Coolclub.it (Settenbre 2003)

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Resto Nudo e Manifesto Vorrei scrivere della voglia di non far niente, ma non c'ho voglia. Vorrei dire che sono un nullafacente, che non me ne frega nulla di nulla. Che non ho problemi. Che passo le giornate a contare le farfalle. Che quello che devo mangiare oggi non costituisce il mio pensiero fisso. Vorrei raccontare di una lunghissima camminata a passo di lumaca lungo una spiaggia deserta. Vorrei dire che ho passato tutta la giornata di ieri a parlare con il cielo. Vorrei dire che se non mi va posso anche evitare di vestirmi. Vorrei dire che posso aprire l'atlante e decidere dove farò colazione dopodomani. Vorrei dire che scrivere non è faticoso e che mi fa piacere farlo. Che se voglio rubo e se voglio pago. Che se voglio mento e se voglio dico la verità. Ho sentito la brezza marina sulla pelle all'alba dopo aver passato una notte in spiaggia, un fuoco una bottiglia un amico sigarette e sogni adolescenti e disastri veri. Come tutti passo ore in fila per ritornare alla realtà. Quando posso mi lavo sotto la pioggia estiva correndo forte, per stancarmi, e uscire. Fra le braccia di una donna oggi ritrovo dolcezza che aveva lasciato la mia pelle. E una buona cena continua a darmi soddisfazione. E mi stupisco. Ancora, mi stupisco. Fumo, non abbiatemene, sempre tanto. Contro ogni logica. Contro ogni parola che mi vuole gonfio di salute, fisica e mentale. Contro la paura di morire. Cerco un modo nuovo per dire no, scritto piccolo, nell'angolo di un muro, sopra un tombino, o sul mio pacchetto di sigarette, su una bottiglia di vino buono, che non faccia venire il mal di testa il giorno dopo. Ogni volta che è possibile cerco di sognare, e di capire se è per voglia o bisogno che faccio le cose che faccio. E cerco, a volte, di capire perché non faccio cose che andrebbero fatte. Mi sento mediamente stanco come tutte le persone che ritengo dotate di buon senso e ancora, non penso che ogni sforzo sia privo di valore. In silenzio e senza che altri lo vedano. Ma credo che abbia un significato. Credo che ci siano dei gesti che vadano fatti e un pugno alzato mi emoziona. E certe volte la mattina mi alzo dal letto senza voglia, con un vago senso di inappartenenza, e fra i denti, accendendomi, non me ne abbia il ministro Sirchia, la prima sigaretta della giornata, mi canticchio piano, a muso duro, una canzone della BandaBardò che mi piace tanto e che fa più o meno così: “Oggi non lavoro, oggi non mi vesto, resto nudo e manifesto”. dario

Saluti e baci. Oggi è già settembre e tutto ricomicia. Comincia una nuova stagione e dopo i mille baci rubati, negati, regalati ancora 24.000 ne vorrei. Perché mi piacciono i baci: quelli agli amici, quelli alle donne, quelli agli uomini, ai miei due gatti, ai bambini dentro e fuori. E mi piace ricordare quelli pieni di lacrime, di passione, di rabbia, di falsità, quelli pieni delle parole che non riesci a dire, quelli pieni di desiderio. Pensare a tutti i baci che non ho dato mai, da quelli raccontati a quelli filmati, da quelli cantati a quelli che darò. uardare la gente che si bacia e poi sorride. E poi di baci ne esistono un sacco di tipi e dietro ogni bacio ci sono storie, a volte stranissime. Una donna cinese ha deciso di chiedere un risarcimento, dopo che un incidente stradale l'ha resa incapace di baciare come si deve. La donna, identificata soltanto come Miss Tao, afferma infatti che le sue capacità "labiali" sono state seriamente compromesse, dopo che l'impatto le ha procurato due denti rotti e brutti tagli alle labbra. Nella causa, l'uomo che ha provocato l'incidente è accusato di aver danneggiato la donna "nel corpo, nella salute, nella proprietà e nel bacio". Adesso Tao spera in un risarcimento per danni equivalente a circa 5 mila euro. La donna soffre anche di perdita della memoria a breve termine, e non è ancora stata in grado di mangiare in modo normale dal giorno dell'incidente. Ma ciò che le manca di più, secondo le sue parole, è "l'emozione di un dolce bacio". Per un bacio rubato, un malaysiano di 36 anni ha perso tre centimetri di lingua e rischia una condanna fino a dieci anni di carcere e alcune frustate. A quanto scrive il quotidiano New Straits Time, l'uomo, Ahzahar Ahmad, si è introdotto in una casa di un quartiere popolare di Alor Setar, città costiera 400 chilometri a nord dalla capitale, e ha assalito una casalinga addormentata nel suo letto, dandole un "bacio profondo". La donna, Siti Mariam, 30 anni, ha reagito istintivamente mordendo il "corpo estraneo". Poi si è svegliata lanciando un urlo, ma è riuscita soltanto a vedere una figura scura che fuggiva. Dopo due ore Siti ha notato sul cuscino il pezzo di lingua tranciata. Ahzaharè stato arrestato quando, molte ore dopo si è presentato in un pronto soccorso per farsi medicare. E' poi comparso in tribunale dove è stato incriminato per "assalto contro la modestia". Baci pericolosi, baci strappati, non baci, storie di baci trovate in un pomeriggio a spasso su internet. In fondo però quando due labbra si uniscono succede sempre qualcosa, nel bene e nel male. Qualcosa cambia o si trasmette, comincia o finisce. Viva il bacio dunque, perché, tranne casi estremi, è senza controindicazioni, viva il bacio perché, tranne casi estremi, non fa sudare, viva il bacio perché anche se dura anche un secondo, in casi estremi, ti fa chiudere gli occhi e dimenticare tutto quello che c'è intorno. Bacini e rock and roll. Osvaldo

La Fede

s.r.l.

Copertino - LE

Questa è dunque la fede e io no. Parlo di una cosa che non mi appartiene, non mi è consueta. Le mie radici conficcate nella terra rossa del sud dove vivo hanno visto funerali con la banda del paese che suona la marcia funebre per le vie del centro, hanno visto le prefiche, hanno visto le processioni con i santi a mare e a terra. Le mie spalle hanno portato e sofferto statue, profane, ma a questo mondo di religione ispirate. La fede non mi appartiene, nonostante questo, nonostante lo sforzo di mandarmi in chiesa tutte le domeniche da parte di mia nonna. Sono un uomo di questo mondo e sono miope, oltre il mio sguardo limitato non vado. Un difetto forse, o una necessità, ma tant'è. Mi è capitato di incontrare le fede. La fede quella forte, che spinge a fare cose che agli occhi di un estraneo ai culti, un forestiero delle religioni, cui nessuna religione è familiare, cose che a questi occhi non avvezzi a certa luce sembrano assurde e ingiustificabili. La fede l'ho incontrata in un paesino di settemila anime e ne ho sentito tutta la forza, tutta l'energia che settemila corpi possono sprigionare quando sono tesi verso lo stesso obiettivo e spinti dallo stesso credo. È facile il paragone, certo, tra una processione religiosa e un corteo politico, ma l'atmosfera seria, tesa, irreale quasi che in entrambi i casi si sprigiona è la stessa. Una mi appartiene l'altra no, e l'ho vissuta da spettatore rispettoso e attento. E ho capito che la religione può andare oltre un semplice culto ecclesiastico e che usare termini come fanatismo o follia collettiva è riduttivo. E ho capito che ci sono cose che possono sembrare kitsch, di cattivo gusto, carnevalate prive di senso, ma un senso lo acquistano nel momento in cui più di diecimila persone si buttano a terra sulle ginocchia in venerazione di una statua vestita di oro. E c'è un senso, ci deve essere un senso, anche se a me può sfuggire, anche se io posso non coglierlo, ma ci deve essere se mille persone si percuotono il petto con una spugna di sughero su cui sono infilzati spilli, per più di sei ore, sanguinando e soffrendo in segno di fede e penitenza. Io non sapevo cos'era la fede, lo ignoravo, da uomo ancorato ai miei vizi, alle mie lamentele continue, ai miei contesti da cui difficilmente riesco a slegarmi, ai miei libri scritti da altri uomini come me e che parlano di uomini come me. Io ignoravo la fede. E se è questa dunque la fede mi spaventa. dario


