Coolclub.it n.76/77 (Giugno - Luglio 2011)

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anno VIII numero 75/76 giugno/luglio 2011

L’ONDA LUNGA DEI FESTIVAL



L’ONDA LUNGA DEI FESTIVAL Da quando organizzo i festival non vado più ai festival. Si ingorgano tutti nelle stesse settimane, affollano due mesi e poco più e poi si spengono. Fortuna che sembrano aver scelto tutti, o quasi, la Puglia e il Salento. Ci sarebbe da trascorrere zaino in spalla tutta l’estate, come qualche anno fa, quando non c’era nessuno ad aspettarci a casa. La notizia è che Italia Wave ha deciso di festeggiare i suoi 25 anni a Lecce. Lo storico festival, dopo alcune edizioni nomadi, approda sulle nostre coste. Non senza qualche polemica che ha lo stesso sapore delle lamentele di mia nonna quando si confrontava con un nuovo elettrodomestico. Perché a volte il “progresso” di una casa come di un luogo ha bisogno di preparazione e di tempo. Noi di tempo ne abbiamo aspettato anche troppo ed è già da un po’ che ci sentiamo pronti per un’estate incredibile come questa. Come ogni anno abbiamo provato a raccontarvela, raccogliendo tutte le anticipazioni dei festival pugliesi, nazionali e internazionali. E c’era talmente tanto da scrivere che 64 pagine non bastavano e ne abbiamo riempite 80.

Fa un certo effetto, devo essere sincero, vedere nello stesso numero nomi come Guccini, Silvestri, Marley, Capossela, Donà, Deus e Jon Spencer pensando che saranno qui con il loro concerto. E c’è ancora chi dice che qui non succede niente. Per chi proprio di questa terra non ne può più le alternative sono tantissime. Sono alle porte i grandi festival inglesi, appena trascorsi quelli spagnoli e si preparano le nostre città (Ferrara, Torino, Roma, Milano…). Tantissima musica, come sempre, non solo da vedere ma anche da ascoltare, magari da scoprire grazie alle nostre recensioni e alle nostre rubriche. Consigli anche per le letture, che vi auguriamo di consumare sotto un ombrellone. Sempre in tema di letture e scritture il prossimo numero, come ogni anno, lo dedicheremo ai racconti. È inutile negarlo, tutti avete un racconto nascosto da qualche parte. Il nostro numero estivo Coolibrì è dedicato anche a voi. Spediteci il vostro racconto a redazione@coolclub.it, i migliori saranno pubblicati. Osvaldo Piliego Editoriale 3



CoolClub.it Via Vecchia Frigole 34 c/o Manifatture Knos 73100 Lecce Telefono: 0832303707 e-mail: redazione@coolclub.it sito: www.coolclub.it Anno 8 Numero 75-76 giugno - luglio 2011 Iscritto al registro della stampa del tribunale di Lecce il 15.01.2004 al n.844 Direttore responsabile Osvaldo Piliego Collettivo redazionale Cesare Liaci, Antonietta Rosato, Dario Goffredo, Pierpaolo Lala, Tobia D’Onofrio Hanno collaborato a questo numero: Giuseppe Arnesano, Lucio Lussi, Dino Amenduni, Nino G. D’Attis, Zanca, Marco Chiffi, Giancarlo Susanna, Ofelia Colaci, Al Miglietta, Roberta Cesari, Gianpiero Chionna, Ennio Ciotta, Gabriella Morelli, Laura Casciotti, Valeria Blanco, Elisa Palamà. In copertina: Daniele Silvestri Ringraziamo Manifatture Knos, Officine Cantelmo, Cooperativa Paz di Lecce, Laura Casciotti e le redazioni di Blackmailmag.com, Radio Popolare Salento, Controradio di Bari, Mondoradio di Tricase (Le), Ciccio Riccio di Brindisi, L’impaziente di Lecce, quiSalento, Lecceprima, Salento WebTv, Radiodelcapo, Musicaround.net, Salentoconcerti.com, Radio Venere e Radio Peter Pan. Progetto grafico erik chilly Impaginazione dario Stampa Martano Editrice - Lecce Chiuso in redazione a quorum contento Per inserzioni pubblicitarie e abbonamenti: pierpaolo@coolclub.it 3394313397

L’ONDA LUNGA DEI FESTIVAL

Daniele Silvestri 6 Cristina Donà 10 Deus 12 musica

Francesco Guccini 18 Recensioni 51 Salto nell’indie - Tarock 61 UN’ESTATE DI FESTIVAL

In Europa 32 In Italia 34 In Puglia 36 Libri

Mario Desiati 62 Livio Romano 64 Recensioni 66 Cinema Teatro Arte

Andrea Piva 72 Il pasticciere 74 Eventi

Calendario 76 sommario 5


RAPPRESENTAZIONE NARRATIVA CORALE Intervista a Daniele Silvestri, che chiuderà l’edizione leccese di Italia Wave Love Festival

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Sarà l’ospite principale della serata conclusiva dell’Italia Wave Love Festival che, in occasione del suo venticinquesimo compleanno, ha deciso di spostarsi dalla Toscana e di trasferirsi a Lecce. Il cantautore romano Daniele Silvestri, poche settimane fa, ha inaugurato dal palco del Palasport di Andria il suo lungo tour che lo porterà in giro per tutta l’estate. Il nuovo album S.c.o.t.c.h., uscito lo scorso 29 marzo è stato registrato “in presa diretta”, mentre l’omonimo spettacolo prodotto da Cose di Musica e realizzato in Puglia con il sostegno di Puglia Sounds (programma della Regione Puglia) si articolerà in tre distinti ed altalenanti atti. In attesa del suo concerto salentino abbiamo dialogato con Daniele Silvestri di S.c.o.t.c.h. musica, politica, futuro e speranze. Cosa ti ha spinto a realizzare un disco così corale e pieno di un rinnovato e vivido impegno sociale? Per fortuna evidentemente ho ancora voglia di provare a “fare”, ci ho messo un po’ di tempo a realizzarlo anche rispetto al passato, ma poi una volta imboccata la strada giusta è stato abbastanza meccanico tutto il resto. Diciamo che nel momento in cui le idee ti dovrebbero venire ne hai comunque parecchie anche se se ne sono già dette tante, ma a mio avviso vale ancora la pena spendere delle parole per provare a descrivere miserie, tristezze, errori ed esserne affascinato ed incantato in qualche modo, perché c’è sempre un motivo per scrivere qualcosa. Il disco è diventato “corale” man mano nel tempo, non sono partito con quell’idea; ma da un punto di vista musicale sì, poiché è un disco suonato interamente live, in presa diretta, con musicisti con cui suono ormai da tanti anni; coralmente è nato così, poi mi sono ritirato per conto mio e chiuso in me stesso ho iniziato a pensare sui testi e soprattutto alla parte letterale. Negli ultimi tre o quattro mesi ho sentito il bisogno e la voglia di coinvolgere altre persone e più andavo avanti più ci prendevo gusto; ci sono tante collaborazioni alcune anche abbastanza inattese e particolari e sono molto contento. Come nasce l’idea della copertina del disco e cosa rappresenta? Nasce fondamentalmente da una cena in cui le idee si facevano sempre più chiare ed avevo capito che il disco si sarebbe dovuto chiamare S.c.o.t.c.h. e già è parte della domanda visto che è il titolo ad aver influenzato lo scatto che è diventata la copertina del disco. In quella cena, un mio amico grafico che si è occupato di tutta la parte grafica del libretto ha avuto l’idea di “appiccicarmi” al muro, era un modo per mostrare ed utilizzare quello “scotch”. In un certo senso è L’ONDA LUNGA DEI FESTIVAL 7


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una specie di piccola processione, detta tra virgolette, ovviamente tragica sia perché rido e sia perché è quello scotch a tenermi appeso a quel muro, ma è anche un modo per dare un’idea della precarietà che ci circonda e quella dello scotch risponde a quest’esigenza. Questo Paese è il titolo dell’ultimo brano del disco. Esiste un rimedio per guarire i “suoi” disagi? Mi verrebbe da rispondere sull’onda delle ultime elezioni amministrative (risata), ma a parte quello, penso di sì, altrimenti non scriverei nemmeno ed avrei già buttato la spugna o comunque non avrei più voglia di comunicare all’interno di questo Paese. Invece no, certo che ci sono modi e speranze. In realtà i buoni motivi per aver fiducia vengono dalle persone che ti stanno accanto, magari dall’impegno del singolo cittadino o dei singoli più che dalla capacità di chi amministra, governa e ci rappresenta dandoci l’idea che si sia imboccata la strada giusta da qualsiasi punto di vista o settore; quello che sta accadendo negli ultimi anni è davvero disarmante. Penso che le singole individualità in questo Paese continuino a riaccendere la speranza, anche in termini artistici e non solo civili e sociali, ma anche l’abilità di osservare il presente e di raccontarlo. Per fortuna in quel senso c’è gente in gamba. Ovviamente è un momento fondamentale per non proseguire sugli errori che da una ventina di anni continuiamo a fare. Qualche mese fa hai partecipato, insieme alle istituzioni pugliesi, alla conferenza stampa di presentazione dell’Italia Wave Festival che quest’anno si svolge nella città di Lecce. Come vedi la realtà musicale pugliese? Credo che la Regione Puglia sia una delle poche eccezioni dove la politica ha riacceso delle fiammelle. Hanno deciso di investire su quello che ci interessa di più, ossia la cultura; penso che le altre regioni debbano seguire l’esempio pugliese di questi anni. Ad esempio io come tanti altri colleghi in questo periodo ci ritroviamo ad Andria ed in altre zone della Puglia proprio perché ci sono state messe a disposizione strutture, maestranze, competenze, disponibilità e questo alla fine paga soprattutto in energie, visto che in questo modo i musicisti pugliesi hanno più occasioni di lavorare nella propria terra in contatto con il resto del territorio e con il resto dell’Europa; in questo caso le attività sono molteplici e l’Italia Wave è uno dei fiori all’occhiello, ma non è neanche l’unico; beh sono molto contento di passare da Lecce, non vedo l’ora!

Ci sono differenze fra il tradizionale Arezzo Wave e l’attuale? L’Arezzo Wave è ancora un ricordo perché inevitabilmente deve ancora trovare una continuità, è un po’ impietoso rivederlo anche perché è legato ad un momento storico e a una tradizione che tristemente si è interrotta ad un certo punto per varie ragioni; sinceramente ora non so se quel cammino possa essere ripreso, sicuramente l’Italia Wave è un’altra cosa; però vediamo se in questa transizione pugliese e leccese in particolare riesca anche a ridiventare un qualcosa di più forte e riconoscibile come era l’Arezzo Wave, ma probabilmente si! Il progetto Puglia Sounds è una buona ricetta per sostenere e migliorare gli eventi all’interno del circuito culturale? Certo, senza dubbio. E già il fatto stesso di investire nella cultura in generale vuol dire portare attenzione, portare capacità, nomi, persone e competenze dall’esterno che successivamente vengono convogliate in momenti ed in luoghi precisi, tutto questo poi si sviluppa a maggior ragione sotto i riflettori e questo fa sì che le cose siano fatte sempre bene. Così a queste si aggiungono altre iniziative come corollario, alla fine è come un volano che è stato messo in piedi. In un periodo di crisi economica molto spesso i primi fondi che vengono tagliati sono quelli destinati al mondo della cultura. Secondo te è una strategia giusta oppure il Pubblico deve investire sempre e comunque in cultura? Penso che l’unica cosa saggia sia investire su quello. Proprio quando mancano le risorse o l’economia è in un momento difficile occorre investire su tutto ciò che è futuro e quindi nei giovani, nelle scuole, nell’istruzione, nella cultura e nelle ricerca, maggiormente in quest’ultima; anche perché è sempre nella ricerca che ci siamo distinti, ormai ci distinguiamo solo per quelli che fanno le valigie e quelli bravi vanno via. Pensi che gli italiani siano pronti a fare cadere “L’imperatore Tiberio”? Quella è la speranza, diciamo che mi sono tante volte illuso pensando che gli italiani avrebbero potuto aprire gli occhi, ora non mi azzardo a pensarlo; quello che è successo alle amministrative è comunque un segnale positivo e si è manifestato pubblicamente il desiderio di cambiare, proprio in quelle zone dove un certo tipo di politica con una parabola discendente si era affermata. Giuseppe Arnesano L’ONDA LUNGA DEI FESTIVAL 9


CANTAUTRICE OGGI

Cristina Donà si esibirà il 17 luglio al Via del Mare di Lecce nella serata tricolore di Italia Wave Torno a casa a piedi è l’album della maturità. Diventare madre l’ha cambiata e in questo nuovo lavoro Cristina Donà ha messo tutta la sua sensibilità e il suo immaginario. Si avvicina, intanto, il concerto del 17 luglio a Lecce nell’ambito dell’Italia Wave Love Festival: “Non vedo l’ora di venire in Salento, sarà una festa e rivedrò tanti amici. Da Lecce può partire il rilancio definitivo del festival”. E se lo dice Cristina Donà possiamo fidarci. Che cosa rappresenta per Cristina Donà l’Italia Wave Love Festival? Il primo ricordo è collegato ad Arezzo, era il 2003 e sul palco insieme a me c’era Noa. Quell’anno riuscii a coronare il mio sogno. In seguito il festival ha avuto problemi di budget e allora siamo passati da un posto meraviglioso ad un altro posto meraviglioso. I tagli alla cultura mi provocano dispiacere: in alcuni paesi si scommette sui valori culturali e artistici nonostante la crisi, mentre nel nostro si fa demagogia e si continua a sprecare, e i valori importanti vengono affossati come se non fossero prioritari. Il percorso dell’Arezzo Wave lo dimostra. Fortunatamente da quest’anno il Festival arriva in una regione che amo molto e che grazie ad una gestione politica intelligente sta garantendo la sopravvivenza del Festival. In Puglia Nichi Vendola continua ad investire in cultura, ricevendo duri rimproveri da 10 L’ONDA LUNGA DEI FESTIVAL

chi ritiene che in un periodo di crisi siano prioritari altri settori. Cosa ne pensi? Sono sicura che Vendola non stia togliendo bisogni primari e indispensabili ai cittadini pugliesi per investire in cultura. È terribile lanciare il messaggio che si aumenta la benzina per finanziare il cinema, perché in questo modo si vuole spingere il cittadino a scegliere il pane rispetto alla cultura. Non dimentichiamo però che il valore della cultura è fondamentale per il nutrimento della consapevolezza delle persone, soprattutto nella nostra epoca. Sembriamo degli automi incapaci di comprendere quello che ci succede intorno. Siamo troppo concentrati sulla nostra parte più vulnerabile, il fisico, e tralasciamo la mente. Che cosa ti aspetti dalla tappa di Lecce? Intanto sono felice di tornare in Salento dopo tanto tempo. L’ultima volta che ho suonato nella vostra terra ero in attesa di mio figlio. È un ritorno molto bello dal punto di vista emotivo. E poi ho visto l’elenco degli artisti e ci sono tantissimi amici: Daniele Silvestri, Paolo Benvegnù. Sarà un giorno di festa, come andare a un matrimonio. Segui la scena musicale pugliese? Abbastanza di riflesso, soprattutto dopo la gravidanza. Il mio batterista Piero Monterisi è della provincia di Bari, il mio batterista storico Calcagnile ha origini pugliesi. Poi seguo Caparezza,


i Negramaro ed Erica Mou che ha aperto il mio concerto all’Auditorium di Roma. Erica è una persona deliziosa, scrive canzoni molto belle e ha un modo coinvolgente di interpretarle perché unisce dolcezza e caparbietà. Che cosa vuol dire essere una cantautrice ai giorni nostri? Vuol dire raccontare la realtà e le sensazioni da un punto di vista diverso rispetto a quello dei colleghi maschi. Abbiamo voglia di raccontarci in modo più naturale, forse più sfacciato. E inoltre le donne hanno molta più voglia di sperimentare dal punto di vista musicale. Ci sono grandi cantautrici in circolazione: Bjork, Pj Harvey, Joan as a Police Woman, Feist, Anna Calvi. In Italia da qualche anno si sta facendo strada una tradizione di cantautorato femminile. Del resto cosa pretendiamo se quando negli Usa c’erano Joan Baez e Joni Mitchell, qui da noi c’erano Mina, Ornella Vanoni e Patty Pravo che cantavano canzoni scritte da altri? In alcuni paesi si fatica di più a far passare il cantautorato, soprattutto se le major puntano soltanto su X Factor e Amici per scoprire nuovi talenti. Il linguaggio che per venire fuori non ha bisogno di quei format, fatica il doppio a farsi apprezzare. Da poco tempo sei diventata madre. Cosa hai messo di questo evento nell’ultimo album? C’è una canzone Bimbo dal sonno leggero che parla delle ansie di una madre alle prese con il suo primo figlio, la responsabilità di avere tra le mani una creatura vivente e il modo di trasmettere la propria formazione, i gesti, le ansie, i racconti. Che genere di musica ascolti? Mi sono iscritta da poco ad Amazon, anche perché abito “in culo ai lupi” e del negozio più vicino detesto il gestore perché vende i dischi a 20 euro. Negli ultimi mesi ho comprato l’ultimo di Daniele Silvestri, i Subsonica, Musica Nuda e Pj Harvey. Ho comprato anche l’ultimo dei Radiohead ma ancora non sono riuscita ad affrontarlo. Non ho capito da quale parte prenderlo e avrei bisogno di un pomeriggio di solitudine per entrarci dentro. Com’è nato il tuo ultimo album Torno a casa a piedi? È nato in un periodo di tempo dilatato. Già da un po’ avevo voglia di fare un lavoro più articolato musicalmente e con gli arrangiamenti più corposi. Ho cominciato a lavorare con Saverio Lanza ed è stata una vera sorpresa, visto che in passato aveva collaborato con artisti non in linea con la mia musica. L’idea dell’album ha preso corpo prima che nascesse mio figlio e ci abbiamo lavo-

rato per un anno e mezzo. In Torno a casa a piedi parlo della quotidianità in modo diretto e intenso, lasciando dei messaggi in codice qui e là. Infatti ritengo più efficaci le cose che germogliano lentamente e che dopo numerosi ascolti permettono di scoprire sempre cose nuove. Tra melodia e testo a cosa dai la priorità? Nei primi anni della mia carriera davo più importanza al testo, negli ultimi lavori, invece, ha avuto la meglio la melodia. Sono convinta che la melodia debba essere funzionale al testo, infatti può capitare che una melodia forte possa supportare un testo semplice (mi viene in mente Obladì Obladà) così come può capitare che parole importanti salvino una melodia mediocre. Quando la melodia arriva per prima cerco sempre di capire di cosa vorrebbe parlare. Qual è il tuo immaginario, la tua sensibilità e i simboli da cui attingi nel momento della scrittura? L’ispirazione esiste e può portare delle illuminazioni una volta ogni tanto, ma poi c’è il lavoro quotidiano di ricerca. L’ispirazione è un attimo in cui decido di sintonizzarmi con qualcosa di cui vado alla ricerca. Ora che ho poco tempo libero, cerco di ritagliarmi dei piccoli momenti in cui spazio con la mente. Ed è anche un modo per tenerla allenata. Sono momenti importanti, belli e magici. I simboli possono essere qualsiasi cosa, un gesto, un’emozione, tutto. Ho adottato negli ultimi anni un nuovo metodo: ascolto una canzone in una lingua straniera che capisco poco, e mi lascio catturare da una parola o da un concetto. Da lì, poi, parte l’idea per qualcos’altro. Oppure apro un libro a caso e mi lascio ispirare, anche se mi capitano spesso frasi brutte. La musica ha sempre la meglio sul cervello, non ce n’è! Si parla tanto di musica indie. Secondo te “indie” può essere un genere? Secondo me esiste la musica televisiva e poi il resto della musica. Non esiste più la musica indie. E poi perché ci dobbiamo sempre ghettizzare, dicendo che la musica indie deve essere per forza difficile, incomprensibile e fatta con suoni particolari? È la musica che non abbiamo il piacere di ascoltare in certi canali radiofonici. È l’espressione dei musicisti che hanno idee e hanno voglia di esprimere se stessi. Non prendiamoci in giro, la voglia di arrivare a quanta più gente possibile ce l’abbiamo tutti, altrimenti faremmo un altro mestiere. Lucio Lussi L’ONDA LUNGA DEI FESTIVAL 11


I MITI NON MUOIONO

Tom Barman e i leggendari dEUS al Giovinazzo Rock Unendo una tecnica strumentale funambolica a un’eccentrica teatralità i dEUS negli anni ‘90 hanno coniato una forma-canzone piena di imprevedibili cambi di sonorità, mostrando di aver imparato la lezione di Captain Beefheart, Tom Waits, passando per i Pavement e il grunge. Grazie alla notevole capacità di scrittura di Barman, le canzoni sono spesso gioiellini di un’intelligenza pop che ha pochi rivali. In attesa del loro concerto del 30 luglio al Giovinazzo Rock Festival e del nuovo album Keep You Close che uscirà il 20 settembre, abbiamo scambiato due chiacchiere con il leader Tom Barman. Negli anni ‘90 siete stata la prima band belga a firmare un contratto con una major e una delle prime formazioni di successo che 12 L’ONDA LUNGA DEI FESTIVAL

non venivano dall’Inghilterra o dall’America (con i Motorpsycho di Tymothy’s Monster). Che ne pensi? È passato così tanto tempo. Al primo concerto che abbiamo fatto a Londra circa 16 anni fa erano tutti in coda per farci firmare... siamo stati fortunati, comunque, perché le grosse etichette ci hanno aiutato molto. Dopo tre album per la Island e due per la V2 adesso abbiamo firmato con Play It Again Sam. Hai ragione, è stato molto bello, ma sono passati sedici anni. In effetti era molto tempo fa. A proposito di questo, volevo chiederti se vi stancate mai di suonare le vecchie canzoni. No, assolutamente. Alcuni brani come Hotellounge non li suoniamo più, tranne in rare situa-


zioni, ma del primo album, ad esempio, facciamo ancora Via, Morticiachair, Suds and Soda. Sono ottime canzoni, non mi annoiano e credo non annoino neanche il pubblico. Stiamo facendo un tour europeo prima dell’uscita del disco e suoneremo tre o quattro pezzi per ogni album. A proposito delle vostre esibizioni, tutti dicono che dal vivo siete più potenti che su disco. Quando pubblicherete un live ufficiale? Forse un giorno lo faremo. Anche se bisogna dire che oggi, appena finisci di fare un concerto, ti ritrovi subito le immagini su Youtube. Non sono sicuro che pubblicare un live possa ancora avere senso. Magari il prossimo album potrebbe essere accompagnato da un dvd... chi lo sa. Non abbiamo ancora programmato niente del genere; non dico che è impossibile, ma io stesso credo di avere pochi album dal vivo nella mia collezione di dischi. Non ti piacciono le registrazioni live? Diciamo che, da un punto di vista egoistico, pre-

ferisco conservare il mio ricordo di un concerto. A volte hai un bellissimo ricordo, poi ascolti la registrazione e resti deluso, o viceversa. Comunque credo che in futuro ne pubblicheremo uno. Sai, l’importante è registrare dei buoni album e fare dei buoni concerti in giro per il mondo. Spero che la gente non si stanchi mai di vederci dal vivo. C’è una sottile ironia nella musica e nei testi dei dEUS. Sai essere molto romantico, ma anche sfrontato e un po’ folle. È il tuo modo personale di confrontarti con la vita di ogni giorno, oppure condividi questo spirito con l’intera band? Bella domanda. Credo che apprezzino la mia attitudine, ma è decisamente mia, perché scrivo io i testi. E nonostante questo credo che sia un discorso valido per chiunque; siamo creature complesse, esseri umani. Non puoi sentirti sempre romantico o folle, è bello poter mescolare i sentimenti. Certo bisogna fare attenzione a non mischiare troppe cose, ma nei dEUS c’è sempre stata questa sorta di combinazione di luce e ombra. Immagino ti riferisca a questo. Credo che L’ONDA LUNGA DEI FESTIVAL 13



