Inserto Settimana Santa di Cittanova. Supplemento al n° 29 del Corriere della Piana periodico d’informazione della Piana del Tauro - Reg. Trib. di Palmi n. 85 del 16.04.1999
IN COLLABORAZIONE CON
EDITORE
COMUNE DI CITTANOVA
I “Misteri”
I riti della Settimana Santa a Cittanova PARROCCHIA SAN GIROLAMO CITTANOVA MOVIMENTO CRISTIANO LAVORATORI
TAURIANOVA
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I Misteri di Cittanova
La Vita che vince sulla Morte
Messaggio di grande attualità oggi che la vita è minacciata dalla barbarie
di Luigi Mamone
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i occupai per la prima volta dei “Misteri” di Cittanova sul finire degli anni ’80. Caporedattore a TV Esse con il pallino della scoperta, valorizzazione e difesa dei beni culturali della nostra terra, retaggio, questa, della grande lezione di giornalismo televisivo ricevuta in quegli anni grazie ad Aldo Falivena e dal Regista RAI del TG2 Bella Italia Gerardo
I “Misteri”
I riti della Settimana Santa a Cittanova Quaderno di cultura In collaborazione con:
Comune di Cittanova Parrocchia San Girolamo B C C di Cittanova Supplemento al Corriere della Piana N°29, del 20 Marzo 2015 Direttore Responsabile Luigi Mamone Testi Anna Maria Zurzolo Adamo De Ducy Girolamo Sgambetterra Giuseppe Pepe Foto Enzo Galluccio Grafica e impaginazione Umberto Sirò
d’Andrea, raccolsi subito il grido d’allarme che in quegli anni veniva lanciato dal prof. Osiride Avenoso, bibliofilo e creatore di una emeroteca privata di tutto rispetto, che segnalava con apprensione il pericolo per la conservazione delle pregevole serie di statue lignee ottocentesche, di scuola napoletana, realizzate dalla celebre bottega del maestro Biangardi, minate dal tarlo xilofago. Erano anni difficili Vi era per le amministra-
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zioni del tempo maggiore disponibilità di risorse, ma probabilmente mancava la cultura della conservazione. Come dire: in quegli anni una antica cassapanca veniva definita vecchio cassone. Chi aveva sensibilità per il bello e l’antico e un po’ di faccia tosta in quel tempo raccattava senza difficoltà pezzi pregiati conservati dagli eredi degli originari proprietari nella più totale ignoranza del loro valore, antiquario o artistico. Feci un servizio televisivo che in quegli anni destò scalpore, molti consensi e qualche spunto risentito da parte di coloro i quali lo scheletruccio nell’armadio lo avevano in merito al disastroso stato di conservazione delle statue. TRENTA ANNI DOPO, o giù di lì, per fortuna di acqua sotto i ponti ne è passata e, grazie ad accurati restauri avvenuti negli anni scorsi, le Statue che rappresentano figuratamente la passione di Cristo si presentano in questo scorcio del terzo millennio in ottimo stato di conservazione. La loro presenza è comunque meta di interesse e di attenzione anche nel resto dell’anno, però il loro fascino, che le rende quasi vive, traspiranti di un sentimento di fideismo penitenziale si ha nel giorno del Venerdì Santo. La loro uscita dalla Chiesa, la processione, le soste. Migliaia di fedeli che seguono, accompagnano il cammino e pregano, rappresentano una delle forme più vive di ritualità religiosa popolare che si re-
gistrino nella nostra terra. Negli anni, fotografi di grande sensibilità e valore hanno proposto le immagini di questo complesso scultoreo che deve essere inteso come unità e non come un insieme di tante diverse statue. I Misteri devono essere intesi coralmente come un unico grande momento figurato di preghiera popolare. Per questo siamo ben lieti grazie anche alla disponibilità di Enzo Galluccio le cui foto rappresentano la parte più bella e significativa di questo inserto - di proporre una parte di storia e di fede che va oltre le parole. Che parla per immagini al cuore dei lettori, credenti e non credenti. Nel mistero della Pasqua si cela il mistero della salvezza del genere umano e, dunque, il mistero stesso della vita che va oltre la morte fisica. Una vita che vince sulla morte. Così come oggi, nel nome di quei valori antichi e universali che i Misteri rappresentano - dovrebbe dirsi - di una vita che vuole vincere sulla barbarie fatta non più di ateismo, indifferenza, positivismo, materialismo o edonismo ma che è data dall’integralismo, divenuto sinonimo di oscurantismo. In una epoca post moderna i cristiani tornano a morire decapitati come ai tempi del feroce Saladino, delle crociate e della evangelizzazione degli infedeli. Corsi e ricorsi storici che trovano il punto di forza nel messaggio di fede che anche attraverso i Misteri di Cittanova, il mondo attende.
