ARMONIE DI CANTIERE Restauri nella chiesa di Santa Croce e San Bernardino a Cavallermaggiore
Confraternita di Santa Croce
Confraternita di Santa Croce
Comune di Cavallermaggiore
ARMONIE DI CANTIERE Restauri nella chiesa di Santa Croce e San Bernardino a Cavallermaggiore
ARMONIE DI CANTIERE Restauri nella chiesa di Santa Croce e San Bernardino a Cavallermaggiore
Una produzione Confraternita di Santa Croce - Cavallermaggiore Consorzio San Luca - Torino A cura di Luca Emilio Brancati Cesare Matta
Contributi di Maurizio Aceto Angelo Agostino Giuseppe Brunato Walter Canavesio Michele Curiotto Gaia Fenoglio Silvia Gazzola Marina Locandieri Giuseppe Milanesio Antonio Parodi Davide Pegoraro Marialuce Reyneri di Lagnasco Carla Tricerri Michelangelo Varetto
Elaborati Grafici Studio Reyneri Architetti - Torino Stampa Studio Gaidano & Matta - Chieri Si ringrazia per la collaborazione Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Torino, Asti, Cuneo, Biella, Vercelli. Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte. ed inoltre Associazione Conservare per Innovare - Piscina Diagnostica Beni Culturali Sinopia - Torino Filarmonica del ‘900 Michele Baravalle Luigi Revelli
Fotografie Cesare Matta Consorzio San Luca - Torino Marialuce Reyneri di Lagnasco Ideazione grafica e impaginazione Studio Gaidano&Matta - Chieri (Angelo Gaidano - Xavier Narduzzi)
COPYRIGHT - Confraternita di Santa Croce - Consorzio San Luca - Torino 2012
Indice
Presentazione Michele Curiotto 5 Don Giuseppe Brunato 7 Antonio Parodi 9 Prefazione Silvia Gazzola, Walter Canavesio 11 Cronologia storica della chiesa di Santa Croce e San Bernardino Davide Pegoraro, Giuseppe Milanesio e Marialuce Reyneri di Lagnasco 13 La chiesa di Santa Croce e San Bernardino: il restauro di un capolavoro nascosto Marialuce Reyneri di Lagnasco 17 Conoscenza, la strada per la conservazione Marina Locandieri, Carla Tricerri, Michelangelo Varetto 25 I pigmenti nel ciclo pittorico Maurizio Aceto, Angelo Agostino, Gaia Fenoglio 33 Appendice La Confraternita di Santa Croce Giuseppe Milanesio 36 Tabula gratulatoria
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Con grande soddisfazione possiamo finalmente presentare ai cittadini di Cavallermaggiore il restauro degli affreschi della cupola della chiesa dei Battuti Bianchi, dedicata a Santa Croce e a San Bernardino. I lavori di restauro, curati nei minimi particolari, sono durati oltre un anno. Oggi questo importante edificio di culto è tornato al suo originario splendore. Siamo molto orgogliosi di aver contribuito a salvaguardare il patrimonio storico - artistico della nostra città. A nome dei confratelli e delle consorelle colgo l’occasione per ringraziare gli enti, le attività commerciali e artigianali e i privati cittadini che hanno contribuito con generosità alla realizzazione del restauro, nella speranza che l’impegno oggi profuso sia di stimolo ai giovani: possano guardare al domani con fiducia e serenità senza dimenticare il passato. Sento il dovere di rivolgere infine un ringraziamento particolare al dottor Walter Canavesio della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici e all’architetto Silvia Gazzola della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per la loro costante e proficua supervisione dell’intervento in corso e a tutti gli operatori, ditte, tecnici, professionisti che hanno reso possibile il successo dell’iniziativa, lavorando con costante dedizione ed entusiasmo. Il presidente della Confraternita di Santa Croce Michele Curiotto
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Non c’è dubbio che la chiesa della confraternita di Santa Croce – comunemente detta, nel linguaggio quotidiano, “dei Battuti Bianchi” – per la nostra cittadina di Cavallermaggiore rappresenta – artisticamente parlando – un’opera di “eccellenza”. Diversi sono i testi di storia locale che – parlando degli avvenimenti del passato e delle realtà di questo Comune – dedicano non poche pagine alla confraternita di San Bernardino. Ne descrivono l’origine... la storia... le varie donazioni ricevute... Soprattutto illustrano l’edificio... voluto e finanziato... nella metà del 18° secolo, dall’Abate Filippi di Baldissero – sacerdote di nobile e ricca famiglia del luogo – il quale con acuta intuizione commissionò il progetto all’architetto Francesco Gallo di Mondovì.
dell’umidità che nel passato si era infiltrata dal tetto... si sono così nuovamente resi vivi e visivamente caldi i colori dell’insieme della grandiosa opera. Apprezziamo ed applaudiamo il “coraggio” dell’iniziativa. Anche in questa maniera si dimostra di “avere a cuore” il proprio paese... Auspichiamo che serva di esempio e di sano “contagio” anche per gli indispensabili restauri degli altri edifici di culto presenti nel tessuto urbano e rurale di Cavallermaggiore. Il parroco Don Giuseppe Brunato
Chiunque entri in questa chiesa – per quanto digiuno di senso artistico – alzati gli occhi alla maestosa cupola, mentre ammira il ciclo di affreschi che la rivestono, rimane profondamente ammirato ed anche stupito per la bellezza architettonica ed armonica della costruzione, per le rappresentazioni e per la genialità dei pittori Pozzo che la decorarono, esprimendo su quelle pareti il meglio della loro arte. Per la verità tutta la costruzione presenta pregevoli opere artistiche. E non solo pittoriche, ma anche di splendide sculture in legno. Per non tacere degli splendidi mobili che addobbano la sacrestia. Essa è tutta segno e documento di un cospicuo “passato” di notevole gusto ed importanza artistica del nostro paese. Plauso pieno e profonda riconoscenza ai membri della confraternita dei Battuti Bianchi che – nei mesi scorsi – si sono assunti l’impegno e l’onere di un fondamentale e completo restauro degli affreschi del ciclo decorativo della cupola, facendo ripulire, rinnovare e riportare – con estremo rigore – le pitture al loro stato originale. Tolta la polvere che negli anni si era depositata... levate le tracce 7
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San Bernardino (particolare)
Cari concittadini, siamo nel 1737 quando l’abate Filippi dei Conti di Baldissero volle costruire una nuova chiesa per la Confraternita di Santa Croce, (detta poi dei “Battuti Bianchi”) la cui edificazione venne però sospesa per mancanza di fondi. È stato scritto che punto nell’amor proprio per una satira, fece riprendere i lavori completandoli nel 1743 a sue spese. La bellissima chiesa di Santa Croce e San Bernardino è la testimonianza di opere meravigliose, frutto dei più rinomati artisti e architetti di quel periodo. Era sicuramente difficile restare indifferenti innanzi ad opere così belle e importanti che davano segnali preoccupanti di degrado. Nel 2010 un nutrito gruppo di consorelle e confratelli della Confraternita di Santa Croce con altre persone amanti tra l’altro delle opere d’arte, hanno avviato con grande fervore la ricerca di fondi, percorrendo tutte le strade possibili, coinvolgendo privati, fondazioni, banche, istituzioni, etc… Alla fine il risultato ha premiato le iniziative intraprese al punto di riuscire a coprire praticamente tutte le spese del restauro. A queste persone e a tutti i donatori che hanno permesso con la loro generosità e sensibilità il coronamento di un sogno, far ritornare a splendere l’amata confraternita con le sue opere, van tutti i miei sinceri sentimenti di gratitudine e stima. Il sindaco Cav. Antonio Parodi
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Prefazione Silvia Gazzola1, Walter Canavesio2
A conclusione del primo lotto di interventi di restauro all’aula della chiesa di Santa Croce di Cavallermaggiore, gli enti di tutela non possono che condividere la volontà dei confratelli e di tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito alla realizzazione di un recupero non solo doveroso nei confronti della storia della città, nel suo aspetto particolare della devozione laicale, ma anche per la storia dell’arte cittadina, e di tutto il Settecento piemontese, perché, non dimentichiamolo, la chiesa è un punto di riferimento da sempre per gli sviluppi del barocco a scala molto ampia, addirittura sopraregionale. Si pensi ad esempio alle maestranze luganesi che hanno operato alla cupola, la complessa dinastia dei Pozzo di Puria, in Valsolda, oggi in fase di nuove riscoperte ed indagini dopo studi originali sinora solo in parte confluiti in importanti recenti volumi sui luganesi in Piemonte. Per questo motivo il restauro assume un carattere di conoscenza e di attualità non secondario per la vicenda dei Pozzo, i quali, con le loro botteghe intrecciate di pittori di figura e pittori di quadratura, hanno in fasi diverse operato su gran parte del nostro territorio e, con significative presenze, anche in provincia di Cuneo. Si tratta di un’attività capillare che va ad arricchire, nel complesso della loro vicenda, le presenze ben testimoniate nelle residenze sabaude. La stretta compartecipazione fra architetto e pittori si delinea nella confraternita cavallermaggiorese con particolare interesse, perché qui decorazione pittorica ed architettura si compenetrano a più livelli sino ad ottenere un’omogeneità di incastro non presente in altri cantieri di Francesco Gallo, l’autore della chiesa di Santa Croce. Come sempre, quindi, un restauro impegnativo apre strade nuove alla ricerca e porta acqua al mulino, oggi ben avviato, della riscoperta di questi plessi architettonico-pittorici di notevole livello culturale. Ma i restauri, si sa, forniscono dati grezzi, che avranno bisogno per il futuro di essere completati da un’accurata ed ampia rilettura di documenti originali sino a ricomporre il puzzle di eventi date e personaggi che ne sono stati protagonisti, primo fra tutti l’abate Giovanni Battista Filippi di Baldissero, che volle e realizzò a sue spese, con generoso omaggio, questo bellissimo gioiello del barocco piemontese. Attorno a questa figura si riconosce una società cittadina perfettamente in grado di accettare e godere con orgoglio di questo frutto aggiornato e, come dicevano i trattatisti settecenteschi, “scherzante”. Quando si penserà a dar
conto con una pubblicazione adeguata al lavoro oggi solo parzialmente concluso, ci vorrà perciò anche il contributo di storici della comunità e di storici della religione, che si occupino di quell’aspetto particolare, così vivo in Piemonte, dell’associazionismo laicale, per completare ed integrare i dati storico-artistici nel tessuto più intimo della città, quello della sua storia e delle sue radici umane, dove le volontà, le speranze, i desideri si sono concretate in oggetti che, scherzanti o grandiosi, erano pur sempre e prima di tutto edifici di servizio, intesi ad un aiuto concreto e solidale nel corpo sociale della comunità. È una peculiarità del Piemonte l’esistenza per tutto il Settecento di presenze di alto contenuto culturale fuori dagli itinerari abituali, lontano dai centri più importanti e lontani anche dalle residenze direttamente condizionate dalla corte torinese, queste ultime spesso su linee di retroguardia rispetto alle sperimentazioni vere, che, dopo la fase guariniana e juvarriana, si espressero fuori da quel mondo ricco ma divenuto un po’ autoreferenziale. Persino l’architetto del re Benedetto Alfieri cercherà il suo capolavoro in una complessa visione illuminista nella chiesa di Carignano, lontana dai clamori e dalle ingessature delle residenze, ed il vecchio Francesco Gallo, solido e potente architetto di scuola deliziosamente attardata sui modelli di Antonio Bertola, saprà misurarsi con entusiasmo creativo davanti alle novità romane portate da Juvarra a Torino, e lo farà alla Trinità di Fossano e con Santa Croce di Cavallermaggiore. L’opera di restauro a tutt’oggi non è ancora finita, manca la parte basamentale, il luogo dove l’architettura si fa sentire di più, con le membrature e gli stucchi, e dove si prepara la meraviglia del trapasso al mondo svolazzante e luminoso della cupola: ci vorranno nuove forze e nuovi finanziamenti, ed un nuovo impulso da parte della popolazione per veder compiuta l’opera, per vedere, cioè, perpetuarsi ancora per molto tempo la meraviglia, quella stessa meraviglia che già accolse in un momento ormai a noi lontano e pure così presente e vivo, i confratelli e tutti i cittadini di Cavallermaggiore nell’attimo del suo primo glorioso scoprimento. Architetto, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Torino, Asti, Cuneo, Biella, Vercelli 2 Storico dell’arte, Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte 1
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Cronologia storica della chiesa di Santa Croce e San Bernardino a cura di Davide Pegoraro, Giuseppe Milanesio e Marialuce Reyneri di Lagnasco
1461 Primo accenno alla Compagnia dei Disciplinati con finalità assistenziali e religiose. 1523 La Confraternita viene beneficiata dal lascito testamentario di Bernardino Caramelli, pievano di Santa Maria della Pieve, concernente la cascina detta poi “Caramelli “ o “Tetti dei Battuti”. 1533 Fondazione della Compagnia di Santa Croce. Seconda metà del ‘500 La Confraternita costruisce un piccolo Oratorio di San Bernardino all’interno delle mura, vicino alla Porta Sottana. Fine ‘600 - inizio ‘700 Dopo una lunga serie di eventi bellici, aumento demografico, riorganizzazione della vita pubblica, fervore edilizio in Cavallermaggiore, volontà di rinnovamento e conseguente trasformazione della città. 1711 La Comunità di Cavallermaggiore approva la proposta della Compagnia di San Bernardino di istituire un ospedale da gestire con i proventi del legato Caramelli.
