1
MANDELA
Costruttore dell’unita’ nazionale del Sudafrica
La "Varia" di Palmi Patrimonio Unesco
Villa Pietrosa
Emblema della settimana Unesco 2013
Re-Cycle
Ferrovie taurensi, anno zero
Gemellaggio Oppido M. - Nazareth
2
3
A
vranno inizio sabato 28 dicembre, alle ore 10.00, presso l’Auditorium del Seminario Vescovile di Oppido Mamertina, i lavori del Convegno di Studi in onore del poeta futurista calabrese Geppo Tedeschi, a vent’anni dalla sua scomparsa. L’incontro, promosso e curato dall’Associazione Culturale “Geppo Tedeschi”, in collaborazione con l’Associazione Culturale “Aspromar” e con il patrocinio della Provincia di Reggio Calabria, celebrerà con scritti, testimonianze e declamazioni di versi la figura dell’ usignolo d’Aspromonte, scomparso a Roma nel marzo del 1993. Geppo Tedeschi, uno degli ultimi “petardi” del Futurismo italiano, era nato a Tresilico nel 1907.
Fu tra i più giovani seguaci di Filippo Tommaso Marinetti che lo definì, nel 1941, “massimo scrittore calabrese con al suo attivo volumi giudicati geniali”. Estensore del “Manifesto Futurista sulla Poesia Sottomarina” e premio della “Reale Accademia d’Italia” nel 1938, il Tedeschi fu insignito di innumerevoli e prestigiosi premi nazionali ed internazionali e le sue liriche, tradotte in sei lingue, figurano nelle più importanti antologie ed enciclopedie nazionali. Il meeting del 28 dicembre p.v. sarà introdotto dall’indirizzo di saluto di Maria Frisina, Presidente dell’Associazione Culturale “Geppo Tedeschi”; di Bruno Barillaro, Sindaco di Oppido Mamertina; di Domenico Giannetta, Assessore provinciale alle Attività Produttive, al Personale ed alle Politiche Sindacali . Interverranno i relatori: Natino Aloi, scrittore e già Sottosegretario alla Pubblica Istruzione; Pierfranco Bruni, Responsabile progetto “etnie e tutela della lingua” del Ministero per i Beni Culturali e responsabile unico per le Culture del Mediterraneo del Sindacato Libero Scrittori Italiani; Susanna Paparatti, giornalista de “la Repubblica” e de “Il Mattino”; Domenico Defelice, scrittore e direttore del mensile “Pomezia-Notizie”; Antonio Roselli, giovane scrittore e studente universitario. L’evento sarà moderato da Vincenzo Barca, Coordinatore dell’assessorato alle Attività Produttive, al Personale ed alle Politiche Sindacali della Provincia di Reggio Calabria; e intramezzato dalle declamazioni di Mimì Frisina e di Nuccio Gambacorta Morizzi. Maria Frisina Pres. Ass. Cult. Geppo Tedeschi
Corriere della Piana
Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro
Corriere della Piana n° 16 del 30 Dicembre 2013
corrieredellapiana@libero.it
Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi Hanno collaborato: Francesco Di Masi, Rocco Militano, Giovanni Nucera, Pierluigi Taccone, Francesco Canfora, Salvatore Greco, Carmen Ieracitano, Angiolo Pellegrini, Maria Zerbi, Kety Galati, Rosa Anna Cartisano, Girolamo Agostino, Michele Ferraro, Eleonora Palmieri, Luigi Cordova
3
Riceviamo e pubblichiamo
4
Editoriale
5
Nelson Mandela
6
Varia: l'Unesco dice si
7
Atto dovuto
8
Villa Pietrosa:
21
L'orto in condotta
22 Prim'olio 24
Rosso in corte
25
Gran galà della vita
26
La Junior Band per Telethon
27
All'Avis di Laureana il premio
San Gregorio
Foto: Salvatore Greco, Free's Tanaka Press, Archivio Demaio, Kety Galati, Rosa Anna Cartisano,
emblema Unesco
Grafica e Impaginazione:
10
Considerazioni sugli aiuti CEE
12
28
Natali i na vota
Re - Cycle
14
29
F. Seminara, convegno
Da che parte sta il mare
"Le Baracche e quel che resta"
16
La "Benemerita" tra le due
30
Il cinghiale in Aspromonte
31
I disturbi del
comportamento alimentare
32
Cube 7
Stampa: Litotipografia Franco Colarco Responsabile Marketing: Luigi Cordova phone +39 3397871785 cordovaluigi@alice.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Via Benedetto Croce 1 89029 Taurianova (RC) La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli anche se non pubblicati non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 26 Dicembre 2013
grandi guerre
17
Acqua Santissima
18
Riflessioni sul pellegrinaggio
in Terra Santa
33
Le proposte moda di M. Caminiti
20
Laboratori di fede animata
34
Calendemaio
4
Tre scorci del presepe animato di Melicucco
Editoriale
Natale, festa della vita e della rinascita di Luigi Mamone
E
ditoriale di fine d’anno. Tempo di bilanci, di consuntivi, di programmi, di progetti, di recriminazioni, di occasioni perse, di opportunità sprecate, di illusioni, disillusioni, speranze consunte nello stillicidio di giorni troppo uguali. Tutti scanditi dalla quotidianità di riti che danno la misura di quanto l’invasività della multimedialità abbia soffocato la spontaneità, la generosità, l’amore. Natale, almeno il Natale, resiste ancora. Resta ancora la festa della luce, dell’amore, dello scambio dei doni, del ritrovarsi, almeno per qualche ora intorno a un qualcosa che ricordi il focolare domestico di generazioni che nonostante, la miseria e le guerre, forse vivevano meglio di come vive l’attuale società. Avevano ancora, quelle generazioni la possibilità di guardarsi negli occhi, di tenersi per mano, di giocare con una palla di pezze arrotolate, ma di giocare veramente, senza perdersi nei deserti della virtualità delle troppe WII, X boxes, Nintendo ed altre diavolerie che spianano solo la via all’autoemarginazione, all’isolamento, all’alienazione. Natale: la forza evocatrice di infanzie lontane, di famiglie riunite intorno al tavolo della tombola (cosa molto diversa e più poetica del moderno Bingo) di nocciole, di zeppole, di odore di fumo dal camino o dal braciere e profumi buoni di una cucina antica e virtuosa. Quelle delle nostre mamme o delle nonne. Il fascino del Natale: il presepe. La ricerca del muschio da strappare dal piede di olivi secolari, o dai muri a secco di campagne un tempo fertili e ricche di alberi che madre natura nei giorni del natale agghindava di frutti del color del sole. Scatole di scarpe da ritagliare per fare le case del presepe, la capanna, l’attesa della mezzanotte e il bambinello che veniva posto al centro fra le statuette di Giuseppe e Maria. E le luci dell’albero. E il suono di campane. E l’ansia del regalo. Che talvolta era una piccola cosa. Oggi, il Natale si misura coi flussi statistici delle prenotazioni. La festa della Luce, della vita, dell’attesa che si conclude con il figlio di Dio che nasce, povero fra i poveri, in una stalla di un borgo della Palestina chiamato Betlemme non è più tale. Ha perso il fascino del mistero salvifico per scadere nella mediocrità americana di luci e lustrini in centri commerciali imponenti davanti ai quali i nuovi poveri chiedono l’elemosina e con la loro immagine di sofferenza rimandano alle fiabe di natali opulenti americani, a Ebenezer Schrooge, a alla bimba intirizzita che vendeva fiammiferi davanti ad un Hotel di New York. Ma anche ai negri della Pomona di Rosarno che il loro Natale
lo passavano affastellati l’uno accanto all’altro, a decine in pochi metri quadri con una scatola di cartone per letto o ai bambini della Ciambra di Gioia, a cerchio a scaldarsi intorno a una ruota di macchina incendiata. Dov’è il mio Natale? Dov’è il nostro Natale? Dov’è il Natale? Salviamolo, prima che sia troppo tardi. Salviamolo ritornando a gustare la bellezza delle piccole cose, il valore di un sorriso, la gioia di una carezza. Basta burocrazia, basta mafia, basta politica sporca, basta Equitaliainiquitalia. Basta algidi governanti che continuano a tassare senza pietà chi già vive di poco e non riesce più a garantire il futuro suo e dei propri figli. Un tempo in Calabria, a Natale, si traevano i primi bilanci. Le arance erano state vendute e la “rendita familiare” avrebbe consentito di vivere fino all’anno dopo. Stessa cosa per le olive o per l’olio. Oggi queste fonti sono venute meno. La nostra economia langue, i paesi si spopolano. E’ il natale di una nuova Shoah? Non dettata da odio razziale. Solo da becere politiche economiche. Riscopriamo allora un Natale che duri tutto l’anno. Che sia lo sprone e l’esempio sul quale operare per costruire un futuro migliore. Natale, allora, festa della vita e della rinascita. Auguri.
5
MANDELA
Costruttore dell’unita’ nazionale del Sudafrica, Nobel per la pace e instancabile intermediario per la riconciliazione del suo popolo. La sua matricola carceraria "46664" è divenuta un simbolo di lotta per la libertà di
N
elson Mandela, affettuosamente soprannominato “Madiba” nasce da una famiglia reale dei Thembu, in una tribù di etnia Xhosa, in una rigogliosa e fertile valle del Capo Orientale del Sudafrica, partorito dalla madre in riva ad un fiume il 18 Luglio del 1918. Il suo nome, Rolihlahla, in lingua Xhosa, ha un significato quasi profetico: “attaccabrighe”. Iniziò la sua istruzione presso il collegio coloniale britannico di Healtdtown dove gli insegnanti erano abituati a sostituire i nomi tribali dei ragazzini con nomi più pronunciabili inglesi, infatti, forse ispirandosi ad un famoso generale britannico, l’insegnante lo chiamò “Nelson”. E’ un periodo, quello degli anni ’30, molto difficile per il Sudafrica con deportazioni, leggi restrittive e di segregazione. Il Giovane Mandela frequenta l’Università di Fort Hare dove indignato per queste ingiustizie organizza insieme al suo amico Oliver Tambo una rivolta studentesca per la quale viene espulso dall’Università. Costretto a fuggire a 22 anni, per evitare un matrimonio imposto dalla tribù si rifugia a Johannesburg dove trova lavoro come guardiano nelle miniere della Corona, in questo luogo tra le baracche di lamiera arrugginita si rende conto dello stato disumano e dell’opprimente sfruttamento in cui venivano tenuti i suoi compagni lavoratori. Costituì nel 1944 insieme a Walter Sisulu e Oliver Tambo la lega giovanile dell’ANC (African National Congress), per combattere i mali dell’apartheid e condurre una lotta di disobbedienza civile non violenta con scioperi e marce di protesta, rifiuto di obbedire alle leggi di discriminazione razziali verso il suo popolo. Le conseguenze furono un primo arresto nel 1952 e diversi arresti e rilasci culminati nell’infame processo di Treason del 1958 che durò quasi quattro anni, dal quale fu giudicato non colpevole e quindi scarcerato. Nello stesso anno sposò Winnie sua compagna di lotta. Dopo la messa al bando dell’ANC, la lotta si fece più serrata e da pacifica passò alla lotta armata, Mandela nel 1962
venne arrestato con l’imputazione di alto tradimento e condannato non perché fosse colpevole ma per gli ideali in cui credeva, a cinque anni di carcere. Mentre era in carcere fu di nuovo accusato di sabotaggio, nel processo di Rivonia nell’arringa appassionata pronunciata in sua difesa disse: “Ho nutrito l’ideale di una società libera e democratica, in cui tutte le persone vivono insieme in armonia….Questo è un ideale per cui vivo e spero di realizzare. Ma se è necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire”. Nel 1964 sempre per gli stessi reati, insieme ai suoi compagni viene condannato all’ergastolo e condotto a Robben Island un isolotto di fronte Città del Capo, dove costretto a stare nudo in mezzo al cortile del carcere di massima sicurezza, viene poi rivestito di una divisa color Kaki per far vedere che i regolamenti dell’apartheid si estendevano anche nell’abbigliamento, infatti altri prigionieri di razza diversa (non neri) vestivano con vestiti di colori e forme diverse. A 46 anni, all’interno di questa dura e spietata prigione dove in un isolamento forzato venivano condotti ai lavori forzati a spaccare pietre e a scavare nelle cave di calcare senza alcuna protezione, inizia una nuova battaglia per migliorare le condizioni di prigionia ingiuste e disumane. Battaglie che vanno dall’aver lo stesso vestiario di tutti gli altri detenuti, di avere lo stesso pasto, per il diritto di indossare occhiali da sole nelle cave di calcare, avere in cella sgabelli a tre gambe per poter riposare e studiare per corrispondenza. Queste sono le piccole vittorie di Nelson Mandela di carattere internazionale. Infatti, sotto le proteste, le pressioni e la condanna del mondo intero nel 1980 si sono instaurati colloqui segreti tra il governo e Mandela che sono sfociati l’11 Febbraio del 1990 nella liberazione incondizionata del detenuto. Immensa folla venne a salutarlo al suo rilascio, dopo 27 anni videro un uomo alto, magro e distinto, incredulo di quello che gli stava capitando dopo anni di silenzio. All’uscita dai cancelli della prigione Mandela capì che all’età di
71 anni la sua vita stava ricominciando di nuovo. Nel 1990 dopo la sospensione della lotta armata del partito ANC, Mandela ne diviene Presidente, nel 1992 si separa dalla moglie Winnie per divergenze politiche e prepara negoziati post-apartheid per pacificare la nazione e creare un prospero futuro al suo paese. Il perdono e la riconciliazione unitamente alla collaborazione del vecchio Presidente F.W. de Klerk, diventano armi per pacificare tutta la nazione, infatti insieme vengono insigniti nel 1993 del Premio Nobel per la Pace per l’impegno profuso nella costituzione di un Sudafrica democratico. Mandela viene eletto Presidente del Sudafrica nel 1994 dopo una schiacciante vittoria alle prime elezioni libere del suo paese. Il 18 Luglio del 1998 all’età di ottanta anni sposa la vedova del defunto Presidente del Mozambico, Grace Machel; le sue mogli, ne ha avute tre, hanno dovuto combattere con la politica, con la prigione, e la pubblica piazza per avere l’attenzione del marito. Ricco di figli, nipoti e pronipoti, circondato dal loro affetto e di tutta la nazione si ritira ufficialmente dalla vita pubblica nel 1999 portando in giro per il mondo la sua instancabile battaglia per la pace e la comprensione umana. Muore il 5 Dicembre 2013 nella sua casa di Johannesburg, ricordato nell’annuncio dal Presidente subentrato, Zuma, che afferma: “voglio ricordare con semplici parole la sua umiltà, la sua grande umanità per la quale il mondo intero avrà grande gratitudine per sempre. La sua anima riposi in pace. Dio benedica L’Africa”.
