Periodico d’informazione della Piana del Tauro, nuova serie, n° 17, Gennaio 2014 - Registrazione Tribunale di Palmi n° 85 del 16.04.1999
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Gioia Tauro, caos armi chimiche! Riforma elettorale, nuovo bluff? Agricoltura: quale futuro? Clementine days a Rosarno
Tares che casino!
In Irak sulle tracce di Abramo
Piazza Italia, 15 89029 Taurianova (RC) tel. e fax 0966 643663
Corriere della Piana del 25 Gennaio 2014
sommario
Nessuna “Cassa dimenticata”
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er una affrettata storicizzazione di un dato di ricerca secondo il quale una parte della Gipsoteca “Guerrisi”, non avrebbe trovato collocazione per mancanza di spazi espositivi e sarebbe custodita ma non esposta nei locali Casa della Cultura “Leonida Repaci” di Palmi, l’articolo dal titolo “Quella Casse dimenticate” pubblicato nello speciale sullo Scultore Michele Guerrisi edito nello scorso Dicembre è – sotto questo profilo – impreciso in quanto l’intera donazione Guerrisi ha trovato spazio, per come in parte le foto pubblicate nello speciale documentano, nelle sale della Casa Della Cultura a lui dedicate. Recependo le giuste puntualizzazioni del Sindaco di Palmi, Dott Giovanni Barone e della Dott.sa Maria Rosa Garipoli, dirigente del settore cultura del Comune di Palmi, con i quali ci scusiamo, rettifichiamo subito l’errore, derivato anche dalla suggestione di immaginare che ancora qualcosa della sublime arte del Guerrisi potesse essere scoperta e riproposta alla fruizione degli amanti dell’Arte, cogliamo l’occasione per esternare loro il più vivo apprezzamento per l’opera di promozione culturale che ha consentito – attraverso l’acquisizione dell’imponente patrimonio librario e d’arte del Senatore Emilio Argiroffi di mantenere intatto e indenne da prevedibili violenze e spogli un imponente patrimonio culturale e d’arte accentuando così ancor di più la centralità della Città di Palmi quale capitale culturale del comprensorio. Luigi Mamone
Corriere della Piana Periodico di politica, attualità e costume della Piana del Tauro Direttore Responsabile: Luigi Mamone Vice Direttore: Filomena Scarpati Lettering: Francesco Di Masi
Hanno collaborato a questo numero: Salvatore Greco, Pierluigi Taccone, Rosario Previtera, Filippo Speranza, Raffaele Nisticò, Angiolo Pellegrini, Kety Galati, Girolamo Agostino, Rocco Militano, Teresa Martino, Antonietta Bonarrigo, Ilenia Marrara, Eleonora Palmieri, Rosa Anna Cartisano, Ass. Bcc Young Cittanova, Diego Demaio. Foto: Diego Demaio, Giovanni Musolino, Free's Tanaka Press, Ester Sergi, Girolamo Agostino, Gianmarco Romano
Grafica e impaginazione:
c r e a tdievs ie gn
Mariachiara Monea cell. 392 1128287 smartcreative@virgilio.it Copertina: Concept by Free's Tanaka Press Visual by Mariachiara Monea Stampa: litotipografia Franco Colarco Resp. Marketing: Luigi Cordova cell. 339 7871785 - 389 8072802 cordovaluigi@alice.it - locordova@libero.it Editore Circolo MCL “Don Pietro Franco” Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) corrieredellapiana@libero.it La collaborazione al giornale è libera e gratuita. Gli articoli, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Chiuso per l’impaginazione il 20-01-2014 Visit us on
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Editoriale La solita solfa Inizierà il riformismo? Le armi chimiche siriane a Gioia Tauro Gli uomini di valore fanno grandi le Nazioni! Morto Ariel Sharon "La spada di Davide" Salvatore Settis "Honoris Causa" Ritardi, anacronismi e mafie Quale futuro? Il week-end delle Clementine e il "Clementine day" Tares, che casino! Sta succedendo di tutto! Tares, vergogna! Mario Casaburi "Una luce nel giardino della locride" La seconda guerra mondiale I Carabinieri al fronte Per un Natale di Umanità Veglia di preghiera
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Il viaggio di pace dei pellegrini in Iraq Peregriniamo con amore per incontrare Maria Anoia: il "Fuoco della Carità" A Palmi, Giornata Live 2013 "Note sull'Arte"
26 Calogero, Poeta universale 27 "L'aspromonte occidentale"
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Sui temi del meridionalismo
Il "Bruzio" di Vincenzo Padula
Un amore secolare nostra casa
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Green Energy a Candidoni
Ortaggi bio dell'orto di casa
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Cittanova Alla ricerca del Gusto BCC Cittanova crede nei giovani La decorata cornice della Piana
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Editoriale
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n risultato, quello di Matteo Renzi alle primarie del PD, che apriva varchi alla speranza di un reale e concreto cambiamento sulla via del recupero del significato della partecipazione democratica dei cittadini al momento della partecipazione e della scelta elettorale. Una spinta forte verso un riformismo che oggi urge venga praticato per uscire dall’immobilismo e dalla letale ingessatura in cui 20 anni di porcellum hanno scaraventato l’Italia, precipitata in un baratro di non agibilità politica i cui frutti miserevoli sono sotto gli occhi di tutti. Ci piaceva il decisionismo del non ancora quarantenne sindaco di Firenze, il suo modo irriverente di trattare i grand commis del suo e degli altri partiti espressione del gattopardismo elevato all’ennesima potenza insieme alle sempre perenni note di camaleontismo politico retaggio di altre ere e di furbi miliziani della Dc e del PSI. Dopo qualche settimana, diviso fra proclami, auguri natalizi e colpi apoplettici di chi dentro il PD lo aveva preceduto nel ruo-
La solita solfa
Renzi e Berlusconi concordano le linee guida di una riforma bipolarista bloccati, gattopardescamente riedita un porcellum, meno porcheroso ma sempre e comunque antidemocratico. Quello che è stato dichiarato incostituzionale (e ce ne hanno messo di tempo gli attempati giudici romani della Consulta per decidersi) viene riproposto in surrogato, shakerato con la previsione della abolizione del Senato (chi saranno i senatori kamikaze che voteranno per la loro auto-estinzione?) ed altra aria fritta come l’abolizione delle provincie da sostituire con delegazioni, tanto per svilire ulteriormente il diritto di scelta elettorale dei cittadini. Stupisce e un po’ nausea il trionfalismo di Alfano che certamente – ove mai non sia (come noi riteniamo) perfettamente in accordo con Berlusconi nel creare il N.C.D, – tanto per restare comunque al governo e surrettiziamente rappresentare le istanze del defenestrato leader PDL – è destinato a scomparire dalla scena politica esattamente come ha fatto Gianfranco FINI miseramente affondato insieme alla sua ultima formazione, il FLI. Ora alcuni notisti, celebrati colleghi della stampa nazionale, auspicano che sia proprio lo stesso Alfano, unitamente a qualche altra formazione con la quale Renzi e Berlusconi non disdegnano il dialogo, a riuscire a introdurre una sia pur residuale possibilità di espressione di voto di preferenza. Dopo le dimissioni di Cuperlo, il PD è indubbiamente spaccato a metà. L’anima bersaniana, refrattaria al dialogo e al cambiamento riformista parrebbe molto più propensa a rimescolare le carte, bloccare tutti i possibili disegni di riforma e andare al voto. Sembrano non rendersi conto che così facendo consegnerebbero la vittoria a Forza Italia, e ad Alfano
«Senza preferenze, la riforma elettorale è un bluff»
lo di, leader venuto fuori dalle primarie il momento – storico certamente – dell’incontro con Berlusconi nella sede del PD. Il vecchio leader del centro destra forzitaliota che varca la soglia degli odiati “comunisti” per trovare una via comune per un percorso di riforme. Nulla da eccepire su questo passaggio. Noi ci siamo staccati subito dai cori di coloro che – come Fassina e poi Cuperlo hanno storto il naso e dissentito solo perché l’interlocutore era il tecnicamente “pregiudicato” Berlusconi che pur sempre – nonostante la pendenza dei giudizi – per anni ha rappresentato l’Italia da Capo del Governo. Quello che ci ha preoccupato e che ci preoccupa è l’intento condiviso di articolare – ognuno dei due pro domo propria – una riforma elettorale che cristallizzi ancor di più posizioni egemoni e che – purtroppo – ancora una volta non prevede per i cittadini il diritto di esprimere preferenze elettorali. In questa prospettiva e con, in più, una soglia di sbarramento che si vorrebbe elevata al 5% e dunque tale da falcidiare molti partiti – la mancata previsione della possibilità di esprimere preferenze, unita a quella – tipica dello scorso ventennio – di listini
di Luigi Mamone
che al momento opportuno, con i suoi Colonnelli, farà la ritirata strategica in nome del vecchio e mai sopito affetto verso colui che li ha presi dal nulla e trasormati in ministri, deputati, senatori e forse pure leader politici. Il caleidoscopico entourage forzitaliota e del Nuovo Centro Destra deve tutto a Berlusconi. Senza Berlusconi essi mai sarebbero apparsi per un solo attimo capaci di contrastare vittoriosamente le truppe cammellate degli ex DS e cattocomunisti vari che rappresentano il nerbo del vecchio PD e che di pelo sullo stomaco ne hanno così tanto da permettersi il lusso di snobbare perfino il vecchio Cencelli. In questo scenario assai preoccupante, aqquattato e pronto a ghermire chiunque, il Movimento 5 Stelle che – quantomeno è sincero nel dire “non vogliamo la riforma elettorale, quantomeno non ora. Andiamo nuovamente alle urne con il porcellum”. Ma di porcellum in porcellum e di porcata in porcata, gli italiani ridotti alla fame sentono sempre più opprimente il peso di uno Stato padrone e sfruttatore, prono solo al potere bancario e assicurativo e che certamente con molte scelte ha dimostrato di voler violare principi che la Costituzione sancisce e che nessuno ha mai – apparentemente – dismesso: pensioni, casa, diritto al lavoro, diritto allo studio, diritto alla salute, diritto ad un ambiente salubre, minor peso fiscale e tributario, diversa attenzione verso le periferie. Questo chiedono gli italiani. Ma fin’ora anche l’ineffabile Letta jr ha tradito le aspettative in un vergognoso scialo di triti fatti.
