Corriere della Piana - Speciale n.23 Varia

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Speciale Varia di Palmi - Supplemento al n° 23 del Corriere della Piana - Periodico d’informazione della Piana del Tauro - Reg. Trib. di Palmi n° 85 del 16.04.1999

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solo € 1,0 0

All'interno il poster della Varia

Speciale Varia di Palmi bene dell'UNESCO


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AGRITURISMO

“L’Antico Carro” Ristorante - Pizzeria - Sala Ricevimenti - Camere

Via Piani Corona - Tel. 338.4070084 BARRITTERI DI SEMINARA (RC)


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La Varia dell’Unesco di Giovanni Barone

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e naturalmente la Varia del 2013 l’avevamo definita come la più bella di sempre, e così è stato, almeno a detta di chi vi ha partecipato, quest’anno è la Varia dell’ UNESCO. La Varia del 2014 è importantissima non solo per la nostra città, ma per l’hinterland, per la provincia, per la regione e se si vuole per la Nazione, perché diventiamo, anzi, siamo diventati, patrimonio immateriale dell’umanità. Non era pertanto possibile e non potevamo assolutamente saltare questa annualità per presentare la Varia “Patrimonio

Corriere della Piana Speciale Varia di Palmi

Supplemento al n° 23 del Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro corrieredellapiana@libero.it

Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi

Sindaco di Palmi

dell’Umanità”. Due edizioni consecutive della Varia, è vero; bisogna considerare che negli ultimi 80 anni è la prima volta che succede che la Varia venga riproposta per due anni di seguito, E’ uno sforzo particolare per il quale noi ringraziamo la Regione Calabria, la Provincia di Reggio Calabria, tutti gli enti e le associazioni che ci hanno consentito di sostenere lo sforzo, voluto e cercato perché, è necessario sottolineare, si vuol far si che questa festa possa diventare realmente la festa della Regione Calabria. Non a caso, per la prima volta in 500 anni, il Presidente del Comitato Varia non è stato scelto fra i cittadini Palmesi. E’ l’Assessore Regionale alla Cultura Mario Caligiuri che è persona di altissimo valore e spessore culturale e che ha studiato ancora di più la nostra manifestazione ed è da considerarsi cittadino onorario di Palmi nel senso che lui a Palmi ha vissuto talmente tante esperienze politiche e culturali e ha potuto veramente dare una spinta diversa. Ci auguriamo che questa edizione rappresenti la svolta della Varia dell’ultimo secolo e ci auguriamo che il 31 di Agosto tanti possano essere presenti. Lo scorso anno ce ne sono stati circa 100.000 e quest’anno potremmo essere di più. La Varia ormai è un evento mediatico è perciò saremo presenti soprattutto su alcuni canali satellitari su tutti i canali della provincia di Reggio Calabria e regionali naturalmente in uno sforzo particolare per fare vedere in tutto il mondo che la Calabria si inchina solo alla cultura. La Varia è un fatto di fede, di entusiasmo e di una grande carica di emotività. La Varia è soprattutto la tensione della vigilia; è - se vogliamo - come il sabato del villaggio. Proprio per questo una delle caratteristiche fondamentali che ci ha consentito di vincere è che non ha una cadenza precisa. La Varia viene fatta ogni qual volta il popolo la vuole e questa volta non poteva saltare questa occasione. Certo lo scorso anno eravamo in tensione perché dalla riuscita della Varia avrebbe probabilmente avuto seguito la riuscita dell’inserimento nel gruppo delle macchine a spalla della nazione italiana e quindi il riconoscimento della Varia come Patrimonio Immateriale dell’Umanità, quindi la tensione c’era ed era fortissima. Quest’anno oggettivamente c’è meno tensione; però la passione è sempre la stessa. La Varia non bisogna leggerla non bisogna vederla. Bisogna viverla! e per questo che vi invitiamo ad essere con noi perché vivere la Varia non è come vedere la Varia.

Hanno collaborato: Rocco Militano, Emma Ugolini, Nicola Alessio, Filippo Marino, Caterina Sorbara, Minou Megali, Federica Mamone

Sommario

Contributi di: Giovanni Barone, Mario Caligiuri, Patrizia Nardi

Speciale Varia di Palmi - 28 Agosto 2014

Foto: GIBAMUVIS Palmi Free’s Tanaka Press Grafica e Impaginazione: Stampa: Litotipografia Franco Colarco Responsabile Marketing: Luigi Cordova Cell. 339.7871785 - 389.8072802 cordovaluigi@alice.it - locordova@libero.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Via Benedetto Croce 1 89029 Taurianova (RC) La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli anche se non pubblicati non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 25 Agosto 2014

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La Varia dell'Unesco

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Un messaggio di pace per il mondo intero La festa delle grandi macchine a spalla La Varia, corale momento di preghiera

Raro e ricercato bene rifugio Maestoso spettacolo di forza e di fede Solo la Lettera della Madonna spiega la Varia

La straordinaria storia di Giuseppe Militano La Varia della Pace

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Il si dell’Unesco

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Poster

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La festa della Madonna della Lettera e della Varia a Palmi


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Da Palmi grazie alla Varia

Un messaggio di Pace per il mondo intero Anche attraverso le simbologie di Gerardo Sacco Particolare del bozzetto realizzato da Gerardo Sacco per la Varia di Palmi (Free’s Tanaka Press)

di Mario Caligiuri

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a Varia di Palmi appartiene certamente alla città che organizza questa processione, ma questo evento secolare appartiene anche a tutta la nostra regione e a tutta l’umanità, con il riconoscimento che ha avuto da parte dell’UNESCO. La Calabria ha quindi la possibilità, attraverso questo riconoscimento, di mettere in luce la sua vera natura: quella culturale. La Varia è insieme un simbolo e una metafora - di quello che la Calabria può essere e fin’ora non è stata - una terra che deve costruire il proprio sviluppo basandolo sulla cultura. Non a caso l’Unesco ha riconosciuto come patrimonio immateriale dell’umanità, tra l’altro in una logica di rete, le grandi macchine a spalla italiane perché le ha considerate una espressione storica di grande valore. La Varia di Palmi, insieme con i “Gigli” di Nola, i “Candelieri” di Sassari e la “Macchina di Santa Rosa” di Viterbo, rappresentano una testimonianza impor-

tante non solo da un punto di vista religioso ma di quello dell’identità di popoli e di territori. Credo sia importante che, nel contesto di questo riconoscimento così significativo - che per la prima volta è stato rilasciato da parte dell’Unesco - la Calabria sia presente. La Varia è una festa preziosa, perchè è dedicata alla Madonna della Lettera, dura ininterrottamente dal 1582 ed è stata riconosciuta dall'Unesco. Questa edizione - la prima sotto l’egida Unesco - è arricchita da una ulteriore gemma: i gioielli dell'orafo Gerardo Sacco, che così ha voluto contribuire alla Varia dell’Unesco realizzando il logo dell'edizione 2014, e ideando anche il gioiello che rappresenta il primo premio abbinato alla lotteria della “Varia”. Oltre a ciò da Palmi con la Varia 2014 parte anche un messaggio di Pace rivolto al mondo intero attraverso l’omaggio di un gioiello - sempre opera di Gerardo Sacco - che verrà offerto alla cantante israeliana Noah, nota

