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Incantesimi di luce



Incantesimi di luce La replica delle vetrate per l’antica Pieve di San Pietro di Pianezza


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Simone Baiocco, Carla e Luisella Tricerri

Incantesimi di luce La replica delle vetrate per l’antica Pieve di San Pietro di Pianezza a cura di Luca Emilio Brancati e Cesare Matta

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Indice Presentazioni

Regione Piemonte

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Palazzo Madama - Museo Civico d’Arte Antica

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Comune di Pianezza

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Lions Club Rivoli

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Associazione “Gli Amici dell’Arte”

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Consorzio San Luca

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Vicende collezionistiche delle vetrate di Antonietto e Pietro Barutelli - Simone Baiocco

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Il fascino delle vetrate ha una lunga storia - Carla e Luisella Tricerri

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Da 15 anni il marchio “Piemonte eccellenza artigiana” è il segno distintivo per le imprese che svolgono lavorazioni artistiche e di particolare pregio, nel rispetto della tradizione, ma con attenzione alle nuove espressioni d’arte e di design. All’interno dell’ampio bacino di professioni di nicchia, specialistiche, spesso di elevato contenuto culturale, è significativo il ruolo che, soprattutto in questi ultimi anni, va assumendo un settore delicato e molto particolare: quello ascrivibile agli interventi di conservazione, restauro e ripristino degli immobili storici e architettonici delle città. Il Piemonte, come noto, è una regione ricca di opere architettoniche di grande pregio e valore; un panorama variegato di emergenze architettoniche, dagli edifici ecclesiastici ai palazzi

d’epoca fino alle classiche abitazioni delle piccole borgate di montagna o alle caratteristiche case di campagna in tufo e laterizio. Al recupero e alla fruibilità di questo patrimonio architettonico e urbanistico si rivolge l’attenzione dell’artigianato di eccellenza. Le belle immagini di questa pubblicazione ci raccontano il percorso di lavoro per la replica delle vetrate di Palazzo Madama di Torino: una testimonianza preziosa di integrazione tra arte e manualità, cultura e competenze professionali per una realizzazione artistica di altissimo livello. La Regione Piemonte, unitamente a Unioncamere Piemonte e a tutto il sistema camerale, sono orgogliose di sostenere iniziative come queste.

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Palazzo Madama ha sostenuto con convinzione il progetto di riproduzione delle due vetrate provenienti da San Pietro a Pianezza e della collocazione delle repliche nella sede originaria. Da qualche tempo, infatti, il museo cerca di cogliere ogni opportunità per ripensare il rapporto con il territorio, anche attraverso il tema delle “restituzioni” di opere che possano così ritrovare il loro contesto originario. In questo caso, la ricollocazione fisica delle opere avviene attraverso una copia, anche per garantire la migliore tutela degli originali. Si arriva comunque a ridare l’antica coerenza al presbiterio della chiesa di Pianezza e a proporrre nuovamente la lettura delle vetrate nello spazio per il quale furono immaginate, pure in un dialogo non scontato con gli affreschi di primo Quattrocento.

Anche dal punto di vista delle conoscenze si è trattato di un arricchimento: le due opere sono entrate nelle raccolte civiche in un momento in cui la vocazione del Museo era ancora rivolta soprattutto al tema delle arti industriali, con una attenzione specifica alla qualità materiale e tecnica dei manufatti. La riflessione approfondita su questi aspetti, condotta nel laboratorio di Carla e Luisella Tricerri durante le fasi di realizzazione della copia, ha consentito un fruttuoso contatto con chi tecnicamente opera oggi. Enrica Pagella

Direttore Palazzo Madama - Museo Civico d’Arte Antica

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La Pieve è il monumento più antico di Pianezza. La costruzione che risale alla meta’ del XII, si trova a strapiombo sulla Dora, lungo la cui riva correva la Via Francigena. Nel periodo gotico la Pieve fu ampliata col rifacimento dell’abside e l’aggiunta delle navate laterali. In seguito le vetrate istoriate dell’abside, furono trasferite ed esposte al Museo delle opere medievali di Palazzo Madama, lasciando un vuoto che contrastava con i preziosi affreschi della nostra Pieve. Ma grazie all’iniziativa e al sostegno finanziario del Lions Club di Rivoli e del suo presidente Guglielmo Meltzeid, sono state inserite nuove vetrate identiche alle originali.