Yuppie flu Giovedì 11 Settembre. Mata Hari - Cutrofiano Yuppie flu sono una di quelle band che fa tirare un respiro di sollievo per le sorti della nostra musica indipendente. Il loro atteso ritorno ha confermato l'evoluzione di un percorso cominciato nel '97 con “Automatic but static” è proseguito nel '99 con “Yuppie flu at the zoo”, album che sembra rievocare alcune suggestioni in stile Pavement unite a piccoli accenni psichedelici di stampo Mercury Rev. Con “Days Before The Day” il tiro si alza e il risultato è un disco maturo e di una bellezza e di un'intensità rara. Un indie pop accattivante, sognante, confezionato come un pacco di caramelle. Una canzone tira l'altra e vorresti che il disco non finisse mai. Brani che uniscono un'elettronica minimale a chitarre, archi e una voce timida e svogliata che ricorda quella dei Grandaddy. Ci muoviamo nei territori low-fi e il tutto è accostato con una semplicità emozionante e diretta che ti cattura e rallenta il ritmo e il rumore di quello che ti circonda. Raffinato e ricercato, pieno zeppo di canzoni bellissime, “Days before the day” è un disco che non ha geografia, un disco che segna la resurrezione annunciata di una scena italiana senza targa, che viaggia e va lontano grazie anche a gruppi come Giardini di mirò e Julie's hair cut.

Lingerie, Psycho Sun, Violle. Sabato 13 Settembre Palazzo Ducale - S.Cesario Una serata, tre concerti, tre band, tre generi musicali, tre realtà del Salento alternativo. Nel Palazzo Ducale a S.Cesario Lingerie, Psycho Sun e Violle. I Lingerie sono una giovane band che propone un fresco e potente power-pop. Melodia ed energia unite in canzoni guidate da una chitarra e una voce tutta al femminile. Una band che si muove nei territori del nuovo rock italiano contaminandolo con soluzioni che ricordano un po' il grunge. Gli Psycho Sun sono una delle band storiche della scena indie salentina. In pista dal '95 gli Psycho Sun suonano un garage-punk sporco e veloce. Pezzi vecchi e nuovi in attesa del nuovo lavoro in studio in uscita in autunno. I Violle sono una delle band più sperimentali del nostro rock. Post-noise cantato in italiano, intricate strutture e intrecci musicali che lasciano affiorare melodie wave. Il rock nelle sue varie forme, uno spaccato della nostra musica.

Caffè e sigaretta cacata perfetta

Dopo pranzo come digestivo Prima di pranzo come aperitivo

Birra e sigaretta serata perfetta

Se sei nervoso accendine una

Prima di dormire per chiudere in bellezza

Non conto le sigarette che fumo ogni giorno, altrimenti mi innervosirei e fumerei di più.

Appena sveglio per ripartire alla grande

Non negare, anche tu dopo l'amore

Una per ritrovare la concentrazione Due per distrarsi del tutto

Personalizza il tuo pacchetto con gli esclusivi stikers di CoolClub.it

Caffè Letterario Sabato 13 Settembre Via Paladini n° 46 - Lecce Il Caffè Letterario ritorna anche quest'anno per un inverno pieno di musica, teatro, mostre. Come ogni anno continuano i corsi per imparare, avvicinarsi o appassionarsi a una lingua, a uno strumento, alla fotografia, al cinema, alla letteratura. Come ogni anno è possibile leggere i libri in consultazione, trascorrere un piacevole pomeriggio e ammirare ogni due settimane l'allestimento di una mostra diversa. E poi le serate in compagnia di Sound & Vision for the club ogni mercoledì, l'appuntamento settimanale con le selezioni dei dj di Coolclub. E ancora piccoli spettacoli teatrali, concerti acustici, presentazioni di libri e tanto, tanto ancora. Sabato 13 settembre inaugurazione, presentazione della mostra The Cheap Show (sette digitopitture a cura di Paolo Guido) e musica con Sound & Vision for the club.

Svegliarsi e avere la sensazione di non essersi lavato i denti. Accendersi una sigaretta e sentirsi meglio.

Non fare fumare agli altri le tue sigarette. Che se le comprino.

L'alcol uccide (ops!)

Meglio prima, dopo, o durante il sesso?

Se le fumava anche Gighen

Preserva i fumatori. Non fare avvicinare loro i bambini.


E SONO RIMASTO Lì COI MIEI ADDOMINALI... E SONO PURE SIMPATICI “L'estate sta finendo un anno se ne va sto diventando grande lo sai che non mi va” cantavano qualche anno fa i mitici Righeira che poi fecero una brutta fine e uno dei due (e non vorrei querele) finì dietro una ringhiera (del carcere). L'estate sta finendo e ci porteremo dentro molte cose da quelle tristissime a quelle allegrissime come al solito. Ci porteremo dentro l'estate più torrida dell'ultimo anno (con i black out programmati e quelli improvvisati), la fine della guerra in Iraq (scusate mi ero bushizzato), le esternazioni matte e disparate di Berlusconi (presidente la saluto). Condurremo negli annali della memoria le dichiarazioni su Ustica del premier libico Gheddafi (anche i generali ormai sono regolarmente eletti) e avremo nella mente il primo gol di suo figlio che dopo aver acquistato delle azioni della Juve scende in campo con la maglia del Perugia. E visto che in Italia si vive di solo calcio ricorderemo a lungo le polemiche sulla serieABC con il decreto Salva-Calcio del Governo che ha combinato più guai di prima. La giustizia sportiva non esiste più, la giustizia divina latita. Se vinci perdi, se perdi vinci. E a proposito di sport questa estate è proseguito il tormentone delle veline, schedine, letterine, littorine, con calciatori, cestisti, velisti, astisti, castristi. Insomma tg trasformati in Novelle2000 quotidiane con Vieri che si scoccia e cambia Canalis, con la Kanakis che sfodera le presenze da salotto, e le gite alle Canarie che si trasformano in calvari per turisti faidate. Insomma racconta racconta i tg delle vacanze abbondano in culi e sfoderano tette prodigio tanto che Tinto Brass ha sentito l'esigenza di andare oltre e fare un vero film porno. Ma soprattutto di questa estate ricorderò la vagonata di concerti che si sono tenuti nella provincia di Lecce: Gilberto Gil, De Gregori, Max Raabe, Lindo Ferretti, Lou Reed, Caetano Veloso, Carmen Consoli, Franco Battiato, Goran Bregovic, il Tora Tora, Roy Paci, Manuela Villa, Christian, Ricchi e Poveri, Scialpi, Spagna, Dik Dik sono passati tutti da qui. Famosi e meno Famosi (e anche quelli di Saranno Famosi), giovani e meno giovani (una vera carica dei 101 anni) hanno tutti approfittato delle bellezze salentine, compresi Gorbaciov che si è scoperto portare in testa la voglia a forma di Salento - e Stewart Copeland che ha guidato con potenza la Notte della Taranta con 40mila persone in piazza a Melpignano. E poi porterò i segni del mio tormentato rapporto con le radio, con quell'aggeggio che gracchia sempre le solite fantastiche canzoni. E io sono ormai schiavo del mio telecomando e vado alla ricerca come il pane dei titoli, delle