6
La Varia appartiene al mondo
L’Unesco dice SI.
La macchina medievale palmese, patrimonio dell'umanità di Rocco Militano
U
n forte, corale e contemporaneo applauso, alle ore 16,10 del 4 dicembre 2013, ha accolto la dichiarazione: “Approved” del Committee, accomunando i palmesi, collegati in streaming dalla sede del Comitato Varia, con le altre comunità cittadine e con le delegazioni delle quattro città della Rete, guidate da Patrizia Nardi, presenti a Baku per partecipare ai lavori dell’ottava sessione del Comitato intergovernativo dell’UNESCO. Un applauso forte, che è stato un ideale abbraccio commosso fra le 42 comunità cittadine che, dal protocollo di Nola del 2006, promosso dalla città di Palmi con sindaco Parisi come progetto turistico di interscambio culturale fra scuole, hanno, negli anni, superando tante criticità, accresciuto fra di loro, pur nella diversità e lontananza geografica, sentimenti comuni e solidali basati sulla fede religiosa, sul rispetto delle antiche tradizioni, sul comune intento di salvaguardare le espressioni più profonde della cultura popolare. Fu così che le Comunità arrivarono a costituire sostanzialmente quella rete che Patrizia Nardi aveva intuito poter essere la chiave per accrescere il peso delle singole feste, chiamate a concorrere, nella selezione italiana, con patrimoni culturali immateriali di elevatissimo spessore tra cui anche il Carnevale di Viareggio ed il Palio di Siena. Ecco perché a Palmi, nelle lunghe fasi di alta criticità cittadina - che dopo l’edizione della Varia 2008, ne impedirono la nuova celebrazione pur finanziata dalla Regione e stavano mettendo a rischio anche la presentazione della candidatura - tra i soggetti sottoscrittori vi furono affermazioni pubbliche del pericolo di suicidio cittadino in ipotesi di uscita dalla Rete (come accadde poi a Gubbio ), mentre la conferma del dialogo costruttivo con le altre città ed il percorso comune già tracciato d’intesa con il MIBAC apparivano una concreta probabilità di successo. Quindi è stato vincente il modello Rete
che, trasferito nella comunità locale palmese, deve insegnare, da questo traguardo, un nuovo sistema di pensiero – come ha detto il Sindaco Barone nel convegno di celebrazione alla Casa della Cultura – che porti Palmi Città della Varia, con la sua identità culturale e sociale, verso la valorizzazione di tutte le componenti del suo territorio su cui può essere validamente basato un progetto di sviluppo sostenibile che dia, con il concorso di tutti e nello spirito della Varia, concrete occasioni di crescita sia economica che occupazionale. Su tale impostazione, in quella stessa occasione l’Ente Regione, rappresentato dall’on. Candeloro Imbalzano Presidente della 2° Commissione consiliare, ha subito confermato che il territorio di Palmi, così arricchito, entra ai più alti livelli delle eccellenze turistiche calabresi e che, come tale, va inserito, salvaguardandone i valori identitari, in un percorso parallelo di crescita con gli altri territori per qualificare ancor di più l’offerta turistica complessiva della Calabria. Ed anche il Direttore Generale del Dipartimento Turismo della Regione Calabria, dott. Pasquale Anastasi, ha fatto sapere il suo impegno a sostenere pacchetti di offerta resi fortemente competitivi dal brand UNESCO ed a considerare la possibilità di creare, nel prossimo programma operativo dei fondi strutturali europei 2014 / 2021, misure specifiche al fine di adempiere compiutamente all’obbligo assunto dall’Italia nei confronti dei 139 Stati del mondo che hanno aderito alla direttiva UNESCO di salvaguardia dei patrimoni culturali immateriali riconosciuti. Il nuovo, improvviso ed importante percorso di sviluppo della Città di Palmi sembra pertanto tracciato. Alla classe politica governante questa straordinaria opportunità che pare essere un aspetto del miracolo che si rinnova da sempre ad ogni celebrazione della festa!
A Baku, in Azerbaijan, l’iscrizione della Rete delle feste dalle grandi macchine a spalla nella “Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity”. Con la Varia di Palmi la Macchina di Santa Rosa di Viterbo, i Candelieri di Sassari ed i Gigli di Nola. La Rete delle quattro città modello vincente.
Il Presidente del "Comitato Varia" Vincenzi, la dott.ssa Nardi e il Sindaco Barone, con l'Animella e il Padreterno della Varia 2013
7
Il riconoscimento Unesco alla Varia di Palmi
Atto dovuto
per esaltare il valore di una tradizione medievale di travolgente vigore diSegretario Questore del Consiglio regionale della Calabria
“
Hanno tradizioni antiche ed uniche. Per questo andavano conservate, tutelate e valorizzate. Sono le macchine da festa trascinate a spalla italiane, e tra la tutte la “Varia di Palmi”, la seconda per altezza tra le “macchine” utilizzate ancora oggi in Italia, che ha ottenuto nei giorni scorsi il prestigioso riconoscimento dell’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, come “Patrimonio immateriale di civiltà e cultura popolare dell’umanità”. E’ stata una gioia ed una soddisfazione enorme, per me, ricevere la notizia dell’importante risultato meritatamente conquistato dalla delegazione palmese nella lontana Baku, in Azerbaijan, dove nei giorni scorsi, dopo un lungo ed accurato lavoro di verifica e di ricerca, si è riunito l’ottavo comitato intergovernativo dell’Unesco. Un organismo costituito nel 2003 con la “Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale”, che si propone la tutela dell’insieme di “prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, know-how - come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi - che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Tale patrimonio culturale intangibile, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi interessati in conformità al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia, e fornisce loro un senso di identità e continuità, promuovendo così il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”. La Convenzione non soltanto promuove la cooperazione internazionale e il rispetto reciproco del patrimonio culturale immateriale delle comunità, dei gruppi e degli individui interessati, ma, allo stesso tempo, intende suscitare la consapevolezza a livello locale, nazionale e internazionale
La dott.ssa Nardi, in secondo piano a sinistra, durante la riunione dell'Unesco a Baku
La scasata della Varia
dell’importanza di questa particolare tipologia di patrimonio culturale. Un riconoscimento di valenza universale, dunque, che premia il lavoro e l’intuizione di quanti hanno portato avanti un progetto non facile, per il quale, da mesi, si era messo al lavoro un comitato scientifico che ha avuto il compito di sostenere e convincere del valore storico, culturale e religioso di un simbolo, non solo di Palmi, ma dell’intera Calabria. E’ una soddisfazione per tutti. Ma anche personale, sia come figlio di questa terra, sia come uomo delle istituzioni. In quest’ultima veste, di Segretario Questore del Consiglio regionale della Calabria, avendo ricevuto ripetute sollecitazioni da molti amici di Palmi, ma soprattutto da persone come l’avv. Annunziato Santoro, la dr.ssa Patrizia Nardi, il dr. Antonio Gargano e l’avv. Gaetano Muscari, tra i più convinti ed entusiasti dell’importanza di una prospettiva così importante, ho presentato in Assemblea un emendamento alla legge di Bilancio che prevedeva la concessione di un contributo da destinare alla realizzazione della Festa della Varia nell’agosto successivo. Una proposta che è stata poi recepita ed approvata sotto forma di Ordine del giorno, con la quale abbiamo impegnato la massima assemblea elettiva calabrese, ad accompagnare e sostenere il percorso per la valorizzazione e la promozione internazionale della Varia di Palmi. Da quel provvedimento ha preso poi forma e sostanza l’istruttoria che i componenti del Comitato che ha interloquito con l’Unesco hanno trasformato in candidatura ufficiale. A Baku, in Azerbaijan, Palmi e la Calabria hanno così ottenuto un riconoscimento storico, sicuramente meritato, sostenuto non solo dal valore di una tradizione secolare della nostra terra, ma anche dall’unicità di questa manifestazione religiosa che alla processione accompagna tutta una serie di norme e regole, come quella delle corporazioni dei “mbuttaturi” che affondano le proprie radici nella storia sociale di Palmi, che si è sempre caratterizzata per la sua vivacità culturale. Fa piacere sapere che Palmi con la sua suggestiva “Varia”, può finalmente fregiarsi a pieno titolo del riconoscimento di patrimonio immateriale dell’umanità, e pertanto inserita tra i capolavori legati ad antiche tradizioni che spesso non hanno una codificazione scritta ma sono state tramandate oralmente nel corso delle generazioni. Nel caso della “Varia”, alta 16 metri e seconda per altezza solo alla macchina di Santa Rosa di Viterbo, alta 30, si concentrano la fede e la devozione di un popolo alla Madonna della Sacra Lettera patrona della città, che incoraggiata e sostenuta dal Padreterno ascende alla gloria del cielo. Una immagine sacra, da sempre simbolo di Palmi, oggi icona della Calabria nel mondo e polo d’attrazione per nuovi e più importanti flussi turistici internazionali verso la nostra regione, la cui vocazione turistica trova ogni giorno nuovi motivi di conferma e riconoscimento.
8
Emblema della settimana Unesco 2013
La Villa Pietrosa di Leonida Repaci forte esempio di educazione allo sviluppo sostenibile
di Rocco Militano
I
l tema 2013 dell’edizione annuale del Decennio per l’educazione allo sviluppo sostenibile (DESS 2005/2014) - proclamato dall’UNESCO per sensibilizzare governi e società di tutto il mondo verso la necessità di un futuro più equo ed a misura d’uomo - era stato scelto dal Comitato DESS ed affidato alla Commissione nazionale per l’UNESCO (CNI) con il titolo: “I Paesaggi della Bellezza: dalla valorizzazione alla creatività”. Su questo tema la FICLU (Federazione Italiana club UNESCO) aveva invitato i club associati ad adottare luoghi particolarmente significativi aderendo alla campagna nazionale di comunicazione ed impegnandosi ad assumere iniziative di promozione e valorizzazione per coinvolgere sul tema le comunità locali più sensibili. Già il Club UNESCO di Palmi, che in partenariato con l’Associazione Amicicasarepaci da un anno collabora al recupero culturale della villa Pietrosa donata nei primi anni ’80 dallo scrittore al Comune di Palmi, aveva proposto alla Presidenza nazionale della FICLU il patrocinio di un concorso per ricercare in Europa paesaggi comparabili, per quantità e qualità di elementi geografici contemporaneamente visibili, con quello che si gode dalla guardiola della Pietrosa che, dalla baia di Scilla, dallo Stretto, dai Peloritani, e dai laghi di Ganzirri, con punta Faro e capo Milazzo abbraccia la piana ed il golfo di Gioia, la foce del Petrace fino a capo Vaticano ed il prospiciente arcipelago delle Eolie assommando, con l’Etna, e poi con la Varia di Palmi, due patrimoni naturalistici ed un bene immateriale dell’umanità riconosciuti dall’UNESCO! E’ stata pertanto ovvia l’accettazione dell’invito da parte del Club di Palmi ed altrettanto ovvia l’approvazione dell’iniziativa - preventiva ed immediata quella della Giunta comunale di Palmi da parte della FICLU e della CNI, con l’autorizzazione ad apporre la grande targa DESS con il logo UNESCO sulla
facciata della villa per diffondere "Ad imperitura memoria del decennio per l'educazione allo sviluppo sostenibile" il messaggio sul valore della bellezza del paesaggio attraverso la riaffermazione dei valori culturali, ambientali e paesaggistici che il complesso della Villa Pietrosa racchiude in abbondanza nel nome dell’opera letteraria di Leonida Repaci e nei messaggi che, in vita, lo scrittore assieme alla moglie Albertina hanno legato al complesso della villa. E’ così che in conferenza stampa aperta, nella sala del consiglio comunale, il Sindaco Giovanni Barone, il Vice Sindaco Assessore al Turismo e Vice Presidente del Consiglio Provinciale Giuseppe Saletta, l’Assessore alla Pubblica Istruzione Lilla Pipino; la Vice Preside del Liceo linguistico C.Alvaro Enrica Scolaro; la Presidente dell’Associazione Ermelinda Oliva Elia Nasso; la Preside dell’Istituto superiore L.Einaudi Carmela Ciappina; la Presidente della Consulta comunale Giovanile dott. Maria Concetta Militano; la prof.ssa Caterina Perrone della Media Minniti; il Vice Presidente del Comitato di quartiere Torre Stazione Vincenzo Gagliostro, tutti partners del
progetto, hanno formalmente e pienamente aderito all’iniziativa. Ed è stato poi, durante la cerimonia di svelatura della grande targa, in una straordinaria mattinata di sole novembrino e di cielo terso fin oltre le nevi dell’Etna, che ognuno dei partners, convincendosi ancor di più che quello è un paradiso in terra dove il mal perde il fil della lama, ha assunto impegno, per le proprie competenze, a realizzare, nell’arco dell’anno 2014, concerti al tramonto, musica live, letture di poesie e brani di Leonida ed Albertina, mostre pittoriche, appuntamenti letterari ed artistici, ma anche il ripristino dell’illuminazione esterna, dell’ambiente naturale e floreale, con il roseto che richiami ancora le farfalle bianche, gli antichi sentieri sostenuti dalle armacie percorribili giù fino agli scogli e su fino alla grotta, gli ulivi toscani, i pini ed i cipressi, dando, a tutto il complesso, anche concreto valore turistico occupazionale promuovendo la sua bellezza fra i calabresi emigrati con la rivista ITACA, in funzione di uno sviluppo sostenibile della Città di Palmi. Ed è stato infine l’Assessore Natale Pace, a nome dell’Amministrazione comunale,
La guardiola della Pietrosa
9
ad assumere l’impegno più importante ed a cui lui è da sempre legato, di assolvere nel 2014 l’antico debito della Città, realizzando finalmente il mausoleo nella grotta sovrastante, dove Leonida, con a fianco Albertina, finalmente “ non morto ma dormiente, in roccia di granito, rupe dentro la rupe, vedrà passare i secoli senza farsi svegliare”. “ Là, alla Pietrosa – dice Leonida – cesserò di essere stato un uomo amato e tradito per essere, da sempre, per sempre, un lare, un patriarca remoto, una presenza invisibile nel tempo”. Quando così sarà, applicando principi unescani la comunità cittadina avrà riportato al valore antico e salvaguardato un luogo unico sia dal punto di vista geografico – ambientale che da quello storico – culturale, di cui ogni palmese di oggi potrà riappropriarsi per trasmettere questo patrimonio collettivo, con tutti i suoi valori culturali, alle generazioni future, nel nome di uno dei più grandi letterati del ‘900 italiano.