Da sin. Giuseppe Saletta, Mario Caligiuri, Giovanni Barone, Gerardo Sacco (Free’s Tanaka Press)

nel mondo per i suoi messaggi volti alla costruzione della Pace. Noah lo fa da sempre - dice Caligiuri - ma soprattutto in questi giorni terribili per quello che sta avvenendo nel Medio Oriente, sta intensificando il suo impegno a favore della pace. Appunto per questo Sacco ha voluto regalarle un gioiello creato appositamente per lei, in occasione del suo unico concerto nel Sud, alla vigilia della “Varia” diventata patrimonio culturale dell'umanità. E Sacco oltre all’omaggio a Noah, con le sue creazioni pensate per la Varia ha voluto anche rendere un omaggio a Palmi “che ha salvaguardato per la Calabria e il mondo una tradizione unica”. Appunto per questo, ha creato un gioiello incorniciando un volto femminile, simbolo della Madonna, con i simboli della palma che, com'è noto, ha tra i suoi significati anche quello della vittoria e dell'ascesa, della rinascita e dell'immortalità. Alla palma è dedicato un passo dei Salmi: “dove fiorirà la palma, là fiorirà il giusto” “La palma infatti produce un'infiorescenza quando sembra ormai morta, così come i martiri hanno la loro ricompensa in paradiso”. Altra simbologia usata da Sacco è la stella di Davide, collocata come un fiore tra i capelli della donna. La stella a sei punte, detta anche sigillo di Salomone, insieme alla M enora h , r a p p r e se n t a la civiltà e la religiosità ebraica. Gli ebrei sono “i nostri fratelli maggiori” disse Giovanni Paolo II in occasione della storica visita alla sinagoga ebraica di Roma nel 1986. In questo momento di grandi tensioni, anche l'omaggio che sarà fatto a Noah è un gesto per la pace nel mondo, perchè siamo convinti che la musica, come l'arte e come la bellezza, “può salvare il mondo”.


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La rete internazionale di condivisione della candidatura di Patrizia Nardi Coordinatrice della Rete Referente Responsabile del progetto UNESCO

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l testo di seguito riportato è tratto da un mio intervento al Coloquio Internacional sobre Patrimonio In material che si è tenuto nel Chiapas nel 2010: il primo dei tavoli tecnico-scientifici ai quali ho partecipato in questi anni insieme ad esperti di valorizzazione del patrimonio culturale e candidature UNESCO di ogni parte del mondo. Il tavolo si sarebbe riunito ancora a Campeche e tra qualche settimana ci incontreremo nuovamente a Guadalajara. Il mio intervento in Chiapas, che presentava l’idea di una candidatura in rete di elementi di patrimonio immateriale, la prima nel contesto unescano, fu accolto con molto interesse e l’intero percorso di candidatura della Rete sarebbe stato seguito molto da vicino dai componenti di quel tavolo e da uno dei massimi rappresentanti della Convenzione UNESCO del 2003, il prof. Francisco Javier Lopez Morales. Con il quale a Baku avremmo festeggiato, qualche anno dopo, il riconoscimento delle feste ed il loro inserimento nella Lista rappresentativa del patrimonio immateriale tutelato dall’UNESCO e avremmo condiviso l’emozione di vedere indicata la proposta di candidatura delle feste della Rete come “ modello e fonte di ispirazione” per i 150 Stati parte aderenti alla Convenzione del 2003. Un grande successo metodologico, professionale e umano dal quale la Rete è ripartita verso nuovi entusiasmanti obiettivi che il decreto Franceschini che istituisce da qualche settimana il Tavolo di lavoro permanente al Mibac sulla Rete, ha istituzionalizzato. Perché il brand UNESCO non è solo un bollino di qualità che riconosce il significato pregnante ed universale di alcune espressioni del patrimonio culturale, l’eccellenza dei progetti e la propensione delle comunità al dialogo ed al rispetto della diversità culturale, ma è una grande sfida ed un punto da cui partire per prospettare la possibilità di uno sviluppo sostenibile dei territori sulla

Le feste delle Grandi Macchine a Spalla Italiane base di serie politiche che devono essere di salvaguardia e tutela, di promozione e valorizzazione e che coinvolgano allo stesso modo le istituzioni locali e nazionali e le comunità, che sono protagoniste destinatarie di tutto ciò. Molte cose dal 2006 la comunità della Rete ha fatto, con il sostegno delle istituzioni e della rete dei sindaci, molte altre è chiamata a fare – il Piano di salvaguardia- molte altre ne farà in futuro, nella piena consapevolezza che il riconoscimento UNESCO sia più di quanto ognuno potesse immaginare e per questo grande opportunità da cogliere nelle sue mille sfaccettature. “Le Città italiane e le loro Feste: territori diversi, comunità con storie differenti ma con segni e pratiche che per morfologia e simbolismo sembrano convergere in inevitabili sincretismi culturali che riassumono la propensione ad integrare provenienze culturali differenti, tanto più necessaria quanto maggiore è il pericolo di indebolimento delle identità locali. Un bisogno che nel caso delle comunità di Gubbio, Nola, Palmi, Sassari e Viterbo ha trovato nella festa votiva con al centro il rituale del trasporto di grandi “macchine” portate a spalla, l’elemento concreto ed oggettivo che ha accomunato cinque città italiane. La festa dei Ceri di Gubbio, i Gigli di Nola, la Varia di Palmi, i Candelieri di Sassari e la Macchina di Santa Rosa di Viterbo sono diventati, per le comunità coinvolte, strumento di conoscenza e di partecipazione collettiva sempre più variegata ed inclusiva, sulla base di nuove alchimie che nello scambio di culture ed esperienze hanno trovato la loro

propulsione. Dando luogo ad un circuito che in questi ultimi cinque anni ha del tutto spontaneamente prodotto un condiviso percorso di crescita tracciato appunto “dal basso”, dalle comunità.” L’esigenza della “riconoscibilità” della propria cultura al di fuori dei limitati confini locali ha spinto negli ultimi anni cinque comunità geograficamente distanti ad aprirsi al dialogo ed al confronto per cercare di ricostruire i tratti di una stessa cornice simbolica di riferimento, quella che racchiude l’intero mondo mediterraneo di cui l’Italia fa parte. Mediterraneo come luogo di confronto, di scambio e di fusione di civiltà differenti, con costumi, atteggiamenti , valori e ideali che riassumono innumerevoli elementi giunti nel Mare Nostrum da ogni dove e oggi parti costitutive dell’essenza stessa dei suoi abitanti che, attraverso il confronto, vogliono verificare somiglianze e differenze e soprattutto, i tratti che trasversalmente caratterizzano la realtà del Mediterraneo. Su queste basi e partendo da un denominatore comune, la “vitalità” delle feste, è nato nel 2005 il progetto di interscambio culturale tra le città italiane con feste caratterizzate dall’uso di grandi macchine cerimoniali a spalla, che ha dato origine alla Rete di comunità e istituzioni come frutto di un moto spontaneo venuto dal basso, dalle comunità. L’obiettivo: dare valore e senso alle pratiche festive attuate da secoli nel chiuso delle proprie realtà locali collegando luoghi, sistemi festivi e gruppi accomunati da un modo simile di esprimere la tradizione religiosa. Il progetto, nato nella forma dello scambio culturale tra scuole e tra le Corpo-

Momenti delle riunioni del comitato Unesco (archivio P. Nardi)