sia molto importante per la gente che viene a sentirti dal vivo. In pratica, se vai a vedere LCD Soundsystem, vai per ballare; sei vai a vedere i Muse, vai per cantare e scuotere la testa; mentre se vieni a vedere i dEUS, puoi fare entrambe le cose e questo mi piace. Vantare diverse influenze è tipico di ogni componente della band, forse anche perché veniamo dal Belgio e quindi non rispettiamo tutte le regole dalla classica scuola rock’n’roll. Il nostro è un approccio più libero alla musica pop e rock. Usi la lingua inglese in modo molto poetico, qual è il tuo backgroud? Mio padre norvegese viaggiava molto, quindi l’inglese è stato sempre presente nella mia infanzia. Ho letto un sacco di libri in inglese e ascoltato un sacco musica, praticamente da sempre. I testi sono molto importanti, a volte giochi con le parole altre volte cerchi di concentrarti su un racconto o su qualcosa di più poetico. Credo che nel nuovo album e in Vantage Point ci siano alcune delle liriche più riuscite, da un punto di vista letterario. Come tu stesso hai detto prima, ci sono tanti modi di comunicare: puoi essere un po’ romantico, altre volte un po’ folle. Scrivi un pezzo e poi decidi in che direzione portarlo. Come sono i rapporti con i ragazzi fuoriusciti dalla prima line up? Sono ancora buoni. C’è stato un po’ di attrito, ma nessuno si è preso a pugni. Avevamo tutti delle forti personalità e inizialmente andavamo in cerca proprio di questo, quindi il rischio di esplodere esisteva sin dal principio. Adesso, però, possiamo sederci e parlare tranquillamente; in fondo andiamo ancora d’accordo. Qualche side-project nel cassetto? Nessuno, abbiamo lavorato duro per far uscire questo disco. Poi c’è il nuovo album del mio progetto Magnus. È quasi finito e dovrebbe uscire l’anno prossimo. Dopo l’uscita dei Deus probabilmente pubblicheremo una manciata di studio outtakes, brani che sono stati scartati perché erano molto danzerecci e groovy... comunque non erano canzoni nel senso classico del termine. Ma adesso sono molto eccitato per Keep You Close, abbiamo testato tre pezzi con il pubblico e sembravano tutti molto entusiasti. Alcuni critici dicono che i vostri album migliori sono Worst Case Scenario e Ideal Crash. Personalmente preferisco In A Bar, Under The Sea. Qual è il tuo preferito? Il mio preferito sarebbe... mmm non saprei, anch’io amo molto In A Bar. Non credo che i

dEUS abbiano mai inciso un brutto album, quindi puoi dire ai critici di andare a farsi fottere, non faremo mai un brutto album. Suoniamo canzoni a rotazione. Ho delle canzoni preferite e altre canzoni che non mi piace più suonare, ecco tutto. In a Bar comincia con una voce che esprime una “filosofia di vita”: “you gotta be your own dog!”. Ci spieghi che vuol dire? Ahaha, non sono io, in realtà, è Scott McCloud dei Girls Against Boys. Siamo amici. Una notte, backstage, abbiamo registrato la sua voce mentre eravamo ubriachi e poi l’abbiamo campionata. Suoniamo ancora quella canzone, quindi risento la sua voce ogni volta che salgo sul palco. Questo numero di Coolclub.it è dedicato ai festival estivi. Ogni volta che ascolto In Memory of a Festival mi viene da ridere. Il protagonista è così infelice: “Ti ricordi il festival? Prendemmo tutte quelle droghe, non avrei mai pensato che saremmo entrati in quella massa pulsante... oh mio Dio, odio questo miscuglio di motivetti assurdi che continua ancora a ronzarmi nella testa...” e ancora “Perché tu sei là fuori, in quell’atmosfera, e mi sento male solo a pensarci... per favore non scappare in mezzo alla folla!!”. Dov’era questo festival nel ‘94? Credevo amassi i festival... Ahahah, era Glastonbury, ma non suoniamo più questa canzone... è uno di quei brani che cerchiamo di evitare. Quest’estate suonerete in diversi festival. Quello di Giovinazzo è forse l’unico con ingresso gratuito. Come scegliete le date? Suoniamo spesso in Italia, non abbiamo bisogno di molti dettagli per accettare una data nel vostro Paese. Di solito quando ci propongono l’Italia nel periodo estivo siamo sempre disponibili. Ricordo un formidabile show gratuito a Ferrara. C’erano i Mercury Rev, gli Air... in genere i concerti gratuiti attirano molta più gente del normale. Non bisogna pagare l’ingresso e verranno comunque ad ascoltarti, anche se non ti conoscono... A guardare i vostri video su Youtube sembra che vi divertiate ancora come all’inizio... Certo, se non ti diverti non ha alcun senso, no? Viaggiamo, suoniamo e cerchiamo di promuovere gli album in giro per il mondo, nel miglior modo possibile. Perché non dovremmo, se continuiamo a divertirci tanto? Tobia D’Onofrio L’ONDA LUNGA DEI FESTIVAL 15



VI PRESENTO KY-MANI Il figlio di Bob Marley si esibirà a Lizzanello il 5 agosto Ky-Mani è un nome su misura per un artista carismatico il cui nome nel linguaggio est africano significa “viaggiatore avventuroso”. Ky-Mani Marley è figlio di Bob Marley e della campionessa di tennis da tavolo Anita Belnavis. Sarà per la prima volta nel Salento a Lizzanello il 5 agosto ospite di Peace and Unity. Sappiamo che stai lavorando a un nuovo album dal titolo Evolution of a Revolution. Cosa dobbiamo aspettarci da questo nuovo lavoro? Evolution of a Revolution sarà un album doppio. Il lato Revolution sarà una sorta di seguito dell’ultimo disco Radio, mentre il lato Evolution sarà musica più universale, tipo il reggae che incontra il resto del mondo. Mostrerà la crescita e il lato più soft di Ky-mani. Hai attraversato stili e generi diversi, reggae, hip-hop, rock steady. Senti ancora di dover sperimentare, da un punto di vista musicale? Non direi che si tratta di sperimentazione. La mia musica viene dalla mia vita. Sono cresciuto nel centro di Miami, quindi sono stato esposto a molti altri generi musicali, sin da quando ero piccolo. Sei anche un attore e hai scritto un’autobiografia dal titolo Dear Dad. Vuoi presen-

tarci il libro? Il libro potrebbe rispondere a un po’ di domande... Servirà a comprendere chi sono e come sono cresciuto. Permetterà anche di avere un’idea più chiara di chi è Ky-Mani e cosa realmente influenzi la mia musica. Come sono i rapporti con i tuoi fratelli? Io e la mia famiglia siamo molto vicini. Come in ogni altra famiglia ci sono i battibecchi, ma continuiamo ad amarci e a restare una famiglia unita. Come mai lo stile della dance-hall giamaicana è diventato così diffuso nel ventunesimo secolo? Più che definirlo “diffuso”, direi che è una questione di opinioni. Suonerai a Lecce il 5 agosto. La nostra penisola salentina si è innamorata dello stile giamaicano alla fine degli anni ‘80. Da allora le spiagge e gli eventi musicali hanno portato ogni anno un numero maggiore di turisti, specialmente d’estate. Hai sentito parlare del Salento? Sei pronto per la piccola Giamaica d’Italia? Non ho sentito parlare del Salento, ma ti prometto che farò le mie ricerche... Non vedo l’ora di vedere la vostra “piccola Giamaica”. Tobia D’Onofrio L’ONDA LUNGA DEI FESTIVAL 17


CI METTIAMO UN CASINO DI PAROLE

Intervista ai Piet Mondrian, ospiti del Sud Est Indipendente I Piet Mondrian - ospiti del festival Sud est indipendente il 29 luglio - sono la risposta poco seria a tante cose. Riescono a riprodurre la formula della coppia lui/lei unendo contautorato e low-fi. Ironici, a tratti caustici sono quelli che alcuni si ostinano a chiamare “pop intelligente”. Dopo il 18 MUSICA

fortunato Misantropicana esce in questi giorni il loro nuovo ep Carne, Carne, Carne che vira la loro formula verso atmosfere più elettroniche. Piet Mondrian sembra seguire un po’ la strada del primo Battiato, passando per i


chiamo di sfruttare come un punto di forza. Non siamo né i primi né gli ultimi in questo senso, credo. Il nostro modo di scrivere nel tempo è pure cambiato, nel senso che se all’inizio partivamo da quello che veniva fuori in sala prove, senza pensarci troppo su, adesso tutto parte da un’idea un po’ più precisa, da un tipo di atmosfera che vogliamo creare e a livello musicale cerchiamo di attenerci al nostro approccio, ovvero due o tre giri a canzone e qualche piccolo arrangiamento, tutto sta a capire (e lì è il difficile) se sono i giri giusti o no... I testi li scrivo io e non so quanto sia o meno ispirato da De André, certo è un grande, forse il più grande, ma non potrei sostenere con certezza se la sua è per me un’ispirazione diretta o semplicemente una tra le tante fonti a cui provo ad attingere. I vostri testi giocano con la lingua ma sono anche, forse involontariamente, delle caustiche riflessioni sul tempo in cui viviamo… Ti rispondo sempre nel personale. I testi sono un po’ una fotografia di quello che vedo, di quello che faccio, quindi sì, in fondo anche del tempo in cui viviamo, a cui cerco di applicare un filtro, una lettura privata di una certa situazione. E mi piacciono molto le parole-macedonia, i termini in falso inglese, il linguaggio del marketing e di internet. Ma non è neanche troppo una scelta ragionata. Ho la fortuna (perché io la vivo così) di essere un precario, di stare con molte persone diverse, con molti punti di vista diversi, di fare i soliti 3 o 4 lavori (in multitasking, vedi sopra) per arrivare a fine mese, e tutto questo mi permette di avere molto materiale su cui scrivere.

Soerba e finendo a Il Genio. Quello che alcuni definiscono pop intelligente come se il resto fosse stupido. Cosa ne pensi? Non basta una vita per capire cosa è stupido e cosa no. Ma soprattutto cos’è il pop? Il motivo che ti rimane in mente dopo poche volte che lo ascolti? Beh se è così aspiriamo a quello. Alla fine. La gente non ha più tanto tempo per pensare a troppe note. Noi in più ci mettiamo solo un casino di parole. E cerchiamo di far restare in mente anche quelle. Per quello che si può. Con Misantropicana avete un po’ definito il vostro sound, sembrate affascinati dal low-fi così come da De André. Come scrivete? Il low-fi nel nostro caso è sinceramente un limite (di mezzi, di soldi, di didattica musicale) che cer-

È uscito da poco il vostro nuovo Ep Carne Carne Carne Carne, cosa c’è di nuovo? Molto. Intanto il suono, più elettronica, più composizione, proprio per lo stesso motivo che ti dicevo prima. Poi l’Ep in questione contiene solo due pezzi totalmente nuovi, cioè Carne Carne Carne Carne e Accidia, gli altri due sono semplicemente inediti che già comunque suonavamo dal vivo. Poi i temi. Meno politica, più intimismo. Se non cambiamo prima noi, le cose intorno non cambiamo di certo. Ma questa è una disillusa riflessione che alla fine è in continuità con il lavoro precedente. Questi maledetti umani te li ritrovi sempre dappertutto, spesso ti fanno del male, e altrettanto spesso ti ci affezioni. E infine stanno per cambiare molte cose nel progetto Piet Mondrian, tra cui la line up. Ma di questo non vorremmo anticipare nulla, perché l’estate e i concerti che faremo ne saranno la vetrina ideale. Osvaldo Piliego MUSICA 19


MUSICA

FRANCESCO GUCCINI

L’eterno incanto del cantautore pavanese Da Vorrei a Cyrano, da In morte di S. F. a La Locomotiva passando per Autogrill, Francesco Guccini, nel concerto di sabato 11 giugno a Lecce, ha ripercorso la sua lunga carriera. Due ore e mezzo di spettacolo tra musica e parole, con molti ricordi (aperti dal suo periodo leccese in

divisa militare) e qualche battuta sui referendum (“l’acqua è importante anche se ci sono cose migliori da bere”). Nel pubblico c’era di tutto. Giovanissimi e anziani, nostalgici “proletari” con il pugno chiuso alzato e “berlusconiani” con la passione per la musica d’autore.


facevano andare in giro a lungo. Ha composto versi che hanno fatto riflettere diverse generazioni. È una fortuna o una responsabilità? Innanzitutto è una fortuna, anche perché non so quale tipo di responsabilità potrei avere. Se fossi stato un cattivo maestro forse avrei qualche responsabilità, ma non credo di esserlo stato. Scriverebbe ora un album di protesta sociale? Non credo di aver mai scritto un intero album di protesta sociale. Ho fatto canzoni che parlano di me e del mondo che vivo, e quindi inevitabilmente ci sono dentro caratterizzazioni sociali. Negli anni ci ha regalato varie incursioni nel mondo del cinema. Che rapporto ha con la settima arte? È un rapporto di puro gioco, piccole cose fatte per gioco. È tutto divertimento. Non ho la volontà di fare l’attore o di essere definito un attore. Ha una parte in Radiofreccia (il gestore del Bar Mario), avete scritto a quattro mano il brano Ho ancora la forza e Ligabue nell’ultimo Arrivederci mostro! ha fatto il sequel de L’avvelenata. Che rapporto c’è tra voi due? Con Luciano siamo grandi amici. Ogni tanto ci vediamo, stiamo assieme e andiamo a mangiare. Ligabue è un’ottima persona. In politica da chi si sente rappresentato? Sono di sinistra e alcuni leader della sinistra italiani mi piacciono. Una volta mi piaceva Prodi, ma non fa più politica attiva. Ora mi piace Vendola soprattutto per quello che sta facendo in Puglia. Come ci si sente dall’alto della sua esperienza? Sono un semplice raccontatore di storie. Sono uno scrittore, ecco. Non sono un musicista, poeta nemmeno. Sono soltanto un narratore di storie, sia sotto forma di canzoni che di pagine scritte e quindi in prosa. È ritornato in Salento dopo tanti anni. Nel 1962, inoltre, ha fatto due mesi e mezzo di militare a Lecce. Che ricordi ha di quella esperienza? L’esperienza da militare non è mai simpatica, soprattutto i primi mesi. Ricordo un gran caldo. Lecce me la sono goduta dopo, quando sono ritornato senza vincoli militari. Nel 1962 non ci

A quando un nuovo album? Questa è una bella domanda. Sicuramente quando avrò le canzoni giuste per farlo. Per adesso ne ho tre. E per concludere, Guccini com’è la vita in via Paolo Fabbri? La casa a Bologna ce l’ho ancora e a via Paolo Fabbri alcune volte ci capito, ma ormai sono dieci anni che abito a Pavana nel paese dei miei nonni. Adesso ti potrei descrivere la mia vita sull’Appennino tosco emiliano. Mi sveglio di buon ora la mattina e vedo i boschi intorno a me. E, credimi, è molto bello. Lucio Lussi MUSICA 21



RICORDANDO DON TONINO BELLO

Michele Lobaccaro racconta la messa laica dedicata al vescovo di Molfetta Anima dei Radiodervish insieme a Nabil Salameh, il chitarrista e compositore Michele Lobaccaro ha da poco pubblicato il libro/cd (Edizioni La Meridiana) Un’ala di riserva, messa laica per don Tonino Bello, il vescovo di Molfetta, nato ad Alessano, amato da cattolici e laici per le sue prese di posizione, la sua poetica, il suo impegno. Una messa laica su sonorità mediterranee tra i canti della liturgia in latino e brani ispirati da testi del vescovo (riscritti e musicati da Lobaccaro) che coinvolge molti musicisti pugliesi da Caparezza ad Alessia Tondo e Antonio Castrignanò della Notte dalla Taranta, dalle Faraualla al gruppo italoalbanese degli Adria, da Giovannangelo de Gennaro a Fabrizio Piepoli, Alessandro Pipino, Riccardo Laganà, Antongiulio Galeandro, Davide Viterbo, la Banda G. Verdi di Sannicandro di Bari, Livio Minafra, Bepi Speranza e l’Ensemble Calixtinus. Tra gli ospiti anche il maestro Franco Battiato che duetta con Nabil nell’Agnus Dei che apre il cd. “Dalla cultura della musica e dell’arte, è possibile intendere che lo struggente, insoddisfatto bisogno di comunione, inscritto nei ritornelli delle canzoni o nei cromatismi di una tela, è il sacramento dell’inquietudine che può placarsi solo in te, Signore”, diceva Don Tonino.

stanca ripetizione di un rituale che rassicura, ma un rinnovamento continuo, forza centrifuga che ti butta nel mondo e ti mette in discussione. Questo disco pertanto è una messa che non lascia in pace.

Come nasce l’idea di un cd dedicato al vescovo di Molfetta? Da qualche tempo ho iniziato a leggere gli scritti, la produzione poetica e saggistica, gli interventi, i discorsi di Don Tonino Bello. Il suo stile e la sua poetica, il ragionamento raffinato mi hanno subito conquistato. Tutte le emozioni che mi trasmetteva ho voluto restituirle in musica. Quando ho letto una delle sue frasi “la pace è finita andate a messa, ché se vai a messa è finita la tua pace” è scattata dentro di me una chiave di lettura. Il cd ha dunque una forma di messa come la intendeva don Tonino, non una

Qual è l’eredità di Don Tonino? Secondo me ci ha lasciato tantissimo. Don Tonino aveva una capacità profetica e credo che i semi che ha sparso nella sua vita oggi stiano dando i loro frutti nella società, nella cultura e nella politica pugliese. Credo che lui non sia estraneo a questo fermento. Avremmo anche risultati maggiori, facendo conoscere don Tonino a persone che non hanno avuto la fortuna di incrociare le sue idee. L’idea di vivere in un’arca di pace proprio ora che siamo in un arco di guerra ci porta dei valori importanti e fondamentali. (pila)

Nel cd ci sono tantissimi ospiti pugliesi ma spicca la presenza di Franco Battiato. Come sei arrivato a scegliere i tuoi compagni di avventura? Mi sembrava interessante realizzare un omaggio del mondo musicale pugliese a don Tonino. Spesso sono stati i brani a suggerirmi la tipologia di canzone. Nel Magnificat è nata una collaborazione con gli Adria, poi ci sono alcuni compagni di viaggio come Nabil, Alessandro Pipino, Alessia Tondo e Riccardo Laganà. Con Caparezza c’è stata una scelta molto collegata al tipo di canzone: Auguri scomodi è un testo che parla degli auguri natalizi tutt’altro che buonisti. Avevo bisogno di una penna graffiante e irriverente e chi meglio di Caparezza che è anche di Molfetta ed è stato cresimato da Don Tonino. Infine con Franco Battiato ci sono amicizia e stima da molto tempo. Si è sentito vicino spiritualmente sia con il pezzo sia con tutto il progetto.

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STEELA

Pop romantico, da spiaggia e da club I salentini Steela sono cresciuti, hanno visto e sentito cose nuove. Esce in questi giorni Un passo, un dubbio, il loro secondo album. Colti che erano poco più che ragazzini dai loro idoli, sono stati svezzati da Madaski degli Africa Unite e Max Casacci dei Subsonica, hanno nel dna il reggae ma vogliono e sanno fare molto di più. Affascinati dai nuovi ritmi gli Steela danno vita 24 MUSICA

a una formula pop che sa essere romantica, da spiaggia e da club. Abbiamo parlato con Moreno, voce della band. È passato un po’ dal vostro “primo livello”. In questi anni siete cambiati, cosa avete fatto? Abbiamo fatto tantissime cose e abbiamo avuto


gini, cosa vi ha influenzato in questa nuova ricerca? Penso che, dopo aver ascoltato il reggae in tutte le sue salse per tanti anni, la nostra passione per l’elettronica abbia avuto un ruolo molto importante nel periodo di creazione dei nuovi brani. La nostra sfida è stata sempre quella di riuscire ad integrare nel migliore dei modi l’elettronica nel reggae senza mai forzare nulla e poi ultimamente ci siamo dati all’ascolto della dubstep, che è la nuova frontiera delle dance-floor londinesi e che inizia man mano ad affacciarsi anche in alcuni locali d’Italia e da li abbiamo preso un bel po di spunti…noi cerchiamo musica nuova ogni giorno perché conoscere ciò che succede in altre parti del mondo, in materia di musica, ci sta molto a cuore. Forse il sound si discosta un po dal primo disco, ma credimi, è la giusta evoluzione dello stile degli Steela. Si sente un legame profondo con il Salento anche nell’uso del dialetto. Ce ne parli? Beh, direi che da buoni salentini siamo molto legati alla nostra terra e cerchiamo di avere sempre dei brani scritti in dialetto sia nel disco che nel live… è una cosa più forte di noi. Poi ci sono delle cose che dette in dialetto salentino hanno un altro sapore e rendono decisamente meglio. In questo disco abbiamo trattato un argomento che a noi sta molto a cuore e cioè la strumentalizzazione del Salento nel periodo estivo da parte di enti locali che mirano solo ad accumulare denaro, soffocando così il vero obiettivo che è quello di promuovere il territorio e non di sfruttarlo per interessi privati. Decisamente una cosa di cattivo gusto. così tante esperienze, positive e negative, che per forza di cose ci hanno portato a crescere, a cambiare il nostro modo di vedere e vivere la musica e quindi anche il modo di farla. È stato un percorso molto bello e travagliato quello che ci ha portato alla realizzazione del nuovo disco, ma penso sia stato essenziale per noi. Abbiamo iniziato a capire cosa vogliamo veramente, dove vogliamo far arrivare il nostro sound e sinceramente non mi sembra una cosa da poco in un momento in cui ogni artista fa musica per gli altri senza mai fermarsi veramente per chiedersi cosa vuole ascoltare lui stesso. La musica è del popolo, ma anche di chi la fa, non ti pare? Ascoltando il disco si scopre un suono nuovo che un po’ si discosta da quello delle ori-

Perché Un passo un dubbio? Perché il sound è un po differente dal 1° livello, perché tutte le storie raccontate nel nuovo disco ti lasciano con il fiato sospeso ed un punto interrogativo che ti stuzzica a trovare molte risposte a poche domande. Perché ogni passo nasconde un dubbio, perché senza l’incognita del dubbio non ci sarebbe il gusto di fare qualsiasi passo. In un periodo in cui tutti vorremmo certezze e sapere già come va a finire ogni cosa che facciamo, forse un pizzico di follia nel fare un salto senza sapere se il terreno sotto di noi è stabile non guasterebbe, forse ci porterebbe a capire tante cose… o forse rimarremmo con un dubbio, ma almeno potremmo dire di averci provato. Osvaldo Piliego

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IL RUMORE MUSICALE DI ROMA EST Circolo Degli Artisti, Borgata Boredom, Music and noises from Roma est, 14 Aprile 2011 Negli ultimi anni si è persa la concezione di cosa sia davvero una “scena musicale”. Potremmo chiedere, ad esempio, agli Animal Collective se si sentono parte della neo-psichedelia californiana, ma la risposta ci lascerebbe delusi: non esiste nessuna scena e le band si conoscono appena. Ormai l’abusato termine “scena” indica collaborazioni discografiche fra produttori, oppure è semplicemente un’etichetta coniata dai critici per indicare tendenze e sfaccettature della popular music. Purtroppo negli anni zero ha regnato un individualismo sfrenato. Chi ha imbracciato uno strumento, il più delle volte, lo ha fatto con un proposito commerciale ben piantato in mente. Il 14 aprile, però, al Circolo degli Artisti, assisto a qualcosa di diverso, uno spettacolo che una volta tanto è espressione di una collettività più che dell’estro di singoli musicisti. La Borgata Boredom, così è stata battezzata, organizza un evento per presentarsi alla capitale e pubblica uno splendido vinile manifesto della scena (disponibile anche in una tiratura limitata con copertina disegnata a mano): Music and noises from Roma est (da notare il nome dell’etichetta, No-Fi Recordings) è un’istantanea della creatività che esplode tra la Casilina e la Prenestina passando per il Pigneto, Tor Pignattara, ecc.

