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GIOCANDO A FAR SUL SERIO GIOCARE A NASCONDINO: scegli un posto tranquillo dove nessuno ti vede, aspetti nel buio il momento più adatto in cui ingannare la guardia di turno, arrivato il momento giusto corri a perdifiato per toccare il muro della conta gridando libero me. GIOCARE A CAMPANA: lanciare un sassolino in piccole aree delineate in precedenza, la conquista dello spazio deve avvenire in modo progressivo facendo attenzione a seguire con i piedi una serie di movimenti senza uscire dagli spazi delimitati, vince chi per primo riesce a finire il percorso stabilito. GIOCARE A MORA CINESE: una serie di gesti simboleggia tre oggetti (sasso, foglia, forbice) la foglia vince sul sasso, la forbice vince sulla foglia, il sasso vince sulla forbice. Ognuno dei due partipanti dopo aver contato fino a tre simula con la mano uno dei tre oggetti, le combinazioni assegnano il punto a chi mette giù l'oggetto più forte. GIOCARE CON IL TRENINO: sintesi del nascondino, della campana e della mora cinese. Dopo aver trascorso nell'ombra molti anni decidi che è il momento di fare il tuo scatto, di correre per vincere un turno. Attento a non invadere gli spazi che non ti sono stati assegnati chiedi a tutti il permesso di realizzare un'idea e ti muovi passo dopo passo per conquistare il tuo piccolo spazio. L'idea è semplice: portare la musica su due vagoni delle ferrovia sud est, un viaggio danzante intorno al Salento. Due fermate una a Gagliano e l'altra a Zollino con concerti e degustazione di prodotti tipici, ritorno a Lecce e una grande festa finale. Butti giù la foglia perché scegli che questo treno è anche l'occasione per informare sulla prevenzione degli incendi boschivi e la gente è felice, alcuni ti danno del pioniere, altri dicono finalmente. Qualcuno però ha barato e ha scelto di tagliare la foglia buttando giù la forbice. Troppo facile se conosci già la mossa dell'altro partecipante. Niente treno, gioco finito. Alla fine ti senti come quando giochi a pallone e il vicino di casa brutto e grosso ti fora il pallone, ti senti una merda come quando vai in gita con la scuola e sul pullman bevi un casino di cocacola, poi scendi all'autogrill ti dimentichi di pisciare e quando riparti dopo tre chilometri sei costretto a chiedere all'autista di fermarsi in una piazzola e poi quando dopo dieci anni incontri un tuo ex compagno e sai che mentre parlate lui pensa a te come a il Piscione. Perdi la faccia, la stima, l'entusiasmo e le staffe. Non poteva che aprirsi così questo numero dedicato agli emergenti. Dopo un esordio fallito cronaca di piccoli e grandi successi, giovani artisti e prime opere. Dario ci scrive della nuova letteratura, ha chiaccherato con Christian Raimo giovane e curatore della raccolta La qualità dell'aria e ci ha regalato la seconda parte delle sue speciali ricette. Rossano ha intrervistato Wu Ming 2 a lecce per presentare il suo bellissimo Guerra agli umani. Giovani scrittori ma anche alcuni giovani musicisti segnalati, un' intervista a Raiz (ex Almamegretta) per il suo esordio da solista e poi il cinema con gli emergenti, Cannes, segnalazioni e recensioni. Buona lettura. Osvaldo (Nella foto Raiz in Brecht Dance)
GR AT UI TO
EMERGENTI
Musica
Televisione La riemersione del lavoro vero. Alcuni pensieri sulla televisione senza una forma di articolo Quando le mie amiche piangono di fronte alla televisione le mie reazioni sono due: “ma sei pazza” oppure “questi sono dei geni”. Nulla da dire, nulla da fare. La televisione di oggi è fatta per mettere in piazza sentimenti e sensazioni. Altro che teleromanzi e fiction la realtà o la finzione pilotata della reality televisione sbaraglia Beautiful e Quando si ama, Anche i ricchi piangono e Dancin' days. Negli anni '80 e '90 le nostre mamme, zie e anche noi piangevano con le patinate storie d'amore di personaggi impossibili. Oggi si piange e ci si dispera con le patinate storie d'amore di personaggi possibilissimi. Il segreto è tutto qui? No, credo che ci sia un'altra parola chiave. Emergere è il verbo categorico della nuova televisione italiana. Da sempre chi si muove nel mondo dell'arte, anche se chiamarla così mi fa ridere, sogna di avere successo e cosa c'è di meglio che andare in televisione? Molti scrivono solo per accomodarsi nel salotto di Maurizio Costanzo e mi fanno ridere quelli che fanno i personaggi misteriosi nelle trasmissioni tipo Harem di Caterine Spak e quando escono allo scoperto rimangono misteriosi per la maggior parte dei telespettatori. La televisione ha imparato con gli anni a vendere fumo. Prendi i telequiz che un tempo erano terreno fertile per i cervelloni che si preparavano nelle discipline più disparate e riuscivano a conquistare i milioni di un tempo grazie allo studio. Insomma adesso l'imperativo è emergere e la televisione diviene il modo migliore per tentare di avere successo nonostante siano scarse le proprie attitudini allo spettacolo. Non serve saper fare qualcosa ma bisogna essere televisivi. Saranno Famosi (poi trasformato in Amici), Destinazione Sanremo, Operazione Trionfo, Veline, Velone sono una fucina di ospiti televisivi. Trasmissioni Mediaset (ma non solo) si reggono sui fuoriusciti di questa sindrome del famoso ad ogni costo. Coatti, nane ballerine, fusti e fustoni, vaccone e disadattati di ogni tipo si incontrano in case dove bisogna fare di tutto per essere notati. Ma nell'ultimo anno prima L'isola dei famosi e poi La talpa, Music Farm e La Fattoria hanno fatto fare alla televisione il salto di qualità (all'indietro). I protagonisti non più emergenti ma riemergenti. Cantanti, attorucoli, ex presentatrici e vallette che sperano di venire fuori dal pantano della non notorietà sfidandosi nelle imprese più complicate. Alle comodità e alle coccole dei meno famosi viene sostituita la fatica e l'umanizzazione del vip o del quasi vip o del sip (self important person). Una tristezza infinita alla ricerca del famoso perduto. E poi esiste un motivo per corteggiare una donna (a volte neanche stravolgente) e mettersi in ridicolo davanti a milioni di persone? Esiste un motivo per preferire una scuola di danza o di canto essendo ripresi per ore dalle telecamere? Ed esiste un valido motivo al mondo per essere sbeffeggiati da un pubblico urlante che pare non fare altro che spiarti per tutta la settimana solo per dire con i microfoni che il ragazzo o la ragazza in questione è stata penalizzata perché “poco visibile” in tv? Questa corsa alla televisione fa perdere di vista la preparazione che l'arte richiede. Questa corsa alle poltroncine da salotto elimina il sudore dalle tempie dei futuri attori e cantanti, ballerini e illusionisti. Prima o poi questa sindrome da perdente dovrà svanire. La riemersione del lavoro vero dovrebbe essere imposta per legge. Ma si ma no ma su ma dai. Pierpaolo
Dall’alto: Sodastream Maximilian Hecker Alex Lloyd Ed Harcurt Hawksley Workman Benjamon Biolay Devendra Banhart
Quando sei solo è sempre più difficile, così è nella vita come nella musica. La carriera solista, il prendere una chitarra in mano e cantarsela e suonarsela da solo è un mestiere vecchio più del rock. Dai tempi del Greenwhich Village, passando per gli anni '70 molto è cambiato nella musica dei cantautori. Rispetto all'impegno politico di autori come Bob Dylan la nuova canzone d'autore comincia a rivolgersi all'intimità, all'io e allarga i propri temi non solo nei testi ma anche nell'approccio musicale. La nuova musica cantautoriale attinge un po' dai generi e gli stili e si fonde con il pop, il jazz, si avvicina al blues, ma cosa più importante, si avvicina alla gente. E così dall'America all'Europa, con differenze di stile e background, i cantautori conquistano il pubblico. Questi ultimi anni hanno visto riemergere l'interesse verso la musica d'autore. Grandi artisti del passato sono stati ripubblicati, nuove edizioni, special price, remastering, best of, altri artisti nuovi e giovanissimi lanciati sul mercato. Caratteristica delle nuove produzioni è l'assenza quasi completa di una matrice, se prima si poteva parlare con precisione di scuola californiana, canadese, di suono inglese, o di movimento francese, oggi diventa più difficile riuscire distinguere suoni e stili in una sorta di melting pot sonoro che unisce e butta tutti in un grande calderone. Basta pensare alla nuova scena nord europea che in questi ultimi anni ha visto una sfilza di gruppi rock'n'roll, electropop, cantautori tutti di altissimo livello (vedi Sondre Lerche su CoolClub.it di maggio). Anche la Germania non è più solo kraut e la Francia sempre legata alle sue tradizioni, si ripropone nel mondo con nuovi chanteur figli di Gainsbourg (basta pensare al giovanissimo Benjamin Biolay e al suo bellissimo Négatif) ma amici dei Sonic Youth. Globalizzazione della musica direbbe qualcuno, ma solo fino a un certo punto. Il riferimento alla tradizione e alle radici rimane comunque il tratto distintivo di tutte le nuove personalità musicali. Ecco allora che capita di sentire canzoni e suoni che sembrano usciti direttamente dagli anni '60, vedi Damien Rice, i Sodastream che paiono riprendere e portare avanti il discorso cominciato da Nick Drake, le infatuazioni anni '80 dell'intensissimo Maximilian Hecker, le eleganti e un po' barocche galoppate di Hawksley Workman, la vicinanza all'indie di band come i Radiohead ad opera di Ben Christopher o Ed Harcurt e la fusione tra elettronica e acustica di artisti come Alex Loyd e il David Gray di White Ladder oppure ancora il prewar folk di Devendra Banhart. E si potrebbe continuare all'infinito chiamando in causa Ben e Jason e il loro folk pop, il blues soul pop di Ron Sexsmith, la bella voce dell'irlandese David Kitt e tutto questo senza neanche sfiorare il gentil sesso. Anche in Italia il fenomeno sembra risvegliarsi vivacemente grazie ad artisti come Bugo, di cui in questi giorni è uscito il nuovo album doppio(Golia e Melchiorre), Riccardo Sinigallia (di cui abbiamo scritto nello scorso numero), Morgan con il suo splendido debut album, Paolo Benvegnù, Pippo Pollina, Pinomarino, Amerigo Verardi, Andrea Chimenti, Cristina Donà, Marco Parente solo per citarne alcuni. Questo solipsismo è certo figlio del tempo, ciclicamente le cose ritornano e questo accade anche nella musica, dopo anni in cui era necessario gridare per farsi sentire, dopo dischi in cui l'uomo spariva per diventare un alieno o un ragno proveniente da marte, dopo le orchestre che suonano il rock e le 150 battute al minuto, c'è forse bisogno (come direbbe Battisti) di ritrovar se stessi, di sussurrare per arrivare direttamente al cuore delle persone e di ritrovare nell'intimità l'essenza della musica. Osvaldo
Cinema I maestri che hanno segnato nel bene e nel male il cinema dal secondo dopoguerra in poi sembrano ormai alla fine di un lungo percorso, vuoi per sopraggiunti limiti d'età, vuoi per carenza di idee e un agguerrito gruppo di nuove leve è pronto a sostituirli. In Italia possiamo contare su Marco Ponti, fresco del successo di A/R-Andata+Ritorno e su altri promettenti videomakers come Roberto Andò (“Sotto falso nome”), Matteo Garrone (“Primo amore”), Alessandro Colizzi (“Fino a farti male”) e il salentino Edoardo Winspeare. Anche fuori dal nostro Paese sono molti i registi emergenti che fanno discutere grazie a sceneggiature mai banali e a una carica di originalità sempre presente nei primi lavori di un artista. Se in Europa i fenomeni sono Michael Winterbottom (Codice 46), inglese da un po' di anni sulla scena, lo spagnolo Amenabar (“The others”) e il russo Andrey Zvyagintsev (“Il ritorno”), negli USA abbiamo Paul T. Anderson (“Ubriaco d' amore”), Patty Jenkins, Jane Campion, Alexander Payne e il fenomeno mediatico Michael Moore. Anche in Asia e Sudamerica giovani autori sono in fermento e negli ultimi tempi sono usciti fuori nomi come il messicano Alejandro G. Inarritu (“21 grammi”) e il cinese Wong Kar-Way (“2046”) che fanno presagire un futuro filmico sempre più variegato e qualitativamente alto. Non ci resta che attendere e vedere se fra un po' di anni questi giovani rampanti avranno mantenuto le promesse. Nel frattempo possiamo consolarci con quella che sembra essere una nouvelle vague fatta di cinema indipendente che finalmente è riuscito a venire allo scoperto, con buona pace degli appassionati. Perché se c'è una globalizzazione della quale abbiamo veramente bisogno, è quella della comunicazione e delle idee. C. Michele Pierri
Libri
Pincio