Nelle foto, studenti in visita alla Villa Pietrosa
10
Alcune considerazioni sugli aiuti CEE all’agricoltura Europea di Pierluigi Taccone
S
iamo alle tornate finali di quella che sarà la nuova PAC agricola ovvero l’insieme di regole che definiranno la politica agricola comunitaria e che tanta parte avranno nel decidere il futuro degli agricoltori europei dal 2013 al 2020. Possiamo anzi dire che la PAC, a livello Europeo, è ormai cosa fatta, manca l’ interpretazione che lo stato Italiano darà a questo insieme di regolamenti e la ripartizione che intende farne nell’ambito di tutta l’agricoltura nazionale. Questa riforma della politica agricola comunitaria sarà per gli agricoltori italiani di vitale importanza, ma lo sarà ancora di più per il mondo agricolo meridio-nale caratterizzato in massima parte dalla presenza di colture mediterranee che non hanno la capacità di sopravvivere in assenza di congrui aiuti europei. La concorrenza che viene fatta dai paesi rivieraschi del sud del Mediterraneo che analogamente al nostro sono produttori di olio e di agrumi, potendo contare su costi molto più bassi, ci impongono una politica dei prezzi che non possiamo af-
‹‹ L'agricoltura
è fatica e sacrificio continui. La burocrazia la deprime.
››
frontare senza risorse, quanto meno nel breve periodo. Come dicevamo la Comunità ha praticamente varato la riforma della PAC, ma lo stato Italiano come al solito tarda a fare proprie le incombenze che la CEE le ha affidato in termini di ripartizione degli aiuti: se spalmarli sull’intero territorio nazionale o suddividerli secondo ripartizioni storiche regionali o con altri criteri che non ci è dato sapere. Purtroppo ritardi e indecisioni non sono una novità, sarebbero comportamenti risibili, se non riguardassero la sopravvivenza o la scomparsa di una parte rilevante della agricoltura del Sud Italia. Indubbiamente questa latitanza delle Istituzioni Italiane nei confronti del mondo agricolo è un fatto culturale che ha radici profonde ed oggi malgrado si ricominci a parlare di agricoltura con rinnovato interesse, la si inquadra in un’ottica edonistica, goliardica, di vita beata all’aria aperta del buon contadino felice. Se ne ricava un’idea che è il contrario della realtà. L’agricoltura è fatica, sacrificio, insieme alle insufficienti gratificazioni è afflitta da una burocrazia miope ed autoreferenziale che trova nell’accanimento dei controlli e nella lentezza della burocrazia la giustificazione della propria abbondante proliferazione e dei propri salari. La quantità di incombenze che oggi l’agricoltore deve assolvere è diventata insostenibile in termini economici e di tempo. Il settore al di là dei virtuali apprezzamenti e della considerazione che le vengono dedicati da molti non per concreta convinzione, ma perché di moda, non è beneficiaria di vantaggi né terreno di grandi occasioni, se non a costo di durissimo impegno. E’ proprio questa schizofrenia comportamentale della società civile che avvilisce e rende incerto il futuro del comparto agricolo: da un lato un osanna alla capacità del mondo agricolo a rispondere con testardaggine e capacità alla crisi che attanaglia l’economia della nazione, con nuove assunzioni e con una fiducia nel futuro che altre categorie non hanno espresso.
11
Dall’altro una pervicace tendenza a penalizzare attraverso tasse e balzelli un settore che ha subito nel corso degli anni perdite di valore del prodotto venduto, aggravi di costo dei beni strumentali necessari, riduzione dei valori immobiliari che viceversa, artatamente, vengono rivalutati a fini fiscali. Non trascuriamo infine la tendenza, ovunque diffusa, a ritenere l’agricoltore un perenne assistito a danno della collettività. Questa convinzione, condivisa da molti, nasce dal fatto che indubbiamente il bilancio della CEE è destinato per il 40% al mondo agricolo e viene ridistribuito al comparto attraverso aiuti diretti od indiretti, a volte anche in maniera irragionevole ed ingiustificata, ma generalmente, va a colmare un disavanzo che nasce dalla impossibilità del settore di essere competitivo nella società tecnologicamente avanzata nella quale opera. Ciò si verifica, in misura maggiore o minore nella totalità del mondo rurale europeo ed è legato ai costi che alcuni settori hanno in più per un necessario maggiore utilizzo di manodopera. Ne deriva la critica che alcuni Stati o settori hanno sempre rivolto a queste politiche, mi riferisco ai paesi del nord Europa la cui agricoltura estensiva non richiede grosso impiego di manodopera e quindi minori risorse. Per quanto sappiano di puro opportunismo, queste critiche di una parte della società europea possono esser capite, ma non giustificate, se si considera che queste popolazioni come consumatrici vengono a beneficiare di una politica di aiuti agricoli che interviene positivamente nella composizione finale dei prezzi delle derrate alimentari. Tuttavia quello che mi lascia perplesso è che una certa parte della società italiana, anche della cultura, giornalisti, politici, tante persone che stimo e con le quali ho
spesso condiviso opinioni comuni, condividano queste critiche come se il mondo agricolo fosse composto da speculatori e lestofanti da mettere alla gogna, dimenticando magari che in altre circostanze e certamente con poca coerenza, queste stesse persone, abbiano magnificato le virtù di chi svolge il lavoro dei campi. Da agricoltore e per di più da agricoltore del profondo sud, tacitato al silenzio da sovvenzioni della CEE, che spesso rappresentano per la categoria lo spartiacque tra una stentata sopravvivenza e la scomparsa, non avrei diritto a polemizzare. Cercherò di non farlo, anche se tutti questi discorsi ed articoli enfatici o di critica che ci sono stati propinati puzzano della più scontata demagogia ed incoerenza o quanto meno evidenziano una superficiale informazione che non dovrebbe essere ammessa quando si prende di mira una categoria di gente che lavora, rara avis, anche il sabato, che si dibatte da anni tra enormi difficoltà di carattere economico e sociale, che ha subito, nel suo interno, una diaspora che ha eliminato negli ultimi 50 anni l’ottanta per cento degli addetti e che nel suo futuro, per poter sopravvivere, prevede ulteriori falcidie. Mi limiterò solo ad alcune considerazioni: • 1. E’ vero che la CEE riversa sulla sua agricoltura il 40% del suo bilancio e che queste risorse interessano in maniera diretta il 5% della popolazione, ma è altrettanto vero che di questa immensa mole di danaro pubblico la maggior parte ritorna, sotto forma di riduzione di prezzo, all’intera collettività, che altrimenti dovrebbe rassegnarsi a spendere molto di più per mangiare. • 2. Il mondo rurale Europeo è composto da milioni di piccole aziende che insieme hanno concorso nel tempo, con il loro lavoro, a determinare quello che è il paesaggio, così come oggi noi lo vediamo, con i cipressi in Toscana, la vite o i boschi in Piemonte o in Trentino, con l’olivo in Puglia o con i magnifici campi a grano della Francia o con gli ulivi dell’Andalusia. Questa quotidiana opera ha come conseguenza complementare il contenimento del degrado idrogeologico, paesaggistico ambientale ed il controllo degli incendi. Ogni agricoltore è anche un attento custode del territorio. Finiti gli aiuti finiranno in buona misura anche gli agricoltori. Qualsiasi operazione di reinserimento in aree urbane di masse espulse dalla campagna, ma anche la surrettizia gestione del territorio agricolo abbandonato, costerà alla comunità molto più di quanto non costi oggi. Dovrà farlo con personale non agricolo e senza alcun ritorno produttivo. • 3. Le agricolture dei paesi occidentali, salvo rari fenomeni di nicchia, producono a costi da paesi industrializzati e vendono a prezzi da terzo mondo. E’ solo questo il motivo per il quale esse sono sostenute. Da sole forniscono la maggioranza di tutta la produzione mondiale e decretarne la fine sarebbe uno sciocco suicidio per l’intero consorzio umano, per gli agricoltori, ma soprattutto per i paesi più poveri che in presenza di crisi o carestie non potrebbero attingere a scorte, che solo i paesi occidentali sono in grado di produrre e detenere. Come si potrà notare il fenomeno è molto più complesso di quello che sembra e va valutato attentamente, senza superficiali analisi dalle quali potrebbero derivare conseguenze molto serie proprio per i paesi poveri che si cerca di proteggere ed anche per le popolazioni dei nostri paesi abbienti, che di fronte a scorte limitate, dovranno attingere ai loro risparmi in banca per fare un pasto decente.
12
Re-Cycle
Ferrovie taurensi, anno zero. di Francesco Canfora e Salvatore Greco
R
E-CYCLE nome dell’idea di progetto, mutua non a caso quello dell’interessantissima mostra tenutasi al MAXXI di Roma nel 2011, con la contestuale pubblicazione di un prezioso volume, dove sono state raccolte nuove e importanti strategie per il futuro dell’architettura, della città, del paesaggio e del pianeta…. Mentre aspettiamo di capire il gracile destino delle Ferrovie Taurensi, sono passati tanti anni, proposte disattese e troppe passerelle politiche. La vegetazione spontanea lungo il tracciato si è riappropriata del suo primitivo carattere rendendo spesso impossibile il passaggio e l'assenza di un utilizzo e d’interventi di manutenzione ha spinto gli abitanti in diversi punti a considerare la loro sede come una discarica pubblica, stazioni e caselli, scatole abbandonate, mute sentinelle evocano il passato prestigioso della ferrovia. In Italia ci sono 20 milioni di metri quadri di aree ferroviarie dimesse, in via di dismissione o non più utilizzate, di cui circa la metà (9.5 milioni) in area urbana. Nel tempo sono stati dimessi circa 5000 chilometri di linea ferroviaria di cui ancora oggi sono utilizzati 2600 chilometri. ² Questo il triste palinsesto … paesaggi derelitti!!!! Contagiati da questa “nuova” strategia creativa del ri-ciclo come costante sperimentazione e rivisitazione di forme architettoniche, urbane e paesaggistiche e consapevoli delle problematiche legate al tema del riciclo delle ferrovie “abbandonate”, causa anche il groviglio delle normative vigenti, da abitanti della “Città degli Ulivi” abbiamo sentito l’ostinato e per alcune “stanze” anche irriguardoso dovere, di concentrarci a delineare quello che nei nostri ragionamenti sempre più spesso abbiamo definito “utopia del reale”. E’ utopia a New York la Highline? Sono utopici tutti quegli esempi di progetti realizzati in Italia e all’estero e pubblicati sul sito dell’Associazione Italiana Greenways? Senza dimenticare che il mondo accademico Calabrese in questi ultimi
anni ha dedicato molta attenzione alle sorti del ri-ciclo delle linee ferroviarie abbandonate, come grande opportunità di crescita e sviluppo. N’è conferma il sempre più nutrito numero di studenti impegnati in ricerche e tesi di laurea sull’argomento. Sia ben chiaro a questo punto che noi non abbiamo nulla contro le Taurensi e la vecchia “littorina”, semplicemente “innovative” visioni per questo paesaggio! A tal proposito a Giuseppe Pedà, nuovo Presidente delle Ferrovie della Calabria, i migliori auguri per un auspicabile lavoro di re-cycle, per un bene da restituire alla società! Dovendo pensare di intervenire in un contesto così ereditato, le scelte strategiche e gli obiettivi di un possibile progetto, sono stati indirizzati necessariamente ad indagare e leggere tra le pieghe dei rapporti tra comunicazione architettonica, paesaggistica e la storia di questo territorio. Gli “oggetti architettonici”, includendo opportunamente in questo caso l’intero sistema paesaggio delle Ferrovie Taurensi, hanno fino ad un recente passato, denotato sicuramente la loro funzione sociale principale, “avendo contribuito in passato a sollevare da un secolare isolamento le popolazioni
[….Riciclare significa rimettere in circolazione, riutilizzare materiali di scarto, che hanno perso valore e/o significato….Riciclare vuol dire, in altri termini, creare nuovo valore e nuovo senso. Un altro ciclo è un’altra vita….L’aspetto innovativo della condizione contemporanea risiede nel considerare strategica questa politica per l’architettura, per la città e per i paesaggi derelitti… Il concetto di riciclo implica una storia e un nuovo corso. Coinvolge la narrazione più che la misura…. E chiede al progetto di essere poliarchico, deciso da molti, condiviso da tanti, di contribuire alla costruzione di un paesaggio-ritratto, una bellissima immagine di João Nunes, che è il ritratto di una società e non di un autore ] Mosè Ricci
13
Immagini virtuali di riutilizzo della linea ferrata
di questa parte d’Italia”, e connotato una certa ideologia di altre funzioni. Oggi? Architettura e paesaggio sono legati indissolubilmente in una sola cosa, perché l’una interagisce con l’altro e lo modifica in una mutua integrazione, all’interno di precise regole di adesione. Per fare chiarezza all’interno di quei rapporti di comunicazione a cui si è accennato prima, è sinteticamente opportuno scomodare alcuni concetti di caratterizzazione dei segni architettonici e paesaggistici, facendo in questa sede solo un breve accenno alla “funzione prima” riferita alla denotazione di utilità primaria, e alle “funzioni seconde” più complesse e di supporto a tutte quella serie di connotazioni associate e simboliche. L’ideale, anche di fronte ad un’intenzione-azione di ri-ciclo, sarebbe trovarsi di fronte a “funzioni prime variabili e funzioni seconde aperte”. Il paesaggio delle Taurensi presenta fortunatamente queste caratteristiche, al progetto di RE-CYCLE il compito di intervenire su quelle “connotazioni variabili” e apportare efficaci modificazioni temporali e spaziali a quelle “denotazioni aperte”. Questo significa che “l’oggetto” non sarà vittima dell’obsolescenza e del consumo e non sarà protagonista passivo di un ricupero: ma sarà lo stimolo, la comunicazione di operazioni possibili, atte ad adeguarlo continuamente alle situazioni mutevoli del decorso storico: operazioni che saranno atti di decisione responsabile, commisurazione delle forme, nei loro elementi costitutivi, alle configurazioni possibili che esse possono assumere, e di queste agli sfondi ideologici che le giustificheranno. ³ Tutto questo almeno in questa fase iniziale ci sostiene, offrendoci la possibilità concreta di poter prendere in considerazione l’opportunità reale di re-inter-pretare questa infrastruttura dei trasporti, con l’estensione di alcune soluzioni tipo,
individuate a livello di programmazione strategica, specifiche per le diverse tipologie di tratti ferroviari, abbandonati o sottoutilizzati (ad esempio: conversione totale a pista ciclo-pedonale (rail to trail), utilizzo combinato (rail with trail), utilizzo temporaneo come greenway (railbanking), ecc.). Nella strategia progettuale, segnali, cippi chilometrici, ponti, gallerie, sottopassaggi stradali, stazioni e le loro dipendenze, evocano il passato prestigioso di questa infrastruttura, ravvivando nella memoria dei nuovi fruitori il ricordo della vecchia ferrovia, aggiungendo al progetto fascino e vivacità, lungo quella sequenza di “nuove funzioni”, che interesseranno in maniera differenziata i diversi tipi di ambiente, da quello urbano a quello suburbano a quello rurale. RE-CYCLE inoltre prende il via da una concezione di sviluppo locale basato sulle potenzialità del paesaggio, che si sposa perfettamente con una concezione andatasi affermando negli ultimi anni, di competitività territoriale basata su fattori endogeni. Significa che ciascun territorio deve trovare e/o modificare ove fosse necessario le proprie specificità e risorse per una vitale capacità di competere a livello globale per uno sviluppo economico sociale “sostenibile”. Risorse sempre più concentratesi sui fattori ambientali, sono date dalla nuova economia delle attività outdoor, del turismo in tutte le sue specificità, dalla valorizzazione delle risorse culturali, naturali e dei prodotti tipici e locali, stimolo per nuove iniziative imprenditoriali, con conseguente ricaduta occupazionale sul territorio. Alcuni esempi virtuosi, dalla rinascita di Bilbao in Spagna, al miracolo artistico della Ruhr in Germania, alla riscoperta scientifica di Trieste, fino allo storico New Deal americano, evidenziati nel libro “LA CULTURA SI MANGIA!” di Bruno Arpaia e Pietro Greco edito da
Guanda, ci hanno mostrato che bisogna avere il coraggio di cambiare la specializzazione produttiva di un territorio o addirittura di un paese. Bisogna investire, non sovvenzionare, nei settori culturali e creativi perché questi settori contribuiscono in maniera significativa alla crescita economica, all’occupazione, all’innovazione e alla coesione sociale. L’economia si sta sempre più “culturalizzando” per questo non è assolutamente azzardato asserire che il cuore dell’economia reale, non è quella finanziaria, ma quella della conoscenza. Industria culturale, formazione e ricerca scientifica, ispirano RE-CYCLE e sono i vertici di quel triangolo che Umberto Eco ha sapientemente cesellato per definire la rivoluzione della conoscenza. Un contagio culturale auspicabile dovrebbe colpire epidemicamente, le Ferrovie Taurensi, la Città degli Ulivi e per di più il nostro orgoglio, la nostra sensibilità, i nostri orti individuali, e RICICLARLI, a prescindere dalle visioni, in un paesaggio amato soprattutto da noi stessi che qui viviamo.