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di Luigi Cordova
Inizierà il riformismo? Il fine settimana dell’Immacolata apripista del
rinnovamento della politica e del partitismo
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l fine settimana dell’Immacolata nel mese di Dicembre ha riservato all’Italia, una serie di eventi che sicuramente dovranno contribuire ad una profonda innovazione nella storia della Repubblica. In primis le “Primarie” e l’elezione a segretario del PD di Matteo Renzi, avvenuta dopo uno scontro durissimo all’interno del partito, tra i rottamatori seguaci del giovane Sindaco di Firenze e le altre due frange del partito, una avente a capo Gianni Cuperlo, facente capo alla nomenclatura forte del vecchio PCI prima, Ulivo e Ds dopo (cioè le truppe Dalemiane, Bersaniane e della parte forte della CGIL e della sinistra di Damiano e Chitti), l’altra, con a capo, il giovane Giuseppe Civati un tempo anche lui tra i partecipanti del laboratorio della “Leopolda” a Firenze, oggi rimasto in mano Renzi, dove vennero elaborate le prime proposte di un cambiamento radicale della vecchia classe dirigente del partito (da dove partì di fatto, per tutto il paese Italia, la fase del rinnovamento dei quadri dirigenziali di tutti i partiti, in maniera induttiva) con a seguito la parte estrema della sinistra del PD. Il giovane Sindaco di Firenze vince le primarie quasi con la maggioranza assoluta, prendendosi così la rivalsa contro tutte le truppe della vecchia nomenclatura, che nelle precedenti primarie avevano portato alla vittoria Bersani, quale segretario del partito e leader della coalizione politica che, lo vide sconfitto all’elezioni politiche, in un momento in cui tutti gli indicatori sondaggistici davano per certa la sconfitta del centrodestra ed un governo del centrosinistra. Di fatto Bersani subì anche l’onta di essere stato sorpassato dai “Grillini” che divennero così il primo partito in Italia, con una percentuale di consenso superiore al 25% raggiunta però alla prima sua apparizione nell’agone politico, si disse per un voto di “protesta”. Il PD, a stento, superò di poco il Pdl e Scelta Civica (nata dalla coalizione di Monti e UDC), fu la quarta forza che riuscì a superare il 10%. Il resto dei suffragi fu ulteriormente frantumato e si arrivò così alla formazione di un governo delle larghe intese, a guida Letta, secondo il conferimento dell’incarico datogli dal Presidente Napolitano, che avrebbe visto ben presto profonde lacerazioni all’interno della maggioranza fino a giungere proprio, poco prima del fine settimana dell’Immacolata, alla rottura del PdL con la conseguente rinascita di Forza Italia e la nascita del NCD (nuovocentrodestra) a guida Alfano e degli altri ministri del Pdl: Lupi, Quagliarella, Lorenzini, De Girolamo, con l’aggiunta di personaggi quali Schifani, Formigoni e Giovanardi, che proprio il 7 Dicembre, in un’assemblea a Roma, presentarono il nuovo simbolo e i propri quadri, ed all’implosione di Scelta Civica con l’allontanamento dell’ UDC, del Ministro della Difesa Mario Mauri ed altri deputati, e la nascita in Parlamento dei gruppi Per l’Italia, forze che in ogni caso, pur essendo divisi e autonomi tra di loro, rimasero fedeli al governo Letta. Sempre il 7 Dicembre segnò la vittoria plebiscitaria di Salvini, a segretario della Lega Nord, e la conseguente sconfitta del fondatore del partito Umberto Bossi, e la rinascita di Forza Italia a guida monocratica (essendo stati azzerati tutti gli incarichi dirigenziali) di Silvio Berlusconi, che durante una manifestazione di
simpatizzanti a Roma, si collocava all’opposizione e fin da quel momento iniziava a chiedere nuove elezioni, possibilmente da fare abbinate all’elezioni europee, dopo una riforma del sistema elettorale, obbligata a seguito della dichiarata incostituzionalità del “Porcellum” pronunziata qualche giorno prima dai Giudici della Corte Costituzionale. Anche lo strapotere di Grillo e Casaleggio all’interno del suo movimento cominciava a scricchiolare con le dimissioni di alcuni parlamentari e loro passaggio al Gruppo Misto della Camera e Senato, e con le sempre maggiori prese di distanza dai diktat dei 2 fondatori, come accaduto anche di recente in occasione del pronunciamento della Camera sul progetto di legge sulla Clandestinità
Matteo Salvini (Lega Nord),
Beppe Grillo (M5S),
Pier Ferdinando Casini (UDC),
Mario Monti (SC),
Angelino Alfano (NCD).
Enrico Letta (PD).
degli immigrati, a seguito di consultazione on-line dei propri iscritti. Ma proprio questo ultimo evento pone una importante domanda a tutti noi, in specie in conseguenza di quanto accaduto con le manifestazioni dei cosiddetti “Forconi”, dei noTav, delle sempre più frequenti proteste degli studenti e dei disoccupati, spesso represse con violenza dalle forze dell’ordine (anche loro, per dovere istituzionale e professionale, a rischio della propria incolumità) che ci fanno temere di finire come la Grecia, la Spagna, il Portogallo e tutti i paesi del Nord Africa. Se il nostro Paese è oggi in grado, in virtù di una maggioranza risicata e conflittuale, in virtù di idee profondamente diverse e lontane, a tenere salda la barra del risanamento economico e nello stesso tempo far partire una fase di sviluppo e di riforme, atte a dare una speranza ai giovani di trovar lavoro e a metter su famiglia, ed ai cittadini
«Giorni cruciali
per il futuro dell’Italia» la voglia di riavvicinarsi alla politica e di ridare credo a quanti ancora la professano (si tenga bene a mente l’esito di tutti i sondaggi che vedono il calo di quasi tutti i grandi leader, cito ad esempio per noi calabresi, il nostro Governatore Scopelliti sceso al 6% come indice di gradimento, a fronte di un’elezione che l’aveva visto vincitore con la maggioranza assoluta in tutte le 5 provincie calabresi). Tutto questo troverà oggi obbligatoriamente un personaggio come punto di riferimento, proprio il Sindaco Renzi, che guardato a vista da tutti, dovrà portare avanti con abnegazione e coscienza il processo riformista ed il risanamento politico economico del nostro Paese, affiancando Letta ed il suo Governo, mettendo da parte proprie velleità egoistiche e facendo da guida a tutti, tenendo in considerazione di aver ricevuto congressualmente e democraticamente la guida del partito di maggioranza al Governo, e di essere in pectore il leader del futuro secondo le aspettative di milioni di persone che lo hanno delegato a questo ruolo. Ai posteri l’ardua sentenza!
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Il trasbordo delle armi chimiche siriane a Gioia Tauro
Clamore assordante e ingiustificato senza innesco le armi di Assad non possono uccidere
di Luigi Mamone
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n clamore assordante, un allarme generalizzato. Sindaci che protestano, leader di movimenti localistici che invitano alla rivolta civile. Donne, studenti, casalinghe sanferdinandesi forse prive di Il trasbordo delle armi chimiche esalta la vocazione del Porto di Gioia verso il transhipment. olfatto per non aver mai protestasto contro gli odori che imballato in maniera tale ammorbano l’aria nei pressi della “Cloada rendere pressocchè imca massima della Piana” sita alle periferia possibile qualsiasi contatto delle loro case (sic). Questo ed altro sta fra materie atte a dare oricaratterizzando il dibattito politico calagine agli inneschi letali. Si brese dopo l’ufficializzazione della scelta, consideri che è stato trasportato con autocarri fino alla nave che giungerà a Gioia Tauro. da parte delle autorità internazionali – con Vogliamo credere che gli ispettori dell’ONU siano degli sprovveduti. O forse solo un po’ il placet del Governo centrale e – appare meno intelligenti di certi soloni della politica nostrana? Non crediamo che l’ONU abbia implicito – anche con la “benedizione” l’interesse a creare una situazione assolutamente dirompente in un porto che – piaccia del Governatore Scopelliti, della scelta del o meno – da sempre è militarmente importante per la sua stessa collocazione al centro Porto di Gioia Tauro quale luogo di transidel Mediterraneo. La vocazione al transhipment di Gioia Tauro e la sua eccellenza come to a fini di transhipment (trasbordo del calivelli di efficienza e di professionalità lo rendono sicuro per una operazione così delicata. rico da una nave ad altra nave) per diverse In ogni caso ben difficilmente le armi chimiche Siriane toccheranno a lungo il piano delle centinaia di container dentro i quali sono banchine del Porto. Da una nave saranno fatti passare a bordo della portacontainer stastate stoccate le armi chimiche dell’arsetunitense che farà poi rotta oltre le Colonne d’Ercole e in pieno Atlantico distruggerà gli nale del “presidente” Siriano Assad. Ci si aggressivi chimici: anche in questa fase non vi saranno inneschi letali. Alcune sostanze perdoni l’ironia, ma vista l’agitazione versono spandibili in acqua senza pericolo di inquinamento. Altre possono essere liberate in rebbe da dire “sono tutti gasati” dove con aria – sempre senza pericolo di inquinamento. Pertanto l’allarmismo di moltissimi Sindail termine non intendiamo uccisi con i gas ci appare ingiustificato. Cosa diversa sarebbe se i container restassero stoccati in banchichimici ma più semplicemente sono tutti na in attesa della nave feeder. Tale evenienza – che è stata recisamente smentita – avrebin fibrillazione. Nulla cambia in Calabria. be consentito la formulazione di ipotesi di fantapolitica legate al pericolo che anche un Anche in questo caso tutto e il contrario unico container di armi chimiche possa essere “distrattamente”: confuso, smarrito, perso, di tutto. E l’incapacità di proporre una imfatto finire fuori dal contesto per terminare il suo viaggio in qualche segreto arsenale della magine costruttiva della nostra terra e di ‘ndrangheta. Una sorta di pagamento del pedaggio alle ‘ndrine. L’ipotesi, appare imprapianificare un progetto di sviluppo. Solo ticabile. In primo luogo i container non toccheranno mai terra. Su questo le assicurazioni proteste. Contesto quindi esisto, verrebbe delle autorità sono state tassative. In secondo luogo nei giorni dell’operazione il Porto da dire. A nostro modo di vedere l’allardi Gioia sarà presidiato da centinaia, forse migliaia di militari che lo sorveglieranno da me, nei termini con i quali l’emergenza terra, da mare e dal cielo. Pertanto crediamo l’operazione di distruzione dell’arsenale di armi chimiche è stata prospettata appare Assad – tenuto ancora in sella grazie alla protezione russa nonostante le migliaia di civili assolutamente privo di fondamento. Sono morti a causa della sua barbara repressione un dovere verso l’umanità. La Calabria, che stati evocati scenari apocalittici e azioni di dice di volere la pace e di volersi battere per la pace non può e non deve sottrarsi ad un guerra o sabotaggio a seguito delle quali dovere morale di partecipazione – anche solo attraverso il supporto logistico offerto dal le armi – esplodendo – potrebbero contaPorto di Gioia Tauro – ad una missione grazie alla quale migliaia e forse milioni di vite minare, inquinare e uccidere. Vero è che umane innocenti saranno messe al sicuro dal criminale pericolo di utilizzo delle armi sono armi letali. Altrettanto vero è che per chimiche che – se inserite in vettori appositi dalla Siria o dalla Libia potrebbero colpire diventare tali necessitano di particolari ina fine bellico il territorio italiano. In ogni caso una delle poche voci finora capaci di una neschi e miscelazioni di sostanze che se teriflessione seria – è stata quella di Antonino De Masi, l’imprenditore noto per la sua nute a debita distanza le une dalle altre non battaglia contro le prevaricazione e le truffe delle banche. In una lettera evidenzia che sono da considerarsi letali. I gas nervini, l’attenzione mediatica legata al transito delle armi siriane potrebbe essere l’occasione in genere diventano letali nel momento in per i calabresi di riappropriarsi della propria dignità, proponendo alla ribalta mediatica cui due diverse sostanze chimiche danno non orde di gente che urla e protesta, ma il meglio della nostra economia e delle nostre origine al miscuglio gassoso letale. In ogni produzioni. Dicendo a tutti: “Benearrivati! Noi non siamo la pattumiera del mediterraneo caso l’arsenale di Assad che per essere stané vogliamo continuare ad essere considerati il Sud di un Sud troppo superficialmente to prelavato dai bunker in cui era stoccabollato di mafiosità e cialtroneria”. Grande intuizione e ottimo spunto. Peccato che non to e quindi collocato nei container è stato tutti l’abbiano compreso.