hits, dei classici che classici sono solo per una estate. E allora devo consegnare la palma d'oro a quei geni delle Vibrazioni. “Stringimi ancora come quella volta in spiaggia, con la luuuuuuna in una notte d'estate”: altro che Giulia (anche se probabilmente pure questa è dedicata a lei con quello sconvolgente riferimento al seme sul ventre) questa è roba per intenditori. E che dire del Capitano Uncino (che è figlio di uno dei Pooh, credo quello del SI PUOA) o di Dj Bobo che ci ha scassato con il suo cane o Neffa “prima di andare via”. Ma poi è stata anche l'estate del rilancio femminile (e poco femminista) delle sorelline Paola e Chiara. La loro carriera rappresenta l'evoluzione della specie: da “Amici come prima” a “Kamasutra” il passo è breve. Con questo video hanno veramente fatto un colpo da 90 (posizioni, però). A proposito di numeri arriviamo al 9 di Eros Ramazzotti la sua “Emozione per sempre” è uno dei tormentoni di questa Estate 2003, un inno all'amore (mi pare) presentato al Festivalbar dalla ex moglie Michelle Stuzzicher che dopo mesi di astinenza (propagandata da tutti i giornali) torna tra le lenzuola (propagandate da tutti i giornali). E poi si faccia avanti chi riesce a spiegarmi la canzone della signorina dammitreparolesolecuoreamore. Un testo allucinogeno che parla di pane, patate, bricco, briccona, colla, cipolla. Altri tormentoni alla Tiziano Ferro sono stati Gatto Matto di Roberto Angelini e quello scassone di Paolo Meneguzzi vero, falso, vero, falso: più che una canzone una macchina della verità. E poi, come al solito, spazio ai ritmi latino americani con il Jovanotti che produce il suo collettivo con A vida e i Tribalistas che hanno imperversato con Ja sei innamorar. Ultimo pensiero per il figlio delle stelle Alan Sorrenti che si è riproposto con un pezzo da spiaggia. Last but (assolutamente) not the least un uomo chiamato Cardillo che, scaricato dalla sua dolce pulzella, rimane lì con gli addominali. Se gli avessi anche io potrei diventare un cantante. Invece posso solo cambiare canale. Gazza

Mama Roots Giovedì 18 Settembre Mata Hari - Cutrofiano Serata a tempo di reggae con una delle migliori band pugliesi: i Mama Roots. Sonorità tipiche della tradizione reggae, arrangiamenti semplici, accordi legati alla giusta melodia per questa band tutta brindisina. Il gruppo nasce alla fine del 1999 dall'incontro tra ragazzi provenienti da esperienze eterogenee ma accomunati dalla passione per la musica reggae. Il primo album autoprodotto composto da 9 tracce inedite "Difendo Ideali" ed il tour promozionale, nelle cui esibizioni creano un grosso feeling con il pubblico, portano i Mama Roots all'attenzione della scena musicale reggae: partecipano ad importanti eventi live quali Suoni della Terra, Sikula Reggae e Raggadam party. Con il nuovo Cd arriva la partecipazione al Rototom Sun Splash, il più grande happening europeo di musica reggae che si svolge come ogni anno ad Osoppo (UD).

Giorgio Canali Giovedì 25 Settembre Mata Hari - Cutrofiano Giorgio Canali è conosciuto ai più come il chitarrista prima dei C.S.I. e poi dei P.G.R. al fianco di Giovanni Lindo Ferretti e Gianni Maroccolo. Il debutto come solista è avvenuto nel 1998 con l'album “Che fine ha fatto Lazlotoz”, pubblicato in Italia dalla Sonica e distribuito in Francia con il titolo "1000 Vietnam". Accanto all'attività di musicista ha sempre affiancato quella di produttore lungo tutta la sua carriera, portandolo a collaborare con band italiane e non come Noir Désir, Corman & Tuscadu, Timoria, PFM, Litfiba, CCCP, Yo Yo Mundi, Santo Niente, L'Upo, Verdena, Tre Allegri Ragazzi Morti, Virginiana Miller, Circo Fantasma, Marlene Kuntz,, Macromeo, Ulan Bator, Melt, Mush, A Suble Plague, FFF, Fourire, Puntog Blu, Wolfango e Despondents. Nel 2002 pubblica per l'etichetta indipendente Gammapop - a pochi mesi di distanza dall'omonimo album dei P.G.R. - il suo secondo disco solista, intitolato “Rossofuoco”. DISCOGRAFIA ESSENZIALE CHE FINE HA FATTO LAZLOTÒZ - 1998 Sonica/Polygram ROSSOFUOCO - 2002 Gammapop

Royal Rumble Sabato 4 Ottobre Istanbul Cafè - Squinzano Ritorna l'Istanbul Cafè, il locale simbolo del divertimento alternativo leccese. Torna anche quest'anno con la sua programmazione fatta di eventi live, dance hall e feste. Torna con la sua rosa di dj al completo per la grande serata di inaugurazione. Torna la grande sfida, torna il mitico Royal Rumble. Ve lo ricordate il Royal Rumble? Lo scontro finale, la grande rissa. Erano gli anni del Wrestling e la voce di Dan Peterson commentava le eroiche imprese di guerrieri che lottavano per vincere. E il 4 Ottobre la sfida si trasferisce nell'Istanbul Cafè. I gladiatori del lettore si scontrano con i macisti del vinile nella più grande serata dell'anno. In consolle alcuni dei tuoi dj preferiti pronti a darsi battaglia per trionfare, per stabilire una volta per tutte chi è il migliore. Sonic the Tonic, Insintesi, Tobia Lamare, Postman Ultrachic si incontreranno nell'arena per farti ballare. Un melting pot di generi musicali, un crogiuolo di suoni per divertirti tutta la notte. Tutti siete invitati a questa battaglia che alla fine proclamerà un vincitore. Ne resterà solo uno, e chi vince lo decidi tu. Balla, fischia, batti le mani, salta. Dimostra con ogni tecnica possibile la tua approvazione. Non esistono limiti di genere, ogni stile, ogni forma musicale, anche quelle segrete e proibite, sono accette nella grande sfida.