‹‹ Riutilizzare per usi sostenibili ciò che resta delle Taurensi
››
14
Un viaggio nei mali antichi del sud
Da che parte sta il mare?
Uno spaccato di vita nell'ultimo libro di Annarosa Macrì.
di Carmen Ieracitano
U
n viaggio nel tempo, in un tempo che ai nostri giorni può quasi apparire remoto, ma che in fondo consente quasi a tutti di identificarsi e che, per questo, ritorna ad essere sempre attuale. Questo è, fondamentalmente, “Da che parte sta il mare”, l’ultima fatica letteraria di Annarosa Macrì, giornalista Rai reggina che fu collaboratrice di Enzo Biagi e che da questa esperienza trasse “L’ultima lezione di Enzo Biagi”. Ricordo che la conobbi proprio in occasione della presentazione di quel libro; rivederla oggi, dopo quattro anni, me ne riporta tante alla mente di lezioni. La Reggio degli anni ‘50, violenta e omertosa sotto la facciata “bene”, disposta a far pagare a caro prezzo la libertà di parola, e un’altra Reggio, fatta di gente comune, di vie, mercati e stabilimenti balneari, si intrecciano sullo sfondo della storia di questa famiglia narrata dalla voce della piccola Anna, una bambina cresciuta in fretta che a otto anni ammette di non saper giocare ma a cui ciò non manca, che non si sente defraudata ma parte consapevole di un meccanismo più importante. E non manca certo l’amore in questa famiglia, che molte delle sue vicissitudini da “profuga di guerra”, una guerra silenziosa per il diritto a dire la verità laddove l’obbligo è tacere, le deve proprio allo sconfinato amore di un padre, un amore viscerale, che talvolta appare anche soffocante, ma disposto a tutto per proteggere chi ama, ma un amore non distinto dall’insegnamento di altri valori altrettanto importanti: la libertà, il coraggio, il valore dell’istruzione e della cultura, il dovere dell’informazione di non piegarsi davanti a nessuna ingiunzione al silenzio, la fede. Una storia bellissima e vera, l’autobiografia di un’Annarosa Macrì
bambina, profuga, clandestina, amante e amata senza troppe coccole, senza bambole ma con tanti pensieri e tante idee, tante domande per una testolina che alla fine riesce a trovare le proprie risposte, che fa comprendere bene quali siano state le vicissitudini, i sentimenti, i valori che l’hanno portata ad essere la donna e la giornalista che è oggi. E che oggi ce li riconsegna in questo libro, presentato il 31 ottobre
a Cittanova al Polo Solidale per la Legalità a cura dell’associazione culturale Cittanuova, il cui presidente, Clelia Bruzzì ha coordinato gli interventi dei presenti: il prof. Francesco Adornato, preside della facoltà di Scienze Politiche all’Università di Macerata, il prof. Ottavio Amaro dell’Università di Reggio Calabria, il Prefetto Vittorio Piscitelli e la stessa Annarosa Macrì. Ancora una volta una grande lezione.
15
16
di Angiolo Pellegrini Generale dell'Arma dei Carabinieri
La lotta alla mafia. Si racconta che Mussolini nel maggio del 1924, durante un suo viaggio in Sicilia, arrivato con una scorta a Piana dei Greci, fosse accolto dal sindaco del paese, con le parole: "Vossia non doveva disturbarsi con tutti questi poliziotti. Qui siete sotto la mia protezione". Il duce rispose sorridendo ma, al rientro a Roma, trovò subito le persone adatte per risolvere il problema: il prefetto Cesare Mori ed il giudice Giampietro. Ebbe inizio così una campagna memorabile di lotta alla mafia. I sindaci erano mafiosi o collusi, i latitanti erano alla macchia da decenni, le estorsioni e le intimidazioni erano un fenomeno quotidiano.. Mori aveva dalla sua il vantaggio di avere carta bianca. I Carabinieri furono in prima fila insieme ai loro colleghi di PS nei rastrellamenti di massa che coinvolsero interi villaggi. A Gangi furono catturati dieci latitanti, tra cui il capobanda Ferrarello raggiunto da 52 mandati di cattura durante una latitanza di 33 anni. Nella zona delle Madonie furono distrutte tre bande e furono arrestati 130 latitanti. Le manette scattarono anche ai polsi di diversi sindaci eccellenti. I processi si conclusero con secoli di carcere e confino coatto, la ragnatela mafiosa venne strappata con metodi brutali ma oltremodo efficaci. Le statistiche testimoniavano il crollo di reati come abigeati, rapine, estorsioni, omicidi, danneggiamenti ed incendi dolosi, ma i capi mafiosi ed i collusi mettevano in atto un disegno classico della mafia. Abbandonavano lo scontro frontale per scegliere la strada della connivenza, cercando di instaurare rapporti con i vertici del fascismo. Mori, alla fine, sarà promosso per essere rimosso quando i danni avrebbero potuto essere irreparabili per i mafiosi. In un solo anno di campagna, 11 carabinieri persero la vita, 350 rimasero feriti gravemente. Il bilancio del sacrificio e degli atti di valore compiuti emerge anche dal conto delle decorazioni: 14 medaglie d'argento, 47 di bronzo, 6 medaglie al valor civile, 14 attestati di benemerenza e 50 encomi.
Il Prefetto Cesare Mori
L’Africa orientale Fuori dai confini, con l'appoggio della Germania ma contro la Società delle Nazioni, l’Italia si lanciò nella conquista di un "posto al sole" occupando Eritrea, Abissinia e Somalia (la cosiddetta Africa Orientale Italiana), seguita dall'annessione dell'Abissinia. In tutti questi teatri i Carabinieri parteciparono ai combattimenti (distinguendosi soprattutto nella seconda battaglia dell'Ogaden del 1936) e poi furono incaricati di estendere nei nuovi possedimenti la loro struttura territoriale per garantire la sicurezza e la convivenza pacifica. Per il valore dimostrato, alla bandiera dell'Arma dei Carabinieri fu concessa la prima croce di cavaliere dell'ordine militare d'Italia. Nel corso dell'intera guerra morirono 208 carabinieri ed altri 800 furono feriti. Quattro ottennero la Medaglia d'Oro al Valor Militare, 49 quella d'Argento, 108 di Bronzo e 435 la Croce di Guerra. Per perpetuare la memoria di quegli eventi, il comando interregionale di Napoli porta il nome di Ogaden.
La guerra di Spagna Il 18 luglio 1936 scoppiò in Spagna la guerra civile fra le sinistre del Fronte Popolare, al potere dalle elezioni del 1936, e la Falange, una forza paragonabile al fascismo che grazie all'appoggio della Chiesa cattolica spagnola, al contributo
Carabinieri in una azione di guerra
militare della Germania e dell'Italia portò il potere nelle mani di Francisco Franco. Allo scoppio delle ostilità oltre 60.000 volontari accorsero da 53 nazioni in aiuto dei repubblicani mentre Mussolini e Hitler fornirono in via ufficiosa l'appoggio alla Falange. In questo contesto non di rado italiani combattenti nelle due parti si scontrarono in una vera e propria lotta fratricida. Gli italiani accorsi a combattere per la Seconda repubblica spagnola erano fra i più numerosi, per nazionalità superati solo da tedeschi e francesi. I primi Carabinieri arrivarono in Spagna nel 1937 ma durante tutto il conflitto non superarono complessivamente mai le 500 unità. Indossavano l'uniforme kaki spagnola, conservando però i loro alamari d'argento. Uno dei loro maggiori problemi fu inizialmente quello di far capire la differenza fra i loro compiti e quelli dei carabineros spagnoli, guardie doganali e con la Guardia Civil. Non si trattava di piccoli puntigli, ma del legittimo desiderio di qualificarsi come un corpo d'élite, geloso delle proprie tradizioni. I compiti svolti dall'Arma durante la guerra civile di Spagna riguardarono soprattutto la polizia militare, la sorveglianza delle comunicazioni, l'assistenza alle popolazioni e l'ordine pubblico. Le basi logistiche italiane si trovano a Cadice e a Siviglia, ma i nodi delle linee di rifornimento erano localizzati nelle maggiori città.. In ognuna di esse vi era un distaccamento di Carabinieri e lungo le linee ferroviarie le scorte erano particolarmente intense nei giorni in cui venivano trasportati i rifornimenti per il CTV. I Carabinieri furono quindi impegnati sia nelle retrovie sia nelle maggiori battaglie: Malaga, Guadalajara, Ebro, Levante, Catalogna e Madrid. In ognuno di questi compiti, i militi dell'Arma fecero sempre il loro dovere. Quando il contingente lasciò la Spagna nel 1939, si era guadagnato 13 medaglie d'argento, 45 di bronzo, 105 croci di guerra e 43 promozioni per meriti di guerra. Dal 1938 l' Europa stava precipitando ormai verso la guerra. La Germania aveva annesso l'Austria ed i Sudeti e nel maggio del '39 Hitler e Mussolini avevano stretto il patto d'Acciaio con il quale l'Italia si impegnava, in caso di guerra, a sostenere la Germania con tutte le sue forze militari.