«Urge concretezza»
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li uomini governano il mondo ed a loro vanno indirizzate le scelte politiche dei cittadini in un paese che si rispetti, affinché ottengano una rappresentanza democratica. Delusi nelle aspettative per ciò che molti politici dovrebbero essere e non sono, dovrebbero fare e non fanno, si ritrovano a vagare nel buio sentendosi abbandonati a loro stessi, non ritrovando validi riferimenti su cui far cadere le scelte o in cui è possibile identificarsi. È proprio in momenti come questi che si scopre, al di là del colore politico, l’esistenza, ancora oggi, di uomini in cui si possa credere e con i quali si possano portare avanti ideali e valori che l’umanità deve essere in grado di salvaguardare. Si avverte la necessità di concretezze testimoniate da stili di vita che pochi, sono in grado di tenere. È il caso di dire, le chiacchiere non creano benessere e senza un’economia solida non si arriva ad esso togliendo ai giovani la possibilità di avviarsi al lavoro e mettere su famiglia per motivi oggettivi e contingenti. Pur aspirando all’evoluzione economica, vanno comunque rispettati gli equilibri affinché non si penda da una parte o dall’altra e per quanto antioccidentalista possa essere, è bene che ciascuno conosca le parole pronunciate alle Nazioni Unite in Brasile dal Presidente dell’Uruguay Josè “Pepe” Mujica, nel suo discorso del 20 Giugno 2012. Dopo il rituale saluto ai presenti così si esprime: « Mi chiedo cosa succederebbe se gli indù avessero la stessa proporzione di macchine per famiglia posseduta dai tedeschi, quanto ossigeno ci resterebbe per poter respirare. Ma è chiaro che oggi il mondo possiede gli strumenti materiali per rendere possibile che otto miliardi di persone circa possano avere lo stesso grado di consumo e spreco che hanno le più opulenti società occidentali o dovremmo fare un altro tipo di discorso. Abbiamo creato una civiltà, quella in cui siamo, figlia del mercato, figlia della concorrenza che ha prodotto un progresso materiale portentoso ed esplosivo! L’economia di mercato ha creato una società di mercato. Chi ha procurato questa globalizzazione che significa guardare a tutto il pianeta, sta governando la globalizzazione o è la globalizzazione che sta governando noi? È possibile parlare di solidarietà se siamo tutti uniti in un’economia basata sulla concorrenza più spietata? Fin dove arriva la nostra fratellanza? Nulla di questo io dico per negare l’importanza di questo evento! È il contrario! La sfida che abbiamo davanti a noi è di una portata di carattere colossale e la gran crisi non è di carattere ecologico. È politica! E l’uomo non governa oggi! Sono le forze che ha scatenato che governano l’uomo! È la vita! Non veniamo sul pianeta per svilupparci in termini generali, veniamo alla vita cercando di essere felici e la vita è corta e se ne va! Nessun bene vale quanto la vita! Questo è elementare! Però se la vita se ne va e scompare lavorando per consumare qualcosa di più, è da imputare alla società di consumo che ne è il motore! In definitiva se si paralizza il consumo o si ferma, allora si ferma l’economia! Se si blocca l’economia subentra il fantasma della stagnazione per ognuno di noi. Questo iperconsumo a sua volta è quel che sta
Josè “Pepe” Mujica.
Gli uomini di valore fanno grandi le Nazioni!
Come sono veramente coloro che in Italia ci rappresentano? di Filomena Scarpati
aggredendo il pianeta! Si producono cose che durano poco perché si deve vendere tanto! Una lampadina elettrica non può durare più di mille ore accesa, però ci sono lampadine che possono durare cento o duecento mila ore. Ma queste non si possono produrre perché il problema è il mercato! Dobbiamo lavorare e avere una civilizzazione di uso e smaltimento. Siamo in un circolo vizioso! Questi sono problemi di carattere politico che ci dicono che c’è la necessità di iniziare a lottare per un’altra cultura. Non si tratta di regredire all’uomo delle caverne, ne di avere un monumento all’arretratezza, è che non possiamo indefinitamente continuare ad essere governati dal mercato, ma dobbiamo governare il mercato! Per questo dico che il problema è di carattere politico! È il mio umile modo di pensare! Gli antichi pensatori come Epicuro, Seneca, gli Aymara affermavano: “Povero non è chi possiede poco, ma veramente povero è chi necessita infinitamente tanto e vuole sempre di più. Questa è una chiave di carattere culturale! Quindi ben venga lo sforzo e gli accordi che si fanno e come governante li accompagno perché so che alcune delle cose che sto dicendo stonano, però dobbiamo renderci conto che la crisi dell’acqua e la crisi dell’aggressione ambientale non sono una causa. La causa è il modello di civilizzazione che abbiamo costruito e ciò che dobbiamo rivedere è il nostro modo di vivere! Perché? Perché appartengo ad un piccolo paese molto ben dotato di risorse naturali per poter vivere. Nel mio paese ci sono poco più di 3 milioni e 200 mila abitanti, però ci sono 13 milioni di vacche delle migliori al mondo e 10 milioni di ovini stupendi! Il mio paese è esportatore di cibo, di latticini, di carne! È una pianura e quasi il 90% del suo territorio è utilizzabile. I miei compagni lavoratori lottarono molto per le otto ore di lavoro e adesso stanno ottenendo 6 ore! Però chi ottiene 6 ore ottiene due lavori, pertanto lavora più di prima. Perché? Perché deve pagare un mucchio di rate, il motorino e l’automobile che ha comprato. Paga rate, rate e quando arriva ad estinguerle, è un vecchio reumatico come me e la vita gli vola via! Uno allora si fa questa domanda. È questo il destino della vita umana? Lo sviluppo non può essere contro la felicità. Deve essere a favore della felicità umana, dell’amore per la terra, delle relazioni umane, di prendersi cura dei bambini, di avere amici. Di avere l’indispensabile! Perché questi sono i tesori più importanti che abbiamo! Quando lottiamo per l’ambiente, il primo elemento è “la felicità umana”! Grazie!» Influenzati dal consumismo ci riempiamo di debiti che pagheremo durante l’arco di tutta la vita e alla morte cosa ci resta? Solo una vita piena di sacrifici condizionata dal bisogno di avere sempre di più! Ma è questa la felicità? Colui che ha pronunciato questo discorso è il Presidente più povero del mondo, vive in una casa modesta con soli 800 euro al mese, rinunciando al 90% del suo stipendio! Prima di fare le nostre scelte chiediamoci quanti politici in Italia sarebbero capaci di vivere come lui.