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Processione Addolorata
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LA SETTIMANA SANTA A CITTANOVA di Anna Maria Zurzolo
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pesso, la sterilità emotiva del quotidiano impegno delle incombenze terrene, induce a racchiudere in un cantuccio del nostro animo le emozioni più intense e la nostra spiritualità. Vi sono, poi, eventi che destano ciò che di sopito c’è in noi, risvegliando ricordi, emozioni, spiritualità. Nelle nostre comunità, gli eventi religiosi, fortunatamente, conservano ancora questo potere. I riti della Settimana Santa rivestono, senza dubbio, un ruolo molto importante in questo lavoro di “risveglio dell’animo e dell’anima”. Per molte comunità i riti religiosi ed i rituali della tradizione si uniscono in un unico, indissolubile intreccio che, scevro da forme di paganesimo, rinsalda la spiritualità e conduce ad una chiara percezione della propria fede. Le tradizioni tramandate divengono elementi identitari di una comunità. Dalla percezione dell’identità, scaturisce il senso di appartenenza e dunque la necessità di sentirsi partecipi, di essere parte attiva di ciò che si sta verificando. I fedeli partecipano ai riti con piena consapevolezza derivante da tutto il bagaglio culturale che, hanno ricevuto da genitori,
nonni, zii…. La consapevolezza conduce ad una indagine introspettiva per cui, acquistano valore veramente catartico quei momenti che ci riconducono alla religiosità ed alla fede dei nostri padri e ci aiutano a meditare e riscoprire quella lucina che, pur fievole, brilla dentro ognuno di noi. Quindi, ciò che appare semplicemente il reiterarsi della tradizione, cela in realtà una effettiva interiorizzazione di quello che è il vero significato della passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo. Queste considerazioni trovano piena conferma all’interno della comunità cittanovese che partecipa con un totale coinvolgimento ai riti della Settimana Santa. Il susseguirsi dei riti della Settimana Santa consente ai fedeli di ricordare il sacrificio di Gesù in tutti i momenti salienti e di riscoprirne il profondo significato. Si collocano in questa dimensione le Varette o Misteri: gruppi di statue che raccontano il percorso compiuto da Gesù dalla sua condanna fino alla morte in croce. La realizzazione delle opere avvenne in un periodo compreso tra il 1827 ed il
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1895, le nuove statue sostituirono quelle usate in precedenza e realizzate in cartapesta. I gruppi sono in tutto dodici dei quali undici vennero realizzati dagli scultori Francesco e Vincenzo Biangardi (padre e figlio), artisti di grande valore le cui opere sono diffuse in molti paesi del Meridione. Ogni varetta ha un suo titolo: Il Cristo all’orto, Il Cristo alla colonna, Cristo che cade sotto la Croce, la Coronazione di spine, la Pietà, la Maddalena, la Deposizione, la Desolata, il Calvario, l’Ecce Homo, l’Addolorata realizzate dai Biangardi , ad esse si aggiunge il maestoso gruppo del Cristo Morto in cui la statua del Cristo venne realizzata a Napoli, la bara a Reggio Calabria dal sig. Calvanso e i quattro angeli dai Morani di Polistena.
Fino al 2013 le statue venivano esposte nella chiesa Matrice solo nei giorni precedenti il Venerdì Santo, poi, dopo essere state portate lungo un percorso che dalla Chiesa Matrice giungeva alla chiesa del Calvario, venivano riposte in un locale chiuso per tutto il resto dell’anno, poiché non vi era un luogo adatto atto alla loro esposizione. Il parroco, Don Giuseppe Borelli, pienamente consapevole del valore delle opere e della necessità di una collocazione più sicura e idonea, con grande tenacia ha perseguito ed ottenuto dalla amministrazione comunale (allora Cannatà), la concessione di una struttura che ben si presta all’esposizione delle statue e nel settembre del 2013 è stato inaugurato il “Museo delle Varette” fruibile durante tutto l’anno.