xxxxxxx xxxxx xxxxxxxxx xxxx xxxxxxxxxxx
17
Stato e antistato, Chiesa e "Santa"
Acquasantissima
Gratteri e Nicaso auspicano il modello di chiesa proposto da Papa Francesco di Filomena Scarpati
S
acro e profano in quest’ultima pubblicazione di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso sembrano mescolarsi in maniera così impropria da lasciar pensare davvero all’intrusione del principe del male che alcune rare volte prende in modo silente, a maggior ragione, uomini di Dio per creare sfiducia in un’Istituzione che vive e fa vivere all’insegna della Croce, l’amore tra gli uomini. Il risultato di una ricerca minuziosa tra gli atti dell’Archivio di Stato ed un’attenta riflessione, portano il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia e un giornalista ad approfondire le conoscenze, per intervenire meglio sul territorio calabrese e liberarlo da una schiavitù che tiene lo sviluppo bloccato da qualche secolo, creando sgomento e scoraggiando investimenti in una regione che in economia poteva essere al top delle classifiche portando benessere alle famiglie. Lo Stato, attraverso i suoi organi istituzionali ha ormai dichiarato la volontà di condurre una lotta senza tregua fino a quando il fenomeno cosiddetto “‘ndrangheta” non sarà sradicato: ciò riguarda come già detto lo Stato, ma la Chiesa dal canto suo come altra importante istituzione che opera nel territorio, quando si accorge di essere affetta da qualche forma, seppur limitata, di malessere, come è stato evidenziato nel lavoro dei due autori, come reagisce? Certo Papa Bergoglio non sembra voler risparmiare nessuno o fare sconti, condividendo in modo pieno il concetto di risanamento. Dalle ricerche effettuate e descritte da Gratteri e Nicaso in “Acqua Santissima” emergono storie legate a qualche prete di potere più che di vocazione che ci riportano con la mente al don Abbondio di Manzoni. Ed è proprio su queste forme di potere che pongono maggiori attenzioni anche se pochi non fanno la regola e ci consentono di esprimere:<< Non si faccia di tutta l’erba un fascio!>>. Parlare di alcuni uomini coinvolti in inchieste giudiziarie e processi, appartenenti ad una Istituzione insospettabile, non significa
che tutti usano lo stesso comportamento in determinate circostanze; infatti nella dissertazione, alcuni capitoli sono stati dedicati ai preti del coraggio che, ponendosi dalla parte del bene, trovano la forza di denunciare atteggiamenti mafiosi. Bisogna anche dire che lo Stato alcune volte nel tutelare i coraggiosi non ce la mette proprio tutta, forse per circostanze che lo impediscano, allora sarà stata solo questione di paura pur essendo un atteggiamento che non si addice a chi
per scelta si propone di rappresentare Colui che per il bene dell’umanità si è fatto crocifiggere. Diciamo allora che la paura scaturisce dalla debolezza e fragilità umana, ma sono uomini anche loro come gli altri. Certo che in situazioni del genere entrano in gioco diverse componenti che esaminate minuziosamente consentono di schierarsi contro o a favore. L’unica certezza è che lo Stato debba essere più presente sul nostro territorio per tutelare meglio la cittadinanza. La Chiesa da parte sua, invece, attraverso i suoi rappresentanti deve essere più prudente nell’impartire i sacramenti in certe situazioni; bisogna soprattutto capire se i pentimenti, le confessioni e la necessità di perdono degli ‘ndranghetisti, siano delle vere conversioni o solo un modo di avvicinarsi ai preti per rafforzare i loro poteri. E’ quanto si evince da “Acqua Santissima”. Un magistrato e un giornalista non nascono dal nulla e prima di decidere di trattare un argomento, di esperienze fatte sulla propria pelle ne hanno
a bizzeffe, quindi è più saggio leggere il loro lavoro cercando di capire quali siano le motivazioni che hanno portato ad affrontare determinati argomenti, interrogandosi su come si è agito fino ad oggi e dove qualcosa va cambiata. La riflessione potrà essere veramente spunto per il rinnovamento, nella consapevolezza che riconoscere i propri errori con umiltà, fa la vera grandezza degli uomini. La chiusura mentale non è certo condizione evolutiva. Rinnovarsi facendo proprio il messaggio di Papa Francesco che per Nicola Gratteri e Antonio Nicaso è un punto di riferimento molto forte è l’unica speranza di riconquista dei veri valori della Chiesa e della vita, che devono emergere esclusivamente da una sana ed autentica interpretazione e testimonianza del Vangelo e non da giochi di potere. In poche parole se errori ci sono stati, è giunta l’ora di rivedersi! E’ questo il filo conduttore di tutto il libro. Tra Chiesa e Magistratura, quindi, si apra il dialogo. Se altrove manca l’elasticità o le condizioni non lo consentano, allora si cominci dalla Piana del Tauro che riporta in se notevoli sorprese e la volontà necessaria ad ogni forma di cambiamento evolutivo, forse si avverte di più rispetto ad altri luoghi perché maggiore è la sofferenza. Parta da qui uno spiraglio di luce che illumini l’intera Calabria e renda saldo il rapporto tra la Chiesa che deve prodigarsi per il suo messaggio di fede, speranza, perdono e la Magistratura che deve amministrare la giustizia in nome del popolo italiano. L’anelito alla coesione muova proprio dalla Piana, dove i numerosi problemi hanno fatto sì che la gente fosse più matura e dove la Chiesa oltre a portare avanti la sua missione, si è dovuta sostituire, in alcuni casi, alle mancanze di una politica latitante. Si avvii su questo territorio un progetto di giustizia sociale condiviso da due poteri tanto diversi quanto forti. Il libro dal titolo “Acqua Santissima – La Chiesa e la ‘ndrangheta: storie di potere, silenzi e assoluzioni” è stato presentato di recente dagli autori all’Archivio di Stato di Reggio Calabria diretto da Maria Giuseppina Marra che ha moderato i lavori.
xxxxxxx xxxxx xxxxxxxxx xxxx xxxxxxxxxxx
Nella foto sopra ׃Il Procuratore Antimafia Nicola Gratteri, con la Dott.sa Mirella Marra e il Giornalista Antonio Nicaso
18
Monsignor Milito con il vicesindaco Zerbi
Momenti della cerimonia di gemellaggio
19
di Prof.ssa Maria Zerbi Vicesindaco Oppido Mamertina
S
entito e profondo è il ringraziamento che devo rivolgere a sua Eccellenza Mons. Francesco Milito, vescovo della diocesi di Oppido Mamertina - Palmi, artefice principale di questo evento, che si è prodigato con passione e con fervore alla realizzazione di un progetto così grandioso. Fare delle riflessioni su un tale pellegrinaggio è davvero difficile per le emozioni e le sensazioni forti che ho avuto. Mentre si visitavano tutti i luoghi percorsi e vissuti da nostro Signore Gesù Cristo, provavo un “qualcosa” di sublime e di profonda spiritualità meditando nel contempo i vari capitoli del Vangelo. Da Nazareth dove ho offerto con tutto il mio cuore, in qualità di rappresentante della cittadinanza, ogni singolo oppidese alla nostra Madre Celeste “Maria”, a Gerusalemme dove ho percepito la grande presenza di Dio in tutte le varie e diverse religiosità presenti. I l mistico itinerario mi ha condotta sulle orme di Gesù alla scoperta delle radici della fede cristiana e dell’alta percezione di appartenenza alla Chiesa, sentendomi particolarmente unita a tutti i credenti e preservando, quindi, gelosamente il retaggio acquisito. Dalla mia splendida esperienza, consiglio ad ogni credente di visitare la Terra Santa per vedere, sentire e pregare.
20
Don Emanuele Leuzzi con l'attore Fabrizio Giacomazzo
L'iniziativa dell'Istituto Scolastico Diocesano
di Kety Galati
Animare per socializzare
Laboratori di fede animata all'Uliveto Principessa
I
ncontrare la persona di Gesù attraverso lo stile dell’animazione. O meglio, come dare un’anima cristiana alle azioni quotidiane nella vita adolescenziale. Per dare senso e valore a quello che si fa, novanta giovani della Piana di Gioia Tauro hanno partecipato al week-end studenti, organizzato da don Emanuele Leuzzi, direttore dell’Ufficio scolastico della diocesi di Oppido-Mamertina – Palmi, nonché parroco della chiesa Maria Santissima del Soccorso di Palmi, con la collaborazione di don Antonio Lamanna, vice parroco della stessa parrocchia e le docenti di Scienze religiose delle scuole superiori della provincia di Reggio Calabria. Ospiti dell’hotel Uliveto Principessa di Cittanova, gli studenti, divisi in tre gruppi, hanno partecipato ai laboratori di fede “animata” guidati dall’attore Fabrizio Giacomazzi dello “Studio Attori” di Genova e dagli educatori Simone Lotrione e Paola Nalotto, membri della Cooperativa “Anima Giovane” di Torino e dell’associazione “HopeMusic”, quest’ultima legata alla pastorale giovanile nazionale che lavora in tutta Italia per formare ed educare i giovani alla fede cristiana attraverso strumenti armonici. Malgrado una resistenza di fondo legata al carattere timido dell’età giovanissima, i ragazzi, avevano voglia di fare, stimolati dagli educatori, essi hanno sperimentato, attraverso mirate tecniche teatrali, quali la drammatizzazione, il gioco, la conduzione teatrale, l’animazione da palco e la musica, come prendere consapevolezza della propria espressione gestuale e verbale. Un lavoro certosino condotto dai responsabili dei gruppi che hanno
insegnato ai ragaz-zi provenienti da realtà diverse come conoscersi tra di loro, come relazionarsi, come crescere insieme e come migliorarsi. Il tutto attraverso una scena teatrale o un gioco inventati dagli stessi giovani, i quali hanno dato sfogo alla propria fantasia, improvvisandosi, cappuccetto rosso o cenerentola o siriani in fuga da un bombardamento, immagi-nando realtà che a noi adulti sembrerebbero banali, ma per loro sono ancora importanti. Non solo. I ragazzi hanno dato lettura espressiva ad una favola, come il Gigante egoista, ad una canzone tradotta, come la Vita è bella di Noemi, riflettendo sul significato di esse e sull’emotività e la fisicità dei personaggi, o semplicemente hanno fatto ballare i loro corpi, trasportati dalla musica e dall’immaginazione dei colori dell’arcobaleno. Una costante trasmissione di emozioni, durante la due giorni, ma soprattutto di contenuti concreti che hanno parlato il linguaggio attuale, quello dei giovani. Sono state le docenti Maria Ciano, Melania Scarcella, Arcangelo Macrì, Bruna Corsaro, Maria Bonfiglio, a selezionare gli studenti, che fanno parte del Movimento studentesco cattolico italiano, per il workshop formativo. Un’esperienza guidata spiritualmente da don Emanuele Leuzzi il quale ha ascoltato, giocato, ballato e cantato con i giovani, conclusasi con la celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Franceco Milito, vescovo della diocesi di Oppido-Mamertina- Palmi, presente in ogni occasione. Monsignor Milito, durante la sua omelia, ha plaudito all’evasione di casa dei giovani, ricordando che la chiesa incoraggia a questo tipo di evasione, che porta alla riflessione interiore e rispecchia, in questo caso, il tempo dell’Avvento, tempo di preparazione ad accogliere Gesù Bambino. Lo stesso ha spinto i giovani a capire il mistero profondo dell’amore di Dio spiegando il significato del Vangelo di domenica scorsa, Matteo 11,2-11, Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? Nella figura di Giovanni Battista, «il pedagogo», che non si lascia manipolare, c’è «lo scatto di conferma che Gesù è l’unica verità. Il mondo contemporaneo si trova a domandarsi se Gesù è esistito veramente» ha detto Milito, aggiungendo che «anche noi oggi siamo interpellati a chiedercelo. La risposta verrà solo da Lui». Non ha lasciato dubbi il vescovo Milito ai giovani, i quali li ha spronati a dimostrare la loro credenza nelle azioni di ogni giorno, «azioni capaci di rispondere agli altri attraverso le Sue opere, solo così ci possiamo innamorare di Lui. Se non siete ciechi e storpi, testimoniate, essendo per gli altri illuminanti come Gesù. Se Egli diventa centrale, la nostra vita è centrata». Alla conclusione della santa messa sua eccellenza Milito ha consegnato ai ragazzi una bustina, contenente l’immaginetta di Gesù Bambino nella culla, una foglia di ulivo e la terra santa, proveniente proprio dalla terra di Gesù, un dono simbolico, per dire ai ragazzi di aderire alla terra eterna. Hanno partecipato all’iniziativa le scuole superiori della diocesi, eccetto Rosarno e Sant’Eufemia d’Aspromonte. Tra gli istituti superiori, l’Itis, lo scientifico ed il classico San Paolo di Oppido-Mamertina, il Severi di Gioia Tauro, il classico Geraci e lo scientifico Guerrisi di Cittanova, l’industriale Milani e l’alberghiero Renda di Polistena, il tecnico Einaudi, il classico Pizi ed il pedagogico di Palmi, Tredici scuole che hanno voluto mettere in gioco i loro studenti perché nella vita c’è sempre un gioco da giocare.
21
di Rosa Anna Cartisano
C
ome ogni anno, lo scorso 11 novembre, si è celebrata, nella Scuola media di Messignadi, la “Festa dell’Orto in Condotta”, sostenuta da Slow Food, l’associazione ONLUS che si occupa di temi legati al cibo, alla nutrizione e all’ambiente. L’evento, giunto alla sesta edizione, ha carattere nazionale e si svolge in contemporanea in tutte le scuole italiane, che aderiscono al Progetto “Orto in Condotta”. Questo è il nome con cui nel 2006 è stato ribattezzato l’orto didattico, un’area verde cioè coltivata a opera della comunità scolastica, che, ideato negli Stati Uniti su iniziativa di Slow Food Usa, si è diffuso in Italia a partire dal 2004. Si tratta di una maniera nuova di pensare e fare la didattica, nata dal riconoscimento dell’importante ruolo della buona agricoltura nell’educazione ambientale e alimentare, che, attraverso un legame diretto con la terra, lega l'educazione dei giovani a un differente rapporto con il cibo, cercando di renderlo meno soggetto alle esigenze del mercato. In Calabria, solo due scuole possono vantare l’esistenza di un orto didattico:
una di queste è proprio la Scuola media di Messignadi, piccolo plesso facente parte dell’Istituto Comprensivo Oppido - Molochio – Varapodio. Nell’area ortiva, di circa 100 m2, situata sul retro della scuola, gli allievi, guidati dal Responsabile del Progetto, prof. Francesco Surace, e con l’aiuto della sottoscritta, vi si coltivano verdure e ortaggi, destinati per lo più all’autoconsumo. Le piante sono nutrite con concime organico, letame o compost prodotto nella compostiera, che la Scuola possiede fin dal 2006, da quando cioè le attività dell’orto sono state impostate secondo i principi dell’Orto in Condotta. Gli alunni partecipano, inoltre, a tutte le attività organizzate da Slow Food, come appunto la Festa nazionale, che si tiene ogni anno a novembre, con una tematica sempre diversa. Quest’anno, il tema proposto è stato il formaggio, argomento certamente lontano dall’orto, ma difatti incluso nel più vasto disegno educativo di insegnare ai giovani a mangiare in modo «sano, buono e consapevole», rispettando il territorio e le risorse della terra. Per l’occasione, la Scuola ha invitato Domenico Cervonaro, rappresentante
dei produttori di caciocavallo di Ciminà, uno dei tanti Presidi Slow Food, nati per salvare i prodotti tradizionali di qualità, valorizzare i territori e preservare la biodiversità agroalimentare. Sono intervenuti, inoltre, per la Condotta Slow Food di Reggio Calabria Area Grecanica, Francesco Saccà e Michelangelo D’ambrosio, rispettivamente, vicepresidente e responsabile della comunicazione. Gli ospiti hanno intrattenuto gli allievi della 1a, 2a e 3a , che, per la ricorrenza, hanno indossato la maglietta con il logo del Progetto, con una degustazione di formaggi e spiegato le fasi di lavorazione di questi ultimi e del caciocavallo, in particolare. I festeggiamenti, iniziati con dei giochi didattici a tema, sono continuati con un banchetto, a base, manco a dirlo, di formaggi vari, frutta e dolci, allestito dalle mamme degli allievi, sempre molto disponibili a collaborare con i docenti. E’ seguito, infine, l’intervento del Dirigente dell’Istituto Comprensivo Oppido - Molochio - Varapodio, prof. Ferdinando Rotolo, che ha ringraziato gli organizzatori e le persone intervenute.
