Corriere della Piana - Speciale n.12 Speciale Varia

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SPECIALE VARIA DI PALMI


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Editoriale

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Dalla Calabria un dono d’amore al mondo

ono passati 26 anni dalla prima Varia alla quale, palmese solo per frequenza scolastica ma non per nascita o residenza- fui presente. Era il 1987. Da oltre venti anni la Varia non veniva più allestita e vi era un gran fermento e una attesa per qualcosa che ogni giorno, senza perdere la sua aura leggendaria, diventava entità viva, palpabile e capace di proiettare tutti noi indietro nel tempo, dentro la storia e la leggenda. Allora, non ancora trentenni, avevamo intatto l’entusiasmo di chi non aveva ancora conosciuto l’onta del tempo, le sue ingiurie e la disillusione e forti del mezzo televisivo grazie al quale in quegli anni eravamo pionieri di un giornalismo nuovo e di un modo diverso di comunicare in una realtà ancora culturalmente legata solo alla carta stampata e non agli audiovisivi, vivemmo ogni fase, ogni momento, ogni giornata di un evento corale iniziato nel giorno di San Rocco con la collocazione del basamento della macchina scenica all’Arangiara. Fermento di popolo che era poi proseguito in un crescendo di atmosfere uniche delle quali fummo non solo testimoni, ma realmente coinvolti quali elementi di un evento corale che in quel lontano Agosto del 1987 non si sapeva quando sarebbe stato ripetuto. A Palmi, in quei giorni l’atmosfera era elettrizzante, cosmopolita; si

sentivano idiomi strani e slang di emigrati che accanto alle scansioni del dialetto mischiavano quelle della lingua della loro nuova patria. Vi erano argentini e australiani, canadesi e americani, tornati a Palmi dopo decenni oltreoceano e solo per la Varia. Vi erano vecchi che ringraziavano la Madonna per aver loro concesso per un’ultima volta di “vivere” la Varia. Vi erano giovani che – come noi – non avevano mai visto prima alcuna “scasata” ma portavano dentro sè l’imprinting dei loro genitori intriso di un amore senza fine verso la Madonna della Lettera e verso quella bambina, “l’animeddha” da sempre benedicente dalla sommità di quel lontanissimo empireo a 16 metri da terra. In quei giorni pervasi da questa sensazione di centralità e di ecumenismo capimmo che la Varia non era o comunque non poteva restare un fatto cittadino, regionalisticamente circoscritto ma mostrava già allora un valore universale che ne faceva il target positivo di una Calabria che donava al mondo una tradizione di nobile origine e un messaggio universale di pace e di amore . Non casualmente poco meno di trenta anni dopo, l’Unesco certificherà l’importanza della “Varia” e dell’insieme di valori religiosi, laici, etnologici, folkoristici e popolari che incarna, riconoscendole il valore di Patrimonio Immateriale dell’Umanità.

Corriere della Piana

Sommario

Speciale Varia di Palmi

Supplemento al n° 12 del Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro corrieredellapiana@libero.it

Corriere della Piana - Speciale Varia di Palmi - 20 Agosto 2013

Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi Hanno collaborato: Eugenio Crea, Paolo Montalto, Patrizia Nardi, Leonardo Rao, Antonio Scarfone Foto: Antonio Sollazzo Grafica e Impaginazione: Stampa: Litotipografia Franco Colarco Responsabile Marketing: Luigi Cordova phone +39 3397871785 cordovaluigi@alice.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Via Benedetto Croce 1 89029 Taurianova (RC) La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli anche se non pubblicati non saranno restituiti. Chiuso per l’impagionazione il 12 Agosto 2013

L. M.

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Editoriale La Varia, Patrimonio del cuore Quella reliquia che giunse per mare La Varia, festa di fede e di orgoglio

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Senza sconzu Maria di La Littara

Una sintesi di teologia, cosmografia e scenotecnica

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Padreterno per un giorno

16 Comitato “11 gennaio 1582”


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La Varia, Patrimonio del cuore. di Patrizia Nardi Coordinatrice Rete delle grandi Macchine a spalla italiane Responsabile Candidatura UNESCO

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’esigenza di veicolare e rendere riconoscibile la propria cultura al di fuori dei limitati confini locali, ha spinto negli ultimi otto anni le comunità di Palmi, Sassari, Viterbo e Nola ad aprirsi al dialogo ed al confronto partendo da un elemento condiviso, le loro più importanti feste della tradizione, per cercare di ricostruire i tratti di una stessa cornice simbolica di riferimento, quella che racchiude l’intero mondo mediterraneo. Luogo di confronto, di scambio e di fusione di civiltà differenti con costumi, atteggiamenti , valori che riassumono innumerevoli elementi giunti nel Mare Nostrum da ogni dove e oggi parti dell’essenza stessa dei suoi popoli che, attraverso il confronto, sentono il bisogno di verificare i tratti che trasversalmente caratterizzano la realtà del Mediterraneo, facendone appunto un unicum. Su queste basi e partendo da un denominatore comune, il patrimonio “vivo” rappresentato dalla Varia di Palmi, dai Gigli di Nola, dai Candelieri di Sassari e dalla Macchina di Santa Rosa di Viterbo, è nato nel 2005 il progetto di interscambio culturale tra le città italiane con feste caratterizzate dall’uso di grandi macchine cerimoniali a spalla, che ha dato origine alla Rete come frutto di un moto spontaneo venuto dal basso, dalle comunità. L’obiettivo: dare valore e senso alle pratiche festive attuate da secoli nel chiuso delle proprie realtà

La macchina di Santa Rosa - Viterbo

Assemblea della Rete delle Grandi Macchine a Spalla

locali collegando luoghi, sistemi festivi e gruppi accomunati da un modo simile di esprimere la tradizione religiosa. Il progetto, nato nella forma dello scambio culturale tra scuole e tra le Corporazioni delle comunità festive delle città coinvolte, fu recepito successivamente dalle amministrazioni comunali e formalizzato in un Protocollo sottoscritto a Nola il 30 giugno 2006. L’accordo formalizzava l’impegno delle istituzioni a sostenere le proprie comunità in un percorso che avrebbe dovuto svilupparsi attraverso forme di interscambio didattico-culturale e turistico-promozionale con l’obiettivo di valorizzare la cultura dei territori coinvolti. Il sistema della rete -che ha veicolato negli anni gemellaggi tra scuole, convegni, mostre, workshop tra le comunità festive e la straordinaria I Candelieri di Sassari kermesse dei Giochi delle Città del 2006- ha permesso una concreta diffusione della cultura delle singole feste sul territorio nazionale, mettendo il luce la positività e la ricchezza culturale ed umana dei contesti a cui esse si legano. Un percorso che ha generato condivisione e dialogo e che, nel 2010, è sfociato nell’elaborazione dell’idea della “Prospettiva UNESCO”, un ambizioso progetto di promozione internazionale finalizzato all’iscrizione delle feste della Rete nella Lista Rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Umanità tutelato dall’UNESCO. L’istruzione della pratica presso le istituzioni ministeriali competenti con la presentazione del dossier delle feste della Rete delle grandi Macchine a spalla italiane, ha dato luogo ad una proposta di candidatura tematica molto innovativa, la prima al mondo ad essere presentata “in rete” da uno stesso Stato parte. Stando alla procedura stabilita dalla Convenzione di Parigi de 2003, la fase di verifica si sta avviando proprio in queste settimane alla sua conclusione. Il riconoscimento del brand UNESCO premierebbe non solo l’ essere “patrimonio vivo” di queste feste, espressione di forte identità in un’epoca in cui l’appiattimento e l’omologazione indeboliscono la ricchezza della diversità culturale, ma anche lo sforzo e la disponibilità al dialogo e al confronto di comunità con storie diverse, pronte ad aprirsi a contesti nazionali e internazionali ai quali trasmettere quei principi di condivisione, di partecipazione collettiva, di rispetto per l’altro che le feste veicolano da secoli. Stando al timetable dell’UNESCO per la valutazione dei dossier di candidatura, l’Organo Sussidiario incaricato di selezionare gli elementi da inserire nella Lista UNESCO dovrebbe avere già concluso il suo lavoro. La decisione dell’Organo sussidiario verrà quindi presa in esame, se non ci saranno variazioni in progress, nei mesi a venire. Il Comitato Intergovernativo darà il suo responso nella Conferenza Internazionale di Baku, in Azerbaijan, prevista tra il 1 e l’8 dicembre 2013. Per la Varia e per la città di Palmi potrebbe essere l’inizio di una nuova storia, di crescita e di sviluppo sostenibile: perché il riconoscimento UNESCO è comunque l’inizio, non la fine di un percorso, che proietterà il passato della festa nel futuro delle giovani generazioni, le stesse che si affannano a far rivivere, da sempre, il “miracolo” della Varia.