L’atmosfera che si respira al Circolo mi riporta indietro di vent’anni. Vedo e sento affiatamento, desiderio di sperimentare musiche nuove, gente che salta da una band all’altra, ma soprattutto puzza di artisti che si vogliono bene, collaborano, scambiano idee e si influenzano reciprocamente. Niente arrivismo, solo la volontà di emergere da un mercato discografico saturo e boccheggiante, costretto ormai a resuscitare un vecchio supporto come il vinile (finalmente!), in barba a tutte le previsioni avveniristiche formulate negli anni scorsi intorno al futuro della musica. Le band in scaletta sono valide, alcune persino eccitanti, e spolpano la materia psych, garage e noise mostrandone le infinite facce e colori. Dagli anni ‘70 più lisergici si passa alla no wave più sperimentale, poi al lo-fi più demente, fino a creare degli ibridi di difficile catalogazione. I protagonisti della serata condividono evidentemente uno spirito, un’attitudine verso la musica e la vita stessa. Si conoscono bene, vivono a poca distanza gli uni dagli altri e collaborano sulla base di una sensibilità affine. Anche il pubblico è parte integrante ed è sintonizzato sulle stesse vibrazioni. Sicuramente ogni concerto è vissuto come un piccolo evento; l’esibizione dal vivo, infatti, ci presenta i gruppi nel pieno della loro espressività. Le performance sono tutte sopra la media, ma in particolare mi colpisce lo sgangherato revival (molto velvettiano) di Bobsleigh Baby, la giocattolosa voracità pop di Trouble Vs Glue (freschi di un’uscita su Urquinaona Records), l’anarconoise spastico di Maximilian I°. Non solo questi outsiders incarnano lo spirito più profondo del rock, ma cercano costantemente nuove strade da percorrere a livello musicale. Meriterebbero una medaglia anche solo per questi due motivi. Giù il cappello davanti alla Borgata Boredom! Tobia D’Onofrio

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AVANTI POP

Cinque brani di successo che piacciono anche a Coolclub

Katy B – Ease please me Non è la prima volta che parlo di Katy B. Non farà la storia della musica, non brilla né per carisma né per intonazione, ma lavorare con Benga porta i suoi frutti e cosi Katy, singolo dopo singolo sta provando perlomeno a far procedere l’attualità musicale nel suo percorso. L’emancipazione definitiva del dubstep verso lidi quasi “commerciali” vede il suo naturale sbocco in questo singolo eccezionale. Nota: i primi 10 secondi ricordino fortemente Altre forme di vita dei Bluvertigo. Lykke Li – Sadness is blessing Tristezza a profusione per il nuovo album della musicista svedese dal titolo poco rassicurante, Wounded Rhymes. In pochi l’avevano notata all’esordio e ancor di meno avevano scommesso sul talento pop di Lykke, che pareva più una bambola sforna-singoli. Invece no, c’è tanta roba, in tutto l’album e c’è anche un certo gusto autoriale, a partire dal video che accompagna il brano (i primi due minuti sono fatti di sospiri, gorgheggi e sguardi, raccomandato) sino al brano, epico e paraculo allo stesso tempo. Fabri Fibra + Marracash Qualcuno normale Forse è una semplificazione eccessiva, però ritengo che chi canta abbia spesso la capacità di misurare il polso del mondo in cui vive e questo è ancor più vero per i rapper. Se poi si parla di gente che vende un sacco di dischi, lo fa in italiano e senza abbandonare il codice linguistico della rima, ritengo che vadano ascoltati senza pregiudizi, quasi a prescindere, per vedere in che direzione va il vento. 28

Fibra e Marracash, i due rapper più popolari in Italia, cantano di una nazione allucinata. È difficile che i loro affreschi appaiano eccessivamente surrealisti. Joan as policewoman – The magic Joan Wasser non tradisce mai. Imbraccia la sua chitarra (in verità è polistrumentista) e va. Il suo ultimo album, The deep field, stupisce per una nota quasi solare, un unicum per un’artista che fino ad oggi ha brillato per il suo intimismo, figlio forse di una vita non facilissima (mai dimenticare che Joan era la fidanzata di Jeff Buckley quando quest’ultimo morì tragicamente nel 1997 e che nel 1999 dichiarò di essere stata “salvata da Antony and the Johnsons”). The Indipendent lo ha recensito dicendo che il suo album contiene tutto ciò che manca nel disco di Adele. Ed è tutto dire… Calvin Harris feat. Kelis – Bounce Anche Calvin, come Joan, non tradisce mai. E i punti in comune finiscono qui. A 27 anni si potrebbe crollare sotto i colpi della pressione, godersi il denaro e perdere la testa. E invece si ripresenta ai nastri di partenza con questo singolo in coppia con una tostissima come Kelis, un interessante apripista per il terzo album che sembra proseguire sul solco della dance divertente e gradita ai grandi signori del pop internazionale. In Inghilterra già scommettono su Bounce come hit dell’estate. E se non faremo attenzione saremo colonizzati anche noi. Dino Amenduni


DAMMI UNA SPINTA Cinque artisti che ascolteremo in radio. Forse...

24 Grana – Ombre

Prendi ¾ di napoletanità e ¼ di Steve Albini e ottieni il nuovo lavoro dei 24 Grana. Inciso tutto in analogico, a Chicago, questo nuovo album della formazione guidata da Francesco Di Bella abbandona le sonorità più morbide e vira con forza verso un postrock mediterraneo, un genere che non esiste e che forse è anche sbagliato inventare in queste righe. Secchi, dritti, decisi: un singolo non facile per un piccolo forziere che si schiude progressivamente a ogni ascolto. Dargen D’Amico feat. Daniele Vit – Odio Volare Jacopo Dargen D’Amico è strano, ma io sono un suo fan spassionato. Definirlo rapper è riduttivo, chiamarlo poeta potrebbe sembrare eccessivo visto il continuo salto tra sacro e profano nelle sue liriche. È un ragazzo che racconta storie e gioca con l’italiano, l’elettronica e talvolta con il non-sense. Dentro le sue parole si leggono emozioni umane, addirittura basse e “di pancia” con la stessa naturalezza con cui si fanno voli pindarici. Questo singolo venato di r’n’b d’alta classifica conferma una cifra artistica unica in Italia e che per questo non può lasciare indifferenti. Adele – Someone like you (Mike Delinquent remix) Nello scorso numero di Coolclub.it questo singolo era già in bella mostra. In questi due mesi Adele si è piazzata alla posizione numero 1 delle classifiche inglesi e americane e non si è mossa più. E allora perché mai riproporla qui nei singoli da recuperare? Perché nelle trame di questo remix c’è il ritorno

di un genere che spopolò per un paio di stagioni a inizio decennio, il 2-step. Artful Dodger e MJ Cole misero insieme piccoli anthems da pista da ballo e ottennero anche un grande risultato commerciale. Poi la luce si spense, senza preavviso. Quella stessa sincope irresistibile oggi è tornata, con la stessa velocità e inaspettatamente. E poi Adele va bene su tutto. In bocca al lupo alla nuova generazione. Clare Maguire – The last dance Grandissima voce, basi appena sufficienti, bisogna però tenere d’occhio il potenziale della ragazza. Classe ’87, presa di corsa da Polydor (la migliore etichetta in Inghilterra negli ultimi 5 anni, almeno per capacità di scouting), ha dato alle stampe il suo primo album, The Last dance, che ha spaccato in due la classe dei critici. I singoli funzionano, ma la coperta è ancora un po’ corta. Sono supercurioso di vederla dal vivo. Jamie Woon – Lady luck E per concludere con la rassegna “piccoli geni”, bisogna dare una spinta assai forte e convinta a Jamie Woon, classe ’83, di genitori cinesi e malesi ma inglese al 100%, preso sotto contratto da Polydor (ops, allora è vizio) e dotato di un talento magnetico. A metà aprile è uscito con un album già molto atteso pur essendo il suo esordio, Mirrorwriting, trainato da due piccole gemme dell’R’N’B elettronico (altro genere forse inesistente), ossia Night air e questa Lady Luck. È un genere duro da scalare, per diventare mito ci vogliono anni e una sfilza di capolavori, ma l’inizio di Jamie Woon è il migliore che si potesse immaginare. Dino Amenduni

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UN’ESTATE DI FESTIVAL

Inserto a cura di Pierpaolo Lala e Elisa Palamà 31


IN EUROPA SOUTHSIDE Neuhausen Ob Eck Germania dal 17 al 19 giugno

Quest’anno i 130 mila biglietti messi in vendita ad ottobre sono andati esauriti in quattro ore. Dal 1970 si rinnova questo appuntamento con la musica, il teatro, l’arte, la creatività giovanile. Sullo stesso palco per tre giorni U2, Coldplay (in foto), Beyoncè, Elbow, Morrissey, Pendulum, Paul Simon, BB King, Paolo Nutini e molti altri ancora. Evitate di andare se non avete il biglietto ma pensate a quanto sarebbe bello esserci. www.glastonburyfestivals.co.uk

Nel cuore della Germania torna anche nel 2011 il Southside festival con una programmazione varia e di qualità. Sul palco Foo Fighters, Blink-182, Arcade Fire, Chemical Brothers, Portishead (in foto), Arctic Monkeys, Kaiser Chiefs, Clueso, Hives, Suede, Kasabian, Subways, Gogol Bordello, Flogging Molly, Elbow, Wombats e molti altri ancora. Nessuna paura della soia, la Germania è vicina. www.southside.de

OPEN AIR San Gallo - Svizzera dal 30 giugno al 3 luglio Qualità e certezze a San Gallo, nel nord-est della Svizzera vicino al lago di Costanza e ai confini con Germania e Austria. Torna l’Open Air con, tra gli altri, Linkin Part, Queens of the stone age, The National, Elbow, Mogwai. Non male per essere neutrali. www.openairsg.ch

GLASTONBURY FESTIVAL Shepton Mallet - Inghilterra dal 22 al 26 giugno

EUROCKENNES Belfort - Francia dal 1 al 3 luglio

Agli esordi c’erano gli hippie e meno di duemila persone.

Rock e dintorni all’Eurockennes. Arcade Fire (in foto), Arctic Monkeys (foto in alto), Motorhead, Boys Noize, Tiken Jah Fa-

32 UN’ESTATE DI FESTIVAL

koly, House Of Pain, Tryo, Beth Ditto, Paul Kalbrenner, Birdy Nam Nam, Anna Calvi, Kyuss Lives!, Queens Of The Stone Age, Funeral Party, Beady Eye, Kate-rine, Crystal Castles, Francis et le cabaret New Burlesque, Les Plasticiens Volants, Battles sono gli ospiti del festival francese. www.eurockeennes.fr MONTREUX JAZZ FESTIVAL Montreux - Svizzera dal 1 al 16 luglio

Dal 1967 a Montreux in Svizzera si ripete questo evento che si chiama jazz ma si declina in molti generi. Ospiti di questa edizione Carlos Santana & John Mclaughlin, Skatalites, Jimmy Cliff, George Benson, Guano Apes, Paolo Nutini, Ziggy Marley, Alpha Blondy, Youssou Ndour, Arcade Fire, Mario Biondi, Sting (in foto), Seal, Paul Simon, Liza Minnelli, Deep Purple. A rappresentare la musica italiana saranno quest’anno i gruppi pugliesi Après la Classe e Nidi d’Arac. www.montreuxjazz.com


ROCK WERCHTER Werchter – Belgio dal 30 giugno al 3 luglio

Divisi dalla lingua, uniti dalla musica. A Werchter in Belgio torna questo importante festival rock. Tra gli ospiti principali dei quattro giorni Kings Of Leon, Chemical Brothers, Iron Maiden, Coldplay, Arctic Monkeys, Portishead, PJ Harvey (in foto), Elbow e molti altri ancora. Non male veramente. www.rockwerchter.be ROSKILDE FESTIVAL Roskilde - Danimarca dal 30 giugno al 3 luglio Dal 1971 nella fredda Danimarca si perpetua il rito del Rockilde Festival, forse il più longevo festival rock del vecchio continente (isole escluse). Ospiti principali di questa edizione Arctic Monkeys, Iron Maiden, Kings of leon, Mastodon, M.i.a., Pj Harvey, The Strokes. Una certezza. www.roskilde-festival.dk BKK LIVE Bilbao - Spagna dal 7 al 9 luglio Torna nella regione basca il Bkk live. Tre giorni dedicati alla musica internazionale con Coldplay, Amy Winehouse, Kaiser Chiefs, Blondie, Black Crowes e i Chemical Brothers. Una bomba! www.bilbaobbklive.com

EXIT Novi Sad - Serbia dal 7 al 10 luglio

FESTIVAL INTERNACIONAL Benicàssim - Spagna dal 14 al 17 luglio Tra Barcellona e Valencia torna a Benicàssim uno dei Festival più attesi dell’estate. Sul palco, tra gli altri, Strokes, Arctic Monkeys, Primal Scream, Portishead, Arcade Fire, Pendulum, Paolo Nutini. L’abbonamento costa però 170 euro. www.fiberfib.com

Nato 11 anni fa come iniziativa di protesta studentesca contro il regime comunista di Milosevic, l’Exit di Novi Sad si è affermato in questi anni come uno dei maggiori festival europei. Sulle rive del Danubio, sui sei palchi previsti, sfileranno tra gli altri Arcade Fire, Pulp, Jamiroquai, Portishead, Grinderman (in foto), Editors, solo per fare qualche nome. Chissà se festeggeranno per l’arresto del macellaio. www.exitfestinfo.it

GURTEN Berna - Svizzera dal 14 al 17 luglio

T IN THE PARK Balado Airfield - Scozia dall’8 all’11 luglio Arctic Monkeys, Coldplay, Foo Fighters, Blink 182, My Chemical Romance sono alcuni degli ospiti del festival dedicato alla birra scozzese che si svolge nel parco di Balado, tra Kinross e Perth, a circa 40 km da Edimburgo. Otto palchi e circa 200 artisti. Da vedere e assaporare. Sold Out, diffidate dai bagarini. www.tinthepark.com

La capitale svizzera ospita questo festival rock molto atteso nella programmazione estiva d’oltralpe. Quattro giorni con Arctic Monkeys, Kaiser Chiefs, Beatsteaks, Plan B, The Streets, Jamie Cullum (in foto), e tanto altro ancora. Abbonamenti da 155 euro. www.gurtenfestival.ch. SZIGET - FESTIVAL Budapest – Ungheria dal 10 al 15 agosto

HULTSFRED FESTIVAL Hultsfred – Svezia dal 14 al 16 luglio

The Prodigy (in foto), Cut Copy, Primal Scream, Crystal Castels, Peter Bjorn, Suede, Morrisey, White Lies, Erasure sono gli headliner di questo piccolo ma interessante festival svedese. www.hultsfredsfestivalen.se

L’isola di Obuda, a 2 km dal centro di Budapest ospita dal 1993 Sziget Festival nato grazie alla genialità di Peter Muller SziaUN’ESTATE DI FESTIVAL 33


mi, eclettico artista ungherese, e alle capacità organizzative di Gerendai Karoly. Sei giorni di concerti, teatro, installazioni, mostre, danza per circa 400mila persone. Sui 7 palchi si ascolta di tutto dal pop al metal, dal rock al reggae, dall’elettronica alla classica. Tra gli ospiti di quest’anno Pulp, Kasabian, Chemical Brothers, Amy Winehouse (in foto), Dizzie Rascal, Interpol, The National, Rise Against, Good Charlotte, Smash Mouth, Gogol Bordello, Flogging Molly, Maccabees, White Lies, La Roux e molto altro ancora. Chapeau. www. szigetfestival.it FREQUENCY St. Polten - Austria dal 18 al 20 agosto

Foo Fighters, Chemical Brothers, Seeed, Kasabian (in foto), Rise Against, The National sono solo alcuni degli ospiti del Frequency festival, tre giorni di musica al Green Park di St. Polten a una sessantina di chilometri dalla capitale austriaca. Da assaporare come una bella torta viennese. www.frequency.at PUKKELPOP Hasselt-Kiewit – Belgio dal 18 al 20 agosto

Foo Fighters, Eminem, Deus, Duck Sauce, Thirty Seconds To Mars, Offspring, Skunk An34 UN’ESTATE DI FESTIVAL

ansie, Fleet Foxes (in foto), James Blake, Jamie Woon, The Streets, Horrors, Explosions In The Sky, Trentemoller, Blonde Redhead, Raveonettes, Lykke Li, Patrick Wolf, Wild Beasts, View, Bonobo. Un degno aperitivo da gustare sugli otto palchi del festival fiammingo di Pukkelpop. www.pukkelpop.be ROTOTOM SUNSPLASH Benicàssim - Spagna dal 18 al 27 agosto L’european reggae festival Rototom Sunsplash dopo la fuga da Osoppo arriva alla diciottesima edizione. Il segreto del successo di questo festival è una formula, un contesto che piace e che attira un pubblico eterogeneo che prevarica semplici questioni di gusti e generi musicali. Quest’anno tra le varie iniziative ci saranno: Bunny Wailer, Jimmy CliffToots & The Maytals, Shaggy, Horace Andy, Luciano, Johnny Clarke, Lutan Fyah, Michael Prophet e Perfect. www.rototomsunsplash.com ROCK EN SEINE Parigi - Francia dal 26 al 28 agosto Foo Fighters, Arctic Monkeys, Kills, Interpol, Deftones, Cocorosie, My Chemical Romance, Keren Ann sono alcuni degli ospiti del festival francese che si tiene all’interno del Domaine National de Saint-Cloud, alle porte di Parigi. Rock? Oui C’est moi. www.rockenseine.com LEEDS E READING FESTIVAL Leeds e Reading Inghilterra dal 26 al 28 agosto Doppia location, doppio festival, stessi artisti. A Leeds e Reading da anni va in scena lo stesso festival su palchi diversi. Tra gli ospiti di quest’anno Muse, Elbow, Interpol, My Chemical Romance, Thirty Seconds To Mars, The Offspring, Deftones, Pulp,

The Strokes, The National. Tu gust is megl che uan. www.leedsfestival.com; www.readingfestival.com JAZZ À LA VILLETTE Parigi - Francia dal 31 agosto all’11 settembre Grande attesa per il festival jazz parigino. Tra gli ospiti Hindi Zahra & Tigran Hamasyan, Brad Mehldau, Fred Wesley & Pee Wee Ellis, Randy Weston, The Ex, Poni Hoax, Meshell Ndegeocello, Questlove, Macy Gray, Black Thought, Tony Allen & Amp Fiddler, Archie Shepp Medeski, Martin & Wood, Rodolphe Burger & James Blood Ulmer, Yaron Herman, Maceo Parker, Cinematic Orchestra, Tom Harrell, Roy Hargrove, & Stephane Belmondo, Esg, Abdullah Ibrahim. www.citedelamusique.fr

IN ITALIA ROCK IN IDRHO Milano 15 giugno

Quarta edizione per il festival Rock in IdRho ospitato dall’Arena Fiera Rho di Milano. Non certo una masseria dispersa nei campi in stile Woodstosk ma pur sempre una location facilmente raggiungibile per un festival che ospita quest’anno musica dalle


ROMA INCONTRA IL MONDO Villa Ada - Roma dal 18 giugno al 29 luglio

(18), Alpha Blondy & The Solar System Band (25), Subsonica (8 luglio) (in foto), Calibro 35 (13), Elio e le Storie Tese (16). www.sherwood.it 15.30. Si parte con Outback e Ministri e si prosegue con Flogging Molly, Band of horses, The Hives, Social Distortion, Iggy Pop & The Stooges (ancora sulla cresta dell’onda nonostante l’età) e l’attesa esibizione dei Foo Fighters (in foto). Una Milano tutta da ascoltare. www.rockinidrho.com

ROCK IN ROMA Roma dal 18 giugno al 29 luglio

Più che un festival una lunga rassegna che abbraccia gran parte dell’estate romana. Giunto alla sua diciottesima edizione l’appuntamento a Villa Ada ospita, tra gli altri, Battles, Giovanni Lindo Ferretti, Bandabardò, Natasha Atlas, Radiodervish, Radici del Cemento, Cristina Donà, Sud Sound System, Jimmy Cliff, Alex Britti, Alboroise, Verdena, Zoè, Bregovic (in foto), Cesaria Evora. Una cavalcata tra jazz, rock, reggae, musica popolare, balcani che si chiuderà con la festa finale di Daniele Sepe. www.villaada.org FESTIVAL DI VILLA ARCONATI Milano dal 21 giugno al 21 luglio

SHERWOOD FESTIVAL Padova dal 17 giugno al 16 luglio

Radio Sherwood e Global Project da più di quindici anni organizzano a Padova lo Sherwood Festival, manifestazione che edizione dopo edizione si arricchisce, spaziando dai grandi concerti live al teatro, al cinestreet alla musica dei dj set. Tra gli ospiti di quest’anno Ministri (17 giugno), Daniele Silvestri

Sono cavalli musicalmente di razza quelli che invaderanno l’Ippodromo delle Capannelle a Roma per quaranta giorni. Concerti ogni sera per tutti i gusti e tutte le tasche. Tra gli ospiti Alessandro Mannarino, Korn, Subsonica, Black Label Society, Dream Theater, Afterhours, Mogwai (in foto), Fabri Fibra, The Chemical Brothers, Franco Battiato, Caparezza, Daniele Silvestri, Ben Harper, Robert Plant & The Band of Joy, Shunk Anensie, Elio e le storie tese, Jamiroquai, Moby, Slash. Su chi scommettiamo? www.rockinroma.com

Dal 1989 Villa Arconati, nei pressi di Milano, ospita questo festival che spazia tra generi e generazioni. Tra gli ospiti di quest’anno Elio e le storie tese, Daniele Silvestri, Stefano Bollani, The chieftains e Antonio Castrignanò, Giovanni Lindo Ferretti, Goran Bregovic, Alex Britti, Cesaria Evora. In chiusura spazio a Joan as a police woman (21 luglio) (in foto). Ideale per chi deve sopportare l’afa milanese. www.festivalarconati.it UN’ESTATE DI FESTIVAL 35


GODS OF METAL Milano 22 giugno

Jonas Blues, Eric Bibb quartet, Black Friday, Albert Lee & Hogan’s Heroes, Sonny Landreth trio, Bettye Lavette e Colosseum. www.liribluesfestival.it TRAFFIC FESTIVAL Torino dal 5 al 10 luglio

Un giorno di sonorità decisamente dure al Gods of Metal che torna a Rho (Milano) e festeggia la sua quindicesima edizione. Considerato l’appuntamento con il metal più atteso dell’anno, il festival per l’edizione 2011 ha deciso di stupire con il tour d’addio della storica band Judas Priest (in foto). Sul palco saliranno anche Whitesnake, Mr.Big, Europe, Cradle of Filth, Epica, Duff McKagan’s Loaded, The Cavalera Conspiracy, Baptized in Blood. Per appassionati. www.godsofmetal.it SONISPHERE Imola (Bo) 25 e 26 giugno Metallo allo stato puro all’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola con la versione italiana del Sonisphere Festival. Due giorni con il meglio della scena internazionale. Sul palco Iron Maiden, Slipknot, Motorhead, Rob Zombie, Apocalyptica, Mastodon, Labyrinth (25 giugno), Linkin Park, My Chemical Romance, Sum 41, Alter Bridge, Guano Apes (26 giugno) (foto in alto pagina precedente) e molti altri gruppi ancora. Metallico. www.sonispherefestivals.com LIRI BLUES FESTIVAL Isola del Liri (Fr) dal 29 giugno al 3 luglio Cinque giorni di grande blues sull’Isola del Liri per la ventiquattresima edizione di uno dei più importanti festival di blues in Italia. Tra gli ospiti di quest’anno 36 UN’ESTATE DI FESTIVAL

Italia, il Neapolis Festival giunge quest’anno alla quindicesima edizione. Grande novità è il cambio di location, il festival non si terrà più alla Mostra d’oltremare ma si sposterà all’Acciaieria Sonora di Bagnoli sorta sulle vecchie spoglie dell’ex italsider. Due giorni intensi con Skunk Anansie (in foto), Underworld, Marlene Kuntz, Mogwai, Herculesandloveaffair, Crocodiles e molti altri. Vedi Napoli e poi suoni. www.neapolis.it UMBRIA JAZZ Perugia dall’8 al 17 luglio

Nella prima capitale del Regno d’Italia si festeggiano (ancora) i 150 anni dell’Unità d’Italia e non poteva mancare anche un grande festival musicale. Il Traffic, nonostante qualche difficoltà economica, continua ad essere gratuito e quest’anno ospita una line up nostrana. Tra gli ospiti Eugenio Finardi, Francesco De Gregori (con il suo Viva l’Italia ci calza a pennello), Il teatro degli orrori, Verdena (in foto), Pfm, Edoardo Bennato, Stearica, Tre allegri ragazzi morti, Cristina Donà, Le luci della centrale elettrica e molti altri. Anno “sabaudico”. www.trafficfestival.com NEAPOLIS FESTIVAL Napoli 8 e 9 luglio

Considerato il più grande evento di musica rock di tutto il sud

Alle soglie dei quarant’anni Umbria Jazz non invecchia e prosegue il suo percorso tra i generi. Quest’anno unica data italiana di un super gruppo composto da Wayne Shorter, Herbie Hancock e Marcus Miller che celebreranno il ventesimo anniversario dalla scomparsa di Miles Davis. Tra gli ospiti Carlos Santana, BB King (in foto), Ahmad Jamal, uno degli inventori della formula del trio pianistico moderno, Sergio Mendes, Michel Camilo e Chuco Valdes, l’israeliana Anat Cohen. Umbria Jazz inoltre partecipa ai festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia con una iniziativa particolare: tutti gli artisti italiani presenti nel programma daranno infatti una rilettura dell’Inno di Mameli. Monumentale. www.umbriajazz.com


SUMMER FESTIVAL Lucca dall’8 al 24 luglio Torna anche quest’anno la rassegna della città toscana. Tra gli ospiti Zucchero, Arcade Fire, Mario Biondi, Burt Bacharach, B.B.King, Joe Cocker, Amy Winehouse, Ben Harper, James Blunt, Jamiroquai. www.summer-festival.com

wave. Tra gli ospiti Ringo Starr (3 luglio), Arcade Fire (5), Burth Bacharach & Mario Biondi (6), Ludovico Einaudi (7), Lou Reed (8), Afterhours (9), Cyndi Lauper (13), Vinicio Capossela (16), Paul Simon (17), Ben Harper (in foto), Robert Plant & The Band of Joy (20), Moby (22), quei ragazzi selvaggi dei Duran Duran (23), e il solitario Slash (28).

