melara, è l’ultimo paese occidentale del Polesine. Il nome pare sia da attribuire alla produzione del miele in epoca romana. Bonificazioni benedettine e poi estensi riscattarono il territorio, che divenne centro strategico tanto da essere munito di un castello, una rocca ed altre fortificazioni ora scomparse. E proprio sui ruderi del castello nel 1400 venne eretta la torre campanaria che si trova davanti alla facciata delle settecentesca Chiesa Parrocchiale di San Materno. Di fronte alla torre campanaria c’è un arco secentesco con gli stemmi dei cardinali Chigi e Giacomo Rospigliosi. Davanti al municipio sorge il monumento ad Amos Bernini, patriota garibaldino.

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RITI E TRADIZIONI di Eloisa Gobbi

Dalla transumanza alla Pasqua

TRA TRADIZIONE, MITO E RITUALITÀ La vita dell’agnello si lega al Sacrificio ricordato dalle solenni festività delle religioni, in realtà sono quest’ultime ad essere debitrici della tradizione perché niente perdura nel tempo se non mantiene un contatto con la realtà e con la sua fruibilità

I

l sole inizia a calare dietro la linea dell’orizzonte nel tardo pomeriggio e il tiepido clima estivo lascia il posto alla frescura autunnale. Sta per arrivare il rigido inverno, che rendendo inospitale la montagna, impone al pastore di abbandonare le alture e di scendere in pianura, attraversando i tratturi alla ricerca di nuovi pascoli. È lungo questo percorso in discesa che per le greggi inizia il periodo della fertilità, le giovani agnelle conoscono l’opportunità della gravidanza e la successiva gestazione durerà cinque mesi, per trasformarsi in maternità con l’inizio della quaresima. Strane coincidenze paiono legare la vita dell’agnello al Sacrificio ricordato dalle solenni festività delle religioni, in realtà sono quest’ultime ad essere debitrici della tradizione perché niente perdura nel tempo se non mantiene un contatto con la realtà e con la sua fruibilità. Al pastore, dopo, quaranta giorni oltre la carne serviva il latte da vendere o da trasformare in formaggio, un latte che costava il sacrificio dell’agnello ripreso poi dalla Pasqua oltre come simbolo anche nell’etimologia del nome che, di per se, signi-

fica “passaggio”, “andare oltre”, proprio come nella transumanza. Pesach (Pasqua in ebraico) è il transito dalla vita alla morte che porta alla resurrezione, al ritorno alla vita che per il pastore, alla quale in origine era dedicata la festa, significava soprattutto il ritorno della luna nuova, quella della bella stagione sotto alla quale era possibile riprendere il transito e ascendere alla vette dove il ciclo della vita e della riproduzione avrebbe ripreso daccapo, diverso e uguale. Anche il poeta Giacomo Leopardi su questo tempo ciclico cercherà i motivi dell’esistenza che è della Pasqua, dialogando lui stesso, sentendosi condannato all’eterno ritorno esattamente come il fulgido astro, con la luna nel “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia: “O luna, che fai nel cielo? Dimmi, che fai / o silenziosa luna? / Sorgi la sera, e inizi la tua peregrinazione, osservando a lungo i deserti; e poi cali e ti posi / non sei ancora stanca / di percorrere sempre lo stesso itinerario? ...”. Ma si sa che l’itinerario dei riti è quello destinato a ritornare.

In alto a destra: Ave Maria a trasbordo di Giovanni Segantini, 1886

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Corte Bonicella,

sapori antichi che incontrano palati moderni Morandi: storica famiglia di allevatori di ovini oggi specializzati in prodotti di alta qualità e nell’ospitalità

Primavera alla Corte Bonicella

Una tradizione famigliare che dura da secoli, un ciclo ininterrotto di partenze e ritorni, transumanze di greggi, tra verdi pascoli della montagna bellunese e gli argini della bassa valle che precede appena di poco il mare. Un tempo circolare, dicevamo, che però ha avuto il coraggio di affrontare la modernità, il tempo attuale, e di diventare, ma solo in parte, stanziale. Ottaviano Morandi non ha abbandonato la sua professione, o meglio la sua filosofia di vita, di pastore errante, ma i figli Davide, Luca e Andrea hanno portato il marchio di famiglia, l’Allevamento Veneto Ovini, a produrre straordinarie eccellenze e ad aprire le porte all’ospitalità. Corte Bonicella è il centro stabile di questo mondo in movimento, l’agriturismo e fattoria didattica dove la tradizione diventa sapore e allo stesso tempo cultura per la riscoperta di piatti a base di carne di pecora, agnello, agnellone e castrati, preparati con ricette dai contenuti decisi ma dal gusto moderno, venduti anche sottovuoto per ricette veloci e facili da preparare a casa. Autentiche specialità sono gli insaccati e gli stagionati come il salame, la passita, il lonzino, il fiocco e il prosciutto, gli arrosticini, che incontrano il gusto dei più giovani, e da provare e riprovare è il formaggio, ovviamente pecorino fresco o stagionato in abbinamento alle marmellate, sempre prodotte dalla casa.

L'agnello è un cibo della nostra tradizione a patto però che lo si sappia preparare e l'agriturismo di Cona è il posto giusto per apprezzarlo in una serie di ricette originali: • Insalata di prosciutto di pecora, rucola e pecorino stagionato • Pasticcio al ragù di agnellone • Arrosticini con salsa alla menta • Costolette di castrato alla griglia CORTE BONICELLA Via Cavarzere, 28 - 30010 Cona (VE) • Tel. 0426 59298 • Cell. 349 3680371 • info@cortebonicella.it • www.cortebonicella.it ALLEVAMENTO VENETO OVINI Via Porcaro, 1 - 35022 Anguillara Veneta (PD) • Tel. 347 0326458 • info@veneto-ovini.com • www.veneto-ovini.com


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Fattoria alle

rigini

Filiera Bio: sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale Ci guida l’amore e la passione per la terra

L’agricoltura biologica che abbiamo abbracciato dal lontano ‘95 è una scelta di valore e oggi, con ancora più passione, portiamo avanti i metodi tradizionali della campagna: a noi non piace affidare le sorti dei nostri raccolti alla chimica, preferiamo interrogare la natura, ogni giorno, come si faceva un tempo, per decidere il momento giusto della semina, scegliere il giusto rapporto di aria e acqua nel terreno, stabile le giuste colture per aiutare la terra a rinnovarsi. Solo questo ci consente di avere le migliori rese e la certezza che i nostri animali sono sani perché mangiano solo prodotti naturali.

Siamo agricoltori e allevatori da più generazioni

Da più generazioni coltiviamo la terra, alleviamo bestiame e produciamo carni, rispettando i ritmi naturali di crescita degli animali, con materie prime come orzo, mais, soia, erba medica, fieno, tutto da agricoltura biologica certificata. Questo garantisce alle carni, la genuinità, un alto valore nutritivo, un’alta percentuale di acidi grassi Omega 3 che contrastano la formazione della placca arteriosclerotica, prevenendo le malattie cardiovascolari e coronariche.

PUNTI VENDITA PADOVA - Sottosalone ½ - Piazza delle Erbe - Tel 049 654380 PADOVA - Presso Naturasì - Via Vicenza, 12 - angolo via Digione - Tel 049 8711568


ECCELLENZA E GENUINITÀ NEL PIATTO La nostra carne ha un elevato valore nutraceutico. Con l’alimentazione degli animali, basata più sui foraggi che sui cereali, aumenta la percentuale di acidi grassi e Omega 3. La nostra carne è morbida, gustosa dal sapore inconfondibile. E’ l’eccellenza italiana delle carni biologiche prodotta e garantita dai f.lli Zaggia.

Rispetto del benessere e dei cicli naturali di crescita degli animali

Per ottenere un risultato sicuro, gestiamo e controlliamo noi tutte le fasi di produzione, dalla terra al piatto del consumatore. La qualità della nostra carne dipende da moltissimi fattori che toccano tutte le fasi del processo produttivo, dalla scelta della razza da allevare alle tecniche di sezionamento e conservazione del prodotto finito. Alleviamo bovini da carne delle razze più pregiate italiane e francesi seguendo il regolamento europeo CE 1804/99 per la zootecnia biologica. • Rispettiamo il ritmo naturale di crescita degli animali • Non usiamo sostanze che accellerano la velocità di crescita • È escluso l’utilizzo di farine animali e piante vegetali OGM per alimentare i nostri animali • I nostri animali vengono alimentati con una razione composta dal 100% di alimenti da agricoltura biologica

Il marchio a forma di foglia, “Euro Leaf“ è il logo che certifica la provenienza dei prodotti da agricoltura biologica ottenuti attraverso un sistema di produzione agricola che minimizza l’impatto sull’ecosistema, opera nel modo più naturale possibile e permette di ottenere prodotti sani e gustosi

Sicurezza, tracciabilità e certificazione

Rossa come deve essere la carne naturale, sana succosa e leggera, dal sapore inconfondibile. La qualità della nostra carne è l’espressione finale di qualità dell’intera filiera produttiva. Gestiamo e controlliamo tutta la catena di produzione: l’allevamento, la macellazione, il sezionamento, il confezionamento, fino alla vendita al dettaglio del prodotto.

NUOVO PUNTO VENDITA A RONCAGLIA RONCAGLIA di Ponte San Nicolò - Presso Centro Commerciale Naturasì - Via G. Parini, 2 - - Tel 049 8961534 www.fattoriaalleorigini.com - info@fattoriaalleorigini.it - f Fattoria alle Origini


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AZIENDA FONTOLAN:

al centro il consumatore “Il cliente da noi entra e sorride. La sua fiducia è per noi un successo” Ai piedi di un argine, con il suo giallo acceso e la costruzione tipica delle tenute di campagna d’altri tempi, l’azienda Fontolan ti accoglie con il sorriso della signora Deanna e della figlia Ketty, pronte ad aprire le porte della loro casa-azienda. Qui, dove campagna e allevamento, vita e lavoro si fondono indissolubilmente, l’attenzione per il consumatore è divenuto un marchio di fabbrica.

AZIENDA AGRICOLA

FONTOLAN

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Via Argine Sx, 61 Bovolenta

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ORARI D’APERTURA: VENERDÌ 15.30 - 19.30 e SABATO 9.00 - 12.15 e 15.30 - 19.30 AZIENDA AGRICOLA FONTOLAN, Via Argine Sx, 61 - 35024 Bovolenta – (PD)


Salute e Benessere Una carne rossa che contiene meno colesterolo di quella bianca I laboratori della Chelab Silliker – Mérieux NutriSciences hanno condotto delle ricerche analitiche sulle carni macellate all’azienda Fontolan, riscontrando che contengono meno acidi grassi saturi di quella di pollo. Una buona notizia per la salute.

Cultura della carne, esperienza, creatività, consigli culinari: un concentrato di eccellenze nell’azienda Fontolan.

Tra i colori di una campagna che sta per risvegliarsi dopo l’inverno, la famiglia Fontolan si affaccenda operosa per soddisfare la clientela con la qualità dei prodotti in vista della Pasqua, quando sulla tavola bandita si potranno assaporare arrosti prelibati dal gusto di tradizione. Si perché qui, nell’azienda Fontolan di Bovolenta, niente è lasciato al caso e ogni minimo passaggio della filiera corta che dalla terra conduce al palato è seguito con estrema passione e professionalità e accompagnato dai sorrisi di chi, come Deanna e Ketty, ama il proprio lavoro e la gente: sono questi i valori che incidono in maniera determinante sul prodotto finale.

Cibo e Natura Salute e qualità tradizionali da gustare anche all’aria aperta Fontolan è un’azienda all’insegna della qualità, grazie all’alimentazione integrale con cui vengono allevati i maiali e che rende la carne più salutare e gustosa. Vasta la scelta dei prodotti anche in vista delle festività Pasquali: dalla carne per gli arrosti agli eccellenti salumi, che possono essere condivisi nelle scampagnate in mezzo al verde.

Tel 049 5347142 - info@aziendaagricolafontolan.it - www.aziendaagricolafontolan.it


Antichi Sapori,

noi sì che conosciamo i nostri polli Dopo la prima fase di accrescimento e il ciclo di vaccinazioni, che dura 25 giorni, i pulcini sono pronti ad entrare nel tuo pollaio È nato prima l’uovo o la gallina? L’interrogativo lascia interdetto anche chi si occupa di scienza, ma noi che invece ci occupiamo di territorio e di tradizioni quello che possiamo dare per certo è che di mezzo c’è il pulcino. L’azienda Antichi Sapori di Candiana ha fatto il suo esordio nel mondo dell’allevamento avicolo proprio con la vendita dei piccoli pennuti. Oggi è un’azienda dai solidi numeri e qualificata per le attenzioni rivolte al benessere degli animali allevati, avendo messo al bando l’uso di stimolanti della crescita e preferendo l’allevamento degli animali con un’alimentazione direttamente prodotta in azienda e in libertà, a terra, in grandi spazi alberati, ma la vendita dei pulcini rientra ancora nell’offerta della famiglia Scudellaro. Qui i piccoli arrivano nel primo giorno della loro venuta al mondo, nati da uova di prima categoria, ossia selezionate e più grandi, ricevono da subito le prime cure: intanto il calore, perché finché il morbido piumino non diventerà piuma, verranno tenuti alla temperatura costante di 30-32° e poi il ciclo delle vaccinazioni che vengono

completate nei primi venti giorni di vita. Si tratta di una profilassi importante che può ridurre di molto la mortalità nelle prime fasi dell’accrescimento. Ed è in questa fase che i pulcini dell’azienda Antichi Sapori possono contare su una marcia in più, perché il ciclo delle vaccinazioni va ben oltre il protocollo previsto dalla legge e l’attenzione per l’abbattimento della cariche batteriche parte dalla pulizia degli stabbi. L’azienda dei Scudellaro, infatti, è la prima in Veneto ad essersi dotata di una strumentazione per la disinfezione “a fuoco” degli spazi che ospitano i pennuti. “Abbiamo recentemente acquistato un sanificatore per gli ambienti - spiega Mirco Scudellaro - che impieghiamo per la pulizia dei pollai: il fondo e le pareti dei recinti vengono passati da una barra che sprigiona una temperatura che supera gli 800°, purificando l’ambiente. Questo ci permette di tenere sotto controllo le cariche batteriche ma soprattutto di intervenire meno sugli animali con i medicinali”. Insomma tutte attenzioni che si trasformeranno in una qualità che diventerà assolutamente evidente nel piatto.