22
SAN GIORGIO MORGETO
«PrimOlio»
un evento che si ripete negli anni per promuovere le produzioni olearie calabresi. di Girolamo Agostino
L
autunno non è il preludio di uggiose e malinconiche giornate ma l’inizio di un’accogliente e calorosa stagione nella quale, l’attesa dei contadini e dei lavoranti della terra per la raccolta dei meritati frutti del lavoro, volge al termine e si concretizza; e, mentre la natura si prepara al riposo invernale, si sparge il seme per le nuove colture e nell’animo di molti agricoltori si riaccende la speranza delle altre buone raccolte. A San Giorgio Morgeto, il paesino situato alle falde delle montagne aspromontane, dove braccianti agricoli e maestranze conservano antiche tradizioni, come un rito perpetuo di buon auspicio, da circa quattordici anni si ripete la tradizionale festa dell’olio nuovo «PrimOlio». Quest’anno la manifestazione ha avuto inizio il 26 ottobre nella rinomata Azienda Agricola «Olearia San Giorgio» dei f.lli Fazari in Contrada Ricevuto con il benvenuto agli operatori economici canadesi venuti per l’occasione che, in sede aziendale, hanno potuto assistere alle moderne tecniche di estrazione ed imbottigliamento dell’olio extravergine d’oliva ed anche all'importante illustrazione sulle lavorazioni della completa linea cosmetica. Nei giorni successivi, nelle belle giornate dell’«estate di San Martino», la manifestazione ha seguito il suo percorso itinerante in altri posti, per giungere poi a Villa Zerbi di Taurianova giovedì 14 novembre dove, a conclusione del programma della giornata, in una sala gremita di partecipanti si è svolto un interessante convegno sul tema: “l’olio di Calabria può trovare la propria forza propulsiva a partire dal territorio”. Largamente si è discusso sulla necessità di rilanciare l’economia calabrese e da accorati interventi è emersa l’importanza
di lavorare con tecniche innovative conformi alle norme europee e alla tracciabilità per avere un prodotto affidabile ed apprezzato sul mercato, asserendo le eccellenti qualità dell’olio extravergine d’oliva date dalla biodiversità delle colture. Rammarico, invece, è stato espresso per i prodotti che in Calabria si consumano e non sono calabresi, sottolineando l’importanza di aprire le porte al territorio per valorizzare la nostra olivicoltura con l’esigenza di salvaguardare le secolari piante d’olivo (i ciclopi calabresi) perché ciò che si distrugge difficilmente si ricostruisce. E, in riferimento a tale proposito è stato tracciato un chiaro quadro delle potenzialità economico-occu-
‹‹
Bisogna fermare le importazioni di prodotto extracomunitario a regime IVA agevolato
››
23
Due artisti del corpo simboleggiano la cultura dell'ulivo
pazionali che ricopre l’agricoltura in Calabria con 180.000 ettari di territorio coltivato ad uliveto, 20.000.000 di piante e 50.000.000 di giornate lavorative. Da più parti è scaturita la necessità di incrementare il turismo calabrese al fine di far ripartire tutte le altre attività connesse ed in particolare quella della ristorazione attualmente poco professionale e poco sviluppata. Conclusa l’importante giornata, l’iniziativa ha continuato il suo percorso in altri giorni ed in altri paesi. Dalle mie riflessioni ed osservazioni, ho potuto constatare la gravità dei problemi ed i grandi rischi cui oggi sono esposti grandi settori produttivi dell’agricoltura, giungendo alla conclusione che la crisi odierna che colpisce le aziende produttive con conseguenze disastrose sull’occupazione, non è solamente un problema di economia di mercato ma un problema di politica economica. A nulla serve incentivare le imprese per creare nuova occupazione se poi il prodotto rimane invenduto. In Italia abbiamo la fortuna di avere l’agevolazione dell’IVA al 4% sui prodotti agricoli al consumatore e su questo presupposto si innesca un meccanismo di speculazione
distruttivo dell’economia in agricoltura. Nonostante la produzione agricola nazionale e locale segue una rigorosa linea di tracciabilità e di sicurezza, garantendo qualità eccezionali di merce a prezzi competitivi ed onesti, sul mercato arrivano da paesi extraeuropei enormi quantità di prodotti poco controllati e di dubbia garanzia, che, speculando sull’agevolazione dell’IVA al 4% vengono messi in commercio a prezzi inferiori, con relativa esporta-zione di capitali all’estero e grave danno al nostro prodotto interno lordo. Ad alimentare la sleale concorrenza, inoltre, è subentrata la contraffazione dei prodotti che approfittando della vulnerabilità della documentazione accompagnatoria, incrementa sempre più il mercato nero e l’evasione fiscale. Ricordiamo che nel D.P.R. 26/10/1972 n. 633 e nel D.P.R. 6/10/1978 n.627, il legislatore aveva previsto la malafede di chi voleva operare illegalmente nel commercio e perciò con la bolla di accompagnamento numerata e registrata a priori, istituiva uno strumento rigido ed efficace per contrastare il mercato nero e la contraffazione. Nel 1996 si pensò di sostituire
la bolla di accompagnamento con uno strumento più flessibile e con il D.P.R. 472/96 ed il D.P.R.696/96 venne istituito il Documento Di Trasporto (D.D.T.) con abolizione della numerazione e della registrazione a priori. Di conseguenza, data la facile movimentazione delle merci, si cominciò ad alimentare l’idea del facile guadagno puntando sul mercato nero e sulla contraffazione ed a pagarne gli effetti negativi del grave danno sono oggi un imprecisato numero di lavoratori, rimasti disoccupati in seguito al disperato fallimento di molti imprenditori. Quindi, se la politica (quale forza di uno Stato democratico) non si impegna ad affrontare seriamente i problemi emergenti nella produzione e nella commercializzazione dei prodotti della nostra agricoltura e in particolare a regolamentare rigidamente le importazioni, in Calabria le aziende saranno destinate a scomparire e le campagne resteranno in totale abbandono con il moltiplicarsi di pericolosi animali randagi (già ovunque vaganti) ed il rischio di facili incendi nei nostri uli-veti incolti, con seri pericoli per i vicini centri abitati.
24
I love Città di Polistena:
«Rosso in Corte»
Prima manifestazione enogastronomica. di Girolamo Agostino
Nelle foto, gli stand enogastronomici, fulcro della manifestazione
A
lle falde dell'Aspromonte nel cuore della Piana di Gioia Tauro, fra due torrenti che durante le piene invernali destano paura, sorge la cittadina di Polistena con i suoi 11.000 abitanti. Ricostruita sulle rovine del distruttivo terremoto del 1783, oggi Polistena è da considerarsi un comune come modello di sviluppo economico, di progresso civile e culla dell’arte, della cultura e del folklore. Fin dai tempi lontani, i polistenesi si distinsero per l’operosità, la bravura nel lavoro, l’ingegno, la costanza e la serietà in tutte le attività intraprese. Polistena ha regalato alla storia grandi maestri della cultura e grandi artisti come lo scultore Francesco Jerace ed in questo paese acquisirono la formazione un gran numero di bravi artigiani, quali fabbri, muratori, carpentieri, barbieri, sarti, pasticceri, orafi e qui trovarono la specializzazione un gran numero di lavoranti in settori come l’agricoltura, con braccianti capaci di svolgere particolari e delicati lavori di potatura degli agrumeti e degli oliveti, la molitura e l’estrazione dell’olio d’oliva, la lavorazione delle carni; non sono da dimenticare le attività di lavoro femminile dedite e specializzate, in particolare, alla raccolta delle olive, quando ancora nelle campagne non c’erano l’uso delle reti e dei mezzi meccanici. Superate tutte le avversità che nel passato si sono succedute, oggi Polistena ha saputo resistere alla devastante crisi economica grazie a quegli operatori economici che con grande rischio e grande sacrificio hanno continuato a portare avanti la loro attività imprenditoriale. Un ruolo rilevante, in questo periodo è stato quello delle grosse aziende che pur con bilanci economici non positivi, hanno mantenuto alle proprie dipendenze un nutrito numero di maestranze, contrastando così il fenomeno della disoccupazione, contribuendo a
sollevare molte famiglie dalla disperazione e a far nascere, principalmente nei giovani la speranza di un possibile cambiamento. In questo clima si inserisce il lavoro dell’associazione «I love Città di Polistena», nata con lo scopo di valorizzare il senso civico e l’intento finalizzato di migliorare la vivibilità quotidiana dei cittadini, con iniziative che vanno dal riuso delle cose, come la costruzione delle panchine ecologiche, alla istituzione di servizi quali i parcheggi rosa per le donne in stato di gravidanza in prossimità di scuole, farmacie, negozi .Oltre a queste iniziative pur di grande rilievo, l’associazione si propone di promuovere le aziende ed i prodotti del territorio verso nuovi orizzonti commerciali e così la sera dell’otto dicembre 2013, nei cortili del nobile Palazzo Sforza, che si affaccia sulla Piazza del Popolo con il maestoso monumento ai caduti della guerra 191518 (opera di Francesco Jerace -1935), è stata organizzata e si è svolta la prima manifestazione enogastronomica «Rosso in Corte». Negli stand allestiti per l’occasione era possibile la speciale degustazione di sapori mediterranei
di piatti tipici e stagionali dei migliori ristoranti polistenesi, ma stimolante ed appetitosi erano principalmente le bruschette imbevute di olio extravergine d’oliva biologico e lo stracchino fresco raffinato con farina di pistacchio ed origano selvatico; non mancavano poi, i vini calabresi delle migliori case vinicole ed i dolci speciali della pasticceria polistenese. A dare un tocco di romantico alla fresca serata tipicamente autunnale, è stato poi il chiarore della luna che nella fase crescente di primo quarto brillava fra poche nuvole. L’iniziativa ha suscitato apprezzamento in molte persone venute anche da altri paesi così che, data la grande affluenza di folla all’evento, gli espositori non hanno avuto il dispiacere di rimanenze e di avanzi dei prodotti preparati. Tutto ciò ha confermato l’importanza dell’iniziativa finalizzata a far conoscere la nostra eccezionale produzione e ad aprire nuove prospettive commerciali in Italia e all’estero, ridando così opportunità di lavoro e coraggio a tanti giovani che oggi vivono il dramma della disoccupazione con umiliante esclusione dalla civile connivenza.
25
di Michele Ferraro
U
na bellissima serata, un inno alla Vita! Questo il commento che si ascoltava tra i partecipanti, alla fine del Gran Galà della Vita. Evento organizzato nell’Auditorium dell’Istituto Superiore “G.F. Gemelli Careri” di Taurianova, dalla locale associazione “Scienza&Vita”, intitolata al compianto “Avv. Rocco Gambacorta”, con il patrocinio della Diocesi di Oppido M. - Palmi. Una serata magi-stralmente condotta da Stefania Sorace, nelle vesti anche di direttore artistico della manifestazione. Una musica da sottofondo, eseguita dal maestro Andrea Nania, accompagna la lettura dell’“Ode alla Vita” di Pablo Neruda e si alza il sipario. Subito pronti! Il coro polifonico della parrocchia “Maria SS. delle Grazie” di Taurianova, diretto dal Maestro Maria Francesca Espo-sito, intona le più famose arie di Verdi, ad onorare il grande talento musicale nel bicentenario della sua nascita. A seguire l’intervento e l’esposizione dei quadri, a tema, degli artisti Nuccio Gambacorta e Laura Rutigliano, affiancati dai giovani dell’Accademia d’Arte di Reggio Calabria. Dopo i primi momenti artistico-musicali, la serata entra nel vivo con la presenta-zione, da parte di Mariangela Rechichi e Michele Ferraro, dell’iniziativa europea “Unodinoi”, che ha visto impegnati associazioni, circoli, parrocchie, studenti, amministrazioni comunali, singoli cittadini nella raccolta delle firme necessarie per chiedere all’Europa di tutelare la vita umana, fin dal concepimento. A supportare, da un punto di vista scientifico, l’iniziativa ci ha pensato il dott. Sergio Corica, primario del reparto di ostetricia e ginecologia del centro clinico “Villa Elisa” e Presidente dell’associazione dei
Medici cattolici. Dopo la parte teorica si è passati alle testimonian-ze sul valore e sulla bellezza della vita. Ed ecco toccanti, coinvolgenti ed emozionanti le storie di una mamma, che dopo un incontro casuale e fortuito con gli operatori del Consultorio diocesano familiare e l’impatto presso l’ospedale pubblico con la lunga lista di attesa di donne pronte ad abortire, decide, insieme al suo uomo, di non interrompere più quella gravidanza, ed entrambi si presentano sul palco con il loro tesoro, un angelo dai capelli ricci di quindici anni; di una giovane donna, Mara di Giacco, presidente del Centro Aiuto alla Vita di San Ferdinando, che racconta la sua esperienza quotidiana a sostegno delle mamme, a volte giovani donne straniere, ed insieme decidono di prendersi cura di queste piccole creature; da ultimo, la testimonianza di una coppia di sposi che, insieme e da tanti anni ormai, hanno deciso di dedicarsi ai sofferenti accompagnandoli nei loro pellegrinaggi a Lourdes e nei vari Santuari Mariani, con l’Unitalsi. Dopo le toccanti testimonianze si è passati alla parte più istituzionale della serata, non dopo però aver apprezzato una stupenda melodia del soprano Elena Bagalà-Gambacorta, accompagnata al piano dal Maestro Esposito, e l’esibizione del duo Antonelli-Filippone, giovanissimi campioni regionali e seminifinalisti ai campionati assoluti italiani nelle danze latine, che hanno ballato una coinvolgente rumba sulle note di “Immortality”, la celebre canzone di Celine Dion. Ad aprire l’ultimo momento in programma della serata, la lettura del messaggio del Prefetto di Reggio Calabria, dott. Piscitelli ai partecipanti al Galà, il quale, nel condividere pienamente l’iniziativa, ha auspicato che “la doverosa battaglia per la ricerca scientifica a favore della vita possa sempre più coniugarsi con momenti di coerente impegno istituzionale”, attivandosi “per mantenere alta l’attenzione sul valore della vita umana, fin dal suo concepimento, affinché se ne impedisca l’assuefazione e la rassegnazione ad ogni forma di aggressione dei diritti umani e nello specifico della vita nascente”. Sul palco, a quel punto, invitati dai presidenti di “Scienza&Vita”, sono quindi saliti i sindaci, presenti, dei Comuni di Cittanova, San Giorgio Morgeto, Scido, S.Cristina d'Aspromonte, Laureana di Borrelo, Melicucco, Cinquefrondi, Seminara e Serrata, che hanno ritirato un attestato di benemerenza “Per aver aderito all'iniziativa denominata "UNOdiNOI", discutendo ed approvando in Consiglio comunale la mozione che la dignità umana ed il diritto alla vita riguardano ogni essere umano fin dal concepimento; chiedendo alla Commissione Europea di promuovere la tutela del concepito e la ricerca scientifica a favore della vita, con il conseguente impegno, a livello amministrativo, di farsi promotori di atti ed iniziative di aiuto e sostegno alla Vita umana, fin dal suo inizio”. Visibilmente commossi ed emozionati, i Sindaci hanno preso brevemente la parola, per ringraziare chi ha pensato di coinvolgere i Comuni del comprensorio della piana di Gioia Tauro, ed i Consigli comunali in particolare, nella discussione di questi alti Principi e valori che dovrebbero stare alla base di ogni agire amministrativo, soprattutto in un periodo in cui a causa della grave crisi si è assorbiti dalla preoccupazione di far quadrare i bilanci con le poche risorse disponibili, sfuggendo a volte ai reali bisogni e servizi al cittadino. Forte e coinvolgente il discorso finale tenuto dal Vescovo della Diocesi di Oppido M. Palmi, Mons. Francesco Milito, il quale condividendo il compiacimento degli organizzatori per la grande riuscita della manifestazione con il coinvolgimento di ben un terzo, quasi, delle Amministrazioni comunali della Piana, ha auspicato che in ogni Comune, simbolicamente ed anche fattivamente, venisse apposta una targa, accanto a quella già presente: “Qui la ndrangheta non entra”, con la dicitura “Qui la vita è di Casa”, a sottolineare l’impegno preso da ogni comune a favore della Vita umana, fin dal suo concepimento, quale primo diritto fondante di ogni democrazia e principio naturale dell’umanità intera, non solo come valore religioso o ideologico. Lo stesso presule ha anticipato un’iniziativa proposta dalla famiglia diaconale diocesana di un progetto che vedrà, in questo anno pastorale della carità, la creazione di una casa-famiglia in Diocesi a favore della Vita e delle ragazzi-¬madri in particolare. Il tutto si è poi concluso con gli ultimi brani in programma, eseguiti dal Coro polifonico parrocchiale.
