Supplemento bio di Cooperazione

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Supplemento di Cooperazione N. 7 del 12 febbraio 2013

Ieri: Il bio esce dalla nicchia pagina 4 Oggi: Cosa fa l’azienda bio pagina 12 Domani: Cosa mangeremo? pagina 18

Svizzera, paese bio storia, dati e fatti


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20 anni Naturaplan Il presidente dei contadini

Markus Ritter, neopresidente dell’Unione svizzera dei contadini, è agricoltore bio nel canton Sangallo. Nell’intervista ci parla dell’idea di una Svizzera biologica e del ruolo moderno dell’agricoltura nel contesto economico.

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Il cibo del futuro Tra 40 anni saremo in 10 miliardi sulla Terra. Dovremo modificare la nostra dieta? Come varieranno i menu? Il parere di Achim Walter, professore al Politecnico di Zurigo.

Uno sguardo al passato Nel 1993 Coop cercava attraverso annunci agricoltori bio e ha lanciato il machio bio Naturaplan. Oggi, a distanza di 20 anni, quasi ogni secondo prodotto venduto da Coop è bio. In una tavola rotonda, quattro pionieri del bio fanno il punto alla situazione. Sono: Felix Wehrle, 20 anni fa era il «Mr. Bio» da Coop, Regina Fuhrer, presidente fino al 2011 di Bio Suisse, Andrea Hämmerle, contadino bio ed ex consigliere nazionale, e Urs P. Niggli, direttore dell’Istituto FiBL.

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Ieri: Il bio esce dalla nicchia pagina 4 Oggi: Cosa fa l’azienda bio pagina 12 Domani: Cosa mangeremo? pagina 18

Svizzera, paese bio storia, dati e fatti

Copertina: Fotomontaggio Coop FOTO: FOTOLIA

Impressum Editore: Coop Società cooperativa, 4002 Basilea, Jörg Ledermann, Patrick Wehrli (direttore della stampa Coop) Redazione: Christian Degen (caposervizio), René Schulte, Franz Bamert, Stefan Fehlmann, Thomas Compagno, Natalia Ferroni

Redazione fotografica: Pascale Hadorn (caposervizio), Fabia Müller, Erhan Günan Layout: Peter Hilfiker (caposervizio), Marianna Schilling Elaborazione: Num Roth, Mechtild Ackermann Produzione: Saverio Verrascina

Stampa: Neue Zürcher Zeitung AG NZZ Print, Schlieren Tiratura: 2,6 milioni esemplari Foto: Charly Hug, Heiner H. Schmitt, Alamy, Fotolia, mad Infografico: muff-illustration.ch


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Grazie per il vostro impegno Il bio, un’arte

I criteri del bio

Gioie e dolori di Pascal Rimediotti, a capo del Demanio agricolo cantonale sul piano di Magadino.

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Una fattoria affi liata a Bio Suisse, che quindi può fregiarsi della Gemma, quali condizioni deve rispettare? I diversi criteri in pillole.

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«Oggi il biologico è un modo di vivere» La cifra d’affari dei prodotti bio è in continua crescita e, a volte, la domanda supera l’offerta. Philipp Wyss, vice-capo di Coop, vede nel marchio bio Naturaplan un grande potenziale.

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Sono felice di poter festeggiare con voi i 20 anni Naturaplan. Questo successo è merito del vostro impegno. È quindi con piacere che vi invito a sfoConradin Bolliger, gliare queste pagine per responsabile ripercorrere un affascida Coop nante viaggio del bio nel per le marche proprie sostenibili. tempo. Il bio oggi fa buona fi gura, è un marchio e un mercato in crescita. Guardando la storia, oggi si può dire che Coop Naturaplan ha rivoluzionato il mercato del bio in Svizzera perché gli ha dato una svolta decisiva. Il lancio dell’agricoltura bio in Svizzera e gli inizi di Naturaplan nel 1993 sono caratterizzati da pionieri, visionari (vedi a pag. 4) e dall’impegno senza compromessi in favore di Bio Suisse e degli agricoltori bio. E così si deve andare avanti, per un’agricoltura sana, una natura sana e persone sane.

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Giovane cittadino alle prese con… ricordate gli spot televisivi di Coop Naturaplan lanciati per sottolineare l’anniversario dei 20 anni della linea biologica di Coop? I generi alimentari bio Coop Naturaplan provengono da agricoltura

Il bio in cifre Quante aziende bio esistono in Svizzera, e quanti sono gli ettari di superfi cie agricola coltivata in bio? Le risposte a queste e ad altre domande a pagina:

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I miei vent’anni biologica controllata e certifi cata. Sono prodotti nel rispetto delle rigide direttive di Bio Suisse in sintonia con la natura e attraverso metodi di produzione delicati. A garantirlo è la Gemma Bio Suisse. Per un bio senza compromessi.


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20 anni Naturaplan

Un inizio pieno Storia del bio Il successo dell’agricolturabio in Svizzera è una storia punteggiata da battaglie politiche e caratterizzata da una grande opera di persuasione e da un intenso lavoro di ricerca, ma anche da un’ atmosfera di fi ducia e amicizia reciproca. Quattro pionieri del bio rievocano quel passato. «Siamo partiti con due tre prodotti». Felix Wehrle, 20 anni fa «Mr. Bio» di Coop.

1840

FOTO: FOTOLIA, KEYSTONE, MAD

Una lunga storia, raccontata in breve All’inizio del XX secolo i pionieri del bio si occuparono soprattutto del crescente impiego dei concimi artifi ciali. Il primo concime minerale aveva fatto la sua comparsa sul mercato nel 1840. Ma la cosa più tragica è il fatto che Justus von Liebig, l’«invento-

«Ci è voluto molto lavoro di persuasione». Regina Fuhrer, fi no al 2011 presidente Bio Suisse.

1924 re» della teoria minerale, rinnegò la sua stessa fi losofi a. All’epoca, tuttavia, quello dei concimi artifi ciali era già divenuto un business gigantesco. Eppure all’interno del movimento vi furono sempre correnti contrarie come negli anni ’20, quando Mina Hofstetter propagandò l’idea di un ritorno alla natura e lavorò con il compostaggio e la pacciamatura.

Nel 1924 Rudolf Steiner, un suo contemporaneo, fondò l’agricoltura bio-dinamica (Demeter). I contadini Demeter praticano una sorta di «omeopatia per il suolo». I preparati impiegati vengono realizzati utilizzando, come base, le piante offi cinali. Essi servono alla cura del concime e del compostaggio, regolano la crescita delle radici e la vita nel terreno e sostengono la crescente concentrazione di piante. www.demeter.ch


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di promesse TESTO: FRANZ BAMERT FOTO: CHARLY HUG

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«L’ambiente era surriscaldato». Andrea Hämmerle, agricoltore bio ed ex consigliere nazionale.

1946 Il biologo Hans Müller e sua moglie Maria Müller-Bigler sono considerati i veri fondatori dell’agricoltura biologica in Svizzera. Nel 1946 Müller mise fi ne al suo impegno politico per dedicarsi all’agricoltura biologica. Riconobbe subito, in questo sistema di produzione, un metodo valido per proteggere e rendere indipendente ogni singola azienda dalla «chimicalizzazione» dell’agricoltura. Le sue idee vennero diffuse dalla «Bauernheimatschule Möschberg» (BE). www.bioforumschweiz.ch

«La credibilità era ed è il nostro capitale». Urs P. Niggli, direttore FiBL.