Azienda Agricola Scudellaro S.Agr.S. - Via Valli Pontecasale, 16 - 35020 Candiana (PD)


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LE NOSTRE SPECIE IN VENDITA I POLLI: sono cinque le razze in vendita e

FARAONA

disponibili tutto l’anno

• Razza Gallor, una specie francese dal piumaggio un po’ più scuro, matura in 5-6 mesi raggiungendo i 2,2 - 2,3 kg di peso. Ha carni molto più saporite del pollo che danno il meglio del gusto allo spiedo oppure arrosto

• Il bianco ad accrescimento veloce, arriva ai 5 kg di peso. Ma se consumato giovane, ad aprile saranno pronti, avremo un galletto che la tradizione vuole preparato alla griglia • Il rosso, di corporatura più pesante e più lento nell’accrescimento. Ha carni asciutte e per questo, più saporita del bianco, nella sua preparazione è consigliata una cottura lenta • Il Kabir, razza a lento accrescimento, forte, ruspante: le femmine raggiungono 2.8 - 3.0 kg di peso mentre i maschi i 3.5 - 4kg • Pollo collonudo, altra razza a lento accrescimento e di grande qualità grazie ad una pelle sottile e ad un petto arrotondato e poco grasso. Ottimo per arrosti e brasati • Gallina ovaiola, razza Livornese e Gaìna, con manti di diversi colori, maturano in 6/7 mesi arrivando ai 2 kg di peso. Sono ottime per le uova e per le carni. Capponi, la capponatura avviene attorno al trentesimo giorno di vita, sono pronti per la vendita dal sessantesimo giorno. All’azienda Antichi Sapori sono disponibili quattro razze del nobile pennuto, dalla più leggera alla più pesante.

ANATRA: la disponibilità di animali svezzati arriverà fino a luglio, maturi nel periodo rimanente • Anatra Muta, francese di piumaggio completamente bianco la femmina raggiunge i 3,5 kg di peso mentre il maschio arriva a 5 kg. È la razza più adatta per la preparazione dell’anatra all’arancio. • Anatra Mullard, discende dall’anatra muta e dalla Pechino (l’anatra che comunemente chiamiamo nostrana) è un po’ più grassa della muta, perfetta per i sughi ed è la razza che qui viene impiegata per i salami d’oca, la steccata, lo speck e i l culatello: autentiche specialità della casa. • Germano reale, raggiunge 1,2 - 1.5 kg le sue carni sono ottime per l’arrosto.

OCA: la disponibilità di animali svezzati arriverà fino a luglio, maturi nel periodo rimanente • Bianca Romagnola, di manto ovviamente bianco raggiunge i 5 kg. • Tolosa, è l’oca grigia la più pesante, raggiunge i 7/8 kg di peso. • Oca cigno, anche questa di color grigio raggiunge i 4 kg di peso.

Tel. 049 5349944 - Fax 049 7383364 - info@scudellaro.it - www.scudellaro.it


IL PANORAMA GASTRONOMICO di Renato Malaman

LA GALLINA PADOVANA nel “nodo d ’amore” Dopo l’accordo con i Ristorantori Padovani, il pregiato pennuto finisce anche nei tortellini di Valeggio

C’

è gallina e gallina. Quella Padovana non vuole confondersi con le altre, il suo rango lo testimonia quel ciuffo che da sempre la contraddistingue e la rende anche un po’ simpatica. Il suo recupero è relativamente recente e lo si deve principalmente agli sforzi fatti dall’Istituto agrario San Benedetto da Norcia di Padova, prima con il compianto professor Vincenzo Fracanzani e poi con il professor Gabriele Baldan, tuttora l’unico vero punto di riferimento per quanti vogliano conoscere più da vicino il pregiato pennuto di casa nostra. Baldan peraltro fu l’artefice dell’accordo siglato una decina di anni fa con la condotta padovana di Slow Food e la Camera di Commercio di Padova per portare la gallina padovana alla ribalta del Salone internazionale del Gusto a Torino. Una vetrina che permise al real pennuto patavino di fare un figurone di fronte al qualificato pubblico del salone. Baldan, come rappresentante degli allevatori riuniti nell’Associazione Pro Avibus Nostris (in tutto sono sette, più cinque soci amatoriali), ha avviato da tempo una proficua collaborazione con i Ristorantori Padovani. Associazione che, peraltro, già una quindicina di

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anni fa promosse un confronto a tavola fra le carni delle razze pregiate padovane (la Padovana e la Polverara, quella dal ciuffo eretto) e quelle di galline acquistate al supermercato. Un tasting dall’esito sorprendente in quanto le due razze pregiate ottennero nella prova alla cieca un punteggio ben cinque volte più alto di quello della gallina allevata in batteria. Pro Avibus Nostris e Ristorantori Padovani lo scoso anno hanno stretto un importante accordo per l’utilizzo esclusivo nella ristorazione della gallina padovana. Un accordo in grande stile siglato a Villa Valmarana di

Nella foto il professor Gabriele Baldan, tuttora l’unico vero punto di riferimento per quanti vogliano conoscere più da vicino il pregiato pennuto di casa nostra


IL PANORAMA GASTRONOMICO

Quel ciuffo che da sempre la contraddistingue e la rende anche un po’ simpatica

Noventa, con le firme di Giorgio Borin, presidente dei Ristorantori Padovani, e Baldan stesso. I Ristorantori Padovani si sono impegnati ad acquistare 400 capi di “padovana” e di utilizzarla con la cialda di identificazione che ne attesta l’origine. “Ad oggi dice Baldan hanno già acquistato circa metà dei capi previsti. Quest’anno abbiamo aumentato di 800 capi l’allevamento della gallina, portandolo complessivamente a 2000 unità. Questo in virtù anche dell’accordo stipulato con il pastificio Artusi di Casalserugo che a Natale ha messo in commercio un tortellino con il 75% di gallina padovana nella farcia con vocazione alla preparazione in brodo. In un mese questo accordo è valso la vendita di 190 capi”. Le prelibate polpe di gallina padovana sono apprezzate anche a Valeggio sul MIncio dove si produce il famoso tortellino “nodo d’amore”. Il pastificio dei fratelli Ramelli le mette da tempo nell’impasto dei propri tortellini, il cui consumo ideale è nella versione asciutta. Oggi la gallina vale circa 11 euro al chilo, un prezzo superiore alla media ma che è stabile da anni salvo leggere oscillazioni. Ci sono macellerie storiche come la Beghin di Bresseo di Teolo o la Pellizza

LA GALLINA PADOVANA È UN PRESIDIO SLOW FOOD, COSTITUISCE UN CAPITOLO DI STORIA TRA LE RAZZE ITALIANE La Padovana della Pro Avibus Nostris è allevata con mangimi no-OGM. Durante l’allevamento accede a pascoli recintati trovando erba e adattandosi a ogni tipo di tempo meteorologico per questo la carne è matura e soda, si commercializza dai 180 giorni in poi neanche da confrontare con i 35 ai 45 giorni dell’allevamento industriale. La carne ha fibre muscolari fini, si avvicina molto alle carni di selvaggina e soprattutto la coscia e la sovracoscia sono piuttosto rosse mentre quella del petto è più rosea, la pelle è molto sottile, quasi trasparente. Il sapore è delicato è gradevole, rilascia pochi grassi ma saporiti.

dell’Arcella che da tempo vendono bene la gallina padovana, anche sotto forma di ragù pronto. Anche alcuni ristoranti non padovani sono fedeli ambasciatori del prodotto, come il Moro di Mestre o la Torre di Lovertino. A Cornedo la pizzeria San Martin la utilizza anche nella pizza. La gallina padovana è stata protagonista del Salone del Gusto 2014 e del recente Gusto in Scena tenutosi a Venezia. Rientra nel programma Bionet, rete regionale per la conservazione e la caratterizzazione della biodiversità di interesse agrario.

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In via Andronalecca 13 a Montagnana, l’ospitalità e l’ottima cucina sono di casa

Foto della famiglia Rugolotto: Federico, Giovanni Rugolotto e Laura Borghesan

Può sembrare scontato ma gli elementi sui quali poggia il successo di un ristorante non sono che due: la cucina e la sala. La prima, che deve essere governata da un cuoco, maschio o femmina che sia, che non sta davanti ai fornelli per sbaglio o con l’animo di chi pensa che il mestiere del cuoco renda ricchi e famosi, la seconda, quale sia la sua ampiezza e il numero dei posti a sedere, che deve avere una conduzione a misura di ogni singolo cliente. Una sottile capacità di adattamento a gusti ed esigenze diverse che va però collimata a quelle di chi sta in cucina e non ha certo sacrificato la sua personalità e la sua passione professionale al mero guadagno. È il caso, per esempio, è di Gianni Rugolotto che ai fornelli dell’Hostaria San Benedetto, in quel di Montagnana, pur nel suo calmo presentarsi, nasconde un’assoluta briosità creativa per ogni elemento che diventa oggetto delle sue cure gastronomiche. Dalla carne al pesce, passando per gli animali della bassa corte padovana, maiale compreso, dalle verdure dell’orto alle erbe selvatiche dei campi e dei calanchi di colline e montagne che il nostro Giovanni Rugolotto si diletta a raccogliere nei giorni delle ferie o del riposo settimanale, quando, butta caso, coincide con le stagioni dei raperonzoli, oppure dei bruscandoli o dei funghi e via via di questo passo. Come quello da montanaro o meglio, da cimbro, come le origini di questo cuoco che un bel giorno trovò nella pianura montagnanese l’altra metà del cielo nella sua amata Laura. Alter ego di Giovanni per l’altro elemento che come detto, regge il successo di un ristorante oltre la


cucina: la sala. In particolare questa, elegante e linda, dell’Hostaria ma anche della coccola veranda e della corte seicentesca che vale la pena di visitare quando il clima richiede miti frescure piuttosto che avvolgente tepore. Come di questa stagione, più propizia a succulenti piatti di pasta o equilibrati risotti alle erbe spontanee che danno l’esatta misura di come anche un cimbro, sceso dai boschi dei monti Lessini, sappia indossare, quando ne ha il talento, le scarpe di vernice oltre che i rudi scarponi. Rivelando la sua passione per la sostanza delle cose, ingentilita però dalla raffinata inclinazione di chi, abituato a guardarle dall’alto, sa innalzarle. Un po’ come tutti i suoi piatti che pur se di sostanza sanno essere misurati e mai prepotenti. Anche quando si tratta del “Gran Bollito alla Padovana” che viene servito in sala insieme a salse e mostarde prodotte rigorosamente in casa. Come spiega Federico, il figlio di Giovanni e di Laura o viceversa, visto che incarna entrambe le sequenze genetiche di mamma e papà. Preparato, attento, misurato, gentile, cordiale e, senza azzardare, capace anche di preparavi due spaghetti al pomodoro fatti bene, magari in situazioni d’emergenza. Giacché chi serve in tavola non può non sapere di cucina. Non fosse altro che per abbinare al cibo il giusto vino fra quelli elencati in carta. Scelti con gusto dai vicini Euganei ma anche dalla Franciacorta, dal Trentino o da quel Soave che guarda ai Lessini. Non dimenticando qualche buona etichetta del sud che ben si attaglia ai pesci e crostacei che pure sanno presentare in questo ristorante. Con menù di terra ma anche di mare e della tradizione, che non conosce stili modaioli ma le cure di chi sa far bene il proprio mestiere. Ai fornelli e in sala, come vuole la regola per un ristorante di successo. Che sarebbe ancora più manifesto se non ci fossero le mura di una medievale Montagnana tutt’intorno a via Andronalecca 13. È qui, ad esclusione del mercoledì, che potete entrare in Hostaria e verificare quanto letto fin qui. Il parcheggio non è scomodo e il conto, mediamente, è più che ben proporzionato alla qualità e alla quantità del cibo e del vino, servito anche a singoli calici.

Tel. 0429 800999 - Fax 04295 38909 - info@hostariasanbenedetto.it - www. hostariasanbenedetto.it


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antica trattoria

TAPARO

tempio della cucina euganea

Dal 1921 è fra le mete preferite per buone forchette ma anche di esigenti gourmand. Oggi Nicola e Susanna continuano a proporre in chiave moderna quei gusti e sapori che la tradizione gastronomica, di questa parte della provincia padovana, ha sempre saputo proporre con la raffinata semplicità della genuinità Quando otto anni fa Nicola Lionello e sua moglie Susanna Lenzo presero in consegna il vessillo dell’Antica Trattoria Taparo, uno dei ristoranti più noti e blasonati dei Colli Euganei, probabilmente non immaginavano di riuscire a pareggiare e superare in poco meno di un decennio i fasti e le glorie che hanno segnato la storia di questo tempio della cucina euganea. Un luogo che fin dal 1921 è sempre stato fra le mete preferite per buone forchette ma anche esigenti gourmand alla ricerca di quei gusti e sapori che la tradizione gastronomica di questa parte euganea della provincia padovana, ha sempre saputo proporre con la semplicità della genuinità che diventa raffinatezza quando se ne conosce il valore e se ne ha il rispetto che mai come oggi le spetta. Come ben sanno interpretare Nicola e Susanna, entrambi versatili titolari e gestori, ora ai fuochi con la brigata di cucina o in sala. Quasi a replicare con pari sapienza le mosse che Maria Rosa e Antonio Lionello, mamma e papà di Nicola, hanno compiuto prima di loro in un altro storico locale dei colli. Noto e ancora rinomato ristorante di Luvigliano dove Nicola, fin da ragazzo, ha appreso la non facile arte del ristoratore per intraprendere poi, con la sua sposa Susanna, la carriera di patron del

ANTICA TRATTORIA TAPARO Via Castelletto, 49 • 35038 Torreglia (PD) • Tel. 049 5212131


Taparo di via Castelletto a Torreglia. Un locale che si presenta con una carta fatta di piatti tipici locali rivisitati con molte sorprese e degustazioni anche fuori menù: “Per offrire ai nostri clienti - spiega Nicola - la possibilità di riscoprire i sapori di un tempo con l’aiuto della cucina tradizionale che fra i suoi canoni fondamentali vede in primo piano la genuinità dei cibi e la stagionalità cui essi sono legati”. Ecco dunque comparire sui piatti leccornie ormai entrate nella storia gastronomica euganea che di stagione in stagione vanno dalle prime erbe di campo, come i raperonzoli, i radicchietti cicorini, i carletti, gli agretti o i bruscandoli, agli asparagi, nelle due varietà verdi o bianchi. E ancora dai carciofi ai piselli o ai fiori di zucca e gli altri ortaggi degli orti poco distante dal Taparo. Non mancano poi i funghi o il tartufo nero Euganeo, ma anche quello bianco di Alba, o i radicchi pregiati del nostro Veneto quando la primavera e l’estate lasciano il passo alle stagioni più fredde come l’autunno e il grigio inverno. Insomma un menù cangiante come lo sono i colori e i profumi dei colli Euganei che si arricchisce, mese dopo mese, oltre che con i prodotti della terra, anche con tutte le altre tipicità a base di carne. Pilastri della tradizione gastronomica Euganea che vanno sotto il nome di torresan, ovvero il piccione di Torreglia, del polletto fritto, della gallina padovana, dell’agnello e del capretto pasquale, delle morbide e tenere carni di manzo e del trionfo dei bolliti serviti dal carrello come vuole la migliore tradizione patavina introdotta da Galileo Galilei. “Ma proprio in virtù della tradizione, che sa comunque innovarsi - conclude Nicola, spiegando il suo menù e la sua più che ben fornita lista dei vini - accanto alle tipicità stagionali di terra i commensali possono trovare ampia soddisfazione anche dai piatti di mare. Una scelta che abbiamo fatto già da qualche tempo e con successo, per offrire il meglio del pescato di ogni giorno ai palati e ai gourmand più esigenti. Anche qui, da Taparo a Torreglia sui colli Euganei” .