Ora la Pieve di S. Pietro di Pianezza si é arricchita di questa nuova opera che contribuisce a renderla sempre più bella e artisticamente importante. Un grazie riconoscente a tutti gli Enti e a chi ha collaborato per la realizzazione dell’opera, non soltanto da parte dell’Amministrazione Comunale, ma anche da parte di tutti i Pianezzesi e di tutti gli appassionati delle bellezze artistiche che visiteranno la nostra Pieve.

Antonio Castello

Sindaco comune di Pianezza

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Sono contento che il Lions Club Rivoli Host abbia consegnato, durante la mia presidenza, alla popolazione pianezzese le due vetrate storiche nella millenaria Pieve di San Pietro, Pieve che era già stata anni fa oggetto di manutenzione da parte nostra con interventi sul frontespizio e sulla copertura. Tutto è stato fatto con perizia e pazienza. Già v’erano stati gli studi storici e la sensibilizzazione da parte de Gli Amici dell’Arte. E’ poi stato necessario quasi un anno di lavoro tra la pratica portata avanti presso la Soprintendenza dei B.A. dall’architetto Lions Gustavo Gherardi e la fabbricazione vera e propria. Lo studio di quelle originali, i disegni preparatori e la realizzazione delle due vetrate a copia esatta delle originali custodite in Palazzo Madama di Torino, tutto quanto è stato eseguito dalle sorelle Tricerri facente parte dell’Eccellenza del Consorzio San Luca. Questi colori che mancavano da 99 anni sono tornati a dialogare con i vicini affreschi dello Jaquerio adornanti le pareti della Pieve da sei secoli.

Un plauso anche all’Amministrazione Comunale che, con in testa il Sindaco Antonio Castello, ha accolto con entusiasmo il progetto facendo installare un apposito impianto di illuminazione esterno per consentirne la fruibilità durante gli eventi serali. Ogni anno migliaia di persone, arrivano da molte parti per visitare questo sito millenario. Stagioni musicali sono proposte periodicamente. Ora il visitatore attento potrà leggere nella parte inferiore delle vetrate righi gotici che recitano: “Lions Club Rivoli Host feci fieri AD MMXII” e con accanto il logo dei Lions. Anche per questo sono contento.

Guglielmo Meltzeid

Presidente Lions Club Rivoli Host negli anni 2011/12 e 2012/13

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Tra gli obiettivi della nostra Associazione, particolare attenzione viene data a tutto ciò che è inerente alle origini storico culturali del territorio nel quale opera, al fine di valorizzarne i beni esistenti. Ciò premesso, è indubbio che la Pieve di S. Pietro costituisce uno dei beni più preziosi di Pianezza, e per le origini storiche, e per gli affreschi che l’adornano, attribuiti a Giacomo Jaquerio, pittore del 1400. Gli Amici dell’Arte hanno ritenuto di proporre il rifacimento in copia delle vetrate che adornavano il presbiterio, tenuto conto che gli origina-

li sono custoditi a Palazzo Madama di Torino. Se oggi possiamo ammirare le nuove vetrate, lo dobbiamo alla sensibilità ed al contributo dei Lions di Rivoli, sponsor dell’iniziativa, e all’Amministrazione Comunale. Un doveroso riconoscimento per la competenza e la professionalità a chi le ha realizzate: le sorelle Carla e Luisella Tricerri del Consorzio San Luca, che ringraziamo. Oggi la Pieve è ancora più bella. Francesco Gollini

Presidente associazione “GLI AMICI DELL’ARTE”