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la immagine della Madonna della Lettera

Voliri, volari a Varia havi a scasari !!!

Quella reliquia che giunse per mare di Eugenio Crea

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toricamente la corporazione dei Marinai è quella che rappresenta ed incarna maggiormente la Varia di Palmi. La storia di questo evento unico è nata dal mare e proprio dai

marinai palmesi custodita e trasmessa a noi. Il Sacro Capello della Madonna, che rappresenta l’essenza di questa manifestazione, fu consegnato dalla città di Messina ai Marinai del borgo della Marinella di Palmi i quali, in occasione della peste che colpì la città peloritana, salparono dalla costa calabra al fine di

portare aiuto ai dirimpettai siculi. Ed è proprio la reliquia della Madonna, custodita tutt’oggi nella Concattedrale, che funge da trait d’union tra la Varia ed i marinai stessi. E’ quindi un onere ed un onore far parte della Corporazione dei Marinai ed è proprio per questo motivo che nel corso degli anni tale corporazione ha voluto lasciare un segno indelebile non solo in riferimento alla festivitàVaria, ma soprattutto all’ideale-Varia, inteso come impegno religioso, sociale ed etico. Diverse sono le attività svolte, che spaziano da momenti di goliardia ad eventi culturali e di riflessione, fino ad arrivare ad iniziative benefiche che coinvolgono bambini e più grandi. Essere marinai, vuol dire proprio questo, vivere a 360° il sociale restando ben ancorati alle proprie radici, ma con la mente rivolta ad orizzonti più ampi. Quest’anno sarà l’anno decisivo per “allargare“ l’idea di Varia, quel concetto socio-religioso che accompagna la storia della nostra Palmi da più di 500 anni. Infatti la candidatura UNESCO è un segnale inconfutabile della strada intrapresa in primis dai marinai, seguiti dalle altre corporazioni, e che gli stessi avranno l’obbligo di

trainare per le prossime generazioni. Tra i requisiti richiesti dall’UNESCO, vi è l’immaterialità del patrimonio, intesa come conoscenza e tradizione, sentimento trasmesso da generazione in generazione e, quindi eterno. Questo senso di appartenenza che contraddistingue la corporazione dei marinai è la chiave per essere protagonisti nel presente di questa festa, e custodi dell’ideale-Varia per il futuro.

« La corporazione

dei marinai rappresenta e incarna la tradizione mariana palmese

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Il logo della Corporazione dei Marinai


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Un rituale antico e sempre nuovo

La Varia, festa di fede e di orgoglio di Paolo Montalto

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baglia chi crede che “La Varia di Palmi” sia solo una manifestazione di fede. Lo è stata, lo è e lo sarà nei secoli. “La Varia” è però anche dimostrazione di coesione sociale di un Popolo, quello palmese, che per un giorno – almeno per uno – lascia da parte i chiacchiericci paesani, le polemiche, anche – perché no – le invidie, e tira dritto da una parte sola: quella del ricordo, della storia, della “sana” rivalità, e ovviamente della Fede. Con un unico scopo: far sì che l’imponente macchina medievale parta, veleggi sulle “cciappe” del Corso, arrivi in fondo, torni indietro e si fermi definitivamente al centro della grande piazza. Una festa profondamente cattolica, per invocare lo sguardo dolce di Maria Santissima, patrona e protettrice della città. Ma anche una festa profondamente popolare, con il suo contorno di momenti, decisioni, votazioni (a partire dall’elezione dell’Animella e del Padreterno), voglia di essere presenti. Tutto “deve” andare bene, tutto “va” bene! Il 2013 è l’anno della ventisettesima edizione della festa dal 1900 ad oggi. In pochissimi minuti, il grande carro solcherà il percorso antico, lasciando ancora una volta dietro di sé quella nuvola di fumo che sa di storia. Le prospettive che si aprono agli occhi delle migliaia di presenti - fedeli o spettatori non fa differenza - appaiono amplissime; e la visione d’insieme di questo enorme formicaio al centro del quale, protesa verso il cielo, si staglia la Varia, eterea nuvola frammista di colorate figure di angeli e astri roteanti con in cima l’Animella che saluta e benedice quel popolo che ai suoi piedi palpita, corre e rumoreggia, cala lo spettatore in una dimensione senza tempo, rimanda a una luminosa indefinita età dell’Uomo e all’orgoglio di una città che riemerge e si riappropria per un giorno dello spazio dal quale la società moderna sembrerebbe averla scacciata. E tutto ciò, riaffermando prepotentemente la vitalità del ricordo, della memoria e delle tradizioni cittadine, tutte legate a vicende storiche assai importanti. Si respirerà quell’odore acre del granito di cui è composta la vecchia strada, scalfito dai pattini di ferro della struttura. E tutti, saranno con gli occhi al cielo, a ricevere la benedizione della