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Morto Ariel Sharon:
“La Spada di Davide” un addio all’ex Premier israeliano di Francesco Di Masi
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sraele e tutto il consesso nazionale piangono la morte di un uomo ammirato dai suoi, temuto dai dirigenti e odiato dalla stampa locale, mai sottovalutato, tanto da essere definito con sua grande meraviglia come un “Padre della Patria”. Uomo dalle mille appassionate contraddizioni, ha ricoperto sempre un ruolo di primaria importanza nella direzione politica del suo paese, tanto da essere nominato in vari incarichi di governo fino a diventare Primo Ministro, personaggio chiave dello Stato, leader militare, combattente e condottiero valoroso delle forze armate nella lotta per la sicurezza e l’esistenza d’Israele. Muore all’età di 85 anni nell’ospedale di Tel Ha Shomer, vicino Tel Aviv, dopo 8 anni
Ben Gurion di compiere azioni di ritorsione contro i fedayn palestinesi, con la sua 101° unità, compie la strage di Kybia in Cisgiordania, dove morirono 60 palestinesi. Ben visto da Ben Gurion, intraprende la carriera militare diventando un brillante stratega, prima nei parà e poi nei carristi. Nella guerra dei sei giorni nel 1967 combatte sul Sinai disorientando con le sue manovre i soldati egiziani. Nella guerra del Kippur guida una testa di ponte e sfonda le linee nemiche. Nelle elezioni politiche del 1977, vinte da Begin del partito di destra Likud di cui Sharon fa parte, per le sue doti e i suoi meriti viene nominato nel 1981 ministro della Difesa dando dimostrazione di intransigenza contro gli attentati palestinesi che sfociano nel 1982 nell’invasione del Libano, incurante delle parole di Begin a moderare l’operazione di guerra, si spinge fino a Beirut dove scaccia Arafat e culmina la sua azione con il massacro di Sabra e Shatila dove migliaia di palestinesi sono massacrati dai falangisti libanesi, è questa la causa per cui si deve
L'ex Premier israeliano Ariel Sharon.
di coma causato da un ictus che ne ha stroncato la forte fibra. Sharon, nasce nel Febbraio del 1928 in un piccolo villaggio ebraico, Kafar Mallal che si trovava sotto il protettorato Britannico. Il padre, agronomo russo, fin da bambino lo costringe, di giorno a lavorare nei campi e la notte a vegliare facendo la guardia, per impedire che i beduini rubino il raccolto. A 20 anni, riporta una grave ferita nella battaglia di Latrun contro le Legioni Giordane per cui rischia di non vedere la nascita dello Stato d’Israele. Comandato dal Premier David
dimettere da ministro della difesa. Da abile tessitore accetta incarichi ministeriali di minore importanza, partecipa nel Febbraio 2001 alle elezioni contro il laburista Ehud Barak e vince. Incalzato dagli attentati sanguinari dell’Intifada, capisce che dietro questi atti terroristici si nasconde il suo nemico storico, Arafat, lo circonda lo intrappola nella Muqata di Ramallah e giocando come il gatto col topo stringe i terroristi in una morsa di ferro e fuoco, innalza una barriera di protezione attorno ad Israele fin quando non cessa gradualmente la violen-
za palestinese. Il paese grato lo riconferma Premier. “AriK” (il Leoncino) come era affettuosamente chiamato, apprende che non basta la forza per lenire i contrasti e con un abile mossa nel 2005 cancella 25 insediamenti coloniali ebraici dalla Striscia di Gaza. Questa mossa, non condivisa da alcune frange del partito fa causare una spaccatura nel Likud e costringe Sharon insieme a Shimon Perez a fondare una nuova lista di centro, Kadima, che si sarebbe impegnata politicamente a procedere in un disimpegno israeliano, dopo le elezioni del 2006, nei territori della Cisgiordania. Ma il 4 Gennaio il sogno di questo progetto si infrange con l’ictus che relega irrimediabilmente Sharon in uno stato vegetativo dopo aver servito come “Spada di Davide” la propria Nazione. Così commenta Barak Obama: “Un leader che ha consacrato la sua vita ad Israele”. Il capo dello Stato Shimon Perez: “Un soldato valoroso e un leader che sapeva osare, ha perso oggi la sua ultima battaglia”. Il Capo dell’opposizione Isaac Herzog: “Un grande e coraggioso leader e un vero sionista che sapeva riconoscere il giusto percorso dello Stato d’Israele”. Il Premier Benyamin Netanyahu così si esprime: “Combattente valoroso, grande condottiero, fra i comandanti più importanti delle nostre forze armate”. Così, invece, Jibril Raboub palestinese, dirigente di Fatah, ha commentato la morte dell’ex premier israeliano: “Criminale, responsabile della morte di Arafat sfuggito alla giustizia internazionale” e continua Hamas il partito al potere a Gaza: “Momento storico la scomparsa di questo criminale con le mani coperte di sangue palestinese”. Certamente non spetta a noi un giudizio, ma alla Storia a cui è consegnato e che darà ragione dell’operato e della vita di quest’uomo tanto amato quanto odiato.
«Fu l’Uomo
del dialogo con Yasser Arafat e i palestinesi»
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Salvatore Settis
di Salvatore Greco
M
i pare proprio sia giunto il momento… Lo scorso quattordici gennaio, all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha conferito la laurea honoris causa in Architettura al prof. Salvatore Settis, nostro illustre conterraneo. Presenti alla cerimonia tra gli altri illustri convenuti, il Rettore dell’ateneo Pasquale Catanoso e il Governatore della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti. La lectio magistralis tenuta dal prof. Salvatore Settis su “L’etica dell’architetto e il restauro del paesaggio”, introdotta dai professori Gianfranco Neri e Laura Thermes, nella loro lectio laudatio, testimonia oggi la nostra necessaria e impellente partecipazione al dibattito come individui di una società responsabile. …è ora che anche il nostro “Amor loci” sia manifesto. Per cominciare, a proposito dell’etica dell’architetto, vorrei riportare un primo passo della lectio magistralis: «Il profilo etico, o deontologico, delle professioni non è in prima linea, nella nostra epoca attenta quasi solo al cartellino del prezzo. Inoltre, in alcune professioni questo profilo è stato sempre più marcato ed esplicito che in altre (…) come i medici con Ippocrate gli architetti dovrebbero legare etica e conoscenza impegnandosi a realizzare sempre edifici di qualità evitando scempi ambientali (…) Potremmo prendere, uno per uno, i requisiti dell’architetto elencati e argomentati da Vitruvio, e inserirli agevolmente in un “giuramento di Vitruvio”, facendone il perfetto equivalente del giuramento di Ippocrate». Non sarà forse la soluzione definitiva, ma è sicuramente un passo importante e responsabile, un segnale vitale non solo per gli architetti ma anche e per tutte quelle progettualità compartecipi allo stesso impegno, una lezione di un grande maestro, da rileggere ogni giorno, magari dopo le preghiere serali. È evidente che la lezione non è il fine, ma solo uno strumento di lucida analisi, di riflessione, informazione, educazione e soprattutto presa di coscienza, per permetterci da attori nella nostra terra di non dimenticare facilmente e di tentare nello stesso tempo di “restaurare”, rassettare e costruire un’immagine, già lungamente e anacronisticamente contemplata, della nostra regione che cambia velocemente e drammaticamente. A questo punto un altro passaggio fondamentale della lectio: «Il degrado dei nostri paesaggi e delle nostre città può apparire sorprendente, dato che l’Italia è il Paese con la più antica e complessa legislazione di settore, ed è stato il primo al mondo a porre la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico tra i principi fondamentali dello Stato (art. 9 della Costituzione). Perché dunque questa vasta e complessa normativa viene di-
Architetto
“honoris causa” Lectio Magistralis presente il Ministro Carrozza
sattesa ogni giorno? Perché, per dirlo con l’efficace formula di Federico Caffé, tanto «divario fra le salvaguardie cartacee e l’operare concreto»?(…) Che cosa vuol dire, sullo sfondo di una sfida tanto drammatica, “restaurare il paesaggio”, incluso il paesaggio urbano? Dobbiamo qui sgombrare il campo da un pesante equivoco. Chi, come me, difende il paesaggio non pretende di ibernarlo in una condizione perpetuamente uguale, e meno che mai di respingerlo nel falso paradiso di una nostalgia del passato. Un vero e costruttivo “restauro del paesaggio” non può essere un progetto meramente retrospettivo, di rimessa in pristino delle nostre coste e delle nostre campagne come erano cinquanta o cento anni fa. Certo, molto anzi moltissimo sarebbe da abbattere (lo sarebbero, in primo luogo, le costruzioni abusive: non fosse altro, per rispetto della legalità). Ma molti potrebbero anzi dovrebbero essere gli interventi creativi, che rido-nassero ai nostri paesaggi la qualità che, come in una implacabile emorragia, essi stanno perdendo ogni giorno». Potrà sembrare azzardato in questa sede ricordare, in parallelo all’argomento odierno, la luminosa posizione sul rapporto comunità-paesaggi di un illustre personaggio del Futurismo Italiano che ebbe natali reggini, Umberto Boccioni: «…non posso non pensare senza disgusto e compassione che esistono società per la conservazione del paesaggio. Per la conservazione, si noti bene, di quello che le stampe e i quadri antichi ci hanno lasciato di certi luoghi… divenuti sublimi attraverso la cultura. Il paesaggio fu creato dagli artisti e il conservarlo è un panmuseismo, è voler mettere un tourniquet alla natura e darla a tutti ogni giorno per un franco: la domenica entrata libera. Imbecilli! Conservare che cosa? Ma i paesaggi che oggi si vogliono conservare non esistono forse sul posto e in virtù di altri distrutti o trasformati? Conservare che cosa? Tre bossi a sinistra, una quercia a destra, una casupola (pittoresca) al centro… e poi? Imbecilli! Come non fosse sublime lo sconvolgere che fa l’uomo sotto la spinta della ricerca e della creazione, l’aprire strade, colmare laghi, sommergere isole, lanciare dighe, livellare squarciare, forare, sfondare, innalzare, per questa divina inquietudine che ci spara nel futuro». È proprio quella “divina inquietudine”, intanto smarrita per strada, che oggi potrebbe aprire un confronto tra posizioni così apparentemente lontane. All’interno del dibattito contemporaneo è illusorio pensare che la lettura del paesaggio possa essere un’operazione scientifica, capace di offrirci indicazioni precise, in tal senso la concezione di paesaggio riunifica sotto un comune denominatore tutti i domini della vita, da non confondere con la “babele” paesaggistica, dovuta ad una eccessiva sovraesposizione culturale. È possibile “restaurare” un paesaggio senza distruggerlo? Per farlo è imprescindibile una nuova cultura del paesaggio, fondata a sua volta su una nuova concezione della pianificazione del territorio basata, su un trattamento nuovo e immaginativo delle risorse e su una forma di governo e di gestione territoriale fondata, sul dialogo e la concertazione sociale. Bisogna uscire dal quel provincialismo imperante proteso solamente a creare devianze, specie tra la categoria della tutela, radicata nella storia, dalle pratiche della gestione, interamente determinate dall’economia. Storicamente le popolazioni sapevano quali azioni dovevano compiere e i loro comportamenti potevano non conoscere dubbi e esitazioni; i loro interventi erano omogenei al territorio, al tipo di organizzazione sociale, avevano identità, erano “sostenibili”, cioè: “utilizzavano risorse naturali ad un ritmo tale che esse potevano essere rigenerate naturalmente”. Così, molti degli attuali rischi e minacce per il paesaggio non riguardano tanto la sua mera trasformazione, ma l’intensità e il carattere della stessa: è questo il punto cruciale. Per fare tutto questo bisogna avere il coraggio di cambiare! Secondo un detto molto abusato, «la storia è maestra della vita». Ma, come ricorda ancora Settis, proviamo a capovolgerlo, quel detto: proviamo a dire che, al contrario, «la vita è maestra della storia». La maggior parte dei paesaggi tutelati non sono oggi in effetti, nient’altro che costruzioni, palinsesti, paesaggi culturali, attenzione anche per questo, alla permanente confusione tra paesaggio, natura addomesticata, agricoltura, paesaggismo ed ecologismo, paesaggio vissuto e rappresentato. Il prezzo da pagare sta diventando davvero molto alto! Il paesaggio autentico non possiede che una durata ridotta, sparisce una volta recuperata la quotidianità, la schiena piegata, le mani in terra…Grazie professore Settis!