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Il fascino della “Varette”
Momento corale di religiosità popolare Oltre la fisicità della statue la sofferenza del Cristo permea di un velo emozionale i fedeli di Adamo de Ducy
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he cosa sono i Misteri? L’insieme della statue che ormai nella comune accezione sono dette “ I Misteri” con terminologia, egualmente diffusa a Cittanova, sono anche chiamate “Varette”. Questo perché, ognuno di questi complessi scultorei di non grandissime dimensioni, poggia su una base, una sorta di piccolo trono detto Vara o, meglio ancora “Varetta”. Nulla a che vedere con la etimologia legata al culto Mariano della Varia di Palmi, che significherebbe bara o cataletto. È semplicemente la statua fissata su un basamento idoneo al suo trasporto processionale o trionfale. In ogni caso nella religiosità popolare cittanovese “le Varette” indica più che la materialità del supporto l’unicum della manifestazione. Parlare delle Varette significa dunque parlare della processione di tutte le statue, ognuna della quale avrà dei suoi portatori e di una partecipazione corale di folla che non è mero spettatore di una processione, ma elemento partecipe e vivo ad un concelebrazione laica e religiosa della Passione di Cristo. Ogni statua rappresenta uno dei momenti significativi della passione di Cristo; le tappe o stazioni sono così figuratamente riproposte - con uno stile artistico tipico dell’ottocento - venato di verismo e non privo di qualche accenno coloristico
e tutti insieme, portatori e fedeli presenti, celebrano una vera Via Crucis nella quale l’immagine della sofferenza del Cristo travalica la fisicità della statua e permea di un velo emozionale i presenti. Vero transfert che rende la partecipazione alle “Varette” un atto di fede. Di complessi scultorei della passione e crocifissione di Cristo nell’800 ne furono realizzati molti. Lo stesso Biangardi è ritenuto autore di altre sculture similari in altri paesi del vecchio Regno borbonico. Cittanova, o meglio, Casalnuovo, hanno però saputo mantenere integro un misticismo penitenziale che affonda alle radici culturali della penitenzialità popolare a sfondo religioso tipica del Meridione e che qui mantiene ancora inalterata la forza di momento di preghiera popolare. La gente di Cittanova, ancor oggi, con lo stesso spirito dei loro avi di Casalnuovo, vive la passione di Cristo, soffre con il Cristo, fustigato, percosso, umiliato, gravato dal peso di una croce che diviene, solo dopo la sua morte e risurrezione, simbolo di salvezza e, tutta insieme, prega. L’aver mantenuto intatto questo forte sentimento di fede e questo amalgama di religiosità popolare è una concreta espressione di uno Spirito del popolo forte e vivo che intorno a questa tradizione religiosa si vivifica, si materializza e si rafforza.
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L’orazione nell’orto (1865)
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La flagellazione (1865)
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La coronazione di spine (1865)
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L’Ecce Homo (1892)
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Un profilo di Francesco Biangardi
Chi era l’autore dei Misteri? di Arciprete Girolamo Sgambetterra
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o scultore Francesco Biangardi (qui lo chiamavano “Don Ciccio”) nacque a Napoli e a Napoli svolse la sua attività artistica nella seconda metà dell’800. Successivamente passò in Sicilia. Le sue opere artistiche e, specialmente, le sue “Varette” si trovano oggi in tanti paesi dell’Italia del Sud. Uno dei suoi figli, Vincenzo, fu anche lui scultore e riuscì talvolta a realizzare opere più affermate di quelle del padre stesso. La sua arte, come per tanti altri artisti, non gli fruttò grande fortuna. Esperimentò spesso momenti di grandi difficoltà economiche. Lo si può rilevare, tra l’altro, anche dalla corrispondenza col Priore del tempo Camillo Palermo. Il periodo in cui scolpì i nostri Misteri, coincise con molte e gravi sofferenze: la morte della moglie, la malattia della figlia Sofia, che, suo malgrado, dovette ricoverare al manicomio di Palermo dove, gli costava più di tre lire al giorno (1893) e, infine, il ferimento e, pare, l’uccisione per arma da fuoco del figlio Vincenzo. A questo artista il Priore della Congrega del Preziosissimo Sangue si rivolse a partire dall’anno 1858 per la realizzazione dei nostri Misteri. Nel 1866 Biangardi si trova a Cittanova probabilmente per la consegna dei primi 4 che so-
stituirono altrettanti Misteri di cartapesta ormai consunti e logorati dal tempo. In questa occasione gli fu commissionata la statua della Pietà. Fu così che ne fu ordinata un’altra al Biangardi. La statua, in legno di tiglio, venne eseguita sotto il Palazzo Marvaso in Via San Girolamo. Risultò: “quel capolavoro di pacato dolore che commuoveva anche lo scultore Ierace che spesso veniva ad ammirarla” In Cittanova il Biangardi si trovò a suo agio. Le botteghe dei nostri artigiani erano allora piccole officine d’ arte. Perciò egli familiarizzò con i migliori falegnami del tempo: le botteghe di Giovanni Scionti in Via San Girolamo, di Biagio Tucci, in Corso Italia, oltre la Chiesa di San Cosma e il portone di Palazzo Palmisani in via Zito erano i luoghi dove egli scolpiva le sue statue. A uno degli Scionti (Girolamo) allora diciottenne, affidava da Caltanissetta la escuzione delle croci e della bara del Calvario. Fu lo stesso Scionti a riparare la Pietà quando per la rottura di una barra della bara la statua cadde spaccandosi in due durante una processione. Di Cittanova e di tutti gli amici cittanovesi il Biangardi conservò sempre un ottimo ricordo. (Tratto dal libro di Arturo Zito de Leonardis “Cittanova di Curtuladi” 1986)
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La Caduta (1865)
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La Maddalena (1867)
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Il Calvario (1889)
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La commossa partecipazione di Biangardi al mistero della Passione.