SP25

TORREGLIA

• AMPIO E COMODO PARCHEGGIO • VERANDA ESTIVA

SP

25

• LOCALE ASSOCIATO ALLE TAVOLE TAURILIANE

GALZIGNANO TERME

• SALE PER CERIMONIE E BANCHETTI

www.taparo.it • info@taparo.it • facebook: Antica Trattoria da Taparo


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RISTORANTE LE STRIE stupire per professione Nel centro di Este, al crocicchio di via Pescheria Vecchia, i sapori si fanno incantesimo Potrebbe capitare a tutti di entrare in un negozio per acquistare un

non si cucinano più, meglio le cipolle di Chioggia, Le Barbarighe

paio di scarpe e tornare con un pianoforte? E cercare casa per poi

farine provenienti dal mulino di San Martino di Venezze, l’insa-

comprarsi un ristorante, pare una cosa normale? Evidentemente

lata di Lusia, il broccolo fiolaro di Creazzo, i piselli di Baone e

no, eppure è così che è iniziato tutto al ristorante Le Strie di Este

i veri protagonisti della primavera: gli asparagi che qui trovano

e, va detto, che ancora oggi stupire è la cosa che riesce meglio,

combinazioni e preparazioni, ovviamente, inattese. Da provare

in questo magico angolo in via Pescheria Vecchia. Dalla cucina,

il “flan”, da non trascurare il croccante della pasta turca kataifi

infatti, escono sorprese sempre piacevoli, vere e proprie deliziose

con asparagi e uovo di quaglia, veramente da approfittarne dei

stregonerie. Sì, perché checché se ne dica Le Strie non sempre si

paccheri, serviti su uno specchio di pomodoro e asparagi, e visto

affidano alle ricette di magia per le proprie alchimie, soprattutto se

che siamo in tema di primi piatti il consiglio è totalmente spas-

le ricette sono troppo scontate e peccano di personalità, è meglio

sionato per i ravioli di ricotta e cipolla di Tropea stufata in aceto

partire da un’idea per creare un nuovo piatto: lavorarci sopra,

balsamico, serviti con fonduta di formaggio, granella di pistacchi

aggiungere, togliere, assaggiare, riassaggiare, correggere, pregu-

e cipolla caramellata oppure per le “fettuccine ubriache Notte di

stare e boooooom, i cuochi Vincenzo, Marina e Cristian conven-

Galileo”, che combina insieme le specialità all’uovo del pastificio

gono che si tratta di un’autentica specialità mente Erika, recitando

marchigiano di Campofilone e l’etichetta ammiraglia della vicina

a memoria il libro delle streghe, ripete: “L’importante è seguire la

cantina Colli Euganei in un sapore che viene abbinato alla celebre

stagione, come raccomanda la tradizione, usare prodotti selezio-

oca di Michele Littamé e una grattugiata di tartufo.

nati e di qualità, anche se potrebbe sembrare un’ovvietà, per il

Pensate a che cosa ci saremmo persi se quella volta, Le Strie,

resto serve gusto all’abbinamento e rinnovarsi con un certo ar-

fossero davvero tornate con un paio di scarpe…

dimento”. Insomma le radici di mandragola e ali di pipistrello

Ristorante Le Strie - Via Pescheria Vecchia, 1 - 35042 ESTE (PD) Tel. 0429 94967 - ristorantelestrie@gmail.com - www.ristorantelestrie.it


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Villa dei Vescovi:

assaporare natura, cultura ed enogastronomia nel cuore dei Colli Euganei PARTITE IL 1 MARZO LE INIZIATIVE ORGANIZZATE DAL FAI A VILLA DEI VESCOVI PER L’ANNO 2015 L’arrivo della primavera è scandito dal canto mattiniero degli uccelli, dalla natura multicolore che riprende vita e dal tepore del sole. Immersa nel verde dei Colli Euganei, Villa dei Vescovi ha riaperto le porte anch’essa con l’avvicinarsi della bella stagione e dal 1 marzo accoglie i visitatori nella splendida atmosfera che la pervade sin dalla sua edificazione tra 1535 e 1542 come casa di villeggiatura del vescovo patavino Francesco Pisani. Ma nel corso dei secoli non fu solo questo: Villa dei Vescovi assunse infatti funzioni e scopi diversi mantenendo però la peculiare armonia tra architettura e paesaggio che la rende una meta da vivere e assaporare nelle sue sfaccettature. La villa prepalladiana, gestita dal Fai – Fondo Ambiente Italiano dal 2005, domina su Luvigliano di Torreglia e il panorama mozzafiato fa da sfondo ad una “natural quiete” in cui è possibile immergersi passeggiando, condividendo un picnic o semplicemente godendosi un momento di raccoglimento, assaporando emozioni che profumano di antico e moderno tra le Logge e il verde acceso del Parco. Una pausa insomma dalla quotidiana routine, nel rispetto dei soli tempi della natura capace di conferire qualità e valore al nostro tempo che a Villa dei Vescovi può essere impegnato nelle numerose iniziative culturali, sportive, enogastronomiche che anche per il 2015 saranno capaci di appagare mente e... palato.

I PROSSIMI EVENTI IN PROGRAMMA π Mercato in Corte, con tour alla scoperta di “Giardini mai visti”, itinerari con visita botanica al parco della Villa e ai giardini di dimore e case private. Date: 21/3, 18/4, 16/5, 20/6, 18/7, 19/9, 17/10, 21/11 • 21-22 marzo: Giornata FAI di Primavera con “Mercato in corte” con tour alla scoperta di “Giardini mai visti”. Oltre alla visita alla Villa ci saranno due eventi collaterali: sabato sera ci sarà un aperitivo dalle 17.00 alle 18.00 mentre la domenica il Mercato in Corte • “All’aria aperta: sport, giochi e natura” attività sportive ed escursionistiche per adulti e bambini. Date: 29/3, 26/4, 31/5, 28/6, 27/9, 25/10 • 6 aprile: gita di “Pasquetta”. Caccia alle uova nel parco, escursioni e laboratori • 17-18 maggio: “Vini e Olii dei Parchi”, due giornate “nostop” tra workshop e degustazioni guidate. • PIC-NIC Date: 25/4, 1/5, 2/6, 15/8 • 23 e 24 maggio: “Festival Yoga”, un intenso fine settimana all’insegna della cultura dello yoga, tra lezioni per tutti, conferenze, presentazioni, mostre, musica, educazione alimentare.

Orari di apertura da Aprile a Ottobre: da mercoledì a sabato dalle ore 10 alle 18; Domenica dalle ore 10 alle 19. Nei giorni di lunedì e martedì, esclusi i festivi, la Villa è chiusa. Per ulteriori informazioni: Villa dei Vescovi: 049 9930473 - faivescovi@fondoambiente.it Per maggiori informazioni sul FAI: www.fondoambiente.it


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QUOTA 101: A VINITALY PRESENTA UNA MAPPA ILLUSTRATA Oltre a presentare i nostri vini raccontiamo i luoghi del cuore dei nostri colli, consigliamo dove fare un giro in bicicletta e i posti migliori per un pic-nic “Una mappa romantica – racconta Silvia Gardina, titolare dell’azienda – pensata per chi sceglie un vino per stare bene, per avvicinarsi alla natura, per conoscere un luogo”. Tutto Illustrazione di Ilaria Falorsi è nato l’anno scorso con una maratona di due giorni in cantina con cinque illustratrici. Tra il profumo di lavanda, i filari di vite e i bicchieri di vino ne sono uscite cinque bellissime illustrazioni che raccontano il vino con occhi nuovi. Gli occhi sono quelli delle artiste Giulia Sagramola, Ilaria Faccioli, Stefania Tonello, Ilaria Falorsi, Irene Moresco, e le illustrazioni talmente belle da meritarsi un luogo speciale. Così è nata l’idea di una mappa illustrata per chi sceglie i vini Quota 101. “Oltre a presentare i nostri vini – continua Silvia – raccontiamo i luoghi del cuore dei nostri colli, consigliamo dove fare un giro in bicicletta e i posti migliori per un pic nic”. La mappa sarà presentata a Verona in occasione di Vinitaly, martedì 24 marzo. Come si brinderà alla presentazione? Con il Moscato Fior d’Arancio servito ghiacciato in accompagnamento a piccoli finger food a base di fiori. Una cantina romanticamente schierata.

UN VINO PER LA PRIMAVERA Le uve sono quelle di Tocai e Garganega, raccolte manualmente a settembre, quando il sole le ha rese ben mature. Color giallo caldo, in bocca è morbido e di struttura. Il Malterreno è una vera spremuta di Colli Euganei nel bicchiere. Cosa significa il nome del vino? È il nome della zona in cui crescono i vigneti. Il nostro consiglio è di abbinarlo ai piatti della primavera. Come gli asparagi serviti con l’uovo mimosa. COSA VEDERE ATTORNO A QUOTA 101 Alcuni suggerimenti per una gita fuori porta dalla mappa illustrata Quota 101. Dove fare un pic nic? Intorno alla cantina, a Torreglia, ci sono tantissimi angoli verdi. Dalla località Tramonte c’è il sentiero Sengiari che passa in mezzo al bosco. Lungo la strada scegliete il posto che vi piace di più. Per chi preferisce un giro in bicicletta c’è invece l’anello cicloturistico lungo gli argini delle vie d’acqua. Parte da Padova, lungo 63 km è segnato dalla sigla E2. Si incontrano castelli, ville, eremi. Infine tra i luoghi più belli si segnala Villa dei Vescovi. Completamente immersa nei colli. Edificata tra il 1535 e il 1542 è ancora perfettamente intatta. Qui sono passati tanti intellettuali e oggi è proprietà FAI.

Quota 101 srl Società Agricola Via Malterreno, 12 - 35038 Torreglia (PD) phone +39 0425 410922 • fax +39 0425 410029 • mail info@quota101.com • web www.quota101.com


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Dal cuore di Valdobbiadene arrivano le bollicine D.O.C.G. 2014

Nel piccolo borgo di Saccol, che costeggia l’area del Cartizze, i vigneti di Michele Rebuli attendono la primavera, mentre in cantina tutto si è compiuto nel segno di una tradizione famigliare che dura da quattro generazioni. Altrove questa tradizione si chiama Prosecco, ma qui, per non confondere il sacro con il profano, il termine giusto è Valdobbiadene D.O.C.G.: le bollicine più famose al mondo sono pronte a far saltare il tappo. Sulle colline trevigiane di Valdobbiadene l’inverno è scivolato via lungo le ripide pendici ricoperte di vigneti, il vento freddo che arriva dalle Alpi non ce l’ha fatta nemmeno quest’anno a raggiungere il cuore dell’area viti-vinicola più celebre del Veneto. Bloccato in alto dalle vette più slanciate, sulle “rive” i lavori di potatura sono proseguiti riparati come da calendario, riempiendo di nuove cure la terra mentre in cantina si è consumata lentamente la lunga attesa. Le operazioni

di travaso hanno richiesto da dicembre a febbraio, ma ora è tutto pronto. “Quando arrivano le prime giornate di sole caldo, il vino se ne accorge”, spiega il vignaiolo. I profumi si risvegliano, si allargano nel bicchiere, escono e quelli di Michele Rebuli quest’anno sono eccellenti, puliti. Merito della stagione trascorsa che, per quanto scorbutica, sembra aver dato il meglio proprio nei valori olfattivi di questi vini mossi e siamo solo all’inizio, con l’arrivo dell’estate miglioreranno ancora. Intanto sono lì, insieme alle bollicine, nella bottiglia che porta impresso il nome della patria dello spumante per antonomasia: Valdobbiadene D.O.C.G.

I miei Vini: VALDOBBIADENE CARTIZZE SUPERIORE D.O.C.G. SPUMANTE DRY È la perla del nostro territorio, la “Cru” del Valdobbiadene D.O.C.G

VALDOBBIADENE SPUMANTE EXTRA DRY D.O.C.G. Perlage fine e persistente, note di fiori di campo e sfumature fruttate: uno spumante di grande pregio

FRIZZANTE “FII” SPAGO La bollicina è moderata, in bocca emerge il sapore fruttato e fragrante. È il vino più versatile della produzione Bastia

FRIZZANTE “CAPO DEGLI ONESTI” È il prosecco della tradizione, a Valdobbiadene è chiamato il “vin col fondo”, ossia con i lieviti naturali che conferiscono un’impronta gusto-olfattiva tipica e decisa

• OFFERTA PER GLI APPASSIONATI DELL’IMBOTTIGLIAMENTO • Per coloro che privilegiano la tradizione e amano imbottigliare autonomamente il vino, da marzo-aprile saremo disponibili per la vendita tutti i giorni (meglio su prenotazione) direttamente in cantina. Azienda Agricola Rebuli Michele via Strada di Saccol, 30 - Saccol di Valdobbiadene (Tv) - Tel/fax: 0423 975113 - info@rebulibastia.it www.rebulibastia.it - Facebook: Bastia Rebuli Michele Az. Agr. Valdobbiadene


Quindici anni di Merlara Doc,

con la qualità è cresciuto un territorio Nell’antica terra della Sculdascia la produzione di vino oggi non solo è in espansione, ma pure si attesta su etichette originali e moderne che sempre più incontrano il favore del mercato Il Consorzio di Tutela dei vini Merlara DOC festeggia quest’anno i suoi primi quindici anni di vita, caratterizzati da un notevole dinamismo che ha permesso al territorio, nella produzione di vini di qualità, di compiere quei famosi “passi da gigante” che si è soliti tirare in ballo quando si parla di uno sviluppo molto accelerato. La terra dell’antica Sculdascia, che un tempo unificava i comuni padovani della Doc, ossia Merlara, Montagnana, Casale di Scodosia, Urbana, Masi, Castelbaldo, ai quali sono stati aggiunti nella Doc i veronesi dell’oltre fiume Fratta, Terrazzo, Bevilacqua e Boschi Sant’Anna, hanno sempre avuto una vocazione “enologica” di rispetto. Già nel Medioevo e più tardi, nel periodo Veneziano, l’area era caratterizzata da grandi estensioni di vigneti, ce lo dicono le carte del tempo dove, appunto, le aree deputate al “vignà” si estendevano a perdita d’occhio. Un passato glorioso che

La Denominazione d’Origine Controllata è stata approvata con Decreto Presidenziale del 13 luglio 2000 e il 26 gennaio 2001 è stato costituito il rispettivo Consorzio di tutela, con l’incarico di svolgere “erga omnes” le funzioni di vigilanza nei confronti di tutti i produttori. A seguito di importanti

grazie al Consorzio di tutela dei vini Merlara Doc sta tornando al presente, dopo anni in cui le altre colture agricole parevano avere avuto il sopravvento, la produzione di vino oggi non solo è in espansione ma pure si attesta su etichette originali e moderne che incontrano il favore del mercato. Tutto è successo nel volgere di qualche decennio, dall’ottenimento della Doc, all’associazione delle Cantine di Merlara e Colognola ai Colli e successivo inserimento nel gruppo Collis, sono passati appunto solo 15 anni ma si è trattato di una vera e propria rivoluzione che ha stimolato il ritorno di una vitivinicoltura di successo insieme alla voglia di superare la crisi e di competere da protagonisti ad alti livelli. Nuovi spazi commerciali, una struttura enologica moderna, quindi vini migliori, più pregiati e meglio remunerati, hanno riportato fiducia e prospettive alle imprese.

investimenti nel settore della vinificazione e dell’affinamento dei vini, effettuati nell’ultimo decennio dalle cantine interessate e, soprattutto, grazie a un indirizzo tecnico più qualificato nella gestione dei vigneti, si sono da tempo raggiunti notevoli livelli sia per la qualità delle uve che dei vini.