Madonna e del Padreterno, invocando prosperità, gioia, aiuto. Un rituale antico, sempre rispettato, che diventa al contempo modernità pura. Il “messaggio” è quello che conta! Alle lunghe funi con le quali si trascina, si dispongono i ‘mbuttaturi appartenenti alle cinque tradizionali Corporazioni che si riferiscono ai vecchi mestieri della città: i contadini, i carrettieri, i bovari, gli artigiani e i marinai. Alcune di queste professioni sono state cancellate, dimenticate dal tempo e dalla vita; ma non importa. Sono e rimangono loro i più forti (“Li bellizzi su a lu Scigghju, janchi e russi a la Bagnara, li forzuti sunnu a Parmi chi si ‘mbuttanu la Vara”). Sono loro “il motore”, a loro spetta il compito arduo di trascinare la nuvola. Si sentono parte della storia, la parte buona della città, In quel momento, non esistono più rivalità; si tira tutti dalla stessa parte. E, accanto a loro, a dar loro manforte, c’è la gente, di ogni posizione sociale, residenti, emigranti, semplici curiosi; tutti a tirare “insieme” verso un obiettivo preciso e comune. E’ impossibile descrivere come un’intera popolazione, dal più piccolo al più grande, si senta coinvolta: è un corpo e un’anima sola. Uno sforzo collettivo per un momento di festa del popolo che da oltre quattro secoli unisce il sacro al profano. E chi non riesce a tirare, affolla piazze, balconi, tetti, terrazze. Si elevano preghiere, si esclama la grande meraviglia, si sta col fiato sospeso in attesa che il “passaggio” sia compiuto. La festa non ha una cadenza fissa. Più volte si è cercato di cementificarne la data, lasciandola perenne al ricordo della gente. Difficilmente si è riuscito a rispettarne gli attimi. Nel passato, tante le interruzioni! Ma alla fine i palmesi sono sempre riusciti a riportare la “loro” festa sulla strada principale della città. Per i palmesi, la Varia non è solo una tradizione; è un profondo “sentimento”, una fusione tra cielo e terra, tra storia e modernità, tra amore e amore, un “contatto” con il Regno Celeste. Tutto è pronto: la più grande manifestazione cattolico-popolare calabrese sta per arrivare. L’emozione si fa sempre più forte! E quel rituale, che riesce a rafforzare, solidificare, granitizzare l’appartenenza, è pronto per avviarsi a un nuovo incredibile successo, a un nuovo e incredibile ricordo.

« Le cinque

Corporazioni cittadine fanno rivivere il ricordo di una lontana età dell’oro in un momento di coinvolgimento assoluto

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La festa della Varia a Palmi

Senza sconzu Maria di La Littara Uno spettacolo unico , antichissimo, commovente, affabulante. In centomila da tutto il mondo per la scasata della macchina medievale di Luigi Mamone

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n una felice posizione, a egual distanza dalla montagna e dalla costa tirrenica, in provincia di Reggio Calabria, sorge Palmi, la città di origini medievali definita da Leonida Repaci, “la Perla della Costa Viola”. Il rione più antico -La Cittadella- costruito per scopi difensivi, fu voluto dal Marchese Carlo Spinelli di Seminara. Importante sotto il profilo culturale, la città a causa dei terremoti e dell’avanzata dell’imperante calcestruzzo, conserva ben poche vestigia del suo passato. Lo stesso, fortunatamente non deve dirsi per le sue antiche tradizioni, religiose e laiche, ancora oggi vitali tra la popolazione depositaria dello spirito e dell’orgoglio municipale cittadino che perpetua il ricordo di eventi molto importanti nel contesto della storiografia di una città che a cavallo del quindicesimo e del sedicesimo secolo visse la sua età dell’oro grazie ai traffici coperti dalla propria marineria con il napoletano e la Sicilia e in particolare con Messina. I traffici marittimi furono altresì strumento di scambio culturale permettendo ai palmesi di venire a contatto con consuetudini di impronta araba o ebraica e di attingere a piene mani alle più antiche tradizioni cristiane fiorite in Sicilia e che si radicarono così anche a Palmi, diventando espressione stessa dello spirito popolare palmese che ancor oggi conserva evidenti tracce di misticismo esaltante o penitenziale nelle solenni celebrazioni mariane. Fra queste la più importante è l’insieme delle cerimonie in onore della Madonna della Lettera, che iniziano il 16 agosto e culminano ( non tutti gli anni) l’ultima domenica del mese con la corsa della Varia ”: la grandiosa Macchina medievale che consente la rappresentazione scenica dell’Assunzione in cielo della Vergine Maria .

Che cos’è la Varia? Unica nel suo genere ad essere giunta a noi con caratteristiche pressocchè immutate rispetto ai suoi albori cinquecenteschi, la Varia è una struttura

La Varia poco prima della “scasata”


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scenica imponente, ricca di simbologie e allegorie che rimandano all’ascesa eterea della Madonna dopo la sua morte fisica. “Varia” significa appunto Bara ed in origine un vero cataletto era posto alla base della struttura, sul cippo, proprio per accentuare maggiormente la differenza tra la morte umana e la vita eterna cui la Vergine Maria ascendeva fra il tripudio degli apostoli, di angeli e cori celesti fra gli astri roteanti .

La Lettera Nella sua iconografia la Varia è l’apoteosi delle celebrazioni in onore della Vergine Maria il cui culto si sviluppò in Sicilia intorno alla lettera scritta dalla Madonna ai Messinesi nel 42. d.C. (undici anni dopo la ritenuta epoca di crocefissione di Gesù) e che fu consegnata ai messi della città insieme ad una ciocca dei propri capelli. Diffusosi a Messina il culto per la Vergine, in suo onore si cominciarono a tributare festeggiamenti. In date diverse, ed infine – in maniera definitiva - il 15 agosto quando un vessillo, dapprima su un cavallo e poi su un altissimo palo, veniva fatto girare per le vie della città unitamente a due giganteschi fantocci ancor oggi conosciuti come Mata e Grifone , ma in realtà probabilmente simulacri di Zancle e Rhea, i mitici fondatori di Messina. L’effige della Madonna, sembrava così protendersi verso una ideale ascesa al cielo. Ciò fino a quando , nel 1535, anche per celebrare il trionfale ingresso in città dell’Imperatore Carlo V non venne allestita per opera di un architetto di origine calabrese, di nome RADESE, la prima “Bara” ispirantesi a macchine similari diffuse in quel periodo in varie regioni d’Italia e che seppure molto meno abbellita è l’antesignana della Varia Palmese. Dopo la pestilenza iniziata nel 1571 e che per circa 30 anni mietè vittime fra le popolazioni costiere, i messinesi, riconoscenti per il continuo aiuto ricevuto dai palmesi che solo in maniera marginale erano stati toccati dal contagio, donarono alla città calabrese uno dei capelli della Madonna che custodivano fin dal 42 d.C. . Da quel momento Palmi e i suoi abitanti legarono indissolubilmente alla Vergine Maria il loro destino, tributandole onori e festeggiamenti e, ad imitazione della bara messinese, realizzarono una struttura apparentemente simile: quella che ancora oggi è la “VARIA” che è però diversa per le sue caratteristiche costruttive dalla bara messinese e, rispetto a questa, più riccamente addobbata e soprattutto, ancor oggi, da sempre, animata da personaggi viventi mantenendo così intatto nel tempo il fascino di manifestazione religiosa popolare che con le parole un giornale locale del 1921, “ U Chiaccu” (il Cappio) possiamo ancor oggi definire: “Maestoso spettacolo di forza e di fede”.

Il “Cippo” viene trasportato all’Arangiara

I preparativi La preparazione della Varia è lunga e complessa. Per molti versi i preparativi coincidono con la festa mentre la “scasata” della Varia propriamente intesa ne è solo il culmine. La festa della Varia dunque inizia il 16 agosto - nel giorno dedicato a San Rocco- quando con modalità immutate da secoli la base della Varia, il “Cippo” o “cippu“ viene trascinato da moltissimi giovani dal deposito fino al luogo di allestimento della struttura ancor oggi detto Arangiara e posto davanti il mausoleo di Francesco Cilea . Qui la Varia vedrà la luce nel corso di un non sempre agevole montaggio. Il cippo è un enorme basamento circolare in legno alto due metri e quaranLa prova generale dell’Animella alla vigilia della “scasata”


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ta, munito di grosse travi e di un complicato sistema di pulegge e che nella sua parte superiore vedrà montato un antico telaio in ferro a forma conica che sarà la struttura portante della Varia ( la cui moderna versione, risalente ai primi del 900 fu opera del celebre e ancor oggi ricordato Mastro Vincenzo Militano). Al vertice del cono verrà inserita e saldata una lunga asta tubolare in ferro alla cui sommità verranno posti due seggiolini; il più basso, a quasi 15 metri dal suolo, ospiterà il Padreterno: uomo vigoroso che ha il compito di rassicurare e proteggere l’Animella che sedrà sul più alto, a 16 metri di altezza, e da qui benedirà la folla durante il percorso della Varia.