numero crescente di confratelli) e perizia della costruzione esistente. 1737 L’abate Giovanni Battista Filippi dei Conti di Baldissero commissiona il progetto per una nuova chiesa per la Confraternita di Santa Croce a Francesco Gallo (1672-1750). 1743 Data di fine lavori, riportata sull’epigrafe soprastante l’organo e sulla parete dipinta ( figura sotto). 1775 Costruzione dell’altare maggiore ad opera di Andrea Vaj di Savigliano. 1810 Posa in opera del pavimento in pietra di Barge da parte di Giuseppe Corsero di Barge. 1814 Lo scultore di legno e marmo Giovanni Maria Fossati di Racconigi realizza la porta d’ingresso alla chiesa, la balaustra e i gradini dell’altare in marmo di Valdieri, prezzo complessivo di L. 900.
1717, 19 maggio Editto regio per stabilire Ospedali generali in tutti i comuni dello Stato Sabaudo. Si separa l’assistenza degli indigenti dalla cura dei malati, con edifici specifici. 1722 Avviene il passaggio di consegne dalla Confraternita alla Congregazione di Carità non solo del patrimonio immobiliare ma soprattutto di obiettivi tra cui vi era quello ospedaliero. 1726 Primi contatti tra Francesco Gallo e la “Molto illustre Comunità di Cavaller Maggiore”. 1733, 14 aprile Stima dei costi necessari alla costruzione di una nuova chiesa per la Confraternita di Santa Croce (essendo ormai l’oratorio di grandezza insufficiente per il 13
1822, 11 marzo Fusione della campana ad opera dei fratelli braidesi Giuseppe e Antonio Vallino, per L. 31. 1845 Costruzione dell’organo per mano dell’architetto Carlo Vittino, originario di Netro nel Biellese, ma con laboratorio a Centallo, modellando una cassa preesistente. 1958 Sostituzione della lamiera e della struttura lignea di supporto della lanterna sulla cupola, entrambi deteriorati dal tempo e dalle incursioni aeree della Seconda Guerra Mondiale. 1961 Sostituzione delle due campane; sostituzione del telaio di sostegno in legno con struttura in ferro; sostituzione pavimento della cella campanaria con soletta in cemento armato. 1976 Rifacimento della copertura della cupola con la sostituzione delle travi gravemente danneggiate dalle infiltrazioni d’acqua. Finanziamento ottenuto grazie al contributo del Gruppo Alpini di Cavallermaggiore, alla raccolta di fondi fra la popolazione (gestita dagli stessi alpini) ed al contributo della Confraternita (totale 7.611.650 lire). 1977 Dedicazione della chiesa ai caduti militari e civili di tutte le guerre e posa della lapide sul piazzale antistante. 1979 Installazione impianto antifurto (lire 2.500.000, finanziamento erogato della Regione Piemonte). 1979 Restituzione della tela raffigurante S. Bernardino con la croce dopo il restauro a carico della Soprintendenza di Torino. Il medesimo giorno fu ritirato per il restauro il quadro della “Crocifissione” posto nel coro (finanziamento erogato della Regione Piemonte). 1988 Restauro della copertura metallica del lanternino; sostituzione di una parte della copertura in coppi nell’angolo che si forma tra il tetto del coro ed il campanile con una lastra di rame per evitare il continuo 14
intasamento delle gronde da parte dei piccioni (lire 10.000.000 finanziamento erogato dal Comune e lire 187.760 erogati dal Comitato per la Tutela del Patrimonio Artistico di Cavallermaggiore). 1989 Manutenzione degli apparati lignei del coro e della sacrestia. Il Comitato Permanente per la Tutela del Patrimonio Culturale di Cavallermaggiore si è occupato della catalogazione e sistemazione dell’archivio della Confraternita. 1990 In occasione delle festività natalizie: mostra di presepi all’interno della chiesa con possibilità di visite guidate al coro ed alla sacrestia. 1991 Ripassatura della copertura in coppi della cupola (lire 855.000 a carico della Confraternita). Sostituzione dell’impianto antifurto con finanziamento erogato dal Comune. 1992 Approvazione dei nuovi statuti della Confraternita di S. Croce da parte del cardinale Giovanni Saldarini. Elezione del consiglio direttivo e degli organi istituzionali secondo quanto dettato dai nuovi statuti. Ripassatura del tetto del corridoio Nord (lato campanile). Consegna dei camici bianchi ai confratelli. I confratelli hanno ripreso a partecipare alle processioni cittadine. 1993 Realizzato l’inventario fotografico di tutto l’apparato mobile (296 fotografie) con rilievo dimensioni e breve descrizione dei particolari. Intervento di manutenzione nella parte alta della facciata: fissaggio delle “bargioline” che rivestono le lesene e incollaggio delle fiaccole in pietra incrinate. In tale occasione sono state calate le due statue in terracotta della facciata perché molto deteriorate e pericolanti e portate all’interno della chiesa in attesa di un restauro. 1995 Riparato e restaurato l’organo installato nel 1845 da Carlo Vittino di Centallo. I lavori interessano la
pulitura dei somieri e delle canne, la verifica della tenuta d’aria, la riparazione della membrana in pelle d’agnello del mantice, la pulizia e l’inceratura della pedaliera, il ripristino del registro dei campanelli, disattivato in epoca “ceciliana”, l’accordatura dello strumento (i lavori si sono conclusi nel 1996 e sono stati eseguiti da Mario Garneri). 1996 La Confraternita si mette in contatto con il prof. Lerda, docente di Discipline Plastiche presso il Liceo artistico di Cuneo Ego Bianchi per proporre alla scuola un intervento di restauro delle statue della facciata. Vista la difficoltà al restauro si è concordato di realizzare delle copie in vetroresina. 1997 Esposizione delle copie delle statue in vetroresina all’interno della chiesa con mostra fotografica inerente le fasi salienti della costruzione realizzata dalla Confraternita e dal Liceo artistico di Cuneo. Collocazione delle copie delle statue sulla facciata. Nel periodo natalizio: mostra del giocattolo d’altri tempi. 1998 Poiché periodicamente si rende necessario far intervenire un’impresa per riparare il tetto della cupola dalle infiltrazioni d’acqua, si è deciso di affidare all’arch. Nicola Solavaggione il progetto di recupero della copertura per risolvere in modo definitivo il problema. Nel periodo natalizio: mostra dei Presepi dal Mondo (Michele Sola). 1999 Stesura del progetto per il restauro della copertura, con le domande di autorizzazione e le richieste di contributi. Visita da parte degli allievi del Corso quadriennale di arte sacra cuneese (patrocinato dal Centro servizi pastorali provincia di Cuneo “Mons. Biglia”, dal Servizio Beni Culturali Ecclesiastici Diocesi di Cuneo, dalla Società per gli studi Storici Archeologici ed Artistici di Cuneo). 2000 Dopo la prematura morte dell’arch. Nicola Solavaggione il progetto di restauro della copertura
viene affidato all’arch. Gianfranco Riviera. I lavori iniziano a novembre. Durante il periodo delle festività natalizie: mostra fotografica sui lavori di restauro in corso. 2001 Completati i lavori di restauro copertura cupola, degli intonaci esterni della lanterna e del campanile e rifacimento delle decorazioni; installato sistema elettrico di allontanamento piccioni (speso 131.107.911 lire con contributi del Comune di Cavallermaggiore; della Fondazione CRT; della Compagnia di S. Paolo; del Credito Cooperativo di Cherasco; della Fondazione CRS; della Regione Piemonte; della Rolfo S.p.A. e della ditta Ghemar). Mostra fotografica itinerante delle opere architettoniche di Francesco Gallo organizzata dalla Provincia di Cuneo e dal Politecnico di Torino II Facoltà di Architettura di Mondovì. Concerto di musica barocca per celebrare il completamento dei lavori di restauro (Interpreti: Caruana Alessandro e Testa Annarita tromba; Garneri Antonio violino; Garneri Mario organo). L’associazione “Mania” di Savigliano, diretta da Giuseppe Porcu, ha rappresentato un’originale spettacolo teatrale all’interno della chiesa in cui si immaginava l’arch. Francesco Gallo intento a progettare ed a dirigere la costruzione dell’opera. Gli spettatori venivano accompagnati a turno dagli attori a scoprire le meraviglie presenti. Realizzazione del libro “La confraternita dei Battuti Bianchi” e presentazione, in occasione dell’inaugurazione della Mostra del libro di Cavallermaggiore, da parte del curatore prof. Enrico Genta Ternavasio. 2002 Realizzazione di un pieghevole da distribuire ai visitatori ed agli uffici turistici. Rifacimento impianto elettrico e d’illuminazione della chiesa. Visite guidate dei partecipanti all’iniziativa “Rivelazioni Barocche” 2002 organizzata dalla Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti nei giorni 31 agosto; 7, 21 e 28 settembre; 12 e 19 ottobre. Nelle festività natalizie: mostra fotografica del cavallermaggiorese Giovanni Gattino. 15
Mostra del Giocattolo antico in collaborazione con il Museo del Giocattolo di Bra. 2003 Realizzazione di una mostra di presepi durante il periodo natalizio. Espositori: Michelangelo Pulcioni (Associazione Amici del Presepio di Assisi), Bruno Pellegrino (Associazione Amici del Presepio di Cavallermaggiore). 2006 Sostituzione dell’impianto antifurto. 2007 Concerto di musica Jazz in occasione della chiusura della Mostra del libro di Cavallermaggiore. 2008 Apertura per visite guidate a cura dell’Associazione Terre dei Savoia. Settembre 2008 mostra di presepi e visita della chiesa da parte dei partecipanti al convegno dell’Associazione nazionale Amici del Presepio. In occasione della Mostra del libro di Cavallermaggiore esposizione dedicata ai 100 anni dalla nascita di Cesare Pavese. 2009 Affidamento d’incarico per il progetto di restauro conservativo della chiesa all’architetto Marialuce Reyneri di Lagnasco. 2010 18 giugno: serata di presentazione del progetto di restauro delle superfici affrescate interne, brani musicali eseguiti dal gruppo strumentale “In sono tubae”, Marco Garneri all’organo e Marco Bellone e Annarita Testa alla tromba. Mostra di stampe sulla Sindone a cura di Giuseppe Reviglio della Venaria. Incarico al Consorzio San Luca di Torino per i lavori di restauro alle superfici affrescate della cupola. Novembre 2010: installazione dei ponteggi. 2011 Gennaio: inizio lavori di restauro delle superfici affrescate della cupola. 22 giugno: serata dedicata all’illustrazione dei lavori di restauro degli affreschi con possibilità di accesso ai 16
ponteggi per vedere “da vicino” lo stato di avanzamento lavori. 21 agosto: possibilità di accesso ai ponteggi per vedere l’avanzamento dei lavori di restauro, accompagnati dai confratelli. 10 settembre: è mancato Orazio Curiotto che per 40 anni ha operato per la Confraternita con semplicità e dedizione. 6 novembre: cantiere aperto con possibilità di accesso ai ponteggi per vedere l’avanzamento dei lavori di restauro, in serata al Santuario concerto dei Maestri del Teatro Regio di Torino finalizzato alla raccolta di fondi per la conclusione del restauro, organizzato dall’associazione Susa Culture. 2012 Marzo: chiusura lavori di restauro. 19 maggio: presentazione dei restauri con la partecipazione dei Maestri del Teatro Regio di Torino.