Capossela, Jovanotti, Ligabue, Enrico Ruggeri, Guccini, Vecchioni, eccetera eccetera. Una compilation di musica italiana? Niente affatto. Si tratta della nuova offerta narrativa dell'editoria italiana. Quella grossa, quella che vende. Quella che trovate in libreria sullo scaffale “I più venduti”. I libri che è fico avere e non importa se li leggi perché tanto non c'è niente di importante dentro. A questi aggiungiamo i vari pseudoquindicenni dalle morbose fantasie sessuali, o i diari personali di yuppies in ritardo di vent'anni, le traduzioni (fatte male) di libri che oltreoceano hanno un grande successo perché (è quasi sempre così) hanno fatto scandalo. Se ci fermassimo qui potremmo ben dire che la narrativa italiana e tutta l'offerta editoriale del bel paese non sta certo passando un bel momento. Fortunatamente non è così. I lettori più attenti e purtroppo non sono molti e neanche molto coccolati sanno bene che in Italia esistono alcune realtà (case editrici o singoli scrittori) che meritano di essere seguiti con attenzione. Spesso purtroppo problemi di distribuzione, soprattutto al sud, mancanza di pubblicità e, va detto, mancanza di sensibilità anche dai parte dei librai, a volte, fanno sì che sia molto difficile trovarsi per caso di fronte a un libro delle piccole e valide case editrici italiane. Senza far torto a nessuno se fossi un libraio relegherei quasi tutta la produzione di Feltrinelli, Rizzoli, Garzanti, buona parte di Mondadori, Fandango, anche Einaudi, nel seminterrato e mi sperticherei per riuscire ad avere tutte le uscite di Minimum Fax, Fernandel, Sironi, Stampa Alternativa. Probabilmente chiuderei dopo sei mesi per mancanza di clienti, ma sono sicuro che quei quattro o cinque lettori attenti sarebbero ben felici di entrare nella mia libreria. Scherzi a parte, c'è in Italia una situazione letteraria molto interessante, che vede il proliferare di giovani scrittori con lo sguardo rivolto alla situazione politica e sociale, pur non facendo direttamente letteratura cosiddetta civile. C'è una consapevolezza maggiore rispetto ai decenni passati della qualità dello scrivere. Un bisogno di letteratura tout court che abbracci tutti i campi del vivere. Non più solo quindi una lallazione privata e chiusa nell'intimo ma una narrativa di respiro più ampio che tocchi tematiche di tutti i tipi: sociali, culturali, etiche, scientifiche. Personalmente quando trovo un buon libro in libreria e ce ne sono nonostante alcuni librai li nascondano appositamente penso di essere fortunato a vivere in una stagione letteraria che presenta buoni frutti. Maturi nonostante la giovane età. L'elenco è lungo anche se non infinito e come tutti gli elenchi rischia di non essere esaustivo, ma proverò comunque a indicare cinque scrittori che secondo me hanno dato con i loro libri un apporto interessante alla letteratura italiana di inizio millennio. Tommaso Pincio. Criticato da molti, amato da molti quasi sempre per lo stesso motivo. È evidente la sua simpatia per la letteratura americana. Perfino nel nome, che italianizza quello di uno dei più grandi maestri della letteratura mondiale, Thomas Pinchon. Autore di tre romanzi: M. per Cronopio, Lo spazio sfinito per Fanucci e Un amore dell'altro mondo per Einaudi. Nicola Lagioia. Curatore della collana Nichel per la casa editrice romana Minimum Fax. Autore di Tre modi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi) divertente e scanzonato ma anche ricco di spunti interessanti su questioni anche “pesanti”. Gianluca Morozzi. Il suo romanzo d'esordio Despero, storia di un gruppo musicale scalcinato e povero, aveva un'aria fresca ma non giovanilistica e un modo originale di raccontare i trent'anni nell'Italia di oggi. Autore poi di altri romanzi sempre per Fernandel Luglio, agosto, settembre nero, Dieci cose che ho fatto ma che non posso credere di aver fatto, però le ho fatte, Accecati dalla luce, e di Germi per Libro Italiano. Wu Ming. Non uno scrittore singolo ma un collettivo di scrittori. Non un vero e proprio esordiente con già alle spalle numerosi “successi” editoriali. L'erede spirituale e non solo del collettivo Luther Blisset, porta avanti campagne serie e condivisibili sulla salvaguardia del pianeta e per la lotta al diritto d'autore. Christian Raimo. Vent'otto anni e due raccolte di racconti alle spalle, Raimo è una voce interessantissima nel panorama letterario. Colto, intelligente, simpatico affronta nei suoi racconti una scrittura lucida e pulita, senza sbavature ed è sempre attento ad aderire alle cose. Ha pubblicato le raccolte di racconti Latte e Dove eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro? dario
La guerra agli Umani di Wu Ming 2 La qualità della scrittura Intervista a Christian Raimo Mi presento a Christian Raimo una mezz'oretta prima che inizi la presentazione del suo libro Dov'eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro? Uscito in questo mese da Minimum Fax. Accetta di fare l'intervista “anche se - mi dice mi dovrai perdonare una possibile dislessia dovuta alla stanchezza. Ma sono sicuro che farai delle domande intelligenti e compenserai tu le mie mancanze”. Ovviamente sorride e quindi non lo uccido. Scherzi a parte chiacchierare con lui è estremamente piacevole. Christian è un ragazzo simpatico e davvero preparato. Parliamo diffusamente della situazione letteraria italiana e della piccola editoria che, come nel caso di Minimum fax, è l'unica a volte a produrre cose buone. Che aria tira nel panorama letterario italiano contemporaneo, qual è “la qualità dell'aria” letteraria che si respira oggi in Italia? Stiamo assistendo alla nascita di autori giovani che sviluppano piuttosto presto una notevole consapevolezza stilistica, che spesso sfocia in una sorta di disincanto. Stiamo assistendo al declino delle scritture giovanilistiche che stanno cedendo il passo ad una presa di coscienza della situazione politicosociale non rosea che stiamo vivendo. Negli anni '80 c'era una prevalenza forte della parabola personale, la scrittura dell'Io. Penso a scrittori come Tondelli, Palandri e a romanzi importanti come quelli di Aldo Busi. C'era netta una riscoperta del romanzo di formazione dell'esperienza personale. Negli anni '90 invece abbiamo assistito ad un tipo di narrazione disimpegnata. Nei romanzi venivano accolte suggestioni cinematografiche, ludiche, si introducevano linguaggi non meramente letterari ma presi dal mondo dei videogiochi, per esempio, dalle tecnologie sempre più invasive. Oggi la forza letteraria di un giovane scrittore non si esaurisce a mio avviso nella novità dello sguardo. Oggi quello che è interessante notare è come uno scrittore di appena 25 anni riesca ad avere una lucidità e una capacità di comprensione della realtà alle volte stupefacente. Al Salone del libro di Torino Minimum Fax offriva birra e libri scontati. Marcello Baraghini sul sito di Stampa alternativa ha definito questo: “bagarre provocata dai quattro goliardi di Minimum Fax che nello stand di fronte al nostro urlavano scompostamente al microfono, offrendo birra e i libri (libri?) scontati del cinquanta per cento. A significare che questa è l'“offerta” della tanto conclamata nuova piccola editoria italiana: birra e svendita”. Come gli rispondi? Non ho letto questa nota di Marcello Baraghini. Devo dire che lui è sempre molto arguto. Anche quando se la prende con noi è una coscienza critica molto importante in Italia. Comunque io penso che ci sia un momento per l'editoria alternativa. In Italia è molto difficile fare editoria indipendente, sei schiacciato dalle grosse case editrici. Io penso che se produci libri di qualità, con una cura particolare nel prodotto in tutte le sue fasi, dalla scelta dei titoli da pubblicare, al lavoro di editing, di revisione eccetera, allora è giusto autopromuoversi. A volte essere troppo intransigenti vuol dire essere autolesionisti. Edoardo Sanguineti recentemente ha dichiarato che il ruolo dell'intellettuale oggi deve essere quello di restituire la coscienza di classe al proletariato. Non ha tutti i torti. Dico che oltre alla coscienza di classe forse bisogna restituire anche il senso della responsabilità individuale se parliamo in termini laici e il senso del peccato se parliamo in termini religiosi. Però mi associo a Sanguineti. Tre libri imprescindibili per Christian Raimo. Sicuramente Infinite jest di David F. Wallace. Secondo me è un libro incredibile, il migliore degli ultimi anni. E lui è un autore coltissimo e ti permette veramente di avere una visione dell'oggi completa e originale. È uno scrittore che scrive di tutto, dalle problematiche della televisione, a saggi sul rap, sulle crociere. Secondo me ogni persona intelligente, ogni docente universitario dovrebbe leggerlo. Un altro libro estremamente significativo è Il territorio del diavolo di Flannery Connor. Lei ha uno sguardo di una lucidità a volte impressionante. E poi un libro che ogni scrittore dovrebbe leggere e consultare quotidianamente è il Devoto-Oli, il vocabolario della lingua italiana. Ci sono un sacco di scrittori conclamati che non sanno scrivere in italiano. Secondo me il problema principale della narrativa italiana è proprio la scarsa capacità di usare la lingua. Dario
Sabato 22 maggio, Wu Ming, il collettivo letterario più dirompente presente nella scena editoriale italiana, è giunto a Lecce, dopo quasi tre anni di assenza, per presentare il romanzo solista di Wu Ming 2, Guerra agli Umani. Erano presenti Wu Ming 2, autore del romanzo, e Wu Ming 1, che a ottobre pubblicherà il suo romanzo solista New Thing. Prima dell'inizio della presentazione (più di cento persone assiepate nell'ex Convento dei Teatini), ho scambiato quattro chiacchiere con l'autore del romanzo. Come è nata l'idea di Guerra agli Umani? L'idea è venuta da un manuale di sopravvivenza scoperto su una bancarella di libri usati. Un volumetto che insegna l'arte dell'autosufficienza 'alle soglie del crollo della civiltà tecnologica'. Sono partito da lì per inventare un personaggio Marco 'Walden', supereroe troglodita che vuole mollare tutto e abitare in una grotta sui monti dell'Appennino, cibandosi di bacche e radici, non solo per 'chiamarsi fuori' dal collasso planetario, quanto soprattutto per scampare al proprio collasso personale. Marco è ormai consapevole di essere un paria, uno che non merita nulla destino che accomuna sempre più persone, anche in Occidente ma ha deciso che il gioco non vale la candela, che anche chi vince, in quel gioco, ha ben poco di cui essere soddisfatto. Smette di giocare, allora, convinto che si possa essere disperati ma felici, a patto di mettere una pietra sopra alla speranza e di scommettere tutto sull'autonomia, su un qui ed ora costruttivo invece di un domani che è sempre più minaccia e sempre meno promessa. Con lo scatenarsi della vicenda, Marco capisce che il 'fuori' che cercava non esiste, che non c i s i p u ò staccare dal mondo, perché il mondo ce lo portiamo dietro ovunque e ovunque è lì per aspettarci, anche in un p a e s i n o sperduto degli Appennini, coinvolto dagli scavi mortiferi dell'Alta Velocità, ammorbato dalla presenza di un pugno di criminali dediti all'organizzazione di combattimenti clandestini tra animali, terrorizzato da alcuni sgangherati ecoterroristi. Quando Marco si troverà addosso tutto questo, non tarderà molto a capire che l'autonomia di cui sopra dev'essere di molto allargata, che anche al singolo individuo occorre 'salvarsi il culo il più collettivamente possibile.' Il collettivo Wu Ming, sin dalla sua nascita nel 2000, ma anche in precedenza con l'esperienza di Luther Blisset e il successo straordinario del romanzo Q, è sempre stato profondamente attento al clima politico, sia nazionale che internazionale. Qual è il punto di vista di Wu Ming 2 attorno alla situazione politica, tuttora irresoluta, presente in Iraq? Riassumendo molto direi che non si doveva andare e che non bisogna restare. Il discorso che andarsene adesso sarebbe criminale, perché invece bisogna aiutare gli irakeni a costruire la democrazia mi sa tanto di 'fardello dell'uomo bianco', di quei razzisti che sostenevano la necessità del colonialismo con l'arretratezza dei 'boveri negri' e il dono di civiltà che gli europei erano chiamati a portare in quelle terre. Non fosse per il petrolio e i soldi della ricostruzione, gli iracheni potrebber sgozzarsi tra loro com'è successo in Rwanda, senza che nessuno si senta chiamato in causa. Ci allontaniamo dai toni tristemente seri delle vicende in Iraq. Cosa mi dici del Salento? Ci sei mai stato? Ci sono stato una volta soltanto, ospite di amici. Qualche ora a Lecce, poi Santa Maria di Leuca e un paio di puntate a Otranto e Gallipoli. Però considera che Bologna è forse la seconda città salentina del mondo, credo ci siano più concerti e corsi di pizzica all'ombra delle due torri che non a Galatina. Talmente tanti che tra un po' i bolognesi sapranno ballare la taranta meglio del liscio e della filuzzi. Beh, poi ho un pusher di ricotta scante che mi rifornisce diverse volte all'anno, ma non posso dire altro... Rossano Astremo (pubblicata anche dal Nuovo Quotidiano di Puglia)
Phoenix Alphabetical
Rodney Hunter Hunter Files G-Stone - 2004 Rodney Hunter appare sul mercato con il suo primo album Hunter Files. In realtà intorno alla metà degli anni '90, come molti dj era in un gruppo chiamato Uptight. Hunter fa parte della “cricca” di Vienna, tra i suoi remix da sottolineare i lavori per Tosca e Peace Orchestra. Hunter Files è il risultato di due anni di lavoro, attento e ricercato dai suoni raffinati. Il confronto rispetto ai precedenti lavori come Uptight è quello di ampliare tutte le oscillazioni possibili all'interno di un genere ben delineato. “L'album” afferma il dj “ raccoglie tante sensazioni differenti. Sonorità tranquille a ritmi dance”. Una vera foto della vita di Vienna, dove si può suonare dub, electro, drum'm'bass. Patrizio Longo
Chi ha troppo successo con il primo disco rischia alla seconda prova di deludere discografica e pubblico. Chi ha troppo successo con un singolo rischia di essere ricordato solo per quella canzone. Rischiavano doppio i Phoenix con questo Alphabetical nuova prova dopo il fortunatissimo United e la suonatissima If I ever feel better (Tobia si ostina a metterla ancora durante le sue feste). Passano l'esame i francesi se pur con qualche riserva. Cresce la loro musica, l'attitudine elettronica accennata nel primo disco si delinea maggiormente senza diventare invadente, le canzoni buone ci sono e oltre al singolo Run run run colpiscono nel segno anche I'm an actor e Love for granted. Tutto bene finché rimaniamo su toni sostenuti, finché il clima è quello in stile “te la suono danzereccia ma elegante perché anche se canto in inglese son pur sempre francese”. Il problema arriva quando i toni si rilassano e si parte con le ballate, decisamente più deboli sullo slow i Phoenix rischiano di diventare noiosi. Il disco comunque vale il suo special price. Inserito nel movimento cosiddetto french touch i phoenix non son certo la next big thing della musica d'oltralpe ma rimangono comunque un onesto diversivo e una manciata di brani di pop da dance floor. Osvaldo