PORRETTA SOUL FESTIVAL Porretta Terme (Bo) dal 21 al 24 luglio Swamp Dogg, Spencer Wiggins, William Bell, Percy Wiggins, Sugar Pie DeSanto, Harvey Scales, Toni Green, Austin de Lone All Stars, Chick Rodgers, Tribute To King Curtis with Sax Gordon & Groove City, The Memphis All Star Rhythm & Blues Band sono gli ospiti principali della ventiquattresima edizione del Porretta Soul Festival. La vetrina europea della musica soul. www.porrettasoul.it

FERRARA SOTTO LE STELLE Ferrara sino al 21 luglio

I-DAY FESTIVAL Bologna 3 e 4 settembre

Torna all’Arena Parco Nord di Bologna, l’atteso appuntamento con l’I-Day Festival che si terrà il 3 e 4 settembre. Sono stati svelati i superospiti delle serate: Arctic Monkeys e la band punk rock The Offspring (in foto). Saliranno sul palco anche Kasabian, The Vaccines e altri gruppi. Da fine estate. www.indipendente.com

MILANO JAZZIN FESTIVAL Milano luglio Il cuore della città estense ospita anche quest’anno il festival Ferrara sotto le Stelle con un ricco calendario di appuntamenti che spaziano all’interno di tutta la musica contemporanea, senza alcuna restrizione di genere. Quest’anno saliranno sul palco: Sufjan Stevens, The National, Beirut, Pj Harvey, Skunk Anansie, Vinicio Capossela, Verdena, Cocoroise, John Grant, Joanna Newsom (in foto) e i Subsonica. Stelle sopra e sotto il palco. www.ferrarasottolestelle.it Non solo jazz, nonostante il nome, nel cartellone del Jazzin’ Festival all’Arena Civica di Milano. Grandi nomi della musica internazionale, spaziando dal rock al pop, dall’elettronica alla new

Lucano si svolge questo festival, momento di sintesi tra promozione turistica e produzione culturale. Sul palco quest’anno, tra gli altri, Mama Marjas, 24 Grana, Raiz e Asian Dub Foundation. Cosa vuoi di più dalla vita? Un festival lucano! www.pollinomusicfestival.it

POLLINO MUSIC FESTIVAL San Severino Lucano (Pz) dal 5 al 7 agosto Dal 1996 in pieno Parco Nazionale del Pollino, a San Severino

SUPERSOUND Faenza dal 23 al 25 settembre Il Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza si rinnova e presenta Supersound, il più grande festival di musica italiana dal vivo per giovani emergenti. Il centro storico e i suoi palazzi principali e i suoi principali luoghi diventeranno così fucina della nuova musica emergente italiana riempiendo le piazze e gli spazi istituzionali per tre giorni insieme ad una grande Notte Bianca di Musica Emergente che tornerà ad animare e riempire i locali, i club e gli spazi sociali della città con tutta “gli ultrasuoni” della “gioventù sonica” di questi “anni zero” del nostro paese. www.meiweb.it UN’ESTATE DI FESTIVAL 37


ITALIA WAVE Lecce, 14 - 17 luglio

Dopo venticinque anni cambiare casa non è sicuramente facile. È vero che Arezzo Wave quattro anni fa aveva già abbandonato la piccola città toscana per trasferirsi prima a Firenze e poi a Livorno ma passare dall’operosa e concreta toscana alla balneare e sognante Puglia non è sicuramente un passo indolore. Eppure il “patron” Mauro Valenti folgorato sulla via del Salento ha deciso di spostare la sua creatura nell’edizione delle nozze d’argento. Dal 14 al 17 luglio Lecce ospiterà il più importante festival italiano, unico nel suo genere. Tante polemiche ha suscitato la decisione da parte della Regione Puglia di finanziare attraverso Puglia Sounds questo festival, coinvolgendo anche Comune, Provincia, Camera di Commercio e altri enti. Qualcuno l’ha definito uno scippo. Meglio chiamarlo marketing territoriale. Una nuova opportunità per ascoltare musica e portare altro turismo fuori dal mese foco38 UN’ESTATE DI FESTIVAL

so di agosto e dal grande fenomeno della Notte della Taranta. Arrivano nel cuore del Salento (tra Lecce e il mare) quattro giornate dense di appuntamenti, eventi, concerti, mostre, cinema, fumetto, installazioni e workshop e soprattutto una storia intensa, un “prodotto culturale” di prima qualità, un’impresa da 1 milione e mezzo di euro (secondo alcune stime). Come da tradizione sono vari i palchi con musica che andrà ogni giorno dalle 10 di mattina sino a notte fonda. E quest’anno (all’alba di domenica 17 sul mare di San Cataldo) Giovanni Lindo Ferretti saluterà l’ultima giornata del festival con un concerto che ripercorre i grandi successi della sua lunga carriera. Ma andiamo per gradi. Il main stage all’interno dello Stadio “Via del Mare” ospita grandi nomi


come Lou Reed & band nel nuovo spettacolo “Sweet Tooth”, Jimmy Cliff, Paolo Nutini (in foto) e Kaiser Chiefs in esclusiva per l’Italia, gli inglesi Joy Formidable, selezionati nel circuito europeo European Talent Exchange Program e poi ancora gli italiani Verdena, Bud Spencer Blues Explosion, Sud Sound System, Zina. Domenica 17 luglio compleanno tutto italiano per Italia Wave con il concerto (ingresso gratuito) di Daniele Silvestri, Mau Mau, Modena City Ramblers, Cristina Donà, Petra Magoni & Ferruccio Spinetti, Fausto Mesolella, Marta sui Tubi e Paolo Benvegnù. Non poteva mancare anche Elettrowave, venerdì 15 luglio al Livello Undiciottavi a Trepuzzi, dove si alterneranno in consolle Ralf, Dario Lotti, storico dj della scena dance pugliese, Guido Nemola, Marcello Napoletano, Gianni Sabato, Andrea Mi e il progetto 2d Noize (Dj Maik & Dj Kosmik) vincitore del contest Elettrowave Challenge. Dalle 10 alle 19 nell’area dell’Ostello del Sole a San Cataldo (ingresso gratuito) si esibiranno tutti i gruppi che hanno vinto il contest “Italia Wave Band”. Tra Wake up e Psycho stage suoneranno, tra gli altri, La Fame di Camilla, Eazy Skankers (selezionati dal Rototom Festival), la band di Mtv News generation, Krikka Reggae e Almamegretta, Iosonouncane, Fast animals & slow kids, Ardecore, Perturbazione, Elizabeth, The Cyborgs, l’originale allestimento di Kalweit & the Spokes, Quintorigo, Ex-otago, Egokid, Rahama, Waines e Calibro35. Sempre a San Cataldo, nel vicino Lido York, spazio a CultWave con incontri, interviste, reading. Tra gli eventi da non perdere i festeggiamenti per Dylan Dog. In occasione del suo venticinquesimo compleanno e della pubblicazione del numero 300 si terrà una tavola rotonda con alcuni dei disegnatori e (presso le Officine Cantelmo) una mostra con esposizione di tavole in anteprima assoluta tratte dal futuro numero 300. Sempre alle Officine Cantelmo sarà presente Altromercato, con un’esposizione fotografica sul tema del caffè e le premiazioni dei concorsi per photographer e video maker promossi durante l’anno. Italia Wave è anche CineWave con quattro giorni di proiezioni alla Ergot di Lecce. Difficile sintetizzare tutto il programma che comunque è consultabile sul sito www.italiawave. com e su MTV GO! l’applicazione ufficiale del festival per I-Phone scaricabile dal 1 giugno dall’APP store. L’abbonamento ai concerti del Main stage costa solo 50 euro. Tutto il resto è gratuito.

PROGRAMMA giovedì 14 luglio - WAKE UP STAGE Dj set, Playontape (Puglia Sounds Second Wave), Tobia Lamare & The Sellers (Puglia Sounds Second Wave), Moustache Prawn (Puglia), La Fame di Camilla (It) PSYCHO STAGE Da Hand in the middle (Umbria), Sprained Cookies (Campania), Eazy Skankers (Rototom Reggae Contest), BoomDaBash (MTV New Generation), Krikka Reggae (It), Almamegretta (It) MAIN STAGE (ingresso 15 euro) Eels on Heels (Puglia), Emel Mathlouthi (Tunisia), Oudaden (Marocco), Zina (It), Sud Sound System (It), Jimmy Cliff (Jamaica) venerdì 15 luglio - WAKE UP STAGE Dj set Dissidio (Calabria), Zerofans (Basilicata), Anelli Soli (It), Sonicbids second chance, Iosonouncane (It) PSYCHO STAGE Altre di b (Emilia Romagna), Fish in god‟s aquarium (Emilia Romagna), Enrico Esma (Piemonte), Fast animals and slow kids (Premio fAWI 2010), Ardecore (It), Perturbazione (It) MAIN STAGE (ingresso 23 euro) Shijo X (Abruzzo), Bud Spencer Blues Explosion (It), The Joy Formidable (UK), Kaiser Chiefs (UK), Paolo Nutini (UK) sabato 16 luglio - WAKE UP STAGE Double M Sound (Aspettando Italia Wave), Dll (Molise), Contradameral (Marche), Elizabeth (It), The Cyborgs (It) PSYCHO STAGE Fetish calaveras (Liguria), The white mega giant (Veneto), Yokoano (Lombardia), Kalweit & the spokes (Us/It), Quintorigo (It), Ex-otago (Radio Wave International) MAIN STAGE (ingresso 25 euro) The Venkmans (Toscana), The Serge Gainsbourg Experience (Francia), Lou Reed & Band “Sweet tooth” (US), Vivendo do Ócio (Brasile), Verdena (It) domenica 17 luglio - WAKE UP STAGE (ore 5.00 – ingresso 8 euro) Giovanni Lindo Ferretti, in concerto A Cuor Contento (dalle 10 alle 13) Dj set Powerage (Sardegna), Speelbound (Valle D‟Aosta), Rahma (Popolare Network), Egokid (It) PSYCHO STAGE The Superegos (Friuli Venezia Giulia), The little white bunny (Trentino Alto Adige), VeneziA (Sicilia), Waines (It), Calibro35 (It) MAIN STAGE (ingresso gratuito) Honeybird & the birdies (Lazio), Paolo Benvegnù, Marta sui tubi, Musica Nuda di Petra Magoni&Ferruccio Spinetti, Fausto Mesolella, Cristina Donà, Modena City Ramblers, Mau Mau, Daniele Silvestri. Wake up stage (10/13) e Psycho Stage (15/19) presso l’ostello di San Cataldo (ingresso gratuito) Main Stage allo Stadio via del Mare di Lecce (dalle 19.00) - abbonamento 50 euro. www.italiawave.com 39


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L’ACQUAINTESTA Fiera del Levante, Bari, 7 - 8 luglio La crisi c’è e si sente. Le risorse pubbliche sono sempre meno e i primi tagli avvengono nel settore della cultura e dello spettacolo. Così, dopo sei anni di festival interamente gratuito che ha ospitato tra gli altri Caparezza, Misfits, Roy Paci, Tricky, The Hives, Shaggy, L’acqua in testa cambia formula, abbandona il lungomare si accasa all’interno della Fiera del Levante e propone un biglietto di 15 euro a serata. Resta immutata invece la grande qualità artistica del festival estivo più importante di Bari. Due giorni di grandi musica con Wu-Tang Clan e Gogol Bordello affiancati da numerosi gruppi pugliesi e italiani. Si parte giovedì 7 luglio con gli statunitensi Wu Tang Clan, il più grande gruppo rap di sempre, un super clan con sette rapper che hanno rivoluzionato il mondo dell’hip hop e della musica in generale, con la loro innovativa 42 UN’ESTATE DI FESTIVAL

attitudine stilistica e mediatica. I loro tour sono sempre un grande evento, non facile da realizzare visto il coinvolgimento di così tante grosse individualità, ed è ancora più raro in Italia dove le grandi star dell’hip hop americano arrivano con difficoltà. Nel corso della serata saranno affiancati da B.U.M. (Bari Upbeat Movement), TayOne, autorevole dj e turntablist hip hop, e molti dei più rinomati rapper baresi di più generazioni: la Bari Rap Conference riunisce Pooglia tribe, The Concept group, Tensione, Comma & Shogun, Hanzo, Black P, Sottotorchio, Max il nano e Futura (aka Miss Fritty). Venerdì 8 luglio seconda serata con l’indefinibile girandola sonora dei Gogol Bordello (in foto) che tornano in Puglia a tre anni circa di distanza per l’unica data del Sud Italia. Guidati dalla personalità carismatica di Eugene Hütz, i Gogol Bordello


MOMART

riescono a mischiare sapientemente punk rock, musica gitana e rock con humour, cabaret e cultura, in uno spettacolo live travolgente. Sul palco anche Folkabbestia e gli emergenti Camillorè, e la forte componente salentina di Insintesi feat Mascarimirì e Boom Boom Vibration. Una scaletta di notevole impatto ritmico e spettacolare, con elementi di folk, dub, reggae, rock e canzone d’autore. L’Acqua in Testa 2011 è promosso dall’omonima Associazione Temporanea di Scopo L’Acqua in Testa, composta dalla Mutua Studentesca, da Bass Culture srl e dalla Taverna del Maltese e rientra nella rete Momart sostenuta da Puglia Sounds. Inizio ore 20:00 - www.acquaintesta.it. Biglietto giornaliero euro 15 (+ dir. prevendita). Prevendite www.bookingshow.com

L’unione fa la forza deve aver pensato Puglia Sounds lanciando il bando per creare e sostenere reti di festival. Ne sono nate ben dieci in tutta la regione e per tutti i generi. In particolare a Bari e provincia alcuni festival (più o meno piccoli) hanno proseguito l’avventura, già avviata lo scorso anno, del Momart. Si parte il 6 luglio a Giovinazzo con Clean Art festival che ospiterà la storica band reggae jamaicana Israel vibration. Quattro giorni per l’Aqua vitae al Teatro Kismet OperA di Bari. Si parte il 20 luglio con Girl With The Gun e Fabryka. Il 21 luglio appuntamento con I Sei Ottavi. Mercoledì 27 luglio spazio a Sara Lov e Il Caffé dei Treni Persie. Infine giovedì 28 luglio La Blanche Alchimie. Insieme a L’acqua in testa il festival più importante del Momart è sicuramente il Giovinazzo Rock Festival che cresce di anno in anno mantenendo l’ingresso gratuito e la sua vocazione al rock nazionale e internazionale. Quest’anno tre interessanti giornate con dEUS (leggi l’intervista a pagina 12) e Aucan (30 luglio), che uniscono l’attitudine di una rock band al sound delle più recenti produzioni elettroniche inglesi; seconda serata con la musica d’autore di Nada e l’elettro popo del duo inglese Fujiya & Miyagi (31 luglio); ultima serata dedicata ai ritmi in levare dei Casino Royale (in foto) e all’ironia di Brunori Sas (1 agosto). Tra agosto e settembre altri tre appuntamenti ancora in via di definizione con Dirockato festival di Monopoli (19 e 20 agosto), Premio Vito Luisi a Castellana Grotte (2 settembre) e Aritmia Mediterranea di Molfetta (17 settembre).

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PUGLIA, DOVE IL JAZZ È DI CASA

Locomotive, Locus, Experimenta e Bari In Jazz in un unico festival La scena jazz pugliese continua ad essere sempre più florida. Sono numerosi i giovani (e meno giovani) musicisti della nostra regione che si affacciano sul palcoscenico nazionale e internazionale con progetti di alta qualità. Ne è un esempio il sassofonista salentino Raffaele Casarano, trentenne, da anni pupillo del trombettista sardo Paolo Fresu che ha prodotto e partecipato ai suoi ultimi due dischi e che fa un po’ da musa ispiratrice per il Locomotive Jazz Festival, giunto quest’anno alla sesta edizione, che sconvolge ogni anno la tranquilla vita del paese di Sogliano Cavour, in provincia di Lecce. Dalle lunghe discussioni tra Fresu e Casarano nasce questo festival, che in qualche modo ripercorre in terra salentina i passi del Time in jazz di Berchidda in Sardegna (giunto alla ventiquattresima edizione e che dal 9 al 16 agosto ospiterà Ahmad Jamal, Rokia Traoré, Joao Donato, Cristiano De André, Pierre Favre e molti altri). L’articolato programma del Locomotive (dal 2 al 5 agosto) prevede concerti e appuntamenti nel corso di tutta la giornata. Il tema di quest’anno è il circo e il programma ospiterà come principali interpreti lo stesso Fresu (2 agosto), Nicola Conte (3 agosto), Donpasta e il suo spettacolo circense (4 agosto) e Gino Paoli (5 agosto) che presenterà i brani del cd Un incontro in Jazz, affiancato sul palco da Flavio Boltro, Danilo Rea, Rosario Bonaccorso e Roberto Gatto (tutte le info sul sito www.locomotivejazzfestival.it). Il Locomotive entra quest’anno nella rete Apulian

Jazz Network Festival, sostenuta da Puglia Sounds, insieme ai prestigiosi festival Bari in Jazz, Locus Festival e Experimenta (programma ancora in via di definizione). Dal 28 giugno prende il via, infatti, la settima edizione di Bari In Jazz dedicato a Miles Davis, una tra le figure di maggior rilievo dell’intero panorama musicale a cavallo tra il secondo conflitto mondiale e l’inizio dell’era della globalizzazione, in occasione del ventennale della sua scomparsa. Tra gli ospiti il contrabbassista Mauro Gargano, il pianista Bojan Z, l’Apulian Orchestra con ospite il trombettista Cuong Vu, il trombettista Tomasz Stanko col suo Nordic Quintet ed il trio americano del sassofonista Michael Blake con Ben Allison al contrabbasso ed Hamid Drake alla batteria. Programma completo su www.bariinjazz.it. Settima edizione anche per il Locus Festival che ha ospitato a Locorotondo, nella valle d’Itria, in questi anni artisti internazionali come Gil ScottHeron, Esperanza Spalding, Kings of Convenience, Trilok Gurtu, Omar Sosa, Quiet Nights Orchestra e Markelian Kapedani, accanto a due eccellenti nomi italiani come Malika Ayane e Bobo Rondelli. Nel 2011 in cartellone, tra gli altri, Cristina Don (15 luglio), Dustin O’Halloran (17 luglio), The Bad Plus (23 luglio), Joan as Police Woman (24 luglio), Raphael Gualazzi (7 agosto). Approfondimenti su www.locusfestival.it. UN’ESTATE DI FESTIVAL 45


GREATEST BEATS

Masseria Torcito, Cannole (Le), dal 7 al 19 agosto

Negli ultimi anni il Salento è diventato una ribalta di valore internazionale, ogni estate i grandi nomi della musica scelgono il nostro territorio. Nasce l’esigenza di mettere ordine, di coordinare le azioni e i calendari degli appuntamenti al fine di ottimizzare il rapporto tra domanda e offerta. Per questo motivo alcuni dei più grandi festival salentini (Sud est indipendente, Gusto dopa al sole, Day off festival, Puglia reggae festival, Streamfest e Salento summer festival) hanno deciso di unirsi, di fare sistema attraverso un Ats che darà vita a un grande festival capace di creare un’offerta musicale eterogenea. Dal rock al reggae, dall’elettronica all’hip hop, The Greatest Beats, rete sostenuta da Puglia Sounds, è 46 UN’ESTATE DI FESTIVAL

una compilation di generi, tutto il meglio della musica in circolazione in Italia e nel mondo. Insieme ai grandi nomi spazio anche agli artisti locali emergenti e alle band salentine e pugliesi più affermate. Si parte con il girovago StreamFest che prende il via domenica 7 agosto dal Teatro Romano di Lecce con Ad Bourke, la performance gastromusicale di Donpasta, Ennio (Minimono) e Influx, e il live di Minidischi. Lunedì 8 agosto il festival ospita al Parco Gondar di Gallipoli Miss Kittin. Ultimo appuntamento martedì 9 agosto alla Fiera del Salento di Galatina con Jeff Mills, Dj Food, Sascha Funke, Carola Pisaturo, Frank


Sent Us, Philipp & Cole, Altered Beats e molti altri ancora.

pedica’, una ‘Marina Commedia’ fuori misura, registrato tra Ischia, Creta, Berlino e Milano.

Dall’8 al 19 agosto Greatest Beats si sposta invece alla Masseria Torcito di Cannole, che diventa polo d’attrazione per le grandi star internazionali e nazionali. Lunedì 8 il Sud Est Indipendente, a cura di Coolclub, si chiude (dopo le date di Lombroso, Valentina Gravili, Piet Mondrian – www.seifestival.it) con un concerto da non perdere. Sullo stesso palco One Dimensional Man, (in foto) band capitanata dal cantante Pierpaolo Capovilla, tornata sulla scena dopo la pausa per la nascita del Teatro Degli Orrori, e Jon Spencer Blues Explosion, per la prima volta nel Salento. La band statunitense è da vent’anni nel panorama indie rock con una viscerale, febbrile ed intoccabile visione del rock’n’roll. Le “esplosioni” vocali ed i riff forgiati nel blues di Jon Spencer hanno originato moltissimi adepti che successivamente lo hanno affiancato nell’opera di ridefinizione in chiave contemporanea del rock delle origini. Il Sud est Indipendente regala nella sua quinta edizione anche un fuori programma: Vinicio Capossela nell’unica tappa salentina (9 agosto) del tour di presentazione del doppio cd Marinai, profeti e balene, l’album definito dallo stesso Capossela “un’opera ‘ciclo-

Dal 12 al 15 agosto nel grande parco naturale approda Gusto dopa al sole, dopo la partenza dall’Italia del Rototom, indiscutibilmente il più importante festival dedicato al reggae e all’hip hop. In questa edizione saliranno sul palco Alborosie, Shaggy (in foto), Asian Dub Foundation, Africa Unite, Epmd, Dj Q-Bert, Apres La Classe, Dj Gruff, Casino Royale, Treble, Mamamarjas, Lion D, Jaka, Villa Ada, Boom Boom Vibration, Dj War e molti altri ancora per quattro serata da vivere intensamente. Ancora da definire il cast del Day Off Festival che, dopo la grande esibizione dello scorso anno dei Chemical Brothers, riserverà sicuramente grandi sorprese il 16 e 17 agosto. Infine il Salento Summer Festival (19 agosto), quest’anno abbandona i ritmi in levare per una serata da non perdere con Aphex Twin (in foto): unanimamente riconosciuto come uno dei maggiori producer di elettronica a livello mondiale, famoso per la sua capacità di sperimentare in varie direzioni, tra techno, drum’n’bass, ambient, sino a sconfinare, in alcune sue composizioni, nella musica classica e nel noise. Info su www.greatestbeatsfestival.it UN’ESTATE DI FESTIVAL 47


BARLETTA ART FESTIVAL Barletta dal 23 giugno al 24 luglio

Nella sesta provincia per un mese si alternano quattro festival di vario genere. Si parte con l’Arè Rock Festival (dal 23 giugno al 23 luglio) dedicato a giovani band provenienti da tutta Italia. Dal rock al tango con l’Almadetango Festival (dal 30 giugno al 3 luglio), giunto alla quinta edizione, che ospita Antonella Ruggiero (in foto), l’Hyperion Ensemble, la tradizione del Pibe Sarandi’ Ricardo Maceiras e Elina Roldan, l’eleganza di Omar Quiroga e Veronica Palacios e le splendide selezioni musicali di Felix Picherna, Oracio Luis Gabrie Quota, Pierpaolo Berlen, Paola de Venezia e Tina Ferrari. Dal 10 al 15 luglio appuntamento con Barletta Jazz festival che ospita, tra gli altri, Claudio Fasoli, Dave Holland, Robert Glasper, Vito Di Modugno, Fabrizio Scarafile e Dr. Lonnie Smith. Ultimo appuntamento con Barletta Piano Festival (dal 19 al 24 luglio) che accoglie Enrico Pace, Edoardo Zosi, Saskia Giorgini, Aldo Ciccolini e molti altri musicisti internazionali. COSTA DEI TRULLI SUMMER FESTIVAL Bari Dal 27 giugno al 3 luglio Torna alla Fiera del Levante di Bari il Costa dei Trulli Summer Festival, quattro appunta48 UN’ESTATE DI FESTIVAL

menti con ospiti di rilievo internazionale. Si parte con Nick The Nightfly e Amalia Grè, una coppia di musicisti che sperimenterà differenti stili musicali ed attraverserà il jazz, il soul ed il pop. Secondo appuntamento il 28 giugno con i Gotan Project, il combo franco-svizzero che ha saputo reinventare il tango grazie all’interazione con le nuove sonorità elettroniche e le ritmiche della dancefloor. Terzo appuntamento il 30 giugno con Renzo Arbore e L’orchestra Italiana. La chiusura del 3 luglio è invece affidata a Afterhours e Marlene Kuntz. www.provincia.ba.it

con Nicola Piovani (in foto) e L’Orchestra Sinfonica della Fondazione ICO “T. Schipa” della Provincia di Lecce con l’esecuzione di Padre Cicogna, racconto sinfonico su versi di Eduardo De Filippo. Calendario ancora in via di definizione. www.provincia.le.it SOUND RES Salento fine luglio

SALENTO IN FESTIVAL Salento dal 13 al 31 luglio

Nato sulle ceneri di Salento Negroamaro, rassegna delle culture migranti della Provincia di Lecce stroncata dal cambio di maggioranza a Palazzo dei Celestini e soffocata prima della decima edizione, torna anche quest’anno il cartellone di Salento in Festival che dal 13 al 31 luglio ospita concerti, incontri, mostre e spettacoli teatrali. Si parte il 13 luglio