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La valorizzazione della propria storia, il rispetto per chi ci ha preceduti e la consapevolezza che il patrimonio culturale costituisce una ricchezza da tutelare per le generazioni future, sono i principi che hanno guidato gli artigiani del Consorzio San Luca nella replica delle storiche vetrate dell’antica pieve di San Pietro a Pianezza. Un risultato luminoso, raggiunto non da soli, ma grazie all’impulso dell’associazione Gli Amici dell’Arte, al contributo dei membri del Lions Club Rivoli Host, alla collaborazione del Comune di Pianezza e della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Piemonte, al sostanziale aiuto di Enrica Pagella e di Simone Baiocco del museo di Palazzo Madama, al contributo di Regione Piemonte e Unioncamere. La creazione di apparati decorativi ex novo, al

pari della conservazione di quelli antichi, costituisce una delle grandi passioni del Consorzio perché qui la creatività e l’abilità dei nostri professionisti trova un riscontro immediato. Dal 2006 il Consorzio San Luca seleziona e aggrega imprese artigiane di eccellenza – attualmente dodici, per un totale di cinquanta addetti tra titolari e dipendenti – che danno vita al primo raggruppamento insignito del riconoscimento dell’Eccellenza Artigiana della Regione Piemonte in tutti i suoi settori produttivi. Carla e Luisella Tricerri si sono prodigate con competenza, amorevole passione, reverenza e rispetto per recuperare il vuoto prodotto dall’azione combinata tempo-uomo, ed il Consorzio San Luca è oggi fiero del risultato raggiunto grazie al loro impegno.

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Le vetrate di Pietro e Antonietto Barutelli

Simone Baiocco

Conservatore Palazzo Madama - Museo Civico d’Arte Antica

Le due vetrate sono pervenute alle collezioni del Museo Civico nel 1914, grazie a un accordo tra la Città di Torino e l’amministrazione della Real Casa. In quel frangente, infatti, venne concesso di trasferire al Demanio, e quindi di depositare all’amministrazione civica, un insieme che era stato ricomposto nella basilica di Superga. Nel carteggio relativo, conservato nell’archivio del museo, si fa cenno alla manomissione che la vetrata (in quella fase i frammenti erano stati montati in un unico pannello) aveva subito in occasione di un episodio vandalico occorso poco prima, che aveva interessato la tomba della duchessa di Genova Elisabetta di Sassonia, la madre della Regina Margherita. Forse proprio per garantire la salvaguardia dell’oggetto, si stende un verbale di consegna che, insieme al direttore del museo Giovanni Vacchetta, vede coinvolto Alfredo d’Andrade, in rappresentanza del Ministero preposto alla tutela. In quel documento viene esplicitamente ricordata la provenienza della “vetrata dipinta opera di Scuola Piemontese del secolo XVI, rappresentante San Pietro e Sant’Antonio” dalla chiesa di San Pietro di Pianezza, ma non è dato al momento comprendere in quale fase l’oggetto fosse passato alla proprietà

del sovrano. Dalla loro sede originaria, nella parete di fondo della chiesa, le vetrate vennero tolte, con ogni probabilità, in occasione dei lavori di restauro effettuati nel 1885; insieme ai due pannelli in esame, esisteva anche la vetrata dell’oculo centrale, non più riconoscibile. Dal momento del loro trasferimento in museo, i frammenti sono stati varie volte restaurati, recuperando una coerenza dimensionale con le finestre da cui provengono e a partire dal 1934 sono esposti al piano terreno di Palazzo Madama con l’allestimento di Vittorio Viale. La duplice iscrizione che accompagna i santi raffigurati fa riferimento a due esponenti della famiglia Barutelli, Pietro e Antonietto, che si erano succeduti nella carica di pievano della chiesa di Pianezza, il primo tra il 1455 e il 1479 e il secondo nel periodo 1479 - 1520; un loro consanguineo ricoprì la stessa carica ancora più tardi, fino al 1540. Entrambi sono raffigurati in preghiera, ai piedi del proprio santo patrono. Il vero e proprio committente, in coincidenza con la data 1510 che accompagna l’iscrizione a lui dedicata, è quindi da riconoscere in Antonietto Barutelli, il quale si rivolge a un maestro la cui cultura