Consorzio per la tutela dei vini Merlara D.O.C. - Via Bindola, 593 - Merlara - www.ilmerlara.com - consorzio@ilmerlara.com


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Da un passato fumoso ad un futuro certo

Il presidente del Consorzio Tutela Vini Merlara DOC, Luigino De Togni

“Da un passato fumoso ad un futuro certo”. La sintesi degli ultimi anni della viticultura del territorio del presidente del Consorzio di Tutela vini Doc Merlara, Luigino De Togni, è quanto mai lapidaria. “La strada della Doc e del Consorzio era già stata intrapresa da chi mi aveva preceduto. Alla fine degli anni ’90 era Pierluigi Carpi il presidente della Cantina Sociale dell’Adige Fratta mentre il direttore era Francesco Cristoferi, furono loro gli iniziatori di questa nuova stagione. Da allora non abbiamo più smesso di crescere e la vite è diventata la principale protagonista della nostra campagna. Si pensi che con l’autorizzazione del Consiglio dei Ministri

del 10 febbraio, che permette il trasferimento su tutto il territorio nazionale dei diritti di impianto, stiamo parlando di ben 47 mila, abbiamo già richieste per impianti di 20, 30 ettari al nostro consorzio. Insomma dentro ad una crisi, che continua a tenere bloccati altri settori, alla nostra vitivinicoltura non fa paura espandersi. Ma la crescita ha riguardato soprattutto la qualità del nostro vino e qui il plauso va ai produttori, senza il loro impegno e lo sforzo che è stato necessario per recuperare in fretta il tempo perduto non ci sarebbero quei numeri che oggi ci inorgogliscono, come quelli del nostro Raboso, il vino tra i più venduti del gruppo Collis”.

IL COMUNE DI MERLARA, ORGOGLIOSO DELLA DOC CHE PORTA IL SUO NOME Dentro il periodo di crisi economica più lungo e difficile dal secondo dopoguerra la scelta, compiuta in anni di “abbondanza”, di valorizzare al massimo la “genetica” vocazione agricola del territorio compiuta con il Merlara Doc e la fusione della cantina sociale “ Adige Fratta” con la Cantina di Colognola ai Colli, dispiega oggi i suoi significati più importanti sia in termini economici sia di prospettiva per una economia basata anche su un potenziale turismo culturale, paesaggistico ed enogastronomico. L’amministrazione comunale di Merlara vuole essere al fianco di agricoltori e produttori, veri protagonisti di questo straordinario lavoro.

VENETO WINE GROUP, CANTINA DI COLOGNOLA AI COLLI E CANTINE DEI COLLI BERICI DI LONIGO, BARBARANO VICENTINO E SAN BONIFACIO Dal 2008 tutti gli asset produttivi della Cantina di Colognola ai Colli e delle Cantine dei Colli Berici di Lonigo, Barbarano Vicentino e San Bonifacio vengono conferiti al Veneto Wine Group, ossia il Consorzio soggetto titolare degli stabilimenti e degli impianti di vinificazione e conservazione. Alle cantine il compito di presidio del territorio e il rapporto con i produttori: ricevono le uve dai propri soci e provvedono a conferirle immediatamente in Collis che invece si occupa della

trasformazione e commercializzazione del prodotto finito. Resta comunque forte il radicamento territoriale di ogni azienda socia perché la qualità dei vini prodotti passa attraverso l’identità di ogni singola cantina. La via tracciata da Collis risponde alle sfide imposte dai mercati internazionali che richiedono qualità dei vini, concentrazione dell’offerta e tempi rapidi per la fornitura del prodotto. La qualità, intesa come risultato di grandi progetti di ricerca e frutto dell’amore per la vigna, resta la base di partenza su cui si innesta l’ambizioso progetto di Collis.


Vino e vigneti Quest’area di bassa pianura, resa fertile dal passaggio dei fiumi Adige e Fratta, ha un alleato in più nel clima. A fine estate il caldo è ancora forte e l’importante escursione termica fra giorno e notte permette alle uve di raggiungere sempre una perfetta maturazione. Tuttavia solo i vigneti migliori fanno parte della Doc, si tratta di circa 500 ettari, di cui 350 ettari rinnovati e moderni, che fanno capo a una ottantina di aziende che possono contare su vigneti con sistemi di allevamento a spalliera, con fittezze d’impianto degne delle più prestigiose zone viticole nazionali e internazionali, con soluzioni moderne che consentono una ottimale gestione delle potature, del controllo delle infestanti, dell’irrigazione, della difesa e in cui è possibile anche la vendemmia meccanica. Sotto l’aspetto varietale, accanto al Prosecco, diventato Doc dal 2009, hanno comunque mantenuto un ruolo importante le varietà tradizionali del luogo, ovvero la Malvasia, il Raboso e il Marzemino, che fanno da traino per la Doc Merlara, assieme ai rinomati Riesling, Refosco, Chardonnay e ai sempre apprezzati Merlot e Cabernet. La tradizione enologica delle uve Doc Merlara non può prescindere dalla realtà viticola dell’area e dai rinnovati gusti del consumatore. Viticoltura di esperienza e tradizione, innovazione nelle varietà e massima attenzione al mercato. È proprio quest’ultimo punto il fulcro che dà anima alla vinificazione delle uve Doc Merlara i cui risultati sono vini di stile, complessi ma facilmente bevibili, con toni di colore adeguati e stabili, profumi puliti, pronti e intensi. Tutto ciò mantenendo la stoffa della territorialità.

I VINI BIANCHI Vini bianchi frizzanti come il Bianco Merlara hanno come peculiarità un bianco moderno ed elegante, mai eccessivo ma di buon equilibrio. Merlara Bianco e Merlara Malvasia possono prevedere anche una vinificazione pensata per ottenere vini più solidi e intensi con un maggior affinamento “sur lie” in modo da conferire complessità aromatica e maggior “volume e spessore”.

I VINI ROSSI Il pianeta dei rossi del Merlara Doc non può non esordire con il vino più vivace: Il Marzemino Frizzante, vino rosso leggero, aromatico e dolce, ottimo per tutte le occasioni. Seguono i rossi di pronta beva Merlot, dal colore rubino e dal sapore intenso e gradevole; Cabernet, caratterizzato da un rosso rubino intenso che tende al granato con l’invecchiamento e con un sapore asciutto e pieno di corpo; Refosco e Raboso tendenti all’amarognolo. Vini che possono anche, nelle annate migliori, essere pensati come grandi rossi strutturati e corposi.


Pedalando si scopre e si assaggia

Nella cartina i comuni che fanno parte del Merlara Doc. Si tratta di Merlara, Montagnana, Casale di Scodosia, Urbana, Masi, Castelbaldo, in provincia di Padova, e di Terrazzo, Bevilacqua e Boschi Sant’Anna in territorio veronese

La terra della Doc Merlara non è solo da assaggiare attraverso i suoi prodotti ma, è anche da visitare. Lungo le vie d’acqua, ossia i tanti fiumi che reticolano l’intera Sculdascia e il Basso Veronese, è possibile incontrare castelli, città murate e antiche pievi, opere d’arte e frammenti di campagna dimenticati dal tempo. Questa terra è un museo diffuso che merita di essere visitato e assaporato... lentamente.

Il Punto Vendita

Nel punto vendita di via Bindola a Merlara è possibile acquistare tutte le etichette del marchio Collis. Un ventaglio di una trentina di vini, specchio dell’offerta locale con bottiglie in rappresentanza della provincia di Padova, Vicenza e Verona, spaziando dai vini freschi agli invecchiati come l’Amarone o il Valpolicella Ripasso. Fiore all’occhiello del punto vendita sono le etichette marchiate “Sartori”, per i prodotti di alta gamma, “CIELO E TERRA” con prodotti dedicata alla grande distribuzione e “Riondo” per la linea spumanti. Non manca la vendita dello sfuso, con i migliori vini della Cantina di Merlara.

IL PUNTO VENDITA Via Bindola, 593 - 35040 Merlara Tel. (+39) 045 6108240 - Fax (+39) 0429 85092 spaccio.merlara@collisgroup.it

ORARIO DI APERTURA

Mattino 8.30-12.30 e pomeriggio 15.00-19.00


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La Cantina di Conselve,

aumenta le superfici coltivate La terra del Friularo vuole consolidare le produzioni di vini bianchi, prosecco e pinot grigio. Per chi intendesse aumentare le superfici vitate o svecchiare il proprio impianto esiste la possibilità di un finanziamento i cui interessi verranno pagati dalla Cantina Negli anni ‘50 la Cantina di Conselve è nata per soddisfare le esigenze di un territorio in cambiamento. Erano gli anni del dopoguerra e la viticoltura da produzione per l’autoconsumo stava diventando un’attività redditizia, ma bisognosa di un centro per l’ottimizzazione della raccolta, la lavorazione dei grappoli e dei mosti e ovviamente la commercializzazione del vino, al tempo ancora venduto sfuso. Oggi il ruolo dello stabilimento di via Padova a Conselve non è venuto meno: le quantità e la qualità dei vini prodotti, dal Raboso al Marzemino passando dai Cabernet al Refosco dal peduncolo rosso fino ai bianchi Prosecco, Moscato, Pinot Grigio, Chardonnay e Sauvignon oltre, ovviamente, all’etichetta ammiraglia del Friularo, trovano un mercato sempre più ampio e sempre più pronto ad apprezzare le produzioni locali. Tanto che l’aumento delle superfici vitate e il rinnovamento degli impianti sono diventate opportunità alle quali la Cantina di Conselve sta lavorando in sinergia alla Banca Annia, trovando piani di risparmio da mettere a disposizione dei soci produttori. Per chi volesse

investire nei propri vigneti, per svecchiare i propri filari o per metterne a dimora di nuovi, esiste la possibilità di un finanziamento i cui interessi verranno pagati dalla Cantina. Basterà aderire all’iniziativa per ottenere un prestito a tasso 0 la cui prima rata verrà pagata nel momento in cui il neo-vigneto inizierà la sua produzione. “Stiamo puntando a diversificare le nostre produzioni - spiega il presidente, Nicola Zaggia - la nostra tradizione resta sui vini rossi, ma seguiamo con il massimo interesse le opportunità date dalle sempre maggiori quote di mercato conquistate dai vini bianchi di pregio. Con i vini rossi la concorrenza arriva da tutto il mondo, ma nel conselvano le particolarità pedoclimatiche permettono anche di avere delle ottime produzioni di Prosecco DOC e Pinot grigio, che sono tra i più importanti vitigni Veneti. Il futuro del nostro territorio può prospettarsi positivo e e la Cantina questa crescita vuole seguirla e accompagnarla verso orizzonti certi all’insegna della qualità”.

Il futuro del nostro vino continua a prospettarsi in crescita e la Cantina questa crescita vuole seguirla e accompagnarla verso orizzonti certi all’insegna della qualità

Conselve Vigneti e Cantine S.C.A. - Via Padova, 68 - 35026 Conselve (PD) - Tel. 049 5384433 - FAX 049 9500844

www.cantinaconselve.it - info@cantinaconselve.it


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Il Pianzio

produttori per passione In cantina il lavoro si fa intenso: è iniziato l’imbottigliamento e non mancano le piacevoli novità. La più importante è stata la qualità. La vendemmia dello scorso settembre pareva non promettere più di tanto e invece i profumi sono emersi nitidi, ben marcati e i gusti non da meno si stanno rivelando pieni e persistenti. Sapranno ben rappresentare il territorio Euganeo alla prossima edizione di Vinitaly i fondi dei vigneti hanno una variabilità inNella Valle del Pianzio la primavera è arrivata con il suo credibile, che passa dall’argilla alla carico di profumi. L’eremo camaldolese del Monte Rua scaglia calcarea senza soluzione di continua a guardare il mondo dall’alto in basso e a sorcontinuità, e le felci hanno imparavegliare i tanti sentieri che rendono questo angolo degli to a convivere Euganei un posto di privilegio per Dietro ad un’etichetta c’è con il mirtillo chi ama le lunghe passeggiate, imun’anima e sotto al tappo d i v i d e n d o s i merso nella natura, e cerca angoli suggestivi che parlano di arte, stouna terra tra le più ricche equamente alria: insomma di cultura. Il paesagche si possano conoscere titudini e pendii. gio è qualcosa da vivere, ma anche qualcosa da condividere e allora il posto giusto per fare A mettere d’accordo tutti ci riequattro chiacchere potrebbe essere la cantina della sce solo il Serprino, il vino bianfamiglia Selmin, magari davanti ad un buon bicchiere, co dal profumo di fiori di robinia perché proprio in questi giorni è iniziato l’imbottigliae biancospino; fresco; equilibramento dei vini nuovi e non sono mancate le sorprese. to e armonioso, frizzante con la La più importante è stata la qualità. La vendemmia dello giusta bollicina è capace di conscorso settembre pareva non promettere più di tanto e vincere i palati anche di chi ama invece i profumi sono emersi nitidi, ben marcati e i gui rossi strutturati. Inebriante e sti non da meno si stanno rivelando pieni e persistenti. accattivante è una delle immaSapranno ben rappresentare il territorio Euganeo alla gini sensoriali più fedeli per un prossima edizione di Vinitaly, dimostrando che dietro ritratto ai Colli Euganei... ad un’etichetta c’è un’anima e sotto al tappo una terra tra le più ricche che si possano conoscere. Del resto qui IL PIANZIO di Selmin Soc. Agr. - Via Pianzio, 66 - 35030 Galzignano Terme (PD) Tel./Fax 049 9130422 - Cell. 393 7699836 - info@ilpianzio.it - www.ilpianzio.it - Seguici su Facebook


INGIROPIEDANDO di Martina Toso

Olivicoltori EUGANEI,

obbiettivo Colli sempre più “GREEN” Extra vergine di oliva (evo), un prodotto sostenibile e “verde” che non solo rispetta un territorio, ma è attore principale del miglioramento ambientale