Doctor Rockit The Unnecessary History of Doctor Rockit Accidental - 2004 Tutto il meglio della produzione del mitico Herbert con il nick di Dr. Rockit. The Unnecessary History of Doctor Rockit è un documento che ha richiesto dieci anni di lavoro. Si trovano contaminazioni prese da vinile, da soundtracks, da campioni di suono della vita quotidiana. Qualche tempo fa Herbert inviò una mail a tutti gli addetti ai lavori chiedendo registrare Foto:diAlice Pedroletti il suono nei fast food e di inviare una mail con file e descrizione del locale. Sublime la tecnica con un preciso gusto per la sperimentazione. Il suo nuovo lavoro incontra nelle tracce tutte le sfaccettature della dance, house, nu-jazz, electro-funk, etc. Scheletri elettronici, strutture minimali che sostengono questo nuovo lavoro. Il suono che si contrappone ad altro con uno stile inconfondibile. A volte si ha l'impressione che gli stessi suoni casualmente incontrino le strutture ritmiche. Il mitico Herbert alla fine degli anni novanta cercava un link fra il ritmo degli oggetti e quello del corpo umano… era precursore dei nostri tempi. Cafè De Flore, titolo dato alla registrazione nel mitico bar durante la colazione, cosa dire: un'icona del nostro tempo… Nella creatività di Herbert il 12" The Many and the Few, su Accidental, che contiene il capolavoro: l'orchestrale Goodbye Swingtime. Patrizio Longo
Nicky Nicolai Tutto Passa Virgin 2004
Dimitri From Paris Crusing Attitude Discograph - 2004
La prima volta che ho ascoltato Nicky Nicolai ho subito avuto la sensazione di ascoltare la grande Mina degli anni sessanta. Forse potrebbe sembrare un paragone troppo sbilanciato ma vi assicuro che non sono stato il solo. Il primo album Tutto passa è un disco in cui Nicky esalta tutte le sfaccettature della sua meravigliosa voce, con sfumature della migliore scuola jazz italiana. Le canzoni sono scritte da Aldo Romano. Nicky Nicolai nasce a Roma, da subito presenta una spiccata sensibilità per la musica. Dopo una serie di percorsi e di collaborazioni musicali nel 2002 partecipa alla Rassegna “Le Signore del Jazz” del Teatro dell'Opera di Roma, reinterpreta E se domani. È insegnante di Canto al Centro St. Louis di Roma. Patrizio Longo
Dimitri From Paris questa volta decide di uscire sul mercato del Sol levante. Il suo nuovo lavoro Crusing Attitude è presente nel mercato giapponese da qualche tempo in stampa Victor Entertainment. Molti di voi lo ricordano con il lavoro ormai di culto Sacrebleu, fantastico cocktail tra lounge ed house dei primi anni '90, che esce nel mercato nipponico nel 2003 ma nessuno se ne rende conto in un mercato fagocitante di produzioni interessanti. Grazie a Discograph Dimitri ritorna in patria. Il nuovo album una mistura di lounge, easy listening, house, soul, jazz. Attenta e sempre molto raffinata la grafica utilizzata in copertina, ricorderete in Sacrebleu il fumetto del supereroe che sfreccia nello spazio. Meno di ricerca questo suo nuovo progetto che vanta la collaborazione di veri musicisti, “guest start”. Non manca la traccia dal gusto easy e con uno splendido cantato giapponese di Kisen Horino. Lo si può definire come una delle colonne sonore dell'estate. Patrizio Longo
Arto Lindsay: Salt Righteous Babe/Edel Arto Lindsay, ecco uno che arriva da lontano: New York fine '70 primi '80, i DNA messi insieme a Ikue Mori, i “più accessibili” Ambitious Lovers e l'impagabile cricca della 'Mela Negativa' che all'epoca comprendeva, accanto a Brian Eno, anche i Lounge Lizards del vecchio amico John Lurie. Giorni (ma soprattutto notti) di jazz infettato di noise (altra relazione pericolosa, quella con il fulminato John Zorn), poi la riscoperta delle radici brasiliane, elemento che caratterizza da alcuni anni a questa parte la produzione del nostro in veste di solista. Non fa eccezione Salt, raccolta di dieci brani per un totale di 43' e 17” all'insegna di un sound che mescola tropicalismo e impressioni funk, rime che quasi sconfinano nel rap (Jardim da alma) e inserti rumoristici. Lavoro da instancabile cosmopolita: da un lato San Paolo, il Carnevale, l'amicizia con Caetano Veloso, Marisa Monte, Vinicius Cantuaria, dall'altro una N.Y. evocata dai passaggi più nervosi di un album insolitamente aperto dalle quiete Habite em mim e Kamo (dark stripe). La scrittura è bella, figlia di un'anima capace di raggiungere picchi romantici senza lasciare fastidiose tracce di caramello. Idee chiare, crooning sofisticato e meravigliosi intrecci di chitarra, percussioni, pianoforte. Funziona a pieno regime il team messo insieme a Melvin Gibbs, Kassin e Berna Ceppas, già collaudato nei precedenti (e fortunatissimi) Prize e Invoke. Strepitosa Personagem, sostenuta da un arrangiamento di fiati a dir poco perfetto. Lunare e sensualissima Twins, rafforzata da congas e suggestivi passaggi elettronici minimali. Chi è Arto Lindsay, allora? Ai frequentatori del wine-bar più sprezzantemente ultrachic in città potreste puntualizzare: uno che insieme all'artista Matthew Barney (quello della serie video Cremaster, prima ancora che il compagno di Björk) ha presentato al carnevale di Bahia di quest'anno un carro-mostro figlio della mitologia candomblé. Il carro avanzava minaccioso tra la folla, accompagnato da una band che comprendeva quaranta poderosi drummers del Cortejo Afro. Messaggio: attenti alle foreste, deficienti! Titolo dell'operazione: De Lama Lâmina (dal fango armi), lo stesso della traccia numero 7 di Salt. Nino G. D'Attis
Last days of April If you lose it Bad Taste Records
Jolie Holland Escondida Anti Ascoltando Jolie Holland si potrebbe pensare di avere tra le mani un disco del passato, senza però riuscire a collocarlo nel tempo. Il folk, il country, il blues e il jazz, si fondono in questa miscela tenue ed ammaliante. Per Jolie Holland questo è il secondo disco, il precedente Catalpa riscosse successo e secondo Tom Waits fu uno dei migliori dischi del 2003. Escondida a differenza di Catalpa non è un disco casalingo perché è stato registrato in studio, e non improvvisando occasionalmente a casa di amici. L'atmosfera vintage rimane comunque la stessa, basta sentire la prima delle dodici tracce, Sascha per capire che Jolie Holland non avrebbe sfigurato in un fumoso night degli anni venti con la sua miscela jazz folk. Le atmosfere, ricreate dalla batteria spazzolata dal veterano del jazz Dave Mihaly e dalla leggerezza dei fiati, portano fuori dal tempo, lontano dal tappeto sonoro che solitamente ci circonda. Holland ha voglia di riproporre la musica statunitense in tutte le sue sfaccettature passando dalle sonorità dei nativi americani fino ad arrivare al blues morbido della sua voce che a tratti sembra essere intrappolata. Un'artista eclettica che vorrebbe suonare con una band di metal gotico e che avrebbe piacerebbe nel partecipare ad un'opera hip-hop. Una “chanteuse” tutta da scoprire insomma! Augusto Maiorano
Nuova uscita per il gruppo emo pop svedese. Non cambia la formula dei nostri ma questa volta si opta per un piglio più diretto e rock che già aveva fatto capolino nel precedente “Ascends the sky”. Arrangiamenti schietti e canzoni che scivolano via tra malinconie agrodolci e riff senza troppi fronzoli. Al terzo album però la formula inizia a risultare un po' lisa ripetendo stancamente atmosfere e progressioni che già abbiamo imparato ad apprezzare nei precedenti lavori, con il rischio che i pezzi soffrano di non eccessiva originalità e freschezza (senza contare che la voce di Karl Larsonn si sta avvicinando pericolosamente a quella di Brian Molko). Ci mancano un po' i L.d.o.a. di “Angel Youth”, di quel magnifico album di canzoni perfette, malinconiche, prodotte ad arte e dal sapore un po' adolescente; e per un attimo ci facevano ricordare che essere adolescenti non era poi così male. Gianpiero Chionna
Urban Lillo Progettortica Non capita spesso di ascoltare note che provengono dalla strada, note e suoni che compongono melodie che si fondono nell'ambiente senza disturbare chi lo vive. Le musiche di Urban Lillo nascono così: “suonicchiando” qua e là in un'atmosfera amica di una Roma caotica; questo primo lavoro è un CD completamente autoprodotto e autodisribuito. Le nove tracce strumentali del disco, fatta eccezione per una ghost track cantata da una simpatica e dispettosa voce di Paulo Fasciano, sono urban, a tratti d'n'b, dub, spesso decisamente art-funky mescolato a ritmiche hip hop e tribali che colpiscono per freschezza ed estro. Miky e Paulo Fasciano creano queste nuove basi con l'inserimento di suoni sperimentali mentre Andrea Fiorillo (Lillo) suona la sua tromba nel cuore di una Roma notturna che sembra incredibilmente desolata. È preferibile ascoltare Urban Lillo dopo il tramonto, quando la giornata lentamente si trasforma in un quieto e pacifico meditare; scegliete una luce tiepida, un drink leggero ed una buona compagnia. Urban Lillo è uno dei primi progetti che interessano una gamma sempre più vasta di gusti musicali, di artisti, di gruppi che compongono e cooperano per dare vita a questo progetto che si auto espande. Il CD purtroppo è difficile da reperire ed è ancor più difficile ascoltarlo dal vivo. Per avere queste ed altre informazioni potete visitare il sito: www.progettortica.altervista.org o scrivere a fadamiky@yahoo.it lillosax@libero.it Pepe
Pilot Jazou Wonderful morning Disturbance Ugo De Crescenzo alias Pilot Jazou. In questo disco l'elettronica passa attraverso eleganti suoni jazz e bossanova. Punto fermo dell'album è “your crime” (anche nelle versioni rmx di Dati, Appetizer e Table), traccia usata nella colonna sonora del film di Sergio Rubini L'Amore ritorna. Ugo De Crescenzo pianista e produttore presente già da tempo nella scena elettro-trip-hop italiana: fa parte dei Soul mio ed insieme a Leziero Rescigno (batterista dei La Crus) ha creato i Gone. L'intenzione di mettere in primo piano il jazz è evidente, ma la voglia di renderlo semplice anche ai non cultori è sicuramente riuscita in pieno, senza mai perdere l'eleganza che lo distingue. Augusto Maiorano
Vegetable g A perfect spring Minus habens records Vegetable g, ovvero Giorgio Spada. Sicuramente una bella produzione elettronica che spazia da piccole schegge di rock a micro-beats per arrivare ad atmosfere jazzy. La melodia nelle undici tracce ha sempre il sopravvento su tutto il resto e nonostante sia comunque forte la componente elettronica (data anche da una surreale voce robotica), le strumentazioni classica come il violino o il pianoforte si fondono perfettamente nel contesto beat. A Perfect spring scorre davvero come una primavera perfetta, senza scossoni, tutto con estrema semplicità. Il paragone anche se può sembrare azzardato potrebbe essere fatto con i Radiohead di Kid a. Augusto Maiorano
ROY PACI WEI-WU-WEI ETNAGIGANTE 2004
Piano Magic The troubled sleep of Piano Magic Green Ufos Incantano i Piano Magic con questo che sembra essere il loro ultimo disco. Non è dato sapere se la notizia risponda a verità, ma in ogni caso sarebbe il congedo migliore per la band di Glen Johnson. Canzoni eteree, notturne minimali, mescola di post rock, bozzetti di chitarra profonda, carica di delay, aperture alla Cure, atmosfere dark wave di eredità 4ad e delicati tribalismi (“I am the teacher's son”). Una summa di certo mood anni '80, densa di oscurità appena rischiarata dalla luna, di sconfitta e di dolore; ma al contempo rifugio o canto a cui abbandonarsi perché a tutti capita, a volte, di smarrirsi nella notte. Gianpiero Chionna
Dati Tous le soirs Disturbance Dati, ovvero Alberto Dati. Secondo album per l'artista pugliese, il primo disco risale al 2001: “Italy by Dati” prodotto dalla Disturbance, una divisione dell'etichetta barese Minus Habens Records. Un'elettronica morbida quella di Dati fatta di influenze soul, jazz e sonorità minimali che rendono l'opera sicuramente interessante. Il tarantino Alberto Dati è conosciuto anche con lo pseudonimo Appetizer. Nel suo curriculum figura il progetto Saldosuolo, suoni elettronici per installazioni artistiche, creato a Firenze con la collaborazione di Amleto Elia. Escono successivamente Saldosuolo.1 e Saldosuolo.3, quest'ultimo pubblicato da Navysky (1999), agenzia fiorentina di moda e comunicazione. Augusto Maiorano
Roy Paci, uno degli artisti più eclettici e vulcanici del panorama jazzistico italiano. Uno di quelli artisti che nn si riesce a identificare in un genere perché stanno un po ovunque, e con la forte personalità e carisma fanno bene in tutti i progetti. L'ultima prova è con i CORLEONE formazione nata nel 2004 e con cui Roy propone e riscopre una certa tradizione forte della sua Sicilia, ovviamente passando dal jazz. Il disco si chiama Wu-Wei-Wu. La lunga storia di Roy Paci parte da Augusta in Sicilia, sua città natale dove già all'età di dieci anni inizia a suonare la tromba passando per le più importanti big bands sicule. La sua storia continua girando il mondo alla continua ricerca di sperimentazioni nuove, si identifica con l'avanguardia jazz ma anche con le sonorità etniche balcanico-kletzmer. Ha prodotto le colonne sonore dal vivo per alcuni film muti e Bmovie, come per esempio per “Tetsuo” del giapponese Sukamoto. Ha collaborato con il mondo del teatro insieme ad Ivano Fossati per lo spettacolo “Scambi pressochè telepatici”. Il 1999 è un anno importante per Roy Paci perché fonda l'etichetta Etnagigante e inizia il viaggio con la “famiglia” degli Aretuska. Successivamente incontra Manu Chao con il quale suonerà dal vivo e nel disco “Proxima estation…esperanza”. Nel 2000 esce il primo album di Roy Paci & Aretuska dal titolo “Baciamo le mani”, e prendono parte nello stesso anno a vari festival europei. Il 2001 Roy Paci lo trascorre girando il mondo in tourné con Manu Chao e la carovana di Radio Bemba. Nello stesso anno continua un altro progetto parallelo di world music con la banda ionica “Matri mia”, nel quale figurano collaborazioni prestigiose del calibro di Vinicio Capossela. Non tarda ad arrivare il secondo album di Roy Paci & Aretuska dal titolo “Tuttapposto” nel quale calypso, swing, rock-steady e sonorità caraibiche si fondono a perfezione. Sempre nel 2003 c'è la consacrazione al grande pubblico con la partecipazione al Festivalbar, e la collaborazione per il film “Il paradiso all'improvviso” di Pieraccioni, con il riarrangiamento di “Besame Mucho”. Fin poi ad arrivare al 2004 con l'uscita di “Wu-WeiWu” nell'ambito del nuovo progetto Corleone, del quale fanno parte musicisti dalla grande propensione all'improvvisazione tanto amata da Roy Paci. Augusto Maiorano (EXTRANET) www.patriziolongo.com