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Momenti delle riunioni del comitato Unesco (archivio P. Nardi)

razioni delle comunità festive delle cinque città, fu recepito successivamente dalle amministrazioni comunali di Gubbio, Nola, Palmi, Viterbo e Sassari e concretizzato in un Protocollo sottoscritto a Nola il 30 giugno 2006, che prevedeva l’impegno da parte delle istituzioni, costituite in rete, a sostenere le proprie comunità in un percorso che doveva svilupparsi attraverso forme di interscambio didattico-culturale e turistico-promozionale, allo scopo di avvicinare le cinque realtà italiane. Dal 2006 ad oggi, moltissime sono state le attività realizzate dalla Rete che hanno coinvolto comunità festive, istituzioni, scuole e associazioni di ogni città del progetto in un percorso di valorizzazione e promozione delle proprie feste sul territorio nazionale. Iniziative culturali si sono susseguite ovunque, con gemellaggi e scambi tra scuole, per esempio, che hanno contribuito alla trasmissione delle feste tra i giovani e a rispondere alla diffusa domanda che proviene dalla società giovane: bisogno di appartenenza, di comunità, di ripristinare legami importanti con il luogo, la propria cultura, la propria storia per non perdere memoria e per avere un punto da cui partire per elaborare una identità “aperta”, attraverso l’ascolto delle "altre memorie" e la predisposizione al punto di vista dell’altro. Non sono mancati momenti di riflessione scientifica, che hanno visto confrontarsi antropologi, storici, appassionati di storia e tradizioni locali, esperti di beni culturali, costruttori delle macchine, protagonisti delle feste che hanno dato il loro contributo a stringere le maglie di una rete che ha lavorato per includere e non per escludere e per ricondurre le spinte individualiste alla consapevolezza che un percorso condiviso può favorire la formazione e la crescita. Moltissimi sono stati i momenti espositivi, attraverso l’allestimento di mostre che hanno ospitato e diffuso le ‘eccellenze’ delle comunità del progetto, da quelle storico-culturali, artistiche e musicali a quelle paesaggistico-ambientali, artigianali ed enogastronomiche . Tutti momenti che hanno contribuito ad integrare le delegazioni, pronte a testimoniare durante le feste, la vicinanza delle proprie città alla Rete. Straordinario momento è stato quello in cui la città di Nola, nel settembre 2008, offrì alla città di Viterbo, in seguito al grave danneggiamento della Macchina di Santa Rosa a pochi giorni dal Trasporto, la presenza solidale a Viterbo di uno dei Gigli di Nola.

Momenti delle riunioni del comitato Unesco (archivio P. Nardi)

La kermesse dei Giochi delle Cinque Città, organizzata a Palmi nel settembre 2006 e pensata per valorizzare le Corporazioni delle feste, ha visto Ceraioli di Gubbio, ‘Mbuttaturi della Varia di Palmi, Cullatori dei Gigli di Nola, Facchini di Santa Rosa di Viterbo e Gremianti dei Candelieri di Sassari confrontarsi e dialogare giocando, in un’ esperienza che è riuscita a predisporre nuove forme di scambio tra i “protagonisti” degli eventi festivi e che ha favorito la migrazione di modi di vivere la Festa che hanno incoraggiato alcune comunità (Palmi, Sassari e Nola) a migliorare i momenti aggregativi con pratiche in uso nelle altre comunità gemelle, come ad esempio le feste delle Corporazioni che precedono il momento apicale del rito del trasporto, dando vita a varie e interessanti forme di “contaminazione” positiva pur nel rispetto dell’identità di ognuno. Identità ritrovate in una nuova dimensione, intese come strumento utile a rafforzare la consapevolezza dell’appartenere alla propria comunità e contemporaneamente a comunità più allargate; identità che si aprono alla contaminazione e cercano lo scambio per arricchirsi; che rifiutano l’obbligatorietà dell’appartenenza per poter accogliere, includere. Questo modo di concepire la Rete ha determinato una concreta diffusione della cultura delle singole feste sul territorio nazionale, ha contribuito a rafforzare l’identità dei centri in cui esse vengono celebrate e a mettere in evidenza la positività e la ricchezza culturale ed umana dei contesti urbani e territoriali a cui esse si legano. In un processo che ha dato dimensione nuova alla Festa, che è diventata per le comunità della Rete strumento di dialogo ed elemento importante anche per una intelligente cultura del turismo “ a misura” dei centri minori, lontani dai circuiti e dai flussi della promozione di massa. In questo lungo percorso di condivisione, la “Prospettiva UNESCO” ha preso forma solo lo scorso anno, diventando “valore aggiunto” rispetto agli obiettivi del Protocollo di Nola del 2006. L’idea dell’iscrizione della Rete e delle sue feste nella Lista Rappresentativa è nata dall’elaborazione del concetto che il riconoscimento UNESCO potesse favorire la sintesi fra tradizionale e nuovo, dove la tradizione è la Festa che vuole essere salvaguardata, valorizzata e trasmessa alle nuove generazioni ed il nuovo è l’affermazione del modo di concepirla da parte delle comunità: come ponte “verso”, verso la verifica e la consapevolezza dei tratti comuni tra gruppi sociali solo geograficamente distanti e soprattutto verso la condivisione, l’accoglienza, l’inclusione nel rispetto delle diversità, ricollocate in un quadro di riferimento fisicamente più ampio. La Rete, nel pieno rispetto della diversità culturale dei soggetti che coinvolge e sulla base della riconoscibilità e della condivisione di alcuni elementi comuni fortemente caratterizzanti delle feste che rappresenta – come il “luogo” della festa, la città in tutte le sue componenti senza distinzioni di genere, di ceto sociale, di cultura, di età; il “modo” della festa, l’uso di macchine processionali di grandi dimensioni trasportate “a spalla”; il “perché” della festa, l’offerta


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Particolare della Varia con i 'Mbuttaturi

come “voto” della forza necessaria a muovere le “macchine”- ha cercato di creare le condizioni per consolidare il significato delle feste, per valorizzarle e salvaguardarle, sulla base di un dialogo costante che ha condotto alla nascita di una comunità nuova, una sovracomunità simbolica non più legata al luogo fisico ma ad un sistema di valori comuni in cui i gruppi coinvolti si sono riconosciuti e che ha favorito lo scambio, la trasmissione e la valorizzazione dell’evento festivo e dei contesti culturali e sociali di appartenenza. Partendo da questo tipo di percorso – che di fatto rispecchia un modo diverso di concepire il patrimonio culturale immateriale, liberato dal “chiuso” di contesti locali “esclusivi” e proiettato verso forme inclusive e dialoganti che superano la rappresentazione classica della cultura immateriale riconducibile al programma dei Capolavori del Patrimonio Orale e Intangibile dell’Umanità-, e alla luce delle disposizioni della Convention for the Safeguarding of the Intangibile Heritage del 2003, che ha segnato l’avvio di una grande rivoluzione metodologica che sembra voler indicare nuove strade alle proposte di candidatura, le comunità del circuito delle grandi Macchine a spalla italiane, guidate dal coordinamento della Rete, hanno cominciato da qualche mese ad elaborare una pratica per l’inserimento delle feste nella Lista rappresentativa, basata sulla proposta di un modulo di tipo seriale composto da beni immateriali distinti ma accomunati da tratti simili. Lo sforzo della Rete, che nelle sue componenti comunitarie ha perfettamente recepito l’istanza unescana in favore della partecipazione “dal basso” alle azioni di mantenimento e trasmissione del proprio patrimonio immateriale, sta andando nella direzione di creare sinergie positive tra le diversi componenti delle comunità e dei gruppi, includendo tutte le energie e le competenze locali, nuove e antiche e coinvolgendo soprattutto le Corporazioni, le associazioni culturali e infine le Istituzioni, queste ultime in un ruolo “subalterno” alle comunità che elaborano e sottoscrivono invece la candidatura da