A

territorio lo scorso anno, la prima azione da mettere ssociazione Olivicoltori Euganei 2.0. Dopo in campo per migliorare la difesa da questo parassiil lancio del nuovo marchio promozionale ta, realizzando nel contempo una Rete Ecologica, sarà “Coll’Olio” avvenuto con grande successo, in quella di ridurre al minimo, se non annullare completatermini di presenze e apprezzamenti lo scorso settemmente, l’impatto derivante dalla lotta al principale pabre al Castello di Lispida, a Monselice, in occasione rassita dell’Olivo attraverso l’adozione delle tecniche del 1° Festival dell’Extravergine olio euganeo, legato al più innovative ed avanzate: lotta guidata e per cattura concorso “Oio del Pestrin”, continua il lavoro dell’Assomassale alla mosca dell’olivo. Seguono poi, l’utilizzo di ciazione che, da più di dodici anni si impegna a fondo “Compost Certificato” e la “Raccolta delle Ramaglie” per organizzare, valorizzare e promuovere l’olivicoltudi potatura delle piante, il tutto in collaborazione con ra e l’olio euganeo. Il 13 febbraio scorso, in occasione Sesa. Il Compost è un concime naturale e alternativo al dell’assemblea degli olivicoltori nella sede dell’Ente letame, ammesso dalla normativa per le proParco Colli ad Este, è stato annunciato il duzioni biologiche. Molto importante nuovo programma che comprende Bianco: dal punto di vista agronomico, in azioni progressive atte a rendere “È giunto il momento particolare per terreni ricchi di sempre più sostenibile l’olivicoldi far un salto di qualità calcio, come sono in gran parte tura, creare maggiore sinergia quelli Euganei. Non è tutto, tra le e condivisione di conoscenze per il futuro della nostra idee dell’associazione Olivicoltori tra i produttori favorendo la coolivicoltura” Euganei c’è anche la diversificazione stituzione di un Consorzio, traguardo delle produzioni. “Tra le opportunità - confondamentale per migliorare la redditività e clude Bianco - esiste la possibilità di inserire colture la produttività di ciascuna azienda nel territorio, inceninnovative, utili ad integrare il reddito aziendale e/o tivando la presenza di questa coltura e di conseguenmigliorare le caratteristiche delle produzioni attuali. za l’economia locale. Questo permetterà d’avere una Nuove varietà di olivo producono oli ad elevata permassa critica di “EVO” dei Colli certificato D.O.P e Bio centuale di “Acido Oleico”, ossia la componente più e di intercettare mercati locali, nazionali ed internaziosignificativa del prodotto. Il disciplinare D.O.P. Euganali, secondo i promotori le competenze non mancaneo-Berico ne prevede il 76%, queste piante invece no e le risorse si potrebbero trovare nel nuovo PSR raggiungendo agevolmente l’80-82% ne faciliterebbe“Piano di Sviluppo Rurale”, in via di approvazione dalla ro notevolmente la certificazione”. Inoltre, c’è anche Regione. “È giunto il momento di far un salto di qualità l’idea di introdurre nuove colture come l’Aronia, pianper il futuro della nostra olivicoltura - spiega Ampelio ta dalle incredibili proprietà salutistiche, o incentivare Bianco, tecnico dell’Associazione - e darle la meritata quelle della tradizione come la creazione di campi capossibilità di successo commerciale. Riteniamo per taloghi per le varietà “Frutticole Storiche” e la coltura questo vitale, lanciare un’idea forte e innovativa di vadelle “erbette selvatiche”: raperonzoli, carletti, asparalorizzazione, data dall’organizzazione di una Rete Ecogi selvatici, rosole, ecc, oggi sempre più rare a causa logica “Eco-mosaico”, creata intorno al prodotto”. In dei cinghiali, ma che potrebbero fornire una buona seguito ai noti danni alla produzione, causati dagli anofonte di reddito a chi sui Colli lavora e investe per renmali attacchi della Mosca dell’Olivo verificatisi in tutto il derli sempre più “green”. bacino del Mediterraneo ed in parte anche nel nostro

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L’extravergine

del Frantoio di Valnogaredo,

oro verde prezioso al palato e profumato Paolo e Pierangela Barbiero continuano a produrre il loro olio nel solco della tradizione, ma prestando pure attenzione a tutte quelle novità che permettono al “pestrin” di estrarre da questa terra il miglior extravergine Il verde brillante e lussureggiante della primavera è tornato ad impreziosire il paesaggio attorno alla settecentesca villa Contarini di Valnogaredo. Qui, nella dependance della storica abitazione signorile, da quattrocento anni le porte del più antico frantoio degli Euganei sono aperte per proporre uno dei gioielli dei Colli, l’oro verde che i padroni di casa, Paolo e Pierangela Barbiero, continuano a produrre nel solco della tradizione, ma prestando pure attenzione a tutte quelle novità che permettono al “pestrin” di estrarre da questa terra il miglior extravergine: in perfetto equilibrio tra amaro e piccante, dal fruttato delicato e dalla bassa acidità, in puntuale attinenza al disciplinare della Dop Colli Euganei e Berici, di cui la produzione Valnogaredo, tra le etichette euganee, è la prima a farne parte essendo, tra l’altro, i Barbiero, tra i soci fondatori del Consorzio di tutela. Insomma una grande qualità che celebrate guide del settore, come Flos Olei, Il Golosario e Gambero Rosso, hanno riconosciuto inserendo il marchio Valnogaredo nelle rispettive edizioni 2015. Non c’è da stupirsene l’“Olio dei dogi”, l’extravergine di oliva DOP Veneto Euganei e Berici, è già apprezzato a livello internazionale per essere l’olio che non copre i sapori, ma li esalta; al quale fanno da pendant l’“Olio Extravergine di oliva biologico”, prodotto nel pieno rispetto dell’ambiente seguendo regole precise previste dal regolamento CE; l’“Olio Extravergine di oliva Italiano” (blend); l’“Olio Extravergine di oliva Italiano Rasara”, ottenuto dal cultivar tipico dei Colli Euganei, fino ad arrivare agli aromatizzati al limone; all’arancio; al peperoncino; al rosmarino: tutto sugli scaffali del punto vendita di via Mantovane a Cinto Euganeo, insieme ad una nuova linea di prodotti gastronomici e sott’olio (patè di olive nere, il “pesto alla genovese”, il “bagnetto della collina” e poi: carciofini, pomodori, involtini di melanzane, involtini di radicchio) e un nuovo prodotto di pasticceria, ideale per la Pasqua, preparato con una morbida pasta con glassa e mandorle, ovviamente senza burro ma ammorbidito con l’extravergine. Il Frantoio Valnogaredo sarà presente al Sol&Agrifood - Vinitaly 2015 - Padiglione/Area C stand B5 martedì 24 e mercoledi 25 marzo, presso lo stand del Consorzio di Tutela Olio Veneto: perché in un mondo in cui globalizzazione è la parola d’onore, distinguersi diventa fondamentale per non smarrirsi nel mare magnum della commercializzazione. CONOSCERE L’OLIO Al frantoio Valnogaredo è di casa la convinzione che la qualità prima di perseguirla bisogna saperla riconoscere ed è proprio con questo principio che nei giorni di 17-21 e 28 aprile si terrà il secondo corso di degustazione aperto al pubblico tenuto direttamente da Pierangela, iscritta nell’Elenco Nazionale dei tecnici ed esperti degli oli di oliva vergini ed extravergini, in collaborazione con AIPO di VR e la Capo Pannel Dr.ssa Orietta Pavan. Per iscrizioni e saperne di più www.frantoiovalnogaredo.com FRANTOIO DI VALNOGAREDO - Via Mantovane, 8/A - Cinto Euganeo (PD) - Tel. 0429 647224 - Fax 0429 644054 info@frantoiovalnogaredo.com - www.frantoiovalnogaredo.com


PAESAGGI SONORI di Mauro Gambin

Prima de parlar, Con il termine “Civiltà contadina” indichiamo il passato rurale di questa terra: i riti, gli usi e i costumi, insomma una cultura che però era analfabeta. È in questo contesto, dove mancava il saper leggere e scrivere, che la parola assume un’importanza e una forza straordinarie. Sono innumerevoli i proverbi o gli aforismi che ne caldeggiano l’uso parsimonioso se non addirittura il silenzio: era questo forse un tentativo di difendere l’unico strumento a disposizione per trasferire da una generazione all’altra un millenario sapere.

“T

i: prima de parlar, tàsi”. parola, o comunque la precedenza, erano i “saggi”, Un silenzio consigliato o imposto, per ingli anziani anche se appartenenti al genere femminivitare a pensare prima di proferir parola le. Il detto: “La dona bisogna che la tasa, che la piasa o da estendere ad infinitum? Tra le varie interpretae che la staga in casa”, infatti, più che come slogan zioni plausibili, si potrebbe ipotizzare che non si tratti della discriminazione sessista, andrebbe interpretato di un semplice ammonimento perentorio per bloccome un riferimento a ciò che della bellezza femminicare sul nascere una petulanza insensata, oltre che le poteva essere apprezzato in una società “pratica” sgradevole. No: si palesano, invece, in queste poche come quella contadina. E non si intende certo la cultuparole una consapevolezza che sfiora la psicologia ra (il saper parlare), che non c’era, ma l’essere osseresistenziale e un “sentenziar” che è parente stretto vante di un costume concreto che vedeva un profitto dell’essenzialità propria nell’attendere alla faccenLa lingua trascende la lingua, delle società rurali, dove de domestiche (stare in è corpo universale che comprende la parsimonia viene estecasa) senza perdersi in sa dall’economia domeciance. Dal produrre tanle sensazioni, le emozioni, il pensare stica anche alle parole. Il e anche ciò che non è sentito e pensato to, a quel tempo, dipensilenzio è conveniente, è deva la sopravvivenza del un modo di stare al mondo, soprattutto se non si hanclan familiare e chiunque era chiamato a fare più che no argomenti o non si è in grado di usare con profitto poteva, compresi i bambini, tranne gli anziani, i capile parole. Alla casistica andrebbe aggiunta anche la famiglia, che avevano funzione di guida. Ma il silenzio condizione sociale, il ruolo occupato dentro alla famiera un invito per tutti, non solo per la donna, perché glia (prima che nella società) stabilito principalmente attraverso le parole spesso si può tradire la propria in base all’età. Come nelle “tribù” ad aver diritto di ignoranza, “ignoransa” alla quale il contadino sapeva

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PAESAGGI SONORI del mondo popolare si trasmette visivamente: un rito, di appartenere, per la mancanza di studi soprattutto, una danza, un gioco o tutto insieme, come era nel reper non sapere ne’ leggere ne’ scrivere. Il silenzio, pertorio del “cantafole”, dove i testi delle “storie” che infatti, potrebbe appartenere anche a quel pragmavenivano raccontate, spesso in accompagnamento a tismo al quale i nostri contadini ricorrevano appunto basi musicali, non essendo scritti rimanevano aperti “par non saver ne’ lezare e ne’ scrivare”, ma anche per e piegabili al gusto dell’erispetto di quella parola Un paesaggio sonoro dove il silenzio secutore piuttosto che del che era l’unico strumennon è da interpretarsi necessariamente pubblico, agli stati d’animo, to a disposizione per la diffusione della propria come un vuoto, ma piuttosto come uno così che ogni variante poteva essere considerata un cultura, poiché analfaspazio fondamentale per l’armonia testo nuovo. Il Torototela, beti. I contadini non avesul tormentone “torototela/torototà”, accompagnato vano la possibilità di formarsi una cultura diversa da dal suo rudimentale strumento fatto con un bastone, quella delle tradizioni che apprendevano vivendo in una zucca violina e due fili che sfregavano con un comunità. Era la cultura della parola, trasmessa con archetto, imbastiva testi supplichevoli di carità e allo la parola: appunto la cultura orale o semplicemente stesso tempo di augurio alla famiglia alla quale aveva l’oralità. Un’importanza fondamentale assume nella fatto visita. A fianco dello sgraziato “refrain” del “totrasmissione dell’oralità la memoria individuale che, rototela”, però, potevano esserci anche veri e propri stimolata ad apprendere e ricordare dalla mancanza cantastorie che, in continuità con la tradizione trobadi scritti, si sviluppa e si rafforza là dove non vi sia dorica del Basso Medioevo, nei giorni di mercato e confusione di parole. All’interno di questo contesto, nelle fiere divertivano la gente cantando storie prese l’esaltazione della parola porta a non sprecarla e al dalla realtà e dalla cronaca. Altro luogo della cronaca divieto di un suo uso improprio. È in questo contesto erano i filò, ma nel mondo orale della Bassa Padoche è giusto parlare di “cultura dell’analfabetismo”, vana grande importanza avevano anche i canti, usati perché analfabetismo non significa assenza di cultura per alleviare le fatiche nei campi o per scandire il lacon la C maiuscola, ma piuttosto condizione in cui trovoro, o le stesse “fòle” che pur prive di contenuto erava origine un’altra cultura, non meno alta, non meno no in grado di trasmettere il tempo circolare della vita intensa, non meno essenziale alla vita. “On parlar profondo come un basar”, sosteneva Andrea Zanzotto alludendo al fatto che la lingua trascende la lingua, è corpo universale che comprende le sensazioni, le emozioni, il pensare e anche ciò che non è sentito e pensato. A questo potremmo poi aggiungere che nella civiltà contadina la parola era una sorta di Seinsstiftung, la casa dell’essere, dove nel corso dei secoli si è formata la memoria collettiva, che non è semplice somma delle memorie individuali, ma la base fondamentale del vivere delle comunità, incarnata in usi e costumi proposti da regole facili come i proverbi. Il proverbio infatti nasce dall’esperienza generazionale, frutto di un’attenta riflessione sui fatti e sulle cose che interessano la vita nei suoi vari aspetti: “par fare un proverbio ghe vole cent’ani e i veci i li fasea su la comoda”. Il proverbio ha uno scopo didattico e morale, costituisce la regola del comportamento individuale e sociale, secondo la concezione della vita, propria delle classi popolari. Veloce, guizzante, spesso in rima per facilitare la memoria, vi si fissa in modo indelebile. Ma accanto I mona se riconose da do robe: ad un “analfabetismo mnemonico” esisteva anche dal parlare quando ch’i dovaria tasére un “analfabetismo mimico” che oltre alla parola coine dal tasére quando ch’i dovaria parlare volgeva il gesto. Molta parte del patrimonio culturale

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PAESAGGI SONORI in campagna, dove tutto è destinato a tornare sempre uguale e anche la condizione di vita degli uomini appare immutabile a prescindere dalla loro volontà: “Questa la xe la fòla del sior Intento, che dura poco tempo che mai la se distriga, voto che te la conta o che te la diga?”. Sia che la risposta fosse stata “contamela” oppure “dimmela” la “fòla” avrebbe ripreso uguale a prima: “Questa la xe la fòla del sior Intento, che dura poco tempo...”. È in questa oralità semplice, ritmica e ripetitiva che si forma il folklore, ma pure la lingua del folklore, ossia il dialetto. È quindi necessario tornare all’Alto Medioevo per trovare gli albori dell’oralità, cioè a quando l’arrivo delle popolazioni germaniche alimentò e rianimò la cultura orale a scapito di quella scritta. Il latino (nella variante locale e propria di quell’epoca) non venne del tutto dimenticato né cancellato: si mescolò alla lingua germanica dando vita a una lingua nuova, il volgare. Quando il volgare diventò lingua scritta, per rispondere alle esigenze pratiche di alcune categorie urbane, (quali notai, mercanti e, alla fine, artigiani) il proletariato urbano, e soprattutto i contadini, resteranno tagliati fuori. L’unico mezzo a loro disposizione restò la lingua, il dialetto, che come un grande fiume per secoli continuò a trasferire da una generazione all’altra conoscenze, usi, costumi e di più: un paesaggio sonoro dove il silenzio non era da interpretarsi necessariamente come un vuoto, ma piuttosto come uno spazio fondamentale per l’armonia.