ISTANBUL CAFE Alternative since 1997


Intervista a Cristiano Godano-MK Alle due e mezzo di un afoso pomeriggio di inizio Agosto ho un appuntamento telefonico con Cristiano Godano per un'intervista. Compongo il numero datomi dal suo manager ma in realtà non mi sarei aspettata di trovarmi a parlare direttamente con lui. “Ciao sono Valentina, chiamo da Lecce, per il Salento Summer Festival, dovrei fare un'intervista...”- “Sono io”. Penso “ah”. Metto da parte, in un attimo, quello che probabilmente gli avrei chiesto in altra sede, in altri momenti e attacco… Vorrei iniziare con il ripercorrere quella che è la storia dei Marlene Kuntz. Da quando Riccardo e Luca, nel lontano '89, incontrano te, che uscivi dall'esperienza Jack on Fire, e iniziate a suonare insieme. Nel '94 l'uscita del vostro primo disco Catartica, ancora senza Dan al basso, che arriverà nel '95. Da allora siete sempre e solo voi. Squadra che vince non si cambia... Beh, non si tratta di una squadra che vince. Sicuramente una squadra che ha capito sin da subito che insieme si lavorava bene e che ad ogni prova riusciva a dare il meglio di sè, per misurarsi e superarsi. Come succede per ogni forma d'arte nell'avventura artistica ci deve essere condivisione e noi abbiamo condiviso l'onestà intellettuale di fare le cose come volessimo farle, sempre. Senza interferenze. Con orgoglio siamo arrivati al nostro quinto album, in attesa del sesto. Non è facile per un gruppo che fa musica rock, non proprio uniformata al panorama musicale che è intorno. E proprio a proposito di questo, una volta hai detto che la maggior parte della stampa di rilievo vi considera una band “eccessiva”. Ma tu hai idea di quanti invece considerandovi per nulla eccessivi vi seguano con dedizione e passione? ... Anche io sono una persona passionale e mi accorgo e apprezzo la gente che ci segue. Ne sono orgoglioso. I Marlene hanno subito diverse critiche ma quello che fanno è esattamente ciò che vogliono dalla musica. Così come non capisco perché ci si debba aspettare da loro una musica a tutti i costi aggressiva. Cristiano Godano ha 36 anni adesso, è cresciuto, e la sua musica con lui. Il tempo passa, si cambia, si matura. Ascolto e riascolto i vostri lavori, da Catartica a Senza peso. Da Sonica ad Esangue Deborah, da La vampa delle impressioni ad Ineluttabile, da Cara è la fine a Schiele, lei, me. Mi sembra che ogni vostro pezzo celi una storia dietro di sè. Contrasti forti e irrisolvibili che vivono dentro ognuno di noi, ai quali tu riesci a dar voce. È un modo molto romantico di leggere la nostra musica. Certamente nel comporre un pezzo risalgono alla memoria delle esperienze vissute, ma non tutto quello che viviamo è tradotto in musica e trova spazio nei nostri brani. Ciò che più mi interessa è non ripetermi mai in quello che faccio. Cerco di far emergere diversi stati emotivi, senza mai sconfinare nella gratuità. Ovviamente non posso parlare di tutto ciò che la gente prova dentro sè. Sarebbe troppo difficile farlo, ed io non sono un genio.

Cristiano, i testi dei vostri brani sono scritti da te. Immagino che tu legga tanto, ma quanto ti piace scrivere? La tua scrittura sarà sempre solo legata alla musica o hai in mente di scrivere dell'altro? Per esempio (e sorrido) ho letto Il vortice, scritto nel '97, quando qualcuno ti chiese di buttar giù qualcosa… (Ringrazio Jory per avermi fatto conoscere Il Vortice, che non conoscevo ndr) E ti è piaciuto? Sei la prima persona che mi parla di quel pezzo, sono contento che tu lo conosca. Mi considero un buon lettore, anche se ciò che leggo richiede grande concentrazione, cosa che non sempre riesco a trovare, per la vita che conduco. Lo scrivere poi mi procura una tribolazione interiore, ci metto dentro tantissima energia, è una fatica. Non voglio deluderti con la mia risposta, ma non credo che per ora scriverò qualcosa. C'è tanta letteratura in giro, buona o meno, e io ho paura di affrontare questo tipo di lavoro, adesso. Due dei miei testi in particolare sono autoreferenziali e parlano del particolare mondo delle proprie creazioni. Ad esempio “Ci siamo amati”, che fa parte dell'ultimo cd, sembrerebbe una storia d'amore tra un uomo e una donna… Invece parla del rapporto tra me e qualcosa che io ho prodotto. (Penso alle parole di quel testo- “Ti ho voluta senza pormi freno e mi hai pervaso quasi fossi la mia divinità…”- sorrido tra me e me e continuo) Sono contenta che tu mi abbia svelato il significato di quel pezzo, me lo sono sempre chiesto. Ma adesso, parlami dell'intensa attività live che vi sta vedendo impegnati in questo periodo, tre mesi di tour… Sta andando bene, i ragazzi vengono in tanti ai nostri concerti. Questo è un momento particolare e difficile per i gruppi, per quanto riguarda la vendita dei dischi -naturalmente il fenomeno Internet incide- ma noi siamo felici di come stia rispondendo il nostro pubblico. Dopo cinque dischi non potremmo desiderare nient'altro, sono sempre ancora in tanti a seguirci. È vero (confermo io)… e dunque arriverete anche nel nostro basso Sud per una tappa del vostro tour. Cosa ci proporrete al Salento Summer Festival? Inizierete con brani nuovi per concludere con pezzi tratti dai vecchi lavori? Ricordo la scaletta dei concerti visti quest'inverno… No, non inizieremo con le tracce di Senza Peso, sarebbe stupido. Nessun gruppo inizia un concerto con pezzi che il pubblico non ha ancora assimilato… Però Schiele, lei, me la farai? ( Mi viene spontaneo chiederglielo anche se so bene non sia molto professionale) Beh…-ride lui- in realtà al momento non sta in scaletta ma se questa è una richiesta… vedremo… Mi rendo conto che le mie domande siano tese a soddisfare miei particolari desideri e curiosità piuttosto che l'interesse comune. Così decido di finire la mia intervista e lo ringrazio per i trenta minuti di conversazione. Una conversazione che mi ha aiutato a capire qualcosa in più di quella che mi è sempre apparsa come una persona misteriosa ed ermetica. Come i suoi testi. Come la sua musica. Valentina