Ancora in via di definizione il programma di Sound Res, residenza e festival musicale e artistico a cura di David Cossin, Luigi Negro e Alessandra Pomarico per l’Ass. Cult. Loop House giunto all’ottava edizione. In questi anni Sound Res ha ospitato tra gli altri Philip Glass, Terry Riley, Paola Prestini, Jeffrey Zeigler (Kronos Quartet), Bang on a Can All stars, Wendy Sutter, Felix Fan, Gregg August, Roberto Pellegrini, Mark Stewart, Steve Piccolo, Theo Blekmann, Madan Gopal Singh, Silvie Jensen e Haleh Abdgari, The National e Patrick Watson. Grande attesa per l’arrivo nel Salento di Lee Ranaldo (in foto), chitarrista dei Sonic Youth, a lavoro in duo con Leah Singer, video-artista e artista visiva. In residenza anche Buke And Gass, duo indie-rock di Brooklyn che ama sperimentare con strumenti inventati, Emily Hall, compositrice londinese al lavoro su un ciclo di canzoni, in collaborazione con uno


scrittore pugliese, Jeffrey Zeigler (Kronos Quartet) da San Francisco, David Sheppard, sound designer e compositore elettronico da Londra, al lavoro su una installazione sonora e David Cossin, nella doppia veste di curatore e percussionista. www.soundres.org ORSARA MUSICA JAZZ FESTIVAL Orsara di Puglia (Fg) dal 2 al 7 agosto Torna per la dodicesima edizione il festival jazz più longevo della Puglia che dal 1990 propone concerti, seminari, attività divulgative, conferenze, interazioni fra differenti espressioni artistiche. Ancora nessuna anticipazione sul programma del festival che negli anni ha ospitato, tra gli altri, Evan Parker, Michel Godard, Antonello Salis, Daniele Sepe, Benny Golson, Ambrogio Sparagna, Kurt Rosenwinkel, Django Bates, Marc Ribot, solo per fare qualche nome. www.orsaramusica.it

storia della riproposta del canto popolare italiano, ripercorrerà modi e forme espressive del patrimonio etnomusicale di gran parte dell’Italia che, nella pur grande varietà di espressioni regionali, sono comuni alla storia e alla cultura delle tradizioni popolari. www.carpinofolkfestival.com

LA NOTTE DELLA TARANTA Melpignano (Le) 27 agosto

HULA HOOP FESTIVAL Parco Gondar - Gallipoli (Le) 7 e 9 agosto Nuova edizione dell’Hula Hoop Festival, di casa al Parco Gondar di Gallipoli. Tra gli ospiti di quest’anno Bandabardò e Mannarino (7 agosto) e l’esplosivo reggae dei Sud Sound System. www.parcogondar.com CUBE FESTIVAL Parco Gondar - Gallipoli (Le) dal 12 al 16 agosto

CARPINO FOLK FESTIVAL Carpino (Fg) dal 4 al 9 agosto 2011

Se Melpignano è diventata celebre per i concerti e la Notte della Taranta, Carpino è ricordata da tutti soprattutto per il Folk Festival che si svolge dal 1996. Pizziche, tarantelle, musica popolare sono le protagoniste di questa sei giorni dedicata alla tradizione. La manifestazione, partendo dalle Terre del Gargano e da un omaggio alla

alla Rete dei Festival Puglia Sun, sostenuta dal progetto Puglia Sounds. www.cubefestival.it

La lunga programmazione musicale del Parco Gondar di Gallipoli culmina anche quest’anno con il Cube Festival, giunto alla quarta edizione. Tre date dedicate al grande rock italiano ma non solo. Si parte il 12 agosto con il concerto degli Afterhours e il dj set di Ellen Allien. Seconda data il 14 agosto con Subsonica, reduci dal successo del tour indoor del loro sesto album “Eden”. Infine il 16 agosto chiuderà il festival Caparezza (in foto). La grande festa proseguirà fino all’alba con un dj set in linea con il Capa-Style: una miscela esplosiva a base di rock, reggae, rap e allegria. Cube Festival aderisce

Il pianista e compositore torinese Ludovico Einaudi sarà anche quest’anno il Maestro Concertatore della Notte della Taranta, giunta alla quattordicesima edizione. Dopo il grande successo dello scorso anno tra suoni tradizionali ed elettronica, Einaudi torna a dirigere la grande orchestra popolare composta da una ventina di musicisti (tamburelli, percussioni, batteria, fiati, chitarre, mandola, violini, viola, violoncello, organetto e fisarmonica) e cantanti, affiancato dal turco Mercan Dede. Ancora top secret i nomi degli ospiti che saliranno sul palco di Melpignano nella serata finale del 27 agosto. Come da tradizione il concertone sarà preceduto dal Festival itinerante nei comuni della Grecìa Salentina e dell’Istituto Diego Carpitella. Novità di quest’anno, la Fondazione – presieduta da Massimo Bray – organizzerà interamente l’evento. www.lanottedellataranta.it UN’ESTATE DI FESTIVAL 49


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TYLER, THE CREATOR Goblin XL Records

Da Los Angeles con rabbia: classe 1991, maturità e vocione da vendere, pur tra molti riferimenti d’obbligo (Wu-Tang Clan, Lil Wayne, cLOUDDEAD, i primi nomi che vengono in mente), ecco a voi Tyler Okonma nello splendore dei 73’ e 49” del suo secondo album solista dopo il debutto autoprodotto del 2009 che aveva fatto drizzare le orecchie a più di un critico e perfino all’arcinoto collega Jay-Z. Ombroso, caustico, nichilista, Tyler, The Creator è l’astro nascente dell’indie rap, il ragazzo di strada cattivo e maleducato venuto fuori dalla crew Odd Future Wolf Gang Kill Them All (OFWGKTA). Nel disco ci sono comparsate di Mike G, Frank Ocean, Jasper Dolphin & Taco e molta rabbia (guardatevi il videoclip di Yonkers). Tyler ha fatto tesoro della lezione dell’hardcore rap rivestendola di dark. L’hype è alto, l’attitudine non puzza di farlocco neppure quando mette un attimo da parte l’ardore punk per svelare il suo lato romantico in un pezzo raffinato come She. Nino G. D’Attis PAOLO DI SABATINO Voices Irma Records Paolo Di Sabatino è un grande pianista jazz che mi ha sempre colpito per la sua liricità compositiva ed esecutiva, la sua lineare profondità nei soli me lo

VINICIO CAPOSSELA Marinai, Profeti e Balene La Cupa

Vinicio Capossela è un artista come pochi. Ha uno stile suo, una voce inconfondibile e una scrittura poetica e surreale. Ma c’è una cosa che lo rende ancor più unico. Vinicio crea universi, mondi tutti suoi, con delle regole, dei personaggi, degli scenari che stanno in piedi da soli. Ogni suo disco è a sé. Quest’ultimo Marinai, Profeti e Balene prende spunto dal mare, il mare che crea e distrugge, che nasconde l’abisso come pure il sogno della terraferma. Molti brani sono dichiaratamente tratti da scritti sul mare, in primis dal Moby Dick di Melville. Non avrebbe senso parlare dei singoli brani perché questo disco va considerato nel suo insieme. È un viaggio, una raccolta di storie legate tra loro come una rete da pescatore, una “Marina Commedia” come ha detto lo stesso Vinicio. In alcuni tratti ricorda la colonna sonora di un film che non esiste, o un teatro “marino” sommerso negli abissi. In tutti i modi è un mondo a sé. Non è un disco per tutti. Ma del resto nemmeno il mare lo è. Marco Chiffi

ha fatto sempre associare a Petrucciani, così metto Voices nel lettore e trovo un Di Sabatino nuovo, circondato da cantanti che mettono su voce linee melodiche pianistiche. La prova più di qualità è offerta da Fabio Concato, ormai entrato a pieno titolo nel circuito delle voci prestate al jazz, che accompagnato da un pezzo – Cosa ne sarà – davvero completo nella scrittura e nell’esecuzione, in-

canta e avvolge, così come Higher Than High eseguita dal grande Gegè Telesforo. Altri brani, come Kiss Me cantata da Wendy Lewis, stentano a decollare e gli arrangiamenti acid jazz alla Incognito non aiutano a darne freschezza. Ottima la presenza degli archi che si intreccia morbidamente con le voci e la sezione fiati. Zanca MUSICA 51


LUCA URBANI Catodico praticante Discipline/Venus Dischi

“Sono felice quando faccio quello che voglio”: la frase, messa in coda al penultimo brano del secondo album di Luca Urbani, suona come il manifesto di una carriera artistica cominciata con i Soerba, un contratto con una major, i palchi di Sanremo e del Festivalbar, poi proseguita sviluppando progetti in veste di produttore, dj, collaboratore di Alice, Bluvertigo, il collettivo Zerouno. Outsider alla maniera di Garbo (con il quale è attualmente in tour) o del Battisti della svolta elettronica; autore di brani che si inchiodano in testa e non vanno via facilmente (Chissà mai, traccia numero tre del lavoro in questione, è un esempio illuminante), Urbani è l’alieno che di tanto in tanto torna a far visita a un pianeta di zombi convinti che un somaro uscito da un talent show televisivo sia un musicista. Lo fa viaggiando a bordo di dischi volanti assemblati con passione e ricerca: synthpop di buon impatto melodico, a tratti crepuscolare, mai ordinario. Elettronica intimista, accompagnata da sporadici interventi di chitarra. La voce intona mantra di resistenza al peggio del Terzo Millennio e tra le coordinate di riferimento è facile trovare L’Ombrello e la macchina da cucire di Battiato. Domanda per cultori di science-fiction: non sarebbe bello se di colpo le classifiche italiane diventassero un campo 52 MUSICA

SCOTT MATTHEW Gallantry’s Favorite Son Glitterhouse

Se non avesse altri meriti – e ne ha parecchi: è un film “scandaloso”, ma molto originale – Shortbus avrebbe quello del lancio sulla scena internazionale di due tra i più interessanti giovani cantautori americani: Jay Brannan e Scott Matthew. Per quest’ultimo bisogna anche precisare che, nonostante la sua base operativa sia da tempo a New York, si tratta di un australiano trapiantato negli States. Il successo che Matthew ha avuto e ha in Germania ce lo propone inoltre come un vero “cittadino del mondo”. Anche il suo stile è difficilmente incasellabile in una scuola (per fortuna, ci viene da dire). Il suo timbro vocale – in questa occasione sovente esaltato da bellissimi cori – può ricordare quello dell’Elvis Costello più acustico, ma questa è in fondo l’unica assonanza che ci sentiamo di segnalare. Come “catalogare”, per fare appena un esempio, una canzone come No Place Called Hell, arrangiata per voce, percussioni e ukulele? Tra le mani di questo gigante gentile, romantico e appassionato l’ukulele sembra un giocattolo, uno di quei piccoli miracoli che ci aiutano a vivere meglio. Giancarlo Susanna

di battaglia per chi ha davvero qualcosa da dire? Nino G. D’Attis TV ON THE RADIO Nine Types Of Light 4AD Metti su l’ultimo Tv On The Radio e pensi: “che bello, sono tornati”. Dopo un paio di ascolti fischietti il ritornello di Keep Your Heart, che pare un incrocio fra il Bowie anni ‘80 e gli U2 altezza Zooropa. Saltelli

ascoltando il crossover futurista di Repetition, che cita i Rage Against The Machine. Ti lasci cullare dalla ballata Forgotten, prima di scaldarti con le vampate urban di Caffeinated Consciousness e perderti nell’acustica di Killer Crane. Tutto sommato, però, sembra mancare qualcosa rispetto al precedente album Dear Science: l’equilibrio di una tracklist mozzafiato che dosava con sapienza atmosfere e arrangia-


menti penetranti; il numero di canzoni memorabili che sembrano mancare in questo Nine Types Of Light. Perché alla fine, dopo diversi ascolti, restano impresse soltanto New Cannonball Run e il contagioso singolo Will Do, motivo per cui, con un pizzico di amaro in bocca, viene voglia di tornare devoti alla Cara Scienza. Tobia D’Onofrio

PEAKING LIGHTS 936 Not Not Fun

MALACHAI Return To The Ugly Side Domino

L’etichetta Not Not Fun ha contribuito a lanciare e indirizzare la scena americana freak dell’ultimo decennio. Dall’hypnagogic-pop alla moan-wave, inclusi shitgaze e ogni deriva post-noise, molte tendenze della neo-psichedelia d’Oltreoceano hanno trovato rifugio sotto il tetto di questa record label. Il duo Peaking Lights è artefice di un dub alieno memore della new wave anni ‘80 dei PIL di Johnny Rotten e della danzereccia Madchester. Il contesto è però cambiato, e qui si intrecciano suggestioni sonore presenti e passate, attualizzandole con lo spirito dell’abbandono, della trance sciamanica, dell’estasi selvaggia. Il risultato è un tappetomandala che indica la rotta del trip. Otto lunghe tracce che fluttuano su un treno, con voci riverberate e rarefatte intrappolate in moti perpetui. Tiger Eyes è un sonnolento brano alla Stone Roses. All The Sun That Shines è una dance-hall Screamadelica. Amazing And Wonderful lascia affiorare memorie di Joy Division e Young Marble Giants. Marshmallow Yellow è percussività tribale, basso roots, sconnesse tastierine electro e voci dall’aldilà che nel finale avvertono “open your eyes” fra effetti vintage di ogni sorta. La conclusiva Summertime parte con traballanti wonky beats (post-dubstep) per ricordare all’ascoltatore che la band

Dalla scuola di Bristol arriva il secondo album del duo Malachai, un’ottima collezione di canzoni che potremmo definire trip-hop evoluto. Il soul, il jazz e il funky sono manipolati da una buona ispirazione e utilizzati con gusto. Anne taglia a fette le suggestioni Sixties. Il jazz di How You Write sparisce dentro fischi Morriconiani. In Mid Antarctica il synth minaccioso alla Primal Scream è rallentato a tempo bristoliano. Rainbows ripesca i Sessanta con un soave duetto screziato da un ronzante carillon. The Don’t Just unisce Massive Attack e Gonjasufi. Il funky-soul di Let ‘Em Fall e la successiva No More Rain si avvicinano al retrò-futurismo dei Tv On The Radio. My Ambulance è un pezzo beatlesiano che pare uscito da Revolver. Un gran bel disco da accostare all’ultimo Massive Attack. Tobia D’Onofrio

è sincronizzata sul battito del ”eterno” presente. Tobia D’Onofrio FLEET FOXES Helplessness Blues Sub Pop

Arrivati all’atteso traguardo del secondo album, i celebrati Fleet Foxes scelgono di sedere comodamente sulle atmosfere pastorali e i cori west-coast dell’esordio. La loro concezione del folk, per quanto elaborata e barocca, si rifà ai menestrelli, ai tamburelli, alle danze di quel Medioevo di Bruguel scelto come copertina del primo album. Gli arrangiamenti sono spesso brillanti e complessi, dunque è necessario un po’ di tempo per assimilare le canzoni. Qui ci si lascia trasportare dal flauto di Bitter Dancer, dall’acustica galoppante di Helplessness Blues, dalla minimale confessione Blue Spotted Tail che omaggia Paul Simon. Dagli strimpelli di The Cascades che uniscono Rinascimento e tinte del Mediterraneo, o dalla conclusiva Grown Ocean che conclude al galoppo, con sferzate di chitarra acustica e arabeschi vocali che gonfiano e sgonfiano la canzone. Purtroppo però, fatta eccezione per gli otto minuti di The Shine, che culminano con una dolorosa estasi graffiata dal sax, siamo di fronte a un’opera un po’ meno audace che dispiace considerare “minore”, visto il talento melodico non comune e l’elevata grazia di scrittura. L’album è molto bello, ma mancano la visionaMUSICA 53


rietà e l’eclettismo che caratterizzano l’impeccabile scaletta dell’esordio. Tobia D’Onofrio

KURT VILE Smoke Ring For My Halo Matador

CAT’S EYES Cat’s Eyes Rough Trade

Dopo Alex degli Arctic Monkeys con i suoi Last Shadow Puppets, ecco arrivare un nuovo talentuoso frontman colpito dal “virus di Morricone”. Il cantante degli Horrors in coppia col soprano Rachel Zeffira ci propone delle caramelle dal sapore Sixties-pop. Un attacco di “bipolarismo sonico”, una vera febbre da retrò, c’è poco da fare... Cori e delicate orchestrazioni morriconiane, appunto, adornano I’m Not Stupid e la seducente Bandit che vede intrecciarsi tastiere e fiati in un fulgido crescendo. Il crooning oscuro della title-track e l’acidità di Face In The Crowd tradiscono l’anima noir e i trascorsi garage di Faris Badwan oltre al suo amore per Nancy & Lee. Altri episodi rimandano ai girlgroups e a Gainsbourg, mentre la morbosità della marcia funebre Sooner Or Later è degna degli Swans. Anche in questo caso si uniscono presente e passato con rara eleganza, la stessa eleganza con cui il duo si è esibito in Vaticano suonando l’organo della Basilica di San Pietro (una grande beffa?)... Un album che suona come una potente affermazione: “siamo noi la più stilosa coppia di Londra!” Tobia D’Onofrio 54 MUSICA

Lee Buffalo. Nel loro piccolo, sono canzoni ispirate e perfette. Il prossimo album potrebbe essere un capolavoro. Tobia D’Onofrio VETIVER The Errant Charm Sub Pop

Basta guardare le foto del cantautore di Philadelphia per capire che è venuto al mondo con due decenni di ritardo. È un talento figlio degli anni ‘90. Un amante della bassa fedeltà, un campione di modestia, uno a cui interessa soltanto registrare le proprie canzoni. Ecco, appunto, le canzoni... brani folk-rock ombrosi con evidenti potenzialità pop. Dunque se possono balenare nella mente Lou Reed, J Mascis, la psichedelia di Sonic Youth, le melodie cristalline e le pastose chitarre dei REM (come in Jesus Fever di scuola Sebadoh), comunque la voce di Kurt risuona personale. Gli inserti elettronici sono pochi e mai invasivi come nella splendida apertura Baby’s Arms, costruita su un solido amalgama di acustiche. L’album ha un sound corposo, moderatamente elettrico, gli arrangiamenti sono calibrati e sobri, ma mai scontati, riempiono le orecchie e culminano in Puppet To The Man, (slabbrato glam-rock narcotizzato dai Sonic Youth), nell’acida title-track (che oscura le visioni dei Byrds) e in Society Is My Friend, che sostiene un tono più epico rileggendo l’Americana con invidiabile raffinatezza paragonabile a Smog o gli ultimi Calexico. Peeping Tomboy è la versione grunge del primo Devendra Banhart. Runner Ups rilegge Dylan. La voce calda e allucinata di On Tour scatena ricordi dei Grant

Con Errant Charm i Vetiver giungono al loro quinto lavoro. Un album che esprime la sua essenza nel nome, il perfetto compagno per un viaggio o una semplice passeggiata. It’s Beyond Me è la prima traccia del disco, che da subito incanta con le sue soffici melodie: impossibile non lasciarsi trasportare dalla delicatezza delle chitarre. Cadenze lente e trasognanti nei brani Can’t you Tell, Hard To Break e Soft Glass, portatori di una leggerezza quasi idilliaca. Un disco che lascia il tempo di riflettere, ogni traccia costringe a godersi secondo per secondo la sorda calma. Right Away e Wonder Why conservano un suono vintage, di un’essenzialità che rende immediato il coinvolgimento. Ride ride ride di impronta quasi country, è il brano che si distacca di più dalla pacata atmosfera. Soft Glass chiude il tutto, lasciando in preda alla stessa portante placidità. Ofelia Colaci AIM We are sailing Via Audio records Gli Aim hanno trovato la strada e ne hanno percorsa circa la metà. Ci avevano già sopreso


con la loro carica live, il loro mix esplosivo di psicheldelia emo, screziature hard, ipnosi post. Con questo nuovo album vanno ancora oltre cimentandosi con l’italiano che sembra inaugurare una stagione non solo per la band. Il nemico in casa è il manifesto di questa piccola rivoluzione, il suo andamento alla Notwist e la sua cornice melodica gli conferiscono la potenzialità di un grande singolo. Anche gli altri episodi sembrano provare persorsi paralleli sulla via dei Verdena. La produzione di Francesco Dragona dei Ministri dona all’abum la bellezza di un monolite. Una bella prova. Osvaldo Piliego BATTLES Gloss Drop Warp

A quattro anni dal celebrato debutto, tanto innovativo quanto glaciale nella resa sonora, tornano i Battles con un album che riprende le intuizioni di Mirrored per svilupparle in nuove direzioni. Le proto-melodie che emergono dagli incastri ritmici restano un deciso marchio di fabbrica, come testimonia già in apertura lo sfoggio di armonie di Africastle. Poi la voce in Ice Cream aggiunge un tocco umano ad una materia più celebrale e geometrica del prog anni ‘70. Il risultato è un contagioso funky, vigoroso, tropicalista e sconnesso, che farebbe invidia a Beck o ai Vampire Weekend. Gli ingranaggi di Futura la-

sciano trapelare le tastiere poco a poco, per esplodere in una valanga di variazioni prodotte da una vibrante emotività che pare post-umana. Inchworm, l’epica Wall Street e White Electric trasfigurano e nascondono stralci di sinfonie geneticamente modificate. In My Machine canta Gary Numan su una galoppata alla Trans Am. In Sweetie & Shak è la dolce voce dei Blonde Redhead a fare da guida tra mille rifrazioni. La conclusiva Sundome fa un balzo nel tempo per mostrarci i cadaveri di reggae e hip-hop nel quarto millennio. Fortunatamente questo nuovo lavoro, oltre ad immortalare le eccelse capacità tecniche dei musicisti, tradisce anche la loro umanità, senza annoiare come un mero esercizio di stile. Inoltre, ci dà la dimensione di quanto sia ancora possibile plasmare e rinnovare la forma canzone e la musica rock in genere. E di questi tempi non è poco. Tobia D’Onofrio CAMILLO PACE & CONNIE VALENTINI Uhuru Wetu - The Music of Bob Marley Dodicilune Il “doublebass” Camillo Pace è un tarantino dallo spirito afro-giamaicano. Il nuovo progetto artistico, prodotto dalla Dodicilune records ed intitolato Uhuru Wetu è musicato insieme alla raffinata e calda voce di Connie Valentini. Sette delle complessive otto tracce arrangiate e composte dalla colorita penna del contrabbassista pugliese, sono delle brillanti reinterpretazioni dei più celebri brani di Bob Marley, tra i quali ricordiamo I Shot the Sheriff, No Woman No Cry e Get Up Stand Up. Il disco è fisicamente e letteralmente tribale poiché, oltre a stupire

per la carica ritmica ed acusticamente arcaica dovuta alla batteria ed alle percussioni di Pippo Ark D’Ambrosio ed ai suggestivi canti di Nyamai Antothoy Mukoko e Likono Alexander Ashivaka, affascina per i fraseggi fluidi e le jazzistiche ambientazioni sonore scaturite da quel gruppetto di gente/ gens/famiglia/tribù composta da Marco Tamburini (tromba, flicorno), Nando Di Modugno (chitarra), Roberto Ottaviano (sax soprano) Vincenzo Deluci (trombone soprano). L’elegante tributo a Robert Nesta Marley è arricchito dal brano Il volo dell’angelo inedito ed interessante componimento scritto da Camillo che sinceramente merita di essere gustato. Giuseppe Arnesano FRIENDLY FIRES Pala XL Recordings

I Friendly Fires ce l’hanno fatta a portare a termine il loro secondo disco, dopo tour infiniti, remix e singoli che ne preannunciavano l’uscita a momenti (Kiss of Life e Relationship di un anno fa). Citazione di un romanzo di Aldous Huxley per il titolo, Paul Epworth chiamato in cabina di regia (lo stesso di Bloc Party, Rapture) e ragazzine/i già in adorazione sotto il palco a vedere Ed a dimenarsi con la sua danza così gay friendly. Live those days tonight e Hawaiian Air chiamano tutti al ritornello tormentone e al nuovo suono dell’estate; non sono da meno la felpata MUSICA 55


Hurting, Blue Cassette e Show me light, ma a questo punto ci chiediamo se il patinato non ha fatto già troppe comparse in questo LP. A dire il vero Running Away e la finale Helpless ci riportano indietro ai primi FF, quei principini dell’indie/ dancefloor che sembrano promettere una nuova golden age a sua maestà Elisabetta, dopo la scomparsa oltreoceano del DFA sound. Non dubitiamo del buon gusto degli albionici (la favolosa voce di Ed, la scelta dei suoni, le liriche un po’ sognanti), ma vi diciamo solo che per il momento anche loro come tanti, hanno deciso di godersi la giostrina e rimandare la tesi di laurea alla prossima uscita, magari dopo qualche altra schiera di fans conquistati con Pala. Al Miglietta

fare Pop, il loro primo Ep. La differenza con questa specie di futuro della canzone italiana sta nel fatto che il trio parla sì di situazioni comuni dei loro coetanei e giovani d’oggi (...le mie scatole sanno di te ...), con un sentimentalismo che a volte fa centro, altre fa melassa, ma lascia un ricordo piacevole di quanto sentito. Piccoli scugnizzi che crescono, drizzate le orecchie. Al Miglietta JOSH T. PEARSON Last Of The Country Gentlemen Mute