1947 Nel 1947 venne fondata Bioterra, un’organizzazione pionieristica in campo di agricoltura biodinamica. In veste di Società svizzera per l’agricoltura biologica, essa fu detentrice di uno dei primi marchi per prodotti bio e membro fondatore della futura organizzazione Bio Suisse. Bioterra promuove la produzione e il consumo di alimenti biologici nonché la creazione di habitat caratterizzati da un’elevata biodiversità. www.bioterra.ch

a com’è cominciato il boom del biologico in Svizzera? Chiunque si senta porre questa domanda, naturalmente, dà una risposta diversa. In principio, tuttavia, tra le tante cose vi fu anche la mela… Quella di Adamo ed Eva, direte voi. Sbagliato, l’agricoltura biologica non è così vecchia. All’inizio vi fu invece la mela che ancora non esisteva, ma che Coop stava cercando: bella, croccante, succosa, con una lunga conservazione, e soprattutto senza «veleni». «Le antenate delle mele bio erano delle cose bitorzolute, dall’aspetto decisamente poco invitante, seminascoste in un angolino del negozietto bio,

1970 Nel 1970 una commissione indetta dall’allora consigliere federale Ernst Brugger giunse alla conclusione che la Confederazione potesse sostenere fi nanziariamente l’allestimento, frutto dell’iniziativa privata, di una stazione agraria sperimentale per metodi di coltivazione biologici in cui si evita il ricorso a prodotti chimici.

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«Siamo un esempio di caparbietà e di perseverenza»

che la gente acquistava più per pietà che per altro», ricorda Felix Wehrle il quale, vent’anni fa, era responsabile della politica economica dell’azienda, una sorta di «mister Bio» di Coop. Ma queste introvabili mele bio, naturalmente, hanno un antefatto. 20 anni fa il bio non è stato inventato, bensì ridestato dal sonno della Bella Addormentata: persone che non vogliono avvelenare l’ambiente con i pesticidi, che non sono indifferenti a quel che mangiano e a quale mondo lasciano in eredità ai loro discendenti ci sono sempre state, sebbene spesso siano state derise e considerate degli outsider. Ad un’idea giunta a maturazione, tuttavia, non si può resistere. E venti o trent’anni fa per l’agricoltura biologica i tempi erano maturi. Per Andrea Hämmerle – divenuto successivamen-

te consigliere nazionale socialista –, gli esordi del bio affondano le loro radici nel clima del ’68: «Quando nel 1982 con mia moglie rilevammo la fattoria, quella del bio era una scelta ovvia», dice Hämmerle. E ciò, nonostante il fatto che l’agricoltura biologica non fosse ancora riconosciuta a livello statale. Ma l’idea del bio, ormai, viveva di vita propria. Nel 1973, su iniziativa privata, venne fondato l’Istituto di ricerche dell’agricoltura biologica (FiBL). Fu l’inizio di una storia di grande successo: «La credibilità era e rimane il nostro maggiore capitale», dice l’attuale direttore del FiBL, Urs Niggli. «A tal scopo, perciò, non ci siamo limitati a creare regole chiare, ma abbiamo anche allestito organi in grado di controllare il rispetto di tali regole. Da lì, più tardi, nacque Bio Suisse». Il FiBL ad oggi ha «esportato» questo sistema svizzero in trenta paesi per incentivare lo sviluppo dell’agricoltura biologica. Ma torniamo ai diversi inizi del biologico e incontriamo Regina Fuhrer, contadina bio di Burgistein (BE): cresciuta in città, Fuhrer ha nel frattempo messo salde radici in campagna. Fino a due anni fa, inoltre, ha presiedu-

to Bio Suisse, l’organizzazione mantello delle aziende bio svizzere, e ha partecipato alla creazione della Gemma, il marchio bio per eccellenza. Oggi la contadina bio, l’uomo di Coop, il conta-

FOTO: FOTOLIA, MAD

1973 Nel 1973 venne posta una pietra miliare nella storia del biologico: il consigliere nazionale Heiri Schalcher diede vita alla Fondazione svizzera per la promozione dell’agricoltura biologica che nel 1974 divenne l’Istituto di ricerche dell’agricoltura biologica (FiBL). Il FiBL è oggi uno degli istituti di ricerca leader a livello mondiale per l’agricoltura ecologica. Il FiBL possiede una profonda competenza in ambito di sfruttamen-

dino bio e il direttore del FiBl siedono tutti al tavolo della cucina degli Hämmerle e ripensano al passato. Ma senza malinconia o rimpianti, bensì rievocando aneddoti e storielle, brindando al futuro, e

Si sono battuti in favore dell’agricoltura biologica: Andrea Hämmerle, Felix Wehrle, Urs P. Niggli e Regina Fuhrer (da sinistra).

1974

to ecologico del suolo e di produzione vegetale, di salute olistica degli animali, di etologia animale e di allevamento ecologico degli animali. www.fi bl.org

Nel 1974 una commissione scientifi ca della Confederazione giunse alla conclusione che si dovesse vietare la dicitura «bio» per i generi alimentari. Questo proposito non si concretizzò mai, ma innescò un processo in cui diverse organizzazioni bio cominciarono a elaborare una serie di direttive.


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sfoderando persino una punta di malcelato orgoglio. Del tutto giustifi cato, sia detto. Poiché per poter vantare quasi 6000 contadini bio, per fare sì che Coop raggiungesse un miliardo di franchi di fattu-

rato con i prodotti bio, e per fare in modo che anche la politica riconoscesse l’agricoltura bio, ci è voluto un lungo e paziente lavoro, un’opera che i nostri quattro pionieri hanno intrapreso ciascu-

no nell’ambito della propria funzione, ma spesso anche lavorando insieme. E ora, dopo due o tre decenni, non solo siedono attorno a uno stesso tavolo, ma sono anche diventati amici. In un’economia

in cui, solitamente, le cariche di manager e funzionari hanno una durata – nel migliore dei casi – di qualche anno, il loro lungo sodalizio è, da solo, un piccolo miracolo. Un «esempio di caparbietà e perseveranza», lo defi nisce Niggli. Negli anni ’80 in Svizzera l’agricoltura bio muoveva ancora i primi passi: nessun istituto agricolo offri-

«Abbiamo dovuto lavorare secondo la massima «esperimento ed errore» va corsi di agricoltura biologica. Hämmerle e altri pionieri del bio frequentarono così dei corsi al FIBL. «È lì che vidi per la prima volta uno strigliatore – una macchina per la sarchiatura meccanica», si ricorda. Lo strigliatore esiste ancora, ma al FIBL, nel frattempo, per i contadini bio sono stati sviluppati

1980 Nel 1980 cinque organizzazioni bio (Produzentenverein für biologisch-dynamische Wirtschaftsweise, la cooperativa Biofarm, Bioterra, PROGANA e il FiBL) sottoscrissero un accordo relativo alle «Direttive sui prodotti di vendita da agricoltura biologica», fondando così la VSBLO, l’organizzazione precorritrice di Bio Suisse.

1981 Nel 1981 germogliò la «Gemma», un marchio rilasciato da Bio Suisse. La gemma garantisce normative unitarie a un alto livello ecologico. Solo le aziende che producono interamente in regime ecologico possono fregiarsi del marchio Gemma. Avere il contrassegno Gemma signifi ca garantire l’intero ciclo biologico: bio, in tutto o per niente. www.bio-suisse.ch

1986 Nel 1988 a Basilea la MIBA fu il primo produttore di latte a realizzare uno yogurt con la gemma. Esso venne messo in vendita nei negozi di Coop.