Erri De Luca Il contrario di uno Feltrinelli 2003 Io, come quasi tutti quelli che lo conoscono e con i quali mi capita di parlarne, mi sono innamorato di Erri De Luca leggendo In alto a sinistra, raccolta di racconti dal gusto elegante e delicato, asciutto e forte. E questo è lo stile di questo scrittore napoletano di origine, ma operaio a Torino ancora ragazzo. Ogni volta che leggo un libro di Erri De Luca mi capita di ritrovare in alcune pagine le stesse emozioni che quel primo libro letto d'un fiato mi aveva mosso, ma in pochi casi si è ricreata quella stessa magia. Credo che questo sia normale e che non sia dovuto all'incapacità dello scrittore di ritrovare la vena di quei racconti ma ad un diverso stato d'animo da parte di chi leggeva. Il contrario di uno fin dalle primissime pagine mi ha riportato indietro, a quando aprivo per la prima volta In alto a sinistra, mi ha subito dichiarato la sua forza di libro di racconti scritto per urgenza, per necessità di uomo che vive in un tempo che sente il bisogno di dire, di raccontare, attraverso i suoi occhi. Che sono occhi di cittadino che vive con rabbia quello che anche noi viviamo con rabbia, che assiste non immobile e non immoto alle nostre stesse tragedie. Racconti dal tono molto personale, che spaziano dall'impegno civile alla fuga sulla montagna, all'amore che non è necessariamente quello consolante e facile di tanti romanzi e pellicole che ci arrivano da oltreoceano. Il contrario di uno non è molti ma due. E due non prevede necessariamente l'amicizia, o l'amore, o la militanza dallo stesso lato della barricata. Due prevede anche il nemico, la violenza, la ferocia e la cattiveria, che Erri De Luca dichiarandosi umano fino in fondo non nasconde di avere, come in Una storia molto cattiva, racconto di montagna che lascia trasparire con cruda semplicità come due uomini possano ammazzarsi così “solo perché sono vivi”. Al centro del libro viene riproposti vecchi racconti che Erri De Luca ritiene abbiano riacquistato oggi il loro senso originario. Un libro serio Il contrario di uno, che non ti accarezza, ma ti tiene sveglio, perché per pensare bisogna essere svegli e Erri De Luca è uno a cui piace pensare e far pensare. E ci riesce. Dario

Oggi 2 settembre 2003 di Davide ...ovvero patchwork di fine estate. Meno 12 giorni all'inizio della scuola. Meno 16 alla festa di San Giuseppe da Copertino (protettore degli studenti). Meno 82 giorni ai miei trent'anni. Meno 120 all'inizio di un nuovo anno. Spoltronato “osservo”, un pò cinico e un pò deluso, il sentore che mi pulsa nell'orecchio e che in alfabeto morse mi avvisa il principio di un fallimento: il mio! 395 giorni fa son tornato nel salento: tanto sole, mare, ientu e poche certezze sul mio futuro. Devo andare a teatro. Sto leggendo un promo; dice: “Mi dimetto dagli ulivi, mi dimetto dalle frisellate per turisti. Mi dimetto dalle pennellate di bianco sui centri storici. Mi dimetto dal dover amare indistintamente tutti i miei parenti. Mi dimetto da lu sole, lu mare, lu jentu. Mi dimetto dal Sud. Io mi dimetto, e tu?” Anche io! Non reggo più. Sole, mare, vento, nottate, percorsi eno-gastronomici, storie, parenti che ti domandano in continuazione: HaiTrovatoLavoroHaiLaFidanzataQuandoTiSposi, “parole, parole, parole” e ancora parole che fanno “molto rumore per nulla” nell'attesa de “Il Miracolo”. Nel frattempo traccio le “strade” del mio “discolabirinto” alla ricerca di una “nuova ossessione”, immaginando una vita piena di “epica,etica,etnica,pathos” come una “mosca bianca” ne “l'era del cinghiale bianco”. Ma “un tram chiamato desiderio” - “il vile” - , “comu na petra”, fa “tabula rasa elettrificata” buttando “tutti giù per terra”. Così “il paradiso può attendere”, mentre sogno che “la signora della porta accanto” mi porti “fragola e cioccolato” e, nell'attesa che arrivi “il grande freddo”, “io ballo da solo” “il valzer di un giorno” con “canzoni preghiere danze del II millennio”.


Mark Cirino

Appaloosa

L'amore inutile TEA 2001

Appaloosa Ondanomala rec. 2003

Cammina dritto e veloce senza meta tra le strade grandi e affollate di New York. Incrocia gli occhi di milioni di persone, sguardi muti e senza significato. Sfiora le labbra di colei di cui conosce a stento il nome, Cuoredoro la chiama. Beve whisky e suona l'armonica. Tutto questo quando il suono assordante di uno sparo rimane ancora vivo e si propaga nell'aria e quella scena straziante di lei, la sua lei, “sparpagliata su tutto il pavimento”, gli è ancora impressa negli occhi. Come forse lo sarà sempre. È la storia di Sam, protagonista di questo libro-monologo, un libro e un monologo che mi è piaciuto e non piaciuto, a volte così crudo e aspro da far strizzare gli occhi, a volte così sincero e poetico da farli quasi lacrimare. Perché c'è poco da fare, l'amore fa piangere e la morte ancora di più. Tutt'e due insieme sono la rovina. Mark Cirino, americano, al suo libro d’esordio, scava nella psiche di un ventunenne alle prese con il suicidio della sua ragazza, sua amica, sua convivente. Leonia, “non una tipa facile”. E allora niente è più lo stesso. E non riesce più ad ascoltare quella canzone che ascoltava con lei, non riesce più a fare l'amore, non riesce più a vivere in quell'appartamento in cui entrambi vivevano. La sua vita è distrutta e da ricostruire. Così decide di tornare nel New Jersey, Sam, nella casa di genitori che non sono mai riusciti a capirlo. E come il ritmo di un pezzo rock e come il testo di una canzone blues, le parole di Sam scivolano via, si rivolgono al lettore, amico e confidente per qualche istante. Scaricano la sua rabbia, urlano silenziosamente il suo dolore, fanno a pezzi i ricordi, infrangono la realtà. Con un tono ironico e un linguaggio spontaneo, a volte fin troppo, il protagonista attira l'attenzione, cerca sfogo e complicità. “ Potrebbe essere una sinfonia creata da una rock band” dice l'autore del suo libro. “ E il rock esprime esattamente ciò che una persona è, e sente”. Appare più un musicista che uno scrittore, nella scelta delle parole, pungenti, nelle frasi, scarne. Sulle note di questo romanzo s'increspano le mille riflessioni che un suicidio può provocare, sensi di colpa e rimorsi compresi. Le mille immagini di un mondo sfalsato visto attraverso gli occhi di un Sam ancora sotto shock. Musica, pensieri e poesia incontrano il disincanto, la durezza e l'aggressività.