La chiesa di Santa Croce e San Bernardino: il restauro di un capolavoro nascosto Marialuce Reyneri di Lagnasco1
La chiesa di Santa Croce e San Bernardino è un vero e proprio gioiello nascosto, frutto delle eccellenti capacità progettuali dell’architetto Francesco Gallo, il quale grazie alla perfetta sintonia con i pittori della famiglia Pozzo, interpellati per quest’opera, è riuscito a farne un vero e proprio capolavoro del Barocco piemontese, uno di quei beni minori di cui il nostro territorio è ricchissimo, testimonianza dell’eccezionale livello artistico raggiunto nel ‘700 in questa area, sui quali vale davvero la pena di concentrare gli sforzi per un recupero e una valorizzazione che possa trasformarli in preziosi oggetti di sviluppo culturale e turistico per il territorio.
dei quali porta su di un cartiglio una citazione tratta dalle proprie scritture. Nella cupola è rappresentata una folla di personaggi sorretti da nembi, in una sorta di spirale che si innalza verso la lanterna finale. Nel gruppo al di sopra dell’altare maggiore è riconoscibile San Bernardino, affiancato da San Giovanni Evangelista, San Luca, San Paolo e Sant’Agostino, sulla nube più alta, sorretta da angeli, San Giuseppe e San Giovanni Battista; al di sopra dell’altare laterale di Santa Croce sono raffigurati Davide insieme ad un vescovo non ben identificato e San Carlo Borromeo; dalla parte opposta San Lorenzo, una figura vescovile e due figure femminili in abiti monacali.
La chiesa appartiene da sempre alla Confraternita di Santa Croce di Cavallermaggiore, anche detta dei Battuti Bianchi per i camici bianchi che vengono ancora oggi indossati dai suoi iscritti durante le processioni. Fu edificata nel decennio tra il 1734-1743 per volere dell’abate Giovanni Battista Filippi di Baldissero, per la necessità di avere un luogo adatto a riunire il numero sempre crescente di confratelli. Il progetto venne affidato all’architetto monregalese Francesco Gallo, aiutato nella pittura interna dall’abile maestria di giochi prospettici e chiaroscurali dei decoratori luganesi Pozzo (i fratelli Pietro Antonio, Gian Pietro e Giovanni Battista), i quali attraverso i segreti della pittura prospettica, arrivarono a rendere quasi impercettibile il passaggio tra realtà e finzione. La struttura narrativa delle pitture si suddivide in due ordini prima di giungere al suo completo compimento nella cupola ellittica. Nel primo, l’architettura si apre in tre grandi arcate che contornano i due altari laterali e l’altare maggiore. Ai lati di ciascuna arcata si slanciano due imponenti colonne decorate a finto marmo. La decorazione si arricchisce di stucchi e rilievi che culminano con il cornicione che conclude il primo ordine. Il tamburo, illuminato da sette finestroni, tre rettangolari e quattro ellittici, è concepito come una struttura architettonica complessa in cui gli sbalzi e la decorazione si compenetrano in un gioco di realtà e finzione pittorica di altissima qualità. Spiccano nel tamburo le raffigurazioni di quattro profeti, ciascuno
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La lanterna culminante sopra la cupola è invasa dalla luce, attraverso le quattro grandi finestre, un forte bagliore simbolo del Padre Celeste, raffigurato nella volta. La componente figurativa dei Pozzo si sovrappone e si integra nell’architettura, in un eccellente esempio di qualità descrittiva e di capacità tecniche. Il progetto di restauro dell’intero complesso della Chiesa di Santa Croce e San Bernardino è stato affrontato nel suo insieme a partire dal 2009, con l’obiettivo di fornire un quadro completo di riqualificazione artistica e funzionale del manufatto, insieme ad un programma d’intervento, che individuasse una serie di lotti successivi su cui intervenire, in relazione allo stato di avanzamento del degrado ed alle risorse disponibili, in modo da poter mantenere una continuità nell’opera di restauro.
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Nel corso del 2009 è stata portata avanti un’attenta campagna d’indagini preliminari finalizzata alla redazione del rilievo geometrico dell’intero manufatto (tavole 1-2-3-4), accompagnato dall’analisi dei dati materici e dalla mappatura delle patologie di degrado in corso (tavole 5-6). Sulla base dei dati raccolti è stato redatto il progetto di restauro dell’intero complesso finalizzato all’ottenimento delle autorizzazioni necessarie per l’avvio delle opere di restauro da parte delle Soprintendenze competenti. Per tutto il 2010 la Confraternita si è impegnata in una scrupolosa operazione di ricerca dei fondi necessari per avviare il cantiere. Sono state presentate richieste presso enti pubblici e fondazioni bancarie al fine di raggiungere l’intero importo necessario, sono state organizzate iniziative di presentazione del progetto per l’intervento di restauro presso la comunità locale, con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione alla salvaguardia di un manufatto così prezioso e contemporaneamente avviare una campagna di raccolta fondi. Gli sforzi sono stati premiati e alla fine del 2010 è stato dato l’avvio ai lavori.
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Tra gli obiettivi che la Confraternita di Santa Croce si è posta fin dall’inizio c’era quello di divulgare il più possibile le opere di restauro avviate e permettere una fruibilità crescente al capolavoro di sua proprietà. Con questo proposito, con la collaborazione di tutti i Confratelli, degli addetti alle opere di restauro, i responsabili per la sicurezza
Tavv. 5 - 6 Elaborati progettuali con l’analisi del degrado e l’ipotesi d’intervento
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Fig. 1 - La volta affrescata prima del restauro.
Fig. 2 - Particolare dello stato di avanzamento del degrado prima dell’intervento (efflorescenze saline diffuse, decoesione e polverizzazione della pellicola pittorica)
in cantiere e la stampa locale, sono state organizzate tre giornate di apertura del cantiere al pubblico, affinché chiunque fosse interessato potesse avere l’occasione di vedere da vicino i preziosi affreschi e le metodologie di conservazione utilizzate. L’iniziativa ha riscosso un inaspettato successo, tanto che complessivamente sono state condotte sul ponteggio più di centocinquanta persone, suddivise in gruppi.
In particolare nel corso del 2000 la Confraternita aveva sapientemente portato a termine un intervento di ripassatura completa delle coperture, in modo da eliminare la causa principale di degrado alle superfici pittoriche interne, legata alle infiltrazioni di acqua piovana.
Il primo lotto di restauri2 si è concluso nel mese di marzo del 2012 e ha interessato le superfici pittoriche interne della cupola ellittica e del tamburo, includendo nell’intervento anche i sette finestroni collocati a questo livello e la revisione della copertura in rame del lanternino sovrastante la cupola.
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Tuttavia lo stato di conservazione delle superfici affrescate richiedeva un intervento urgente, a causa di fenomeni di solfatazione delle superfici, derivanti dalle infiltrazioni subite negli anni precedenti, non solo dalle coperture, ma anche dai serramenti o da problemi di umidità di risalita capillare dal terreno.
La scelta rispondeva ad un criterio di maggior urgenza nel contrastare una fase di degrado ormai avanzata, oltre che ad un desiderio di riportare agli antichi splendori una parte così significativa del manufatto.
L’acqua, infatti, veicolando i sali solubili, aveva generato efflorescenze saline diffuse, con conseguente sollevamento di zone più o meno ampie d’intonaco dal supporto murario, fino alla formazione di piccole lacune, provocando decoesione, polverizzazione ed esfoliazione della pellicola pittorica fino a caduta della stessa; alcune parti erano fortemente abrase ed altre sono irrimediabilmente andate perse (figure 1,2,3).
Grazie alla scrupolosa e costante opera di manutenzione svolta dai Confratelli negli anni passati, la Chiesa si è conservata intatta nella sua interezza fino ai giorni nostri, senza passare attraverso interventi di ridipintura, che nel corso dei secoli avrebbero modificato le superfici originali.
Sui dipinti della cupola erano evidenti le efflorescenze di sali in superficie, in modo particolare in corrispondenza delle campiture cromatiche più scure come in prossimità dell’imposta della calotta (figura 4). Le superfici erano interessate da un diffuso accumulo di materie di sedimentazione, che velavano la brillantezza dei colori.
Fig. 3 - Particolare dello stato di avanzamento del degrado prima dell’intervento (caduta della pellicola pittorica, patina di sporco, abrasioni).