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L’è rivà el Torototèla l’è rivà el Torototà

co le scarpe tute rote col gilè tuto sbregà

son partito da la Francia e son venuto fino qua

per augurarve bona fortuna e ‘na perfeta sanità. Siora parona me fago avanti par vegnére a domandar son el pòvaro Torototèla che domanda la carità

e la varda ne la cardensa che calcossa la trovarà son el pòvaro Torototèla e calcossa la me darà. E la varda nel baldachin e la tàia un salamìn

son el pòvaro Torototèla la metà la me bastarà

o se polenta o se pur farina la me daga volentiera son el pòvaro Torototèla la sachetina gò preparà.

E la ringrassio tanto tanto che ‘n’antrano so’ ‘ncora qua son el pòvaro Torototèla son el pòvaro Torototà.

“Ve ringrassio tuti quanti par i soldi che m’avì dà ve protega tuti i santi la salute e felicità”.



STORIA E DINTORNI di Francesco Selmin

Innondare la Bassa, un piano per proteggere il ripiegamento dell’esercito

Se dopo Caporetto la linea del Piave non avesse retto agli assalti austriaci, il nuovo fronte sarebbe diventato la Bassa Padovana. Il Generale Diaz aveva già predisposto un piano di allagamenti, con il taglio degli argini dell’Adige e del Fratta, per impantanare l’avanzata dei nemici

C

ome è noto, dopo lo sfondamento del fronte a Caporetto per l’azione congiunta di truppe austriache e tedesche, l’esercito italiano si attestò sulla linea del Piave-Grappa. Fu una scelta che consentì di arrestare la penetrazione dell’esercito austroungarico, ma che inizialmente suscitò qualche perplessità: non si poteva escludere infatti in via as-

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soluta che il nemico riuscisse a penetrare più profondamente nella pianura veneta. Perciò, per premunirsi contro tale eventualità, il Comando Supremo prese in considerazione anche la possibilità di attestare il fronte su linee difensive più arretrate. Una prima linea difensiva a sud del Piave si snodava tra Bassano del Grappa, Asolo e Treviso; una seconda congiungeva Vicenza, Fontaniva, Cittadella, Castelfranco e ancora Treviso. Un’altra linea era prevista lungo il Bacchiglione. L’ultima era la linea Mincio-Po - anch’essa basata sul ruolo strategico dei fiumi - che prevedeva una serie di rotte artificiali atte ad allagare vasti territori nelle Grandi Valli Veronesi e tra l’Adige ed il Fratta-Gorzone al fine di fermare l’eventuale avanzata del nemico. Il 12 novembre il generale Armando Diaz, che aveva sostituito Cadorna, emanò le seguenti Direttive per un eventuale ripiegamento sulla linea Mincio-Po: “Le presenti direttive, emanate a scopo di orientamento generale, si riferiscono all’ipotesi che lo sforzo del nemico riesca a rompere la nostra attuale fronte di difesa tra l’Astico e la foce del Piave, cosicché si imponga un ulteriore ripiegamento. In tale ipotesi intendo portare l’esercito, dietro la linea Mincio-Po; questa linea e protetta fra Legnago e il mare dall’inondazione di sinistra Adige che si sta preparando”. Era dunque contemplata la possibilità di tagliare degli argini dell’Adige (ma anche, in misura minore, del Gorzone) per allagare vaste aree della Bassa padovana, del mantovano e del veronese, e arrestare così l’avanzata nemica. L’area da inondare fu divisa in sette zone, tre delle quali interessavano la Bassa.


STORIA E DINTORNI

Nel ritaglio nella mappa si possono individuare le tre aree che sarebbero state oggetto di inondazione, le prime due completamente comprese tra gli alvei dell’Adige e del Fratta Gorzone. La superficie della Bassa interessata dalle inondazioni sarebbe stata di circa 150 km2. La prima area, era compresa tra la strada di collegamento tra il ponte delle Gradenighe (sul Fratta) e Castelbaldo e Sant’Urbano. Quest’area sarebbe stata presidiata dalla 4a Armata e dalla 2a Armata, rispettivamente ad ovest e ad est della località Tre Canne su cui cadeva il limite tra le due armate. Una seconda area era individuata tra Barbona e l’attuale tratto di Strada Provinciale 92 tra località Taglio e il ponte sull’Adige presso Anguillara Veneta. In corrispondenza di Boara Pisani l’area era divisa tra la 2a e la 3a Armata che avrebbe presidiato anche tutta la terza area. Quest’ultima si colloca a nord del Gorzone, canale che ne segna il limite meridionale tra Boaria Le Botte di Sopra (tra Taglio e Borgoforte) fino oltre Cavarzere. Verso ovest-sud-ovest, tra Boaria, Le Botte di Sopra e San Luca, il confine dell’area inondabile sembra corrispondere con la Fossa Monselesana mentre, verso nord, sembra più incerto. Lo si può tuttavia approssimare al Canale Vitella fino ad Agna. Qui l’area inondabile presenta una propaggine verso nord che lambisce Pontecasale e Candiana,

essendo limitata ad est dalla Fossa Rebosola. La terza area inondabile si estende fino ai cordoni dunosi a monte della foce dell’Adige e, verso nord, lungo il margine lagunare. Da un punto di vista geomorfologico, i corridoi di interruzione tra le aree inondabili, dedicati al passaggio delle truppe e al controllo dei ponti, sembrano corrispondere con dossi fluviali visibili nel modello digitale del terreno (DTM). Tali alti morfologici, che in caso di alluvione sarebbero stati aree emerse, sembrano corrispondere rispettivamente al dosso fluviale attuale dell’Adige (che divide la prima area inondabile della Bassa padovana da quella delle Grandi Valli Veronesi), al dosso di un ramo pre-romano dell’Adige che da quello di Montagnana-Este si staccava a Deserto verso sud e al dosso di Pozzonovo, anch’esso relativo ad un ramo atesino che da Monselice si staccava da quello di Montagnana-Este per dirigersi verso Anguillara Veneta. Va da sé che se il Comando Supremo si fosse trovato nella necessità di attuare questo piano, i danni arrecati alla Bassa sarebbero stati enormi.

La Bassa fu effettivamente colpita da un’inondazione. Non però dell’acqua dell’Adige, bensì da una fiumana di profughi e di soldati in ritirata 61


STORIA E DINTORNI caserma perché non c’era casa o magazzino o locale L’inondazione avrebbe investito numerosi centri rurain genere in cui non avessero preso posto elementi li tra cui Castelbaldo, Piacenza d’Adige, Sant’Urbano, militari”. A Monselice, dopo gli sbandati, i profughi, le Barbona, Vescovana, Stanghella, Bora Pisani, Agna truppe in ritirata, arrivò anche il re Vittorio Emanuele e altri ancora. Come è noto, la linea del Piave resse III, che stabilì il suo quartier generale nella villa dei e non si dovette provocare un’inondazione che saCorinaldi a Lispida, che in seguito, proprio per questa rebbe stata anche più disastrosa di quella del 1882, utilizzazione, sarà chiamata villa Italia. Altre ripercusquando l’Adige ruppe gli argini a Masi e a Ca’ Mosioni dell’arretramento del fronte sulla linea del Piarosini. In realtà, si può dire che la Bassa fu effettivave e del Grappa riguardarono il tessuto industriale, mente colpita da un’inondazione. Non però dell’acche subì un formidabile sconvolgimento. L’eventuaqua dell’Adige, bensì da una fiumana di profughi e di lità che l’esercito austroungasoldati in ritirata. La descrive Carturan: “Lungo i marciapiedi, rico potesse spingersi fino al con abbondanza di dettagli sotto i portici, sui portoni Po indusse le autorità ad imil memorialista monselicense Celso Carturan: “Le strade di delle case si sdraiavano di notte partire l’ordine di sgombero di tutte le aziende impegnate Padova e di Monselice per tempo quei miseri soldati, settimane e settimane, giorno dopo aver chiesto ai cittadini nella produzione bellica. In novembre tutto il materiale e e notte erano divenute intranun tozzo di pane” tutti macchinari delle Officine sitabili per i borghesi perché di Este, la più importante industria bellica della zona, dense di soldati disordinati e di ancor più disordinato furono trasportati al di là dell’Appennino. Furono nemateriale bellico... Casolari, fienili, cortili, stalle delle cessari tre treni per un totale di 396 vagoni. Il carico nostre campagne venivano di notte occupate da tutti fu portato a Viareggio dove fu individuato il sito più questi sbandati; per le vie cittadine, lungo i marciapieidoneo per rimettere rapidamente in attività lo stabidi, sotto i portici, sui portoni delle case si sdraiavano limento estense. di notte tempo quei miseri soldati, talora ammassaNel trasloco oltre l’Appennino le Officine Estensi futi con donne e bimbi profughi, dopo aver chiesto ai rono imitate dalle altre piccole aziende che erano in cittadini un tozzo di pane anche esibendo in cambio attività a Este: la fratelli Costa, la De Antoni e la Saroggetti raccolti o presi durante la ritirata”. tori Borotto finirono anch’esse a Viareggio, mentre I centri maggiori divennero presidi ospedalieri e sedi la Parolari si insediò a Lucca. Le Officine di Battaglia di caserme. Numerosi edifici pubblici e privati furoinvece traslocarono a Pisa. Analoga la sorte della ofno requisiti dalle autorità per dare ricovero ai feriti o ficina conselvana di Guerrino Masiero, che dalla coa interi reparti militari. A Monselice, ad esempio, un struzione di carri e rimorchi agricoli si era convertita ospedale fu allestito nell’edificio scolastico di via Gaalla produzione di rimorchi e altri mezzi per l’esercito. ribaldi e si completò celermente quello che era in coAnch’essa fu trasferita in Toscana per tornare poi a struzione da qualche anno. Scrive ancora Carturan: Conselve dopo la vittoria. “Poteva dirsi che Monselice era divenuta una grande

Articolo tratto dall’Atlante storico della Bassa Padovana, il Novecento edito da Cierre

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Nelle foto: soldati Italiani in ritirata dopo la disfatta di Caporetto


INGIROPIEDANDO di Martina Toso

PROGETTO PECHÉTE orme che dalla scuola conducono alla conoscenza del territorio

Pechéte è un progetto di promozione territoriale e didattico per la formazione di giovani guide turistiche capaci di far conoscere il territorio e coinvolge il Gal Bassa Padovana, i comuni di Sant’Elena, Villa Estense, Sant’Urbano e l’Istituto Comprensivo di Villa Estense.

N

ei primi anni del Novecento un bambino della Grompa correva a piedi nudi nella valle sfuggendo al controllo della madre che riusciva a rintracciarlo grazie alle piccole orme che lasciava sul fango e che gli sono valse il soprannome di Pechéte. Pechéte non voleva andare a scuola, preferendo girovagare e giocare con gli amici: mai avrebbe immaginato che cento anni dopo la sua leggenda sarebbe diventata proprio un progetto didattico per le scuole. Le orme di Pechéte sono giunte fino a noi grazie ad un’idea di Maria Cristina Rossin Ardit, ex insegnante dell’Istituto Comprensivo di Villa Estense e proprietaria di Villa Ardit, convinta che la Disegno di Mirko Artuso conoscenza e la tutela del patrimonio artistico e culturale dovesse iniziare tra i banchi di scuola, magari con la formazione di “piccole guide”. Quell’idea ha avuto la possibilità di uscire dal cassetto proprio un anno fa, quando un bando indetto dal Gal Bassa Padovana, intercettato dai comuni di Sant’Elena, Villa Estense e Sant’Urbano ha portato al coinvolgimento dell’Istituto Comprensivo di Villa Estense e alla realizzazione del progetto “Pechéte”. Si è trattato di un investimento didattico senza precedenti sul territorio che ha posto come scopo principale il superamento dell’insegnamento frontale, per far acquisire agli alunni una competenza qualificata nella promozione del territorio e incoraggiando così la salvaguardia del proprio patrimonio naturalistico, artistico e culturale. Nell’anno scolastico 2013/2014, dunque, sono state coinvolte attivamente nel progetto le classi 1° e 2° delle scuole “Giuseppe Mazzini” di Villa Estense e “Lorenzo Loredan” di Sant’Urbano e la classe 3° della scuola secondaria di Sant’Elena. Gli insegnan-

ti Luciana Permunian, Renato Toschetti e Emanuele Cusin hanno preparato i loro alunni sulla storia del Bosco dei Lavacci a Granze, di Villa Miari De Cumani a Sant’Elena e di Villa Nani Loredan a Sant’Urbano, creando allo stesso tempo anche una proposta promozionale per la visita di questi luoghi, corredata da una cartina che oltre al percorso di questi siti ha unito l’informazione sulle strutture per la ricezione turistica. La seconda fase è avvenuta sul campo stesso della presentazione di questi luoghi, con i giovani studenti che per un giorno sono diventati la guida al territorio per i loro genitori e per i turisti. “Effettivamente la promozione turistica può partire dai banchi scolastici - spiega il preside dell’Istituto Comprensivo, Cesare Cecchetto - nelle nostre scuole c’è la cultura per educare i ragazzi ad essere guide preparate a far conoscere il territorio. Il progetto Pechéte lo dimostra, combinando teoria e pratica e il sapere al saper fare”. L’Assessore di Villa Estense, Vincenzo Contegiacomo ha ribadito l’originalità e l’efficacia di tale progetto per il territorio, promettendo: “Questo è solo l’inizio. Come Amministrazioni ci attiveremo anche con risorse interne perché il progetto Pechéte dovrà essere ampliato ad altri comuni, magari vertendo su altri temi: come le leggende del territorio, la ricerca sulla gastronomia locale o i misteri di questa nostra bellissima terra”.

Docente Emanuele Cusin con gli alunni a Villa Nani Loredan di Sant’Urbano

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ARTERRA di Loredana Pavanello

abitanti delle terramare, scomparsi per lasciare posto ai Veneti Verso la fine dell’età del bronzo tutte le civiltà del Mediterraneo crollarono quasi in contemporanea e di fatto scomparvero per essere sostituite secoli dopo da civiltà che avevano con esse punti di contatto, ma anche forti elementi di distinzione. Tuttavia, è proprio durante questo periodo oscuro che va collocata storicamente la leggenda di Antenore e della guerra (o fusione) delle civiltà degli Euganei e dei Veneti.