Da due anni è nata Ondanomala Records, l'etichetta discografica di Arezzo Wave. Da due anni Ondanomala produce le compilation che accompagnano il festival e, ciliegina sulla torta, anche dei gruppi che al festival ci vanno come partecipanti e non come ospiti. I primi fortunati sono stati gli Amari, la seconda uscita, dal mio punto di vista più convincente della prima, è quella degli Appaloosa, band livornese vincitrice nel 2002 delle selezioni regionali toscane. Magistralmente prodotto da Alberto Brizzi, questo disco è suono allo stato puro. Figlio di Tortoise, Dirty Threes, Don Caballero. Un disco strumentale, sporco, distorto, pulito, distorto, ipnotico. Un insieme di viaggi con partenza, senza ritorno. Vibrazioni positive, geometriche, che a volte possono sembrare ripetitive, ma che ci mettono un attimo a deviare su canali diversi, palpitanti, disomogenei e carichi di tensione. Post Rock? Questo non è un termine che mi piace moltissimo, preferisco chiamarlo Rock Sperimentale. A tratti fusion, a tratti jazz condito da sano noise rock. La cosa stupefacente poi è l'eta media dei tre livornesi, 20 anni e una grande padronanza degli strumenti oltre che una interessante e matura vena artistica. Da citare sicuramente "Tozzi decadence", il brano presente anche sulla compilation di Arezzo Wave 2002, un loop distorto e ipnotico; "Agitated Summer", brano spezzato ricco di accelerazioni e cambi ritmo fino ad arrivare alla settima traccia, "Z", nervosa e convulsa. Certo questo disco non è di facilissimo ascolto, sicuramente però è una produzione coraggiosa, soprattutto se proposta da una struttura come Ondanomala records che aspira ai piani alti della discografia indipendente italiana. Cesare

Irina Denezkina Dammi! Songs for Lovers Einaudi Cos'è la globalizzazione? Se cercate da mesi una risposta e neanche il mattone No global ve l'ha fornita, e come avrebbe potuto?, leggete Dammi di Irina Denezkina. Dalla quarta di copertina scoprite che l'autrice è russa ha vent'anni e raggiunge successo in patria in pochi mesi (ma non ci avevano insegnato 'nemo profeta in patria'?). E già, immaginate un mondo difficile in cui i comunisti si sono mangiati tutti i bambini fino a poco tempo fa, e quelli rimasti, l'attuale generazione di 1525enni, compresa l'autrice, è costituita dai figli del comitato centrale e dintorni. Forse è così. Ma non importa. Perché Irina Denezkina scrive con leggerezza utilizzando immagini note, quasi care, che ti arrivano subito e poi andando per via ti lasciano un sorriso di consapevolezza. Negli undici racconti in cui si sviluppano storie post adolescenziali comuni ai più, i personaggi vivono in una dimensione in cui le conversazioni, quelle vere, in cui ti dici delle cose vere, si sviluppano in chat, per telefono o tramite bigliettini affissi in bacheca. Guardarsi negli occhi è vietato, anzi fa quasi paura. Solo post buona dose di droghe leggere o numero tendente a infinito di alcolici bevuti per darsi coraggio, senza gusto e poca voglia, gli sguardi si incrociano ma ormai troppo appannati e stanchi, fanno gli indifferenti, si dicono solo 'passavo di qua per caso, anche tu?'. Le femminucce si innamorano di quello bello che suona nella band locale o del compagno di università con i ricci sparsi e di tre anni più grande che forse non le vuole e forse poi si, i maschietti il più delle volte non capiscono (che novità) e intanto si imbottiscono di ogni tipo di sostanza e cantano un amore che non conoscono, mentre mamma MTV a fine giornata gli rimbocca le coperte. Banale, direte voi. Eppure in alcuni degli undici racconti scopri il puro lirismo dell'innamorarsi del nulla, il solo piacere di pensare a qualcuno e poi raccontarlo all'amica/amico del cuore che chiaramente non capisce o non coglie, scriverci un verso di una canzone che domani avrai dimenticato. E se non fosse per quei nomi difficilmente pronunciabili non lo sai più che sei in Russia e capisci che è vero che siamo una generazione unica che insegue gli stessi eroi fantoccio al di là di cortine di ferro e di cortine di un'informazione che non c'è e di cortine mentali che ci costruiamo da soli. E un po' di rabbia ti viene se questo modo globale di divertirsi è perdere coscienza di quello che potresti dire. Anche nella lontana Russia. Ma questa ragazza lo racconta bene. “Tutto il resto conta poco”. Maurizia Calò

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Lorenzo Corti Musical Buzzino Great Machine Pistola Canzoni fatte in casa, il progetto solista di Lorenzo Corti, chitarrista di Cristina Donà e in passato dei Delta V. Un disco italiano, un altro nuovo e interessante lavoro che ci allontana, fortuna, da bel canto e prodotti sanremesi per farci scoprire un'Italia dal respiro più internazionale. Un disco fatto di brillanti episodi pop in acido, canzoni in inglese nate in un periodo di pausa forzata registrate in casa di Lorenzo con alcuni amici musicisti e con la supervisione di Giovanni Ferrario dei Micevice. Si chiama “Musical Buzzino” ed è uscito per l'etichetta bresciana Great Machine Pistola con distribuzione Audioglobe questo disco in tredici episodi, appunti raccolti in giro e registrati come l'esigenza di trasferire la propria creatività liberamente. Lo stampo del lavoro è decisamente low-fi, il suono decisamente anglosassone, i brani di una rara eleganza. È difficile scrivere delle belle canzoni pop e in questo disco non mancano. L'album si muove in atmosfere intimiste in cui sembra di riascoltare il Beck più acustico ( “You”, traccia 4), poche impennate, tanta melodia, una cura minimalista negli arrangiamenti e nei suoni ruvidi che accompagnano una voce sempre un po' sotto, filtrata, a tratti distorta. Tra i brani originali fa capolino una cover strepitosa di “Maggie May” di Rod Stewart. I riferimenti musicali sono molti ma mai invadenti, la chitarra di Lorenzo è capace di compiere progressioni quasi funky per poi cadere in lunghi sustain pulp o reinterpretazioni del blues. Il tono che caratterizza le tracce di “Musical Buzzino” è quello confidenziale. Parole e note quasi sottovoce, canzoni da suonare e ascoltare in una stanza. La vera forza di questo disco, messi da parte i facili entusiasmi, è nella semplicità con cui è concepito sia a livello compositivo, sia a livello di registrazione e produzione. Questo lo rende un disco spontaneo, fatto di canzoni vere composte da un musicista con un indiscutibile talento.

The Cramps Fiends of Dope Island Vengeance 2003 Dopo cinque anni di assenza ritornano in grande forma, con un lavoro dirompente, i Cramps; un quartetto di ultracinquantenni che sembrano uscire direttamente da un set cinematografico di b-movie horror con retrogusto Russ Mayer. Dopo i vari problemi con le diverse etichette discografiche sono riusciti ad impadronirsi dei diritti di tutta la loro discografia creando un etichetta tutta loro, la Vengeance, che oltre a far uscire l'ultimo album sta ristampando in cd molti dei vecchi lavori. I Cramps rappresentano uno dei pochi modelli di come sia facile fare rock'n' roll energetico e malato restando estranei a mode stagnanti… Seguono impavidi e stoici il loro percorso caratterizzato da coerenza e determinazione. Siamo di fronte allo psychobilly compatto, che li ha sempre contraddistinti. Non cambia niente rispetto ai lavori precedenti, suscitano sempre deliziose vibrazioni mettendo il piede in continua agitazione. Una formula collaudata… brani infuocati con una ruvida predisposizione ad un rock'n' roll imbevuto di garage punk, blues da cimitero suonato in chiave alcoolica e con pochi compromessi. L'album raggiunge l'apice con le cover di un vecchio classico di exotica, “Tatoo”, del vibrafonista Arthur Lyman dove l'ululato di Lux Interior è dannazione assoluta; con quella della garage\punk “Hang up” dei Weilers con una timbrica che mi ricorda qualcosa dei Miracle Workers con tanto di fuzz da brivido. Tra gli altri pezzi bisogna segnalare “Color me black” con un riff alla Link Wray (rumbe) che innesca una lirica psychotica; e ancora “mojo man from mars” con dei ritmi primitivi ed una chitarra sferzante; oppure l'alienante “dr fucker m.d”. “Poison ivy” è sempre piu' risoluta, acida, tagliente, velenosa ed ha quasi imparato a suonare la chitarra, mentre Lux Interior è il solito con la voce cavernicola, che ringhia, fa le fusa, strilla… un autentico lupo mannaro da palcoscenico. Certamente i Cramps non saranno mai una band di successo (vedi strokes e rock'n'roll da sfilata vario) e non credo sia nei loro piani esserlo… ma di certo nel loro ambito sono e resteranno i migliori. Postman Ultrachic