LSS Amore ai tempi dell’Ikea Garrincha dischi

Da Bologna in punta di piedi Lo Stato Sociale regala ai posteri il suo secondo Ep. Lo stile personale del trio Cazzola-GuenziGuidetti non si è spostato di una virgola dal punto di vista musicale, buttando l’occhio ad altri piccoli-problemi-di-cuore che affliggono e perseguitano molti buontemponi come loro. I boyz fanno già parlare di sé nel belpaese per le loro canzoncine rappate e grondanti sangue come Brutale (bingo!) ed Escapista, che li pone sulla scia di band come gli Amari che furono e forse anche Ex-Otago, e dopo i buoni risultati di Wel56 MUSICA

Non è cosa semplice approcciarsi a Last of the country gentlemen; vi è il timore di fare un passo falso, di non cogliere appieno l’universo racchiuso in queste 7 tracce, tanta è la magnificenza dell’opera. E come spesso accade il segreto risiede nella semplicità, perchè vi sono cose che non hanno bisogno di orpelli per risplendere. E infatti è tutta qui l’anima del disco: in queste canzoni “povere”, registrate in due giorni, in uno studio amatoriale; una chitarra, la voce e il violino di Warren Ellis dei Dirty Three. I vagheggi di questi ultimi aleggiano discreti a fare da contrappunto alle canzoni di Pearson, ma è la sua personalità a far da padrona assoluta. Quando credi che Will Holdam sia l’ultimo dei baluardi di una cultura, una figura difficile da eguagliare, ecco che si affaccia timido questo ragazzo texano che regala

un nome e un volto all’eredità country. Pearson aveva già militato nei Lift to Experience, band che già vantava un peso specifico non indifferente, ma qui si è andati oltre. Lo scarto del Pearson solista è notevole e i suoi accordi hanno il sapore classico di un mondo antico ma ancora vivido, di storie raccontate attorno a un fuoco, di frasi sussurrate con lo sguardo rapito dall’orizzonte. Ci sono molte parole nelle canzoni di questo “gentiluomo”, un flusso continuo, un raccontare inesauribile. Sono piccoli soliloqui, i pezzi di quest’album, un monologo che l’autore fa con se stesso, vicino per spirito, all’Admiral fell promises di Mark Kozelek; ma in questa occasione la capacità di scrittura è superiore. E quando arrivano le note di Woman, When I’ve Raised Hell... hai solo voglia di abbandonarti all’ascolto, steso su un letto a guardare il soffitto o girare in macchina senza meta fumando una sigaretta dopo l’altra. E accorgersi che sono sempre troppo corte. Gianpiero Chionna MODENA CITY RAMBLERS Sul tetto del mondo Modena City Records / Mescal Sound folk e parole impegnate immancabili. Come immancabile è la loro presenza al concertone del primo maggio, nonostante il cantante Davide Morandi detto “Dudu” lo abbiamo visto un po’ invecchiato. Per citare uno slogan pubblicitario sappiamo che “Modena City Ramblers vuol dire fiducia”. Era il 1991 ed entravano nel panorama musicale italiano, portando dei suoni poco familiari alla nostra terra. Oggi, 2011, i Modena City Ramblers, tornano con un nuovo lavoro, il loro dodicesimo album Sul


tetto del mondo registrato negli studi Esagono di Rubiera, che proprio quest’anno hanno terminato la loro attività. Elementi inconfondibili nei suoni e nei testi che ci propongono, così tanto familiari e legati al loro nome, che mai ci fanno sentire la mancanza della partecipazione, dell’impegno sociale e “dell’irlandesismo” di Riportando tutto a casa. Parlano di crisi, fanno percepire il bisogno di protesta, ma non dimenticano di offrirci parole d’amore e come nel brano con l’omonimo titolo dell’album ci danno qualche spunto per poter ancora sognare “pur sapendo che è inutile andare se hai già rinunciato a cercare”. Roberta Cesari AARON TESSER & THE NEW JAZZ AFFAIR Children Irma Records

Produzione Irma Records che più Irma non si può; Children si inquadra nella cosiddetta corrente nu-jazz che ha caratterizzato la scena di nicchia, che inevitabilmente poi di nicchia non lo è più, degli ultimi anni. L’esecuzione dei brani è impeccabile e la composizione, non da meno, si incastra perfettamente con le sonorità semplici e pulite scelte; interessante risulta l’inserimento di due cover (Figli delle stelle di Alan Sorrenti e All night long di Lionel Ritchie) rivisitate in chiave jazz. Quello che però fa riflettere su questo genere è la apparente breve visuale; se da

un lato si comprende come ottimi musicisti, che per anni hanno lavorato solo in un ambito prettamente di club e quindi realmente di nicchia, si stiano tuffando in una sorta di corsa all’oro nella lounge jazz music, in prospettiva futura non si vede lo sviluppo di un genere che, purtroppo, sta autoghettizzandosi nel sottofondo dei lounge-bar alla moda… e quando non ci sarà più la moda? Zanca ALEXANDER TUCKER Dorwytch Thrill Jockey Al suo quinto lavoro Alexander Tucker cambia pelle ma continua a percorrere i sentieri a lui tanto cari del folk. C’è più luce in questo Dorwytch, una luce che rischiara le nebbie dei suoi precedenti lavori. Tutti i 14 pezzi che compongono l’album si tingono di colori più tenui, melodie pastorali e vocalizzi sognanti. Sono lontani gli arpeggi cadenzati e marziali, il cantato ossessivo, i riff granitici che a tratti “violentavano” le corde acustiche, così come gli episodi opprimenti dei precedenti lavori. In Dorwytch vi è un lavoro di fino del buon Tucker che non lesina intelligenza nel tessere le trame acustiche delle sue canzoni, facendo accarezzare la chitarra dagli archi in più di un’occasione e alternando aperture melodiche a fraseggi più grevi in cui però i colori plumbei non sono mai cristallizzati. È un’alternanza continua che ascoltiamo in Dorwytch, dove luce ed ombra si avvicendano in un circolo in cui Tucker reitera ossessivamente le strofe. Una reiterazione che ha del trascendentale, un suono che rapisce l’autore e chi ascolta in una sorta di sospensione spirituale (basti ascoltare Hose o Gods creature). Ma ancora oltre il folk si sente, avvolto tra gli

arpeggi bucolici, la discendenza post hardcore di Tucker, le influenze della psichedelia anni ’70 (Matter), l’amore per gli Swans e l’universo di Michael Gira. Dorwytch lascerà spiazzato l’estimatore del “vecchio” Tucker, ma probabilmente era un disco necessario: chi è vissuto troppo al buio ha il bisogno di uno spiraglio di luce. Giampiero Chionna GAZEBO PENGUINS Legna To lose la track

Qual è il futuro del rock? Il futuro del rock è il suo passato. Nessuna contaminazione, elettronica, synth e drum machine. La forza del rock risiede tutta nella sua schiettezza: chitarra, basso, batteria. Evidentemente lo sanno bene questi quattro ragazzi di Correggio che imbracciano senza troppi fronzoli i loro strumenti come ogni band da garage che si rispetti. Ed ecco che così viene fuori Legna, disco semplice e sincero a partire dal titolo, che si inserisce a buon diritto nelle nobili fila dell’emocore italiano condividendo il prestigioso palcoscenico con i colleghi Fine Before You Came e Verme e la scelta di questi ultimi di cantare in italiano. Otto pezzi che si dipanano tra emocore anni ‘90, indie, post punk, angolature alla Shellac ma sopratutto melodie dirette che rimangono in testa irrimediabilmente. Perché nelle canzoni dei Gazebo Penguins tra goliardie e divertissement, vi sono sopratutto le MUSICA 57


storie di tutti noi, quel vissuto quotidiano in cui ognuno riesce a riconoscersi, tra amori finiti, malinconia e nostalgia. E poi il contributo di Jacopo Lietti (comune denominatore dell’emocore nostrano e già voce di Fine Before You Came e Verme) in Il tram delle 6 e sopratutto in Senza di te (dove regala la sua voce) non è cosa da poco. Quel suo cantato inconfondibile e quel modo di raccontare che parte da un particolare apparentemente insignificante per poi svelare tutto un mondo di rimpianti e un “ricordar le cose meglio di come erano davvero”. Un mondo che colpisce dritto al cuore. Gianpiero Chionna ALTAR OF PLAGUES Mammal Candlelight rec.

Giunti al loro secondo fulllenght e dopo quattro ep gli Altar of Plagues con Mammal portano probabilmente a compimento il processo di contaminazione tra generi iniziato nel 2006 con First Plagues. Si rimane fedeli alla base black metal ma il processo di osmosi si fa più esteso abbracciando anche in maniera più marcata il post core già massivamente presente negli altri lavori, lo sludge e le atmosfere doom. Le sfuriate raw tipicamente black metal (che a tratti riprendono la scuola Wolves in throne room et similia) che aprono Neptune is dead o All Life Converges To Some Center lasciano volentieri il passo a rallentamenti oscu58 MUSICA

ri, alle atmosfere care ai padrini Neurosis, a controtempi che sprofondano in vortici abissali. E ancora droni, bordoni ambient e voci sciamaniche vanno a riempire la stasi che segue alla furia. La rabbia si tramuta e l’apocalisse degli AOP disvela scenari decadenti, urla sofferenza mentre le chitarre lasciano squarci laceranti. Gli Altar of Plagues rimangono al momento una delle più interessanti figure della nuova scena di avantgarde metal, capace di partire dal portato black per riscrivere e contaminare un genere che troppo spesso annaspa, tarpato da concettualismi ormai privi di significato che denotano più un apparire che la voglia di suonare. Gianpiero Chionna ARCTIC MONKEYS Suck it and see Domino

Sempre in perfetto stile inglese Suck it and See è l’album di maturità per gli Arctic Monkeys. Lo stampo è sempre lo stesso, tempi veloci e carismatici, la voce padrona della scena, quel che lo contraddistingue è una nuova ricerca di suoni, più definiti e puliti. Fra le note spicca qualche sprazzo di sentimentalismo, impregnato di ironia. Nei brani She’s Thunderstorms e Black Treacle, si percepisce pienamente il loro cambiamento. Love is a Laserquest porta una ventata di romanticismo inglese, misto ad una totale leggerezza che ritorna in The Hellcat Spangled Shalalala,

quasi uno spontaneo motivetto da intonare. Library Pictures preserva invece lo stesso timbro dei primi due album, mentre All my own Stunts si avvicina molto ai suoni del precedente Humbug. Recless Serenade e Suck it And See cambiano completamente indirizzo. Un album in cui la band intreccia presente e passato, riuscendo comunque a non scadere nel già sentito. Ofelia Colaci INSINTESI The Big wheel Deep Root/Universal Egg È dalla fine degli anni ‘90 che Alessandro Lorusso e Francesco Andriani de Vito, in sintesi Insintesi, si dedicano con passione a produrre musical beats che affondano le radici nel dub, reggae e jungle, fornendo la loro personale interpretazione di cosa possa voler dire oggi “musica etnica mediterranea”, e non disdegnando incursioni nel d’n’b più elettronico. Dopo il loro album d’esordio Subterranea, prodotto da Altipiani/ Edel, nel 2010 pubblicano per la Anima Mundi il loro secondo lavoro, Salentoindub, un album dove l’incontro tra il dubbing style e la scena reggae ed etnica salentina si percepisce in maniera ancora più convincente. Con questo 7 pollici per la Deep Root/Universal Egg label, il duo leccese approda infine alla corte di Neil Perch, aka Zion Train, uno dei dubmaster più rispettati e apprezzati della scena Uk dub. Nel volume numero 8 della serie di vinili Dub Conference, con The Big wheel gli Insintesi puntano decisamente verso sonorità tipiche dello stile stepper più incalzante, adatte ad essere pienamente apprezzate se suonate da un Sound System con una potente sezione di bassi scoops.


SPREAD YOUR LEGS Istinto disco punk

Gli Spread Your Legs sono i cugini salentini degli Artic Monkeys, cresciuti macinando indie e punk mentre intorno incalzavano dance e casse dritte, hanno sintetizzato una formula musicale in sintonia con la loro naturale propensione per i party. Cassa dritta, accelerate in levare e chitarre al galoppo, schizofrenie vocali alla Pil, grandi aperture alla Weezer e cori contagiosi sono solo alcuni degli elementi che caratterizzano Hooray, il primo vero album della band che, dopo aver vinto Italia Wave Puglia nel 2007, è arrivata in casa Lobello Records, neonata etichetta discografica salentina, vincitrice del premio Puglia Sounds come miglior etichetta pugliese partecipante al recente contest Push Up di Bisceglie. Un disco granitico che fotografa una band in continua crescita capace di conciliare il college rock americano, il punk funk della Dfa e la nuova onda dei Franz Ferdinand. Artisti salentini che guardano senza dubbio fuori dallo steccato della tradizione e del territorio. Ne approfittiamo per fare due chiacchiere con i ragazzi della band. Chi sono gli Spread Your Legs? Ci siamo formati alla fine del 2006 e abbiamo fatto subito un demo per partecipare ad Italia Wave e non ci conosceva nessuno e abbiamo vinto a sorpresa. Poi da lì abbiamo fatto un sacco di concerti in giro per l’Italia e finalmente adesso abbiamo il disco. Le nostre influenze sono varie: c’è molto brit pop... non solo quello che mira a Blur e Oasis per intenderci, poi c’è l’indie rock (Artic Monkeys, Cribs,

Sull’altro lato Intenser Dub è, sullo stesso riddim, la dub version nel tipico stile di Abassi All Stars, brano dove l’uso di echi e riverberi è più presente. Forward ever Backward never Insintesi… R&D Vibes - Radio Popolare Salento TUNE-YARDS Whokill 4AD Sono meravigliosi, questi tUnE-yArDs: indie-rock, black

Rapture) poi infine ci sono punte di new wave ed elettro wave, anche se bisogna avere un orecchio raffinato per captarle. Si può emergere dal Salento? Se suoni reggae o musica popolare è molto più facile esportare la tua musica, ovviamente perché è molto più di nicchia (nel mondo). Per noi è un po’ più difficile però perché non provarci! Esiste una scena salentina indie? Certo che esiste! È altrettanto vero però che fa fatica a venire fuori perché parliamoci chiaro, nel Salento non c’è la cultura dell’ascolto di nuova musica, l’ascoltatore medio è fin troppo radicato alle proprie origini, si fa sempre dell’inutile campanilismo (tipo io vado a studiare a Bologna e mi porto le friseddhre e la pizzica) che tristezza. Però devo dire che negli ultimi anni si sta muovendo più che qualcosa, nuovi nomi, nuove situazioni... Quanto “Salento” c’è nel vostro progetto? Nulla. Direi forse solo le cene con gli amici e con le persone che ci vengono ad ascoltare. Progetti futuri? Far conoscere un nuovo genere qui nel Salento, far girare il disco, suonare in giro possibilmente su palchi importanti... ma gli Spread di base non è che abbiano grosse ambizioni, non vogliamo diventare delle superstar! Ennio Ciotta

music, percussività tribale: in pratica new york tropicalchic... La voce di Merril Garbus è più nera di quella di Prince e al primo ascolto si ha l’impressione che i ragazzi siano i cuginetti sperimentali di Vampire Weekend e Dirty Projectors, ma a ben guardare la scrittura è molto personale e il potenziale pop dei brani emerge dalle stratificazioni ottenute campionando voci e percussioni in loop. I grooves sono irresistibili sin dall’orgia in apertura (My

Country). Le numerose aperture melodiche vanno di pari passo con i crescendo percussivi. I chiaroscuri di Powa rifrangono una luce R’n’B super sexy. Riotriot parte in punta di piedi ed esplode in una frenetica danza liberatoria. La saltellante Bizness si perde in un vortice di fiati. Doorstep è dolce come il miele e vanta un’epifania degna di Terence Trent D’Arby. La ninna-nanna hip-hop di Wolly Wolly Gong placa gli animi prima della conclusiva MUSICA 59


Killa, un festino hip-hop tropicalista da far venire i brividi. Un disco imperdibile. Tobia D’Onofrio OKKERVIL RIVER I am very far Jagjaguwar Era un po’ che li aspettavamo con un nuovo album. Dopo un album di cover la collaborazioni Roky Erickson dei 13th Floor Elevators), arriva questo disco a mettere in discussione tutto il folk a cui Okkervill ci avevano abituato. I am very far è imponente, a tratti quasi pomposo, sembra volersi avvicinare ai Talkin heads per alcune libertà di avanguardia pop, al Bowie degli anni 80 e ancora agli Arcade Fire. Will Sheff riesce a domare una schiera di musicisti e strumenti molto numerosa che contribuiscono a ingrandire il suono della band a orientarla verso nuove possibilità. Alcuni potrebbero rimanere delusi da questa sterzata. Sicuramente I am far è un disco che ha bisogno di tempo e attenzione. Osvaldo Piliego AUSTRA Feel It Break Domino

Nuovo album per i canadesi Austra guidati dalla cantante lirica Katie Stelmanis. La partenza è folgorante, sembra quasi di sentire Fever Ray, il progetto solista di Karjn Dreijder Andersson di The Knife. Poi il tono comincia un po’ a calare fino ad uniformarsi allo 60 MUSICA

stile delle varie Florence & The Machines o Zola Jesus. Lose It aggiunge un ritornello gorgheggiato in stile barocco e sarebbe certamente un singolo da classifica, se fossimo nel 1985. Anche The Villain sarebbe perfetta come colonna sonora de La Storia Infinita. The Future reitera un divertissement di piano, ma la voce un po’ monocorde non accende l’atmosfera. The Noise è la versione femminile dei Depeche Mode più riflessivi. Fa centro Beat And The Pulse per la penetrante base electro ed il cantato robotico che si scioglie nei toni squillanti del ritornello. Una prova tutto sommato buona, ma che non accende gli entusiasmi, vista l’autoreferenzialità che impedisce di dispensare brividi particolari. Tobia D’Onofrio DODOS No Color Wichita Tornano i californiani Dodos con un terzo album che ci riporta ai livelli d’ispirazione dell’esordio Visiter. Rispetto ai toni più vari dell’album precedente, qui si recuperano appieno le atmosfere solari, il cantato beatlesiano, il fingerpicking irraggiungibile, la frenesia delle percussioni. Il sound dei due ragazzi è inconfondibile e inizia ormai a fare scuola. Il brano conclusivo Don’t Stop evidenzia l’irrequietezza delle dita di Meric Long, che pizzica le corde con una velocità e al tempo stesso una naturalezza disarmanti. Quanta energia e che belle canzoni! Bentornati Dodos. Tobia D’Onofrio JORGE DREXLER Amar la trama Microcosmo Dischi Da Montevideo in Spagna con una laurea in medicina

in mano e la musica nel cuore. Per chi non lo conoscesse Jorge Drexler è l’autore di Al otro lado del río brano inserito nella colonna sonora dei Diari della Motocicletta e vincitore dell’oscar come miglior canzone. Il dono di Jorge consiste nel saper conciliare la sua anima latina con un gusto più europeo, un mix musicale capace di unire la milonga con il jazz. Il tutto è tenuto insieme da una vocazione al pop e da una voce duttile e gentile. Consigliatissima la strepitosa versione di I don’t worry about a thing con Ben Sidran alla voce e all’hammond. Osvaldo Piliego NO SURRENDER Medicine Babies ZerOKilled Costanza Francavilla vive a New York, città di provenienza dei No Surrender. Oltre a cantare e ad aver prodotto, registrato e missato l’album, ha anche scritto e suonato le basi di diverse tracce. Il legame di Medicine Babies con la Grande Mela è forte, da un punto di vista musicale. La partenza che ricorda Apparat è una electro-house cantata su cassa dritta. Poi prende il sopravvento la componente black, dunque cambiano le ritmiche, si fanno avanti rap e melodie in falsetto che subito portano alla mente i conterranei Tv On The Radio. Non è un caso, quindi, il featuring del loro cantante Tunde Adebimpe in Silver Hall, delizioso brano che non sfigurerebbe sull’ultimo album della band di Brooklyn. Lo stesso discorso vale per Mountain, che dopo una partenza darkwave evolve in un electro futurista su cui poggia la voce soul di Seraphim. Nel complesso, un disco ispirato e ben scritto che ci presenta una band dall’enorme potenziale. Tobia D’Onofrio


SALTO NELL’INDIE

TAROCK C’è la Puglia che suona e quella che produce. Tarock produce la Puglia che suona rock. Un’altra dinamica etichetta discografica si impone nel panorama nazionale. Ne abbiamo parlato con una colonna del rock pugliese e fondatore della label: Beppe Massara. Tarock suona come una provocazione, perché voi le cose le fate veramente, sembra anche un modo per prendere la cosa con un approccio giocoso… Hai colto nel segno. Il nome Tarock contiene alcuni concetti semplici come energia, autoironia, provenienza geografica. L’idea nasce dal più vitaminico dei frutti siciliani, l’arancia Tarocco (pubblicità occulta) che al suo interno è un’orgia di sfumature di rosso, il colore più caldo della cromia, sinonimo di passione, con una fortissima connotazione meridionale. Poi col termine tarocco invece si può intendere un falso, un clone od un simulacro; con questo concetto si rappresenta tutta l’autoironia che sottende la poca originalità della musica d’oggi. Quest’ultima riflessione deve accompagnare la consapevolezza di chi produce musica, senza prendersi troppo sul serio, cercando il divertimento ed il piacere in ciò che fa. Infine, giocando con la parola, ne ho sostituito la desinenza ed è venuto fuori Tarock, a voler sottolineare la nostra vocazione naturale al Rock in tutte le sue forme. Tarock non è solo un’etichetta, ma è anche luogo di produzione della musica, tu stesso da anni ormai fai suonare molti palchi. Ce ne parli? Si, mi sono mosso in tutte le direzioni della produzione musicale e continuerò a farlo, dalla registrazione alla stampa, dal live all’organizzazione di contest. Attualmente però, io ed i miei collaboratori siamo più impegnati nel promuovere direttamente le uscite discografiche di Tarock Records collegata all’Associazione Culturale omonima e organizziamo mini tour esclusivamente per le band associate attraverso scambi date con altre realtà artistiche.

Tarock svolge la propria attività non solo in ambito musicale, ma anche letterario, fotografico, artistico, sociale e con iniziative future anche ambientaliste. In tal senso cerchiamo nuovi partner per collaborare a progetti interessanti. L’etichetta ha sicuramente una vocazione stilistica insita nel nome, ma comunque il catalogo sembra spaziare molto. Mi racconti brevemente le vostre prime uscite? Non vogliamo fossilizzarci in nessuna sottospecie stilistica, l’ambito rock è ampissimo ed in questa galassia ci muoviamo. L’unica costante finora è stata la “pugliesità” delle produzioni, nessuna di queste risente della tradizione folk nostrana ma si caratterizza in antitesi grazie a sonorità internazionali. I Gardenya con un album autoprodotto tra grunge e rock italiano, aprono il catalogo nel 2010, seguiti da due produzioni curate personalmente da me. A gennaio 2011 pubblichiamo Il cantautore Vincent Dave col singolo Da Me e l’omonimo video girato dal regista Roberto Tafuro. Contemporaneamente è uscito l’album dei The People Speak And Now, The Real News un autentico gioiello di indie punk rock che sta ottenendo un ottimo riscontro dalla stampa. Infine uscirà in questi giorni il granitico Album dei The Rest Side The Rough Core Of Things che considero il più bel disco italiano di crossover tra grunge, punk e metal che io abbia mai ascoltato. L’ufficio stampa per quest’ultima release sarà curata dall’agenzia vicentina Black Nutria con distribuzione Audioglobe. A settembre ulteriori novità... stay tuned! Sembra stupido… ma perché un’etichetta discografica oggi in Puglia? Vogliamo in loco una struttura che supporti i musicisti associati a Tarock per stampare, promuovere e distribuire dischi in autonomia e non aspettare che le nostre migliori realtà si spengano nell’attesa del fantomatico A&R di chissà dove. Vogliamo dare vita e materia ai nostri sogni. Osvaldo Piliego MUSICA 61


LIBRI

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MARIO DESIATI

Dal Salento alla Svizzera nelle fabbriche della morte Mario Desiati classe 1977, è originario di Martina Franca, vive a Roma. Scrittore, giornalista, direttore editoriale della Fandango libri, con Ternitti, suo ultimo romanzo edito dalla Mondadori, è nella rosa dei finalisti al Premio Strega 2011. In questo libro Desiati mette in primo piano (in sette sezioni cronologicamente ordinate in trentasei anni di storia, dal 1975 al 2011), un tema di forte impegno civile: la drammatica parabola esistenziale di migliaia di emigranti pugliesi che, tra gli anni sessanta e settanta, andarono in Svizzera per lavorare nelle fabbriche di eternit, ignari delle terribili conseguenze che avrebbero subìto. Ancora un romanzo che racconta la Puglia e rinnova l’amore per questa terra. Ogni libro che scrivo, anche quando è un romanzo rabbioso come i primi, è dettato dall’amore per la gente o per la terra. Amo Martina e amo il Salento, non avrei mai scritto i miei libri senza questo sentimento. Il titolo del libro in dialetto salentino è denso di significati. Ternitti diventa quasi un ossimoro: vuol dire amianto quindi morte, ma anche tetto o indistruttibile quindi un riparo sicuro che dura nel tempo. Ci racconti com’è nato questo titolo? È una parola che mi ha sempre affascinato, il modo in cui la pronunciano i salentini che conosco oltre a quel prodigio che hanno tutte le parole dialettali che si rivestono di mille significati ulteriori, in questo caso eternit, fabbrica e tetto. Le pagine del libro raccontano in maniera precisa, puntuale, rigorosa il mondo delle fabbriche svizzere e le terribili conseguenze dovute all’esposizione all’eternit. Con Ternitti dimostri di poter fare racconto, non rinunciando alla disciplina della ricerca. Trovo che ricerca e racconto possano coesistere felicemente! Qual è il tratto distintivo di Mimì, la protagonista del romanzo?