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si colloca senza difficoltà nell’ambiente torinese. I possibili confronti stilistici vanno cercati nel campo della pittura murale o su tavola, in assenza di confronti possibili con opere di tecnica analoga. Secondo le indicazioni suggerite da Giovanni Romano, i richiami per le due monumentali figure, realizzate con una impostazione rigidamente grafica dei visi, vanno ad esempio al grande affresco, datato 1505, di Secondo del Bosco alla Sacra di San Michele, che raffigura la Deposizione di Cristo nel sepolcro, la Morte e la Assunzione della Vergine, oppure al ciclo della chiesa di San Giovanni Battista a Volvera, dove ritroviamo fra l’altro il repertorio decorativo che include le foglie accartocciate intorno al tralcio, coincidenti con quelle che compaiono anche nelle due vetrate. Si tratta sostanzialmente di un orizzonte figurativo che ha il respiro del territorio torinese, come dimostra anche il raffronto con la Natività in San Sebastiano a Pecetto, datata 1508, di Jacopino Longo. Per quanto riguarda la tecnica della vetrata, invece, è da richiamare la presenza nella seconda metà del Quattrocento, proprio nell’area che ci interessa, di un grande protagonista come Antoine de Lonhy, nell’ambito della cui multiforme attività si colloca proprio la specializzazione nel campo della realizzazione di vetrate; non è da escludere che proprio la sua presenza avesse lasciato traccia di una competenza tecnica, anche presso botteghe locali.

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Il fascino delle vetrate ha una lunga storia. Carla e Luisella Tricerri

Come sottolineava già nel XII secolo il monaco Teofilo nel suo trattato “De diversis artibus”, l’elemento fondamentale per la valorizzazione delle vetrate è la luce: egli definiva la vetrata come una pittura traslucida grazie alla quale l’interno di un edificio poteva essere abbellito da una quantità di colori senza con questo impedire ai raggi del sole di penetrarvi: “… quo artis ingenio et colorum varietas opus decoraret, et lucem diei solisque radios non repelleret” (Castelnuovo, 1994, p. 39). Nel 1885 le luminose raffigurazioni di San Pietro e Sant’Antonio, che erano state donate dalla famiglia Barutelli alla Pieve intorno all’inizio del ‘Cinquecento, dalla chiesa di San Pietro in Pianezza vennero trasferite ad altra ubicazione fino poi a giungere al Museo Civico di Torino a Palazzo Madama lasciando nella Pieve un evidente vuoto. Il desiderio degli “Amici dell’Arte” di Pianezza e la generosità dei “Lions” di Rivoli hanno permesso di colmare la lacuna, restituendo nuova luce alla Pieve con la riproduzione delle antiche immagini. Il disegno delle nostre vetrate ricreate per San Pietro di Pianezza ha dovuto rispettare le proporzioni originali, ma nello stesso tempo adattarsi alla dimensione delle finestre che col passare del

tempo avevano subito alcune modifiche le quali, seppur di lieve entità, avevano comunque compromesso le proporzioni rispetto all’originale. Oltre a luce e colore l’aspetto delle vetrate è legato al disegno e, nonostante le moderne tecnologie, la gomma e la matita rimangono comunque indispensabili: una buona riuscita del disegno consente di svolgere con tranquillità e in modo scorrevole tutti i passaggi successivi. Osservando con molta attenzione ogni singolo particolare delle vetrate originali conservate nel museo di Palazzo Madama di Torino siamo riuscite a leggere con chiarezza tutti le parti ed i dettagli decorativi di cui erano composte: tratti, colori, luci e trasparenze; di seguito le abbiamo disegnate con proporzione uno a uno. Ultimato il disegno, abbiamo proseguito con lo studio dei tagli (in questo caso già ben evidenti sugli originali), che consente di stabilire i tasselli di vetro che compongono la nostra vetrata ed in quanti pezzi può essere divisa. La bozza schematica è stata quindi riportata su di un cartone procedendo poi con il taglio dei cartoncini. Questi vengono separati con particolari forbici a tre lame in modo da eliminare le par-