Lotus

Rufus Wainwright

Troismi

Nessuno è innocente Mescal

Want One Dreamworks Universal

Marie Darrieussecq Guanda

Amerigo Verardi è uno di quelli che ha cambiato, influenzato, rivoluzionato la musica degli ultimi 20 anni, Amerigo è uno di quelli che si è mosso lontanto dai riflettori, uno di quegli artisti amanti dell'arte e disinteressato a tutta l'altra parte, un piccolo grande genio misconosciuto al pubblico, adorato dalla critica e amato dai “colleghi”. Molti, anche se non lo sanno, devono qualcosa a lui. Partendo dagli Allison run, rivelazione in Italia e all'estero della fine degli anni 80, ha pubblicato poi come solista, con il progetto “Lula” nel 93, ha collaborato con musicisti, ha all'attivo molte esperienze come produttore e oggi Lotus, la sua nuova creatura. Di lui e della sua musica, hanno detto tantissimo, hanno paragonato il suo lavoro a quello di artisti come Barret, Beatles, Velvet Underground, Television, Robyn Hitchcock, Julian Cope, Battisti, Tenco. Quello che ho sempre pensato e che continuo a pensare ascoltando il suo nuovo bellissimo ultimo lavoro “Nessuno è innocente” è che Amerigo Verardi è una di quelle schegge di genialità che ogni tanto sfiorano la nostra musica. Ascoltando il disco si è rapiti da spirali anni '70 che ti portano dentro storie scritte e raccontate con ironia e poesia. Parole e musica vivono di un amore delicato, fragile. In bilico tra rock, atmosfere più dilatate e psichedeliche, piccole ballate d'amore. Il disco vanta collaborazioni di tutto rispetto, oltre ai Lotus Claudio Chiari e Silvio Trisciuzzi ci sono vari zampini interessanti (Manuel Agnelli, Giovanni Ferrario, Federico Fiumani, Sandro Palazzo dei Lova e Francesco Bianconi dei Baustelle). Un disco semplicemente bello dalla copertina all'ultima nota.

Ci fanno sempre un po' sorridere i nostalgici che sostengono a spada tratta la miglior qualità della musica del passato: "Ai miei tempi sì che i dischi erano belli. Volete fare confronti con la spazzatura che ci propinano adesso? E' più che comprensibile che si vendano poco." La politica delle radio non è mai stata tanto devastante, bisogna riconoscerlo. Perfino Radio Rai, l'ultimo baluardo in difesa delle produzioni meno commerciali, sta cedendo alle lusinghe (?) di un mercato asfittico. Ma la bella musica c'è. Basta guardarsi un po' intorno e aprire le orecchie, per accorgersene. Prendete questo disco. Ne scriveranno i soliti testardi, quelli che non si accontentano di quel che passa il circo radiofonico/televisivo. Nessuno ve lo farà sentire. Non lo troverete nel negozio sotto casa o all'ipermercato. Eppure... è quanto di più brillante e originale sia comparso in questo ultimo scorcio del 2003. Rufus Wainwright, canadese, poco meno di trent'anni, è un figlio d'arte. Suo padre, Loudon Wainwright III è stato uno dei numerosi candidati al titolo di "nuovo Dylan" e ha al suo attivo una discografia di eccellente livello. Sua madre, Kate McGarrigle, ha sempre lavorato in duo con la sorella Anna ed è uno dei nomi più amati dai cultori della canzone d'autore d'oltreoceano. Rufus, bastian contrario come tutti i figli di talento, ha rivolto le sue attenzioni più all'opera, al musical e ad autori come George Gershwin o Cole Porter che al folk e al suono acustico in cui era cresciuto. I suoi primi due album, "Rufus Wainwright" (1998) e "Poses" (2001), sono espressione di una musicalità e di una creatività a dir poco sorprendenti. L'unico cantautore cui ci sentiamo di paragonarlo è Harry Nilsson, che negli anni Settanta piazzò un paio di canzoni “Everybody's Talkin” e “Without You” - in vetta alle classifiche americane ed europee. "Want One" è la conferma che Rufus non è una meteora destinata a un repentino tramonto. Sense of humour, eleganza, amore per la musica a 360 gradi (nella canzone che apre il disco, "Oh What A World", c'è una citazione del celebre Bolero di Ravel), uniti a una tecnica vocale e strumentale invidiabile, sono la cifra stilistica di uno dei musicisti più interessanti della sua generazione. Ce n'è abbastanza per smentire i nostalgici di cui sopra...

È come una specie di Animal farm al contrario con un che di Metamorfosi di Kafka, un'allucinante storia all'interno del piacere e del suo degrado, una storia esilarante ma anche amara, la metafora dello sprofondo ma anche un'esortazione alla libertà. È un libro apparentemente leggero questo Troismi una storia semplice, divertente e scritta bene. C'è una commessa di una profumeria che non vende solo profumo ma che si intrattiene felicemente con i clienti. In un vortice di sesso che si spinge sempre più oltre qualcosa comincia a cambiare. È lei che cambia, il suo corpo. Comincia a rifiutare la carne, le spuntano più seni, diventa, nel corso delle pagine, una scrofa, anzi una troia. E il tono del libro cambia, l'atmosfera cambia e parte un'avventura surreale, una fuga alla scoperta della pace della propria dimensione. E in un ritmo frenetico, a tratti grottesco si susseguono vicende e aneddoti raccontati a posteriori da questa neo scrofa. Un libro che nella sua semplicità riesce comunque a solleticare il lettore. Leggendo Troismi si ride, e molto, ma si pensa anche. Ci si interroga paradossalmente sulla vera natura delle cose o delle persone, ci si interroga su alcuni meccanismi che regolano la nostra società, sulla vicinanza dell'uomo alle bestie, sulla libertà. “Troismi… in un certo senso è un manifesto letterario: l'avventura di una donna alienata (al punto di non realizzare che è una prostituta) che può liberarsi un pò dei cliché per trovare la sua voce. Il suo corpo che si trasforma, significa per lei che ora, immediatamente, se vuole sopravvivere, deve cominciare a pensare.” ( da un'intervista con Marie Darrieussecq di Becky Miller e Martha Holmes). Osvaldo