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persino programmi computerizzati di lotta parassitaria su base scientifi ca. «Per noi il FiBL è fondamentale», afferma Fuhrer. «Che si tratti di salute degli animali, fertilità del suolo, lotta parassitaria, il FiBL ha sempre svolto un lavoro eccezionale». 20 o 30 anni fa la situazione era ancora molto diversa. Hämmerle racconta come spesso abbia lavorato, o meglio abbia dovuto lavorare secondo la massima «esperimento ed errore». Ma il bio andava vieppiù imponendosi. «Sia i nostri clienti sia noi di Coop ne avevamo abbastanza di scandali alimentari», afferma Wehrle citando il caso della carne agli ormoni, quello dei residui di pesticidi o le notizie sul tenore di nitrati nel formentino. All’epoca quegli scandali erano all’ordine del giorno. Nel 1993, infi ne, Coop pose una pietra miliare: l’azienda, attra-

pose una pietra miliare politica sulla via verso una Svizzera agricola biologica. «Si trattava di lasciarsi «Molti contadini bio fi nalmente alle spalle l’etemevano che conomia di guerra, i prezci “vendessimo” al zi garantiti e le quantità grande distributore» minime», ricorda Regina Fuhrer. Tutto ciò portò ad alleanze che inizialmente, negli ambienti borghesi, verso alcuni annunci, si non furono molto apprez- i contadini disposti a formise in cerca di contadini zate. Wehrle, l’uomo di nire prestazioni ecologibiologici e fondò il mar- Coop, e il socialista Häm- che. chio bio Naturaplan. Il merle, ad esempio, ebbe- La battaglia attorno alla quotidiano Tages Anzeiger ro più volte modo di bat- costruzione della nuova titolò allora in prima pagi- tersi fi anco a fi anco, politica agraria fu aspra e na: «La Coop diventa ver- nell’ambito della trasmis- violenta, sia dentro che de»! «Abbiamo iniziato sione svizzerotedesca Are- fuori il parlamento: «Ad con pochi prodotti bio», ci na, a favore di una nuova accezione dei dibattiti dice Wehrle: «Formaggio politica agricola: una po- sulla politica dei trasporti, dei Grigioni, uno yogurt, litica che abbandonasse la non mi era mai capitato di carote…» Oggi, 20 anni garanzia dei prezzi e dello vedere le emozioni esapiù tardi, Coop propone smercio tipica di un’eco- cerbarsi a tal punto», af2100 prodotti con la Gem- nomia pianifi cata, e che ferma Hämmerle, che ma bio. andasse invece nella dire- all’epoca era già ConsiL’approvazione della nuo- zione dei pagamenti di- gliere nazionale. Per gli va politica agraria, infi ne, retti che ricompensavano ambienti agricoli tradizionali, la nuova politica agraria era vista con enorme scetticismo: dopo svariate votazioni, tuttavia, nel 1996 il popolo approvò fi nalmente un’agricoltura più ecologica. Seppure le dispute interne al mondo dei contadini biologici e negli ambienti di Coop fecero parlare meno di sé, esse non furono certo meno violente: «Coop non voleva solo i nostri prodotti, ma voleva anche certifi -

FOTO: FOTOLIA, MAD

1993 Si giunse fi nalmente al 1993: Coop lanciò il marchio bio Naturaplan contrassegnato con la gemma. Tra i primi prodotti fi guravano il formaggio di montagna dei Grigioni, lo yogurt e le uova. Naturaplan ha contribuito all’affermazione dell’agricoltura bio e ha ottenuto diversi premi in ambito di marketing per le sue prestazioni innovative. Attualmente Coop propone oltre 1600 prodotti Naturaplan. www.coop.ch/naturaplan

1995 Due anni più tardi entrò in vigore l’ordinanza sul bio la quale disciplinava, tra le altre cose, l’etichettatura delle derrate alimentari da agricoltura biologica.

1996 In quest’epoca cominciò a muoversi anche la politica, e nel 1996 il popolo approvò i pagamenti diretti all’agricoltura, legati alle prestazioni ecologiche.


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«Regina Fuhrer si è sempre battuta con i denti e le unghie»

carli con la nostra Gemma. E molti contadini bio temevano che ci “vendessimo” al grande distributore», racconta Fuhrer. La contadina bio animò numerosissime discussioni,

svolse una grande opera di persuasione, e condusse trattative con i «suoi» contadini e con Coop. «All’interno di Coop le cose non erano tanto diverse», aggiunge ridendo Wehrle. «Per molti collaboratori di Coop, il bio – all’epoca – era qualcosa di settario, e in ogni caso qualcosa con cui era impossibile generare fatturato». E tuttavia, la collaborazione tra Coop e Bio Suisse ha dato vita a un grande successo. «Sai Felix cos’ha contribu-

ito maggiormente al successo di questo partenariato?», chiede Fuhrer. «La tua franchezza, le nostre discussioni a viso aperto, il fatto di aver sempre parlato alla pari». Wehrle, quasi imbarazzato, rilancia: «E tu, nei negoziati, ti sei sempre battuta con i denti e le unghie – come una leonessa». Discussioni ve ne sono state e ve ne saranno sempre: per alcuni il latte UHT con la Gemma o il purè di patate già pronto è un sacri-

legio, per altri è una normale evoluzione. In principio vi era anche la mela. Oggi Felix Wehrle non deve più cercarla: è già qui. Coop ha patrocinato l’IRAB con 600mila franchi e i ricercatori dell’Istituto hanno svolto un lavoro eccellente. Oggi i consumatori hanno la possibilità di scegliere tra decine di varietà di mele bio. E ora? Quale sarà il prossimo passo? L’obiettivo di Bio Suisse è una Svizzera biologica. L’inizio promette benissimo.

I quattro pionieri del bio, venti anni dopo.

2002 Nel 2002 è stata raggiunta, per la prima volta in Svizzera, una cifra d’affari di un miliardo di franchi con i prodotti contrassegnati dalla Gemma.

2003 I primi dieci anni di successo: la cifra d’affari sui prodotti bio Coop Naturaplan è in continua crescita.

2011 Nel 2011 circa 6000 aziende operavano secondo le direttive Bio Suisse. Con i 387 stabilimenti che producono secondo l’ordinanza bio della Confederazione (senza Gemma), la quota di aziende bio sul totale delle aziende agricole svizzere raggiunge circa l’11%.

2011 Anche nel 2011 la quota bio in ambito di commercio al dettaglio ha continuato ad aumentare e ha fatto segnare un incremento della cifra d’affari del 4,2% a quota 1,738 miliardi di franchi. Un prodotto bio su due acquistato in Svizzera proviene da un negozio Coop e ogni anno la scelta e la varietà dei prodotti Coop Naturaplan è più ampia.

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20 anni Naturaplan Mercato bio svizzero 2011: distribuzione delle quote di mercato

Fonte: Bio Suisse

Fonte: Bio Suisse

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Mercato bio della Svizzera, 2007 - 2011: cifra d’affari in milioni di franchi

I numeri del bio Fonte: Bio Suisse e Uffi cio federale di statistica

Quante aziende bio esistono in Svizzera? E quanti sono gli ettari di superfi cie agricola coltivati in biologico? Qui troverete la risposta a queste e a tante altre domande. Quota percentuale di superfi ci biologiche utili sul totale della superfi cie agricola utile (2011)

Quota di superfi ce bio nelle zone di montagna: 19%

Quota di superfi ce Quota bio su tutta bio nelle zone di la superfi cie agricola pianura: 6% utile: 11,1%

Fonte: Bio Suisse e Istituto di ricerche per l’agricoltura biologica FiBL

Statistica

Numero di aziende biologiche in Svizzera e nel Principato del Liechtenstein dal 1991 al 2011

Fonte: Bio Suisse

Nel 2011, il mercato del bio è cresciuto del 4,2% rispetto al 2010, raggiungendo una cifra d’affari di 1,7 miliardi di franchi mentre il consumo pro-capite è aumentato del 4,7%, raggiungendo i 221 franchi.

Sviluppo delle superfi ci biologiche utili dal 2004 al 2011 in 1000 ettari

Nel 2011, in Svizzera esistevano circa 6000 aziende biologiche, pari al 10,9% di tutte le aziende agricole. 5.618 di queste lavorano rispettando i dettami della direttiva della Gemma di Bio Suisse.