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ti occupate dal piombo (ovvero dall’anima del piombo): i vari cartoncini (le dime) riposizionati sul disegno hanno costituito l’inizio della nostra composizione. Le dime, successivamente adagiate sul vetro, consentono di tagliare i tasselli nella giusta dimensione e con una precisione millimetrica nelle forme stabilite nel progetto, garantendo ad ognuno di quelli la giusta collocazione e colore: taglia-vetro, pinze e tanta manualità assicurano la buona riuscita di questa fase. Le vetrate originali, quasi certamente, erano state realizzate con vetri placcati, formati cioè da due o più strati di vetro di diverso colore, ma nella nostra realizzazione abbiamo utilizzato vetro tirato di uso comune e vetro soffiato colorato. Reperire oggi vetri placcati è molto difficile, ma ai tempi erano utilizzati con la stessa consuetudine con cui ora utilizziamo il vetro soffiato, cioè ricavato dal taglio longitudinale e dalla successiva spianatura di una bolla di vetro soffiato. La scelta dei vetri è stata valutata con cura ed attenzione. Quelli usati negli originali ci hanno guidato verso precise scelte cromatiche: il rosso rubino, un vetro pregiato scelto per la sua brillantezza, ottimo per rendere gli stemmi del casato e la ricchezza della veste di San Pietro, abbinato ad un delicato giallo soffiato per il mantello; l’abito blu dei donatori in vetro soffiato trasparente per dare il massimo

della lucentezza senza creare scompensi con i colori adiacenti, né sopra né sottotono; la veste color viola in vetro soffiato per Sant’Antonio, di gran impatto, accentua il contrasto con il rosso damascato dello sfondo. Per le cornici di entrambe abbiamo usato vetro tirato incolore, interamente dipinto con bianco fogliame gotico e giallo argento (dall’inconfondibile colore dorato) interrotto da rettangoli rossi azzurri gialli a definire un contorno netto. I tasselli di vetro colorato sono stati posizionati sul disegno cominciando a dare idea di come diventerà la vetrata. Ma, ultimata questa prima fase di lavoro, i vari pezzetti si presentano piatti, privi di movimento e di espressione: è arrivato quindi il momento della pittura, la fase più importante nella creazione di queste vetrate. La pittura si articola in più passaggi: innanzitutto il contorno che deve definire sul vetro i lineamenti dei volti; in seguito le pieghe del panneggio per creare gli effetti di modellato, le scritte e tutti i dettagli, realizzati con un tono bruno di grisaille stesa con pennello da scrittura. Per fissare il contorno è stata necessaria una cottura alla temperatura di 600° circa (trattamento che viene eseguito ad ogni passaggio di pittura): trascorsi i tempi tecnici della cottura e del raffreddamento, i pezzi erano pronti per ricevere le stesure di colore.

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Poiché i vetri colorati assorbono la luce in diversa misura, il pittore deve diminuire o esaltare l’intensità del colore in modo da armonizzare il tutto per ottenere un risultato omogeneo. Per far coesistere su uno stesso pezzo di vetro una parte bianca ed una dorata viene utilizzato il “giallo argento”, un composto di sali metallici usato negli ornati e introdotto in occidente forse tramite il Lapidario di Alfonso X il Savio, re di Castiglia, trattato che venne adottato e diffuso in Francia fin dall’inizio del Trecento (Castelnuovo, 1994, p. 64). Il “giallo argento” viene steso sulla parte esterna del vetro, che esposto a cottura assume un colore giallo dorato inconfondibile. I nostri vetri stavano prendendo forma, i colori avevano equilibrato le trasparenze, ma mancavano ancora ombreggiature e volume. Per ottenere questi effetti si impiega la tecnica della grisaille, una polvere impalpabile costituita da ossidi e veicolata con acqua. La grisaille viene stesa a pennello e poi sfumata con un largo pennello di tasso per distribuire la giusta quantità lungo tutta la superficie da coprire. Una volta asciutta resta sul vetro come un leggero velo di cipria pronto per essere modellato e lentamente il disegno prende volume e forma. Con questa particolare tecnica l’operazione del “togliere” ha un’importanza pari a quella del “porre”: si ottengono effetti straordinari grattando via la grisaille con il manico di un