Fig. 4 - Macchie ed efflorescenze saline maggiormente evidenti in corrispondenza delle campiture cromatiche più scure
Oltre alle forme di alterazione sopra descritte, le superfici policrome erano caratterizzate da uno stato di fragilità della pellicola pittorica nelle parti figurate, da ricondursi alla tecnica utilizzata dagli artisti. I pittori, infatti, hanno eseguito la decorazione delle parti architettoniche con la tecnica ad affresco, aggiungendo in un secondo momento le parti figurate a “finto fresco”, con colori a base di bianco di calce.
Il pavimento in quadrotte di quarzite (bargiolina) a colori alterni presentava segni di efflorescenze saline per umidità di risalita capillare dal sottosuolo.
Alcuni cornicioni in stucco si presentavano danneggiati, con caduta parziale di materiale. La parte inferiore delle pareti mostrava importanti segni di umidità di risalita capillare fino ad un’altezza variabile tra 1,50 e 1,80 mt, evidenziati da alterazioni cromatiche, formazioni di sali e polverizzazione della pellicola pittorica, a volte mascherata da un intervento recente di ridipintura. Su tutta la superficie erano diffusi segni di chiodi utilizzati per gli addobbi della chiesa durante le festività (figura 5).
Nei prospetti esterni il paramento murario in mattoni faccia a vista non mostrava evidenti problemi di degrado, se non leggeri depositi superficiali di sporco, accentuati nei punti maggiormente in aggetto, e una leggera patina biologica localizzata. In corrispondenza del basamento di facciata si riscontravano fenomeni di erosione della
La volta del coro appariva in migliori condizioni ad esclusione dell’angolo a nord ovest dove un’importante infiltrazione recente aveva creato sulla superficie uno spesso strato di efflorescenze saline con conseguente distacco dell’intonaco, caduta di tratti di cornicione e polverizzazione della pellicola pittorica. Su tutta la superficie erano diffusi graffi e macchie di varia natura. La volta della sacrestia si trovava in buono stato di conservazione senza segni evidenti di degrado.
Fig. 5 - Presenza diffusa di graffi e segni di chiodi utilizzati per gli addobbi della chiesa
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Fig. 6 - Particolare dei danni provocati dall’umidità di risalita capillare dal terreno sul paramento murario in mattoni faccia a vista
Fig. 7 - Particolare della fase di estrazione di sali solubili con impacchi di carta assorbente e acqua demineralizzata
superficie in cotto e caduta della malta dei giunti, dovuti all’umidità di risalita capillare dal terreno nei punti sottoposti a minor irraggiamento solare o vicini alla caduta d’acqua dai gocciolatoi, non canalizzata e che pertanto tuttora si disperde nel terreno (figura 6).
umane, consentendo comunque una buona armonia d’insieme (figura 8).
Le opere finora affrontate, nell’intervento di restauro appena concluso, sono consistite inizialmente nella pulitura di tutta la superficie dai depositi di polvere, per poi passare alla fase di estrazione di sali solubili con ripetuti impacchi di carta assorbente e acqua demineralizzata (figura 7), potenziati dal locale assorbimento dei sali con impacchi di polpa di cellulosa. Si è poi proceduto alla sigillatura delle fessurazioni che solcavano la superficie.
L’intervento è stato integrato dal restauro di tutti i serramenti presenti a questo livello: quattro finestroni ovali e tre rettangolari. Gli infissi lignei e la ferramenta erano ancora originali nella quasi totalità dei casi, ma la mancata manutenzione e la posizione soggetta al continuo
La reintegrazione pittorica è stata eseguita con colori ad acquarello, applicati con velature e puntinature sottotono su tutte le lacune e sulle stuccature a livello, per ottenere una leggibilità completa dell’opera e restituirne l’unità cromatica. Le campiture mancanti nel disegno geometrico delle architetture sono state riempite e ricostruite con puntinature di colore simile all’originale, ma riconoscibile; mentre per le lacune presenti nelle parti figurate, si è cercato di ridare continuità cromatica, abbassando il tono delle parti mancanti, senza definire i dettagli perduti delle figure 22
Fig. 8 - Particolare dell’integrazione pittorica sulle parti figurate, eseguita senza definire i dettagli perduti delle figure umane, ma abbassando il tono delle parti mancanti
irraggiamento solare alternato al dilavamento esterno avevano gravemente deteriorato la superficie esterna rendendola quasi bianca, mentre la verniciatura interna era quasi completamente scomparsa, lasciando affiorare la tessitura del legno, arsa e priva di protezione. Le parti vetrate erano composte in origine da più pannelli di vetri legati a piombo, deterioratisi nel tempo e parzialmente sostituiti da elementi nuovi e diversi per forma e tipo (figura 9). Durante l’intervento di manutenzione, gli infissi lignei sono stati puliti e integrati con tasselli in legno di rovere, come gli originali, riducendo il lavoro al minimo indispensabile, procedendo quindi alla stesura di un impregnante nutritivo e alla finitura con biacca del colore simile all’originale. Tutta la ferramenta originale è stata recuperata, pulita e riposizionata in opera. I vetri antichi delle specchiature ancora integri sono stati recuperati e riproposti con legature a piombo nella finestra di facciata. Per tutte le altre finestre sono stati realizzati nuovi pannelli in vetro trasparente, legati a piombo con lavorazione a rettangoli, coma gli originali (figura 10). L’intero intervento è stato eseguito sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Torino, Asti, Cuneo, Biella, Vercelli. La linea interpretativa che ha indirizzato l’intervento è stata rigorosamente conservativa: avendo avuto il privilegio di dover intervenire su di una superficie pittorica sulla quale non erano mai stati eseguiti interventi di restauro, si è scelto di fissare quanto la storia ci aveva trasmesso, eseguendo i ritocchi pittorici solo dove necessario per migliorare la lettura d’insieme delle scene rappresentate, utilizzando materiali reversibili, secondo criteri di “riconoscibilità”, in modo da trasmettere la “fragranza” del monumento, un patrimonio che il passato ci ha affidato e che deve essere restituito integro alle generazioni future. L’operazione di ridipintura di quelle parti figurate che sono andate perdute avrebbe infatti introdotto elementi disomogenei e turbativi in una unità formale di grande suggestione estetica.
Fig. 9 - Particolari dello stato di degrado delle finestre del tamburo, prima dell’intervento
Fig. 10 - Particolare della finestra di facciata dopo il restauro
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La Confraternita di Santa Croce è stata la vera promotrice dell’intervento di restauro che si è appena concluso, affinché possa diventare un prezioso polo d’attrazione sul territorio e tutta la comunità cavallermaggiorese ne possa trarre beneficio. Traguardo finale dell’intervento su tutto il complesso sarà quello di trasformare il manufatto in un contenitore per l’esposizione permanente del grande patrimonio di sculture lignee, tele e pianete di proprietà della Confraternita. Con questo obiettivo, a completamento delle opere finora eseguite, nei prossimi anni ci si augura di riuscire ad estendere l’intervento al restauro delle superfici decorate delle pareti dell’aula principale, rimaste escluse dalla fase di cantiere appena conclusa. L’augurio è quindi quello di poter continuare a contare sull’intelligenza e la generosità dimostrata fino ad oggi da chi si è impegnato in quest’opera, sia come promotore che come donatore ed esecutore dei lavori, affinché questo patrimonio possa diventare ancor più fecondo per tutti.
Architetto, progettista e direttore dei lavori del cantiere di restauro
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L’intervento di restauro è stato condotto da: alta sorveglianza: Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Provincie di Torino, Asti, Cuneo, Biella e Vercelli: arch. Silvia Gazzola Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici, Etnoantropologici del Piemonte: dott. Walter Canavesio direzione tecnica di cantiere: prof. Michelangelo Varetto e arch. Marina Locandieri (Consorzio San Luca) coordinatore alla sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione: arch. Manuela Ghirardi opere di restauro artistico: Consorzio San Luca per la Cultura l’Arte ed il Restauro - Torino opere di restauro dei serramenti: Marco Pecollo – Cavallermaggiore (Cn) impianto elettrico di cantiere: G.I.E. di Giovanni Grosso – Monasterolo di Savigliano (Cn) allestimento ponteggi: Khamis – Orbassano (To) 2
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Bibliografia
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Conoscenza, la strada per la conservazione Marina Locandieri, Carla Tricerri, Michelangelo Varetto1
«... poche lastre di piombo collocate a tempo debito su un tetto, poche foglie secche e sterpi spazzati via in tempo da uno scroscio d’acqua, salveranno sia il soffitto che i muri dalla rovina. Vigilate su un vecchio edificio con attenzione premurosa; proteggetelo meglio che potete e ad ogni costo, da ogni accenno di deterioramento. Contate quelle pietre come contereste le gemme di una corona, mettetegli attorno dei sorveglianti come si trattasse delle porte di una città assediata; dove la struttura muraria mostra delle smagliature, tenetela compatta usando il ferro; e dove essa cede, puntellatela con le travi; e non preoccupatevi per la bruttezza di questi interventi di sostegno: meglio avere una stampella che restare senza una gamba. E tutto questo fatelo amorevolmente, con reverenza e continuità e più di una generazione potrà ancora nascere e morire all’ombra di questo edificio.»2 La consapevolezza che – come raccomandato da John Ruskin nel 1849 – poche, semplici, regolari ed amorevoli cure siano alla base della continuità del patrimonio culturale di generazioni di persone, conduce alla graduale comprensione che nel preservare tutti quei segni del tempo che contribuiscono a narrare la storia di un organismo, la “pelle” dell’opera non si riduca a mera emergenza estetica bensì a titolare di un vissuto da tramandare. Alla confraternita di Santa Croce la manutenzione continua degli ultimi duecento anni ci ha consentito di confrontarci con una superficie ancora autentica: in considerazione di ciò, a causa dell’urgente necessità di cure manutentive (soprattutto in relazione allo stato conservativo delle superfici dipinte), si è tentato di applicare appieno le istanze della riconoscibilità e del minimo intervento3. Nodo centrale, quindi, il confronto tra approcci differenti al fare restauro e l’abituarsi alla possibilità di operare attraverso interventi minimi di salvaguardia dell’opera, con la conservazione della mancanza, risanata e stabile, e l’accettazione delle permanenze degradate. Il lungo percorso di conoscenza e di approfondimento dell’opera da restaurare è consistito in dialoghi multidisciplinari tra l’architetto specializzato, lo storico dell’arte, il chimico ed il restauratore, un gruppo di lavoro organico in cui il limite di ciascuno ha costituito la risorsa d’integrazione e scambio delle specifiche conoscenze degli altri componenti.
Il progetto di conoscenza: lo stato di conservazione
Nel saggio dell’arch. Reyneri è ben riassunto il generale stato di conservazione dell’edificio compromesso dagli effetti dell’umidità e dell’acqua infiltratasi soprattutto dalle coperture e dai serramenti. Oltre agli spessi depositi di polvere e sporco che offuscavano la lettura della bella policromia, erano evidenti i segni del degrado delle superfici interne di volte e pareti: efflorescenze e solfatazioni (le caratteristiche macchie biancastre prodotte dalla migrazione, e successiva cristallizzazione, dei sali solubili dall’intonaco alla superficie dipinta) e quindi decoesione, alterazione cromatica, polverizzazione, esfoliazione e caduta della pellicola pittorica. Ma delle particolarità avevano colpito l’osservazione ancor prima di montare il ponteggio: alcuni incarnati si presentavano di colore marrone-grigio, mentre altri erano belli rosei. La risposta iniziale, forse troppo ovvia e superficiale, ipotizzava un uso della biacca oppure di un legante organico poi alteratosi4.