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Piana di Gioia Tauro
Quale futuro? Ritardi, anacronismi e mafie tarpano le ali al rilancio dell’agricoltura
di Pierluigi Taccone
L
’agricoltura della Piana di Gioia T. rappresenta, con le sue coltivazioni di ulivi ed agrumi, un caso unico nel panorama dell’agricoltura della Nazione, a partire dalle dimensioni e dalla produttività delle strutture arboree, dal fenomeno molto frequente della consociazione di ulivo agrume, spesso allevato in secco e non per questo meno produttivo. Ma quello che è veramente impressionante è il gigantismo delle sue piantagioni, dovuto a fattori climatici ed alla notevole fertilità del suolo. È quello che ha fatto dire al Prof. Iacoboni, il padre dell’olivicoltura italiana, che la piana è l’unico posto in Italia dove l’agricoltore deve frenare le sue piantagioni e non spingerle perché crescano. È stata per anni, almeno fino agli anni '60 del secolo scorso, il serbatoio di olio delle più importanti industrie olearie Italiane: Costa, Berio, Gaslini, Carli avevano le loro succursali a Gioia T. si rifornivano da qui per commerciare l’olio in tutta Italia, e da qui, fino ai primi del '900 partivano numerose navi, per il porto di Odessa, per la Russia, che acquistava grandi quantità di olio lampante per l'illuminazione delle lampade votive delle chiese ortodosse. Certo era olio lampante, ma di buone caratteristiche fisico chimiche, il mercato lo richiedeva e lo pagava profumatamente.
Questa olivicoltura ha rappresentato la vera risorsa del territorio, piante alte fino a 25 metri con 2000 m3 di massa foliare e con sesti di mt 20 x 20, il così detto sesto ducale con 25 piante per ettaro, e produzioni di 4/6 quintali di oliva per piante. Anche gli agrumi, fino agli anni '60, con ottimi risultati economici, venivano esportati in Germania ed in altri stati del Nord a vagoni. Il termine vagone oltre che ad indicare un mezzo di trasporto, è diventato da allora un’unità di misura per indicare 100 q.li. Ancora oggi, localmente, per le arance, si parla di vagoni e non di q.li o tonnellate. Una curiosità che sta ad indicare quale fosse il valore delle produzioni: è il fatto che i contenitori a perdere, con i quali si spedivano le arance, erano delle ceste di castagno foderate di tela di juta, cucita a mano. Diverse generazioni di agricoltori hanno tratto abbondantemente di che vivere da queste due coltivazioni e pochi ettari di terreno, visto il notevole frazionamento del territorio, davano da vivere ad intere famiglie. Oggi, mutati i tempi, amaramente dobbiamo dire che, se non fosse per gli aiuti comunitari che ancora continuano ad arrivare, ma non si sa per quanto altro tempo, il comparto olivicolo ed agrumicolo della piana non avrebbe la capacità di sopravvivere. È verosimile pensare, che in questo caso, assisteremmo ad una diaspora di una popolazione di quasi 200.000 abitanti che lascerebbero il territorio al degrado agli incendi ai rovi e andrebbero ad inurbare città già sature, con problemi socio-economici notevoli, i cui prodromi si sono visti a Rosarno. In quel caso abbiamo assistito a fenomeni di delinquenza, ma sopratutto ad una guerra tra poveri di diverse etnie le cui necessità erano legate alla pura sopravvivenza. In questo caso ci sarebbero dispute, a carattere locale, tra poveri proprietari e poveri braccianti. Quali i motivi di questo mutamento? Questa agricoltura richiedeva enormi quantità di mano d’opera, le notevoli dimensioni delle piante legate alle condizioni di estremo rigoglio vegetativo, facevano sì che le operazioni colturali, la potatura, la raccolta fossero eccessivamente dispendiose, ma il valore delle produzioni era elevato. E quindi fino ad una certa epoca, la gestione ortodossa di questi monumenti arborei, era possibile. Oggi non è più così e questa tabella lo dimostra.
Se facciamo un raffronto dei prezzi, a valore costante, possiamo renderci conto di quanto gli agricoltori siamo diventati più poveri, senza neppure rendersene conto: OLIO x Kg anno 60 € 12,05 - anno 80 € 7,65 - anno 90 € 6,04 - anno 2000 € 4,00 anno 2010 € 3,00; ARANCE x Kg anno 60 € 1,25 - anno 80 € 0,50 – anno 90 € 0,40 – anno 2000 € 0,26 - anno 2010 € 0,20. Non parliamo della mano d’opera che in questo cinquantennio è aumentata di 20 volte. Ecco direi che questi sono alcuni dei motivi di questa crisi che affligge il comparto delle colture mediterranee. Prezzi internazionali bassi, determinati da produzioni di paesi terzi, i cui costi sono, rispetto ai nostri, inferiori. Strutture arboree rimaste immutate da moltissimi anni, non più gestibili in termini economici per gli alti costi della mano d’opera e quindi coltivate alla meno peggio. Anche la qualità paga poco e non dà quegli incrementi di valore che gli agricoltori si aspettano, per rendere produttiva la loro attività. Purtroppo, sia l’olio che gli agrumi appartengono a quella categoria di prodotti definiti commodity, prodotti regolati nel prezzo, dalla domanda e dall’offerta internazionale, qualsiasi orpello che nobiliti questi prodotti incrementa il loro valore di minime percentuali. Gli incrementi maggiori sono per i mercati di nicchia, cui noi non apparteniamo, e quindi, anche in presenza di qualità dei nostri prodotti, dobbiamo accontentarci di incrementi che non soddisfano le nostre esigenze economiche. Oggi la Piana di Gioia Tauro, malgrado il suo
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clima, la eccellente dotazione idrica, la fertilità e profondità del suolo (percentuali di humus superiori al 6%), da un punto di vista agricolo, rappresenta il simbolo della incapacità umana di adattarsi alle nuove condizioni e di saper gestire con lungimiranza e buon senso un territorio ad altissima vocazione agricola. Si è contato prevalentemente, negli ultimi cinquant’anni, sugli aiuti provenienti dalla CE, senza preoccuparsi di rinnovare, migliorare le nostre strutture arboree. Non è stato fatto niente per ridurre i costi, dal momento che non c’era la possibilità di intervenire sui ricavi. Ciò ha provocato una stagnazione degli investimenti e una stasi tecnica dell’agricoltura nonché degli agricoltori, agli anni '60 del secolo scorso. Non a caso sono gli anni degli aiuti comunitari. Anche le Istituzioni locali non hanno mai fatto nulla, in termine di piani di sviluppo di settore, per aiutare gli agricoltori a migliorare le proprie strutture arboree, avvalorando la convinzione che quanto ricevuto dalla CE fosse immutabile e sufficiente alle loro necessità. Anzi, tendere all’ammodernamento delle strutture olivicole è sempre stata una operazione resa difficoltosa da leggi ormai anacronistiche e da una miope visione ambientalista, che confonde, a mio avviso, il paesaggio agrario con il territorio. Questo è lo stato delle cose nella piana di Gioia Tauro. Una terra degradata da errate visioni assistenziali che hanno diffuso sul territorio un importante benessere, ma lo hanno fatto molto male, avvalendosi,
«La Piana è
sempre di più le risorse comunitarie, la mancata realizzazione di opere di ammodernamento e adeguamento delle strutture porterà fatalmente ad una fase di decadenza irreversibile. È necessario che gli agricoltori e le Istituzioni prendano atto della grave crisi che interessa il territorio e della sua incapacità di ottenere ricchezza dall’unico settore capace di offrirgliene. Come sia possibile intervenire per modificare questo stato di cose è l’impegno che le Istituzioni, attraverso i suoi organi preposti, devono assumersi in una visione anche di lungo periodo. Bisogna dire che l’Assessorato all’agricoltura Regionale ha preso atto delle difficoltà obiettive della olivicoltura della piana ed ha varato una legge che, con alcune limitazioni, autorizza l’estirpazione di piante di ulivo obsolete e senescenti. Non è del tutto soddisfacente, ma sapendo quali sono le resistenze ambientaliste è quantomeno un inizio. Bisognerebbe proseguire seguendo questa tendenza al rinnovamento: programmando degli scenari agricoli futuri in cui, evitando la concentrazione monocolturale, dannosa per il territorio, si individuino coltivazioni altamente vocate, che in un sistema climaticamente migliorato, esprimano le migliori condizioni di produttività. Porre in essere un piano di sviluppo agricolo solo per il territorio della piana di Gioia Tauro, esteso alle sue colline, in cui si valorizzino le differenti vocazioni per areali morfologici e climatici. Dando spazio in collina: alla coltivazione dell’olivo, la cerasicoltura, la pomicoltura. In pianura: olivo intensivo, agrumicoltura, frutticoltura, orticoltura. Per ciascuna possibile coltura si offrano degli incentivi limitatamente al numero di ettari previsti dal piano di sviluppo. In pratica si facciano interventi sul territorio che indirizzino l’agricoltore a praticare un’agricoltura moderna che abbia rispetto dell’istanze economiche del mondo rurale utilizzando il sistema degli aiuti, per regolare le dimensioni di una agricoltura programmata e compatibile, nell’interesse dell’agricoltore e del territorio stesso. Ciascun agricoltore potrà essere
l’unico posto, in Italia, dove le piantagioni vanno frenate» nell’erogazioni, di organismi impreparati e disattenti e di agricoltori altrettanto voraci e miopi, privi di una visione di lungo periodo, che proiettasse l’agricoltura verso obiettivi che le caratteristiche dei terreni di Gioia Tauro certamente garantivano. Oggi si incomincia a capire che, riducendosi