Loma Eighteen years of sin Audioglobe “È il disco dei trent'anni” ha detto una mia amica tutta speciale quando mi ha fatto ascoltare il disco e nonostante i miei sforzi credo sia la definizione più azzeccata . Dopo quattro anni di silenzio Paola Maugeri, conosciuta più per la sua lunga carriera a spasso per trasmissioni musicali, torna con un nuovo progetto musicale in compagnia di Massimo Ferrarotto. Una sorta di evoluzione dei vecchi Puertorico, passaggio alla chitarra per Massimo (batterista della precedente formazione), cambio di nome, otto nuove canzoni, nuove strade musicali. Filo conduttore tra passato e presente è il pop, esplorato e riproposto in chiave diversa. Loma il nome del “gruppo” o meglio “duo”, tante le collaborazioni che hanno dato vita a questo disco dal titolo “Eighteen years of sin”. Solo per fare due nomi Cesare Basile alla produzione artistica e John Bonnar (Dead Can Dance) agli arrangiamenti degli archi, e non è poco. Solo otto brani, come un abbozzo delle possibili strade percorse e percorribili. Otto episodi divisi tra italiano e inglese. La scelta della nostra lingua per alcune canzoni rinfresca piacevolmente alcuni stilemi di stampo elettroacustico donando loro immediatezza espressiva. La voce di Paola si alterna a quella di Massimo con delicatezza, quasi sottovoce. Il clima generale è tiepido, autunnale, intriso di dolcezza e tristezza. È come se il disco si muovesse in un'atmosfera sospesa, come se i brani fossero riflessioni su una stagione, un momento in cui scoprire una nuova maturità, un nuovo modo di percepire la realtà. Forse un po' pochi otto pezzi per tirare le somme di un progetto, un esordio (se così si può dire) promettente, forse l'inizio di una nuova stagione per la nostra musica pop in italiano.

Perturbazione In circolo Audioglobe Si apre con un giro di chitarra. Sempre uguale. Si apre con un pezzo che mi chiedo cosa voglia dire (La rosa dei 20) e poi è una storia d'amore. Strana. Ovviamente. È un ritmo scarno, ma efficace. È un indie rock che si accosta al pop, ma senza inutili commercializzazioni di sorta. È il terzo disco dei torinesi Perturbazione, sono le fughe e l'ironia e la malinconia e l'inquietudine di questo sestetto che piuttosto è una famiglia. Unita e in sintonia. Richiamano nomi sacri della scena rock, da Belle & Sebastian ai Pavement, The Smiths, Burt Bacharach, dEUS, Beatles. Fanno tesoro dei lunghi anni trascorsi ad ascoltare la musica che sa d'innovazione. Si lasciano influenzare da quelle sonorità. Mi è difficile, le prime volte, ascoltare il cd per intero. Non faccio altro che mettere e rimettere i primi due pezzi. Quando passo oltre, ho una piacevole sorpresa. I ritmi, dolci e lenti, si fanno più forti e veloci. Belli, comunque. I testi delle canzoni sono scritti col cuore, semplici e diretti. Il violoncello dà il giusto tocco d'eleganza. Le doppie voci sono lo strumento aggiunto che rende il tutto più ricco e convincente. Alcuni pezzi sono più leggeri e scanzonati, divertenti, ma la parte che più mi convince sono le ballate sensibili e romantiche. E così il cd va avanti e mi prende. Si chiude con due pezzi belli quanto i primi. Si chiude con la stessa dolcezza e lentezza iniziale. “In circolo è un disco che parla di molte cose, ma soprattutto della crescita. E quindi del senso di perdita, ma anche arricchimento e consapevolezza...” - spiegano i Perturbazione. “Lasciare da parte la musica che gira intorno, fuggirne per inaugurare un mondo, per svelare un universo” - questo il loro scopo. E come in ogni cosa, cambiamento vuol dire perdere qualcosa per trovarne altre. Forse migliori. Basta questa notte malata ad occhi chiusi e basta questo disco per dar vita e forma a questi ultimi giorni d' “Agosto” (seconda traccia, forse la più nota, sicuramente la più bella del disco). Dar vita e forma ad un'estate che finisce. Alle amicizie perse e ritrovate. Alle vite che cambiano, ai legami che si slegano. Basta questo disco per fermarsi a pensare a quello che è successo e non hai capito. A quello che succederà e ancora non sai. Per pensare a “te che non ho conosciuto”. O forse si. Ieri. Domani. Mai. Valentina

La rapina in banca a cura di Klaus Schönberger DeriveApprodi 2003 I soldi? Chiedili alla tua banca. Confessate, chi di voi almeno una volta nella vita non ha sognato viaggi nei Caraibi, ville da sogno su spiagge incontaminate, corse mozzafiato a bordo di Ferrari rosse fiammanti, feste dove corrono fiumi e fiumi di champagne francese. E tutto questo finanziato, confessatelo coraggio, ci avete pensato, grazie ad una semplice, poco faticosa anche se leggermente rischiosa forse, piccola, rapida ed efficace azione: una rapina in banca. Neanche se siete un prete o un poliziotto credo che il vostro disappunto in questo momento sia reale e sincero. La rapina in banca da sempre esercita un fascino e una simpatia tutta particolare. È l'unico crimine che non incontra la condanna della società civile. Raramente si riesce a scandalizzarsi di fronte ad un colpo andato a buon fine, senza spargimento di sangue innocente, magari svoltosi in circostanze stravaganti ed originali, magari con un bottino straordinario, magari ai danni di una banca particolarmente grossa e chiacchierata. Sono tanti i motivi che spigano questa innata simpatia del rapinatore di banche e sono tanti i rapinatori che ci hanno fatto sognare, provare invidia e magari innamorare. Chi non ha sognato di essere il Clyde di fianco alla bella Bonnie o viceversa? Quale donna non ha segretamente sognato di incontrare un ladro gentiluomo come Renè Vallanzasca o Horst Fantazzini? E quanti scrittori e cineasti hanno costruito le loro storie fortunate attorno al personaggio di un bel ladro tenebroso e spericolato? Comunque, per chi voglia saperne di più della rapina in banca, della sua storia, per chi voglia conoscere alcune teorie intorno al crimine più diffuso del mondo, e perché no, per chi voglia apprendere qualche consiglio pratico, è in commercio un simpatico e dettagliatissimo libro edito dalla piccola e militante casa editrice romana DeriveApprodi. Il libro, curato dall'eccentrico professore tedesco Klaus Schönberger è un vero e proprio compendio sulla rapina in banca. Contiene biografie dei principali protagonisti a partire dai primi assalti ai treni portavalori nell'America del selvaggio west, saggi sociologici ed economici sulle cause, gli effetti e la percezione del reato,ed alcuni racconti in prima persona di rapinatori più o meno famosi. È una lettura piacevole, un testo accattivante e profondo, che lascia spazio anche al desiderio di rompere con questa società e darsi alla rapina. E chissà che fra i lettori di questo libro non si nasconda un nuovo Arsenio Lupin. O, meglio ancora e perché no, un nuovo Robin Hood.


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