È coraggiosa, ma è anche piena di grazia. Affronta le situazioni più difficili con la gentilezza. Non invecchia mai, tutt’al più si esalta la sua dimensione ‘antica’. La storia parte da una fabbrica mortifera, dal lavoro con le fibre d’asbesto, e si conclude con un riscatto grazie alla forza, alla concretezza e al coraggio di Mimì. In questo romanzo si racconta anche come cambia la vita di un intero nucleo familiare a causa della malattia, e si legge una netta differenza di fronte al dolore nella reazione tra uomini e donne. Non ho pensato a tavolino come dovessero reagire uomini e donne. Alla fine del romanzo, in effetti, sono venute fuori così, donne accoglienti e coraggiose, uomini terrorizzati e rassegnati. Spesso sono i personaggi che chiamano le loro storie. La scelta dello stile nella narrazione come nasce, da cosa è determinata? Lo stile si autodetermina in base alle storie, ovviamente è un mio parere ed è quello che riguarda questo libro, forse solo questo… Nella scelta di usare un linguaggio alto come hai conciliato l’uso del dialetto? Perché il dialetto è un linguaggio alto, perché le parole in dialetto hanno potenze ed evocazioni simboliche. Domanda forse un po’ retorica, ma d’obbligo. A 33 anni sei nella rosa dei candidati al Premio Strega. Come vivi questa esperienza? Con molto spirito decoubertiano. Già essere nei dodici è bello. Ultima domanda. Nel libro c’è un brano musicale di grande popolarità Che sarà. Sembra essere la colonna sonora perfetta per un racconto di emigrazione e speranza. È la hit di tutte le feste dell’emigrante che ci sono in Puglia, come farne a meno? Gabriella Morelli LIBRI 63


LIVIO ROMANO Mostrare, non raccontare Esce con la bella casa editrice ravennate Fernandel la nuova prova narrativa di Livio Romano che, a quattro anni di distanza da Niente da ridere, cambia, come ormai ci aveva abituati, totalmente genere, ambientazione e scenari rispetto al suo romanzo precedente. Il mare perché corre, questo il titolo del romanzo, è una storia di incontri. L’incontro tra i due protagonisti, entrambi di nome Piero, uno sui quarant’anni e l’altro sugli ottanta. L’incontro tra Piero il giovane e la bella Helena, giovane oculista bosniaca, l’incontro tra Piero l’anziano e Nela, ebrea rifugiata a Santa Maria al Bagno nel lontano secondo dopoguerra. E soprattutto è l’incontro tra culture lontane e diverse. Abbiamo parlato con lo scrittore neretino del suo nuovo romanzo. In questo libro abbandoni le ambientazioni solari e scanzonate di Niente da ridere per un’atmosfera decisamente più cupa, angosciante e notturna. Anche il genere cambia completamente passando dalla commedia amarognola di gusto inglese a una storia d’amore dal sapore noir. A cosa è dovuto questo cambiamento? In questo romanzo, hai ragione, mi sono sforzato di rendere l’atmosfera rallentata, rarefatta, notturna, aurorale, e la lingua asciutta ed essenzia64 LIBRI

le. Avevo bisogno di liberarmi della prima singolare di Niente da ridere. Della mistificazione narrazione-autobiografia, dell’alter ego Gregorio Parigino. Volevo mettere in scena un uomo lontanissimo dal mio modo di essere, e un suo speculare che è forse la proiezione del me stesso che aspiro a essere a 80 anni – per quanto io sia della generazione post punk del no future, della “Vita spericolata” e via dicendo e mi è estremamente difficile immaginare di campare anche solo cinque anni ancora. Pensavo da tempo di fare un on the road con degli uomini in macchina. All’inizio quattro. L’abitacolo di un’auto è un non-luogo perfetto per far incontrare storie diversissime fra loro, provenienti da personaggi con vissuti assai lontani. E si presta anche a raccontare il paesaggio che via via si incontra –tanti altri nonluoghi, nel caso del Mare. Poi un giorno ho visto, in novembre, appunto al mare, ‘sto tipo emaciato coi baffetti che guidava una vecchia e potente automobile con i finestrini tutti aperti. Mi son chiesto dove andasse. Ho deciso di seguirlo con l’immaginazione. È nata questa storia quasi completamente fictional. Il mare perché corre sembra quasi un inno al movimento, all’impossibilità di stare fermi, alla fuga da e verso qualcosa. Ma che


cos’è per te la fuga? Andare via dal Sud e poi ritornarci e poi andare via di nuovo: è ormai un topos ricorrente nelle mie storie, mi accorgo. D’altro canto la mobilità, diciamo così, è proprio parte dello statuto antropologico di noi popolazioni mediterranee, a cominciare dall’archetipo Odisseo. Sì hai ragione, io stesso, come i miei personaggi, non sto quieto un attimo, non trovo pace, arrivo e fuggo, ritorno e parto di nuovo. Naturalmente non sempre in senso letterale. Son dominato da una curiosità divorante, per le persone, per i posti, per i libri. Prima di metter su famiglia e tornare al Sud, in dieci anni ho vissuto in cinque città diverse e cambiato tredici volte casa.. Un altro tema che mi ha colpito nel romanzo è l’incontro. Tutto, nella storia, parte da un incontro: quello tra i due Piero, quelli con le due donne, ma soprattutto l’incontro tra culture lontane e diverse che, di questi tempi, mi sembra un tema assai spinoso… Sì, sono aspetti che si compenetrano a vicenda in un plot che è tutto costruito a specchio. Piero il giovane è opposto e simmetrico all’omonimo anziano (l’uno rozzo, paesano, destrorso, l’altro colto e cosmopolita), così come le loro donne, una ebrea e l’altra musulmana. Incontri che avvengono per caso e che si rivelano determinanti, motori di una svolta. La scommessa che non solo possano convivere particolarità in apparenza incompatibili, ma che da quegli incontri, da quegli “attriti”, come scriveva Cattaneo, “s’accenda ancora oggi la fiamma del genio europeo”. O, quanto meno, una grande storia d’amore. L’omicidio Biagi, le nuove Br, la guerra in Bosnia, il terrorismo di Al Qaeda sono più di un contorno nella storia così come nel tuo romanzo precedente la vita politica di un piccolo paese del Sud era un tema centrale. Quanto contano per te e nella tua scrittura la cronaca e la storia recente? Ti consideri uno scrittore “impegnato”? La mia narrazione ha sempre contenuto una propensione forte all’impegno civile, all’indignazione, alla denuncia. Trasfigurando la realtà, osservandola con una lente che deforma, rende grottesco, ridicolizza: provo a denunciare mali eterni o nuovi del nostro Paese. Ma senza usare il puramente “detto”. Narrare significa mettere in scena. “Show, don’t tell”, diceva Mark Twain. Tuttavia, ancora prendendo le parole di un Grande, Oscar Wilde, “L’artista non ha preferenze etiche. Una preferenza di tal genere costituirebbe per un artista un manierismo stilistico

imperdonabile”. Nel senso che la preoccupazione maggiore è e resta di tipo “estetico”, letterario. Una letteratura che si proponga soltanto di denunciare, stigmatizzare, valorizzare, promuovere non è più arte. È giornalismo, non letteratura. Come disse la Ballestra anni fa: “Diventa una brochure di promozione turistica”. Mi hanno sempre incuriosito le BR, fin da quando avevo 14 anni. E ho letto tantissimi atti processuali su quella specie di parodia del terrorismo rosso che son state le “nuove Brigate Rosse”. Anche il conflitto arabo-israeliano è sempre stata una mia passione-ossessione che ha subito un’impennata quando la mia città è stata insignita della Medaglia d’Oro del Presidente della Repubblica per l’accoglienza riservata agli ebrei nel 1946. Sì, in questo libro ci son ben due guerre, e la violenza del terrorismo. Ma si narra di un conflitto che è principalmente interiore a Piero il giovane, che lavora tutto dentro la sua personalità paranoide. Qual è il tuo parere sullo stato della narrativa pugliese e salentina nello specifico? Esiste secondo te un “gruppo”, una “scuola” pugliese ? Negli anni di Sporco al sole e Disertori, i “giovani” narratori meridionali avevano tentato un attacco alla Torre con una lingua fresca, con temi nuovi che programmaticamente facevano a polpette quella che Trecca chiamava “la poetica dello sciallino verde” o “la monocultura del dolore”. Oggi vedo una specie di reazione. Vedo che quel che tira davvero non son certo i fuochi d’artificio linguistici di Dezio o la lingua screziata e ricercatissima di Evelina Santangelo, o anche gli esperimenti carveriani del primo De Silva. Ha vinto la rappresentazione stereotipata del Sud di sempre, fatto di megere, violenza, sopraffazione, magia, pistolettate. Non posso generalizzare poiché poi ognuno ha i suoi miti e i sui percorsi ed è estremamente difficile raggruppare gli autori, ormai tanti, in filoni predeterminati. Fra i pugliesi amo molto Argentina. Ma trovo estremamente interessanti anche Carlo D’Amicis, Elisabetta Liguori, Omar Di Monopoli, Nicola Lagioia, Andrea Piva. Un romanzo bellissimo uscirà spero a breve. L’ha scritto Francesco Lanzo che aveva esordito nel 2004 con I Lanzillotti. In tutto questo, lo scrittore più “giovane”, innovativo, geniale, dissacratore, raffinato e insieme dotato di una vena totalmente pop resta il più anziano di tutti, Gaetano Cappelli. Il quale pugliese non è ma io ho sempre considerato i lucani miei conterranei strettissimi. Dario Goffredo LIBRI 65


JOAQUIM PAULO E JULIUS WIEDEMANN Funk & Soul Covers Taschen

La copertina di It’s a mother di James Brown (1969) e quella di What’s going on (1971) in cui Marvin Gaye sembra un po’ Blade, il nero cacciatore di vampiri della Marvel. Poi le opere psichedeliche che illustravano i lavori dei Funkadelic o quelle blaxploitation a misura del principe del soul Curtis Mayfield; la sci-fi ironica dei Parliament (con George Clinton che sbuca a gambe larghe da un disco volante) e quella più seriosa (comunque coloratissima) degli Earth, Wind & Fire. Sexy, spiritose, intrise di cultura afroamericana: piramidi, pantaloni a zampa d’elefante, capigliature esplosive, ritmo e passione che affiorano da scatti fotografici, da effetti grafici pre-photoshop. Il volumone targato Taschen e curato dagli esperti di vinile Joaquim Paulo e Julius Wiedemann propone un viaggio negli artworks più rappresentativi dell’età d’oro della black music in un momento in cui i deficienti che muovono il mercato favoriscono l’imporsi di una musica che in teoria non avrebbe bisogno di supporti fisici (vinile, cd) da toccare, annusare, esplorare. Un libro dedicato e caldamente consigliato a chiunque conservi ancora un sano orrore verso la smaterializzazione degli oggetti culturali. Nino G. D’Attis LIBRI

SIMONA TOMA Un bell’esordio in casa Mondadori

La leccese Simona Toma ci regala un esordio in grande stile. Dal 31 maggio è in libreria Da questo libro presto un film esilarante storia d’amore e di cinema pubblicato da Mondadori. Il romanzo, che esce nella collana Shout, dedicata ai cosiddetti young adults, è una divertente carrellata di quello che può succedere ad una adolescente atipica quando scopre contemporaneamente due grandi amori: quello per un ragazzo, Filippo, bello e un po’ impossibile, e quello per il cinema, mondo dorato, di cui Simona ci svela, con un tocco delicato e velenoso insieme, vizi e virtù. Simona è una mia carissima amica e ho fatto con lei due chiacchiere sul libro. Toni e le sue amiche sono adolescenti un po’ particolari con una visione della vita insieme sognante e disillusa. Ti sei ispirata a qualcuno in particolare per disegnare i tuoi personaggi? In realtà, sono stati i miei impertinenti personaggi a ispirarsi e a imitare alcune persone della mia vita. Il problema è che hanno fatto un guaio e hanno mischiato tutto. Tante situazioni e tante persone hanno contribuito alla loro identità. Questo, in genere. Diverso è il discorso per Clementina, Nonno, Non-

GIANNI MIRAGLIA Muori Milano Muori Elliot Per poter raccontare il veleno e l’ironia dei nostri giorni è necessario viverli fino in fondo, farsi travolgere, perdersi per poi ritrovarsi nella quotidianità. Dopo il grande successo di Six Pack, il suo primo romanzo, storia ruvida a base di precariato, disincanto e giornate tutte uguali messe in fila una dietro l’altra, torna Gianni

Miraglia, originario di Genova ma di stanza Milano, con un romanzo che guarda al futuro prossimo con cinico disincanto. Una Milano fotografata nella nebbia fitta del precariato, dei licenziamenti, delle sicurezze che si sgretolano e delle vite che mutano radicalmente dal giorno alla notte. Mancano trenta giorni all’expo, Berlusconi è un ricordo costante nella mente della gente che, con rabbia e nostalgia, vuole credere ancora


na e Palmiro e alcuni personaggi minori, come Roberta l’assistente alla regia e Augustin, che sono totalmente ispirati a persone e animali che vivono e lottano insieme a noi. Fermo restando che, dichiarazione che tradisce la realtà dei fatti, questo libro non è autobiografico. Filippo e Federico sono due modelli: Filippo rappresenta tutti gli uomini con cui io mi vorrei fidanzare mentre Federico rappresenta tutti gli uomini che vorrebbero fidanzarsi con me. Per tornare alle protagoniste Toni, Matilde e Clementina, pagano lo scotto di essere state pensate da una trentacinquenne che si annoia a crescere. E, in effetti, più che tre caratteri sono tre archivi storici. Trovo molto interessante, oltre che molto divertente, il modo in cui affronti il lavoro nel cinema. Dissacrandolo, certo, rispetto all’immagine patinata che di quel mondo più o meno tutti abbiamo, ma anche dimostrando un amore cieco e una grande passione… Il mio approccio nei confronti del mondo del cinema è un approccio interno e intimo. È un mondo che conosco molto bene e che, per questo, anche per istinto di sopravvivenza, ho imparato a smontare e a dissacrare. Io, poi, nel libro ho fatto un lavoro di esasperazione, portando all’eccesso determinati meccanismi, costruendo super personaggi caricati fino all’eccesso, fino al punto di rottura. Gli attori sono sintesi e caricatura di tutti gli attori e attrici con cui ho lavorato in questi anni. O quanto meno dei loro aspetti più folkloristici. Ma ci sono anche personaggi normalissimi perché, sollevato il velo dorato che avvolge “il mondo del cinema”, alla fine è un lavoro, di certo non ho l’ardire di sostenere che sia un lavoro come un altro, ma le persone che lo fanno sono persone come altre. Il set è una realtà parallela, quando fai un film vivi in un’altra dimensione, è tutto ve-

in uno standard di vita tanto blasonato ed attraente quanto impossibile a realizzarsi. Un sogno diventato menzogna. Si vive una sola volta e Andrea, neo disoccupato di quarantasette anni, un tempo impiegato nelle file della capitale della creatività che paga, vaga allo sbando tra inutili colloqui di lavoro e il ricordo di una moglie che, come tutto il resto, lo ha lasciato da solo ad affrontare il nulla che avanza.

loce perché il tempo a disposizione è poco, tutte le emozioni sono esasperate: gli odi sono odi ferocissimi e gli amori sono quasi sempre gli amori della tua vita. E ti sembra di aver vissuto da sempre con queste persone e di non poter fare a meno di loro. Quando finisce un set ti senti svuotata e poi ricomincia un altro film e di nuovo tutto come prima… C’è un personaggio del libro con il quale senti maggiore affinità? Il mio personaggio preferito è Nonno. Ma non è questa la risposta alla domanda anche se mi piace dirlo moltissimo perché io Nonno lo amo pazzescamente. È un personaggio che esisteva ancora prima di questo libro nel senso che, in tempi non sospetti, ho sempre pensato che se mai avessi scritto un libro, Nonno ci sarebbe stato. La risposta alla tua domanda mi spaventa perché devo essere sincera e devo dire che il personaggio che sento più vicino è la piccola Toni. Avrei voluto guadagnare una più salutare distanza dalla mia protagonista ma non ci sono riuscita ma, attenzione, questo non è un libro autobiografico! Il tuo è un romanzo per ragazzi ma che secondo me è godibilissimo anche per un ultra trentenne come me. Mentre lo scrivevi avevi in mente un “lettore ideale” a cui rivolgerti? Mentre scrivevo non pensavo a un “lettore ideale”. In una prima fase ho scritto di pancia, come piace a me ed ero io il mio lettore ideale e poi il mio editor e poi la mia “revisora” quindi, in effetti, tre trentenni. In una seconda fase, più ragionata e più “di mestiere” (e non certo per mio merito) si è cercato di eliminare alcuni dettagli per renderlo più adatto anche a un pubblico più giovane. Ma, davvero, si è trattato solo di pochi e invisibili dettagli. (dg)

Cadendo nel vuoto della mancanza di certezze si aggrappa alla presenza di Pietro Koch, un tempo fattorino dell’azienda da cui entrambi sono stati cacciati, adesso sedicente leader dei diseredati di Abbiategrasso. Il limbo della precarietà ti consuma e ti distacca dalle abitudini della “vita precedente”. Andrea inizia un lungo peregrinaggio, spesso e volentieri notturno, che lo spinge in territori dimenticati battuti da barboni,

poliziotti inerti e violenza dettata dalla noia. Nel suo percorso incontra le nuove figure carismatiche della sua vita, una su tutti “l’uomo del trolley”, un ex manager di successo al momento impegnato in transazioni e scambi a dir poco illeciti. Mentre l’expo si avvicina a lunghi passi il nostro protagonista, sempre meno ancorato ai suoi primi quarantesette anni di vita, inizia a maturare una visione lucida del delirio che sta LIBRI 67


vivendo, accorgendosi che Pietro Koch e la sua banda stanno elaborando un piano per colpire Milano al cuore e stenderla definitivamente, il tutto per vendicare chi nella vita si ritrova sconfitto senza una buona motivazione per esserlo. Ancora una volta una storia ruvida e incredibilmente vera. Il ritratto di una società in cui, come in una lunga ed impegnativa partita a scacchi, basterà una singola mossa per decidere il destino della gara. Alle volte la volontà da sola non basta, specie se i diritti scivolano veloci sotto i piedi come neve ghiacciata. Il disimpegno e la disobbedienza possono segnare un cammino, o almeno un’alternativa, per non naufragare irrimediabilmente a picco nel mare dei desideri. Ennio Ciotta TOMMASO PINCIO Hotel a zero stelle Laterza Non è un romanzo (il sottotitolo recita: “Inferni e paradisi di uno scrittore senza fissa dimora”) e neppure un libro di viaggi in senso stretto, sebbene Tommaso Pincio prenda gentilmente per mano il lettore per portarlo con sé in un altrove popolato di immagini provenienti da luoghi reali e ideali: stanze d’hotel, quadri (il celebre Nighthawks dipinto da Edward Hopper nel 1942), facce come quella, patibolare, del concierge in mutande di un tugurio al centro di Tel Aviv. Da queste pagine affiorano le memorie intime di un artista, i tasselli del suo percorso personale tra pittura e scrittura, le istantanee catturate nel corso di vagabondaggi intorno al mondo: smarrimenti in luoghi e non-luoghi in cui albergano i fantasmi di un’educazione culturale (Melville, Orwell, Philip K. Dick, Pasolini, Lan68 LIBRI

dolfi). Più che al travel writer si pensa a Kerouac e Ginsberg, ai soggiorni di William Burroughs in qualche buco di Tangeri o Londra. Oppure agli scritti di Elémire Zolla, alle polaroid di Wim Wenders. Ecco, un buon modo per definire la più recente sortita in libreria di Pincio è a mio avviso il seguente: un invito all’avventura per combattere il regno del buio sul mondo (inteso sia come spazio fisico che come territorio sconfinato dell’intelletto), un’esortazione a uscire dalla fase abulica, depressiva di questi anni. “È solo un libro”, obietterà qualcuno. No, questo libro è un’arma formidabile come la macchina da scrivere che l’autore comprò a New York, un biglietto che vi impedirà di restare fermi. Muoversi, magari per scoprire di colpo il karma della rapa che è in voi. Nino G.D’Attis

Francesca Mazzucato, è il racconto di una vita e di un pensiero contro il buio di un secolo che per molti versi appare speculare al nostro: relazioni tormentate, denunce, incarcerazioni, ma soprattutto scritti sulfurei su una società che non era migliore di quel suo figlio ribelle e perverso. Educato dai gesuiti, capitano nella guerra dei sette anni, libertino per sua stessa ammissione (in una celebre lettera alla moglie da Vincennes, datata 20 febbraio 1791) ma non criminale né assassino. A Vincennes era stato internato per “deboscia reiterata” dopo una denuncia della suocera. Galera, manicomi, gogna pubblica anche dopo la morte. Ma il mondo in cui visse era cento volte più turpe di lui che negò sempre, fino all’ultimo respiro, la politica e la religione degli uomini: quelle sì, irrimediabilmente macchiate di sangue e merda. Nino G. D’Attis

DANTE SERRA Il Marchese De Sade Odoya

MARTIN AMIS La Vedova incinta Einaudi

Donatien-Alphonse-François de Sade: chi era costui? Il più grande satirista del suo tempo. E un filosofo, anche, prima ancora che un pornografo. Il regime monarchico, i rivoluzionari francesi, quindi Napoleone lo sopportarono male, malissimo. E poco sappiamo davvero della sua vita, pochi sanno ad esempio che tra i suoi antenati figura quella Laura cantata con passione da Petrarca. Il volume illustrato dello studioso Dante Serra, a cura della scrittrice

Foto di gruppo in una villa in Toscana: non è l’imbattibile Boccaccio e neppure il Bertolucci della senilità ottusa con Liv Tyler che balla da sola. La villa, anzi, il castello, è il palcoscenico in cui si muove una gioventù all’alba degli anni ’70: inglesi di buona famiglia come Keith, alter ego dello scrittore smarrito tra le donne nel boom della rivoluzione sessuale, personaggio destinato a conservare fino all’età matura traccia


profonda di un’umiliazione inflittagli proprio da quell’universo femminile meraviglioso e pericoloso, oggetto di fantasie bollenti come un’estate consumata tra alcol, tuffi in piscina e il canto delle cicale. Storia vera in salsa fiction, garantisce Richard Bradford, biografo di Amis. Romanzo di un talentuoso narcisista che riflette sui sogni e le speranze edonistiche di una generazione di maschi disorientata dall’arrivo del femminismo. Un po’ di Saul Bellow (mentore dell’autore), un pizzico di Philip Roth, molto di Amis, fine polemista considerato in patria come una rockstar della letteratura (insieme al più corrosivo Will Self). Il titolo cita una celebre riflessione dell’intellettuale russo Aleksandr Ivanovič Herzen, per il quale ogni rivoluzione non lascia mai erede un sistema ma una vedova incinta che partorirà un figlio d’incerto destino. Amis approva e ci cuce intorno un’opera di ombre che circondano seni, glutei, gambe e bocche di un’affollata città delle donne, quindi tutta la sfrenata spensieratezza della giovinezza. Alla fine, questo è il guaio, c’è un uomo triste che balla da solo. Nino G. D’Attis MYKLE HANSEN Missione in Alaska Meridiano Zero Il titolo fa pensare a qualcosa di simile a In to the wild… niente di più sbagliato. La natura qui è solo un pretesto, una cornice, la più sbagliata o forse la più adatta ad accentuare i toni narrati. Un situazione surreale (un imprenditore intrappolato sotto il suo fuoristrada con un orso intento a sbranargli il piede) è il quadro di partenza. Un contesto in cui non si fatica a trovare vittima e carnefice, ma solo ap-

parentemente. Quando Marv Pushkin comincia a raccontarsi e a divagare scopriamo quanta bestialità feroce si nasconda (neanche tanto) nell’uomo. È così che il clima surreale lascia pian piano il passo a una realtà esasperata, a un catalogo della cattiveria, al ritratto di una vita apparentemente di successo che cela frustrazione e depressione. Un libro geniale nell’impianto, impietoso ed esilarante… una lettura irresistibile. Osvaldo Piliego NICK KENT Apathy for the devil Arcana

La vita del giornalista musicale è frustrante: oggi molto più di ieri. Un tempo i giornalisti erano veramente sul campo, imbracciavano una penna al posto della chitarra e usavano la macchina da scrivere al posto dell’amplificatore. Ma erano dentro la vita, non paralizzati dietro uno schermo a macinare giga di musica. Alcuni giornalisti sono nel loro piccolo delle rock star, comunque dei testimoni fondamentali. I più ricordano Lester Bangs per il suo personaggio e la sua scrittura esplosiva, un suo allievo in Inghilterra era Nick Kent, penna più elegante e posata per stile, ma personaggio assolutamente travolto e stravolto dal rock and roll come stile di vita. In questo Apathy for the devil Nick racconta in prima persona uno dei decenni

cruciali del rock: gli anni ‘70. Lo fa con una serie di aneddoti incredibili, con racconti on the road al seguito di Captain Beefheart (solo per citarne uno) riuscendo a trasmettere un contesto inedito e intimo di quel periodo che non era fatto solo di grandi spettacoli, ma di incontri e mille piccole cose da ricordare. Osvaldo Piliego AA. VV. Meridione d’inchiostro Stilo Editore Nove scrittori di generazioni e stili diversi, accomunati dalla loro terra di origine e da un unico intento: raccontare il Sud dell’Italia con le sue contraddizioni. Salvatore Turi, giovane e promettente editor di Alberobello, ha affidato questo delicatissimo compito a esponenti della letteratura meridionale quali Cosimo Argentina, Osvaldo Capraro, Omar Di Monopoli, Gabriella Genesi, Giuseppe Goffredo, Andrej Longo, Raffaele Nigro, Livio Romano e Cristina Zagaria. Ne è venuto fuori Meridione d’inchiostro. Racconti inediti di scrittori del sud (Stilo Editore), un’antologia che ben restituisce al lettore i colori, le voci, i profumi e i sapori di questa terra. Ciascuno dei nove racconti è introdotto da una lettera dell’alfabeto e dai lemmi tratti dai paesaggi, gli usi e la gastronomia tipici del Meridione, così da “ripercorrere l’alfabeto di una terra ricca di storia e di tradizioni, attraversata da dinamiche di cambiamento non sempre illusorie, una terra degna di essere raccontata, come ogni altra; senza contrapporre il Sud al Nord o rivendicare alcunché” come dice lo stesso Giovanni Turi nell’introduzione. Laura Casciotti

LIBRI 69



LANTANA Lantana: una pianta, un film, una casa editrice. La pianta è estremamente resistente, pervasiva, dai colori vividi e cangianti, modello di attaccamento alla vita e ai suoi mutevoli destini. Il film è del regista australiano Ray Lawrence, un thriller psicologico che invita a riflettere su quanto sia più utile comprendere che giudicare. Come “strumento di comprensione e confronto” si presenta Lantana, casa editrice di Roma, in libreria da alcuni mesi, che ha fatto suo questo connubio di resistenza, coraggio, vitalità, creatività. Anche la sede scelta, all’Esquilino, quartiere multietnico dalle identità multiple, sembra confermare quest’apertura al nuovo, agli incontri, a ciò che è sempre in fermento. Ne parliamo con il direttore editoriale, Alessandra Gambetti, che agli inizi degli anni novanta aveva creato con Alberto Castelvecchi l’omonimo marchio, e che poi ha portato la sua esperienza in case editrici come Einaudi, Fazi, DeriveApprodi…

Da quale bisogno è nata Lantana, qual è il vuoto che voleva colmare? (Detto in altre parole: chi te l’ha fatto fare?) Nessun vuoto, anzi forse un pieno di esperienze. Il desiderio di voltare pagina, di dar vita a un progetto, di far convergere in una direzione costruttiva tanti fatti, storie, conoscenze, incontri, esperienze appunto, sofferenze anche.