Prince Musicology Npg Music Club/ Sony Alcuni sostengono che quello che ha fatto Prince negli anni 80 si avvicina a livello artistico a quello che ha fatto Beck nei 90. Ci si riferisce a quella capacità, presente in entrambi, di ingoiare musica a quintali riuscendo ad assimilarla e tradurla in modo originale, se possibile. Onnivori e pionieri Prince e Beck sono comunque due personaggi molto diversi. Prince in particolare è un artista veramente complesso, un uomo capace di scrivere capolavori come Purple rain, The cross, Kiss, di sparire per non sentirsi più vittima del mercato o slave come scriveva sul suo viso, di pubblicare un album completamente strumentale. Un grandissimo musicista, un simbol, che ha usato la sua immagine e la sua non immagine per comunicare oltre le canzoni. Questo Musicology non rivoluziona il percorso dell'artista anzi in un certo senso sembra ripercorrerlo al contrario, segnare traccia dopo traccia generi e decadi toccate biologicamente e artisticamente. C'è il funky dello splendido singolo e una carrellata di generi che arriva fino al rock. Il tutto come al solito suonato e arrangiato con un impeccabile cura e un'eleganza rara. Chi cerca Prince non resterà deluso, il disco è bello si lascia ascoltare ma non decolla quasi mai…un grande esercizio di stile e il signorino in questione ne ha da vendere. Osvaldo
Michel Camilo
Morrisey You are the querry Attack Records Era dai primi anni '90 che Morrisey non produceva niente. L'ex-cantante degli Smiths o l'icona del pop da cameretta o il mito del pop anni '80 o il sogno erotico di tanti ragazzi… troppe definizioni e troppi collocamenti per un personaggio che ha segnato il percorso musicale di tanti artisti, ma ha anche colpito in fondo al cuore dei suoi ascoltatori. “Moz” (suo soprannome) è ritornato. Senza pretese, oserei dire. Torna nella sua forma migliore, quella di cantante pop, senza mascherare i suoi 50 anni, senza fare finta di essere teen ager, ma con la stessa carica e malinconia di un tempo. Non si è dimenticato del suo essere pungente e a volte cinico nei testi, come in I have forgiven Jesus. Non si è dimenticato di essere inglese, nonostante abiti a Los Angeles da dieci anni. Non si è dimenticato e non fa finta di vedere la politica di soffocamento e a volte razzista della sua madre patria e della terra che lo ospita (America is not the world, Irish blood, english heart). Come non si è dimenticato di essere un inguaribile romantico (Let me kiss you), e come ci fa capire da chi si sono ispirate tante band (Suede, Gene, etc) degli anni '90 (First of the gang to die, You know i couldn't last). Inutile immaginare delle chitarre senza riverbero, e aspettarsi un cambio di rotta o una innovazione nelle linee melodiche, ma è questa la sua forza e la sua maturità. Poi, a volte, per un disco bastano solo belle canzoni perché diventi uno dei tuoi preferiti dell'anno. Personalmente mi permetto di dargli anche la lode perché, nonostante gli anni, il suo ciuffo svetta sempre in alto. Che invidia… Tobia
L’ Attico Bed & Breakfast Zona centro
Camere - Rooms - Zimmer Piazza Mazzini, 56 73100 - Lecce Tel: 338 7098107 - 338 3647039 - 347 6509397 On line: www.lattico.it info@lattico.it
L'aggettivo “latino-americano”, ove ci si riferisca ad ambiti musicali, viene spesso travisato per superficialità o per mancanza di una adeguata preparazione culturale: è per questo motivo che nella mente della maggior parte dei lettori, in relazione a tale aggettivo, si saranno senz'altro prefigurate immagini di ballerine seminude, di balere o di scuole in cui si insegnano ipnotici balli di gruppo. Personalmente preferisco invece riferire l'aggettivo in questione a quell'area geografica, localizzata approssimativamente intorno a Cuba, che fortunatamente non si è fatta colonizzare musicalmente dagli invasori europei. Michel Camilo, pianista nato a Santo Domingo nel 1954 e trasferitosi nel 1979 a New York, sta riuscendo a mio avviso nel difficile compito di traghettare le istanze musicali di quell'area nel nuovo millennio, rinfrescandole tramite la contaminazione con le migliori caratteristiche della tradizione jazzistica. Ciò che balza subito all'orecchio a proposito di questo prodigioso musicista è la fusione del gusto armonico, della dolcezza, della sensibilità di tocco di grandi pianisti puramente jazz come Bill Evans, con l'istrionica padronanza ritmica degli archetipi percussivi di matrice latina, tipica invece di “rumberi” come il pianista Eddie Palmieri; tale abile miscela dà luogo ad un prodotto musicale di elevatissima qualità, ma che può essere fruito senza necessariamente aver studiato jazz per decenni: difatti, la valente perizia ritmica di Camilo spinge al ballo e all'oscillazione sensuale delle proprie chiappe anche il più p r o f a n o e recalcitrante degli ascoltatori, poiché nelle sue dita ci sono millenni di storia di popoli che Cristoforo Colombo e i suoi successori hanno cercato invano di cancellare. Probabilmente è anche per questo motivo che il Presidente della Repubblica Dominicana ha pensato bene di conferirgli, nel novembre del 2001, la più alta onorificenza della Repubblica, ovvero la Croce d'Argento dell'Ordine di Duarte, Sanchez & Mella. Marcello Zappatore
Ricomincio da Wop Con gli almamegretta ha cambiato gli anni 90, ha portato il dub a trovare la musica popolare nei vicoli di Napoli, ha esplorato oriente e occidente unendoli in un suono che ancora oggi fa scuola. Oggi torna da debuttante con un nuovo album solista del titolo Wop. È Raiz, musicista, attore e amico del Salento.
Questo numero di Coolclub.it è dedicato agli emergenti, anche se questo tuo disco arriva dopo più di dieci anni di carriera è comunque un esordio, esordio solista appunto, come ti senti in questo nuova veste? La sensazione è quella di un uccello che spicca il suo primo volo fuori dallo stormo. E' una cosa che ha fatto mille volte ma che gli sembra nuova…ha paura ma la situazione lo eccita, gli sembra di dover imparare tutto da capo e per questo gli serve tanta umiltà, voglia di confrontarsi e non dare niente per scontato. Una bella sfida insomma… Ti senti un po' un Cane Sciolto (ndr sciuoglie u cane è il titolo dell'ultimo album degli Almamegretta), anche il titolo del tuo disco, sigla usata sui passaporti degli immigrati in america per indicare without passaport, sembra sottolinearlo, come senti la tua musica e la musica in generale? E' paradossale il fatto che io abbia pensato, ad un certo punto della lavorazione del mio disco che un titolo alternativo a “WOP” avrebbe potuto essere “Cane Sciolto”…e questo mesi prima di aver ascoltato il lavoro degli Alma o di avere parlato con Gennaro o Stefano dell'argomento. Segno che la pensiamo esattamente allo stesso modo riguardo la musica: senza frontiere, culturali e creative…
Coolclub incontra RAIZ esperienza e dal continuo confronto con Salvatore Tramacere (regista dello spettacolo) e i miei colleghi di compagnia. Qual è il tuo rapporto con Lecce e il Salento? Koreja, la Notte della Taranta, ormai sei ospite quasi fisso della nostra terra… In un altra vita devo essere stato salentino, probabilmente di uno dei paesi del capo di Leuca. Fin da quando sono venuto per la prima volta da voi, ormai si parla di quindici anni fa, ho sentito un'attrazione particolare. Chissà… Domanda di rito, il tuo allontanamento dagli Almamegretta, è stata una separazione consensuale, avete imboccato due strade diverse, pensi a un riavvicinamento? Come dicevo prima, è nel bene o nel male lo stormo nel quale e dal quale ho imparato a volare. Come si potrebbe non pensare, prima o poi, ad un “ritorno a casa”? Anni fa Napoli è esplosa con il fenomeno delle Posse, cosa ricordi di quel periodo e come vedi la nuova scena, 24 grana, Polina… Vivo a Roma da qualche anno, dunque non sono in grado di tastare il polso della situazione come prima. Tuttavia penso che il momento in cui siamo venuti fuori noi era uno speciale periodo per Napoli in cui la musica non era che una parte del processo in atto…questo è stato un ottimo trampolino di lancio per noi tutti. Oggi è diverso, i riflettori si sono spenti e chi fa musica deve lavorare sodo per costruire una scena credibile, soprattutto dopo quello che abbiamo combinato noi. I miei preferiti? Senz'altro i 24 grana… Cosa ascolta Raiz, i dischi che girano nel tuo lettore? Salsa, samba, musica italiana degli anni 50/60, hip hop , reggae. Niente elettronica o roba troppo sperimentale… Quando di nuovo a Lecce? Spero presto per una tappa del “WOP” tour che comincia a luglio, o semplicemente per venire a trovare i tanti amici che ho nel Salento… Osvaldo
Parlaci un po' di Wop. Avete presente il titolo di uno dei nostri vecchi album, “4/4”? Significava l'unità di quattro entità diverse, ovvero i diversi componenti il nostro collettivo. Ebbene, “WOP” è l'esaltazione di uno quegli elementi, quello vocale. Il disco di un cantante, pop per vocazione, alla ricerca della canzone mediterranea “globale”… Raiz non solo cantante, tante collaborazioni, e una carriera da emergente nel cinema e nel teatro, ci parli un po' delle tue esperienze trasversali? Mi hanno sempre interessato i diversi modi di stare su un palco…il fatto di aver sempre “teatralizzato” i miei spettacoli musicali ha fatto forse venire in mente a qualcuno che oltre a cantare avrei potuto fare altro. Così è nata la splendida collaborazione tra me e i Cantieri Teatrali Koreja, dove da supervisore della colonna sonora di “Brecht's Dance” sono diventato anche attore. Ho imparato molto da questa
Ringraziamo per le Foto i Cantieri teatrali Koreja
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Culicchia, Nove, Moccia e Pellegrini Segnaliamo qui alcuni libri di scrittori italiani che per un motivo o per l'altro vale la pena acquistare e leggere. Giuseppe Culicchia torna con Il paese delle meraviglie, un libro che racconta un'amicizia adolescenziale con sullo sfondo l'Italia del 1977. Un paese delle meraviglie che non c'è, sospeso tra l'ilarità e la violenza. Un libro politicamente scorretto che coglie il volto e l'anima di un'intera generazione. Il secondo autore di cui parliamo è Aldo Nove, uno dei più apprezzati della generazione dei quarantenni. Dopo la saga dei Woobinda e il riuscitissimo Amore mio infinito (lo consiglio caldamente), esce per Einuadi La più grande balena morta della Lombardia, raccolta di personaggi e storie di Viggiù. Un libro scritto in una quindicina d'anni che racconta della fanciullezza e della vita intera di Nove, una serie di fotografie letterarie che (forse) compongono l'album dell'autore. Terza menzione per Federico Moccia. Dal punto di vista letterario è un esordiente anche lui (tema ricorrente in questo numero del giornale). Nonostante la non giovanissima età (40 anni) Tre metri sopra il cielo è il primo romanzo di Moccia, sceneggiatore cinematografico e autore televisivo. Ma, come avviene di tanto in tanto nella letteratura italiana, il suo libro è divenuto un vero e proprio caso. Una storia d'amore classica tra una brava ragazza Babi e un cattivo ragazzo Step. Prima stampato “clandestinamente” a Roma ha poi raggiunto il grande pubblico grazie al coraggio della Feltrinelli. Luca Lucini ne ha fatto un film che ha avuto un discreto successo. Chiudiamo questa carrellata di segnalazioni con un libro che mi ha colpito particolarmente. Si tratta di Dimissioni di Michele Pellegrini edito dalla Fernandel. La malattia e la “paranoia” che da essa consegue perseguita il protagonista che in questo modo perde la moglie esasperata. Così, come da tradizione, il malato fugge da tutto e da tutti scappando dalla sua realtà e lasciando numerosi interrogativi negli amici che un anno dopo si ritrovano e discutono della misteriosa fuga. Un intreccio di presente e passato con la dimissione che contagia un po' tutti. Tutto sommato fuggire non sarebbe poi così male. Arrivederci viaggiatori
Jack Finney Indietro nel tempo Marcos y Marcos, 2004 Simon Morley, un illustratore che lavora per un'agenzia pubblicitaria, viene scelto, per alcune sue caratteristiche specifiche, per viaggiare nel tempo seguendo le coordinate di un progetto segretissimo delle strutture militari americane. Stanco del suo lavoro, insoddisfatto per la sua vita in generale, il giovane pubblicitario decide di accettare l'incarico a scatola chiusa e si ritrova proiettato nella New York di un secolo prima. Lo scrittore è abilissimo nel descrivere la Grande Mela del 1882 con dovizia di particolari che può, a volte, sembrare maniacale e rischiare di annoiare. Ma la trama avvincente e intricata, le situazioni sempre nuove in cui protagonista e lettori si vengono a trovare fanno di questo romanzo di oltre quattrocento pagine una lettura mozzafiato e mai scontata. L'autore (1911-1995), celebre per avere scritto L'invasione degli ultracorpi, ci regala con questo Indietro nel tempo, pubblicato da Marcos y Marcos, un'altra storia ricca di suggestioni e di spunti sulla storia dell'umanità, sulla sua corruzione e soprattutto sulla sua fallibilità. Dario Goffredo