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volo di uccello i Colli Euganei ci appaiono da Nono, autore del ‘300 descrive minuziosamente come delle isole che emergono dal mare piatil conflitto, facendo discendere molte famiglie nobili to della pianura. Fuori metafora, il paragone della Padova medievale da eroi che si sarebbero vaappare ancor più attinente se si immagina che, ancolorosamente distinti. In ogni caso i Veneti ebbero il dira in età protostorica, gli Euganei erano davvero delle ritto a dare il nome alla regione e ad essere ricordati isole di terra solida che emergevano se non proprio dalla storia, gli Euganei vennero relegati nel ricordo da una distesa di acque, quanto meno da un territorio più lontano e sfumato. Solo come una tardiva rivincimolto simile all’attuale laguna di Venezia. ta, i dotti del Cinquecento padovano assegnarono il É verso la fine dell’età del bronzo, che va collocata nome degli Euganei ai colli a sud della città. l’affascinante leggenda della fondazione di Padova, Degli Euganei “storici” ci resta poco altro che il nome, cui vanno ricondotti i nomi delle più antiche genti che conservato in alcune fonti greche e latine. L’archeoabitarono la nostra relogia ci consegna una La leggenda ci racconta di come i Veneti gione, gli Euganei e i fossero un popolo stanziato originariamente prima traccia di inseVeneti. La leggenda diamenti dei Veneti ci racconta di come i sulla costa settentrionale dell’attuale Turchia intorno al X secolo Veneti fossero un popolo stanziato originariamente a.C., agli inizi dell’età del ferro. Si tratta anche delle sulla costa settentrionale dell’attuale Turchia, parteciprime tracce abitative di quelle che diventeranno le parono alla guerra di Troia come alleati della grande due maggiori città dei Veneti in epoca storica, Padocittà asiatica e dopo la distruzione di quest’ultima seva ed Este, situate rispettivamente lungo i corsi dei guirono Antenore nel lungo viaggio che lo portò alla fiumi Brenta e Adige. Lungo i corsi d’acqua, infatti, i fine a fondare Padova. Veneti avrebbero costruito le loro fortune, facendone Secondo la tradizione in questa regione erano prela chiave di un sistema di trasporti che permetteva cedentemente stanziati gli Euganei: alcune versioni di mettere in contatto l’Europa Centrale, e perfino il fanno cenno a una guerra, e in particolare Giovanni Baltico, con il Mediterraneo. Era la mitica Via dell’Am-

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ARTERRA bra. Tuttavia, almeno per quanto riguarda l’Adige, ci sono tracce di insediamenti precedenti. Questi resti vengono attribuiti a una civiltà che popolò tutta l’Italia centro-settentrionale nella seconda metà del II millennio a.C., quella che viene definita delle “terramare”. Le terramare rappresentavano l’elemento abitativo principale di questa civiltà: case costruite su palafitte lungo corsi d’acqua o sulle sponde di laghi o ancora in ambienti paludosi. Gli abitanti vivevano di una economia mista, basata sulla pesca e sull’agricoltura, ma anche sul commercio e sulla produzione artigianale di beni che venivano poi scambiati su larga scala. Gli archeologi propendono attualmente a pensare che alcuni dei popoli citati in fonti storiche

I Veneti diedero il nome alla regione e solo come una tardiva rivincita, i dotti del Cinquecento padovano assegnarono il nome degli Euganei ai colli a sud della città relative al passato mitico dell’Italia si riferiscano agli abitanti delle terramare, fra questi ci sarebbero proprio gli Euganei. Il Museo Nazionale Atestino dedica a questa civiltà l’allestimento della sua prima sala, che ricostruisce l’insediamento del Laghetto della Costa di Arquà Petrarca. Qui possiamo ammirare singolari brani di un passato ancora vivo, disponibile a “parlarci”, per comprendere in quali modi, concretamente, la vita fluiva, fra il duro lavoro degli uomini, creato attorno alla dimensione dell’Athesis - da cui il nome di Ateste, e il silenzioso operare femminile, concentrato soprattutto nelle attività di tessitura e filatura, come attestano ancora gli antichissimi rocchetti e fusaiole presenti nella sala. Ancora più importante doveva essere l’insediamento di Frattesina, il centro principale della valle dell’Adige durante l’età del bronzo. Era questa una vera e propria città in cui vivevano molti artigiani che producevano gioielli e altri elementi di stile miceneo, gli stessi che, presumibilmente adornavano i nobili guerrieri descritti da Omero, coloro che presero parte alla guerra di Troia, contemporanea alla fase più ricca dell’abitato di Frattesina. Nel giro di pochi anni tutte le civiltà del Mediterraneo dell’età del bronzo, Troia, le città micenee e anche i centri terramaricoli crollarono quasi in contemporanea e di fatto scomparvero per essere sostituite secoli dopo (nel caso del Veneto tre secoli dopo) da civiltà che avevano con esse punti di contatto, ma anche forti elementi di distinzione. Tuttavia, è proprio durante questo periodo oscuro che va collocata storicamente la leggenda di Antenore e della guerra (o fusione) delle civiltà degli Euganei e dei Veneti.

L’area archeologica di via Santo Stefano a Este. Si tratta del più importante sito archeologico relativo alla civiltà dei Veneti Antichi. La fondazione della necropoli risale all’età del Bronzo (VIII-VII secolo a.C.) e la sua destinazione funeraria è stata attiva per molti secoli. Gli scavi hanno portato alla luce oltre 150 tombe

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LEADER ALL’AVANGUARDIA NEL SETTORE DELLA VERNICIATURA A POLVERI

I punti di forza dell’azienda di Bagnoli di Sopra sono la qualità della prestazione, la tempestività dell’intervento e il trasporto puntuale per il ritiro e la consegna della merce “Il futuro si conquista investendo nel presente”. Lo sostiene Guido Borella, patron della Gps di Bagnoli di Sopra, che nei primi mesi del 2015 ha dotato la sua azienda, già leader del settore della verniciatura a polveri, di una nuova cabina che ha permesso di migliorare notevolmente gli standard di lavoro e la qualità del servizio per i propri clienti. “Il nostro impegno - spiega patron Borella - è quello di continuare a migliorarci e per questo, nello scegliere la nuova dotazione di macchinari, ci siamo orientati verso i marchi leaders mondiali del settore: Siver e Nordson sono avanti anni luce rispetto agli altri e il nostro ciclo di verniciatura a polveri è l’unico in Veneto ad esserne dotato. Ne abbiamo guadagnato in sicurezza sul lavoro, nel taglio agli sprechi di colore e nei tempi di esecuzione, ovviamente tutto questo si traduce in una qualità superiore del servizio per i nostri clienti e in un’attenzione maggiore per il lavoro in azienda e per l’ambiente”.

CON LA NUOVA CABINA DI VERNICIATURA MIGLIORATI TUTTI I PARAMETRI DEL SERVIZIO: • Tempi di esecuzione: Maggiore velocità nei tempi di lavorazione hanno permesso un’ottimizzazione del ciclo della lavorazione con grande soddisfazione da parte dei clienti • Colore: Controllo maggiore dello spessore delle vernici anche su oggetti di piccole dimensioni. Il colore viene tutto attaccato al pezzo riducendo di due terzi lo spreco, a tutto vantaggio dell’ambiente • Qualità del lavoro: Operare in ottime condizioni permette di migliorare la qualità e la sicurezza del lavoro degli operatori dell’azienda • Nuove opportunità: Aumentate le tipologie di lavoro che possono essere eseguite. Con la nuova cabina possono essere apportati interventi anche con vernici antimicrobiche o antibatteriche per interventi su impianti di condizionamento o strumentazioni ospedaliere Gps si è dotata dei migliori macchinari sul mercato mondiale, è l’unica ad usare attrezzature Siver e Nordson GPS Srl - Viale dell’Industria 6a Strada, 7 – 35023 Bagnoli di Sopra (PD)


GPS DA TREDICI ANNI LEADER DEL SETTORE Gps è un’azienda dai solidi numeri, attiva nel settore da ben tredici anni continua a crescere in fatturato e in commesse. Al centro della mission aziendale c’è la qualità del lavoro e la massima soddisfazione per il cliente con un’offerta che spazia da interventi di verniciatura alla zincatura a caldo su qualsiasi tipo di materiale, soddisfando ogni esigenza per la scelta delle tinte. La consegna è puntuale con imballaggi a prova di graffio che rendono sicuro ogni trasporto. L’organizzazione aziendale, infatti, permette diversi cambi di tinta giornalieri garantendo l’abbattimento dei tempi di attesa per la restituzione del lavoro ultimato e il sistema di trasporti, organizzato con diversi mezzi, consente la raccolta e la riconsegna anche di piccoli lotti di materiale da verniciare. Il costo del trasporto è irrisorio e non influisce sul costo finale del servizio che rimane tra i più concorrenziali sul mercato. IL SERVIZIO PUÒ ESSERE APPLICATO A QUALSIASI TIPO DI MATERIALE • Attrezzature per l’agricoltura • Banchi frigo e impianti molitori con la verniciatura di speciali vernici alimentari che non pregiudicano le caratteristiche dei prodotti con i quali entreranno in contatto • Recinzioni e serramenti in ferro Il massimo della pezzatura dei pezzi può raggiungere i 7 metri

IL CICLO PRODUTTIVO Fosfodecapaggio per il materiale zincato a caldo o fosfosgrassaggio con fosfati di ferro per il materiale ferroso

Due passaggi di risciaquo con acqua di rete

Passivazione

Asciugatura in forno ad aria forzata a 120 °C

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Verniciatura con polveri, due robot agiscono in cabina più ritocchi manuali

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Imballaggio della merce


AMICI CON LE ALI di Aldo Tonelli

Il primo canto del cuculo una volta era il segnale per lo scioglimento dei contratti agricoli e quindi l’annuncio della primavera inoltrata

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oto è il proverbio “Aprile, dolce dormire” ma uno meno noto è “Quando canta il cucco si dorme dappertutto”. Il Cuculo è un uccello migratore dalle dimensioni di una tortora, che arriva nelle nostre regioni ai primi d’aprile ed annuncia con il suo verso caratteristico “cu-cu, cucù” la primavera inoltrata: in alcune regioni italiane è chiamato cucco, cucù, cuccù. Il suo primo canto era una volta il segnale per lo scioglimento dei contratti agricoli e la tradizione popolare, sempre attenta ai segni della natura, tramanda altri due proverbi: “Co canta el cucco ghe xe da far da par tut”, quando canta il cuculo riprendono i lavori della terra, ma se canta quando gli alberi non hanno ancora messo le foglie, la primavera è ancora da venire “Se canta el cucco a selva nuda, primavera molto cruda”. Il caratteristico canto viene emesso dal maschio, di colore grigio, appena dopo l’arrivo

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nelle zone di nidificazione e ha lo scopo di dichiarare l’occupazione del territorio. Canta solitamente da posatoio ma può farlo anche in volo. Il comportamento riproduttivo è speciale in quanto sono gli unici uccelli europei che non allevano la prole, ma parassitano altre specie. Ogni femmina, a volte di colore rossiccio come i giovani, sorveglia un vasto territorio alla ricerca di nidi in costruzione e individuare così il momento della posa delle uova da parte dell’uccello proprietario. Spesso i maschi vengono inseguiti e mobbati dagli altri uccelli, dato che l’aspetto in volo del Cuculo è molto simile a quello di un loro acerrimo nemico, il rapace Sparviere. Nel momento in cui il nido non è occupato, la femmina, spesso poliandriaca (ovvero che si accoppia con più maschi), ne approfitta per portare via un uovo e deporre velocemente il suo: in una decina di giorni depone circa una ventina Cuculo su posatoio


AMICI CON LE ALI di uova in altrettanti nidi. Le uova hanno colorazione varia ma somigliante a quelle dell’ospite e dopo 12 giorni si schiudono, generalmente prima delle altre. Il pulcino, cieco e nudo, durante i primi giorni si libera delle altre uova gettandole fuori dal nido. Così verrà nutrito e allevato solo lui dagli adulti della specie parassitata, per circa tre settimane nel nido e continueranno a farlo per alcuni giorni anche fuori dal nido, nonostante sia ormai molto più grande dei genitori adottivi. Sono una trentina le specie che possono essere ‘vittime’ del Cuculo, generalmente della grandezza di un passero in su, e i giovani Cuculi da adulti parassiteranno di norma la stessa specie nel cui nido sono nati. Gli adulti ripartono in luglio mentre i giovani partono più tardi e guidati dall’istinto riescono a raggiungere le foreste tropicali dell’Africa, dove sverneranno. Più raro nelle nostre zone, ma più frequente nell’Italia centrale e meridionale, è il Cuculo dal ciuffo che parassita principalmente il nido della Gazza, essendo simile a quest’ultima per dimensione e aspetto ed è capace anche di imitarne il verso. A differenza dell’altro Cuculo, depone più uova nello stesso nido senza asportarne. Così verrà allevato assieme ai fratelli adottivi ma dato che lo stimolo chiave ad alimentare i piccoli è il colore della mucosa che i nidiacei stessi mostrano tenendo il becco ben spalancato, il Cuculo dal ciuffo giovane ha una bocca proporzionalmente più ampia e colorata internamente di arancio vivo: verrà quindi nutrito molto più degli altri, destinati in momenti di carestia a morire di fame. Le due specie di cuculi sono molto utili all’uomo poiché sono tra le poche specie che si alimentano dei bruchi della processionaria del pino e dell’infantria americana, o bruco americano, veri flagelli degli alberi e specialmente delle conifere. Per concludere ricordiamo che se: “Canta el cuco e subia el merlo... sémo fora dall’inverno!”.