Inevitabile chiederti cosa hai imparato dal tuo percorso. Cose che ho imparato: che come in tutti i campi la determinazione e la chiarezza degli obiettivi sono essenziali. Poi che non si può piacere a tutti, e che ci sono cose più importanti del lavoro.

Malafede, di Maurizio Cotrona, pugliese di Taranto e che ora vive a Roma, esce proprio in questi giorni: cos’è che, quando hai letto il dattiloscritto per la prima volta, ti ha fatto pensare che valeva la pena di pubblicarlo? Come ha benissimo detto Marco Lodoli in una sua recensione al libro: il tono “lieve e inquietante come una profezia”.

Rispetto al momento in cui hai iniziato come è cambiato il clima letterario, culturale, in Italia? E quello editoriale? Senza dubbio la presenza e il rafforzamento di grandi raggruppamenti editoriali ha modificato radicalmente il panorama editoriale e culturale. Oggi è molto più difficile trovare spazio e permanere in libreria, c’è meno varietà nell’offerta, c’è una tendenza molto forte ad omologarsi. Un altro aspetto che mi sembra diverso è il rapporto degli autori esordienti o giovani e le case editrici: ora sono molto più ricercati rispetto a qualche decennio fa, si punta su di loro come possibili autori di best seller, e gli autori sono rappresentati da agenti già al primo o al secondo libro. Poi c’è la ricerca del personaggio televisivo come autore da proporre al grande pubblico… Insomma, se parliamo di clima, di cambiamenti ce ne sono davvero tanti. Per non parlare poi dei cambiamenti portati dalla tecnologia, sia nel modo di lavorare che nel linguaggio…

La vostra collana di narrativa, Le stelle, raccoglie testi (apparentemente) molto diversi gli uni dagli altri... cosa accomuna il romanzo della misteriosa Principessa Saffo di fine Ottocento con quello di una scrittrice argentina o dei due giovani esordi italiani, Federica Tuzi e Maurizio Cotrona? Cosa cerchi, più in generale, in un romanzo per Lantana? Libertà, intelligenza, ostinazione, sincerità, amore per la vita, coraggio… Ironia, comicità magari! Affabulazione, consolazione…

Si dice che in Italia si legge poco e si scrive molto, troppo... cosa consigli a un esordiente scrittore? Di leggere molto, per il piacere di farlo. Creando un proprio canone: un mondo di frasi, di storie, di musica, immagini, e non tanto o non solo per avere un luogo dove rifugiarsi ma soprattutto strumenti per esprimersi. La lettura Lantana consigliata per l’estate? Sono due: assolutamente I Floods, la serie junor di cui presentiamo i primi due titoli a luglio. Vicini di casa e Giochi di scuola sono brevi romanzi illustrati. L’autore, Colin Thompson, è un vero genio della narrazione e dell’illustrazione. E poi Marie-Hélène Ferrari: Il destino non c’entra è la prima delle inchieste del commissario Pierucci, in una Corsica fuori dalle rotte turistiche, originale mix di culture, sapori, affari e misfatti. Michela Carpi


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ALESSANDRO PIVA

Il cinema è morto, adesso c’è la fiction “Non so se questo film ha la stessa forza della Capagira. Anzi, probabilmente non ce l’ha, ma le osservazioni del pubblico in sala mi ricordano molto le reazioni che quel film suscitò”. Alessandro Piva si è presentato al Festival del Cinema Europeo di Lecce – dove è stato proiettato in anteprima il suo ultimo film, Henry - con l’umiltà di un esordiente. Come se non fosse lo stesso autore di due successi come La Capagira e Mio cognato. Si dice curioso della reazione del pubblico leccese, a cui tiene molto forse anche perché in sala ci sono due colleghi - Edoardo Winspeare e Nico Cirasola - e un amico, il trombettista Cesare Dell’Anna. Durante la proiezione presta l’orecchio ai commenti e alle risate. Poi attende il giudizio con trepidazione: “Il cinema – spiega - è molto cambiato rispetto a dieci anni fa. Adesso non è facile arrivare al pubblico. Non so quale sarà la vita di questo film, non so se riusciremo a “forzare il blocco”, ma sono fiducioso”. Per Henry – storia di criminali e spaccio di droga, con Carolina Crescentini, Claudio Gioè e due “vecchie conoscenze” come Paolo Sassanelli e Dino Abbrescia – si è parlato di Pulp fiction all’italiana. Il film è stato al Festival di Torino, ma non ha ancora una distribuzione. Per questo, Piva si sta attrezzando per adattare al cinema la risposta che il mondo della musica ha dato alla crisi e all’invadenza di internet. Si dice fiducioso. Che prospettive ci sono per Henry? Volevo uscire in questi giorni in modo indipendente, ma ho optato per una scelta più prudente. Farò ancora qualche tentativo più tradizionale, poi proverò un’uscita innovativa basata sulle sale e sul web. Trasformerò le proiezioni in piccoli eventi, programmerò un tour per accompagnare il film che poi sarà proposto sul web. Il film è tratto da un libro di Giovanni Mastrangelo che a sua volta, nella scrittura, si è ispirato a La capagira. Com’è il rapporto tra romanzo e film? Buffo. Mi ha affascinato il fatto che uno scrittore chiamasse un regista prima ancora che fosse pubblicato il libro. Ero anche un po’ scettico. Invece, leggendo il libro mi sono reso conto che le atmosfere c’erano e mi sono ritrovato tra le mani una buona occasione per raccontare una città che non fosse Bari con lo stesso spirito di attenzione alla

strada, ai suoi rumori veri del momento. I suoi attori si sono sentiti molto liberi sul set. Quanto si discosta il prodotto finale dal romanzo? Ci ho messo di mio parecchie immagini di una città in cui ho vissuto per vent’anni, immagini che mi piacevano e che mi porto dentro. Per un leccese la città passa per dei posti che la gente comune non conosce neanche. Per me Roma passa per certi posti lungo il fiume o per il Muro torto, via di comunicazione insignificante che io vedo come un secondo fiume che scorre nella città e che ci fa correre tutti, come questi pesci fuor d’acqua che abitano Roma e che si vedono nel film. Qualcuno ha giudicato Henry troppo duro e violento. Mentre giravamo non abbiamo avuto questa impressione. Per noi è importante non giudicare i nostri personaggi, è il modo più giusto di fare il nostro mestiere e per portare la gente al cinema. Sta poi a loro elaborare una riflessione. Una battuta condensa un giudizio: “Il cinema è morto, adesso c’è la fiction”. Un atteggiamento strano, per uno che la fiction l’ha anche fatta. Volevo essere un po’ autoironico: fare cinema oggi è difficilissimo, anche logisticamente, perché lavoriamo con attori e troupe continuamente impegnati nelle fiction. È difficile riuscire a tenersi un’isola e una cifra autoriale diversa. Poi ci sono anche fiction che mi piacciono: Boris, ad esempio, è un punto di riferimento. Con Henry ha riunito il trio Piva, Sassanelli, Abbrescia. Che ne è del progetto di fare un film da Apocalisse da camera, il romanzo di suo fratello Andrea? Abbiamo scritto una bella sceneggiatura per Rai cinema, che però poi si è tirata indietro. Per loro è normale, per noi autori è stato faticoso perché tuffarsi anima e corpo in un progetto e poi non portarlo a termine è doloroso. Ritengo difficile riprendere quel progetto, ma io e Andrea parliamo la stessa lingua. Prima o poi torneremo a lavorare insieme. Valeria Blanco cinema teatro arte 73


In foto: Antonio Catania

IL PASTICCIERE: UN FILM TRA CONFINE, NOIR E TRADIZIONE Noir, ironia, tradizione e non-luoghi sono questi gli ingredienti de Il Pasticciere, secondo lungometraggio di Luigi Sardiello. Dopo la leggera commedia Piede di Dio, il regista e giornalista toscano si cimenta con un’ambientazione decisamente più oscura. Le riprese (iniziate a metà aprile) sono state effettuate sul Pollino e nel Salento, tra Leverano e Sternatìa. “Un po’ qua e un po’ là, dove troviamo dei non luoghi pugliesi che permettono di estraniarsi”, precisa il regista. Il Pasticciere è un film sulla non-territorialità dal punto di vista dei confini e sulla territorialità della poesia, capace di raccontare una storia. Una storia incentrata su Achille Franzi, pasticciere per vocazione. Seguendo gli insegnamenti 74 cinema teatro arte

del padre, da cui ha imparato il mestiere, dedica, infatti, la sua vita alla ricerca della perfezione per rendere felice la gente attraverso il gusto, la vista e l’olfatto. Rinchiuso nella routine del laboratorio, il destino decide di metterlo alla prova, trascinandolo nel mondo reale e facendogli percorre un viaggio che cambierà tutta la sua vita. Un percorso difficile, fatto di prove ed incontri. Una femme fatale, un azzeccagarbugli ed una sbirra, con le loro storie e le loro gesta, accompagneranno l’ingenuo pasticciere nel suo incontro/ scontro con un mondo che ha bisogno di essere salvato. Durante il viaggio, il protagonista dovrà fare i conti con il suo passato e con la sua missione di vita. “Un film di confine”, lo definisce


Sardiello durante una conferenza stampa al Cineporto di Lecce, utile per proporre anche alcuni minuti di girato. “Di confine dal punto di vista geografico, poiché il protagonista varca il confine dell’Italia con un non-luogo dove i personaggi comunicano attraverso una sorta di “esperanto”. Un confine tra bene e male, per la contrapposizione del pasticciere archetipo dell’uomo giusto e i personaggi “cattivi” che gli si avvicineranno e lo costringeranno a vivere l’inevitabile declino verso il fondo. Di confine rispetto al genere, in quanto al noir sono associati elementi di commedia, ironia e magia”. Al fianco del pasticciere Antonio Catania un cast composto da Rosaria Russo, Ennio Fantastichini, Sara D’Amario, Ivan Zerbinati, Silvana Bosi, Luca Cirasola, Antonio Stornaiolo ed Emilio Solfrizzi già protagonista dell’esordio di Sardiello. “È giusto girare qui”, sottolinea Antonio Catania. “È una terra genuina, come sfondo al carattere del personaggio è l’ideale. Vi è un’affezione particolare ad un mestiere fatto con le mani, fatto di tradizione. Il mio pasticciere è un personaggio naif”. Rosaria Russo accenna la storia della femme fatale Angela da lei interpretata che insieme all’avvocato di Ennio Fantastichini portano il “male” nella storia. “Non

ci interessava raccontare un prototipo monolitico e monofasico, volevamo rappresentare un disadattato, ossessionato da se stesso, dalla sua parte oscura”, ribadisce Fantastichini, di casa a Lecce dopo il grande successo di Mine Vaganti. “Lara è figlia di un taglio. Non si sa come si è ritrovata là. E rappresenta la giustizia e l’alleggerimento nella storia”, precisa Sara D’Amico. “Grazie ad Apulia Film Commission esco di casa e vado a fare i film senza prendere l’aereo”, è la battuta di Antonio Stornaliolo. Il film prodotto dal pugliese Alessandro Contessa (già produttore del fortunato Focaccia blues) in collaborazione con Rai Cinema e Apulia Film Commission è girato, come detto, tra Basilicata, Puglia e Croazia. “Non è il solito film che sceglie la Puglia come location, non cerca solo scenari, ha una congruità con la regione”, sottolinea il Vicepresidente di Apulia Film Commissione Luigi De Luca. I lavori sono ancora in corso. La scelta di non affrettare i tempi è dovuta ad una visione del cinema come “qualcosa di veloce e dinamico, ma che cura i dettagli” e per curare i dettagli “il film deve essere girato con cura artigianale, un po’ come le torte del Pasticciere”, chiude Sardiello. Elisa Palamà

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EVENTI GIUGNO SABATO 18 Mannarino al Torre Regina Giovanna di Apani (Br) Notte bianca di Bari Free Rock Night al Parco Gondar di Gallipoli (Le) DOMENICA 19 Jazz Jam Session al Buenaventura di San Foca (Le) Canzoniere Grecanico Salentino a Squinzano (Le) MARTEDÌ 21 Antonio Castrignanò a Calimera (Le) Seventy Level al Chiringuito di Torre dell’Orso (Le) MERCOLEDÌ 22 Live Music al Relitto sulla Torre dell’Orso - Otranto (Le) GIOVEDÌ 23 La Caravane Passe ai Cantieri Koreja di Lecce VENERDÌ 24 Bandadriatica a Veglie (Le) DAL 24 AL 26 GIUGNO Fiera di San Giovanni a Zollino (Le) Prosegue a Zollino l’articolato progetto “Raccontare il territorio. Giovani idee tra memoria e identità”. Dal 24 al 26 giugno ritorna anche quest’anno l’atteso appuntamento con la Fiera di San Giovanni di Zollino. Venerdì 24 giugno dalle ore 20.00 si esibiranno la Banda Città di Zollino, il coro Canto pe’ cantà e i Su’d’Est. Sabato 25 giugno alle ore 18.30 incontro pubblico su “Come coltivare il futuro del pisello nano di Zollino”, dalle 21.30 spettacolo per grandi e piccini con il Clown Lacoste. A seguire concerto con il punk dub tarantolato dei Mascarimirì e gli Insintesi che presen76 EVENTI

teranno i brani di Salento In Dub. Domenica 26 giugno la tre giorni si chiude dalle 20.30 con il concorso culinario con piatti a base di prodotti tipici di Zollino (pisello “nano”, fava di Zollino) e con altri legumi tipici salentini riservato a ristoratori e dilettanti allo sbaraglio con una giuria composta da chef e personaggi famosi del mondo dello spettacolo e dello sport. Dalle 22.00 concerto con Jorge Ruiz y su lista negra e Cunserva Mara. VENERDÌ 24 E SABATO 25 La Notte in Rosa a Otranto One Love Hi Pawa al Parco Gondar di Gallipoli (Le) SABATO 25 La fame di Camilla al Torre Regina Giovanna di Apani (Br) El Sabatone con Tobia Lamare al Buenaventura di San Foca (Le) Stewart Copeland suona i Police a Molfetta (Ba) DOMENICA 26 Jazz Jam Session al Buenaventura di San Foca (Le) Museo in jazz a Maglie (Le) LUNEDÌ 27 Bob Korn all’Arci Rubik di Guagnano (Le) DAL 28 GIUNGO AL 2 LUGLIO Bari in Jazz a Bari MERCOLEDÌ 29 Jovanotti all’Arena della Vittoria di Bari Assalti Frontali all’Ateneo di Lecce Live Music al Relitto sulla Torre dell’Orso - Otranto (Le) GIOVEDÌ 30 Samuel Katarro ad Acquaviva delle fonti (Ba)

LUGLIO SABATO 2 El Sabatone con Tobia Lamare al Buenaventura di San Foca (Le) La Notte Bianca di Lecce DOMENICA 3 Jazz Jam Session al Buenaventura di San Foca (Le) Raffaele Casarano e Rosalia De Souza a Maglie (Le) MERCOLEDÌ 6 Live Music al Relitto sulla Torre dell’Orso - Otranto (Le) GIOVEDÌ 7 Gopher dj set al Soul Food di Torre dell’Orso (Le) Wu-Tang Clan per L’acqua in testa a Bari VENERDÌ 8 Stereototal, Il Genio, Girl With The Gun, Tobia Lamare, Populous e altri al Sudeststudio di Guagnano - Cellino Gogol Bordello per L’acqua in testa a Bari Toromeccanica al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Hugo Race a Manduria (Ta) Granma ad Aradeo (Le) SABATO 9 Tuxedomoon ad Alberobello (Ba) The Skatalites a Torre Regina Giovanna di Apani (Br) El Sabatone con Tobia Lamare al Buenaventura di San Foca (Le) Radici nel cemento al Parco Gondar di Gallipoli (Le) DAL 9 AL 13 LUGLIO K-Now a San Cesario di Lecce DOMENICA 10 Jazz Jam Session al Buena-


ventura di San Foca (Le) MERCOLEDÌ 13 Live Music al Relitto sulla Torre dell’Orso - Otranto (Le) GIOVEDÌ 14 Nicola Piovani al Forum Eventi di San Pancrazio Salentino (Le) DAL 14 AL 17 LUGLIO Italia Wave Love Festival a Lecce VENERDÌ 15 Mannarino a Marina di Racale (Le) Morrison Hotel al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Cristina Donà a Locorotondo (Ba) SABATO 16 El Sabatone con Tobia Lamare al Buenaventura di San Foca (Le) Jazzanova a Locorotondo (Ba) DOMENICA 17 Jazz Jam Session al Buenaventura di San Foca (Le) Dustin O’Halloran a Locorotondo (Ba) MERCOLEDÌ 20 Valentina Gravili per Sud Est Indipendente al Soul Food di Torre dell’Orso (Le) Live Music al Relitto sulla Torre dell’Orso - Otranto (Le) GIOVEDÌ 21 Carlos Santana all’Arena della Vittoria di Bari VENERDÌ 22 Lombroso a San Cesario di Lecce SABATO 23 Subsonica a Barletta Folkabbestia a Caprarica (Le) Mauro Ermanno Giovanardi a Torre Regina Giovanna di

Apani (Br) El Sabatone con Tobia Lamare al Buenaventura di San Foca (Le) The Bad Plus a Locorotondo (Ba) Premio Olio della poesia a Serrano (Le) Anthony B al Parco Gondar di Gallipoli (Le) DOMENICA 24 Jazz Jam Session al Buenaventura di San Foca (Le) Joan as Policewoman a Locorotondo (Ba) Radiodervish a Uggiano La Chiesa (Le) MERCOLEDÌ 27 Live Music al Relitto sulla Torre dell’Orso - Otranto (Le) GIOVEDÌ 28 Girl with the gun al Soul Food di Torre dell’Orso (Le) VENERDÌ 29 Modà allo Stadio Via del Mare di Lecce SABATO 30 Max Gazzè a Torre Regina Giovanna di Apani (Br) Passeggiando sulla luna a Melpignano (Le) Apres La Classe a Supersano (Le) Modà a Ostruni (Br) El Sabatone con Tobia Lamare al Buenaventura di San Foca (Le) dEUS a Giovinazzo (Ba) Gigi Proietti al Forum Eventi di San Pancrazio Salentino (Br) DOMENICA 31 Jazz Jam Session al Buenaventura di San Foca (Le) Nada a Giovinazzo (Ba) Gigi Proietti al Forum Eventi di San Pancrazio Salentino (Br)

MARTEDÌ 21 SoundMakers a Copertino (Le)

Letteratura, teatro, musica, performance, arte digitale: martedì 21 giugno presso la Chiesa Santa Maria di Casole a Copertino (Le) si celebra la Festa Europea della Musica con l’anteprima di SoundMakers. L’evento parte sin dal pomeriggio con la mostra dell’orafo designer Federico Primiceri, la performance L’ultimo uomo dello scrittore Massimiliano Manieri, le performance letterarie-musicali del movimento New Page di Francesco Saverio Dòdaro, le incursioni anarco/civil/casinare di Antonello Taurino, la performance Il suono delle parole a cura di Lupo Editore. Inoltre saranno allestite una mostra fotografica esclusiva e inedita dei Negramaro a cura di Flavio&Frank, i fotografi ufficiali della band, e una doppia mostra fotografica esclusiva di Daniele Coricciati. Dalle 21.00 spazio alla musica con un concerto in prima assoluta. Sul palco il cantante, poeta, attore Omar Pedrini, già leader dei Timoria, sarà affiancato dal sassofonista Raffaele Casarano e dal contrabbassista Marco Bardoscia. A seguire dj set di Max Baccano. Ingresso gratuito.

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dal 28 maggio al 25 settembre DALÌ IL GENIO A OTRANTO

Dopo le mostre di Joan Mirò e Pablo Picasso, il Castello Aragonese di Otranto ospita Dalì il genio, a cura di Alice Devecchi. Sei sculture originali in bronzo, tra le quali Elefante cosmico (di grandi dimensioni - h 120 x 90 x 350 cm), e una selezione di cinquantaquattro incisioni originali, che spaziano nel mondo del surreale per illustrare temi e testi letterari e che ancora una volta testimoniano la grande capacità grafica del maestro spagnolo. Dal clima gotico travasato in surrealismo bianco/nero de Il Castello di Otranto, ai colori pallidi delle Fiabe Giapponesi, al vuoto di colore della carta lasciata nuda in Tristano e

Isotta, al nero e oro glitterato degli Amours Jaunes, Dalì precipita con la sua gamma espressiva multiforme nel vero Castello Aragonese di Otranto. Lo invade, lo trasforma, semina il panico con il suo ingombrante mistero, proprio come il gigantesco elmo che mette in moto la trama del romanzo di Walpole che l’artista spagnolo illustra in una delle serie di incisioni in mostra. Dalì si muove, agile e rapido come un gatto, tra testi completamente diversi per registro, tono, epoca, con l’unico filo rosso che è l’indubbia riconoscibilità delle sue figurette allungate, delle sue fughe vertiginose di linee, della sua irreprensibile indole provocatoria. Le sculture in bronzo paiono la materializzazione dei personaggi che Dalì dirige nella sua opera grafica, attori che si muovono in scena nonostante le loro articolazioni molli, senz’ossa, raccontando ognuna la sua storia più o meno eroica. In occasione della mostra, il Castello sarà, inoltre, animato dalla rassegna collaterale OltreDalì a cura di Raffaela Zizzari, che trasforma il castello in una tappa obbligatoria per chiunque visiti Otranto, mutandolo in una grande macchina culturale dedicata all’arte e alle sue nuove espressioni. Questo evento apre la terza stagione di grandi mostre del Castello di Otranto, contenitore culturale gestito dalla Società cooperativa Sistema Museo di Perugia e dall’Agenzia di Comunicazione Orione di Maglie, con la direzione artistica dell’architetto Raffaela Zizzari. www.daliotranto.it

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