Nel 2011 la superfi cie biologica utile complessiva della Svizzera era di 121mila ettari.


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Pane fresco

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Fonte: Nielsen e Bio Suisse

Quota percentuale di mercato dei prodotti bio in Svizzera, 2011 Nel 2011, la quota di cifra d’affari di prodotti alimentari biologici sul mercato complessivo di generi alimentari in Svizzera era pari al 6%. Tra tutti i prodotti biologici, i più richiesti sono state le uova con una quota di mercato bio del 19,2%, seguite dal pane fresco (18,3%) e da verdura, insalate e patate (12,2%). Frutta

Latticini

Formaggi

Verdure, insalate, patate

Prodotti convenience freschi

Colazione, articoli per animali domestici

Restanti pani, prodotti di panetteria

TESTO: RENÉ SCHULTE; FOTO: FOTOLIA; INFOGRAFICA: MUFF-ILLUSTRATION.CH

Uova

Carne, pesce

Dolciumi, snack salati

Surgelati

Prodotti convenience conservabili

Bevande

Da sapere Nel 2010, in tutto il mondo gli ettari di superfi ce agricola coltivati in regime biologico sono stati 37 milioni. A questi si aggiungono altri 43 milioni di ettari derivanti da raccolta selvatica, superfi ci forestali e superfi ci per acquacolture ecc. Le regioni nelle quali si concentrano le quote più consistenti di agricoltura biol sono Oceania (33%), Europa (27%) e America Latina (23%). I Paesi con le superfi ci agricole bio in assoluto più grandi sono: Australia (12 milioni di ettari), Argentina (4,2 milioni di ettari) e USA (1,9 milioni di ettari). I paesi con la quota di superfi ce biologica in percentuale più elevata sono isole Falkland (35,9%), Liechtenstein (27,3%) e Austria (19,7%). Nel 2010, in tutto il mondo, esistevano circa 1,6 milioni di aziende bio, per lo più concentrate in India, Uganda e Messico.

Ordinanza sull’agricoltura biologica

Montagna (Ordinanza sull’agricoltura bio) Montagna (Gemma)

Pianura (Ordinanza sull’agricoltura biologica) Pianura (Gemma)

Fonte: Istituto di ricerche per l’agricoltura biologica FiBL e International Federation of Organic Agriculture Movements IFOAM

Gemma

Fonte: FiBL

Nel 2009, la cifra d’affari globale di prodotti biologici ha raggiunto quota 44,7 miliardi di Euro. La maggior parte della cifra d’affari di prodotti bio è realizzata in Europa: nel 2010 è stata pari a 19,7 miliardi di Euro. Alla fi ne del 2010, in Europa 10 milioni di ettari o il 2,1% della superfi cie agricola utile europea sono stati coltivati in biologico. In Europa esistono 280mila aziende biologiche.

Superfi ci biologiche utili in tutto il mondo nel 2010 America del Nord Europa Asia

Africa America latina Superfi ce agricola biologica

Oceania

Restanti comparti del biologico (raccolta selvatica, acquacolture, foreste, alveari ecc.)


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Bio in Svizzera

Una fattoria con la Gemma cosa fa?

Quali condizioni deve rispettare un’ azienda bio, per potere fregiarsi della Gemma di Bio Suisse? Ecco una lista dei principali requisiti, stilata con l’ aiuto di Bio Suisse e del FiBL*.

Rinuncia a fi tofarmaci chimico-sintetici I pesticidi, i diserbanti, gli insetticidi e i fungicidi chimico-sintetici sono proibiti. In questo modo è possibile garantire che la frutta e la verdura non presentino resti di sostanze tossiche e anche che quest’ultime non fi niscano nel terreno e nell’acqua. Il numero di esseri viventi cresce e con esso anche la diversità delle specie nel terreno. Le erbacce vengono sfruttate per le loro proprietà: non vengono estirpate, ma ci si limita ad arginare la loro crescita, in modo che possano costituire un biotopo ideale per insetti utili. A questo scopo le erbacce vengono strappate meccanicamente. Si prediligono, inoltre, colture che garantiscono una rapida crescita già in giovane età e che sono meno soggette alle malattie fungine. L’agricoltore bio risolve il problema dei parassiti ricorrendo a insetti utili e ad altri sistemi naturali. * Istituto di ricerche dell’agricoltura biologica

Una lavorazione non aggressiva senza uso di additivi

Nessun impiego preventivo di farmaci

I prodotti alimentari bio vengono lavorati in maniera non aggressiva. La regola d’oro è e rimane sempre di mantenere il più possibile nel loro stato naturale le materie prime che passano dai campi alla tavola. Tutti i procedimenti di lavorazione non strettamente necessari, nonché l’uso di coloranti e di aromi artifi ciali, sono proscritti. Ingredienti aggiunti come le noci nello yogurt provengono anch’essi da coltivazioni bio Gemma. Le regole valgono per l’agricoltore bio che vende ai grandi distributori come per quello che effettua la vendita diretta.

Farmaci chimico-sintetici come gli antibiotici sono concessi unicamente come extrema ratio per curare animali malati e fondamentalmente non allo scopo di effettuare un trattamento preventivo. Vengono preferiti rimedi omeopatici e di origine vegetale. Se dovesse comunque rendersi necessario il ricorso a un antibiotico, il tempo di attesa tra la prescrizione del farmaco e l’uso della carne, del latte o delle uova dell’animale sottoposto al trattamento ammonta di regola al doppio del tempo previsto per legge.


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Terreni fertili grazie a un’accurata rotazione

Si concima prevalentemente con colaticcio e letame, vale a dire con concime organico della propria fattoria. I fertilizzanti azotati sintetici sono vietati. La loro produzione richiede molta energia ed è pertanto dannosa per l’ambiente: un chilo di fertilizzante azotato corrisponde a circa dieci chili di equivalenti del CO2 (gas a effetto serra). Per favorire la fertilità del terreno, inoltre, gli agricoltori puntano sulla coltivazione del trifoglio, dei fagioli, dei piselli e di altre leguminose in grado di fi ssare l’azoto presente nell’aria, trasformandolo in alimenti per le piante del terreno.

Nell’agricoltura biologica nessuna coltura viene piantata due volte di seguito sulla stessa superfi cie. A una varietà di cavoli segue ad esempio il porro, poi l’insalata, le carote, le cipolle e così di seguito. Al minimo ogni dieci anni, inoltre, su ogni superfi cie deve essere seminata dell’erba. Queste misure, unite all’impiego esclusivo di concimi organici e alla cura estrema con cui gli agricoltori bio lavorano i terreni, garantiscono che la fertilità del suolo venga preservata a lungo, evitando in questo modo anche l’erosione del terreno. TESTO: RENÉ SCHULTE; GRAFICO: MUFF-ILLUSTRATION.CH; FOTO: FOTOLIA

Concime verde al posto di fertilizzanti chimici

Un animale bio è ciò che mangia I ruminanti bio si nutrono prevalentemente di graminacee e di trifoglio. La loro dieta si compone per il 90% di foraggio grezzo che di regola proviene direttamente dalla fattoria in cui vengono allevati. Il concentrato, che può contenere tra gli altri soia e cereali bio, non deve superare il 10% della razione alimentare. Deve inoltre rispettare i requisiti della Gemma, vale a dire provenire da aziende agricole bio. Per una buona ragione: il foraggio bio pregiato costituisce la base per un’alimentazione rispettosa della specie, bio e sana. Con la stessa coerenza si rinuncia anche all’impiego di sostanze artifi ciali per aumentare le prestazioni degli animali.

Animali sani al posto di alte prestazioni L’agricoltore bio predilige le razze robuste, longeve e adattate alle condizioni ambientali della regione dove si trova la sua azienda. Gli sta più a cuore avere un animale sano, con una buona resistenza alle malattie e con un’alta aspettativa di vita, piuttosto che un animale di esasperate prestazioni.