JIM De ROGATIS “FIRMATO LESTER BANGS” ARCANA MUSICA 2000
Lester Bangs è una figura fondamentale nella storia del rock'n'roll. Se i suoi scritti fossero più facilmente reperibili si ascolterebbero meno cazzate in giro e capiremmo molte cose sull'industria musicale; senza di lui non avremmo termini come punk o heavy metal; ma Lester morì nell'82, a 33 anni, per overdose di farmaci o, più semplicemente, per inadeguatezza al mondo musicale e non che gli stava attorno. Bangs non fu solo un critico musicale coerente e generoso (oltre che alcolista e cazzone), che diede dignità letteraria a questa professione, ma anche un vero e proprio scrittore moderno, il punto di congiunzione tra beat e giornalismo gonzo. Per questo gli andava stretta la patinata Rolling Stone e per questo rese grande Creem. “Firmato Lester Bangs” è tutto in ciò che ho scritto sopra… Se ho tanta voglia di spiegare chi era Lester ci sarà una ragione. De Rogatis è un ottimo biografo, all'inizio si ferma molto (come da tradizione USA) sulla biografia della famiglia Bangs, ma poi parte con un vero e proprio romanzo di formazione, ricco di interventi diretti di amici, parenti e rockstar; con tutte le contraddizioni dei personaggi, le loro evoluzioni, le esaltazioni e le cadute. Lester non ebbe paura a denunciare la mitizzazione delle rockstar, denunciando il fatto che anche gli stessi musicisti suoi amici come Patti Smith e Lou Reed (memorabili le interviste all'ex Velvet) con la notorietà assumessero pericolose pose da divi… Lester sapeva essere contro, dissacrare, e De Rogatis (che da ragazzo conobbe Lester) trascrive quest'esperienza in tutto e per tutto. Lo spirito critico dell'avventura, letteraria e di vita di Lester, è trasferito quasi perfettamente nel libro da De Rogatis. Esperienza letteraria e di vita appunto, perché come in ogni romanzo di bildung che si rispetti l'arte è gemellata con la vita; l'artista non ne può prescindere, e per Lester l'arte era sia la musica che la sua scrittura… Quando all'inizio degli anni '80 questi mondi vennero inquinati definitivamente dall'industria musicale, Lester non poteva più appartenere a questo sistema. De Rogatis scrive ricalcando quindi la lezione di Bangs: raccontare in maniera umana, quasi filantropa, un uomo in tutti i suoi lati, schifosi o dignitosi, così come Lester descriveva il rock'n'roll in tutte le sue incoerenze… Se un fan accanito dei Sex Pistols leggesse questo libro o gli scritti di Bangs, non troverebbe dei miti, ma delle persone, degli uomini capaci di essere dei geni o dei porci schifosi, a seconda della quantità di droga ingerita (o di Romilar bevuto da Lester…). Piccola postilla: la versione italiana di questo libro è tradotta chiaramente da una persona molto assonnata. Ci sono strafalcioni storici, grammaticali e chi più ne ha più ne metta… Ma come dicevo all'inizio, in Italia soprattutto non è molto facile reperire notizie o scritti di/su Bangs, quindi questo libro ha poca concorrenza… E nonostante la pessima traduzione lo spirito dell'opera arriva comunque al lettore… Però che peccato. Marco
Cesare Battisti Avenida Revolucion Nuovi mondi media
Jenny Fabian e Jonnhy Byrne Groupies Arcana
Un personaggio controverso come Cesare Battisti ha incontrato diverse difficoltà a farsi pubblicare in Italia. Un'esitazione che l'editoria del nostro paese sta pagando a caro prezzo: col timore di maneggiare un materiale troppo rovente si finirà per non avvicinare al pubblico un grande scrittore che, al di là del suo passato, va assolutamente valorizzato e conosciuto. Fortunatamente il romanzo Avenida Revolucion, grazie alla coraggiosa e neonata casa editrice Nuovi Mondi Media, è finalmente acquistabile anche da noi all'onesto prezzo di 13 euro. Cesare Battisti è molto famoso in Francia come autore di noir, ma con Avenida Revolucion il senso di mistero che avvolge i suoi romanzi compie un passo in più, facendo sì che da un intreccio inquietante si dipani un senso più ampio di riflessione sulla vita e sul susseguirsi infinito dei suoi eventi. Antonio Casagrande è un anonimo quanto solitario contabile di Milano. Un aspirante scrittore che conduce una vita grigia come le abitudini e i rimpianti. L'incontro vero con la vita avviene quasi per caso e quasi per destino: la vittoria con un concorso postale di un viaggio premio tra Messico e America del nord. Comincia così il racconto di un viaggio che diventa subito un turbolento susseguirsi di avventure. In un crescendo di onirismo e trasfigurazione, che solo una potente immaginazione può concepire, Antonio parte su un camper, incontra donne ambigue e affascinanti, è vittima di un uragano, rimane incatenato in uno scambio di personalità con un presunto scrittore dal nome Luigi Trombetta, è ossessivamente perseguitato da uno-tanti sergente Gomez H, per ritrovarsi nella paralisi della città di Tijuana, che è simbolo di un Messico magico, quanto rifiutato dal resto del mondo. Avenida Rivolucion è un romanzo che ti risucchia per poi risputarti nella quotidianità esausto e confuso. E' un romanzo tanto travolgente da togliere l'energia. Battisti, in questo, è paragonato a Kafka: l'aspetto surreale e banalmente concreto della vicenda umana di Casagrande ha, infatti, tutti i tratti dell'angoscia kafkiana, dello scarto tra essenza e realtà. Non solo: l'assurdità del mondo, l'impotenza e il paradosso ricordano vagamente l'Autodafè di Canetti. Una complessità quindi che si dipana in un romanzo apparentemente semplice e poi sempre più sfaccettato fino all'inglobare un altro romanzo nel romanzo. Ne emerge così un intreccio enigmatico, visionario, pieno di baratri e muri che dividono storia vissuta e percezione individuale, in cui trovano spazio il miraggio del sesso e dell'amore, la frustrazione della banalità, l'istinto di sopravvivenza, il sapore tragicomico di una vita normale. Elisa De Portu
Léo Malet Chilometri di Sudari Fazi Editore - 2004 Questo mese andiamo a far visita ai nostri cugini transalpini e parliamo di un autore poco noto in Italia ma che è considerato uno dei principali esponenti del noir francese del dopoguerra. Nasce dalla penna di questo maestro Nestor Burma: le numerose avventure del titolare dell'agenzia investigativa Fiat Lux, sono ambientate a Parigi, nel periodo tra l'occupazione nazista e gli anni cinquanta, e sono racchiuse in una serie di romanzi dedicati ai quartieri della capitale francese. Tutto inizia con una visita dal passato: Alice, ora Esther, una passione mai ricambiata ma anche amante di un suo amico, Moreno, lo ingaggia perché è convinta che il suo amore di un tempo sia tornato per vendicarsi di suo fratello, che durante la guerra la costrinse a troncare bruscamente la loro relazione. Burma trova molto strana questa conversazione e si chiede subito il perché di tanta sicurezza poiché Moreno è morto anni prima in Spagna fucilato dai franchisti; accetta l'incarico e si ritroverà implicato in complicatissimi intrighi familiari alimentati dall'odio di Esther per il fratello, che a sua volta si trova ad essere ricattato a causa di un mostruoso segreto legato alla sorella. Scoprire questo segreto sarà compito dell'agenzia Fiat Lux. I personaggi legati in qualche modo alla scoperta del mistero di Esther sono numerosi ed eterogenei: una prostituta, il proprietario di un giornale scandalistico, un poliziotto corrotto in pensione, un politico, tutti protagonisti di storie diverse che si intrecciano e sovrappongono, senza mai interrompere la scorrevolezza della narrazione, in un incessante serie di omicidi che culmineranno in un finale amaro. Leggermente cinico, di buon cuore, riflessivo, con un debole per le belle donne e un personalissimo senso di giustizia, Nestor Burma è considerato una dei maggiori personaggi del genere poliziesco francese; questo simpatico investigatore privato vanta una lunghissima carriera, è protagonista di libri, fumetti e serie televisive, che lo rende una piacevole alternativa al più noto belga Maigret. Bubu
Unisci tre tra le cose che più mi piacciono ( la musica, i pettegolezzi e il sesso) ed ecco Groupie. Preziosissimo romanzo scritto da Jenny Fabian insieme a Johnny Byrne nel 1969, un'autobiografia di una delle fidanzate della musica più famose che diventa, nella minuzia e nella varietà dei personaggi e delle band raccontate, un altro, nuovo e piccante spaccato sulla Londra della fine degli anni 60. Un libro che quando fu pubblicato fece scandalo e che riletto oggi, da poco ripubblicato da Arcana, è ancora capace di sorprendere. Intriso di un linguaggio che segnò una generazione, di neologismi che dipingono un'epoca, un libro che è anche una raccolta di aneddoti e cambiamenti di costume, piccoli forse ai nostri occhi abituati alle pagine di Welsh ma grandi per l'epoca. La scoperta della musica e del sesso, la sperimentazione su se stessi a 360°, scoprirsi liberi di poter fare e osare. Giusto per fare un po' di ordine per chi non lo sapesse le groupies sono le accompagnatrici dei gruppi, ragazze appassionate di musica e musicisti che pur di entrare di diritto in un backstage di un concerto si ficcavano di prepotenza sotto le lenzuola del musicista di turno. E nel carnet di Jenny, appena diciannovenne all'epoca, troviamo nomi di tutto rispetto (Syd Barrett dei Pink Floyd, Andy Summers dei Police, Animals, Soft Machine e Jimi Hendrix Experience). A metà strada tra un romanzo di musica e un romanzo erotico, Groupies è anche un romanzo di formazione, di iniziazione alla vita della sua protagonista. Ecco allora che la scoperta dell'orgasmo o del sesso saffico ha lo stesso valore, per chi legge, della scoperta dell'amore, il tutto vissuto con un'innocenza, un coraggio e un entusiasmo di cui ci sarebbe bisogno anche oggi. C'è infatti in tutte le avventure narrate una predisposizione riassumibile nella formula droga sesso e rock'n'roll che rende tutto un'avventura bella da vivere e buttare giù in un sorso. E proprio in un sorso, vabbhè forse due, va giù questo libro che fa riemergere l'hippy che è in ognuno di noi e ci fa pensare a quante volte rendiamo complicate cose che fanno rima semplicemente con i desideri. Osvaldo
€business in Iraq. Dall'esportazione delle democrazia ai subappalti Usa interventi di M. Dinucci e V.Parlato Manni 2004 Fresco di stampa giunge in redazione l'ultimo nato in casa Manni,casa editrice che è affermata come una delle migliori realtà della piccola editoria nazionale. I libri sono sempre ben curati, con edizioni gradevoli e comode. Questo €business in Iraq indaga sulle guerre nel golfo e soprattutto offre interessanti spunti e motivi per essere sempre più incazzati e sempre più pacifisti pur senza essere talebani. Dopo un lungo articolo di Manlio Dinucci il libro presenta saggi apparsi su giornali e riviste nazionali e internazionali. Gli articoli sono di Naomi Klein, Elio Veltri e Paolo Sylos Labini, Miguel Martinez e molti altri. Nei capitoli 3, 4 e 5 il curatore Giancarlo Greco ricostruisce attraverso atti, documenti ufficiali e cifre gli interessi che hanno scatenato la guerra e i profitti dei paesi partecipanti. In conclusione una lettera all'editore Piero Manni di Valentino Parlato, una delle anime pensanti del Manifesto. Un volume utile che spiega passo passo l'altra guerra, quella che non viene raccontata dai giornali e dalle televisioni “ufficiali” e che i politici continuano a smentire, raccontando che le guerre ormai sono fatte solo per esportare la democrazia. Qui invece c'è puzza di benzina. Pierpaolo
Il tatic ruiz un vescovo tra gli indios del chiapas Manni Editori Samuel Ruiz si presenza semplice e umile è il Vescovo-simbolo di San Cristòbal de las Casas (capitale del Chiapas). Chiamato dal suo popolo solo “don” (affettuosamente Tatic) è uno dei precursori della Teologia della Liberazione che ha scelto ormai da anni di svolgere la propria missione nelle comunità indigene più povere del Chiapas tra gli esiliati, gli esclusi e i rifugiati del sud del mondo. Qualificato dalla destra come il "Vescovo Rosso", lo si accusa di essere il vero capo dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, ma durante i suoi 40 anni di lavoro, don Samuel ha “solo”costantemente promosso e sostenuto i diritti umani, la tolleranza e il pluralismo come base prioritaria del dialogo ecumenico, non solo religioso ma soprattutto culturale tra i popoli, assumendo dal '94 anche un ruolo fondamentale nella mediazione del conflitto tra l'EZLN e il governo federale del Messico. Sullo sfondo i movimenti indigenisti, il neocolonialismo USA e i processi di globalizzazione selvaggia. Un libro che forse non aggiunge molto alla “ricerca” ma certamente utile come utile è qualsiasi forma di controinformazione su quel mondo “scomparso” che è il Chiapas. Marta Vignola
I film che allieteranno le nostre prime giornate di sole a giugno sono pochi ma buoni e attingono a piene mani da Cannes (vedi l'articolo) e da una folta schiera di emergenti a volte giovani, a volte più in la con gli anni, che senza molte pretese non disdegnano di proporre i loro lavori in estate. Dopo il blockbuster Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (nelle sale dal 4 giugno), si parte con Garage days, commedia musicale australiana che racconta le vicende di una band di ragazzi e delle loro traversie per diventare “famosi”, diretta da Alex Proyas, regista dell'indimenticato Il Corvo. Completano il quadro l'ultimo film dei Coen, The ladykillers, Torque un thriller del giovane Joseph Kahn ambientato nel mondo delle corse e una piacevole conferma italiana, Alessandro Colizzi, con la sua seconda opera, Fino a farti male, piena di classe e garbo.