L’Animella

doti di coraggio e di sangue freddo. Tre giorni prima della “Scasata” la prova generale per dimostrare di poter svolgere il ruolo cui è stata prescelta. Una folla già incredibilmente numerosa attende all’Arangiara curiosa e trepidante. L’asta su cui è fissato il suo seggiolino ha oscillazioni assai accentuate che nei momenti più convulsi e violenti della “scasata” si stima raggiungano anche i sei metri. La prova inizia con il “Padreterno“ nel sediolino posto al di sotto di quello dell’Animella con il compito di incoraggiarla se, vittima della paura, si facesse vincere dal panico. L’animella viene ancorata al proprio seggiolino con robuste fasce che le avvolgono i piedi e la vita. L’operazione non è lunga. Da terra appa-

re però quasi interminabile. Alla fine la bambina viene lasciata sola e l’asta fatta oscillare. Sono attimi interminabili, poi l’animeddha sorride e comincia a compiere i tradizionali gesti di benedizione, seguiti da un nuovo scrosciante applauso liberatorio dei fedeli

I riti della vigilia Il momento di spiritualità e di fervore mariano si accentua nei due giorni successivi con funzioni liturgiche e religiose che si celebrano solo negli anni in cui viene allestita la Varia: l’ottava in onore della Madonna della Lettera e la processione del Trionfino con il reliquiario contenente il Sacro Capello della

La Vergine Maria è impersonata dall’Animella o “Animeddha”. Termine dialettale, questo, intriso di una dolcezza forse aspra ma sicuramente sincera e che ha in se una grande carica di affetto e di sincera vicinanza verso una fanciulla spesso duramente colpita dalla vita ma che – ciononostante – ha ancora nello sguardo l’innocenza dell’infanzia e - di questa età - ancora tutte le speranze per un futuro più sereno. Animeddha rende meglio il significato dei sentimenti che la popolazione prova verso questa fanciulla chiamata ad un ruolo privilegiato ma pericolosissimo e, cionondimeno, assai ambito per il significato di spiritualità e di sincera venerazione che i palmesi esternano verso la prescelta che impersonerà la Vergine scelta dal Popolo, dopo che una giuria, costituita come vuole la tradizione in prevalenza da donne avrà ristretto ad una terna la scelte della candidate . La votazione per la scelta definitiva avviene nella Villa Comunale. Molte migliaia come sempre i votanti e dopo lo scrutinio la fanciulla scelta viene trionfalmente trasportata in Piazza I Maggio per ricevere il primo saluto del popolo ancora - spesso - non completamente conscia dell’immagine che incarna agli occhi dei palmesi.

Giorni di passione e di tensione I giorni successivi saranno intensi per questa bambina chiamata ad un compito difficilissimo che le farà vivere momenti di gioia che si alterneranno ad altri, carichi di tensione che le imporranno più volte di dimostrare le proprie I giganti e il ciuccio, araldi della festa


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Vergine che da sempre viene trasportato da sempre dai marinai della confraternita di Maria SS del Soccorso e che procede con un passo stranamente e volutamente ondeggiante che quasi sembrerebbe un passo di danza ma che invece, a memoria dell’avventurosa traversata effettuata con il mare in tempesta da Patron Peppe Tigano sulla cui imbarcazione giunse da Messina la reliquia, simula i movimenti di rollio e di beccheggio impressi dai marosi alla barca. Al reliquiario del Sacro Capello si accompagna il quadro della Madonna della Lettera, opera bizantineggiante di autore ignoto.

Il giorno più lungo La processione del Sacro Capello prelude al giorno più lungo e più atteso. Quello della “scasata” della Varia. Intensamente vissuta, l’ultima domenica di Agosto comincia molto presto e si annuncia con il suono ritmicamente ripetitivo dei tamburi che accompagnano i Giganti, il Cavallo e il Palio. Tamburi e fantocci esercitano un potere quasi magnetico sulla folla: giovanissimi e adulti si accodano al singolare corteo seguendolo per lunghi tratti. Araldi di epoche lontane, sia pur agiograficamente, i giganti rimandano il pensiero al tempo delle lotte fra cristiani e mori. Le origini dei giganti si confondono nella leggenda. Per alcuni risalirebbero al tempo di una disputa fra le città di Palermo e Messina per il blasone della data di più antica fondazione. Ad una presunta prova costituita da una antichissima lapide caldea palermitana, i messinesi contrapposero il mito del gigante nero e della gigantessa. Cam, figlio di Noè , il primo; Rhea, madre degli dei maggiori, la seconda. Poi furono identificati in Zancle, Re dei Siculi e fondatore di Messina e Cibele, dea greca delle messi. Fonti medievali narrano di un amore contrastato fra Hassam, pirata musulmano e Marta, fanciulla cristiana di nobile casata. Dopo aver tentato invano di rapirla, Hassam si convertì al cristianesimo e mutò il suo nome in Grifo da cui poi derivò Grifone. Marta a causa della storpiatura dovuta all’inflessione dialettale siciliana divenne Mata. (Marta … Matta … Mata NdA). A Mata e Grifone, dal 1061 si aggiunse il cammello o il cavallo a ricordo della cacciata dei mori dalla Sicilia da parte del Conte Ruggero e di Roberto il Guiscardo che proprio in quell’anno entrarono

trionfalmente in Messina. Preceduti dal Palio i Giganti fanno sosta ad ogni incrocio della città dove l’alfiere roteando vorticosamente la sua lunga asta imprime alla stessa con la rotazione l’energia dinamica atta a poterla sollevare verticalmente e a far sventolare il grande vessillo con l’effige della Madonna e lo stemma della città. Personaggi ricchi di una colorita umanità i portatori dei giganti, i tamburini e l’alfiere oltre che a Palmi girano nelle feste dei paesi della Piana del Tauro, tutti legati alla iconografia Mariana, portando ovunque, al di la del folklorico, un messaggio di schietto fervore religioso e - più che alle guerre di religione, che appaiono lontane evocano un ideale concetto di ecumenismo e di pacifica fratellanza fra persone e popoli di origini e religioni diverse.