Il progetto di conoscenza: le indagini scientifiche
Lo scopo principale delegato alle indagini di laboratorio consisteva nel riconoscimento dei pigmenti in opera ed inoltre nel determinare ed approfondire gli strati pittorici degli incarnati di cui era evidente il marcato viraggio del colore accennato nel paragrafo precedente5. La campagna analitica è stata condotta mediante il prelievo di tre microcampioni, individuati in prossimità di lacune già esistenti in modo da minimizzare l’invasività dell’operazione, poi sottoposti ad indagine microstratigrafica in luce visibile e ultravioletta6 e ad osservazione al microscopio elettronico a scansione con modalità a pressione variabile e analisi con microsonda (XVP-SEM/EDS) per rilevare la composizione elementare dei materiali e dei pigmenti usati7. Nei campioni prelevati non si sono osservati effetti di fluorescenza UV associabili alla presenza di composti organici e, non avendo rilevato la presenza di piombo negli strati pittorici, si è completamente escluso uno inscurimento da alterazione di biacca. La spiegazione per le alterazioni cromatiche osservate può avere quindi diverse origini. Nel campione C1 si è osservata la presenza di uno strato superficiale a base di gesso, forse originato da una 25
Fig. 1 - Sezione lucida trasversale del cinabro-vermiglione (strato 1)
Fig. 2 - Sezione lucida trasversale dello smaltino (strato 1)
solfatazione, ed un debole segnale relativo al gesso è stato rilevato anche nello strato superficiale dei campioni C2 e C3: la diversa porosità e la diversa solubilità del gesso rispetto alla calce può aver determinato l’assorbimento di particolato ed i conseguenti effetti di alterazione cromatica. Inoltre, negli strati pittorici dell’incarnato, si è rilevata la presenza di mercurio, attribuibile all’impiego di vermiglione8 (figg. 1-2): e tale pigmento può infatti subire alterazione e un viraggio cromatico in tonalità più scure e tendenti al marrone. È possibile perciò che la presenza di vermiglione abbia interagito con la solfatazione producendo l’inscurimento nei campioni C1 e C2 e non C3, dove non è presente questo pigmento. L’uso del vermiglione, o meglio cinabro artificiale testimoniato in queste analisi, pur non essendo raccomandato ad affresco nella manualistica, è riproposto da Andrea Pozzo nel suo celebre trattato Perspectiva pictorum et architectorum (scritto tra il 1693 ed il 1698, prima dell’esecuzione di quest’opera, ma molto diffuso) nel quale il pittore indicava anche alcuni accorgimenti per il suo utilizzo.
i gruppi principali sono realizzati mediante la tecnica dell’incisione diretta11 (fig. 4), mentre buona parte delle figure è eseguita con disegno diretto ad ocra rossa (fig. 5), come confermato nelle zone dove è caduto lo strato pittorico originale. La grande estensione delle giornate (il cui attacco non risulta sempre agevole da individuare a causa della perfetta congiunzione e della leggera ruvidezza dell’intonaco) consente di immaginare una realizzazione piuttosto sicura e rapida, oltre a delle esecuzioni a secco;
Progetto di conoscenza: la tecnica esecutiva
I dipinti hanno per supporto un intonaco di calce e sabbia e sono realizzati con la tecnica del “bianco di calce”9 mescolato ai pigmenti tradizionali del periodo10 e con stesure pittoriche materiche, di notevole spessore e corpo. Le decorazioni architettoniche, quelle vegetali ed 26
Fig. 3 - Rilievo 1:1 della tecnica d’esecuzione e mappatura del degrado
Fig. 4 - Incisione diretta del disegno preparatorio (particolare) prima del restauro
Fig. 5 - Disegno diretto ad ocra rossa (particolare) dopo il restauro
ciò nonostante sono stati individuati alcuni pentimenti e cambiamenti compositivi dell’artista.
eseguito con ocra rossa, la corposità della pennellata, la precisione con cui sono stati eseguiti gli strumenti musicali, l’esecuzione dei profeti e degli angeli musicati senza traccia (spolvero o cartone), ma dipinti di getto sull’intonaco, hanno fatto sì che la nostra professionalità rimanesse affascinata ed ammirata da questa famiglia di pittori. È nostra opinione che si sia trattato di un lavoro di gruppo basato sulla disciplina e la ripetizione, al tempo stesso non mera esecuzione quanto interiorizzazione del senso, o dei sensi insiti nel gesto, da rilasciare nell’opera. L’esecuzione è l’ultima tappa di un percorso precedente, maturato in generazioni: costituisce il risultato ultimo, visibile, di un vissuto interiore e di una ricerca di senso. Ci piace pensare che la pittura così eseguita si avvicini alla meditazione, laddove la ripetizione del gesto fisico tende a svuotare la mente, a pulirla dai pensieri del quotidiano per concentrarla su un altro mondo: ecco che con la ripetizione, il segno, la prospettiva diventa spontanea, come è stato per l’esecuzione dei fratelli Pozzo. Con cautela ed attenzione sono quindi state svolte le operazioni quasi di “routine” (qui non in accezione negativa, ma nel senso di fasi esperte acquisite nel tempo per mezzo della tanta pratica): pulitura, estrazioni dei sali, consolidamento, stuccatura con l’attenzione di ricreare la medesima superficie di malta, fino alla scelta della rintegrazione pittorica. Per quest’ultima, con la direzione lavori ed i funzionari di tutela, si è scelto per le piccolissime
L’intervento di restauro: i dipinti murali
Seppur trascorsi all’incirca duecentosettanta anni, all’avvio dei lavori la forza e il sentimento espresso dai fratelli Pozzo era ancora pulsante, sicuramente grazie al tangibile amore che i confratelli hanno riversato sul luogo, difendendolo da ogni “aggressione” esterna. Ci ha colti perciò un profondo senso di rispetto, e di sano timore reverenziale, nel dover metter mano ad un’opera che si presentava praticamente intatta nella propria genuinità. Quindi una “mission” per un anno di lavori: l’impegno di noi tutti nel non alterare, o minimamente modificare, quel senso di “vita” che si respirava all’interno della confraternita di Santa Croce. Una volta sui ponteggi, superato lo stupore per la qualità esecutiva dell’opera, progressivamente siamo stati introdotti nelle vicende di questa dinastia di pittori e quadraturisti grazie alle utilissime informazioni avute nel corso dei sopralluoghi del prof. Canavesio e dell’arch. Gazzola che condividevano, con noi conservatori, il proposito di non snaturare lo spirito del monumento. L’emozione vissuta nel visionare da vicino gli affreschi, risiedeva principalmente nell’ammirazione di una pittura pressoché priva di incertezze o pentimenti, quasi calligrafica: il segno profondo, sicuro, del cartone lasciato sull’intonaco ancora fresco, il segno preparatorio
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cadute ed abrasioni di colore il metodo dell’integrazione ad imitazione, eseguita con colori ad acquerello e pennelli finissimi n°1, mentre il metodo della velatura in leggero sotto tono è stato scelto per le cadute o abrasioni delle parti mancanti di modellato, questo per consentire che l’immagine complessiva nella visione da lontano risultasse risarcita e che le riprese potessero invece essere individuabili ad una lettura ravvicinata. Per alcune porzioni dell’affresco dove era caduto il primo velo, e quindi sia la pittura che il segno del cartone erano chiaramente leggibili, si è intervenuti con piccoli consolidamenti senza integrare matericamente la superficie ed abbassando cromaticamente l’intonaco sempre ad acquerello. Rimuovendo il grande dipinto ad olio su tela raffigurante La Madonna dei Sette Dolori posto sull’altare maggiore, si è recuperata inoltre una finestra dipinta a trompe-l’oeil che contribuisce ora ad ampliare otticamente il volume architettonico. La tecnica dell’imitazione eseguita con colori a calce e con l’utilizzo dello spolvero è stata unicamente impiegata nelle grandi e medie mancanze del lanternino, per le decorazioni ripetitive semplici, ripartizioni architettoniche e decorazioni lineari. L’impianto derivato da tali lavori è di sicuro interesse e la cupola ha riacquistato l’antico splendore. Abbiamo tentato di trasmettere questo nostro entusiasmo durante le visite guidate al cantiere, nel corso delle quali i visitatori, resi consapevoli della bellezza, ci interrogavano incuriositi, magari per certe raffigurazioni o per alcuni accostamenti di colore “troppo audaci” per i giorni nostri.
L’intervento di restauro: le vetrate
L’intento era quello di riutilizzare e di valorizzare tutti i vetri originali superstiti, seppur in maniera frammentaria, su gran parte delle finestre riordinandole in modo da restituire un’immagine unitaria. I vetri originali sono bianchi e trasparenti, tirati a mano con spessore irregolare e piccole imperfezioni (bollicine), ma comuni per l’epoca e di uso quotidiano. L’uso della legatura a piombo contribuiva anche a rendere gradevoli alla vista vetri comuni12. Tutti i vetri rimossi dalla loro sede sono stati catalogati e, poiché la quantità utilizzabile non era sufficiente per tutte Parrocchiale di Santa Maria Assunta, presso Chieri,lavori (da Guido 1992). le finestre, in accordo con Riva la direzione edVanetti, i funzionari preposti alla tutela, si è deciso di impiegarli a completamento di una finestra ed un rosone che mostrano 28
ora una originalità integrale. Per le restanti vetrate si è impiegato vetro trasparente comune. Tutte le vetrate sono state legate a piombo secondo la tecnica tradizionale, fissate sul telaio in legno con le bacchette in ferro forgiate a mano originali ripulite e trattate. La ripartizione è stata eseguita con le legature a piombo traendo indicazione precisa dalla finestra a trompe l’oeil recuperata sullo sfondo.