26
Concerto di solidarietà I piccoli della
Junior Band,
grandi per Telethon diretti da Maurizio Malagò di Eleonora Palmieri
L
a raccolta fondi per la ricerca delle malattie genetiche e rare di Telethon avanza in campo nazionale, ma anche nei piccoli centri; il 15 dicembre, nella chiesa Matrice di Laureana di Borrello, la gara della solidarietà ha preso suono. Insieme alla musica, l’AVIS (Associazione volontari italiani sangue) del Comune per questo vitale impegno. Ha condotto l’evento il consigliere comunale Evelyn Giada Monardi Trungadi, in quanto donatrice. Proiettando dei filmati e delle immagini, esaustivo l’intervento del responsabile del dipartimento dei prelievi dell’Ospedale di Polistena, che ha illu-strato i requisiti richiesti al donatore di sangue e l’importanza della donazione. Durante la manifestazione, lo stand al-lestito con i gadgets per donare le offerte. I bambini della Junior Band dell’Istituto Comprensivo Laureana Galatro Feroleto, diretti dal Maestro Maurizio Managò, hanno eseguito diversi brani, carpendo l’attenzione soprattutto con “Call of the Buffalo” di Gerald Oswald: grintose percussioni e dolci melodie. Emblematico perché Buffalo è il guaritore di una tribù… Sia di buon auspicio per l’incessante ricerca per sconfiggere le malattie rare! Con purezza e talento, i bambini hanno messo in scena l’empatia. Su di loro, fissa l’immagine di un bambino malato, scelto dalla presentatrice per il “bellissimo sorriso nonostante le avversità”. La musica, le associazioni, i partecipanti, le offerte; con piccoli gesti: ciascuno può e deve far tanto, per chi è stato meno fortunato e ha il diritto di VIVERE…
Nelle foto, due momenti del concerto pro Telethon
‹‹ L'armonia delle musiche, esortazione alla solidarietà
››
27
Presenti il consigliere nazionale, il vicepresidente regionale e il presidente provinciale AVIS. di Eleonora Palmieri
S
an Gregorio Taumaturgo, venerato dalla chiesa per i molti miracoli compiuti durante la sua vita e ricordato anche come il primo santo ad aver avuto un’apparizione mariana, è il protettore di Laureana di Borrello. Da qualche anno, oltre che ai festeggiamenti religiosi e civili, il suo nome è associato a qualcosa che denota rilevanza sociale; chiesa e Comune assegnano un premio a chi si è distinto per gesti importanti. La fede non si limita alla preghiera, ma riconosce l’importanza dell’amore che si fa concreto. Quest’anno il premio è stato donato a chi è avvezzo a donare, l’AVIS. Per il riconoscimento, sono stati presenti i donatori locali di sangue, il Consigliere nazionale Avis Franco Rizzuti, il Vicepresidente regionale Avis Biagio Cutrì, il Presidente provinciale Avis Antonino Posterino e le autorità. Il 17 novembre, giorno della ricorrenza del Santo, al termine della celebrazione della messa nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e San Gregorio Taumaturgo, davanti all’altare il Sindaco Paolo Alvaro ha consegnato la targa al Prof. Rizzuti. Tutti coloro che hanno preso parola, a partire dal parroco Don Cecè, hanno sottolineato in accorati discorsi il grande valore della donazione del sangue, atto di amore infinito e diretto. Quando il patrono di un paese è ricordato così, anche per chi non è molto religioso è festa; dopotutto, i valori Cristiani coincidono con quelli strettamente Umani.
Il gruppo Avis di Laureana, con gli occhiali da sole il sindaco Paolo Alvaro
La statua di San Gregorio
28
Natali i na vota
Piccola antologia di poesie e brani sul Natale d’altri tempi
di Luigi Cordova
S
i è svolta Domenica 15 dicembre l’ennesima manifestazione a carattere culturale presso la libreria “LIBRARSI IN ASPROMONTE” di Delianuova. Questa volta è stato presentato, il libro NATALI I NA VOTA, di Paolo Sofia e Raffaele Leuzzi. Un libro ovviamente da leggere, ma anche da vedere e da… ascoltare. Infatti con le sue 108 pagine a colori è una piccola antologia di poesie e brani sul Natale d’altri tempi, rigorosamente di autori calabresi, scritti in lingua ed in vernacolo. Tra gli altri: Leonida Repaci, Corrado Alvaro, Francesco Perri, Alfredo Strano, Mario La Cava, Giovanni Conìa, Pasquale Creazzo, Michele Pane, Vincenzo Padula, Vincenzo Migliorini, Gaetano Sardiello, Vittorio Butera, Saverio Scutellà e due inediti: il manoscritto originale della Ninna Nanna scritta da Antonio Alvaro, padre di Corrado, ed un sonetto sulla “Mater Purissima” dell’abate Giuseppe Leuzzi, ecc.. I testi fanno da cornice ad altrettanto stupendi Santini d’epoca, ovviamente natalizi, che vanno dai primi “canivet” di fine ‘700 alle stampe a punzone, alle cromolitografie di fine ‘800 fino ai santini in cromolitografia “Liberty” degli anni ’20 – ’30. Infine, ma non per importanza, il libro contiene un CD con 20 brani musicali. Si tratta di 20 novene e canti popolari natalizi calabresi, musicati secondo lo stile dei Quartaumentata di cui Paolo Sofia è il leader. Fin qui il libro, ma veniamo alla serata. I due autori si sono alternati al microfono. Paolo Sofia ha dilettato la platea con il canto, mentre Raffaele Leuzzi, aiutandosi con delle slide, ha fatto un excursus del libro intrattenendosi sugli autori e facendo leggere alcune poesie o brani all’amico Gino Loria. Improvvisando, poi, ha fatto leggere qualche poesia a qualche persona del pubblico. Interessante l’interpretazione del palmese Pino Ippolito sulle poesie di Migliorini e di Caterina De Marte che ha interpretato, da par suo, la struggente poesia di Pasquale
Creazzo “La Befana”. Altra cosa interessante una breve relazione dello stesso Leuzzi sull’iconografia natalizia. Ha incuriosito molto il pubblico che ha potuto scoprire tutto il simbolismo cristiano che si cela dietro una semplice immaginetta sacra. La natività scomposta nelle sue varie parti, tutte centrate ovviamente sul Bambino che viene rappresentato spesso da SOLO, disteso sulla paglia, e diventa motivo per riflettere sull’umiltà, la semplicità e la povertà, o scoprire ad esempio, che in Gesù Bambino fasciato, disteso sulla paglia nella mangiatoia, con in braccio una croce, c’è tutta la missione di Cristo il quale già nel momento in cui nasce, fa presente che dovrà patire e morire per la redenzione del suo popolo, o ancora scoprire che il bue e l’asinello non erano due “stufette dell’antichità”, messi là per riscaldare il Bambinello, ma San Francesco li posizionò nel presepe perché conosceva le scritture ed Isaia in particolare quando affermava che: il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende… stando, con questo, a rappresentare, il bue e l’asino, tutto il resto dell’umanità, i pagani, che hanno riconosciuto in quel bambino, il Messia. ecc. I santini dunque, per loro natura, sintetizzano un messaggio di eccezionale portata e vastità nello spazio ristretto di un’immagine di piccole dimensioni. Sono segno di devozione, forse per alcuni aspetti… sorpassata, spesso idolatrica, ma colti nel loro vero segno, nel loro simbolismo originario, più autentico, sono segno catechetico importante, parlano al cuore dell’uomo, si fanno portatori di un messaggio che è quello cristiano più autentico. Ovviamente la serata, come già accennato, è stata allietata dal canto. Otto i brani, tratti dal CD contenuto nel libro eseguiti dalla splendida voce di Paolo Sofia accompagnato alla chitarra da Salvatore Gullace, altro esponente dei Quartaumentata. Melodie molto belle nella loro semplicità, come è il Natale, bello e semplice. Brani allegri alternati a vere e proprie nenie, come la già citata “Ninna Nanna” di Antonio Alvaro eseguita con chitarra ed armonica a bocca. Una suggestiva serata in un ambiente quasi familiare, attorno al vecchio braciere, con melodie e poesie d’altri tempi, dove non è mancato un momento di degustazione del tipico dolce natalizio deliese: il torrone della rinomata pasticceria Scutellà, di cui si parla nel libro, e che è stato offerto ai presenti in sala. La serata, conclusasi in allegria, col brano “Cantamu Bon Natali” ha dato lo spunto per riflettere su un tempo che non può tornare ma a cui fare sempre riferimento, da non perdere, se non vogliamo perderci!
29
di Luigi Cordova Gli attori Gigi Miseferi e Giacomo Battaglia con, prima da sinistra, Adriana Cordiano, Francesca Neri, Caterina Di Pietro e Raffaele Leuzzi.
S
i è tenuto presso la libreria deliese LIBRARSI IN ASPROMONTE un convegno su Fortunato Seminara organizzato dai coniugi Raffaele Leuzzi e Caterina Di Pietro. Sono intervenuti Adriana Caterina Cordiano, presidente della Fondazione “Fortunato Seminara” che ha relazionato sulla figura dello scrittore di Maropati e sull’operato della fondazione stessa, la quale sta cercando di valorizzare ulteriormente lo scrittore attraverso la pubblicazione delle sue opere e principalmente dei “Diari” ed altri inediti, grazie anche alla casa editrice Pellegrine di Cosenza. La serata si è poi orientata sul recente film “Quel che resta” di Laszlo Balbo tratto in gran parte dal libro di Seminara “Le Baracche”. È toccato alla professoressa Francesca Neri, illustre studiosa e critica letteraria reggina, il compito di relazionare sul libro. La cosa è stata fatta, ma non c’erano dubbi, in maniera encomiabile. L’opera scritta nel 1934 e pubblicata inizialmente solo nel 1942 dall’editore Longanesi per la collana “il Sofà delle Muse”, è uno spaccato d’epoca interessantissimo. All’indomani del terremoto del 1908, tra i baraccati di un paesino calabrese, attraverso la storia di una ragazza e della propria madre, vengono trattati temi tragici come lo stesso terremoto, la famosa epidemia “Spagnola”, l’incendio delle stesse baracche. La sete di giustizia e di riscatto che caratterizza tutti i personaggi del libro, l’universo delle “Baracche”, permeato da forte senso di fatalismo ma sempre con la convinzione, o meglio, il desiderio di andare avanti. Il resto della serata ha visto come protagonisti il famoso duo reggino di attori Giacomo Battaglia e Luigi Miseferi. Noti al grosso pubblico come protagonisti del varietà
nazionale (vedi “Il Bagaglino”…), i due si sono rivelati attori di prestigio in questo film dove sono co-protagonisti insieme ad attori del calibro di Giancarlo Giannini e Franco Nero ed al protagonista principale che è Luca Lionello, figlio del compianto Oreste. Per la cronaca il film ha già vinto due premi (miglior film e miglior colonna sonora) al festival del cinema del Salento. La parte della serata dedicata al film si è aperta con l’ascolto della colonna sonora, opera del Maestro Sandro Scialpi, anch’egli reggino, presente in sala, accompagnata da immagini fotografiche tratte dal film. È stato lo stesso Scialpi a produrre il cortometraggio ed a commentarlo tra gli applausi di una platea numerosa, che ha apprezzato molto le musiche del film. Ma molto apprezzati, ovviamente, i due attori, i quali, dopo aver dato notizie e curiosità sul film, si sono lasciati andare ad alcuni duetti che li hanno resi celebri come “non eravamo stressati” e “la nascita della Calabria”, celebre editoriale di Leonida Repaci. “Siamo soddisfatti che il film abbia ottenuto successo - hanno anche detto i due attori - a tal punto che, dopo aver vinto in Salento sarà il film ad inaugurare il festival del cinema di Hong Kong, nel prossimo mese di aprile e parteciperà al festival in oltre dieci cittadine mondiali, tra cui Mosca. Verrà inoltre ripresentato a Reggio Calabria nel mese di gennaio ed in seguito, sulle reti televisive Sky ed anche l’Istituto Scolastico Regionale ha fatto richiesta affinchè possa essere presentato e proiettato nelle scuole. Un caloroso applauso ha fatto seguito alla proiezione del trailer del film con cui si è conclusa questa ennesima serata in questo piccolo cenacolo culturale della Piana.