libero di scegliere, ma se vorrà beneficiare di incentivi ed aiuti dovrà adeguarsi al programma. Vi è una parte dell’olivicoltura collinare della Piana che non ha alternative colturali, né possibili sbocchi economici, svolge un ruolo importante solo sotto l’aspetto paesaggistico ed ambientale. In questa realtà ed in casi del genere, potrà svolgere un ruolo determinante la multifunzionalità dell’impresa agricola, legata ai crediti di carbonio ed alla fruizione turistica del territorio nonché impedire il suo dissesto e a contenerne il degrado idrogeologico. Per il resto, per la parte potenzialmente produttiva, bisogna avere il coraggio di prendere decisioni, anche scomode e fare delle scelte tra agricoltura e paesaggio, non vi sono vie di mezzo. Riguardo a quest’ultima affermazione, vorrei chiarire che io vivo in questo territorio, abito in un oliveto ed il mancato rispetto della natura in ogni suo forma sarebbe per me un atto autolesionistico, so bene che la ricchezza e l’importanza paesaggistica di questi 30 mila ettari di olivi di alto fusto, unici al mondo, per le eccezionali dimensioni e per la loro densità, meritano massima attenzione e rispetto, ma tristemente bisogna prendere atto del seguente dato di fatto: è erroneo confondere il paesaggio naturale, come può essere la macchia mediterranea o un bosco naturale, con il paesaggio agrario consistenze in colture via via sempre diverse secondo esigenze legate a fattori economici. Il primo deve essere assolutamente difeso e spesso non lo si fa, il secondo non ne ha alcun bisogno, si distrugge o si difende da se, secondo la capacità di procurarsi reddito, da qualsiasi fonte provenga, che poi è il motivo per cui quel paesaggio è sorto. Quindi qualsiasi paesaggio agrario, olivo della piana compreso, che lo si voglia o no, vivrà o morirà a secondo del danaro che quel settore sarà in grado di procurarsi. Vogliamo far vivere l’olivicoltura tradizionale della Piana? Ne sarei felicissimo. Bene, procuriamo per queste colture, ormai praticamente incapaci di dar reddito, una dote annua di circa 3/4 mila euro per ettaro ed il problema è risolto, ma siccome così non sarà, qualora si volesse difendere ad oltranza questo importante, ma fragile patrimonio olivicolo, assisteremo ad una lenta agonia che vedrà scomparire insieme agli ulivi anche gli agricoltori.
opnatura.com
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Rosarno si tinge di arancio
per la tre giorni dedicata alle clementine ed agli agrumi
Il Week-end delle Clementine e il “Clementine day” Lungo la 2^ edizione filiera agrumicola tra innovazione, gastronomia e turismo di Rosario Previtera
identitario del territorio provinciale è risultato il protagonista indiscusso, è stata l’iniziativa di Venerdì “Clemeneconda edizione per tine a scuola”. Presso il Week-end delle la scuola media “Sco“Clementine” e il pelliti-Green” di Ro“Clementine Day” sarno è stato presentato promossi dall’Assessorato all’Agriil concorso scolastico coltura della Provincia di Reggio di giornalismo ed arti Calabria e dall’Associazione cultufigurative sulla filierale “Calabria & Calabresi” (www. ra agrumicola e delle clementineday.it). L’evento, dal 17 clementine intitolaal 19 Gennaio, ha avuto l'obiettivo di to “Cuore di Clementine: cento sfumature di arancio”, la cui premiazione avverrà il 31 valorizzare l’agrumicoltura di qualità Gennaio prossimo alla presenza dell’Assessore Provincia all’Agricoltura Gaetano Rao e del con particolare riferimento alla filiera Presidente della Provincia Giuseppe Raffa. Nella stessa mattinata dopo la presentazione del del clementine, prodotto di eccellenconcorso a cura dell’Associazione “Calabria & Calabresi” è stata la volta di “La scuola in za che ha caratterizzato l’economia filiera” con gli studenti in visita agli stabilimenti di lavorazione delle clementine “Medma della Piana di Gioia Tauro-Rosarno Frutta” e “Agrumi GR”. Gli studenti hanno potuto constatare dal vivo le fasi della lavorazione per decenni. La manifestazione ha degli agrumi e portare a casa le clementine insieme ad un originale ricettario per le mamme, puntato principalmente sugli aspetti naturalmente con ricette tutte a base di clementine. Sabato 18 Gennaio è stato il gran giorno della nutrizione e della innovazione del “Clementine Day” svoltosi presso l’Hotel Vittoria di Rosarno. Il talk-show condotto di prodotto oltre che sul connubio da Anna Aloi (protagonista della fortunata trasmissione culinaria “A casa tua” in onda su gastronomia-turismo. Ad aprire la tre Video Calabria) ha preceduto i successivi Cocktail-show ed il Cooking-show nonché il prangiorni in cui il Clementine, prodotto zo a tema. Durante il talk-show dal titolo “Nutrizione ed innovazione per Clementine ed agrumi” sono state approfondite le varie tematiche di settore, anche con il contributo dei rappresentanti delle istituzioni, dei rappresentanti delle associazioni di categoria, dell’Ordine degli agronomi, delle OP presenti. Dopo i saluti del presidente della Provincia Giuseppe Raffa, sono seguiti gli interventi programmati. La naturopata Patrizia Pellegrini ha esaltato le caratteristiche nutraceutiche del clementine con “Clementine a tavola: virtù nutrizionali e terapeutiche nel pasto”; a seguire il contributo dell’imprenditrice agricola Giovanna Frisina di La Prof.ssa Irene Marvasi e i cardiologi Francesco Greco
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e Michele Mammola.
«Le “clementine” simbolo di una Calabria nuova »
“Terre di Zoè” con un intervento specifico su “Innovazione di prodotto: il succo di clementine” e quindi “Gastronomia di eccellenza con i prodotti identitari” con Francesco Sculli, ristoratore stellato della Guida Michelin; grande interesse ha suscitato l’intervento di Don Pino de Masi dell’Associazione “Libera” su “Agrumicoltura e solidarietà”. Numerosi gli interventi degli ospiti rispetto alla necessità di far emergere il comparto dalla crisi stagnante tramite azioni di marketing e promozione ma soprattutto per mezzo della cooperazione e della identificazione con i marchi collettivi o di qualità, ai quali deve precedere, nonostante la crisi, una riconversione sia colturale che culturale. Per la prima, ha affermato l’Assessore Rao, in qualità di produttore, occorre puntare su varietà precoci e tardive e su cloni con migliori caratteristiche organolettiche, per come richiesto dal mercato e per
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suo Cooking-show: in diretta, coadiuvato da Anna Aloi, ha presentato e realizzato un menu completo a base di clementine con i prodotti caratteristici del territorio. Il tutto contornato dalle infinite sfumature del giallo e dell’arancio, grazie alla presenza di numerose varietà di clementine e di agrumi anche rare o esclusive esposte dalle aziende partecipanti: Cannatà, Medma Frutta, Agrumi GR, Op Natura, OP COPAM, OP Monte. La medesima esposizione è stata riproposta Domenica 19 presso il Palazzetto dello Sport di Rosarno per l’iniziativa “Clementine in piazza” con il “ClementinExpo” e l’originale “Clementine Game – I colori della salute” destinato ai bambini ed alle famiglie
I protagonisti del talk show - Pellegrini, Sculli, Frisina, Aloi, Raffa, Rao, Politi, Inuso.
far fronte alla concorrenza soprattutto spagnola. Per l’aspetto culturale, “le iniziative programmate che amplificano il valore del clementine a livello nutraceutico e gastronomico con l’ampliamento della filiera per i prodotti trasformati e fanno emergere e promuovono il territorio grazie al turismo gastronomico-culturale sono quelle da intensificare” ha ribadito l’agronomo cosentino Francesco Perri, tra i più importanti esperti italiani di agrumicoltura e presente alla manifestazione. Un corale appello alle istituzioni è giunto dai numerosissimi produttori che hanno partecipato per la definizione di un nuovo corso per la ripresa dell’agrumicoltura. Un percorso tracciato dagli interventi del Presidente regionale di Coldiretti Pietro Molinaro, dal direttore della Confagricoltura provinciale Angelo Politi e dal presidente della CIA provinciale Antonino Inuso, dal presidente dei Dottori agronomi e dottori forestali della provincia Stefano Poeta, dal consigliere regionale Gianni Nucera, dal Sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi e da altri sindaci del comprensorio. Le conclusioni affidate all’Assessore Provinciale Gaetano Rao hanno definito il “new deal” per un comparto, quello agrumicolo, che occorre innovare al più presto. Il Clementine day è proseguito all’insegna del gusto grazie all’esposizione e alla degustazione dei prodotti a base di clementine: marmellate e succhi delle aziende “Terre di Zoè” (che ha proposto in anteprima il succo di clementine al 100% e biologico) e “Sirianni”, torroni agli agrumi di “Garruzzo dolciaria” e cocktail. E per questi ultimi ci ha pensato Francesco Ciccone capo barman del Gruppo Caminiti, con il suo Cocktail-show. A dimostrare ulteriormente che le clementine possono essere utilizzate per tutte le pietanze, è stata l’abilità del noto chef executive Enzo Cannatà nel
grazie alla specifica narrazione ed animazione a tema di Ketty Adornato: il mito del Giardino delle Esperidi adattato alle clementine ed a tema nutraceutico ed i giochi a squadre per i bambini per farne conoscere le caratteristiche ed apprezzarne il gusto. Il Week-end del Clementine è terminato con l’atteso “Clementine in tour” organizzato da Ecotouring Costa Viola per giornalisti, tour operator, opinion leaders al fine di coinvolgere anche il comparto turistico e della ristorazione legati all’agricoltura ed alle tipicità: visita guidata presso “i luoghi del clementine” per la raccolta in campo e presso gli stabilimenti di lavorazione e confezionamento, pranzo tipico a tema e visita agli scavi archeologici di Rosarno, l’antica Medma e alla Chiesa della Madonna di Patmos ricca di opere d’arte. Anche questa seconda edizione del “Week-end del clementine” ha dimostrato che il prodotto clementine ottenuto dagli agrumeti della Piana e della Locride può continuare a costituire un valido prodotto a sostegno del reddito agricolo provinciale se vi è innovazione di prodotto e diversificazione anche multifunzionale. Oltre che il prodotto fresco, i derivati ed i prodotti a base di clementine ottenuti in tutta la Calabria, ancor più quando connessi al turismo rurale, costituiscono fattori economici dalla grande potenzialità. Anna Aloi e lo chef Enzo Cannatà durante il cooking show.