Progetto di manutenzione
«Le attività di manutenzione non pretendono di trasformare il mondo, i loro obiettivi non sono esprimibili in modo semplice, non hanno il fascino mozzafiato di attività che producono oggetti con prestazioni elevatissime, vanno continuamente e periodicamente ripetute, se hanno successo il loro effetto non si vede.»13
Alla luce di quanto fin qui evidenziato, risulta evidente come una pronta e continua manutenzione sia fondamentale per la conservazione del monumento. Si è previsto perciò un piano programmatico di interventi di manutenzione che possono essere identificati in due tipologie distinte: - interventi programmati di analisi dello stato di conservazione ed azioni di ordinaria manutenzione; - interventi di straordinaria manutenzione da effettuarsi all’insorgenza di anomalie nella conservazione delle opere. Il programma di manutenzione suggerito prevede: - controllo periodico (ogni sei mesi) dello stato oggettivo di conservazione delle opere, e verifica di eventuali anomalie; - verifica dell’eventuale presenza di agenti infestanti di natura biologica o microbiologica; - raccolta e analisi dei dati termoigrometrici e di illuminazione, correlati con gli eventi riscontrati sulle opere (almeno una volta all’anno); - operazioni di ordinaria manutenzione, quali ad esempio lo spolvero delle superfici, il controllo della stabilità delle opere (almeno una volta all’anno e dove raggiungibile senza ponteggio); - operazioni programmate di sostituzione di materiali deperibili. Qualora i controlli effettuati rilevino anomalie o l’insorgenza di eventi in contrasto con la corretta conservazione
delle opere, sarà necessario evidenziare le tipologie e le entità dei danni e risalire alle cause del degrado, quindi procedere con gli interventi di risanamento e con la modifica delle condizioni ambientali che ne hanno condizionato l’insorgenza. Devono infine rientrare nel piano di manutenzione le periodiche attività di comunicazione e di visite guidate destinate alla popolazione residente, specie quella più giovane: solo stimolando la coscienza dei residenti si potrà garantire la tutela del bene nel tempo.
Restauratori di beni culturali responsabili per l’intervento eseguito a cura del Consorzio San Luca per la cultura, l’arte ed il restauro di Torino. I lavori, proseguiti da novembre 2010 ad aprile 2012, sono stati progettati e diretti dall’arch. Marialuce Reyneri di Lagnasco sotto l’alta sorveglianza del dott. Walter Canavesio della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico del Piemonte e dell’arch. Silvia Gazzola della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Piemonte. Le opere di falegnameria sono state eseguite dall’impresa Marco Pecollo di Cavallermaggiore. Si ringraziano tutti gli operatori che hanno concorso alla buona riuscita del lavoro: Alice Arvieri, Fabio Didedda, Giuseppe Letizia, Chiara Marchisio, Paola Papalia, Manuela Roggia, Simona Re, Manuela Sigalotti, Luana Tomassoli e, non certo ultimi Rosella Rubino, Davide Bianco e Marco Massazza per la consueta professionalità dimostrata. Un ringraziamento particolare al collega prof. Giorgio Garabelli del Consorzio San Luca che ci ha fatto conoscere questo magnifico monumento. 2 John Ruskin, Le Sette Lampade dell’Architettura, Milano 1982, pag. 25 n. 17 3 Per quanto riguarda i criteri della riconoscibilità si veda Cesare Brandi, Teoria del restauro, 1977; per le istanze relative al cosiddetto “minimo intervento” si confrontino gli atti del convegno di Siena ed il manifesto conclusivo in Il minimo intervento nel restauro, Firenze 2004. 4 Il bianco di piombo, cioè carbonato basico di piombo (biacca), risulta facilmente alterabile per la reazione con i solfuri presenti nell’atmosfera che tendono a trasformare il pigmento in solfuro di piombo (nero), o per ossidazione da parte dell’ossigeno che lo trasforma in biossido di piombo (marrone). 5 Le indagini scientifiche su campioni prelevati da zone d’interesse sono state curate dal prof. Maurizio Aceto del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Vita dell’Università del Piemonte Orientale e dal dott. Alessandro Bazzacco della “Diagnostica Beni Culturali Sinopia” di Torino. 6 I campioni prelevati, inglobati in resina e levigati perpendicolarmente agli strati, sono stati osservati in luce riflessa visibile e successivamente ne è stata registrata la fluorescenza UV. Per le indagini microstratigrafiche è stato utilizzato un Microscopio ottico Olympus BX-41, con sistema illuminante a fibre ottiche Optika 1
Microscopes, lampada UV Olympus U-RFL-T, filter cube Olympus U-MWU (330-385 nm) L’analisi della sezione lucida trasversale (anche nota come cross section) è una tecnica che permette la visualizzazione della successione dei singoli strati stesi dall’artista. Il microprelievo viene inglobato in una resina poliestere e in seguito levigato e lucidato a specchio (lappatura) perpendicolarmente al piano della stesura pittorica. In questo modo si ottiene un campione adatto per l’osservazione mediante microscopia ottica dei singoli strati che permette una loro caratterizzazione visiva. Successivamente, sulla medesima sezione, si può procedere alla caratterizzazione chimica mediante altre tecniche analitiche (SEM-EDS, m-FT-IR, etc.). 7 Le analisi sono state condotte con un XVP-SEM ZEISS EVO 50 operante con filamento in esaboruro di lantanio (LaB6) lavorando a pressione variabile. Il principio che sta alla base del SEM è molto simile a quello della microscopia ottica, ma in questo caso al posto di usare un raggio di luce si usa un sottile fascio di elettroni. A differenza della luce, gli elettroni si possono focalizzare in uno spazio molto più limitato permettendo così l’osservazione ad ingrandimenti significativamente superiori rispetto alla microscopia ottica. Per esempio un microscopio ottico moderno può arrivare fino a circa 1000 ingrandimenti e questo permette di risolvere oggetti separati da 0.2 mm, mentre il SEM, ha un potere risolutivo di 3.5 nm ed un ingrandimento massimo di 300000x. La combinazione di alti ingrandimenti, gran risoluzione, larga profondità di campo, facilità nella preparazione dei campioni, possibilità di lavorare a bassi valori di vuoto in combinazione con una grande camera per l’alloggiamento di più campioni simultaneamente, rende il SEM uno degli strumenti più largamente impiegati in molti campi della ricerca. L’interfacciamento con le microanalisi ai raggi X a dispersione di energia offre la possibilità di ottenere in tempo reale la composizione quali/quantitativa degli elementi contenuti nell’area del campione che si sta osservando, in qualsiasi modalità operativa. Essendo in grado di ottenere le immagini della superficie campione e contemporaneamente conoscere la composizione elementare in ogni suo punto, è possibile, nel caso dell’applicazione ad una sezione lucida, caratterizzare dal punto di vista chimico i diversi strati della stessa. Inoltre, usando il rivelatore di elettroni retro diffusi è possibile acquisire delle immagini che rispecchiano il peso relativo degli atomi che si trovano sulla superficie della porzione esaminata. 8 Il termine cinabro è correntemente usato in riferimento al minerale naturale; la forma sintetica, normalmente chiamata “vermiglione” è prodotta in Europa dall’VIII sec. d.C., indirettamente è un derivato dal materiale naturale. Il cinabro è stato descritto dagli autori classici romani che si riferiscono a questo con il termine di minium, un termine che naturalmente è ora associato al rosso di piombo. Plinio (77 d.C.) dice che i Greci identificano (il latino) minium con il termine cinabro per differenziarlo dall’ocra e dal miltos. Sia Vitruvio (I sec. a.C.) che Plinio notano come il pigmento di puro cinabro (minium) fosse inadatto per pitture esterne come diventasse nero alla luce del sole (e della luna); notano inoltre che poteva essere protetto da una patina di olio e cera. È ben noto, che questo scolorimento non avviene con
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tutti i colori basati interamente su cinabro: è stato recentemente dimostrato (McCormack, 2000) che accade solamente nel cinabro contenente tracce di cloro o esposto agli alogeni. Il minium forse era per i Romani il pigmento più importante e fu utilizzato in lavori ambiziosi e dimostrò grande ricchezza. Probabilmente l’utilizzo più spettacolare è stato nel “Fregio dei Misteri” in Oecus V della villa dei Misteri a Pompei. Questo minium spagnolo particolarmente stimato era molto costoso. Il cinabro “bruciato”, menzionato nei testi classici, era un giallo ocra calcinato. Infine, il cinnabaris di Plinio è generalmente interpretato come riferito al così detto Sangue di Drago, che solitamente è riferito a un rosso derivato da una resina di albero. Il cinabro, e il vermiglione, sono conosciuti in molti differenti contesti artistici, e la somiglianza tra la versione naturale e sintetica condurrà indubbiamente a delle determinazioni inesatte. Il cinabro sintetico è stato prodotto sin dal periodo romano. Il cinabro naturale è molto frequente nell’arte romana e nell’arte dell’Estremo Oriente (in particolare cinese). Gettens et al. (1993) hanno verificato i ritrovamenti su pitture parietali romane, su manoscritti persiani ed indiani dei secoli dal XV al XVII, su una pittura a parete indiana del XVII sec., su un’iscrizione su un osso del II millenio a.C. di un oracolo cinese, su pitture parietali cinesi del X sec. e spagnole del XIX sec. Ritrovamenti più recenti includono la presenza di cinabro su un recipiente in marmo del IV sec. a.C. (Wallert, 1995), su dipinti a parete romani del I secolo (Bugini et al, 2000), sul Exultet di Salerno (Bicchieri et al., 2000), su un manoscritto maltese del XIV sec. (Szczepanowska e FitzHugh, 1999) e su un dipinto bizantino (Chiavari et al., 1999). L’inchiostro rosso sui rotoli del Mar Morto è stato identificato come un solfuro di mercurio, probabilmente cinabro (Nir – El e Broshi, 1996). Inoltre il cinabro è stato identificato ne La loggia di Amore e Psiche di Raffaello (Varoli – Piazza, 2002). 9 “È una pittura a ‘mezzo fresco’ perché l’artista, dopo aver proceduto secondo le fasi di esecuzione del supporto pittorico come per l’affresco, opera su intonaci in uno stadio estremamente avanzato di carbonatazione. È possibile in questo caso ottenere una pellicola pittorica sufficientemente legata dal carbonato di calcio se si usano colori stemperati in latte di calce, che funziona quindi da legante: si parla perciò di pittura a calce.” Guido Botticelli, 1992, pag. 29. 10 I pigmenti o terre sono pigmenti preparati per macinazione di minerali contenenti ferro. Contengono solitamente un misto di ossidi di ferro e altri materiali quali argilla, calce, silice, ossido di manganese (pirolusite) e altri minerali. I colori variano dal giallo al rosso, dal marrone fino al nero a seconda della quantità e qualità delle impurezze presenti. Le terre verdi hanno composizione e derivazione simile a quella delle altre terre, ma il contenuto di ferro, di tonalità verde bottiglia, e calce, fa variare il colore tra il verde scuro spento e il verdino chiaro, tendente al grigio. Le terre rosse e gialle sono state utilizzate nell’arte fin dalla preistoria, menzionate con vari termini da Vitruvio, Plinio, passando dal monaco Theophilus fino a Cennino Cennini. Le terre sono pigmenti estremamente stabili. Lo smaltino è un termine ampiamente usato per un vetro al cobalto, il termine smaltino deriva dall’Italiano smaltare che significa ‘fondere’.