protagoniste, con la partecipazione attiva della comunità festiva: gli organizzatori, i costruttori delle Macchine, i figuranti, ecc., tutti soggetti che, scambiandosi esperienze e conoscenze, hanno contribuito concretamente a mantenere la vitalità delle feste, garantendone la visibilità e alimentandone la consapevolezza, sia all’interno della propria comunità d’origine che all’esterno. Un percorso virtuoso che tuttavia non ha impedito che si verificassero, in realtà composite e complesse come quelle delle città della Rete, conflittualità che potremmo definire fisiologiche in un contesto in cui le comunità detentrici del patrimonio immateriale, che pur tendono a costituire forme associative per l’organizzazione e la promozione dei beni, non sempre sono autonome rispetto ai soggetti istituzionali che detengono gli strumenti finanziari per la realizzazione delle feste, fase nella quale ricoprono di norma un ruolo preminente. La nota positiva, che si aggiunge a quella ampiamente verificata dal coordinamento relativamente alla partecipazione attiva delle comunità della Rete alla realizzazione del dossier di candidatura attraverso la mediazione di un portavoce designato dalle comunità stesse, è nello sforzo contestuale, da parte dei soggetti istituzionali, di “assecondare” questo percorso spontaneo di salvaguardia e promozione dei propri beni immateriali, sostenendo le spese di istruzione della pratica per esempio (da quelle per la catalogazione del bene presso l’ICCD, l’Istituto per la Catalogazione e la Documentazione, alle spese per il perfezionamento del dossier e così via) o promuovendo, su iniziativa del coordinamento della Rete, tavoli di lavoro interregionali allo scopo di mettere a punto politiche di salvaguardia e di tutela delle feste del circuito: senza rinunciare del tutto, comunque, al ruolo di supervisore dei processi e senza perdere mai di vista le ricadute positive del riconoscimento internazionale sulle dinamiche del consenso politico. Probabilmente un coinvolgimento pieno delle comunità nei processi di sal-

vaguardia e promozione, così come viene auspicato dalla Convenzione di Parigi del 2003, che garantisca loro un ruolo preminente nella gestione del patrimonio culturale immateriale potrebbe diventare più concreto attraverso provvedimenti di politica nazionale diretti ad attuare i principi della Convenzione, ai quali probabilmente seguirebbero azioni concrete anche sul piano locale. Così come un piano d’informazione mirato, che abbia per oggetto la Convenzione e i temi della nuova metodologia unescana applicata ai beni intangibili, indirizzato contemporaneamente ai detentori del patrimonio immateriale ed ai loro rappresentanti istituzionali, limiterebbe la confusione di ruoli ingenerata in alcuni casi dalla tendenza, da parte di questi ultimi a sostituirsi alle proprie comunità sia nella fase della proposta di candidatura agli enti nazionali preposti, sia anche in quella di realizzazione del dossier, contro ogni buon principio e buona pratica unescana. In ogni caso, e nonostante qualche incongruenza legata soprattutto alla reticenza iniziale verso una giusta interpretazione della Convenzione, la Rete delle grandi Macchine a spalla italiane si è rivelata e continua ad essere un’esperienza straordinaria per tutti i soggetti coinvolti, perché ha dimostrato che attraverso la disponibilità alle sinergie e all’apertura, che la cultura può essere veramente strumento di sviluppo e di crescita; uno strumento importante capace di garantire il dialogo e soprattutto di valorizzare le diversità culturali come elemento di ricchezza sociale e come parte di un tutto. Con questa consapevolezza e con la certezza di avere dato un contributo, in questi anni, alla salvaguardia e d alla promozione della cultura immateriale del Mediterraneo, le comunità della Rete si impegneranno nel prossimo futuro a mettere insieme la loro forza, la loro esperienza, il vissuto all’interno delle feste per poter assicurare, attraverso il riconoscimento UNESCO, la tutela ad eventi festivi che continuano a suscitare, dopo secoli, emozioni importanti e a predisporre al dialogo anche le comunità più distanti”.


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Il sentimento del tempo, l’orgoglio delle origini e la forza della fede

La Varia, corale momento di preghiera di Luigi Mamone

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a Varia di Palmi ritorna, con il fascino della immaterialità di cui è pregna e che prende corpo, giorno dopo giorno - e alla vigilia e nelle ultime ore che precedono la “scasata” veramente “momento dopo momento” - concretizzandosi, divenendo palpabile e tangibile, potendo essere respirata da coloro i quali si immergono in questa caleidoscopica atmosfera che riesce prodigiosamente ad abbracciare epoche fra loro diversissime. Pagine di storia e vita che partono dal fervore religioso delle origini, da quella “Palme” medievale che si affacciava sul mare con, davanti, la costa siciliana ora lussureggiante ora brulla e nelle giornate terse, sulla linea dell’orizzonte la nitida visione delle Eolie apparentemente così vicine da pensare di poterle toccare. Isole che la marineria Palmese che aveva il suo approdo alla Marinella raggiungeva regolarmente e riforniva, così come - con legni più grandi - dalla Marinella anche dalla non lontana Joia i marinai palmesi giungevano a Messina. I rapporti di scambio, commerciali, culturali e di amicizia fra i messinesi e i palmesi divennero così forti e intensi che questi ultimi non esitarono a portare soccorso ai peloritani colpiti da una pestilenza: una delle tante pandemìe che per secoli seminarono morte nell’intera Europa senza che si comprendesse la fonte del contagio: tutti preda di disperazione e superstizioni; tutti aggrappati alla speranza. E da un segno di gratitudine dei messinesi per l’aiuto ricevuto - narra la storiografia ufficiale - uno dei capelli che la Vergine Maria aveva donato ai messinesi insieme ad un suo scritto: “la lettera”, la fede Mariana si radica a Palmi e con essa iniziano le manifestazioni in onore della vergine e successivamente nel sec XVI o XVII la Varia che ne celebra la sua assunzione in cielo. Sentimento religioso così diffuso che - come un imprintig genetico - di generazione in generazione si tramanda con la venerazione della reliquia giunta con il mare in tempesta sulla barca di Patron Peppe Tigàno, sospinta dai flutti alla Marinella o all’approdo di Rovaglioso. Il sentimento del tempo e il fatto di essere i prosecutori i di una storia unica - il cui riscontro più forte e probante è proprio la reliquia con il capello della Vergine - e non meri ripropositori di una leggenda e l’orgoglio - un tempo municipalistico oggi molto più ampiamente condiviso - di essere i depositari di un qualcosa che nessuno altro ha, che nessuno altro sente così

La Processione del Sacro Capello (Gibamuvis)

La sede dell’UNESCO (Archivio P. Nardi)

La Varia durante la Scasata (Gibamuvis)