30
L’ultima opera di Giuseppe Violi
“ IL CINGHIALE IN ASPROMONTE” di Francesco Dimasi
L
o scorso 1 novembre, a Gioia Tauro, è stato presentato nella “Sala Fallara” il libro di Giuseppe Violi “Il cinghiale in Aspromonte”, edito da Laruffa . Tematica inconsueta ma molto sentita da parte dei tantissimi cacciatori e dagli appassionati estimatori della natura e dell’ars venatoria. Il giovane autore, di S. Cristina d’Aspromonte, ricopre non casualmente l’incarico di segretario comunale della Ass. “Libera Caccia”. Fin da bambino, entusiasta dei racconti di caccia del nonno e di altri anziani cacciatori del luogo, è riuscito a fantasticare molto sul misterioso mondo venatorio fino ad esternare le proprie competenze nel momento in cui ottiene il Porto d’Armi . Da lì inizia a mettere in pratica le sue innate passioni, con molto profitto in questo ambito e nella conoscenza della flora e fauna aspromontana. Si dedica con particolare interesse allo studio del cinghiale e della sua caccia, tanto da intuire che era ora di far conoscere a tutti questo particolare animale selvatico, un tempo sconosciuto e temuto. Il libro inizia raccontando la storia di questo animale ormai diffuso ovunque e ci guida in particolare
a capire la sua integrazione , la sua comparsa e la sua diffusione in Aspromonte. Segue, di questo animale, la precisa ed oculata descrizione dell’anatomia, della fisiologia, del suo habitat, della vita solitaria e in branco; una competente descrizione, frutto di esperienza sul campo, sono i metodi di caccia nel suo complesso, dei ruoli dei singoli cacciatori appartenenti alla squadra, alle battute di caccia, ai metodi balistici, alla lavorazione delle carni e alle ricette locali nel cucinarle . Il voluminoso libro è documentato da circa 700 meravigliose foto a colori, disegni e tabelle; nonché le foto di 42 squadre di cinghialisti di tutta la provincia di Reggio Calabria. Al tavolo dei relatori hanno partecipato il Prof. Francesco Spoleti (presidente provinciale dell’Arci Caccia) che ne ha curato l’introduzione; il Prof. Salvatore
Vescio (presidente provinciale dell’Associazione Nazionale Libera Caccia, nonché vicepresidente nazionale), che ha relazionato sui danni agricoli causati dal cinghiale. Ha tratto infine le conclusioni della presentazione, l’autore, tutto sotto l’abile direzione del moderatore Prof. Agostino Formica. È seguita una breve discussione da parte di giornalisti e cacciatori accorsi numerosissimi, con gli interventi dell’Assessore provinciale Domenico Giannetta e dell’Assessore comunale di Gioia Tauro Nardi. Con il Patrocinio del Comune di Gioia Tauro e dell’Associazione Culturale Mesogaia, i partecipanti esprimono, con l’augurio di un sicuro successo da parte di tutti, un plauso al libro del giovane autore, che finalmente copre un netto vuoto della Calabria e merita di varcare i confini regionali.
Centro servizi E.N.Te.L. Ente Nazionale Tempo Libero
Ufficio Zonale Via B. Croce, 1 89029 / Taurianova (RC) info: 347.6954218
31
I disturbi del comportamento alimentare di Rosamaria Pirrottina
G
li ultimi anni hanno portato a una crescente consapevolezza della gravità dei disturbi dell’alimentazione, in particolare tra le giovani donne; tali problematiche, sono quasi divenute comuni nella nostra cultura, anche a causa dell’industria della moda che continua ad impiegare negli annunci pubblicitari modelle sempre più magre. Gli studiosi discutono ancora su quali siano le cause dei disturbi dell’alimentazione che negli Stati Uniti sono aumentati in modo allarmante. Attualmente, tra lo 0.5% e il 3% delle donne americane soffre di anoressia nervosa, che è tecnicamente definita come il rifiuto di mantenere un normale peso corporeo, mentre dall’1% al 3% soffre di bulimia nervosa, che è caratterizzata da ripetute abbuffate seguite da condotte compensatorie, come vomito autoindotto o esercizio fisico eccessivo, per evitare l’aumento ponderale. Qual è e a cosa è legata la differenza tra le “normali” preoccupazioni sul peso e i veri e propri disturbi dell’alimentazione? Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare riferimento al concetto di continuum tra comportamento normale e patologico e all’importanza del contesto nel definire e comprendere la psicopatologia. Nel primo caso, i disturbi dell’alimentazione vedono ad un estremo, le persone normoperso e che non hanno preoccupazioni rispetto al proprio peso, dall’altro persone che sono gravemente anoressiche o bulimiche. Tra questi due poli vi è una varietà di condizioni, ad esempio alcuni disturbi del comportamento alimentare (come l’eccessiva preoccupazione riguardo al cibo e al peso) possono essere problematici, anche se, non soddisfano i criteri diagnostici per anoressia e bulimia e per questo non troppo preoccupanti. Tali disturbi, inoltre, devono essere considerati all’interno del contesto in cui si presentano. In alcune sottoculture (danzatori professionisti, pugili, fantini ecc) deviazioni del comportamento alimentare sono nella norma e ciò deve essere tenuto presente nel determinare se un membro di tali sottoculture abbia o meno un disturbo dell’alimentazione. I disturbi dell’alimentazione sono profondamente influenzati da fattori demografici come l’età, il genere, la classe sociale e la cultura. Sono più comuni tra le donne
‹‹
Esordiscono, di solito, negli ultimi anni dell'adolescenza...
››
di età compresa tra i 15 e i 25 anni; esordiscono, di solito, negli ultimi anni dell’adolescenza e possono essere scatenati da eventi stressanti. Recenti ricerche riferiscono che l’età media in cui le ragazze riferiscono di aver iniziato una dieta sembra abbassarsi velocemente; in questo studio delle bambine esprimevano preoccupazioni per il loro peso e la loro forma fisica già all’età di 8 anni, riflettendo così, l’attuale apprensione di molte donne per la dieta e la magrezza (Shapiro, Newcomb e Loeb, 1997). Fino a poco tempo fa colpivano principalmente le classi socio-economiche più elevate ma nuove ricerche mostrano che non è più così, anche se prevalgono comunque nei Paesi più ricchi e più sviluppati. Appaiono essere più comuni tra le donne bianche che tra le donne appartenenti alle minoranze etniche, forse perché meno predisposte a emulare l’ideale di bellezza della cultura dominante (bionda, magra, occhi azzurri). Per la prospettiva cognitivo-comportamentale, l’anoressia e la bulimia sono il risultato di una combinazione di pensieri ed esperienze disadattive che hanno rinforzato i comportamenti tipici del disturbo alimentare. Ad esempio, la credenza che la propria forma fisica rifletta il proprio valore personale e i propri meriti rinforza moltissimo il comportamento dei disturbi dell’alimentazione. Sia l’anoressia che la bulimia vengono mantenute da pensieri tipo “bianco o nero” sul cibo e il peso, vengono usate regole rigide ed estreme quali la catastrofizzazione (es. “se mangio un biscotto, ingrasserò”) o pensieri disadattivi che influenzano il comportamento alimentare, sottolineando ancora una volta, la connessione significa che c’è tra mente e cervello. Interventi socioculturali che descrivono le tecniche innaturali richieste per creare immagini “perfette” per i giornali e che mirano ad educare le giovani donne circa le immagini femminili distorte e non sane sembrano, almeno nel breve termine, ridurre i disturbi dell’immagine corporea in molte donne.
32
di Carmen Ieracitano
P
resentata come rivoluzionaria la proposta di Bonofa, azienda tedesca leader in Europa nella produzione di software, che presenta anche a Cittanova tramite il top manager Gian Paolo De Santi, ideatore del progetto Cubono7, e il partner indipendente Francesco Accinni, la piattaforma network Cube 7 che promette di offrire agli utenti tutti i più comuni servizi reperibili presso vari canali ( social network, tv, musica e intrattenimento, giochi, shopping e apps) in un'unica soluzione, ma anche molto di più. A coloro che saranno disponibili a fare anche un piccolo investimento, (sono disponibili più pacchetti : Premium, Gold e Vip con investimenti da circa 300 a circa 2400 euro) sarà offerta la possibilità di diventare partner indipendenti Bonofa ed avere degli utili. In sintesi, questa è la proposta illustrata lo scorso 16 novembre presso la Biblioteca Comunale nell’iniziativa patrocinata dal Comune di Cittanova, e in collaborazione con la BCC Young, per la quale è intervenuta il presidente Maria Teresa Dagostino, e dallo stesso team internazione di Cubono7, durante la quale sono stati proiettati anche alcuni video illustrativi della storia di Bonofa e Cube 7, il cui obiettivo fondamentale è il raggiungimento dei 100 milioni di utenti necessari alla quotazione IPO in Borsa, obiettivo che Bonofa si prefigge di raggiungere entro il 2017. Ai partner indipendenti, che collaboreranno al raggiungimento dell’obiettivo, Bonofa promette di suddividere il 40% degli utili. Una proposta golosa, che illustra un mercato in crescita mentre in ogni settore si parla di crisi. Ma lo slogan di Bonofa è chiaro “Se pensi di essere in crisi, stai solo guardando dalla parte sbagliata.” Il perché lo abbiamo chiesto direttamente a Gian Paolo De Santi. “E’ chiaro – ci ha risposto – ad essere in crisi è il mercato tradizionale, quello off-line. E questo perché le possibi-
lità di raggiungere un bacino di utenza come quello che consente invece il mercato on-line non sono minimamente confrontabili” E la struttura, è quella classicamente piramidale, come in molte altre aziende che attuano questo tipo di politica tra i partner? Sorride, De Santi. “Eccoci al punto. No, in effetti non è così. Le strutture piramidali sono fatte per far guadagnare miliardi ai vertici e via via sempre meno ai soci che stanno sui vari gradini della scala. Sono strutture ferme nelle quali chi viene dopo può fare un reddito più o meno alto a seconda dell’impegno e del riscontro che con questo ottiene, ma sempre minore rispetto a chi lo ha inserito prima. In Bonofa invece viene data a tutti i partner indipendenti la possibilità di progredire autonomamente anche superando chi era prima e ha presentato il pro-
dotto al nuovo partner. Proprio come è successo a me”.
‹‹ Se pensi di essere in crisi, stai solo guardando dalla parte sbagliata.
››
33
di Carmen Ieracitano
C
osa propone la moda autunno - inverno di quest’anno lo abbiamo capito nei numerosi defilè presentati a Rosarno, presso il Palazzetto dello Sport lo scorso 30 novembre, sotto il nome di “Why Notmoda e cultura”, organizzazione curata da Fashion Group, nelle persone della presidente Anna Virgilio e Gaetano Facciolo di Not Only Fashion. Tornano le fantasie animalier, impreziosite da dettagli in eco pelliccia, inserti borchiati, bagliori metallici e swarosky. Nero e grigio sono i colori must, ma non perdono quota neanche i toni del marrone e il rosso. Per lui giacche lunghe e pantaloni con il risvolto. Questo è tutto ciò che troverete in tutti i negozi. A chi invece desidera distinguersi dalla massa e indossare capi davvero unici e originali consigliamo di rivolgere l’attenzione alla fashion designer Monica Caminiti, la cui sfilata è stata il momento clou dell’ evento moda di Rosarno. Monica, diplomata pres-
so l’Accademia Internazionale d’Alta Moda Koefia di Milano, è poi tornata nella sua natale Cittanova dove ha aperto un laboratorio in via Dante 100. Ha già presentato diverse collezioni, tra cui una la scorsa estate, che ha visto le modelle percorrere non una passerella, ma il viale della Villa Comunale, con addosso le originali creazioni di Monica. A Rosarno ha presentato la collezione autunno-inverno, nel corso di una serata interamente dedicata alla moda sì, ma con momenti d’intrattenimento vari. Ci sono state le esibizioni dei ballerini della Lifedance di Marina Belfiore, le esibizioni canore di Melania Guerrisi, la body-painting in diretta su due modelle a cura di Sabrina Trimarchi, la premiazione dello scultore Cosimo Allera con svelamento di due opere in ferro, la special guest, Eliana Cartella, proveniente dall’Isola dei Famosi, il tutto sapientemente intervallato dagli sketch del simpatico conduttore Peppe Plutino. A concludere, prima la sfilata di abiti da cerimonia classici disegnati e realizzati da
Nadia Messina nel suo laboratorio di Villa San Giovanni, e poi la collezione autunno-inverno di Monica Caminiti, che sulle etichette diventa semplicemente MoniCaminiti. Una sorpresa e un’autentica rivelazione perché per Monica, in controtendenza, è ora del ritorno all’optical in bianco e nero ma sdrammatizzandolo in uno stile che accavalla il gipsy al metropolitan, con un effetto veramente piacevole. Per lei il classico per signora non tramonta ma viene impreziosito dai dettagli in pizzo e da un taglio morbido che consente a tutte di indossarlo senza disagi. Per lei la sera è senza mezzi termini, rosso fuoco, nero o puro argento totale, scollature e spacchi vertiginosi. Per lei la vivacità del colore conta ancora molto, anche e soprattutto nel pret-a-porter, dove si tende di solito a minimizzarlo privilegiando i toni più sobri. E’ tutto questo a fare di questa stilista e della sua etichetta un qualcosa di veramente unico e originale. Con un MoniCaminiti addosso non si rischia di passare inosservate né di sembrare un clone.
34
Anche quest’anno sta riscuotendo un grandissimo successo il calendario cult realizzato da Diego Demaio, sportivo di razza, bibliofilo e promotore della cultura e della conoscenza del nostro territorio. Per l’edizione 2014 il tema che ha sviluppato, attingendo alla sua imponente emeroteca, è stato quello dei “record”.
35
36