Animali che trascorrono molto tempo all’aria aperta

Controlli regolari

Gli animali della Gemma vengono allevati nella maniera il più possibile rispettosa della specie. Deve essere garantita anche l’uscita regolare all’aperto, conformemente al programma della Confederazione. Gli animali devono vivere l’avvicendarsi delle stagioni e i cambiamenti del tempo, rafforzando in questa maniera il loro apparato immunitario. Gli allevatori della Gemma rinunciano all’impiego del giogo elettrico per le mucche. I polli della Gemma hanno accesso a un pascolo generoso, come pure le scrofe devono potere grufolare in libertà.

Ogni azienda agricola che si fregia della Gemma viene controllata almeno una volta all’anno. I controlli avvengono sia in Svizzera sia all’estero tramite aziende di controllo e di certifi cazione indipendenti e accreditate da Bio Suisse. Nel caso di inosservanze minori delle direttive della Gemma, viene fi ssata una scadenza, entro la quale l’agricoltore è tenuto a risolvere il problema. Nel caso, invece, di infrazioni più importanti, vengono applicate penalizzazioni fi nanziarie che possono portare a una riduzione dei pagamenti diretti; violazioni gravi portano alla revoca immediata della Gemma.


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Il presidente è anche bio

«Il futuro del biologico Markus Ritter, neopresidente dell’Unione svizzera dei contadini, ci parla dell’idea di una Svizzera biologica e del ruolo moderno dell’ agricoltura nel contesto economico. TESTO: FRANZ BAMERT FOTO: CHARLY HUG

Cooperazione: Per questa carica ha dovuto lottare duramente. Cosa l’ha spinta a diventare a tutti i costi presidente dell’Unione svizzera dei contadini? Markus Ritter: È la carica di gran lunga più interessante nel nostro Paese, quella che meglio consente di relazionarsi con il mondo dell’agricoltura, dell’economia, dell’industria, della politica, del commercio e dell’ambiente. Una sfi da allettante che non potevo non raccogliere. Lei è stato eletto in qualità di contadino bio. Crede che questo abbia spinto alcuni a uscire dai limiti della propria natura? Non ho mai fatto mistero del fatto che volevo gestire la nostra azienda secondo le direttive della Gemma bio. Per alcuni delegati la mia nomina è sicuramente sta-

ta un grande cambiamento, soprattutto se penso che anche uno dei miei due vice è un contadino bio. Che cosa l’ha spinta a diventare un contadino bio? Il fermo convincimento che si può fare agricoltura solo seguendo la natura e non andandole contro. È la fi losofi a che abbiamo sempre seguito anche nella nostra azienda. Ma la vita, si sa, è imprevedibile e, come spesso accade, le decisioni importanti sono quasi sempre l’effetto di un evento concreto. Per me questo evento è coinciso con la chiusura del nostro caseifi cio a causa della moratoria di Swiss Dairy Food. Io e mia moglie ci sedemmo a tavolino e, dopo aver analizzato l’azienda e le nostre capacità personali, decidemmo che la nostra Se avessi pensato alla mia strada sarebbe stata il bio. azienda, avrei risolto diversamente l’una e l’altra queEppure, quando in Parlamen- stione. In virtù della carica to bisognava decidere per che rivesto, non posso però una maggiore ecologia, lei si tutelare interessi privati, ma espresse in maniera contrasolo quelli dell’Unione svizria: votò a favore del mantezera dei contadini. Sono nimento dei contributi agli comunque convinto che i allevatori per capo di bestiapagamenti diretti non dome anziché dei pagamenti in vrebbero tenere conto solo funzione della grandezza delle superfi ci ma anche del della superfi cie coltivata, lavoro svolto su un’azienda promossi dall’ala bio. agricola.

Lei è socio di Bio Suisse. Questa associazione che raggruppa i contadini bio di tutto il Paese si prefi gge di rendere la Svizzera un paese bio. Qual è la sua posizione? Non spetta alla classe politica o alle associazione decidere se, e in quanto tempo, la Svizzera dovrà aumentare il proprio numero di aziende agricole bio. È una decisione in mano ai singoli contadini e al mercato: se c’è richiesta


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si gioca alla cassa»

di prodotti biologici e il loro prezzo è equo, la produzione biologica crescerà automaticamente. Ricordiamoci che esistono anche consumatori che non vogliono o non possono acquistare prodotti biologici.

Senza Coop non saremmo dove siamo oggi. Sin dall’inizio, il grande distributore ha spalleggiato l’agricoltura biologica, senza se e senza ma. Coop è un partner molto credibile e importante nel comparto bio.

Naturaplan, la marca bio Coop, compie quest’anno 20 anni. Qual è stato il ruolo di Coop nello sviluppo dell’agricoltura biologica?

Dal fronte delle associazioni di contadini si sente sempre più frequente il concetto un po’ svilente di «agricoltura produttiva», quasi a voler

«Senza Coop non saremmo dove siamo oggi» prendere il più possibile le distanze da quella praticata dai contadini bio. Da contadino bio, si sente adesso più produttore o più architetto paesaggista? La nostra più importante missione è produrre generi alimentari in maniera sostenibile. Naturalmente siamo

anche un’azienda di produzione e tale dobbiamo rimanere. Ma secondo me la politica agricola 2017 va riaggiustata: per com’è impostata ora, permette all’agricoltura di essere molto redditizia, a condizione che chi la pratica possieda soprattutto superfi ci ecologiche, coltivi poco, pratichi la messa al pascolo estensiva al massimo come attività secondaria e possa

FOTO: FOTOLIA

In inverno, Markus Ritter trova il tempo per spaccare la legna.


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20 anni Naturaplan

Markus Ritter mentre foraggia fi eno alle sue mucche.

Dal 1973, il FIBL è la costola scientifi ca dell’agricoltura biologica. Se paragonato ad Agroscope – le

«L’agricoltura svizzera lavora secondo standard elevati» stazioni federali di ricerche agronomiche – il FIBL percepisce dalla Confederazione un contributo ridicolo: 4.7 milioni contro i 162 milioni di franchi. Sembra che maggiori fi nanziamenti al FIBL saranno stanziati solo nel 2017. È intenzionato a chiedere alla Confederazione di accelerare i tempi? Le confesso che non ho ancora avuto modo di studiare per bene tutti i miei dossier. Per questo non sono ancora in grado

di darle una risposta defi nitiva su questo punto.

lità, sarà disposto a pagarlo a un prezzo più elevato.

Dove sta andando l’agricoltura svizzera? Sta andando in direzione di prodotti di maggior qualità. Ma anche se producessimo, ad esempio il latte, a condizioni ancora più favorevoli, non abbiamo nessuna opportunità di mercato al di fuori del nostro Paese. Nei paesi che ci circondano, la produzione ha costi ancora più ridotti: ma a pagarne il prezzo più alto sono soprattutto l’ambiente e gli animali. In Svizzera, per esempio, gli allevamenti di polli in batteria sono vietati e l’ingrasso non prevede il ricorso a ormoni per la crescita. Per questo, sono a favore del mantenimento di un protezionismo che imponga dazi doganali alle importazioni.

Ogni anno l’agricoltura benefi cia di fi nanziamenti nell’ordine di 3.45 miliardi di franchi. Come lo spiega alla popolazione? Se al calcolo si aggiunge l’effetto dei dazi su prodotti agricoli d’importazione a livello di produttore, sono addirittura quasi 6 miliardi scarsi i franchi che la popolazione svizzera è disposta a sborsare per la nostra agricoltura. Questa somma corrisponde all’1% del prodotto interno lordo (PIL). Comunque: l’economia svizzera vuole solo i migliori talenti al mondo. Ma questi specialisti scelgono di vivere da noi solo se possono contare su suffi cienti possibilità di formazione per i loro fi gli, se vengono loro offerte sicurezza e infrastrutture di qualità. Qui da noi possono godere anche di splendide zone ricreative naturali, di paesaggi curati e di generi alimenti d’eccellente qualità. E in questo, l’agricoltura ha un ruolo di primo piano. Attraverso i nostri servizi, restituiamo al Paese e alla popolazione molto più di quell’1% di PIL.