57mo Festival de Cannes 2004 Si è chiusa da poco la kermesse cinematografica più importante a livello europeo e porta con se, come sempre, uno strascico di vincitori, vinti, delusi, e quant' altro. Sulla Croisette, sempre più succursale di Hollywood, si è assistito ad un festival all'insegna della qualità, come raramente si era visto negli ultimi anni. Madrina della manifestazione la nostra Laura Morante sorretta da un presidente della giuria d'eccezione come Quentin Tarantino e dalla "first lady" Sofia Coppola. Il festival si è aperto con l'ultimo film di Pedro Almodovar, "Mala education" e ha visto trionfare "Fahrenheit 9/11" di Michael Moore ("Bowling for Columbine") sino all' ultimo testa a testa con "2046" di Wong Kar-Wai. Il regista americano, che da tempo porta avanti una personale campagna anti-Bush, racconta nel suo scomodo documentario degli errori di questa amministrazione e del suo presidente, reo di aver voluto a tutti i costi, e per fini meramente personali, l'entrata in guerra degli States. La giuria ha assegnato il premio per la sezione "Un certain regard" al film senegalese "Moonlade" di Ousmane Sembene, nel quale si racconta la ribellione di alcune donne alla pratica dell' infibulazione. Premiati anche l' uruguaiano "Whisky" di J. Pablo Rebella e Pablo Stoll per lo "sguardo originale" e l'afghano "Terra e cenere" di Atiq Rahimi per lo "sguardo verso l' avvenire". Nella "Semaine de la critique", chiusa da "Sotto falso nome" di Roberto Andò, premiato "Atash" (Israele-Palestina) di Tawfik Abu Wael. A "Trafic" del rumeno Catalin Mitulescu, Palma d'oro per il miglior cortometraggio, mentre il "Grand Prix" va ad "Old boy". Il premio speciale della Giuria va pari merito a "Tropical malady" del thailandese Weerasethakul e a Irma P. Hall in "Ladykillers (remake del celebre "La signora omicidi") dei fratelli Coen. Miglior sceneggiatura ad Agnes Jaoui e Jean-Pierre Bacri per "Comme une image", mentre la miglior regia va a Tony Gatlif per "Exils". Infine, migliore attrice Maggie Cheung ("Clean"), miglior attore il sorprendente dodicenne Yagira Yuya. Un ultimo omaggio è andato a Nanni Moretti, che alla "Quinzaine des realisateurs" ha ricevuto la Carrozza d'oro (l'anno scorso andata a Clint Eastwood), prestigioso premio assegnato dagli stessi registi a loro colleghi che si sono distinti per impegno e qualità. I delusi della manifestazione sono senza dubbio Emir Kusturica e Salles, autori di due film godibili, ma sottovalutati. Potranno rifarsi l' anno prossimo, anche se si spera di vedere maggiormente protagonista il cinema italiano, per ora tagliato fuori, nonostante sia in lento miglioramento e faccia ben sperare per il futuro. C. Michele Pierri
Troy Wolfgang Petersen Warner Bros. Che gli americani avessero una strana propensione a interpretare a modo loro tutto ciò che gli passa per le mani non lo scopro certo io, ma signori miei questa volta siamo davvero davanti a una farsa, manco a dirlo, dai risvolti epici. In un periodo caratterizzato dal più becero revisionismo storico, Wolfgang Petersen ("La storia fantastica”, "La tempesta perfetta"), coadiuvato da David Benioff (adattamento cinematografico de "La 25ma ora") rivolta il mito e ne fa un circo di effetti speciali. Una guerra durata anni viene risolta in pochi giorni, personaggi chiave vengono ridotti a comparse (Enea...) o addirittura eliminati (gli dei, Ecuba...) e quel che ne viene fuori è una soap opera mitologica dai risvolti tragicomici. Ma se dell'Iliade resta poco o niente, neanche lo spettacolo risulta indimenticabile come ci si sarebbe aspettato. Protagonista indiscusso è il bel Brad Pitt-Achille accerchiato da un cast che può contare su diverse stelle di Hollywood e nel quale l' unica nota positiva è rappresentata dall' inossidabile Peter O'Toole nelle vesti di Priamo. In un crescendo di colpi di scena (per chi conosce come sono andati i fatti) il casino scatenato dai fuggiaschi Paride ed Elena si risolve come sappiamo e si chiude con la fuga di Enea che a quanto pare, Dio o chi per lui ce ne scampi, sarà il protagonista di un sequel già in fase di progettazione. Sarà che a parlare è un nostalgico o che davvero i tempi sono cambiati, ma c' è qualcosa che non va. In fondo in cuor mio spero che questo film sia un pò come Omero. Probabilmente non è mai esistito. C. Michele Pierri
L'altra vita nel vortice dell'asilo politico: le cortovisioni di San Cesario La scelta non è stata semplice perché il livello dei cortometraggi in concorso era molto elevato. Alla fine la giuria del primo festival di Cortometraggi e arti visive Cortovisione (San Cesario di Lecce 26/28 maggio) presieduta da Citto Maselli ha premiato L'altra vita del salentino Mattia Soranzo, nella sezione Refractory Desease, e Asilo Politico del perugino Fabio Roberti nella sezione Short Movie. Il premio Cortovisione, assegnato dalla direzione artistica della Secara Production, è andato invece a Vortice di Marzio Mirabella e Massimo Stella. Una menzione speciale della giuria, con la consegna di attestati di partecipazione, è andata anche agli altri corti finalisti: All'immagine che ho di te di Valerio Musilli, Lalla di Mirko Di Lorenzo, Muro di Aldo Saracino, Liturgia di Andrea Ditadi, Camera di confine di Milo Busanelli, Italia vecchia di Michela Carmazzi. Questa prima edizione del festival organizzato dal circolo Arci Zei ha sorpreso tutti per la qualità dei corti in concorso e per il ricco programma che prevedeva anche incontri, retrospettive, installazioni artistiche, mostre. Non a caso gli organizzatori alla fine era tanto stanchi quanto soddisfatti: “La manifestazione è andata bene e siamo molto contenti”, dice Gabrielle Buscicchio, direttore artistico. “Per tre giorni le sale sono state piene e la gente ha seguito con interesse non solo le proiezioni ma anche tutto ciò che avevamo organizzato di contorno alla manifestazione: mostre di quadri, video installazioni, performance. Speriamo di giungere alla seconda edizione di Cortovisione cercando di perfezionare e di portare l'anno prossimo il festival a livelli ancora più elevati”, conclude Buscicchio. “Al di là di tutto due sono le cose fondamentali secondo me”, sottolinea Andrea Serra, del circolo arci Zei di Lecce. “La prima è di aver mantenuto il carattere nazionale della manifestazione con concorrenti provenienti da tutte le parti d'Italia. La seconda è il livello elevato dei corti partecipanti. Il presidente Citto Maselli e tutti i componenti della giuria si sono complimentanti con noi per la qualità dei corti in concorso e per la selezione delle proiezioni fuori concorso. Lavori che meriterebbero di stare in concorsi più importanti, lavori seri e cinematograficamente interessanti”. Non resta che dare l'appuntamento alla seconda edizione. Che Cortovisione abbia lunga vita.
I diari della motocicletta Walter Salles Entro in sala con la netta sensazione che vedrò un film che non mi piacerà. Infatti non mi è piaciuto. Però un merito il film di Walter Salles, c'è l'ha, ed è quello di non aver cercato di mitizzare una figura difficile da rendere come Ernesto Che Guevara. Si poteva cadere nella trappola nostalgica, invece lo si è evitato accuratamente. E meno male. Perché così almeno il film è godibile e si lascia guardare tranquillamente. Lontano dall'intensità con cui Salles ha girato, per ora il suo film migliore, Central Do Brasil, questo lungometraviaggio on the road ispirato dai due libri autobiografici, uno del Che Latinoamericana e l'altro del suo amico Granado Un gitano sedentario, è potenzialmente pieno e stracolmo di “aspettative” che piano piano si sciolgono lasciando un po' l'amaro in bocca. Si doveva osare di più. Non vi racconto la trama, basta che digitiate il titolo del film in qualsiasi motore di ricerca su internet, è avrete in pochi minuti “pacchi interi” di sinossi. Ma vi racconto quello che a me ha colpito di più. Innanzitutto un consiglio: non vi alzate dalle poltrone del cinema durante i titoli di coda, le foto dei due protagonisti, documenti veri del viaggio in America Latina, sono veramente suggestive e meritano di essere “visionate”; poi innamoratevi (in senso cinematografico!) di Gael Garcìa Bernal (l'attore) e andatevi a recuperare le sue interpretazioni sia in Amores Perros di Alejandro Gonzales Inarritu, che in Y tu mama tambien di Alfonso Cuaron, appassionanti (diventerà qualcuno…); poi quest'estate se avete tra i 23 e i 30 anni e vi va ancora di pensare che la vita vada vissuta appieno, noleggiate la vostra “poderosa”, portate su con voi dei libri, un sacco a pelo e una tenda, e partite con il vostro migliore amico. Chissà mai che qualcuno di voi, non diventi il nuovo Che post-moderno. Ihihihih. Scusate queste digressioni, torniamo al film. Matrioske con puntatine nostrane: Robert Redford è il produttore esecutivo; Gianni Minà supervisore creativo del progetto, aveva dei diritti di proprietà su entrambi i diari li concede e collabora per la sceneggiatura, e in più realizza un documentario In viaggio con Che Guevara, presentato all'ultima Berlinale e al Sundance Festival; Ernesto Granado (quello vero!) che oggi ha 81 anni ha visitato il set durante le riprese del film svolgendo il ruolo di “consulente speciale” ( e chi meglio di lui); Ettore Scola ha dato suggerimenti eccellenti a Welles. Più interessante la pre e post realizzazione, che non il film stesso probabilmente. Ma son sicura che qualcuno (solo qualcuno?) lo riterrà un buon film, non un capolavoro, ma un film discreto con un mito per la prima volta umanizzato, che oltre a salvare il mondo aveva anche tanta voglia di fare l'amore e guardare il mare… Paola Volante
L'Attacco dei Morti Viventi La geniale trovata di Romero generò, dopo La notte dei morti viventi e soprattutto dopo il posteriore Zombie, una nutritissima filmografia emula di quelle atmosfere. Tracciare una storia del cinema degli zombi in America è però cosa ardua e non basterebbero dieci numeri di Coolclub perché appaia esaustiva, tanto vasta è stata la produzione variando dal puro trash homemade (“The incredibly strange creatures who stopped living and became crazy mixed-up zombies” di Ray Dennis Steckler '64) al ripetersi delle tipiche atmosfere claustrofobiche (la trilogia de “Il ritorno dei morti viventi”, spesso venati di ironia, dove assistiamo per la prima volta a zombie ipercinetici) e più raramente venati di messaggi sociali (“I drink your blood”di David Durston reazionario film anti hippies) che invece hanno caratterizzato la trilogia di Romero. Stesso discorso vale per il Giappone terra in cui gli zombi alimentano varie vicende a base di gore e demenzialità. L'Italia vede invece uscire un pugno di film assai interessanti. Merito del genio di Lucio Fulci il cui estro visionario ci regala capolavori, alcuni di stampo romeriano (“Zombie 2”), alcuni barocchi ed eccessivi (“Paura nella città dei morti viventi”), altri onirici e trasognati (“L'aldilà”) Sul fronte trash è impossibile dimenticarsi di “Zombie Horror” “capolavoro” di Andrea Bianchi estremamente splatter e degno di essere riscoperto dagli amanti del cinema splendidamente brutto mentre “Non si deve profanare il sonno dei morti” di Jorge Grau, coproduzione spagnola, ricalca la struttura de “La notte dei morti viventi” accennando una timida morale ecologista, ma dimostrandosi comunque film solido e ben girato. Personalissimo invece il discorso dello spagnolo Amando De Osorio, creatore di tre film plumbei e opprimenti (“La cavalcata dei morti senza occhi”, “Le tombe dei resuscitati ciechi” e “La nave maledetta”), in cui i morti viventi sono dei templari mummificati e dagli occhi cavi che pretendono giovani vittime per placare la loro ira. E quante battaglie sono state combattute in Messico da El Santo, el mascarado de plata, lottatore messicano realmente esistito e protagonista di innumerevoli films, idolatrato dalle folle, contro orde di zombi che minacciano l'incolumità della razza umana. E per finire, francamente, non oso pensare a quali perle è stato capace di regalarci l'incredibile cinema turco…. Gianpiero Chionna