Da tutto il mondo Mentre i giganti proseguono i loro giri, in città l’animazione cresce a dismisura. Cadenze e lingue si mescolano; in migliaia- oriundi e non- sono giunti da tutto il mondo per vedere la Varia. Qualcuno l’ha già vissuta. Altri ne hanno solo sentito parlare. Le stime recenti più attendibili dicono di oltre centomila presenze. La Varia è ormai allestita e, coperta da un telone, attende all’Arangiara. La gente gremisce la via, si avvicina alla struttura, sbircia, cerca di capire e di carpire qualcosa, di conservare in una foto un ricordo che perpetui un momento a lungo atteso ma che ciononostante deve rispettare le tradizionali rituali scansioni la prima delle quali è quella che l’Animella debba trascorrere la mattinata, pranzare ed essere vestita in casa dei discendenti di Padron Tigano da dove, nel primo pomeriggio, in solenne corteo verrà condotta in chiesa

Il Privilegio dei Tigano Ciò da quasi cinquecento anni perché - come viene evidenziato - è un privilegio che spetta alla famiglia per essere stata la reliquia del Sacro Capello portata a Palmi nonostante una terribile tempesta dal loro antenato Padron Peppe Tigano. Circondata da tante persone e da mille attenzioni, in casa Tigano l’Animella vive le ultime ore della vigilia con stati d’animo


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artigiane, ognuna con in testa il proprio stendardiere, cominciano a convergere da quattro diverse direzioni verso Piazza Primo Maggio.

’Mbuttaturi e trascinatori

comprensibilmente tesi, emozionata o forse intimidita dal pensiero di trovarsi in cima ai 16 metri della Varia con una folla sterminata ai suoi piedi, che per un giorno, in lei identificherà la Madonna.

La famiglia Tigano - che come sempre in occasione della Varia fa ritorno a Palmi, prepara la bimba proteggendola dall’assalto dei curiosi, mentre in altri luoghi della città i componenti le corporazioni

Riconoscibili per le fasce di diverso colore, Artigiani, Marinai, Carrettieri, Contadini e Bovari avranno il compito di spingere materialmente la Varia. Saranno i cosiddetti “mbùttàtùri”: termine che molto figuratamene ha nel suo etimo una radice onomatopeica riconducibile ai premiti che emetteranno nel corso del breve ma violentissimo sforzo cui si sottoporranno. Insieme a questi molte altre centinaia di volontari – i trascinatori - contribuiranno al movimento della pesantissima struttura scenica, tirando due grosse funi di canapa. Il loro sforzo, come quello degli mbùttàtùri, è gravo-


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sissimo e nonostante la breve durata della scasata, alla fine i trascinatori si ritrovano con le mani piagate e solchi profondi e urenti sulle spalle.

La processione d’inizio Dalla Piazza Primo Maggio, insieme agli artigiani vi saranno il Padreterno e gli altri figuranti destinati a prendere posto a diverse altezze sulla Varia. Insieme con le autorità formeranno un corteo diretto a casa Tigano portando un piccolo trono: una poltrona lignea adorna di foglie di palma e con in rilievo il monogramma della Vergine sul quale verrà fatta assidere l’animella. La folla è già numerosissima. Le autorità cittadine entrano in casa Tigano e da qui, assisa sul trono, poco dopo uscirà l’animeddha che per la prima volta benedirà il popolo palmese salutata dalla folla con un incontenibile applauso. Accompagnato dalla fanfara il Corteo si dirige verso la Cattedrale dove il Parroco benedirà l’Animeddha impartendole, in considerazione della pericolosità mortale del suo ruolo, anche l’unzione per i defunti. Poi la processione riprenderà il suo corso fino a giungere all’Arangiara. Le strade e il Corso Garibaldi dove, dopo la scasata, la Varia transiterà sono gremite oltre ogni immaginazione; l’impressione è quella di un inenarrabile carnaio o di un brulicante formicaio. Nell’ordine di marcia giungono tutti i protagonisti e l’entusiasmo del momento viene da parte dei componenti le confraternite e degli “mbuttaturi” scandita dal rituale grido di esortazione : “ Volìri , volàri a Varia havji a scàsàri “ . (***). Sul selciato sono state stese due grossi funi e già moltissime persone – oltre agli ‘mbuttaturi chiamati a spingere il cippo da sotto le travi - si accalcano per accaparrarsi un posto di trascinatore in quel gigantesco tiro alla fune che è la parte iniziale della Scasata della Varia. Sulla struttura nel frattempo - ognuno nella propria posizione- sono stati sistemati i vari figuranti. Gli apostoli sulla base superiore del cippo insieme al Parroco che, per l’occasione indossa un abito liturgico rosso. A diversi livelli di altezza alcuni bambini che impersonano gli angeli; in alto - sotto l’Animella - il Padreterno. Passano pochi lunghissimi minuti durante i quali la folla trattiene il fiato in attesa di vedere per la prima volta l’Animella al vertice della Varia. Cinque minuti prima della

Scasata la fanciulla appare alla sommità dell’impalcatura che sostiene la Varia, viene aiutata a prendere posto e assicurata con le robuste fasce di sostegno. Contro lo sfondo del cielo d’Agosto, quasi sempre sereno, la veste bianca dell’animella si staglia contro l’azzurro risplendendo ed il suo manto ondeggia al soffio leggero del vento. Molte persone fra la folla levano alte esclamazioni di giubilo. Qualcuno piange; molte altre ripetono l’antica frase di augurio “Senza sconzu Maria di la Lettera ! (****) . In questo grido c’è la consapevolezza della pericolosità del ruolo cui la fanciulla è stata chiamata e, insieme, fede smisurata e infinito amore verso la Vergine .

La scasata Tutto è pronto per la “scasata”. Un uomo sulla sommità della rampa fa dei gesti destinati a colui il quale dovrà far esplodere un grosso petardo – alcuni dicono un colpo di cannone – che darà il via alla forsennata corsa della macchina medievale. La folla trattiene il fiato fino alla forte detonazione del petardo. La contemporanea partenza lascia tutti irretiti, tanta è la rapidità con cui la pesantissima struttura scatta in avanti. Tutti gli uomini che tirano le funi di trascinamento o che dal di dietro spingono facendo forza contro le assi che sporgono dal cippo sono protesi in un rush disperato. Pur trattandosi di oltre 400 persone la loro fatica è sicuramente immane; l’esaltazione fra la folla è al culmine, tutti gli occhi sono puntati sull’animella: figura dapprima diafana che in lontananza gesticola e sembra veramente sospesa nel vuoto e poi , sempre più reale contro lo sfondo del cielo. La bambina saluta e benedice la folla in alcuni momenti con misura, in altri quasi freneticamente, mentre l’asta a cui la sua vita è assicurata oscilla violentemente. Contro lo sfondo del cielo l’Animella, oltre che la Vergine Maria protesa all’empireo, è anche la Regina di Palmi. Per un giorno. Il coraggio che la pericolosità che il ruolo richiede giustificano questo appellativo che premia ogni animella che, ad occhi aperti o chiusi, in qualche momento certamente preda di paure esorcizzate - forse - dalle parole e dalla vicinanza del Padreterno, ha dimostrato di ampiamente meritare. Alle spalle della Varia la strada si riempie istantaneamente delle migliaia


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di persone fino a poco prima accalcate sui marciapiedi e sui balconi. Lo spettacolo è impressionante e nessuna parola potrà mai rendere appieno il significato e le pulsioni di questa straripante massa umana pervasa da curiosità, animata da esaltazione e da un sentimento di fede esploso in un fervore incontrollato carico di significati che affondano alla primavera del cristianesimo