Dove sono le opportunità? Per assurdo anche nel latte: la Svizzera è una terra ricca di erba e fi eno e pertanto vocata alla produzione lattiera. Se trasformiamo il latte in prodotti di qualità come formaggio, possiamo differenziarci sul mercato e il consumatore, pur di avere un prodotto d’altissima qua-

E come la mettiamo con il

ricorso ad antibiotici nella produzione di carne o all’impiego della chimica nel terreno e nell’acqua? Tutta l’agricoltura svizzera, poco importa che sia bio o integrata, lavora oggi in maniera estremamente naturale secondo standard molto elevati. Per questo non dobbiamo temere alcun confronto internazionale.

Il ritratto Markus Ritter

FOTO: FOTOLIA

contare su un’attività principale svincolata dal settore dell’agricoltura. Così com’è, non è nell’interesse né dei contadini, né dei contribuenti.

Markus Ritter lavora 28 ettari ad Altstätten (SG), che gestisce con la famiglia. L’azienda bio si dedica alle vacche da latte e all’allevamento di giovani bovini, come pure a quello di pecore e di api. Il 45enne Ritter va fi ero anche dei suoi 225 alberi ad alto fusto che, come ama dire, producono «il miglior succo di mele al mondo». 12 anni fa, i Ritter hanno effettuato la conversione al bio. Nel novembre scorso, in uno scontro elettorale con un rappresentante dell’UDC, il consigliere nazionale del PPD è stato eletto presidente dell’Unione svizzera dei contadini. www.markusritter.ch.


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Commercio al dettaglio

«Oggi il biologico è un modo di vivere» In Svizzera i prodotti bio non sono mai stati apprezzati quanto adesso. Un mercato in continua crescita. Ma non per caso, come riferisce il vice-capo di Coop Philipp Wyss.

carne. «Anche se nel caso della carne la situazione è tutt’altro che semplice. Soprattutto nella carne più amata dagli svizzeri, il pollo, ci mancano gli allevatori».

TESTO: RENÉ SCHULTE FOTO: HEINER H. SCHMITT

C

hi vuole affrontare il tema dei prodotti biologici in Svizzera, non può non fi nire senza parlare di Coop. Praticamente un prodotto bio su due tra quelli venduti in Svizzera viene commercializzato dal grande distributore con sede a Basilea. Secondo i dati messi a disposizione da Bio Suisse, nel 2011 la quota di mercato di Coop per i prodotti bio ha toccato il 48%. Una cifra considerevole che non è però stata raggiunta per caso: con il lancio del marchio bio Naturaplan, nel 1993 Coop ha posto molto presto le basi di questo successo. E parallelamente ha contribuito a creare un boom nell’agricoltura bio: nell’arco di soli dieci, anni il numero di aziende agricole bio in Svizzera è più che quadruplicato. Ma la concorrenza, si sa, non dorme. Quale strategia seguirà Coop per mantenere la sua elevata quota del mercato bio? «Continueremo a differenziarci dalla concorrenza», risponde Philipp Wyss, responsabile Marketing/Approvvigionamento presso Coop. «Puntiamo in maniera decisa sulla Gemma di Bio Suisse. Così ci distinguiamo nettamente da altri commer-

«Attualmente il marchio bio Naturaplan conta più di 1.600 prodotti»: Philipp Wyss, responsabile marketing e approvvigionamento presso Coop.

cianti al dettaglio che presentano nel loro assortimento prodotti bio che rispettano unicamente la normativa europea o quella defi nita in Svizzera dall’ordinanza sull’agricoltura biologica». Le direttive della Gemma sono molto più severe. Per ottenere il marchio Bio Suisse, un’azienda agricola deve essere gestita dalla A fi no alla Z in maniera bio e non solo parzialmente. La gemma costituisce, tuttavia, solo una parte della strategia seguita da Coop, che per continuare a essere leader nel mercato biologico deve sapere sviluppare le giuste visioni. E inve-

stire, ad esempio nella varietà della scelta di prodotti bio. Attualmente il marchio bio Naturaplan conta più di 1600 prodotti: nessun altro commerciante al dettaglio può vantare un assortimento così ampio. «A medio termine miriamo a superare la soglia dei 2000 articoli», afferma Wyss, che stima che il settore della frutta e della verdura presenti il maggiore potenziale; e questo malgrado oggi, ad esempio, una banana su quattro vendute da Coop sia già biologica. Altri margini stanno nelle bibite, nei latticini, pane, prodotti freschi convenience, pesce e

In questo modo Wyss affronta un grande problema: la domanda di prodotti bio supera molto spesso l’offerta. «Abbiamo troppo poco miele bio, troppo poca frutta a granelli e troppo poca colza bio, e non abbastanza patate biologiche». Secondo Wyss queste carenze nell’offerta di materie prime potranno essere colmate in futuro solo se si riuscirà a reclutare nuovi agricoltori biologici, ma anche se si saprà collaborare sempre più con aziende agricole bio di piccole dimensioni: in Svizzera e all’estero. Il mercato complessivo del bio in Svizzera presenta da anni un’evoluzione positiva; anche Coop ha praticamente registrato un costante incremento delle vendite da quando ha lanciato il marchio bio Naturaplan. Nel 2012 il tasso di crescita del settore bio è stato del 4,5% percento (nel 2011 del 3,8%). Se il mercato continuerà a progredire in eterno, sta scritto nelle stelle. Ma per Wyss non ci sono dubbi: «Sono persuaso che cresceremo ancora. Poiché il biologico oggi non costituisce più una tendenza, ma un modo di vivere».


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Alimentarsi nel futuro

Oggi mangiamo carote. E domani?

Il piatto del


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2050

THOMAS COMPAGNO

S

iccità e alluvioni provocano ogni anno la distruzione di interi raccolti: nell’Asia meridionale, in America e spesso in Africa. Le conseguenze: fame e denutrizione rappresentano una grossa piaga, mentre la popolazione mondiale continua a crescere. Secondo alcune stime, nel 2050 circa, nel nostro pianeta vivranno tra i 9 e i 10 miliardi di persone. E tutti avranno bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. Si riducono le risorse per nutrire tutti, perciò sarà necessario trovare altre soluzioni. Stando alle dichiarazioni di Arnold van Huis, esperto presso l’Organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), in futuro anche nella dieta dei paesi industrializzati d’occidente compariranno sempre più spesso

La coltivazione di mais in zone aride è problematica.

Mandioca, tubero ricco di carboidrati.

insetti, un’alternativa più rispettosa delle risorse rispetto alla carne. «Già oggi la stragrande maggioranza della popolazione mondiale si ciba di insetti», spiega all’Observer inglese Van Huis, autore di uno studio ed entomologo all’università olandese di Wageningen. L’unica eccezione è rappresentata dall’Occidente, dove esiste ancora una certa ritrosia di tipo psicologico a mangiare insetti. «Non so spiegarmi il perché», commenta l’esperto, «in fondo mangiamo senza problemi gamberetti e affi ni che, dagli insetti, tanto poi così diversi non sono». L’importante è quindi prepararli nel modo giusto! Per chi non è di stomaco ancora suffi cientemente forte, alcuni scienziati del Politecnico di Zurigo stanno ricercando soluzioni alternative. L’istituto per le scienze agricole è una di quelle divisioni che svolge attività di ricerca sul futuro dell’alimentazione umana.