pennello, piuttosto che con un bastoncino creato sul momento per ottenere “l’effetto” voluto (come nel caso del damasco blu sullo sfondo di San Pietro o di quello rosso-blu di Sant’Antonio), ma anche sfumature morbide con tocchi delicati di pennello e tratti decisi di luce intensa. È sempre Teofilo a dedicare un capitolo alla tecnica della grisaille: “Se sarai applicato in questo lavoro potrai fare le ombre e le luci delle vesti allo stesso modo nel quale vengono fatte nella pittura che usa i colori. … E la tua pittura sembrerà fatta con una varietà di colori” (Castelnuovo, 1994, p.53). A questo punto i frammenti di vetro sono stati riposti nel forno e cotti per stabilizzare la pittura, un trattamento fondamentale per la durata e la conservazione nel tempo delle vetrate. Una volta appurata la riuscita della pittura, le vetrate erano pronte per essere legate. La “messa in piombo” così definita è un’operazione delicata. Sono poche le vetrate giunte fino a noi che conservano i loro piombi originali, la cui sostituzione ha sovente compromesso il disegno delle stesse rendendole inespressive. Ogni pezzo di vetro viene introdotto entro le gole del piombo, barrette metalliche con sezione ad “H”, la cui funzione è di tenere insieme i vetri e nel contempo sottolineare il disegno e delimitare le immagini. Anche il piombo riveste un importanza particolare che concorre alla buona riuscita

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dell’effetto visivo: nello specifico si sono utilizzati diversi formati che alla fine risultano armonizzati nell’insieme. I vetri congiunti tra loro con logica successione si uniscono gli uni agli altri compattandosi. Constatata l’esattezza delle misure e vincolate le vetrate tra assette di legno, abbiamo proceduto con la saldatura tramite stagno per fissare il tutto. Questa fase di lavorazione richiede particolare attenzione, una saldatura non curata risulta debole e non solo potrebbe risultare sgradevole alla vista, ma rischierebbe di provocare rotture nel vetro. Siccome la stessa operazione deve essere ripetuta dalla parte opposta, l’intero pannello istoriato è stato quindi girato, ma con gesti abili e misurati poiché, non essendo ancora del tutto saldato, è ancora molto fragile. Durante le manovre di capovolgimento si riusciva già ad intravvedere quale sarebbe stato il risultato finale: la luce, seppur debole e un po’ sfalsata del laboratorio, attraversava i vetri creando degli splendidi fasci di colore. Da ultimo, non per importanza ma per successione, è stato il consolidamento delle legature con la “mestica”, un composto di elementi naturali come gesso, colla e olio, spalmata e poi rimossa con spazzole di saggina e segatura dall’intera vetrata su entrambi i lati. Questo composto, infiltrandosi negli interstizi tra vetro e piombo, garantisce all’insieme solidità ed elasticità al tempo stesso.

Le vetrate, dopo essere state lasciate a riposare il tempo necessario per raggiungere il giusto grado di essicazione, erano pronte per essere assicurate ai telai in ferro e quindi collocate in opera. Esserci strettamente attenute alle tecniche ed ai procedimenti antichi, sostanzialmente inalterati nel corso dei secoli, crediamo abbia contribuito alla riuscita dell’intervento ed alla perfetta integrazione delle due nuove vetrate con l’ambiente Un ringraziamento particolare all’amico e consorziato Davide Bianco che con maestria e perizia ha concorso alla perfetta riuscita del lavoro.

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