La fine della corsa Alla fine del Corso Garibaldi, là dove la strada culmina quasi a balcone sul mare, la Varia si ferma. Di botto. L’animella benedice il mare. Poi, dopo che il Padreterno avrà fatto ruotare di 180° il supporto su cui poggiano i piedi della bambina, la benedizione mariana scende anche sulla città e su tutti i suoi

abitanti. Nel mentre, i portatori provvedono ad invertire le funi di trascinamento e subito dopo la Varia ritorna indietro affrontando l’ultimo tratto della sua corsa ed arrestandosi al centro della Piazza Primo Maggio che, d’improvviso, si riempie di tutte quelle migliaia di persone fino a poco prima trepidanti, in lacrime, in preghiera o soltanto affabulate dallo spettacolo cui erano testimoni. Una scala dei Vigili del Fuoco viene accostata alla Varia. L’animella viene slegata e aiutata a ritornare a terra. La bambina è provata, quasi stremata. Ciononostante saluta e ancora benedice la folla dopo essere stata nuovamente fatta sedere sul trono della Vergine. A questo punto la festa della Varia è finita. Tutto quel che segue non ha più il fascino e la tensione emotiva che circondano la Varia prima e durante la Scasata. Portata sul palco allestito al centro della Piazza l’Animella riceverà

il saluto delle autorità e l’ultima ovazione della folla , che poi comincerà lentamente a diradarsi fra le luci rossastre del tramonto, che illumina la Piazza e la Varia che ormai sembra solo un fantoccio inanimato. Poi quando le tenebre saranno calate, i fuochi in cielo porgeranno alla Vergine Maria l’ultimo omaggio di un giorno sempre atteso. *** Volere o volare la Varia deve scasare **** Senza inconvenienti (o intoppi o disguidi) Maria della Lettera (Per la redazione del testo sono stati consultati a supporto della ricerca testi degli Autori Francesco Lovecchio e Filippo Marino)


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Una sintesi di teologia, cosmografia e scenotecnica di Antonello Scarfone

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ono stati spesso sottovalutati l’importanza ed il significato delle feste della “Vara” di Messina e della “Varia” di Palmi. Sarebbe pretenzioso sperare di racchiuderli in poche battute, ma in maniera, se vogliamo, impropria possiamo affermare che la Varia è un “oggetto misterioso”, che, molti secoli orsono, i nostri avi hanno realizzato e ci hanno tramandato. Nel costruirlo, lo hanno innervato e hanno incluso al suo interno alcuni millenni di storia, di conoscenze e di tradizioni, facendone un oggetto Sacro intriso di valenze e significati ben più profondi e reconditi di quanto, ad un primo esame, possa apparire. La Varia è, prima e sopra ogni altra cosa, la rappresentazione scenica, sacra e trionfale, del “transitus Mariae”, l’assunzione al Cielo di Colei che per dirla con Dante “pria ch’altra alma del trionfo di Cristo fu assunta”. Essa è rappresentazione tangibile di un patto di fede invincibile tra un popolo e la sua Protettrice Celeste. Segno di una fede le cui radici affondano così in profondità da non poter essere scalfite, tanto che nulla ha potuto arrestare nei secoli il conservarsi e il crescere di questa tradizione. Una fede ed una tradizione consolidatasi e concretizzatasi intorno alla sua celebrazione più sorprendente, tanto da fare del Sacro carro Mariano elemento identificativo della stessa Città di Palmi unita intorno alla sua Protettrice. La Varia diviene in tal modo sinonimo di un popolo, essa è il simbolo della forza delle loro fede incrollabile, ponte che unisce secoli e generazioni. Da un punto di vista storico, la Varia si inserisce nella tradizione delle grandi macchine devozionali, mutuata dai carri e dagli archi trionfali e dalle colonne contro la peste. Le informazioni più antiche in nostro possesso ce le tramanda Francesco Maurolico, erudito messinese, il quale, nel 1562, parla del trionfo della Vergine Assunta che ogni anno viene festeggiato a Messina a metà agosto. Dall’esame dell’opera di diversi autori e storici, sembra possibile individuare in Francesco Maurolico l’ideatore, mentre in Mastro Radese, probabilmente di origini calabresi, il primo costruttore. Grande influenza nello sviluppo del Carro trionfale deve poi aver avuto l’opera di Polidoro Caldara da Caravaggio esperto nella costruzione di archi e carri trionfali e dell’architetto Giovanni Cortese. L’origine della festa può essere collocata nel 1535. Il 21 ottobre 1535, infatti, l’imperatore Carlo V, vincitore a Tunisi e la Goletta, entra trionfalmente a Messina: è l’occasione per la costruzione della grande macchina celebrativa. All’indomani della battaglia di Lepanto e della terribile peste che ne consegue, è il legame, rinsaldato dalla sofferenza, tra le due coste dello Stretto a diffondere anche in Calabria il culto di Maria S.S. della Lettera e le celebrazioni della Vara. Ed anche Palmi, già dal 1582, ha una sua Vara e così pure Seminara, Rosarno ed altri paesi della Piana. La “macchina” prende forma. Equilibrio perfetto di pezzi abilmente creati per sostenere figure e meccanismi.

Ma cosa rappresentano la Varia e le sue parti, quale il significato allegorico del carro sacro? Il modello della Vara, infatti, è stato mutuato ed è imbevuto di conoscenze sviluppate e consolidate nel corso di secoli, con riferimento particolare alla teologia, alla cosmografia ed al funzionamento degli automi. La struttura della Vara diviene una sintesi di teologia, cosmografia e scenotecnica, intrisa di moltissimi significati allegorici, che si è conservata intatta fino ad oggi. Ed infatti nella macchina che ancora si usa a Palmi per la celebrazione della Festa, realizzata a fine ottocento dal Cav. Giuseppe Militano sulla scorta dei modelli delle macchine più antiche, è possibile “leggere” questa carica di simboli ed allegorie. La struttura poggia sul “Cippu”, basamento in legno del carro e rappresentazione della “camera della dormizione”, al centro del quale è posta la bara circondata dagli apostoli che fissa iconograficamente la scena della “dormitio virginis”, origine e centro del moto, della transizione. A sovrastare la scena della dormizione vi è una rappresentazione plastica delle conoscenza cosmografiche del 500’ preCopernicano. Nella macchina trova posto una complessa simbologia atta ad esplicitare l’organizzazione dell’universo secondo il sistema geocentrico Aristotelico-Tolemaico, scandendo l’ordine delle sfere celesti che la Madre di Dio doveva attraversare per raggiungere l’Empireo. Assolutamente rilevante è la corrispondenza con la rappresentazione che ne fa Dante nella Divina Commedia, anche nella scelta delle schiere angeliche per indicare i vari cieli. Il Cippo è quindi la Terra, intorno alla quale ruotano otto sfere: sette corrispondenti ai pianeti (nell’ordine: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno) e l’ultima alle stelle fisse. In alto trova posto una grande sfera celeste fasciata in oro che, con molta probabilità, rappresenta il Primo Mobile. Al di sopra di esso vi è il Padreterno, che poggia su quattro figure atte a rappresentare le Virtù Cardinali: Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza, pilastri di una vita cristiana votata al bene. L’interpretazione della figura del Padreterno è controversa, anche in ragione del fatto che nella Vara di Messina troviamo invece il Cristo, che innalza e sorregge la Madre, l’Animella che, mirabilmente, chiude la rappresentazione, stagliandosi, come in volo, contro un cielo fattosi rosso al tramonto. Le poche battute di questo articolo non hanno certo la pretesa di esaurire un argomento tanto complesso e dibattuto. Desideriamo piuttosto dare avvio e spunto a ricerche più complesse condotte, se possibile, da esperti che possano aiutare a comprendere appieno il valore di una festa così profondamente legata al comune sentire, alle Fede ed alle Tradizioni di questo Territorio tanto più oggi che, grazie al lavori di generosi volontari, la Varia si appresta a ricevere il riconoscimento da parte dell’UNESCO di patrimonio immateriale dell’Umanità. Nella foto particolare della Varia