FOTO: ALAMY, FOTOLIA, MAD

Tra 40 anni sulla Terra vivranno tra i 9 e i 10 miliardi di persone. Vi siete mai chiesti come riusciremo a sfamare tutta questa gente? Dovremo mangiare meno carne e modifi care la nostra dieta? Ma come? Achim Walter, professore al Politecnico di Zurigo, sta studiando alternative per nuovi e invitanti menu.

Cooperazione: Nei prossimi quarant’anni l’agricoltura mondiale sarà in grado di produrre il 50% in più di cibo? Achim Walter: Magari bastasse solo il 50% in più! La popolazione non diventa solo più numerosa ma anche sempre più esigente. I consumi di carne fanno registrare una crescita continua, specialmente in Cina e in India. Crediamo che entro il 2050 l’agricoltura dovrà produrre dal 70 al 100% di alimenti in più. Che cosa implica questo per l’agricoltura? Negli ultimi cinquant’anni la produttività dell’agricoltura è aumentata ogni anno del due percento. Nei prossimi quarant’anni dovrebbe quindi crescere

Achim Walter, professore del Politecnico di Zurigo.


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altrettanto rapidamente. Ma non sarà così: le moderne colture hanno ormai raggiunto i loro limiti. Certo, potremmo disboscare aree di foresta tropicale e rendere coltivabili i terreni strappati alla foresta, ma così andremmo inevitabilmente a distruggere l’ecosistema. Ma oggi gli obiettivi della ricerca non sono proprio quelli di aumentare la resa delle colture? L’obiettivo è soprattutto quello di rendere più sicuri i raccolti anziché sviluppare in maniera smisurata le colture e fare in modo che siano in grado di garantire una certa stabilità anche con meno concimi, meno coadiuvanti e meno acqua. Se la quantità di alimenti prodotta è di centrale importanza, allora la produzione biologica è senza speranza, considerate le minori rese. Riusciremo lo stesso a portare avanti l’agricoltura biologica? Sì. L’importante è aumentare l’effi cienza della produzione, il che signifi ca raggiungere un buon raccolto di prodotti qualitativamente eccellenti, utilizzando la minor quantità possibile di concimi aggiunti – la cui produzione richiede per altro molta energia – o di altri mezzi come insetticidi. È esattamente questo l’obiettivo al quale punta oggi l’agricoltura biologica. Per l’appunto: a un livello di resa inferiore rispetto a quello dell’agricoltura convenzionale.

In valori assoluti e per ettaro il raccolto potrà anche essere inferiore. Ma in relazione alle risorse impiegate come concimi, acqua e fi tofarmaci, la differenza non è più così evidente. Un altro vantaggio del biologico è dato dal fatto che l’utilizzo di concime prodotto dalla stessa azienda agricola preserva la struttura e la fertilità del terreno. Nell’agricoltura biologica si presta molta attenzione allo sfruttamento della fertilità naturale del terreno e alla sua conservazione o addirittura al suo miglioramento. Il fabbisogno mondiale di calorie è oggi coperto per il 56% da tre principali tipi di colture: mais, frumento e riso. Anche patate e soia fanno la loro parte. La ricerca continua a concentrarsi su queste tre principali colture, dichiara Achim Walter. Uno dei suoi collaboratori, per esempio, sta tentando di creare un incrocio tra una cultivar di mais sudafricana particolarmente resistente alla siccità con una varietà centro europea. Sementi di questo tipo potranno rivelarsi molto utili nel caso in cui nel nostro Paese il numero di estati torride dovesse aumentare. Sin dagli anni ’70, il Politecnico federale di Zurigo ha ottenuto enormi successi con la coltivazione di soia autoctona. La richiesta di sementi di soia ha subito un incremento in particolare in Austria, Germania e Francia. Per quale ragione la soia è così importante? Finora la soia era utilizzata prevalentemente in zootecnica come mangime a basso costo. Eppure è una pianta fantastica, le

Il prof. Walter nel laboratorio di ricerca.

Ulluco, un tubero già coltivato dagli Inca.

Oca, un tubero andino. FOTO: ALAMY, GETTYIMAGES, FOTOLIA, MAD

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Miglio, un cereale che per crescere richiede poca acqua.

cui proteine, dal punto di vista fi siologico nutritivo, sono nobili quanto quelle della carne. Se vogliamo sfamare il mondo, prima o poi dovremmo iniziare a ricavare proteine anche dal mondo vegetale e non mangiare solo carne. Se si vuole sostituire la carne, l’unica strada percorribile è quella della soia. Anche fagioli e piselli fanno parte di questa categoria.

La coltivazione della soia, ma anche quella del mais, si basano però fortemente sull’ingegneria genetica. L’ingegneria genetica copre una parte della coltivazione di colture. Ma una gran parte della ricerca, soprattutto nella scienza agraria, avviene senza alcun intervento mirato nel genoma della pianta. L’approccio basato sull’ingegneria geneti-


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ca funziona molto bene per migliorare la resistenza della cultivar a fi tofarmaci tossici o patologie ma non serve per esempio ad aumentarne la tolleranza rispetto a fenomeni quali la siccità o il freddo. Questo gene non è ancora stato scoperto e dubito fortemente che esista. Così come nell’essere umano non esiste il gene della povertà. Questi miglioramenti sono possibili solo mediante gli incroci. La scienza vede nel miglioramento della coltivazione di colture alternative autoctone i maggiori potenziali per accrescere le rese dell’agricoltura in tutto il mondo. Il fatto che la patata sia tra le cinque principali colture al mondo, si deve unicamente alla produzione di infl orescenze più belle rispetto a quelle di altri tuberi: la patata, infatti, fu originariamente portata in Europa come pianta ornamentale. In Sudamerica, oltre alla patata, esistono anche altre piante da tubero le quali, dal punto di vista organolettico e di tecnica colturale, non hanno nulla da invidiare alla patata. Tra queste ricordiamo l’oca e l’ulluco, due specie coltivate dagli Inca che crescono bene anche in altitudine. Eppure, rischiano di essere lentamente dimenticate persino dalla popolazione locale. Alle nostre latitudini, un destino analogo sta toccando ad esempio al grano saraceno. Persino gli abitanti di Poschiavo devono ricorrere a grano saraceno d’importazione per preparare i loro pizzoccheri, dato che in tutta la Svizzera la coltivazione di questo cereale è quasi del tutto scomparsa.

Per quale ragione la coltivazione di specie a scopo alimentare si concentra su un numero così ristretto di varietà? Per una ragione principalmente di comodo. L’esempio del mais è emblematico: venne portato dagli europei in Africa circa cento anni fa, dove è molto apprezzato dalle popolazioni locali. Di fatto il mais non è una cultivar adatta al clima africano. Dopo la raccolta, il terreno resta per parecchie settimane privo di protezione, fi no a quando la nuova coltura è cresciuta abbastanza per ripristinare lo strato di humus. Questo crea grandi problemi di erosione nel terreno. In Africa poi, la resa di un campo coltivato a mais è solo un terzo rispetto a quella di un campo coltivato in Europa. Quale cultivar cresce meglio in Africa? Quella ideale sarebbe il miglio: necessita di molta meno acqua rispetto al mais o alla manioca. Proprio la manioca presenta una resa di carboidrati che supera di gran lunga quella di mais e frumento. Ma quello di cui ha bisogno l’Africa sono soprattutto sistemi agroforestali; colture miste che fanno sì che il sottile strato di humus venga tenuto assieme dall’apparato radicale delle piante e possa così contrastare fenomeni erosivi. Come se non bastasse, la manioca è anche gustosissima. Dal punto di vista gastronomico è un vero peccato che cresca solo nelle zone calde del pianeta e non abbia praticamente nessuna chance alle nostre latitudini.