Il cobalto è presente come costituente di vari minerali e viene ritrovato in molte parti del mondo. Il minerale del cobalto viene riscaldato per formare un ossido che viene mescolato con la silice (sabbia). Forse la descrizione storica migliore della preparazione di smaltino proviene dai lavori di Kunckel (1689), soprintendente della produzione di lavori in vetro in Sassonia verso la fine del XVII secolo. Spiega come il minerale del cobalto venga cotto per rimuovere l’arsenico che contiene, in seguito viene setacciato, mescolato con polvere di pietre, inumidito ed imballato in barilotti pronti per essere venduti. Per produrre lo smaltino il prodotto veniva mescolato con sabbia e potassa, quindi riscaldato fino a che non si fondesse. La massa vetrificata allora veniva rimossa ed immersa in acqua per frantumarla, quindi veniva setacciata, macinata e lavata. Infine lo smaltino prodotto veniva imballato in barilotti contrassegnati secondo il grado di colore dal più pregiato di colore blu-violetto fino al più economico di colorazione debolmente blu. 11 “L’incisione è un altro metodo di riporto del disegno sull’intonaco; dopo aver appoggiato sul muro il cartone si comprimono i contorni del disegno con uno strumento appuntito lasciando l’impronta sulla malta fresca.” Guido Botticelli, 1992, pag. 22 12 La legatura a piombo è un’antica tecnica utilizzata per la composizione di grandi vetrate artistiche. Le tessere di vetro colorate vengono contornate da bacchette di piombo e posizionate a formare il disegno richiesto. Tipiche applicazioni di tale tecnica sono le vetrate presenti nelle antiche chiese e cattedrali. 13 Perotto, 1993. Pier Giorgio Perotto (Torino, 24 dicembre 1930 – Genova, 23 gennaio 2002) è stato un ingegnere e informatico italiano. Progettista della Olivetti, fu un pioniere dell’informatica, noto soprattutto per l’innovativa “Programma 101”. Laureato al Politecnico di Torino, ha insegnato per molti anni nella stessa università piemontese ed è autore di numerosi libri e articoli di strategia, di organizzazione aziendale e di informatica (fonte Wikipedia).
Particolare prima del restauro
Bibliografia
Brandi C., Teoria del restauro, Torino, 1977 Ruskin J., Le Sette Lampade dell’Architettura, Milano, 1982 Botticelli G., Metodologia di restauro delle pitture murali, Firenze, 1992 Gettens R.J., Feller R.L., Chase W.T., Vermilion and Cinnabar, in Artists’ Pigments. A Handbook of their History and Characteristics, a cura di Roy A., vol. 2, Oxford, 1993, pp. 159-182 Perotto P.G., Il paradosso dell’economia. Manuale di rivoluzione culturale, Milano, 1993 Wallert A., Unusual pigments on a Greek marble basin, in “Studies in Conservation”, vol. 40, n. 3, 1995, pp. 177-188 Nir-El Y., Broshi M., The red ink of the Dead Sea Scrolls, in “Archaeometry”, vol. 38, 1996, pp. 97-102 Chiavari G., Fabbri D., Prati S., Mazzeo R., Sr. Daniila Chryssoulakis Y., Analytical pyrolysis: application to the chemical characterisation of Byzantine painting layers, in “Art ’99 - 6th International conference on non-destructive testing and microanalysis for the diagnostics and conservation of the cultural and environmental heritage”, atti del convegno, 17-20 maggio 1999, Roma 1999, pp. 1145-1162 Szczepanowska H., FitzHugh E.W., Fourteenth century documents of the Knights of St John of Jerusalem: analysis of inks, parchment and seals, in “The Paper Conservator”, vol. 23, 1999, pp. 36-45 Bicchieri M., Nardone M., Pappalardo G., Pappalardo L., Romano F. P., Russo P. A., Sodo A., Ramos-Rubert E., Raman and PIXE analysis of Salerno Exultet, in “Quinio”, n. 2 , 2000, pp. 233-240 Bugini R., Folli L., Vaudan D., Les pigments vert et rouge d’une peinture murale d’epoque romaine républicaine (Brescia, Italie), in “Art et Chimie, la couleur: actes du congress”, atti del convegno, 16-18 settembre 1998, Parigi, 2000, pp. 119-120
Particolare dopo il restauro
McCormack J. K., The Darkening of Cinnabar in Sunlight, in “Mineralium Deposita”, vol. 35, n. 8, 2000, pp. 796-798 Varoli-Piazza R., Raffaello: la Loggia di Amore e Psiche alla Farnesina, Milano, 2002 Genta Ternavasio E., Gerbaldo P. (a cura di), La Confraternita dei Battuti Bianchi, Cavallermaggiore 2001 AA.VV., Il minimo intervento nel restauro, Firenze 2004 Pfeiffer H. (a cura di), Andrea Pozzo a Mondovì, Milano, 2010
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I pigmenti nel ciclo pittorico Maurizio Aceto1, Angelo Agostino2, Gaia Fenoglio2
I pigmenti sono stati identificati mediante l’applicazione di alcune tecniche diagnostiche sui microprelievi effettuati nel corso del restauro. Le tecniche impiegate sono state le seguenti: • spettroscopia Raman; • microscopia elettronica in scansione con microsonda (SEM-EDX)3 • microscopia ottica La tavolozza degli artisti che hanno decorato la confraternita presenta alcuni aspetti interessanti. Analizziamo la tavolozza colore per colore.
Bianco
Per il bianco è stato usato il classico bianco di San Giovanni, ovvero carbonato di calcio.
Blu
Nel periodo in cui i dipinti sono stati realizzati era da poco disponibile il blu di Prussia, un pigmento sintetico introdotto in Germania all’inizio del XVIII secolo e subito apprezzato dai pittori europei, di cui tuttavia non vi è traccia negli affreschi della confraternita. Per il blu, infatti, gli artisti impiegarono lo smaltino, un pigmento sintetico costituito da un vetro potassico addizionato di un composto di cobalto il quale impartisce il colore blu. Lo smaltino fu molto comune nelle pitture murali del periodo rinascimentale-barocco, per essere poi sostituito,
Fig. 2 - Immagine 50x al microscopio ottico di particelle di smaltino
appunto, dal blu di Prussia. L’analisi SEM-EDX delle particelle di smaltino (figura 1) mostra chiaramente la composizione del vetro potassico in cui il colore blu è ottenuto grazie ad un minerale di cobalto, probabilmente la skutterudite, (Co,Fe,Ni)As2-3, considerando le impurezze di ferro, nickel e arsenico. Interessante è anche la percentuale elevata di bario, da considerarsi caratteristica della provenienza geografica dello smaltino, dato che richiederà ulteriori approfondimenti. In alcuni casi lo smaltino subisce fenomeni di alterazione che ne causano il viraggio al grigio ma in questo dipinto il pigmento si presenta di colore molto vivo, come si evince dalla fotografia 50x (figura 2) realizzata al microscopio ottico.
Giallo
Fig. 1 - Analisi SEM-EDX di una particella di smaltino
Per il giallo sono stati impiegati due pigmenti diversi. In alcune campiture è presente l’ocra gialla, pigmento del tutto convenzionale e usato fin dalla preistoria. In altri casi è presente invece l’antimoniato di piombo o giallo di Napoli, un pigmento sintetico introdotto nel XVI secolo (spettro Raman nella figura 3). L’identificazione è confermata dall’analisi SEM-EDX che suggerisce una stechiometria Pb/Sb di circa 1/1. Il termine giallo di Napoli fu citato per la prima volta da Andrea Pozzo come luteolum 33
Fig. 3 - Spettro Raman da una campitura gialla
Fig. 4 - Spettro Raman da una campitura verde
Napolitanum nel suo trattato in latino sulla tecnica dell’affresco (1693-1700).
Rosso
Anche per il rosso è stato impiegato un pigmento del tutto convenzionale, l’ocra rossa.
Verde
Il verde è stato ottenuto con un pigmento non convenzionale: si tratta infatti di atacamite, Cu2Cl(OH)3 (spettro Raman in figura 4), una sostanza rara come minerale e 34
Fig. 5 - Spettro Raman dalle particelle blu di una campitura viola
assai più nota come prodotto di alterazione di composti di rame, tanto che non sempre è possibile distinguere tra l’uso intenzionale come pigmento verde e la formazione per alterazione di pigmenti di rame come azzurrite o malachite. È certo però che il suo impiego come pigmento sia noto almeno dal Medioevo: Teofilo nel suo De diversis artibus (Libro I, capitolo XXXV) fa probabilmente riferimento all’atacamite quando parla di de viridi salso, ovvero un pigmento ottenuto mettendo il rame a contatto con sale, miele e aceto. In passato l’atacamite è stata identificata in numerose opere pittoriche, sia come pigmento intenzionale sia soprattutto come prodotto di alterazione. Nelle campiture verdi dei dipinti della confraternita l’atacamite si mostra ubiquitaria e di colore molto vivo e uniforme, per cui è possibile ipotizzare che la sua presenza sia intenzionale.
Viola
Il viola, tinta storicamente difficile da ottenere con singoli pigmenti, è stato reso con una miscela di rosso e blu, identificabili rispettivamente con ocra rossa e smaltino, pigmenti già citati nella tavolozza. In aggiunta allo smaltino è presente anche il blu oltremare (spettro Raman in figura 5). Nell’immagine 50x (figura 6) sono evidenziabili le particelle di blu oltremare, caratterizzate da dimensioni inferiori a 5 µm e forma omogenea, e le particelle di smaltino, molto più grosse. Queste caratteristiche farebbero
Bibliografia
Fig. 6 - Immagine 50x al microscopio ottico di particelle di smaltino e blu oltremare da una campitura viola
Plesters J., A preliminary note on the incidence of discolouration of smalt in oil media, in “Studies in Conservation”, vol. 14 (2), 1969, pp. 62-74 Spring M., Higgitt C., Saunders D., Investigation of pigment-medium interaction processes in oil paint containing degraded smalt, in “National Gallery Technical Bulletin”, vol. 26, 2005, pp. 56-70 Naumova M.M., Pisareva S.A., A note on the use of blue and green copper compounds in paintings, in “Studies in Conservation”, vol. 39, 1994, pp. 277-283 Dei L., Ahle A., Baglioni P., Dini D., Ferroni E., Green degradation products of azurite in wall paintings: identification and conservation treatment, in “Studies in Conservation”, vol. 43, 1998, pp. 80-88 Bersani D., Antonioli G., Lottici P.P., Casoli A., Raman microspectrometric investigation of wall paintings in S. Giovanni Evangelista Abbey in Parma: a comparison between two artists of the 16th century, in “Spectrochimica Acta”, Part A, vol. 59, n. 10, 2003, pp. 2409-2417 Švarcová S., Hradil D., Hradilová J., Kočí E., Bezdička P., Microanalytical evidence of origin and degradation of copper pigments found in Bohemian Gothic murals, in “Analytical and Bioanalytical Chemistry”, vol. 395, n.7, 2009, pp. 2037-2050
pensare in prima battuta all’impiego di blu oltremare sintetico, pigmento prodotto a partire dal 1828 e perciò incompatibile, seppur di poco, con l’epoca in cui le pitture della Confraternita di Santa Croce sono state realizzate; si tratterebbe in sostanza di un ritocco successivo. Tuttavia l’indagine storica, basata sui documenti conservati presso la Confraternita stessa, escluderebbe interventi di restauro. Perciò la presenza di un materiale pittorico con le caratteristiche descritte resta tuttora da spiegare; l’ipotesi più verosimile farebbe pensare che gli artisti abbiano impiegato un lapislazzuli molto ben macinato per preparare il blu oltremare naturale, ma questa ipotesi non è al momento supportata da riscontri scientifici, più che altro per carenza di informazione diagnostica.
Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica (DiSIT) & Centro Interdisciplinare per lo Studio e la Conservazione dei Beni Culturali (CenISCo), Università degli Studi del Piemonte Orientale, viale T. Michel, 11 - 15121 Alessandria. 2 Dipartimento di Chimica & Centro d’Eccellenza Nanostructured Interfaces and Surfaces (NIS), Università degli Studi di Torino, via P.Giuria, 7 10125 Torino 3 Si ringrazia il dott. Giorgio Gatti (DiSIT) per l’esecuzione delle misure SEM-EDX 1
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La Confraternita di Santa Croce Giuseppe Milanesio
La Confraternita di Santa Croce, detta anche dei Battuti Bianchi, è l’ente ecclesiastico proprietario della chiesa di Santa Croce e San Bernardino a Cavallermaggiore; essa viene istituita ufficialmente nel 1533 con finalità assistenziali e religiose di soccorso ai bisognosi, per trasformazione di una antecedente aggregazione laicale. L’antica Compagnia dei Disciplinanti di San Bernardino fu beneficiaria del lascito testamentario di Bernardino Caramelli, pievano di Santa Maria della Pieve del 10 novembre 1523, concernente la cascina detta poi Caramelli o Tetti dei Battuti. Grazie ai proventi di tale lascito curava il sostentamento ai bisognosi o in stato di infermità nella casa dell’hospitale ed a mezzo dell’opera dei sovvenimenti esteri il soccorso ai poveri non ammessi all’ospedale. Ancora nel 1711, con Ordinato della Comunità di Cavallermaggiore del 11 dicembre, si approva la proposta della Compagnia di San Bernardino di istituire un ospedale in grado di mantenersi con i proventi del legato Bernardino Caramelli. Con l’editto 19 maggio 1717 fu avviato un processo di istituzione capillare di Ospizi di Carità e a Cavallermaggiore venne istituita la Congregazione di Carità. Il nuovo ente continuò l’opera con il patrimonio immobiliare dei Battuti Bianchi grazie ad un vero e proprio passaggio di consegne, non solo di proprietà ma soprattutto di obiettivi, tra cui vi era quello ospedaliero. Oggi lo scopo fondamentale della Confraternita è quello di guidare i suoi membri verso una vita cristiana esemplare, effettuata in spirito di leale collaborazione con il piano pastorale della Parrocchia. In conformità con gli antichi scopi di assistenza agli infermi dell’allora Ospedale di Carità, i Confratelli e le Consorelle effettuano attività caritativa e di volontariato nell’assistenza morale, sociale e materiale agli anziani, ai malati ed alle persone che versano in particolare bisogno. Luogo di riunione dei componenti dell’ente è da sempre la chiesa di Santa Croce, motivo per cui si è costantemente prestata la massima attenzione alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio di interesse artistico e storico da essa rappresentato. 36
STATUTO DELLA CONFRATERNITA DI SANTA CROCE Art. 1 – Denominazione e sede La Confraternita di S. Croce è ente ecclesiastico civilmente riconosciuto con regio decreto del 16 settembre 1937 registrato alla Corte dei Conti il 24 novembre 1937 ed ha sede nella chiesa di S. Bernardino in via Roma. Art. 2 – Origine La Confraternita viene istituita ufficialmente nel 1533. L’archivio della Confraternita dei Disciplinati di San Bernardino o di Santa Croce detta anche “Dei Battuti Bianchi” assomma però documenti risalenti al 1300. Art. 3 – Patrimonio La Confraternita ha la proprietà della Chiesa di S. Bernardino, ultimata nel 1743, ed adibita a luogo di preghiera e di incontro dei Confratelli. La Chiesa, dal 1977, è dedicata ai Caduti di tutte le guerre. Art. 4 – Scopi originari Originariamente lo scopo principale della Confraternita era la somministrazione del pane ai poveri. Emanazione rilevante fu poi l’Ospedale di Carità il cui procuratore era uno dei membri del Consiglio Direttivo della Confraternita. Art. 5 – Scopi attuali Scopo fondamentale della Confraternita è la promozione delle Consorelle e dei Confratelli ad una vita cristiana esemplare effettuata in spirito di leale collaborazione con il piano pastorale della Parrocchia. In conformità con gli antichi scopi della Confraternita di assistenza agli infermi dell’allora Ospedale di Carità, i Confratelli e le Consorelle effettuano attività caritativa e di volontariato nell’assistenza morale, sociale e materiale agli anziani, ai malati ed alle persone che versano in particolare bisogno. I Confratelli e le Consorelle s’impegnano a difendere la vita dal concepimento fino alla morte sostenendo i principi del Movimento per la Vita. Art. 6 – Ammissione Sono ammessi a far parte a pieno titolo della Confraternita tutte le persone, uomini o donne, che hanno superato i 18 anni di età e possiedono i requisiti richiesti dal regolamento. Non possono essere accolti nella Confraternita coloro che appartengono ad associazioni contrarie alla Chiesa o si trovano nei casi di incompatibilità previsti dal regolamento.
Art. 7 – Diritti ed obblighi Gli ammessi alla Confraternita acquistano il libero esercizio dei diritti, attivi e passivi, e s’impegnano a rispettare gli obblighi derivanti da tale appartenenza come previsti dagli articoli 13 e 14 del regolamento. Art. 8 – Ordinamento ed amministrazione Sono organi della Confraternita: l’Assemblea Generale il Presidente il Consiglio Direttivo il Collegio dei Revisori dei Conti l’Assistente Ecclesiastico Le modalità di elezione, la durata delle cariche e le mansioni dei suddetti organi sono stabilite dal regolamento. Art. 9 – Norme finali Per tutto quanto non contemplato nel presente statuto, si fa riferimento al Regolamento Unico per le Confraternite esistenti nell’Archidiocesi di Torino promulgato il 4 luglio 1991 dal Card. Giovanni Saldarini. Il presente Statuto, approvato il 20 luglio 1992 dal Card. Giovanni Saldarini (prot. 250/D/92), annulla e sostituisce tutti i precedenti
San Luca (particolare)
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Tabula gratulatoria
Hanno contribuito con un aiuto economico: Alasia Domenico e Giovanna Fiore Alocco Giovanni Ambrogio Bernardo ed Anna Carignano Assoc. Nazionale Alpini - Gruppo di Cavallermaggiore Avis comunale di Cavallermaggiore Banca di Cherasco - Credito Cooperativo Baradello Pierluigi e Gianna Revelli Baravalle Michele e Gladis Aimonetti Beccaria M. Giuseppina ved. Bovolo Bellino Andrea Bellino Ottavio ed Anna Vertucci Bergia Michelangelo e Pieranna Pegoraro Bertoncello Luca e Cristina Milanesio Biadene Franca Bonino Giorgio e Ornella Cavallo Bonino Luciana Bonino Luisa Bonino Maria Bonino Maria ved. Sandra Bonino Piera Campiello Srl - Cavallermaggiore Castellano Ezio Castellano Piermario e Tiziana Zabena Cavallo don Francesco Cavallo Sergio e Anna Bertola Ceravolo Guerino e Luisa Revelli Chiavero Pietro e Rosanna Grande Chiesa Bartolomeo e Silvia Bertello Cigna Bartolomeo e Carla Zabena Cigna Giorgio Cigna Roberto ed Enrica Sandrone Comitato permanente per la tutela del patrimonio culturale Costanzia ved. Ghione - Olmetto Curiotto Costanzo e Margherita Seia Curiotto Fissore Giovanna Curiotto Francesco - dalla famiglia Curiotto Gian Carlo e Giovanna Bonino Curiotto Giuseppe e Figlio Orazio Curiotto Marita Curiotto Michele Curiotto Michele e Rina Varetto 38
Curiotto Michele, Bernardo, Maria e Giancarlo in memoria di Orazio Dalma Mangimi s.p.a.- Marene Damilano Davide Demichelis Luigi e Rinuccia Gallo Dol-Fluid s.r.l.- Marene Famiglia Sordella Famiglia Zublena Famiglia Miolans e Capello Famiglie Boglione - Marengo - Sacchetto Famiglie Gastaldo e Gattino di via Priocco Fantino Giacomo e Figli Ferrero Giovanni Fumero Giuseppe Gallo Fratelli di vicolo Cambio e famiglie. Gallo Giuseppe e Graziella Mellano Gallo Mario e Margherita Cagliero Gandolfo Agostina e Gian Maria Panero Gandolfo Paola Garneri Antonio e Maria Grazia Molinatti Garneri Valentina Gastaldo Andrea, Annamaria, Riccardo e Cinzia Gastaldo Gemma in Picco Gastaldo Rosa ved. Tibaldi Gastaudo Mirella in Mina Gattino Gualtiero - Carpenteria Ghemar s.r.l. Gosmar Dario Grande Silvio Grande Teresa Longo Solavaggione Laura Marocco Luciano e Catterina Seia Martini Vincenzo e Rita Miele Maurizio Migliore Pietro e Maria Teresa Carignano in memoria di Claudio Milanesio Giuseppe e Giovanna Borio Milanesio Giuseppe - viale Vittorio Veneto Milanesio Marco e Nadia Alasia Milanesio Michele e Maria Gaido Milanesio Negro Domenica Milano Dario Miolans Giuseppe e Domenica Olocco
Molinatti Maria Grazia Molinatti Augusto Monasterolo Rita e Eleonora Monasterolo Sebastiano e Mariuccia Curiotto Morello Marilena e Giulio Marengo N.N. Novarino Osvaldo e Strumia Rosi Olocco Domenica Miolans Olocco Pierantonio e Anna Maccagno Orlanda Bertinetto Irma Panealba Srl - Verduno Panero Gian Maria e Agostina Gandolfo Panero Paolo Pautassi Gino Pegoraro Davide e Giuliana Cigna Pegoraro Emilio e Bruna Giacosa Pegoraro Luigi e Giovanna Gazzera Penone Giovanni e Carla Cagni Peretti Francesco Piacenza Leone e Marina Breja Priora Corrado Revelli Luigi e Chiara Racca Ruatta Lorenzo e Giulia Zabena Sacchetto Lorenzo e M.Teresa Trimaglio Saglietto Giovanni e Giuseppina Gazzera Sandrone Matteo e Anna Ambrogio Seia Piermaria e famiglia Sola Caterina ved. Daniele Tesio Emanuele e Domenica Giaccardi Toselli Bartolomeo - Tetti Battuti Toselli Cristina e Pierfrancesco in memoria della mamma Gabriella
Ringraziamo per la costante amicizia e sostegno e per la collaborazione nel corso dei lavori: Amici Del Santuario Brunato don Giuseppe Curiotto Gian Carlo Garneri Mario Gruppo corale “Le 4 Voci” di Cavallermaggiore Leone Franco Marengo Luciano Margaria Michele Testa Annarita
L’intervento di restauro delle superfici decorate della cupola della chiesa di Santa Croce e San Bernardino a Cavallermaggiore è stato realizzato grazie al contributo di:
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