Cuculo e Sparviere

Cuculo dal ciuffo giovane

Cuculo giovane Qui sotto Cuculo maschio e femmina


Centro Sportivo

“Le Tre Piume”

AL VIA LA STAGIONE PRIMAVERILE In Europa una struttura così completa per gli amanti del tiro con le armi non esiste e non ne esiste una altrettanto sicura in Italia, infatti, è l’unica che può fregiarsi del marchio sicurezza Coni. Ed è l’unica nella quale oltre ad un servizio impeccabile troverete un ambiente famigliare, accoglienza e una cucina semplice ma ideale per chiudere una giornata tra amici all’insegna dell’allegria e dello sport degli iscritti è già schizzato oltre le 700 prenotazioni, con buoUna stagione si è chiusa e un’altra sta per aprirsi, nel segno delle na soddisfazione delle strutture ricettive del territorio che stanmigliori aspettative - spiegano al Centro Sportivo Le tre Piume no andando verso il tutto esaurito. “I numeri che stanno girando di Agna. Dopo le ultime gare del calendario invernale, chiusosi a grazie a questa importante manifestazione - concludono Giovanni fine febbraio con la finale del campionato individuale e squadre di e Mario - ci riempiono di soddisfazione. Portare economia nel tercompak, dove la tiratrice di casa Paola Cuccarolo ha raggiunto il ritorio è stato uno degli obbiettivi che secondo gradino del podio individuaUna gara internazionale al mese, diversi ci siamo prefissi quando abbiamo le, e la finale del Campionato Italiano di tiro dinamico con la pistola, tutto appuntamenti ormai consolidati e a settembre iniziato a lavorare a questo progetto, ospiteremo i Mondiali di Shotgun, sapevamo che una vetrina importanè pronto per l’avvio della stagione il tiro dinamico con armi calibro 12”. te come quella di un mondiale si saprimaverile ed estiva. “Sarà la più Si tratta di uno degli eventi sportivi importante da quando esiste il Cenrebbe tradotta anche in una concreta più importanti che verranno organizzati tro - spiegano Giovanni e Mario, che opportunità turistica”. Alla cerimonia in Italia quest’anno da 17 anni gestiscono la struttura di di apertura mancano ancora diversi mesi, ma già un assaggio di quanto accadrà a settembre andrà via Costanze - avremo una gara internazionale al mese, diversi in pedana il 16-17 maggio con una gara di preparazione degli appuntamenti ormai consolidati e a settembre ospiteremo i Monattesi mondiali di Shotgun. L’appuntamento più vicino, tuttavia, è diali di Shotgun, il tiro dinamico con armi calibro 12”. Si tratta di quello dei prossimi 25-26 aprile che vedrà impegnati i tiratori nel uno degli eventi sportivi più importanti che verranno organizzati in Campionato Italiano di fascia B di tiro dinamico. Italia quest’anno. Saranno più di 60 le nazioni in lizza e il numero

La tiratrice Paola Cuccarolo difende i colori sociali delle Tre Piume, nel recente campionato individuale di compak ha raggiunto il secondo gradino del podio

Il poliziotto Roberto Vezzoli, iridato nel 2013 sarà sicuramente tra i protagonisti dei mondiali di shotgun di settembre

CENTRO SPORTIVO “LE TRE PIUME” via Costanze, 8 - 35021 Agna (PD)


messaggio pubbliredazionale

Tutti i Campi a disposizione • 8 CAMPI DA TIRO AL VOLO • nel quale ci si può esercitare in discipline olimpiche come la “fossa”, lo “skeet” e il “double trap” oppure le non olimpiche come la fossa universale, il compact sporting o il trap americano e percorso caccia • 15 STAGE PER IL TIRO CON LA PISTOLA • sia statico che in movimento • PIAZZOLE E BERSAGLI • per il tiro con l’arco • LINEE PER IL TIRO AD AVANCARICA • con vecchi fucili dell’Ottocento • 23.000 m2 ATTREZZATI PER IL SOFT-AIR • È stato inaugurato quest’anno il campo con 16 LINEE PER IL TIRO LUNGO, tiro con la carabina a canna rigata da 100 a 200 metri, pensata per gli appassionati delle armi ex ordinanza o per i cacciatori di ungulati. Si tratta di una delle poche strutture di questo tipo presenti in zona.

SPORT E DIVERTIMENTO PER I PIÙ PICCOLI Tra i prossimi impegni del Centro Sportivo Le tre Piume c’è anche l’ospitalità dei giovanissimi studenti, dalla prima elementare alla terza media di Agna. Da giugno a settembre, infatti, la struttura si animerà con i ragazzi che parteciperanno ai “centri estivi” organizzati e gestiti da S-os Educazione Cooperativa Sociale che potrà contare, per il loro intrattenimento, sull’area verde del Centro, dotata di piscina , e di tutti i servizi della struttura di via Costanze.

Orari ORARI TIRO A VOLO dal mercoledì alla domenica dalle 8.30 alle 12.30 e 14.30 alle 19.00 mercoledi sera fino alle 23.00 ORARI TIRO CON ARMI RIGATE mercoledì pomeriggio dalle 14.30 alle 19.00 sabato e domenica dalle 8.30 alle 12.30 e 14.30 alle 19.00

Tutto quello che c’è da sapere del Centro Sportivo “Le Tre Piume”

Definire il centro sportivo “Le tre piume” un poligono, oppure un centro di “tiro sportivo” è molto riduttivo. L’attività che viene svolta in via Costanze ad Agna, infatti, è ben più articolata e coniuga allo sport anche un servizio di ospitalità, con un ristorante che sforna piatti e vini della tradizione locale, e un’area riposo, che estende il piacere di una giornata all’aria aperta anche ai famigliari dei tiratori. Una piccola oasi verde dotata di ogni comfort, infatti, può essere lo svago perfetto per chi alle sagome o ai piattelli ama il relax di una giornata nella natura. Insomma, è il posto giusto in cui passare le domeniche e ovviamente per chi ama lo sport con le “armi” è un vero e proprio parco divertimenti. Non mancano le attività agonistiche con allenamenti e corsi, seguiti dall’occhio vigile e l’esperienza di Giovanni e Mario, per imparare l’antica arte balistica. Tel. 049 9515388 - Fax 049 9519308 - info@letrepiume.it - www.letrepiume.it


CON I PIEDI SOTTO LA TAVOLA di Francesca Antonucci

TUTTI IN TAVOLA sono arrivati gli asparagi! E

cco che cosa dico alla mia famiglia quando finalmente arriva la stagione di questo meraviglioso ortaggio. Peccato che fresco e croccante lo si trovi sui banchi dei mercati o nelle aziende agricole del territorio solo da aprile sino alla fine di maggio. Io comunque non mi faccio di certo scappare l’occasione per servirlo in tavola! Ho una vera passione per la cucina, la salute e lo stretto legame che c’è tra di esse: gli asparagi mi affascinano per il gusto, la versatilità nelle ricette e le qualità nutrizionali. Gli asparagi sono i germogli dell’Asparagus Officinalis: in commercio siamo abituati a trovarne di diverse qualità ma esse differiscono tra loro soprattutto per l’aspetto, il sapore ed il terreno di coltivazione. Dal punto di vista strettamente nutrizionale invece non presentano differenze sostanziali. Sono ortaggi ricchi di vitamine A, C e alcune rappresentanti del gruppo B, come tiamina e riboflavina. Purtroppo, come accade anche per altri vegetali il corredo vitaminico viene in buona parte “distrutto” dalla cottura. Questa consapevolezza è indispensabile per ricordarsi di consumare ogni giorno anche frutta e ortaggi crudi. Gli asparagi anche cotti rimangono ugualmente un concentrato di virtù: soprattutto mantengono inalterate le loro note proprietà diuretiche e lassative, che ne fanno dei naturali detossificanti. Questa caratteristica è da non sottovalutare soprattutto all’inizio della primavera quando abbiamo realmente bisogno e voglia di sentirci più “leggeri”. Gli asparagi riducono il ristagno dei liquidi e dunque sono un valido sostegno anche per combattere la cellulite: l’effetto drenante è dovuto al favorevole

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rapporto di concentrazione potassio verso azoto ed alla elevata quantità di asparagina, un amminoacido non essenziale estremamente utile anche se davvero “maleodorante”. Consumati crudi gli asparagi sono anche un’ottima fonte di sali minerali, soprattutto fosforo, calcio e potassio: purtroppo anche questi micronutrienti si “disperdono” nell’acqua di cottura. La lessatura per fortuna non incide sull’elevato contenuto di fibre, tanto importanti per il benessere dell’intestino. Come tutte le piante officinali, ossia con note proprietà medicinali, anche gli asparagi hanno qualche contro indicazione: non sono indicati nella dieta di chi soffre di gotta, perché contengono elevate quantità di purine che questi pazienti non sono in grado di smaltire. LA PREPARAZIONE E LA COTTURA 1. Lavare i germogli. 2. Tagliare gli ultimi 2-3 cm del gambo, in pratica la porzione più dura, con un coltellino affilato. 3. Eliminare la parte più coriacea della corteccia con un pelapatate, in genere basta “pulire” la metà inferiore del gambo. 4. Lessare gli asparagi nell’apposita “asparagera”, una pentola “alta e stretta”. I germogli cuociono “in piedi” immersi per i ⅔ della lunghezza nell’acqua: rimangono fuori le punte che cuoceranno solo con il vapore che si sprigiona durante l’ebollizione dell’acqua. 5. Lasciare cuocere per 12-14 minuti a fiamma medio alta prima di scolare.


CON I PIEDI SOTTO LA TAVOLA

GLI ASPARAGI E LE UOVA

Difficoltà: bassa

Disponete gli asparagi a raggiera su un piatto da portata, quindi sgusciate le uova sode e dividetele a metà, oppure tagliatele a “rondelle” con un coltellino affilato. Distribuite le uova sopra gli asparagi e condite con pepe macinato fresco, poco sale e l’olio extravergine di oliva. In un menu completo ed equilibrato una piatto di asparagi ed uova rappresenta il secondo: apporta per porzione 9.9 g di carboidrati, 18.2 g di proteine e 15.8 g di grassi. Per come noi italiani siamo soliti comporre i menu il secondo è la portata che contiene più proteine: in questa ricetta il ruolo è assolto dalle uova, uno per porzione per soddisfare il gusto senza eccedere.

Preparazione: Cottura: 30 minuti 30 minuti Ingredienti per 4 persone 4 uova sode 1,2 kg di asparagi lessati 4 cucchiai di olio extra vergine di oliva pepe macinato fresco poco sale

Un piatto due occasioni IL PIC NIC CON GLI ASPARAGI In un’occasione “fuori porta” il menu dev’essere leggero e trasportabile: per gli aspargi ed uova andrà bene un contenitore piatto, e un buon accorgimento è quello di evitare il primo e portare con sé una focaccia morbida alle olive e un contenitore di carote alla julienne. Una porzione di circa 100g di pan focaccia all’olio, senza fonti di grassi saturi sarà davvero una sana e valida sostituzione di un primo!

UN GIORNO DI FESTA CON GLI ASPARAGI Un menu più strutturato per fare bella figura in tavola, anche con gli ospiti, potrebbe prevedere oltre alla classica portata asparagi e uova anche un primo ed un contorno: un caldo risotto con funghi e asparagi ed una leggera ma creativa insalata di carote, pere e origano condita con qualche goccia di aceto balsamico. Ed il pane? Senz’altro in un menu trova sempre posto, basta ricordare che 50 g di pane comune non condito dovrebbero sostituire circa 30 g di riso, e non essere serviti in aggiunta.

DIETA MEDITERRANEA EQUILIBRATA Tutti parlano di dieta mediterranea, ma pochi sono quelli che lo fanno correttamente, generando perciò in chi legge una certa confusione. Per la maggior parte di noi significa mangiare molta frutta e verdura, un po’ di tutto e condire per lo più con olio extra vergine di oliva. Tutte queste definizioni omettono l’essenziale significato e valore del concetto di dieta mediterranea che ha tutti i suoi benefici per la salute se e solo se: ogni giorno assumiamo le calorie che ci servono dal 55-60% di carboidrati, 10-15% di proteine e 25-30% di grassi. Senza entrare in una meticolosa serie di dettagli può bastare sapere che un adulto sano a cui servono circa 200 kcal al giorno ha bisogno di pranzi e cene che apportino per pasto 92.5 - 105 g di carboidrati, 18.4-30.9 g di proteine e 2429 g di grassi. Le ricette di tutte le portate di un menu vanno scelte con attenzione: serviranno a costruire con equilibrio il menu, tenendo conto anche della giusta creatività e necessaria soddisfazione in base all’occasione.

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Affiliato: CASA 5 S.R.L. Via Colli Euganei, 108 35041 Battaglia Terme (PD)

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Tel. 049 910.12.12

PERNUMIA - GALZIGNANO TERME - BATTAGLIA TERME - ARQUÀ PETRARCA Sono Giada, ho 31 anni, e da nove anni opero nei territori di Battaglia Terme, Galzignano Terme, Valsanzibio, Arquà Petrarca e Pernumia, come CONSULENTE IMMOBILIARE. L’esperienza pluriennale in questi paesi e la passione che nutro per il mio lavoro, mi hanno permesso di conoscere le esigenze delle persone che ci vivono e di trovare la soluzione più adatta a chi ha deciso, a volte con molti sacrifici, di affidarsi a me e al mio gruppo di lavoro per essere seguito in tutte le fasi della compravendita, momento che considero fondamentale nella vita di ognuno. Il mercato immobiliare ha subìto negli ultimi anni un drastico cambiamento, non solo sotto un punto di vista economico, ma anche burocratico. Oggi non si vende più facilmente come qualche anno fa, di fatto la mancanza di denaro, le difficoltà ad accedere al mutuo, e la poca fiducia nel sistema, sono sicuramente da considerarsi tra le cause principali; comprare casa resta, in ogni caso, un fatto essenziale e avere un professionista che vi sappia consigliare ascoltando le vostre parole e i vostri sentimenti, prestando garanzia sulla verifica dei documenti dell’immobile e delle parti, che appuri la regolarità urbanistica, e che faccia un analisi sui vincoli come ipoteche e servitù, è oggi un aspetto da prendere in considerazione vista l’entità dell’operazione. Per qualsiasi informazione mi potete scrivere al seguente indirizzo mail giadaalessandrin.tecnocasa@gmail.com sarò lieta di rispondere alle vostre domande e a cercare la vostra futura casa! Seguiteci anche su Facebook alla pagina “Agenzia Tecnocasa Battaglia terme” Grazie dell’attenzione e a presto! Giada Ogni Agenzia ha un proprio titolare ed è autonoma

BATTAGLIA TERME Appartamento con ingresso semindipendente in palazzina di 3 unità, ristrutturato nel 2007. Dispone di cucina abitabile, tre terrazzi, tre camere da letto matrimoniali, cantina e garage. Scoperto di proprietà. In centro al paese. € 110.000

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Affiliato: ELLE 5 S.R.L. Via Roma, 24 - 35025 Cartura (PD) (a fianco ufficio postale)

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Tel. 049 95.56.602 DUE CARRARE - CARTURA - SAN PIETRO VIMINARIO - CONSELVE

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Salve a tutti, sono Vernuccio Luca, ho 33 anni e lavoro da 10 anni alla Tecnocasa. Sono iscritto al ruolo degli agenti in affari e mediazione al n. 2167 presso la Camera di Commercio di Padova. In tutti questi anni di lavoro nel territorio di Due Carrare e Cartura ho avuto la possibilità di conoscere numerose persone che mi hanno dato l’opportunità, riconoscendomi piena fiducia, di avviarmi in questa attività. La mia avventura pensate parte insieme alla mia famiglia in quanto anche noi abbiamo deciso di affidarci all’agenzia Tecnocasa di Due Carrare per la vendita della nostra vecchia abitazione. Ero un vostro compaesano e dopo la vendita del nostro immobile in poco tempo e con la massima professinalità da parte degli agenti Tecnocasa mi sono avvicinato a questa realtà tanto da entrarne a far parte. I primi periodi sono stati molto impegnativi, ma attraverso la struttura organizzativa che Tecnocasa ci offriva e ci offre tuttora sono cresciuto sia personalmente che professionalmente tanto che nel Gennaio 2008 da semplice Agente Immobiliare sono diventato il responsabile dell’ufficio. Ad oggi mi occupo personalmente di tutte le compravendite della nostra agenzia e posso ritenermi pienamente soddisfatto in quanto la nostra agenzia ha saputo ritagliarsi una buona fetta del mercato immobiliare. Quindi se sei un ragazzo giovane dai 20 ai 35 anni o se conosci qualcuno che sta cercando lavoro diplomato e automunito non esitare nel chiamarci, tutti hanno le stesse opportunità di crescere, lavorare, guadagnare e fare carriera. Luca

Ogni Agenzia ha un proprio titolare ed è autonoma

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CARTURA: Appartamento al primo piano con ingresso indipendente. Soggiorno con angolo cottura e due camere da letto matrimoniali. Tetto travato a vista. In fase di ristrutturazione. APE: N.D.; IPE: N.D. € 87.000

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