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Tendenze nel campo del bio e del naturale

I

l bio, fi no a non molto tempo fa deriso e appannaggio di alcuni pochi visionari, ha defi nitivamente abbandonato la sua «vita da nicchia» per entrare a fare parte integrante dell’economia. Non c’è quindi da meravigliarsi se oggi il settore del biologico non si limiti unicamente alle mele e alle carote. Oggi, il bio viene consumato da sempre più persone, anche perché sempre più consumatori s’interro-

gano sull’origine dei prodotti e sul modo di produzione. Insomma, il benessere di animali, uomini e natura non è più indifferente. Chi si guarda in giro sul mercato nota come oggi il biologico tocchi non solo il settore di beni alimentari, ma va ben oltre, includendo l’abbigliamento, la cura del corpo e servizi. Qui di seguito un elenco, non esaustivo, di settori bio con il vento in poppa.

L’intimo bio Sul mercato si trova già da più tempo biancheria intima classica, confortevole o sportiva in cotone biologico, come ad esempio quella di Coop Naturaline. Altri marchi d’intimo, come l’inglese Enamore oppure il francese Peau Ethique, producono lingerie seducente anche da materiali come alghe, soia, bambù o canapa. Naturalmente da commercio equo e produzione biologica.

accettano di raggiungere un tasso di interesse leggermente più basso a quanto il resto del mercato dei capitali potrebbe dare.

I cosmetici naturali I marchi come Logona, Santé e Weleda godono di una crescente diffusione. Infatti, sempre più donne, ma anche sempre più uomini, vogliono sapere cosa mettono sulla pelle: dopo tutto, la pelle è il nostro organo più grande che abbiamo e allo stesso tempo più permeabile. Sono quindi richiesti prodotti cosmetici di alta qualità e oli vegetali naturali, senza l’uso di componenti sintetici. Investimenti etici Aumenta la gente che investe i propri soldi nelle banche e in fondi che rispettano criteri etici e sostenibili, evitando sempre di più enti e imprese poco trasparenti che non rispettano i diritti umani. In cambio, questi investitori

Swapping Swapping (dall’inglese «to swap» – scambiare) è una nuova tendenza. Si tratta di uno scambio di vestiti di alta qualità. Questa pratica, sempre più diffusa soprattutto tra i giovani, consiste quindi nel consegnare vestiti alla moda, ma non più usati, in cambio di un buono che dà diritto a ottenere altri capi, anch’essi non di prima mano ma ancora trendy. Vegetariani e vegani L’alimentazione priva di carne trova sempre più adepti. I vegetariani scelgono di non (più) mangiare carne non solo per motivi di benessere degli animali, ma anche per motivi ambientali. Infatti, la produzione della carne richiede un multiplo di peso in mangime e acqua. E questo fatto va spesso a scapito dell’ambiente e del benessere della popolazione che vive nei paesi meno sviluppati. In commercio si trova quindi un assortimento sempre più vasto di alimenti elaborati per chi segue una dieta vegetariana.


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20 anni Naturaplan

Bio Ticino

Il bio, l’arte della convivenza Gioie e dolori dell’agricoltorea capodell’azienda campicola biologica più grande del Ticino, il Demanio agricolo cantonale sul piano di Magadino.

TESTO: NATALIA FERRONI FOTO: NICOLA DEMALDI

I

il problema degli uccelli è grande. Non bastano gli spaventapasseri costruiti con fantasia e humour. Pascal Rimediotti deve trovare una soluzione per non farsi di nuovo beccare una buona parte dei cachi. Perché questi frutti arancioni così tipici del nostro paesaggio invernale fanno gola anche al commercio al dettaglio: sono bio e ticinesi. Pascal Rimediotti è il capo del Demanio agricolo cantonale situato sul

Ray, apprendista, e Pascal Rimediotti in un momento scherzoso. Il danno degli uccelli, invece, è serio.

piano di Magadino. Lui, un impiegato e due apprendisti conducono l’azienda di oltre cinquanta ettari che nel 2009 si è convertita al biologico. Anche il suo frutteto sperimentale – si parla di quasi mezzo migliaio di alberi di caco –, viene coltivato secondo le direttive Bio Suisse. «Accanto ai corvi, che non mancano mai in questa zona, è ritornata la civetta, ci sono le poiane, l’upupa e tanti altri uccelli che qui hanno trovato il loro habitat. La natura è bella ma noi dobbiamo ancora trovare un sistema in modo che il danno

ai cachi sia sopportabile» racconta Rimediotti. Come dire, il bio è anche convivenza. O in altre parole: «Occorre smettere di pensare che un campo di frumento, ad esempio, è bello solo se è sterile. L’erbaccia è vita» commenta l’agricoltore. Insomma, Pascal Rimediotti è convinto del biologico. È anche per questo che lui, a capo della più grande azienda campicola biologica del Ticino (la più piccola azienda bio in Ticino ha meno di tre ettari), si vede un po’ in dovere di fare degli esperimenti per mostra-


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Indirizzi bio

«Dhjkg hsdjkg hdgnsd ,mn jkg hsdjkg hdgnsd ,mn.»

FiBL Istituto di ricerche dell’agricoltura biologica Ackerstrasse 21 casella postale 219 5070 Frick tel. 062 865 72 72 www.fi bl.org Bio Suisse Associazione mantello delle aziende Gemma svizzere Margarethenstr. 87 4053 Basel tel. 061 385 96 10 www.biosuisse.ch Bio Ticino Associazione per l’agricoltura biologica della Svizzera italiana cp 2459, 6710 Biasca tel. 076 510 80 00 (solo giovedì) www.bioticino.ch

re che la coltivazione bio è fattibile. «Nel 2012 abbiamo anche fatto delle prove di composto quale alternativa al concime bio che ha un costo elevato. Ma l’impiego del composto è problematico: se non trattato bene porta malerbe e, visto che non possiamo diserbare chimicamente, questo comporta maggiore lavoro». Ottima, invece, l’esperienza fatta con la coltivazione di soia per tofu. «La soia – prosegue Pascal Rimediotti – è una coltura ideale per il biologico perché, essendo

Pascal Rimediotti, capo del Demanio agricolo cantonale, sulle balle cilindriche – ognuna pesa circa 300 chili – di fi eno biologico.

una leguminosa, è autosuffi ciente per quanto riguarda l’azoto. Inoltre, convince sia per la qualità che la quantità ed è ricercata in Svizzera. Determinante è soltanto un’intensiva lotta meccanica contro le malerbe in primavera» spiega l’agricoltore. Pascal Rimediotti ama il suo mestiere come pochi altri ed è fi ero di produrre mais, frumento, soia e

Pro Specie Rara Svizzera italiana Fondazione svizzera che opera per la conservazione del patrimonio genetico-culturale degli animali e dei vegetali via al Ticino 6592 S. Antonino tel. 091 858 03 58 e-mail: vocedelsud@ prospecierara.ch www.prospecierara.ch fi eno bio di qualità e in quantità soddisfacente. Cibo e foraggio apprezzati anche oltre Gottardo, benché, ammette, sarebbe bello avere dei centri di trasformazione del bio in Ticino, perché l’agricoltura biologica in Ticino ha un futuro. Comunque, e non da ultimo, l’agricoltore bio è felice di non dover più usare la chimica. «Lavorare senza la maschera protettiva mi dà una sensazione di libertà» conclude Pascal Rimediotti. Ora, deve trovare una soluzione per «salvare» i suoi cachi.

Demeter Associazione per l’agricoltura biodinamica Tiergartenstrasse 8 4410 Liestal tel. 061 706 96 43 www.demeter.ch Bioforum Schweiz Fondatrice dell’agricoltura bio organica nel 1927 Im Obstgarten 7 8479 Altikon tel. 079 380 31 14 www.bioforumschweiz.ch



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