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Il palio (Gibamuvis)

intensamente e che nessun altro - in alcun luogo del mondo - potrebbe ripetere con la stessa tensione e la stessa partecipazione di fede fa della Varia di Palmi veramente quel “maestoso spettacolo di forza e di fede” che i toni retorici e trionfalistici del giornalismo dei primi anni 20 dello scorso secolo erano usi a qualificare. Ed infatti la Varia, al di la del folklorico e dello scenografico - che indubbiamente contribuisce ad arricchire la scasata - resta prevalentemente e fortemente un fatto di fede popolare sentita e manifestata con una partecipazione corale. Nella scasata della Varia, laddove l’immaterialità dei concetti prende forma nell’immane sforzo e nei premiti che gli “mbuttaturi affrontano nel violentissimo rush che fa muovere la pesantissima struttura leggiamo i crismi di una preghiera collettiva. Un intero popolo prega, non più solo con le parole, ma con il sacrificio personale di ognuno. Tutti insieme protesi a dar corpo a quella immagine eterea della Vergine che dalla sommità dei 16 infiniti metri della sommità della Varia benedice la città e tutti i suoi abitanti. Non casualmente la benedizione della Vergine sulla città e sui suoi abitanti è un altro tassello che rimanda al “Culto della Lettera” e a Messina. Dove all’imboccatura del porto, a mò di istmo, vi è un lembo di terra al centro del quale sulla sommità di una colonna troviamo la statua della Madonna e, in basso, sul muraglione frangiflutto, la scritta “VOS ET IPSAM CIVITATEM BENEDICIMUS” (Benediciamo Voi e questa città). Nel corso dei secoli la Varia ha recepito pulsioni e stimoli culturali diversi che modificarono lo spirito originario della manifestazione, arricchendolo senza mai alterarlo e integrando a corollario della festa elementi che marcavano alcune tappe della storia dell’Italia e dell’Europa: Il ricordo delle guerre fra cristiani e mori e, ad esso sotteso, una sorta di messaggio di fratellanza universale è dato dai giganti Mata e Grifone: Una bianca, l’altro moro: così diversi eppure uniti, affratellati al di la del colore della pelle e della diversità di religione. E poi il “Ciuccio” aggregato al corteo festoso dei giganti (al punto che oggi tutti pensano sia una unica forma di manifestazione in epoche successive e volto a ricordare la venuta di Carlo V d’Asburgo che con una sua Armata entrò trionfalmente in Seminara, l’antica città dei baroni Spinelli che sono ricordati fra i fondatori di Palmi. E il trionfo della fede mariana appare esaltato, infine dal Palio, il cui vessillifero con grande abilità, bravura e con un sforzo indubbiamente notevole dopo averlo fatto roteare vorticosamente riesce ad alzarlo verticalmente consentendo al vessillo con il mongramma della Verbine Maria, il Palio, di sventolare più in alto di ogni cosa: dei giganti (della diversità di fede e di Razza); del Ciuccio (del potere politico dell’Imperatore) delle miserie di un popolo che dal basso della condizione in cui le miserie umane lo costringono, volge lo sguardo al cielo dove garrisce il simbolo della madre di Gesù. Messaggi cifrati che emergono dall’oblio e dunque dall’immaterialità dentro la quale sarebbero relegati e che ritornano vivi concretizzandosi in quel concetto di patrimonio universale dell’Umanità giustamente attribuito alla manifestazione. La prima parte della storia della Varia sembra aperta su vedute che paiono evocate della mano felice del Canaletto: atmosfere marinare, luminosità della scena, orizzonti immensi, grandi barche a vela latina. La

seconda pagina della storia della Varia appare più legata alla scenografia cinquecentesca, alla necessità di rappresentava scenicamente e - per certi aspetti - teatralmente - concetti e postulati filosofici e dogmatici che solo una ristretta cerchia di dotti poteva conoscere, studiare e comprendere. La Varia, quella delle origini, rientrava splendidamente in questa logica e assolveva appieno all’esigenza di rappresentare scenicamente l’Assunzione in Cielo della Vergine Maria. In quegli anni la rappresentazione calabrese tendeva a ripeterà il crisma e le gestualità della Vara Messinese. Oggi, e qui sta l’importanza e la palpabilità della forza immateriale che il popolo di Palmi nei secoli ha costruito, mentre a Messina la Varia, forse a causa della sua stessa dimensione metropolitana, forse a causa delle vicende successive al sisma del 1908 e alla sanguinosa stagione del XX° secolo - squassato da guerre e tirannidi - ha perso vigore, Palmi ha esaltato, proprio agli inizi del secolo e grazie alla ferrea volontà di Giuseppe Militano - di fatto il padre della moderna struttura metallica ancor oggi in uso - il nerbo della sua storia e la necessità di mantenere intatta la propria identità e le proprie radici culturali stringendosi intorno alla Varia. Dopo un ventennio di “vuoto”, nel 1987 la Varia ritornava all’Arangiara. Quell’anno nella mente di chi ha vissuto quella edizione fu qualcosa di unico e di irripetibile. Per la Varia giunsero a Palmi emigrati da ogni parte del mondo, le corporazioni palmesi ritrovarono intorno alla Varia, quell’amalgama e un orgoglio municipalistico che affonda agli anni del Medioevo. Per la prima volta il mezzo televisivo moderno mostrava al mondo la Varia come mai prima fosse stato fatto. Iniziava così la fase recente della tradizione: quella che portato l’anno scorso a Palmi i rappresentanti dell’Unesco e qualche mese dopo, i rappresentanti di Palmi a Baku dove, unica fra tutte le grandi macchine a spalla italiane, la Varia di Palmi ha ottenuto il riconoscimento del suo valore di patrimonio immateriale - non della sola Palmi, nè della Calabria ma di tutta l’umanità.

I giganti (Gibamuvis)


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Quel giorno a Baku

Il SI dell’Unesco. E la Varia appartenne all'umanità

di Rocco Militano

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n forte, corale e contemporaneo applauso, alle ore 16,10 del 4 dicembre 2013, ha accolto la dichiarazione: “Approved” del Committee, accomunando i palmesi, collegati in streaming dalla sede del Comitato Varia, con le altre comunità cittadine e con le delegazioni delle quattro città della Rete, guidate da Patrizia Nardi, presenti a Baku per partecipare ai lavori dell’ottava sessione del Comitato intergovernativo dell’UNESCO. Un applauso forte, che è stato un ideale abbraccio commosso fra le 42 comunità cittadine che, dal protocollo di Nola del 2006, promosso dalla città di Palmi con sindaco Parisi come progetto turistico di interscambio culturale fra scuole, hanno, negli anni, superando tante criticità, accresciuto fra di loro, pur nella diversità e lontananza geografica, sentimenti comuni e solidali basati sulla fede religiosa, sul rispetto delle antiche tradizioni, sul comune intento di salvaguardare le espressioni più profonde della cultura popolare. Fu così che le Comunità arrivarono a costituire sostanzialmente quella rete che Patrizia Nardi aveva intuito poter essere la chiave per accrescere il peso delle singole feste, chiamate a concorrere, nella selezione italiana, con patrimoni culturali immateriali di elevatissimo spessore tra cui anche il Carnevale di Viareggio ed il Palio di Siena. Ecco perché a Palmi, nelle lunghe fasi di alta criticità cittadina - che dopo l’edizione della Varia 2008, ne impedirono la nuova celebrazione pur finanziata dalla Regione e stavano mettendo a rischio anche la presentazione della candidatura - tra i soggetti sottoscrittori vi furono affermazioni pubbliche del pericolo di suicidio cittadino in ipotesi di uscita dalla Rete (come accadde poi a Gubbio ), mentre la conferma del dialogo costruttivo con le altre città ed il percorso comune già tracciato d’intesa con il MIBAC apparivano una concreta probabilità di successo. Quindi è stato vincente il modello Rete che, trasferito nella comunità locale