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Tares, che casino! Sta succedendo di tutto!
Prevedibile conseguenza di una decisione figlia del Governo Monti
di Filippo Speranza
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ono state recapitate a tutti i contribuenti – imprese e famiglie – sul finire del 2013 le rate TARES o il saldo TARES, dei vari Comuni. La TARES (tariffa rifiuti e servizi) nasce col Governo Monti con il D.L.201 del 06/12/2011 convertito con modificazioni con la L. 214 del 22/12/2011. Il presupposto del tributo è il possesso, l’occupazione o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati. Il tributo ha una componente rifiuti, destinata a finanziare i costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento e una componente servizi, destinata a finanziare i costi dei servizi indivisibili del Comune, quali illuminazione e manutenzione stradale, polizia municipale, anagrafe, determinata sotto forma di maggiorazione della tariffa della componente rifiuti del tributo. Chiarito questo, sappiamo che stiamo trattando di una Tassa sull’immondizia allargata, su uno sfondo di perversione fiscale. Le contestazioni alla Tares arrivano da diversi Comuni del Nostro territorio per motivi vari. In primis, un’informazione lacunosa da parte degli Enti locali, relativamente alla diffusione di agevolazioni ai cittadini. Infatti le imprese che smaltiscono i rifiuti speciali potrebbero fare apposita dichiarazione, a saperlo, e ottenere una riduzione e/o esenzione del tributo, in mancanza di tale dichiarazione il Comune procederà riscuotendo serenamente; tuttavia la conoscenza di tali agevolazioni si sta diffondendo grazie a Comitati e Associazioni, e i Comuni si troveranno gli Uffici Tributi invasi da cittadini, a causa di questa mancanza di programmazione e opportuni chiarimenti. Inoltre, altra discriminazione per l’impresa è quella che vede la tas-
sazione in maniera uguale sia della superficie adibita a laboratorio e sia della superficie adibita ad esposizione o ad ufficio, che ovviamente non generano gli stessi rifiuti del laboratorio. Mentre per i cittadini che si trovano a pagare una tariffa relativa al numero dei componenti del nucleo familiare (che con la vecchia TARSU non c’era), l’ulteriore beffa va sulle abitazioni ad uso stagionale o discontinuo, che in mancanza di dichiarazione, anche qui a saperlo, si paga come se gli occupanti fossero simbolicamente tre (scelto probabilmente perché come è noto è “il numero perfetto”). Inoltre, ai sensi dell’art.14 comma 20 del D. L. 201/2011 si consente il pagamento nella misura massima del 20% della tariffa, – in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, – ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, – di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo alle persone o all'ambiente. E nei Comuni della Piana tali disservizi (ed è nella evidenza dei fatti), ci sono stati, basta consultare i verbali dei Carabinieri, della Polizia, dei Vigili del Fuoco per prendere atto del fatto che i rifiuti venivano puntualmente bruciati in quanto, appunto non raccolti. Pertanto la riduzione anche se di fatto è applicabile, di diritto non lo è in quanto l’autorità sanitaria non ha mai riconosciuto una situazione di danno o pericolo. Tuttavia, nel Comune di Siderno i cittadini, proprio per i motivi di disservizio relativo alla gestione e raccolta dei rifiuti, non hanno esitato, e hanno proceduto a ricorrere al TAR – Tribunale Amministrativo Regionale. Mentre a Reggio Calabria, il Prof. Marino, docente di politica economica dell’Università Mediterranea, in data 6 Gennaio, suggeriva ai reggini di procedere con una “class action” basata su violazioni della spending review in quanto il costo per la raccolta è troppo alto, sul non rispetto dell’art.53 della Costituzione a causa del non rispetto della capacità contributiva, e sulla non applicazione della riduzione della tariffa a causa del disservizio.
«Un balzello iniquo e odioso»
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Tares, vergogna!
Andrebbe applicata la riduzione al 20% ovunque i servizi di raccolta siano stati carenti di Luigi Mamone
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e foto mostrano l’immagine piÚ ricorrente di Taurianova (simile, peraltro a quella di altri comuni del comprensorio del Tauro) degli ultimi anni. Ovunque enormi cumuli di rifiuti non raccolti per settimane e, con essi, odori nauseabondi, percolato, topi, insetti e incendi notturni con produzione di diossine. A fronte di questo evidente disastro dovuto alla inefficienza di chi avrebbe dovuto assicurare la raccolta per quale ragione dovrebbe essere pagata per intero la Tares? Esiste una norma che abbatterebbe al 20 % del totale il carico tributario in quei comuni dove la raccolta non è stata regolare ed efficiente? Applichiamola! La differenza del carico tributario non riscosso i comuni la addebitino a coloro che avrebbero dovuto garantire l’efficienza del servizio e non lo hanno fatto. ?
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Un libro di Mario Casaburi di Raffaele Nisticò
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“Una luce nel giardino della locride”
L'azione pastorale di Monsignor Bregantini a Locri in un libro presentato a Catanzaro
onsignor Bregantini vento di grande significato sociale e culturale a Catanzaro per la presentazione del libro di Main un interrio Casaburi: “Una luce nel giardino della locride” (editoriale Progetto 2000, Cosenza) che vento sulla illustra il lavoro del Vescovo di Locri-Gerace fino al 2007. L’evento, in due sessioni, al mattino presso Calabria in coda a un libro di l’Università Magna Grecia e il pomeriggio nella Casa delle Culture dell’Amministrazione provinciale. Annachiara Valle dal titolo Un grande pubblico ha accolto mons. Bregantini, ora Arcivescovo di Campobasso-Bojano, seguendo con inquietante “Santa Malavita grande attenzione i lavori e gli interventi dei relatori che hanno presentato il libro di Casaburi sulla lotta Organizzata”, che tratta delle che Bregantini ha posto in essere contro la 'ndrangheta e a favore della speranza per un territorio che ha sovrapposizioni tra luoghi di bisogno di credere in qualcosa. Figura di grande valore carismatico, caratterizzata da una profonda humafede e uomini di malaffare, nitas, Bregantini è rimasto un punto di riferimento per la società calabrese, nonostante ormai svolga londove l’ex Vescovo di Locri tano il suo ministero episcopale. Eccezionale l'accoglienza per il suo ritorno in regione: Università Magna scrive che la ‘ndrangheta non Graecia, Arcidiocesi Metropolitana Catanzaro-Squillace, Fuci, Meic, Confacit, Associazione mons. Oscar è “facile da estirpare. Anzi. Romero, Libera, Universitas Vivariensis. Sono intervenuti i docenti dell’Ateneo catanzarese: Antonio ViSempre rinasce, sempre è un scomi, Antonino Mantineo, Luigi Ventura, Rocco Reina, Donatella Monteverdi, il magistrato Sandro Dollupo in agguato. Sempre ri- ce, il presidente del Consorzio Goel, Vincenzo Linarello, Sebastian Ciancio e Luigi Mariano Guzzo della prende, se non vigiliamo, le Fuci, l’editore Demetrio Guzzardi, nonchè il Prof. Casaburi. Ha concluso i lavori l’Arcivescovo emerito antiche posizioni che con fa- di Catanzaro, mons. Antonio Cantisani, che ha fortemente voluto questa giornata. Grande emozione hanno tica abbiamo vittoriosamente suscitato le parole di Mons. Bregantini affinché ognuno si impegni nella vita quotidiana a combattere conquistato”. Si potrebbe dire questo atavico male della società calabrese, diventando testimone di etica e legalità. D.G. essere “destino”, per chi, a ragione o a torto, è stato per lungo tempo “Vescovo antindrangheta” per antonomasia, essere chia- da portare avanti nell’anno mato a esprimersi su questi temi. Nell’ul- pastorale a venire: “Il ventimo libro di Mario Casaburi: “Giancarlo to e la vela” (1997-1998); Maria Brigantini – una luce nel giardino “Il lievito e il pane” della Locride” (Editoriale progetto 2000) (1998-1999); “La chiave sovviene che la parola destino è proprio la e la porta” (1999-2000). prima che l’attuale arcivescovo di Campo- Un lavoro anche culturabasso avrebbe voluto eliminare dal frasa- le, preparatorio al pieno rio dei calabresi tutti. Secondo Bregantini maturare della esaltante il destino “è il nemico per eccellenza e esperienza che, partendo si manifesta in rassegnazione, disistima, dalle suggestioni del Propoca capacità aggregativa, fatica a proget- getto Policoro, dopo la natare il futuro, difficoltà a darsi scadenze, scita della Cooperativa del propensione a lasciare la propria terra… Il Bonamico nel 1995 trova veleno del destino e della rassegnazione si piena e matura espressione vince con il progetto… Ecco i due obiet- nella costituzione del Pro- Il tavolo dei lavori. tivi: una forte progettualità e un profondo getto Goel del 2003, che, impegno alla comunione”. Che poi sono, anche nei numeri e nella rete di relazioni che riesce ad attivare in tutta Italia, rende conto in fondo, le due sponde tra cui si dipana della risonanza nazionale che l’esperimento di Bregantini e dei giovani soci delle coola sua navigazione in terra calabrese, tra perative della Locride riescono a catturare. Con una attenzione mai vista prima da parte un forte impegno pastorale e una intensa dei media nazionali e delle migliori firme del giornalismo, delle quali Casaburi