Monster Patty Jenkins Lee batte le strade e si prostituisce per pochi dollari con uomini che la maltrattano e la umiliano. La vita è stata dura con lei. Violentata da bambina, picchiata dal padre, arriva al punto di volerla fare finita. Ma proprio quella sera, in un bar, incontra Selby una ragazza lesbica insicura e introversa che prima allontana, ma che pian piano finisce per diventare sua amica. In poco tempo se ne innamora e decide di fuggire via, lontano e di portarla con se. Per farlo ha però bisogno di soldi che pensa di guadagnare nell' unico modo che conosce. Fra i tanti incontra però un cliente misogino e psicopatico che la violenta brutalmente. Innescherà in lei una follia omicida che insanguinerà l'America con 7 cadaveri. Basato sulla vera storia di Aileen Carol Wuornos, condannata a morte nell' ottobre del 2002, Monster è una storia di violenza e di abbandono, di incomprensione e di indifferenza. Nonostante queste premesse, il film non da mai l' idea di poter decollare e la Jenkins, che pure si trova a suo agio nel gestire il lato sentimentale della vicenda, mostra tutti i suoi limiti di esordiente. Il racconto viene così consegnato in mano alle due protagoniste che non sembrano affatto cavarsela male; da un lato la Theron ("L' avvocato del diavolo") ingrassata di 13 kg. e pesantemente imbruttita (sforzo che le è valso l' Oscar come miglior attrice protagonista), dall' altro Christina Ricci ("Anything else") talentuosa e totalmente immedesimata nella parte. L' opera, che soprattutto nella seconda parte risente di un generale appiattimento, ricalca però alla perfezione quelle che sono le caratteristiche del nuovo cinema indipendente made in USA con un linguaggio semplice ma duro e una fotografia e delle musiche che rendono magnificamente il volto dell' "altra America". Perché il "mostro", come ci suggerisce la regista, non ha un solo nome e molto spesso si annida nella società, o addirittura nella famiglia. Un film che prende allo stomaco per una storia che ci fa sentire tutti colpevoli. In un modo o nell' altro. C. .Michele Pierri
L'ALBA DEI MORTI VIVENTI Zack Snyder In un periodo in cui il ricicalggio delle idee del passato sembra essere un imperativo (Non aprite quella porta ha già avuto il suo bel remake), non stupisce il rifacimento di un classico quale Zombie di Romero. Il rigirare un film che tanto ha dato al cinema horror e non, però, ci fa ovviamente accostare al nuovo prodotto con una dose di doverosa diffidenza. Nell'era del politically correct, era immaginabile che nulla o quasi sarebbe rimasto dell'impronta politica che Romero aveva utilizzato per il suo film. E nessuna traccia c'è, infatti, delle sottili metafore romeriane dell'uomo che cannibalizza se stesso, dell'individuo ridotto ad ameba deambulante, del supermercato visto come icona consumistica e qui invece mero luogo di rifugio, preso pari pari dal suo predecessore. Eppure il film di Zack Snyder non fa strocere completamente il naso, perchè si tratta di un prodotto dignitosissimo, non privo di qualche buona idea (il folgornate inizio apocalittico, l'inquilino della casa di fronte che comunica con i nostri tarmite dei cartelli), capace di creare discreti momenti di tensione e di condurre con mestiere la vicenda. Un film di genere, scevro di ogni connotazione socio-politica; nè più, nè meno. Certo non mancano cadute di tono (il burbero che si redime dando la vita per i suoi compagni, l'evitabile parto del bambino zombi), ma nel complesso il gioco regge bene, merito anche della scelta di rendere i morti viventi vigorosissimi e assatanati, terrorizzanti perchè poco spazio lasciano alla vittima, e di una fotografia livida che ben si accorda con lo scenario degradato dell'invasione; tanto da far pensare che con un po' di originalità in più si sarebbe potuta imbastire un'ottima storia inedita senza scomodare i mostri ( è il caso di dirlo!) sacri. Eppure guardando l'ultima scena in cui il poliziotto si allontana con tanto di bandiera americana svolazzante sullo sfondo mi fa venire un dubbio? E' davvero così privo di sgnificati politici questo remake? Eh si perchè ripensando ai titoli di testa non si può non notare un montaggio fatto ad arte che compara scene di invasione degli zombi, ad altre di preghiera musulmana, o a lotte contro i no global tanto da assumere un retrogusto vagamente reazionario. Hai capito Zack Snyder? Gianpiero Chionna
Phone Byeong-ki Ahn Continua, nel mondo fatto di ologrammi cinematografici, la serie di film-sintomo che traducono in fotogrammi le paure dell´uomo contemporaneo. Dopo Independence Day e film simili che rispecchiavano la paura degli americani di essere attaccati (e poi l´11 settembre è arrivato davvero), è uscito Phone, una telefonata misteriosa arriva a un telefono cellulare. Il numero non può essere visualizzato e coloro che rispondono cadranno in uno stato improvviso di terrore e infine moriranno... Come "The Ring" (Una leggenda metropolitana narra la storia di una videocassetta, contenenti immagini da incubo, la cui visione porta alla morte in esattamente sette giorni. La reporter Rachel Keller, scettica all'inizio, si ricrede quando viene a sapere che quattro ragazzi sono morti esattamente una settimana dopo la visione della misteriosa cassetta. Così rintraccia la cassetta e la guarda: ha esattamente una settimana per riuscire a salvarsi...), anche questo film parte dalle nostre realtà e realizza nella trama le nostre paure. Chi di noi non ha mai avuto paura del piccolo schermo? (O del grande?). Chi di noi non ha mai avuto paura della potenziale catarsi indotta dalla visione di un film, la paura che la visione di un qualcosa ritenuto lontano dai nostri schemi mentali potesse cambiare il nostro modo di vedere le cose? E così la paura di modificare le nostre routines fa apparire come mostri i capolavori del cinema che hanno logiche che non appartengono a mondi razionali, come l´Esorcista. Dicevano prima che lo vedessi "Non vederlo, quelli sono film che ti cambiano". Ecco lo spunto per "The Ring", lo stesso a mio parere di "Phone": partire da oggetti semplici di uso quotidiano come la Tv o il cellulare che hanno rivoluzionato il nostro modo di vivere, e semplificato la nostra vita, e renderli partecipi e padri degli incubi. E così la paura di non poter comandare la tecnologia, nasce in teoria dalla mancata assimilazione dell´oggetto tecnologico nel nostro modello mentale di "oggetto utile e nostro amico", l´oggetto che sconvolge le nostre abitudini, invece che essere visto come semplificatore, viene considerato come nemico, perché fa crollare tutte le certezze che fino a quel momento si avevano. Phone traduce così il nostro stato d´animo agitato di quando ad esempio arriva sul nostro display uno squillo anonimo... chi sarà mai? Così negli individui più sensibili il quotidiano fa scattare la molla dell´istinto di autoconservazione, che genera la paura di scomparire, di essere inghiottiti dalla tecnologia e di non contare più nulla come individui pensanti e tanto meno capaci di fare qualcosa di intelligente e senza errori. Ecco la motivazione di chi fa e di chi va a vedere questi film, che a mio parere dopo il boom dei cellulari non avranno l´effetto terrifico che hanno adesso. I cellulari diventano sempre più mostruosi, siamo arrivati a certi modelli in commercio che contengono 32Mb di memoria e che tutto fanno oltre che telefonare: impianto hi-fi, telecamera e macchina fotografica... e io che sono una femminuccia, che sto a dire: mannaggia loro, mettono tutto in questi cellulari tranne che lo specchio x vedere se i capelli stanno a posto! Laura Lamarina
appuntamenti
18/20 giugno Imola Heineken Jammin Festival
Ogni Sabato Zuma / Lecce On The Rocks
Settima edizione e nomi sempre più strepitosi per l'Heineken Jammin Festival. Tre giorni assolutamente da non perdere per gli amanti della musica. Sul mega palco dell'autodromo di Imola suoneranno Massive Attack, FatboySlim, Pj Harvey, Pixies, Cure, Ben Harper, Lenny Kravitz e tanti altri ospiti italiani e internazionali. Partite dunque se potete e crogiolatevi al sole e alla musica. Per info: www.heineken.it/hjf.
Aperitivo e musica. Dal 15 Maggio ogni sabato allo Zuma Tob Lamare e Postman Ultrachic accarezzeranno le vostre orecchie con le loro selezioni musicali (Funky, boogaloo, indie, '80s, bossa, electrolounge…). A partire dalle 20:00 l'aperitivo più smart di Lecce vi accompagnerà nel vostro sabato sera. Ogni Sabato un ospite diverso.
19/21 giugno Lecce Salento Negroamaro / Festa Europea della Musica È una ricorrenza ormai da qualche anno. 21 giugno, festa europea della musica, in molte città e da quest'anno anche a Lecce. Per tre giorni, dal 19 al 21 giugno il mondo decide di incontrarsi nel bel sud di un'appendice d'Italia, e di parlare il linguaggio della musica e dell'arte di strada. Il mondo si, perché questa prima edizione della festa europea della musica a Lecce vedrà la partecipazione di artisti provenienti dai cinque continenti. Come un giro del mondo attraverso la musica, alla scoperta di nuove sonorità, di strumenti fantasiosi, della storia di un paese raccontata in note. Questa festa si prospetta come un'esplosione di energia nella suggestiva cornice del centro storico leccese. La città si risveglia e offre alla spontaneità dell'arte di strada un contesto a dir poco perfetto. Ed è magia che si aggiunge a magia. La scelta di dedicare la festa all'arte di strada è motivata dal fatto che essa è per lo più improvvisazione, un divenire continuo davanti agli occhi dello spettatore, è interazione con una platea attenta e coinvolta, è comunione e scambio di emozione. La musica ne è protagonista, la musica che a volte accarezza come nelle struggenti esibizioni del tango, e che a volte, invece, attraversa chi assiste alla sua esecuzione come nelle performance dei musicisti sudamericani. La musica che è contagiosa gaiezza nelle scatenate esibizioni dei gruppi inglesi, la musica di strada che è celebrazione dell'incontro fra artista e spettatore. Questi e molti altri gruppi si esibiranno all'interno di un contenitore eccezionale e prestigioso, e il tutto fa pensare a un appuntamento da non perdere. Cos'altro aggiungere, allora, se non consigliarvi di cambiare idea e di rimanere in città se per il weekend dal 19 al 21 giugno contavate di andar da qualche altra parte: datemi retta, rimanete a Lecce. Paola Fresa
26 giugno San Donato Salento Negroamaro / Villa Ada Sound System I Sud Sound System presentano la prima delle Boom Blast Summer Nights che fino al 24 luglio accompagneranno salentini e turisti. Cinque notti al ritmo reggae con ospiti italiani e internazionali presso gli impianti sportivi di San Donato. Il primo appuntamento è con Villa Ada Sound System di Roma. Ingresso gratuito
2 luglio Live Contest San Cesario Sul Palco presso il campo sportivo di San Cesario, quattro band salentine, si alterneranno Evagarde, Psycho Sun, Creme, Superpartner. In chiusura il dj set INSINTESI, tra drum 'n bass, trip hop, jungle, ben noto al pubblico salentino. Ingresso 5€ - Start 22
19 giugno The Yellow Party Marina di Salve La Meltin' Pot compie dieci anni con una notte di musica eccezionale (qui non si spreca questo aggettivo) in una delle più belle spiagge del Salento. The Yellow Party si celebrerà su 2 km di sabbia bianca e alberi selvatici a Lido Venere, Marina di Salve, con varietà musicale difficile da rintracciare da queste parti: dalla dance all'electro rock nazionale ed internazionale. Dal tramonto all'alba con la possibilità di nuotare e ballare. Due palchi dove si alterneranno live set e dj set. Nello stage A dalle 20.30 il produttore inglese Adrian Sherwood ospiterà nel suo live incursioni indiane con tanto di tablas del multistrumentista e guru del movimento asian Talvin Singh, per passare ad altre mescolanze sud americane non lontane dall'elettronica del combo Barxino. A mezzanotte sul palco salirà il pugliese Nicola Conte e a seguire il dj, produttore, remixer Joe Claussel e Alex Neri, dei Planet Funk. Nello stage B da mezzanotte il suono funky, hip hop e trip hop di Andy Smith, dj dei Portishead. A chiudere la notte prima la superstar della jungle e della drum'n'bass, Goldie, seguito da Agatha, il punto di riferimento della club culture e della dance italiana di qualità. Per informazioni 0833302365 yellowparty@meltinpot.com; www.lidovenere.com.
3 luglio NoAIDSalento / Assalti frontali Melpignano Il Salento scende nuovamente in piazza contro l'Aids. La Lila di Lecce, il Comune di Melpignano e Big Sur presentano la seconda edizione di NoAIDSalento. Il 31 maggio del 2003 migliaia di persone ballarono in piazza San Giorgio a Melpignano per testimoniare contro la malattia e contro i pregiudizi. La campagna di sensibilizzazione della Lila provinciale, guidata da Paola Maggiore e Simona Cleopazzo, prosegue con una giornata che si chiuderà con il concerto di Manigold e Assalti Frontali. Inoltre saranno allestiti banchetti informativi, mostre, uno stand con degustazione di prodotti africani per rilanciare l'attenzione su un continente che pare ormai dimenticato. Sarà presentato infine “Musica per la lotta contro l'Aids”, un cd (in vendita a 5 euro) che contiene otto brani di Opa Cupa, Tax Free, RadioDervish e Nidi d'Arac.