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La Varia nel ricordo di un protagonista

Padreterno per un giorno di Leonardo Rao

F

in da bambino a casa sentivo parlare di questa Festa grandiosa e spettacolare. Nei miei sogni di bambino immaginavo di provare le emozioni che altri uomini dal ’900 ad oggi avevano già vissuto. In me stava crescendo la consapevolezza di voler un giorno salire su quel grandioso carro Sacro che è la Varia. Sia mio padre, che ancora era un adolescente, che mio zio lavoravano con l’artigiano Adolfo Ferraro, figlio di Vincenzo Ferraro, materialmente primo costruttore della Varia meccanica. I loro racconti e la loro esperienza mi hanno aiutato il giorno della Varia a svolgere un compito per il quale nessuno mi aveva preparato. Fare il Padreterno era per me importantissimo, era stato il sogno di mio padre e poterlo fare io sarebbe stato un po’ come realizzarlo per lui. Per la prima volta nella storia della Varia, nel 2008 si decise di far eleggere al popolo anche la figura del padreterno dopo una prima selezione al comune. Già arrivare in villa era stato un traguardo bellissimo e per questo devo ringraziare quelle 92 persone che quel giorno mi hanno votato… scoprire poi di essere stato scelto come padreterno di quell’edizione da più di mille persone è stata una soddisfazione enorme, mi sono sentito circondato dall’affetto dei miei concittadini! In un primo momento dopo l’elezione non ho capito niente, l’affetto e il calore della gente che c’era in villa quella sera non mi hanno fatto capire niente. Poi a mente fredda ho capito che avrei dovuto affrontare un compito gravoso. Il mio primo pensiero è stato rivolto all’animella. Devo ringraziare moltissime persone che in quei giorni mi sono stati vicini e che ancora oggi sono per me delle persone carissime: il Prof. Franco Tigano, Elvira Commisso, Francesco Lovecchio, Pino Vincenzi, Patrizia Nardi, Saverio Petitto e Giuseppe Cricrì. Tutta gente che come me ha un amore indissolubile per la Varia. Ci sono stati momenti durante i 700 mt del percorso in cui il mio sguardo non si è mai staccato dall’animella, Elisea.

Al contrario di quanto tutti dicevano la scasata non è stato il momento più difficile, anzi, è stata molto tranquilla. E’ stato delicato, al contrario il momento in cui siamo arrivati in piazza libertà, li la bambina ha subito fortissime oscillazioni che sono riuscito a controllare facendo da contrappeso all’asta del seggiolino. Mi sento orgoglioso di aver rappresentato una figura molto importante nel contesto della manifestazione. Mi sono sentito addosso una responsabilità enorme, non puoi mai sapere in anticipo quali saranno le reazioni della bambina durante il percorso della Varia e in quei momenti ti passano mille pensieri e mille preoccupazioni per la testa. Quest’edizione della Varia sarà particolarmente importante grazie all’attenzione che l’UNESCO avrà per la festa. Posso dire con orgoglio di essere tra quei pochi (6) ragazzi che hanno contribuito affinchè la Varia fosse candidata a patrimonio immateriale dell’umanità. Faccio parte del comitato cittadino “11 Gennaio 1582” – Varia Pro UNESCO che ha commissionato la catalogazione della festa, un’attività propedeutica per la candidatura Unesco. Senza mettere in dubbio l’impegno di chiunque altro abbia dato il proprio contributo, devo sottolineare e senza alcuna polemica, ma solo per amor di verità che se oggi siamo qui a parlare di promozione culturale e Unesco, di rete e di Varia è solo perché contro tutto e tutti , tra chiacchere ed offese, 6 PAZZI hanno costituito un comitato che in poco tempo è divenuto un vero e proprio movimento. Siamo partiti con una raccolta firme, tra l’altro osteggiata proprio da chi avrebbe dovuto essere tra i primi a sottoscriverla. Siamo stati attaccati da tutti, che non si

rendevano conto di creare un danno alla città intera. Siamo stati tacciati di operare per fini personali o che il nostro scopo era chissà quale… voglio tranquillizzare tutti, il nostro scopo è stato raggiunto, la Varia è e sarà conservata in maniera indelebile in tutte le sue sfaccettature per i posteri. Per questa magnifica esperienza devo ringraziare i 6 Pazzi, Eugenio Crea, Francesco Braganò, Andrea Solano, Maria Luisa Lovecchio, Antonello Scarfone e Laura Bonasera. Un pensiero particolare va all’Associazione ‘Mbuttaturi, sempre disponibile ed entusiasta nel collaborare alle attività che ruotano attorno alla nostra amatissima festa della Varia. Vorrei concludere con un augurio tradizionale…. SENZA SCONZU MARIA DI LA LITTARA!!!!


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Comitato “11 gennaio 1582”: l’impegno profuso per il raggiungimento dell’obiettivo della catalogazione della Festa della Varia.

di Eugenio Crea

I

l nome del Comitato è la data, presunta, dell’arrivo presso la spiaggia della Marinella del Sacro Capello della Madonna ad opera dei marinai palmesi di Patron Tigano quale dono di ringraziamento del popolo messinese per l’aiuto loro offerto dai palmesi durante un’epidemia di peste il cui contagio fu veicolato da soldati messinesi infetti, di ritorno da Cipro, dalla guerra fra le truppe dell’Impero Ottomano e quelle della “Lega Santa” fra diverse potenze del mondo cattolico (l’Impero spagnolo e quindi il Regno delle Due Sicilie, lo Stato Pontificio, la Repubblica di Venezia, ecc.). L’arco cronologico è certamente la seconda metà del ‘500. La data resta “presunta“ perché non vi è certezza storica sulla corretta datazione dell’evento pur essendo ragionevole ritenere minimo il margine d’errore. La costituzione del Comitato avvenne nella primavera del 2010, quando la prospettiva del riconoscimento della Rete Italiana delle Grandi Macchine a Spalla come Patrimonio Immateriale dell’UNESCO si fece concreta; da Nola, Sassari e Viterbo ( altre feste gemellate) giungevano notizie di amministrazioni che si impegnavano al massimo per promuovere e finanziare la catalogazione delle rispettive festività: ciò mentre a Palmi aleggiava uno strano silenzio. La catalogazione è uno studio scientifico sulla festa o su un determinato oggetto di analisi condotto da professionisti del settore, di norma antropologi, il cui risultato poi viene ad essere registrato su supporti consultabili e trasferito in copia alla Soprintendenza competente. Solo così la Festa può ricevere un sigillo di ufficialità, in quanto uno studio scientifico ne documenta, le origini, i caratteri e le peculiarità. La catalogazione può e deve essere vista come il primo indispensabile passo verso il riconoscimento dell’UNESCO. Per la Varia di Palmi tale attività di catalogazione non fu finanziata nè supportata dall’amministrazione dell’epoca; solo dal Comitato promotore e dai soggetti e dalle associazioni inIl compianto poeta Mario Bagalà, autore di importanti contributi sulla Varia