palmese, deve insegnare, da questo traguardo, un nuovo sistema di pensiero – come ha detto il Sindaco Barone nel convegno di celebrazione alla Casa della Cultura – che porti Palmi Città della Varia, con la sua identità culturale e sociale, verso la valorizzazione di tutte le componenti del suo territorio su cui può essere validamente basato un progetto di sviluppo sostenibile che dia, con il concorso di tutti e nello spirito della Varia, concrete occasioni di crescita sia economica che occupazionale. Su tale impostazione, in quella stessa occasione l’Ente Regione, rappresentato dall’on. Candeloro Imbalzano Presidente della 2° Commissione consiliare, ha subito confermato che il territorio di Palmi, così arricchito, entra ai più alti livelli delle eccellenze turistiche calabresi e che, come tale, va inserito, salvaguardandone i valori identitari, in un percorso parallelo di crescita con gli altri territori per qualificare ancor di più l’offerta turistica complessiva della Calabria. Ed anche il Direttore Generale del Dipartimento Turismo della Regione Calabria, dott. Pasquale Anastasi, ha fatto sapere il suo impegno a sostenere pacchetti di offerta resi fortemente competitivi dal brand UNESCO ed a considerare la possibilità di creare, nel prossimo programma operativo dei fondi strutturali europei 2014 / 2021, misure specifiche al fine di adempiere compiutamente all’obbligo assunto dall’Italia nei confronti dei 139 Stati del mondo che hanno aderito alla direttiva UNESCO di salvaguardia dei patrimoni culturali immateriali riconosciuti. Il nuovo, improvviso ed importante percorso di sviluppo della Città di Palmi sembra pertanto tracciato. Alla classe politica governante questa straordinaria opportunità che pare essere un aspetto del miracolo che si rinnova da sempre ad ogni celebrazione della festa!

A Baku, in Azerbaijan, l’iscrizione della Rete delle feste dalle grandi macchine a spalla nella “Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity”. Con la Varia di Palmi la Macchina di Santa Rosa di Viterbo, i Candelieri di Sassari ed i Gigli di Nola. La Rete delle quattro città modello vincente.

Il Comitato della Varia 2013 (Archivio P. Nardi)


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Il francobollo commemorativo della Varia

Raro e ricercato bene rifugio

Fra annulli speciali ed emissioni filateliche la Varia è sempre più un fatto culturale

di Emma Ugolini

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a filatelia è una delle espressioni più elevate della attenzione culturale su quanto avviene nel mondo e su quanto la storia e la cultura abbiano espresso negli anni. I francobolli, fin da quando mutarono la semplice funzione di segnatasse delle origini, posta a indicare il pagamento del costo di spedizione, per assumere una veste più elegante, colta, attenta, contribuirono per un tempo lunghissimo a veicolare la cultura e l’amore per il bello. Basti pensare che i bozzetti di moltissimi francobolli portano la firma di artisti importantissimi a livello mondiale e, che, altrettanti francobolli hanno riprodotto nel corso dei decenni i protagonisti di quelle epoche, le bellezze storiche architettoniche, i monumenti, i castelli, i paesaggi, opere importanti. I francobolli in poche e semplici parole, quantomeno fino a quando Internet e le messaggerie elettroniche non mutarono le regole - furono un formidabile strumento di divulgazione e di promozione culturale. Questa ultima, a parte il collezionismo filatelico - l’album per raccogliere i francobolli magari timbrati staccati dalle lettere che giungevano a casa - si è concretizzata soprattutto attraverso gli annulli speciali. Formula, questa, che sta fortunatamente sopravvivendo ad Internet e alle trappole della Rete. Poste Italiane, in particolare con i propri uomini e le proprie strutture mobili è presente ovunque sia richiesto l’annullo filatelico. Di fatto gli organizzatori dell’evento predispongono una busta o una stampa commemorativa sulla quale il personale delle poste apporrà un francobollo, che verrà annullato con un timbro appositamente realizzato e destinato a esser distrutto subito dopo: di modo che l’annullo rappresenti una data certa. Oltre a ciò, la Varia di Palmi a parte gli annulli speciali ha anche goduto - a riconoscimento della sua importanza da parte del mondo della cultura quando il riconoscimento Unesco era di la dall’essere ipotizzabile - di uno specifico francobollo che fu emesso dall’allora Ente Poste Italiane su bozzetto realizzato da Carlo Bruscaglia dell’Istituto Poligrafico dello Stato e che mostra una Varia a tinte pastello, molto bella nella sua plastica policromia e capace di evocare un senso di sauda-

Il Francobollo commemorativo della Varia (Free’s Tanaka Press)

de. Quasi che venisse riproposto qualcosa di non più esistente e che, in ogni caso, nella sua elegante soavità che faceva apparire leggero l’insieme, non rendeva appieno il senso dell’immane sforzo che mbuttaturi e trascinatori sopportano. Ciononostante, oggi, quel francobollo e quell’annullo - alla luce della nuova importanza che l’Unesco ha riconosciuto alla Varia - hanno assunto un valore filatelico (e dunque una valutazione di mercato) elevatissimi e che nel lontano 1997 certamente non era pensabile potessero acquisire. Pertanto i collezionisti, in possesso del francobollo, peraltro rarissimo, possono ben dire ora grazie alla Varia di Palmi di custodire un vero “bene rifugio”.

L’annullo speciale della Varia del 2000 (Free’s Tanaka Press)


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“Maestoso spettacolo di forza e di fede” di Nicola Alessio

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e la Scasata della Varia è la fine della Festa, l’inizio è dato, circa 15 giorni prima dal trasporto del pesantissimo basamento dal suo luogo di custodia all’Arangiara. Il momento è entusiasmante e qui l’immaterialità del sentimento sottesa allo Spirito della Varia comincia a prendere corpo. In maniera apparentemente informale. Centinaia di persone coordinate e dirette da coloro i quali alla fine coordineranno il montaggio e la gestione della Festa, si radunano spontaneamente. Molti di essi sono gli stessi 'mbuttaturi che il giorno della scasata ritroveremo vestiti di bianco e con le fasce di diverso colore che contraddistinguono le diverse corporazioni. Ad un determinato segnale tutti inizieranno a spingere. Per certi a spetti - anche se il tragitto è

diverso - fanno compiere al basamento della Varia il percorso al contrario. All’Arangiara inizierà subito il montaggio della struttura metallica che ad oltre un secolo di distanza è ancora quella che dobbiamo al genio di Mastro Vincenzo Militano. La Struttura della Varia non è assolutamente semplice. Vi sono meccanismi, ruote dentate e ingranaggi che fano roteare nel corso della scasata i simulacri astrali della configurazione del cosmo: pianeti, satelliti, l’Universo interno al di sopra del quale troviamo il Padreterno e la Vergine Maria ascesa al cielo. Ideale empireo nel quale a varie altezze sono collocate, figure umane - alcune reali e viventi come l’animella - altre sostituite con pupazze. La struttura del telaio in tubi metallici saldati, straordinariamente resistente in relazione

Il trasporto del cippo (Gibamuvis)

Il serraggio delle funi alla base del cippo (Gibamuvis)