Un complesso scultoreo unitario che traspira sentimento e armonia
di Giuseppe Pepe
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uesta notevole serie di figure e gruppi scultorei, che abbracciano tutta la storia della Passione e Morte di Gesù presentandone i momenti più significativi, mostra nella sua fattura pregi così notevoli da potersi classificare un vera e propria opera d’arte che, a buon diritto, onora la nostra cittadina e attrae ogni anno, nelle ricorrenze pasquali, folle di devoti e turisti persino dai centri più lontani della regione. Caratteristica comune a tutte le statue e tipica del gusto e dello stile del tempo in cui esse furono scolpite e della scuola a cui l’artista si rifece è la ricerca della espressività nei volti e nei gesti dei vari personaggi. Si guardino le varie figure del Cristo: si noterà sempre la stessa compostezza mesta e sublime, che traspare sia dal volto sia dall’atteggiamento del corpo e delle membra. Nel volto del Redentore Crocefisso che, nel cosiddetto gruppo delle Tre Croci si volge al buon ladrone per promettergli il perdono e il paradiso si tocca forse il vertice di tale ricerca, che rivela la sincera e commossa partecipazione dell’artista al mistero della Passione. Si guardino ancora le figure della Madonna: sia che venga presentata ritta ai piedi della croce, sia prostrata, a contemplare il figlio moribondo o già morto, nell’atto di accoglierlo tra le braccia quando viene deposto, si rimane sempre colpiti da quella espressione straziata, ma giammai esagitata e scomposta, che si rivela cioè piuttosto nello sguardo accorato, nella bocca dischiusa al gemito, e, quando essa siede a terra semisvenuta, nel pallore del viso e nel languido abbandono delle membra. Si osservano dall’altro canto i vari atteggiamenti dei carnefici: tutti esprimono la stessa ferocia e crudeltà sanguinaria, attraverso i loro sguardi accigliati e stravolti, le loro guance arrossate, i lineamenti grossolani, le labbra contratte e tumide che si aprono all’oltraggio e alla bestemmia. Ma accanto a questa, che è la caratteristica più evidente e facile a rilevare, bisogna notare e apprezzare nel suo giusto valore la minuziosa e perfetta osservazione e riproduzio-
ne dei particolari anatomici: si osservi la cura con cui sono trattati i vari nudi del Cristo nelle diverse positure oppure la robustezza virile delle membra sia degli apostoli e discepoli che dei carnefici oppure, così mirabilmente delicato, il modellato dei corpi femminili come quelli della Madonna ai piedi della Croce o della Maddalena in lacrime. Notevole, infine, la capacità dello scultore nel comporre i singoli gruppi. Ciascuno di essi, infatti, non risulta un insieme di figure scolpite separatamente e poi giustapposte le une alle altre, ma una scena concepita e eseguita con visione unitaria e armoniosa, una scelta sulla quale l’occhio riposa e gode sul sapiente contrapporsi e combinarsi di masse scultoree, di gesti, di membra, di pieghe e panneggi: persino gli elementi geometrici come la Croce, i flagelli, la lancia, sono disposti in modo da non rompere bensì assecondare tale armonia. Si osservi, a tale riguardo il gruppo mirabile della Deposizione: quivi la capacità compositiva dell’autore dà la migliore prova di se, essendo riuscito a disporre in uno spazio così limitato ben 6 figure senza sminuire l’importanza e la funzione dell’una a vantaggio dell’altra, ma collocando le tre superiori, cioè quelle dei discepoli che compiono il pio ufficio e del corpo esamine del Cristo in una successione di masse in movimento che ha la sua conclusione in basso, nella figura armoniosamente statica della Madonna che aspetta che le venga restituito il figlio. Volendo riassumere in un giudizio conclusivo i meriti di tale complesso di opere, possiamo dire che esso dimostra a quel livello di perfezione fosse pervenuto l’artigianato e la scultura in legno, fiorente e operoso nel Meridione d’Italia nel secolo scorso; un livello che nei temperamenti più geniali quali quello del Biangardi è già all’altezza della vera e propria arte del ‘600 e ‘700, che certamente servirono da modello e ispirazione a codesti illuminati artigiani. (tratto dal libro di Arturo Zito de Leonardis “Cittanova di Curtuladi” 1986)
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La Desolata (1883)
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La deposizione dalla croce (1868)
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La Pietà (1866)
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