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Il compianto Avv. Rocco Gambacorta, nella foto con il figlio CarloMaria e con il poeta Mario Bagalà, fu un convinto assertore della promozione culturale della Varia

terpellate e coinvolte. La primavera del 2010 fu un continuo fermento di iniziative: raccolta di firme, raccolta di fondi, contatti con l’antropologo catalogatore, con la D.ssa Nardi, Coordinatrice della Rete Italiana delle Grandi macchine a Spalla (ed instancabile sostenitrice del progetto). Vi furono incomprensioni con l’Amministrazione comunale dell’epoca, per fortuna sanate, ma che rallentarono quelle attività già svolte negli altri comuni della Rete. Senza additare colpevoli, va sottolineata l’opera “suppletiva“ del Comitato che davanti a questa opportunità non ha lesinato sforzi per raggiungere il risultato. Oggi il materiale della catalogazione è - ope legis- depositato a Cosenza presso la Soprintendenza Regionale dei Beni Culturali e presso la sezione dell’Archivio di Stato di Palmi e il committente Comitato cittadino “11 gennaio 1582“ ha stipulato una convenzione con l’Archivio di Stato per consentire l’utilizzo e la miglior fruizione del materiale per scopi didattici e divulgativi e per promuovere e approfondire le conoscenze sulla Festa della Varia. Cos’è stata la catalogazione nell’esperienza palmese? L’attività, condotta dal Dott. Tommaso Rotundo della facoltà di Sociologia

della Università “La Sapienza“ di Roma - assistito dai sette componenti il Comitato, che hanno provveduto a soddisfare ogni esigenza logistica ed organizzativa, legata alle attività e agli aspetti tecnici della catalogazione, (raccolta di interviste, consultazione di filmati, ricerche in archivi, pubblici e privati). È stata una esperienza entusiasmante, che ha permesso di conoscere realtà insolite ed aspetti impensati legati alla celebrazione della Festa quali la conoscenza post mortem degli scritti e delle riflessioni di Mario Bagalà, indimenticato interprete del sentimento popolare e la disponibilità della oggi purtroppo scomparsa sig. ra Militano - figlia dell’illustre Giuseppe, costruttore della Varia meccanica – e della figlia Mema, che hanno spalancato le porte della ricerca catalogativa alla memoria più nascosta ma non per questo meno viva, della storia della Festa: i decenni a cavallo fra ‘800 e ‘900, quando tutto avrebbe potuto andare perso e dove la tenacia e l’amore per la città di Palmi di don Peppino Militano permisero di riproporre, proprio nell’anno 1900, agli occhi dei palmesi i fasti dell’Antico Carro medievale riproposto nella attuale veste “moderna” di Varia meccanica. Militano - è emerso - si assunse da solo la responsabilità di costruire la Varia meccanica e di garantirne il regolare andamento du-

rante il trasporto. Ciò gli valse numerose critiche (lo scrittore Pietro Milone, in due sue poesie, dapprima derise la Varia meccanica di Don Peppino definendola «‘na scocca di ficu», ravvedendosi poi e rendendo omaggio all’opera nel successivo scritto). L’entusiasmo di Militano suscitò perplessità e invidie: fu pedinato giorno e notte dai gendarmi dell’epoca per evitarne la fuga. Dai racconti della figlia si evince che Don Peppino sovente era costretto a dormire con i suoi più stretti collaboratori all’interno del cantiere di costruzione della Varia per evitare sabotaggi o dispetti da parte dei suoi «avversari». Tutto ciò nel perseguimento di un unico obiettivo ideale: quello di restituire ai palmesi, quanto di più prezioso e nobile lo spirito di questo popolo avesse espresso: la Varia! L’esperienza della catalogazione, oltre al suo indubbio valore scientifico e alla finalità che l’ha determinata, è stata un’esperienza esaltante. I sette componenti il Comitato non dimenticheranno mai il significato di quanto fatto. Ciò perchè se non si fossero attivati per realizzare la catalogazione, tutta la prospettiva del riconoscimento Unesco sarebbe venuta meno. Senza spirito di autocelebrazione è giusto, per quanto hanno fatto per amore della Varia e di Palmi, dire grazie a : Laura Buonasera, Leonardo Rao, Antonello Scarfone, Francesco Braganò, Maria Luisa Lovecchio, Andrea Solano ed Eugenio Crea. Un ringraziamento particolare inoltre a Franca Hyerace, che con garbo ed amore infinito per la città di Palmi ha offerto un aiuto indispensabile al raggiungimento dell’obiettivo della catalogazione della Festa della Varia. Patrimonio Immateriale dell’Umanità Su questa definizione s’impone una chiarificazione. Il concetto si sviluppa in sede Unesco all’inizio degli anni ’90, ad opera dei Paesi dell’estremo oriente, in primis il Giappone. Realtà portatrici di istanze caratterizzate da un comune elemento culturale, in base al quale la distruzione e ricostruzione ciclica assume il significato della purificazione. Questo evidenziando la presenza di edifici e templi di quest’area del mondo che non hanno datazioni paragonabili all’italico Colosseo, anche se sul piano puramente diacronico culturale non è possibile parlare di civiltà recenti o meno importanti di quella occidentale. Pertanto in sede Unesco si rafforzò l’idea di riconoscere


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non solo la materia, il monumento, ma anche il sostrato culturale che lo esprime e permette di realizzarlo, Tutto, in questa visione, ruota attorno al concetto di volatilità: da un lato, una base culturale che si tramanda di generazione in generazione, e dall’altro, un’espressione materiale di tale cultura che ciclicamente appare e poi viene distrutta. Cosi’ anche la Varia, come le altre Feste gemellate (Macchina di Santa Rosa di Viterbo, Gigli di Nola e Candelieri di Sassari), poteva ambire al riconoscimento come Patrimonio Immateriale, perché, il sostrato esterno, la sua materialità esteriore, viene ciclicamente distrutto per essere ogni volta

ricostruito, mentre il sostrato culturale che lei esprime rimane intatto e si tramanda nel tempo. La Varia non esiste, dunque, come macchina materialmente intesa, ma esiste nella memoria, nelle conoscenze, nei sentimenti, nello spirito stesso del popolo palmese. In definitiva, quindi il riconoscimento Unesco andrà non direttamente alla Varia, ma al popolo palmese che la esprime; ecco perché una conoscenza più profonda fra la gente comune di quanto sta per accadere nel prossimo dicembre a Baku in Arzebagian sarebbe auspicabile. Patrimonio Immateriale dell’Umanità non sta solo nella trasmissione della cultura e del sapere di

generazione in generazione, ma, in primis, nella trasmissione di un sentimento, di uno stato d’animo; al di là dei convegni e delle pubblicazioni scientifiche, nulla potrà parlare al cuore ed all’anima di un uomo che assiste alla celebrazione di una festa corale come la Varia di Palmi o altra delle feste della Rete, come gli occhi di un facchino di Viterbo durante il trasporto della Macchina di Santa Rosa; la gioia di un cullatore durante la celebrazione della festa dei Gigli, l’espressione dei Gremi nel rito dei Candelieri, il battito del cuore di ogni ‘mbuttaturi al momento della scasata.


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