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Il trasporto del cippo (Gibamuvis)

all’epoca e alla qualità degli acciai che allora l’industria siderurgica produceva, è destinata a sopportare sollecitazioni straordinarie perché la “scasata” ha in se nella sua natura di impeto collettivo, una connotazione di spinta violentissima che provoca in alto, laddove la struttura conica è di fatto ridotta ad una lunga asta che dal vertice del cono si spinge, alta e diritta fino ai sedici metri del sediolo dell’Animella - ha oscillazioni che si stima - provochino un arco oscillatorio di circa 6 metri. Bravura e fortuna aiutarono certamente mastro Militano nella sua impresa. In quelle epoche, quanto per fare un esempio, i primi aerei avevano struttura in legno e solo in qualche caso la cellula dell’abitacolo era costruita con tubi fra loro saldati. Nel 1912 - quasi un decennio dopo la costruzione del telaio della Varia Palmese il Titanic affondava non tanto perché l’urto contro l’iceberg fosse stato violentissimo ma perché gli acciai di quel tempo, poveri di carbonio, si rivelarono estremamente fragili e non ressero allo schianto. Quel che fu fatto in quegli anni in cui la Varia giungeva alla sua moderna configurazione, non vide certo analisi e calcoli, nè ingegneri meccanici, nè studi fisici: tutto fu

I componenti del Comitato Varia sul basamento del cippo

L’entusiastico fervore che precede la Scasata della Varia (Gibamuvis)

lasciato alla intuizione e al genio di Militano che dovette superare non poche prevenzioni e forme di ostracismo da parte dei suoi concittadini che furono superati grazie ancora a quella connotazione di concretizzazione di elementi di una immaterialità diffusa e condivisa che da secoli i palmesi tramandavano con il ricordo delle antiche Vare, del Palio, dei Giganti e della Madonna della Lettera e che attendeva solo l’occasione di essere concretizzata, per dimostrare come la devozione verso la Vergine e il ricordo di un passato che si vuole luminoso, potessero magicamente trovare esternazione e concretizzazione: una sorta di riviviscenza che emerge, esplode e poi ritorna in un stato si quiescenza e di subliminalità. L’immaterialità prende così forma intorno alla struttura tubolare di Mastro Militano e, per il resto, lo spirito del popolo palmese e la religiosità legata al culto della Madonna della Lettera e alla venerazione per la reliquia del “Sacro Capello” fecero il resto. Quanto ha poi fatto seguito per tutto il secolo scorso è storicamente documentato: una partecipazione di popolo corale e una manifestazione di fede altrettanto corale, immutate fino ad oggi.


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SOLO LA LETTERA DELLA MADONNA “SPIEGA” LA VARIA Il 7 ottobre importante rivelazione sul primo ideatore della Varia

di Filippo Marino

Non si può spiegare la Varia con stampati, comunicati pubblicitari, grandi & piccole distribuzioni, etc.: la VARIA si spiega solo con la LETTERA DELLA MADONNA e lo stesso SACRO CAPELLO è un’espansione della devozione mariana. Quest’anno, al contrario, l’egida ONU-UNESCO trascura la “marianità” della Festa palmese che da ingrediente primario diventa opinabile contorno di un “quid” che impreciso non evidenzia la sostanza e i confini del sacro. Già il 30 giugno 2002 l’allora Vescovo mons. Luciano Bux, deceduto qualche settimana fa, ritirava il sacerdote dall’apparato del carro; il 29 ottobre 2005 lo stesso presule mi faceva notare ricevendomi in Episcopio come la Varia fosse diventata “festa civile” per cui, se impegno futuro doveva esserci, era quello di adoperarsi con la Chiesa e per la Chiesa per una ri-considerazione del mistero mariano dell’Assunzione, di cui la Varia era espressione e il nostro impegno, vano e incompreso, è stato quello di aprire una “pista nuova” alle sollecitazioni mariane e palmesi di una festa le cui nostre stesse definizioni (La festa più bella del mondo, 1987 = Varia machina mundi, 2005 = Carro storico, teologico e mariano del Terzo Millennio, 2014) hanno fatto breccia non già nell’economicistico, ma tra gli addetti ai lavori e nel culturale. Le tradizioni latine, greche, egiziane, siriache e copte che tanto deliziarono gli studi sull’Assunzione si appalesano “materia ostica” alla comune considerazione non perché il popolo non le comprende ma perché esso, “anestetizzato” da siffatte feste mercimonio ed economiche non rappresentano più lo spirito sempre antico e

Antica effigie della Madonna della Lettera (Gibamuvis)

sempre nuovo della festa dell’Assunta. L’odioso balzello per cui si viene ammesso nel Comitato della Festa in una forma totalmente estranea della Tradizione Culturale e Civica della Città di Palmi è una riprova della bontà del nostro pensare e dire e al tempo stesso dell’amarezza che caratterizza queste righe. E taciamo del resto che è motivo di sofferenza per quel che riguarda la nostra stessa persona. Per questo, ho deciso di rivelare il 7 ottobre p.v. all’alba l’inventore e primo ideatore della Varia di Palmi e di tutte le macchine dell’Assunzione del mondo al fine di fare conoscere nella data di N.S. del Santo Rosario Regina delle Vittorie assai cara al nostro antecessore abate Valentino Marino, ciò che con spirito di servizio e di ricerca mi anima da ben 37 anni. Un atto dovuto e sincero per la mia Palmi che mi ha dato i natali proprio lì, all’inizio dell’Arangiara dove si allestisce la Varia, ma anche per quella Palmi – e lo dico con profonda mestizia - che in tutti questi anni non ha saputo o voluto realizzare un convegno di studi sulle tre lettere mariane, che invece Messina ha programmato e realizzato a dovizia anche con la nostra partecipazione. Pensiamo, e con ciò non vogliamo augurarcelo, che i caratteri involutivi non tarlino ancora più a fondo il significato religioso-civile ed etico consustanziale alle feste patronali palmesi, dalle quali e per le quali occorre assumere “ieratica posizione salutare” non solo perché altri possano ravvedersi dalle improprietà anche qui segnalate ma altrettanto e vieppiù perché la Varia ha un futuro se l’UNESCO non

tradisce il mandato originario dell’Organizzazione delle Nazioni Unite dove il tradere nella sua primitiva etimologia significa “affidare la festa alle generazioni che verranno così come quelle passate l’hanno affidato a te”.

‹‹ ri-considerazione del mistero mariano dell’Assunzione ››

Il Prof. Filippo Marino (Archivio F. Marino)


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La struttura della Varia vista dal Basso (Gibamuvis)

Lo scheletro della Varia (Gibamuvis)

La straordinaria storia di Giuseppe Militano di Minou Megali

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Genio della meccanica e uomo ispirato dalla Fede

hi fu Giuseppe Militano, il “padre” della Varia moderna? Apparentemente la risposta potrebbe essere facile: “un uomo dal multiforme ingegno”. Un uomo vocato alla meccanica, alla intuitiva rappresentazione di schemi progettuali caratterizzati da ingranaggi e manovellismi. Un uomo di rigorosi principi e un sagace imprenditore di successo. Certamente. Ma sarebbe riduttivo. Giuseppe Militano, nella sua “mission” che lo portò a ridar vita alla Varia che ormai da decenni - dalla sua infanzia negli anni dell’Unità d’Italia - non veniva più allestita e il suo ricordo stava per sfociare nel desueto e nell’agiografico, correndo il rischio di scivolare nel limbo del non ritorno appare una figura realmente ispirata e quasi profetica. Erano anni nei quali spinte positivistiche e gli anticlericalismi certamente non giovavano alla causa di ridar vita ad una manifestazione religiosa che nell’intero comprensorio - auspice anche qualche incidente particolarmente grave - era stata dapprima vietata dalle autorità alle persone viventi e quindi fatta divenire desueta. La grande visione di Militano e questo è un fatto in se non del tutto razionale - lo portò a scontrarsi con i saccenti, i perbenisti e i borghesi del tempo che storsero il naso e ammiccarono sorrisi di circostanza davanti al progetto del vulcanico imprenditore che - come scrive Pino D’Agostino nel suo recente volume sulla Varia di palmi - inizialmente “non trovò per la sua iniziativa un solo consenso se non il proprio. Dalla famiglia, agli amici, ai conoscenti, alle autorità che poi avrebbero dovuto fornire le necessarie autorizzazioni riceveva solo l’invito a desistere…”. Unica sua sostenitrice fu - secondo D’Agostino - la principessa Ajossa che mise a disposizione il legname dei suoi boschi per ricavare le parti lignee della struttura. Tutto il resto - e le spese certamente furono ingenti - fu sostenuto da Militano che pareva sospinto da una sicurezza interiore quasi che una forza sovrannaturale lo ispirasse e, lo invitasse a non desistere. Tutti gli ostacoli di carattere tecnico costruttivo furono superati. Il telaio metallico e i meccanismi superarono ogni collaudo e alla fine la rigida barriera prefettizia che osteggiava la presenza di figuranti umani dentro la struttura fu superata con una assunzione di piena responsabilità che consentì a Militano di portare a compimento il suo sogno sia pur - da quel momento - con la costante scorta di due gendarmi