Sabato 3 Luglio 2004 Jestrai rock festival h21.30 Ingresso Gratuito Campo Sportivo di Macaversa Karnea + Tbh in concerto, Kantieri presenta JESTRAIROCK, concerto dal vivo dei gruppi Karnea e Tbh, della famosa etichetta Jestrai gruppi ospiti della serata saranno inoltre Bruise Violet + Zener . E' un appuntamento della rassegna PROPAGAZIONI, ideata da Kantieri e che ha portato dal vivo nel Salento gruppi come Banda Bassotti e Giardini di Mirò. Unica data nel Sud Italia per il Festival Jestrairock. Tutte le info sull'evento alla pagina www.kantieri.it/propagazioni/jestrai.asp (informazioni e gli aggiornamenti sull'evento: programma, comunicati, info e contatti, schede dei gruppi ospiti,, foto, download brani e video, etc).L'evento è una produzione KANTIERI INFO E CONTATTI KANTIERI Tel. 339 5873825Sito: www.kantieri.it Email: info@kantieri.it
appuntamenti
Giovedì 8 Luglio Dillinger Escare Plane + Browbeat + Ciaff Chalet dei Pini Provinciale Lecce Arnesano
Dopo il tour europeo coi System Of A Down, l'incredibile disco con Mike Patton (Faith No More, Fantomas, Tomahawk, Mr. Bungle...) uscito sulla mitica Epitaph records e due album su Relapse records (all'attivo lavori di Neurosis, Suffocation, Converge, Dying Fetus...) arrivano nel Salento del New Jersey i Dillinger Escape Plan, autori di un allucinante e ipertecnico incrocio tra metal estremo, jazz-fusion e post-hardcore che può ricordare bands come Cynic, Meshuggah, Converge, Paco de Lucia e Allan Holdsworth frullati insieme! Assieme a loro, da Modena i BROWBEAT e il loro assalto metalcore che gli ha valso un importante contratto con l'etichetta inglese Copro records (EarthTone9 tra gli altri), da Napoli i CIAFF e il loro hardcore in stile Newyorkese, featuring Enrico degli Undertakers alla voce, e un quarto gruppo ancora segreto... Il concerto è all'interno di un evento che partirà dalle 16 del pomeriggio, con una Tattoo convention con i migliori tatuatori italiani e uno Skate contest a premi. Ingresso 10 euro, per info: shankiller2001@yahoo.it - 328/6177083 340/0519032
Sabato 10 luglio 2004 The SKATALITES 40th anniversary tour ! Alberobello (Bari) - piazza Indipendenza Gli Skatalites rappresentano la vera "foundation" di tutta la musica giamaicana. Il nucleo di questa band tuttora attivissima con tour mondiali e uscite discografiche, è composto dagli stessi uomini che mezzo secolo fà si trovarono al centro di un rinnovamento musicale che dalla Giamaica avrebbe conquistato il mondo. Il nuovo suono della gioventù giamaicana all'inizio degli anni '60 si chiamò ska, e successivamente diventò rocksteady per poi mutare ancora in reggae. I veri artefici di queste creazioni furono una abbastanza ristretta cerchia di geniali musicisti, alcuni dei quali cominciarono a chiamarsi Ska-talites nel 1964, guidati dal grande produttore Coxone Dodd (recentemente scomparso) a Studio One. Il gruppo originale era dominato dal carisma del leggendario trombonista Don Drummond, ma ognuno dei componenti era dotato di una grande personalità musicale: parliamo di nomi come Tommy McCook, Rolando Alphonso, Johnny Moore, Lester Sterling, Lloyd Knibb, Lloyd Brevett e Jackie Mittoo, che hanno lasciato un'eredità musicale immensa nel corso dei decenni. Alcuni di loro oggi non ci sono più, ma hanno continuato a suonare e creare fino all'ultimo dei loro giorni, ed il nome Skatalites continua ad entusiasmare masse di giovanissimi fans in tutto il mondo. I musicisti originali ancora nella band attualmente sono Lloyd Brevett (basso), Lloyd Knibb (batteria), Doreen Shaffer (voce) e Lester Sterling (tromba). Completano l'ensemble per il "40th anniversary Tour": Karl "Cannonball" Bryan (sax alto e tenore) Vin Gordon (trombone), Kevin Batchelor (tromba) Devon James (chitarra), Ken Stewart (tastiere) Apriranno il concerto i salentini CUCUWAWA. Inizio ore 21:00 - info@bassculture.it - 0805533307 Ticket: 12 euro in prevendita - 15 euro al botteghino
L'ESTATE DEI FESTIVAL date e contatti per sapere tutto o quasi tutto sui raduni in musica di questa estate. dal 12 giugno al 28 luglio, Roma, Centrale del Tennis Info: 06 8073026 FIESTA, Roma dal 12 giugno al 29 Luglio, Ipp. Capannelle. www.fiesta.it FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ, dal 12 al 15 agosto, Villa Celimontana Roma / www.romajazz.com VENETO JAZZ FESTIVAL, dal 15 giugno al 13 agosto(comuni del Veneto) www.venetojazz.com NEAPOLIS FESTIVAL, dal 16 giugno al 9 luglio Napoli JAZZ'IN'IT VIGNOLA, (Mo) dal 18 al 20 giugno (Piazza Contrari) info: 059 777706 ROMA INCONTRA IL MONDO, dal 20 giugno al 7 agosto (Roma) Villa Ada www.villaada.org FESTIVAL DELLE COLLINE, dal 23 giugno al 16 luglio (Prato e provincia) info:05745317 JESTRAI ROCK, dal 24 al 27 giugno- Bergamo (città alta) www.jestrai.com SESTANTE SESTO D'ESTATE, dal 25 giugno all'1 settembre, Sesto fiorentino (fi) www.sestoestate.com SUMMER SOUND, dal 29 giugno al 9 luglio Bergamo www.giovani.bg.it WOMAD, dall'1 al 4 luglio Taormina (Me) Teatro greco www.womad.org FOLKEST 2004, dall'1 al 25 luglio Friuli Veneto Istria www.folkest.com SHERWOOD FESTIVAL,dall'1 al 31 luglio Padova (stadio euganeo) I SUONI DELLE DOLOMITI, dall'1 luglio al 22 agosto varie località ROTOTOMSUNSPLASH, dal 2 luglio al 10 luglio Osoppo (Ud) parco del Rivellino www.rototomsunsplash.com AREZZO WAVE,dal 6 al 11 luglio Arezzo www.arezzowave.com FREAKOUT ,7 e 8 luglio Napoli Arena flegrea info 081 8822687 INDIPENDENT DAYS, 4 e 5 settembre Bologna Arena Parco Nord Www.indipendente.com FORUM ESTATE
Nuove ricette capitali
CoolClub.it Anno 1 Numero 5 Iscritto al registro della stampa del tribunale di Lecce il 15.01.2004 al n.844 Direttore responsabile Dario Quarta Collettivo redazionale Osvaldo Piliego, Dario Goffredo, Pierpaolo Lala Collaboratori: Valentina Cataldo, Gianpiero Chionna, Cesare Liaci, Sergio Chiari, Maurizia Calò, Marcello Zappatore, Davide Castrignanò, Amedeo Savino, Patrizio Longo, Augusto Maiorano, Antonio Iovane, Rossano Astremo, Rita Miglietta, Marta Vignola, Daniele Lala, Elisa De Portu, Daniele Rollo, Marco Daretti, Marco Leone, Fulvio Totaro, Stefano Toma, Federico Vaglio, Michele Pierri, Lorenzo Coppola, Paola Volante Per le foto si ringrazia Alice Pedroletti Coop. Koreja (Raiz) Progetto grafico fuoridaltunnel Impaginazione Monsieur le President Lupo Editore Soc. Coop. CoolClub Redazione Via De Jacobis 42 73100 Lecce Telefono: 0832303707 e-mail: redazione@coolclub.it Sito: www.coolclub.it Stampa Poligrafica Desa Srl Copertino Per inserzioni pubblicitarie: ufficiostampa@coolclub.it
Ricette golose Un cioccolatino prima di cena non c'entra. Ma è buono e con i pistacchi. Lo mangio. Ne mangio un altro tanto che fa? Sono buoni davvero vengono dalla Sicilia. Prendine, prendine anche tu, non fare complimenti. E devono essere rimaste delle patatine. Come aperitivo prima di cena sono perfette. Le classiche, ma dovrei avere anche le rustiche. Permettimi di consigliarti due patatine, in mezzo una fettina di salame calabrese, il tutto tra due fette di pane di Matera, mi sembra perfetto. C'era del formaggio buono, da dove veniva? Forse dall'Abruzzo, lo vuoi assaggiare? Un'altro pezzetto, stavolta col pane. Nel frigo c'è anche del tonno. Prima di cena ho sempre un sacco di fame, tu no? Questo tonno è buono davvero. Lo fa un pescatore di Leuca, lo regala ogni anno a mio padre. Mia madre invece fa la marmellata d'arance che quasi quasi ne mettiamo un po' su 'sto pane buonissimo. Ma forse adesso dovremmo pensare alla cena. Ci sono due polpette avanzate ma queste ce le mangiamo adesso al volo. Che buono il sugo col pane. Non vuoi inzupparne un po'? Per cena che ne dici se ci mangiamo un po' di mozzarella con l'insalata? Meglio tenersi leggeri la sera. Ricette iraconde Come? Non ti piace? Ma come ti permetti? L'ho preparato apposta per te! Ti rendi conto che mi sono alzato stamattina presto per cucinare? Che sei stato tu che hai insistito che volevi venire a cena da me? Che volevi assaggiare le cose che cucino io! E adesso te ne esci che non mangi il riso? Me lo potevi pure dire che non mangi il riso, no? E come facevo a saperlo io? Ci conosciamo da tanto tempo dici? Sì ma questa è la prima volta che vieni a cena da me! E guarda penso proprio che sia anche l'ultima. Hai cominciato proprio male. Davvero guarda sto cercando di rimanere calmo, ma se c'è una cosa che non sopporto, che mi fa proprio saltare i nervi è la maleducazione. Ma insomma non ti hanno insegnato che quando vai a cena a casa di qualcuno devi rispettarlo? Che devi mangiare tutto quello che ti offrono? Anzi sai che ti dico? Che mi hai fatto passare l'appetito. Io me ne vado. Tu fai che vuoi, ma una cosa è certa: io a cena non ti invito più. Ricette invidiose Come l'hai presa tu la pizza? Prosciutto e funghi? Ma prosciutto crudo o cotto? Cotto, il mio preferito, bravo. E i funghi sono quelli freschi, tagliati a fettine o quelli sott'olio? Quelli freschi? Mamma mia mi fanno impazzire. Mannaggia, io ho preso questa margherita che non sa di niente. Uffa! No, no, figurati, non ti preoccupare. Mangiala tu, non è il caso di fare a cambio. Ho preso questa e questa mangio. Senti, e la tua com'è? Bella croccante o umida? Croccante? Proprio come piace a me. La mia invece è tutta molliccia, umida, e poi c'ha un sacco di olio. La tua no? Davvero? Come sei fortunato, cavoli. L'ho sempre detto io che sei nato con la camicia. Sei sempre stato migliore di me. Anche quando si tratta di mangiare la pizza va meglio a te che a me. Ma è proprio ben cotta la tua vero? La mia è tutta cruda, vedi a me piace quando i bordi sono un po' bruciacchiati, qui c'è tutta la farina che è rimasta bianca. Mi fa senso. Davvero vuoi fare a cambio? Ma non è che lo dici solo per farmi piacere? Davvero preferisci la mia? Va bene allora se è per te ci sto. Tieni ecco la mia. Grazie grazie davvero la tua pizza è proprio squisita. Certo che a vederti come mangi con gusto quella margherita, fai proprio invidia. Non è che me la faresti assaggiare no? Così per curiosità. Ricette avare Cento grammi di pasta per due bastano vero? Tu di solito ne mangi cento grammi da solo? Ma sei pazzo? Guarda che la pasta fa malissimo. Se continui così nel giro di qualche anno diventi un bel grassone. Credimi: cinquanta grammi di pasta sono più che sufficienti. Ti conviene darmi retta sai? Con un filo d'olio ti piace la pasta? La preferivi col sugo? Mi dispiace ma proprio non ne ho, ti dovrai accontentare di un po' d'olio. E poi scusa che male c'è a mangiare la pasta con l'olio? A me piace un sacco. E l'olio è un alimento sano, completo e pregiatissimo. Ma lo sai quanto costa un litro d'olio? Che ormai quando uno va a fare la spesa non sa più come fare per non finire sul lastrico appena si muove fra gli scaffali del supermercato. Da quando hanno fatto la moneta unica che doveva portare chissà quali vantaggi io so solo che non ci si può fare i conti in tasca c'è da impazzire. Con uno stipendio dignitoso non ce la fai ad arrivare a fine mese. E questo qui viene e schifa la pasta con l'olio. Scommetto che ci volevi pure il parmigiano, non è vero? E non ce l'ho il parmigiano. Ti rendi conto che costa quanto l'oro il parmigiano? Roba da pazzi. Dai vedi che se la mangi ti piace. Scusami se mi sono arrabbiato. Il fatto è che mi hanno insegnato a non sputare nel piatto in cui mangio. Ogni cosa che mangio è un lusso per me. Così mi hanno insegnato. Lo vedi che ti piace la pasta fatta così? E poi è pure leggera, non ti appesantisce. Se poi di olio ne metti poco, non è nemmeno troppo unta che se no poi stanca troppo unta. Io sono proprio sazio, ma se vuoi ancora qualcosa ci dovrebbero essere delle polpette avanzate da pranzo. Anzi sai che ti dico? Mangiamole, perché non vorrei che andassero a male. Mi dispiace proprio buttare il cibo. dario