pronti a impedire una sua (improbabile, visto il rigore morale del personaggio) fuga. I fatti diedero ragione a Militano. La festa della Varia fu un successo che vide il popolo tutto inebriarsi, partecipare e considerare la Varia già da allora come patrimonio della propria storia e della propria cultura. La Varia - come festa religiosa e civile - fu reintrodotta a palmi ed oggi è patrimonio dell’umanità. Patrimonio che mai tale sarebbe divenuto se un talentuoso ragazzo di umili origini con il genio della meccanica e una fede smisurata verso la Madonna della Lettera non avesse inseguito il “suo sogno” e lottato per materializzare la sua “visione”

Giuseppe Militano (Free’s Tanaka Press)


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L’entusiastico fervore che precede la Scasata della Varia (Gibamuvis)

La Varia della Pace Un monumento in ferro all’ingresso di Palmi

di Federica Mamone

Particolare della Varia del Trodio (Free’s Tanaka Press)

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l sentimento che lega i Palmesi alla Varia, al di la del concetto di immaterialità che si evidenzia nel permanere e nel tramandarsi di epoca in epoca della tradizione religiosa è qualcosa che gli eventi degli ultimi anni - e la circostanza che l’intera Calabria e il mondo intero guardino alla Varia come a un patrimonio universale - ha dato la stura ad un gruppo di artigiani per realizzare una Varia stilizzata in ferro battuto e lavorato che è stata posta nell’incrocio del Trodio: la Via di accesso a Palmi per chi proviene da Gioia Tauro. La struttura, snella ed elegante, alta circa 8 metri riproduce con una duttile eleganza nella stilizzazione delle forme e delle figure, la macchina medievale in ogni sua parte: dal basamento fino all’Animella che come aureola - questa senza alcuna stilizzazione - presenta le dodici stelle che da sempre pittori e artisti collocano dietro la testa della Vergine. Grazie a questo monumento la Varia di Palmi, cessata l’euforia della festa, il clamore mediatico, il caleidoscopico colorato formicaio delle decine di migliaia di persone che attendono la Scasata, per poi divenire fredda e inanimata in attesa dello smontaggio, resterà perennemente, tangibile e visibile e idealmente protesa a ricordare ogni giorno, non solo l’ascesa al cielo della Madonna e il culto della Lettera, ma ancor di più il messaggio di Pace e di fratellanza che oggi è attraverso la Varia divenuta patrimonio dell’umanità la Vergine stilizzata posta alla sommità del monumento impartendo l’ideale benedizione mariana ricorderà a tutti coloro che entreranno o usciranno da Palmi. La Varia in Ferro lavorato posta all’ingresso di Palmi (Free’s Tanaka Press)


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Un Libro di Pino D’Agostino

La festa della Madonna della Lettera e della Varia a Palmi per comprendere il vero significato della manifestazione

di Caterina Sorbara

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a Varia, ormai da tempo ha dato lo spunto a ricerche, tesi, e soprattutto a proposte editoriali di vario spessore e importanza. Alcune assai rigorose, frutto e compendio di studi mariologici, altre - di diverso spessore - derivanti da ricerche di carattere storiografico condotte talvolta con rigore, talalte riproposizione in termini coloristici di dati agiografici che - se pur suggestivi - non contribuiscono molto alla comprensione della Varia come fatto religioso e - insieme - espressione corale dello spirito del popolo Palmese. Con grande attenzione e rigore a tutti questi aspetti, attento in ogni momento ad evitare le facili agiografie e l’altrettanto facile utilizzo di retoricismi, si pone il volume dello scrittore taurianovese Pino D’Agostino il quale - a conferma del valore non municipalistico della Varia e soprattutto delle manifestazioni palmesi di religiosità popolare in onore della Madonna della Lettera, all’interno delle quali - in limine litis - la Varia deve essere ricompresa, affronta una analisi storica che partendo dalla evidenziazione delle origini e di

quanto alla Lettera Mariana e alla reliquia mariana custodita a Messina e poi - limitatamente al Sacro Capello. giunta a Palmi arriva fino ai giorni nostri. D’Agostino analizza e evidenzia ciò che fu la devozione e le forme di estrinsecazione del culto della Lettera nei secoli del medioevo fino all’avvento dell’età dei lumi e alla caduta di tensione che nella seconda meta dell’800 - anche sulla spinta di radicalismi e nuove pulsioni politiche aveva provocato momenti di indifferenza provocati o aggravati anche da divieti burocratici delle regie prefetture sabaude che - senza forse - non guardavano con occhio particolarmente benevolo alle forme di religiosità popolare vecchie di secoli e sopravvissute anche alla fine del Regno borbonico la cui immagine, o la possibilità di sua evocazione o rimpianto era oggetto di rigorosa attività di polizia che ben potrebbe aver influito negativamente anche sulle manifestazioni religiose che - non solo a Palmi - conobbero forme di declino e di oblio, per analizzare poi come molta attenzione, e sobrio rigore nella ricostruzione degli eventi la Varia Moderna: quella lega-

I Padreterni (Gibamuvis)

ta al Nome di Giuseppe Militano, alla sua intuizione o forse - è più corretto - alla sua “visione” che lo condusse in anni turbolenti per l’Europa e il mondo, a superare difficoltà, preconcetti e forme di strapaesana superficialità evocando - esso per primo - a ben vedere - quella connotazione di immaterialità che il popolo palmese grazie a Militano e alla sua Varia per la prima volta in epoca moderna, riesce a rivitalizzare. Militano a ben vedere con la Varia da un crisma di immaterialità a tutta la storia di Palmi che di volta in volta, insieme alla Varia si rimaterializza. Il volume, dito da Varamo presenta un ricco corredo di fotografie, d’epoca e recenti ed è arricchito dalla presentazione del Sindaco Giovanni Barone, dell’Assessore regionale alla Cultura, Mario Caligiuri, del Parroco Don Silvio Mesiti, di Rocco Deodato del Comitato Varia e della Dott.sa Maria Rosa Garipoli, Dirigente dell’Area Cultura del Comune di Palmi. La ricca bibliografia citata dall’autore conferma il rigore della sua ricerca. In poche parole un libro, piacevole da leggere e soprattutto utilissimo per comprendere la Varia in ogni suo aspetto. L’Aninella sorridente tra la folla (Gibamuvis)


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