offre una attività di catalizzatore di energie positive. ampia scelta (Biagi Stella, Rizzo, Imarisio, Merlo, Martirano, Zavattaro, Valenti, BolzoCasaburi nel raccontare con puntualità, ri- ni). Diventano quasi luoghi comuni i lamponi che crescono a Natale lungo il Bonamico e gore e partecipazione gli anni che vanno il ritardo ciclopico nel rilascio dei certificati antimafia per parentele sospette e inevitabili dall’arrivo a Crotone del giovane Stimma- dei giovani soci in piccole comunità come Platì e San Luca. In tutto questo lavorio, la tino nel 1976 alla partenza per Campobas- ‘ndrangheta è certo presente, guardinga, indispettita e presto, prestissimo operosa, come so da Arcivescovo nel 2007, non enfatizza già suggeriva il finto pacco bomba fatto trovare in occasione della prima uscita pubblica il lavoro “civile” di ispiratore di coopera- del nuovo vescovo a Gerace nel 1994, grazioso preavviso ai naviganti. Il libro di Casabutive di Bregantini più di quanto segua con ri ricostruisce il duro scontro tra il Vescovo trentino e la mafia, le mafiosità e le massoneprecisione l’evolversi della sua missione rie cresciute e moltiplicate non solo negli affiliati ma anche nei modi di vivere, di reagire di pastore della comunità ecclesiale. Ca- e di rispondere alle avversità di tante famiglie e dei loro giovani. Passando per le denunce saburi lo fa con garbo e con leggerezza, verbali, l’allontanamento dalle cresime e le scomuniche per ‘ndranghetisti conclamati e preferendo fungere da raccordo tra le va- loro fiancheggiatori. Arriveranno i tempi tristi del delitto Fortugno, dei boicottaggi e i rie fasi, fornendo ampi stralci della pro- danneggiamenti alle serre, del clima pesante che sembra infittirsi intorno a Bregantini. duzione editoriale del Vescovo, tra lettere Sarà questa la chiave con cui una opinione pubblica sconcertata e smarrita apprende pastorali, saggi veri e propri e documenti la decisione della Conferenza episcopale italiana di promuovere e trasferire Giancarlo delle Commissioni episcopali sui temi del Maria Bregantini alla arcidiocesi di Bojano-Campobasso. Bregantini, come ha sempre lavoro, prima regionali e poi nazionali, di fatto, ubbidisce. Non tornerà pubblicamente su questa decisione, mentre dalla presidencui diventa presto presidente. Bellissimi i za della commissione Cei problemi sociali e lavoro, giustizia, pace e salvaguardia del titoli delle lettere ai fedeli da Vescovo di creato, licenzia nel 2011: il libro “Il nostro Sud in un Paese solidale”, condensato della Locri, quasi un contraltare religioso dei ti- Dottrina sociale della Chiesa applicata al Mezzogiorno italiano. Alla diocesi di Locri, toli laici del Montalbano di Camilleri, con successore di Bregantini, è andato Giuseppe Fiorini Morosini. Anche per lui, nel 2013, la congiunzione di due elementi fortemen- una promozione e un trasferimento, Arcivescovo a Reggio Calabria. La Diocesi di Locri, te evocativi del programma comunitario attuaslmente vacante, ricade così in un cono di tenebra.
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La seconda guerra mondiale I Carabinieri al fronte (prima parte)
Impegnati in molteplici scenari di guerra
di Angiolo Pellegrini Generale dell'Arma dei Carabinieri
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opo lo scoppio della seconda guerra mondiale, i reparti dell’Arma dei Carabinieri dal mese di Giugno del 1940 entrarono progressivamente nel conflitto ed, in breve, furono impiegati su tutti i fronti: in Africa settentrionale ed orientale, i quelli balcanici, in Russia, in Corsica, sulle coste italiane, sulle isole e nelle colonie. I compiti principali furono quelli della polizia militare, di controllo alle popolazioni civili nelle zone di occupazione, di controspionaggio e di controllo della corrispondenza. Il vero battesimo del fuoco fu la campagna di Grecia. I Carabinieri ebbero modo di scontrarsi contro le unitissime difese apprestate dall’esercito greco lungo la catena del Pindo e subirono numerosi contrattacchi da parte dei soldati greci, molto abili nell’uso del mortaio e perfettamente a loro agio in un territorio da loro ben conosciuto. Tra il Novembre ed il Dicembre del 1940, gli italiani vennero respinti in Albania. I Carabinieri del 3° battaglione, che operava con la divisione Julia, subirono un violento bombardamento della RAF a Durazzo e a Tirana. All’arrivo del nemico risposero all’attacco e non si ritirarono nonostante la pressione degli avversari. Una loro compagnia ebbe poi l’incarico di coprire la ritirata del 9° Reggimento Alpini. Successivamente il 3° BTG agì come pronto intervento nei settori della Julia più minacciati; la seconda compagnia, pur accerchiata, lanciò un violento contrattacco lungo la mulattiera per Klisura. Vinsero la battaglia nella quale persero la vita il comandante, capitano Maggio Ronchey (Medaglia d’Oro al VM) ed un quinto degli effettivi (Medaglia di Bronzo alla Bandiera). Alla campagna parteciparono nove Battaglioni Carabinieri, per un totale di oltre 6000 uomini, impegnati sia nei combattimenti sia nel mantenimento della sicurezza contro le bande partigiane. Il successivo intervento della Wermacht consentì infine di piegare la resistenza greca.
Carabinieri in divisa coloniale in zona di operazione in Africa Orientale Italiana ( Archivio Mamone - riproduzione vietata)
La campagna d’Africa La campagna d’Africa non iniziò bene per le truppe italiane che, alla fine del 1940, dovettero lasciare il suolo egiziano. Nell’anno successivo gli inglesi invasero la Cirenaica, Tobruk capitolò e vennero annientate nove divisioni italiane. Rommel arrivò allora al fronte con la 21° divisione panzer, cinse d’assedio Tobruk, importante piazzaforte per le comunicazioni sulla costa, e respinse la controffensiva inglese finalizzata a spezzare l’assedio. Giunse allora in zona di operazioni una piccola unità scelta di Carabinieri: il Battaglione Paracadutisti, che si coprì di gloria soprattutto nella lunga battaglia di Culqualber. Il 6 Agosto 1941 vennero inviati i veterani del 1º Gruppo Mobilitato dei Carabinieri, articolato su due compagnie (200 uomini) e una compagnia di zaptiè (160 uomini indigeni), e il CCXL Battaglione Camicie Nere, forte di 675 legionari. Presa visione della situazione, i Carabinieri decisero di attestarsi sul Costone dei Roccioni (che con i suoi ciglioni a strapiombo si protendeva ad ovest della rotabile per Gondar) e lungo il retrostante sperone del km 39, il più avanzato a Sud dal lato di Dessié-Debra Tabor. Il comando fu invece posto in posizione baricentrica. Per quattro mesi il contingente si oppose all’avanzata inglese, rinforzando i ripari con tronchi d’albero e forando la roccia del costone su cui si trovavano, per realizzare feritoie da cui sparare. L’accerchiamento degli italiani sulla Sella di Culqualber era completo e così le linee di rifornimento con le retrovie erano tagliate. Iniziò, così, un periodo degli stenti. I viveri furono subito razionati e spesso il loro unico pasto era costituito dalla bargutta, una farina molto grossolana ottenuta macinando con delle pietre granaglie, biade e mangime per quadrupedi, poi impastata con acqua e cotta tra sassi roventi e braci. Ma più della fame, le sofferenze e le preoccupazioni maggiori venivano dalla mancanza d’acqua. L’unica fonte di approvvigionamento sicura, infatti, era costituita da una sorgente la cui portata era però troppo scarsa per soddisfare i bisogni mentre i due fiumiciattoli a cui fino a quel momento avevano attinto, erano ormai dominati delle forze assedianti. I carabinieri, dimostrando grande spirito di adattamento, di notte usavano stendere i loro asciugamani per terra che al mattino raccoglievano bagnati dall’elevata umidità notturna, così potevano almeno curare l’igiene personale. Per il resto dovevano spingersi fino ai fiumi dove erano facile bersaglio del tiro nemico, cosa che provocava uno stillicidio di perdite. Gli assediati erano però coscienti che il tempo giocava a favore degli inglesi, così da metà ottobre iniziarono una serie di sortite con il duplice scopo di allentare la pressione del nemico sul caposaldo e sottrargli armi e vettovagliamenti. L’esito della battaglia si ebbe quando, dopo un intenso bombardamento effettuato da oltre 50 aerei inglesi, le posizioni vennero prese d’assalto da oltre 20.000 uomini. I pochi superstiti ripiegarono a Gondar, ma la caduta di quest’ultimo presidio il 27 Novembre determinò la fine della guerra in Africa orientale. Ai pochi sopravvissuti gli avversari tributarono l’onore delle armi. Oltre a numerose menzioni e decorazioni individuali, per il comportamento tenuto dall’intero reparto alla Bandiera dell’Arma dei Carabinieri è stata concessa la seconda medaglia d’oro al valor militare. La ricorrenza della Patrona dell’Arma dei Carabinieri, Virgo Fidelis, è stata fissata dal papa Pio XII per il 21 Novembre, giorno in cui cade la Presentazione della Beata Vergine Maria e la ricorrenza della battaglia di Culqualber.
Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi
Per un Natale di Umanità Veglia di Preghiera Cattedrale Santuario "Maria SS. Annunziata" 16 Dicembre 2013
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a Comunità civile e religiosa di Oppido è stata scossa nell’ultima settimana di Novembre da eventi che l’hanno portata alla ribalta della cronaca mediatica. Ne è emerso un quadro che ha turbato le coscienze, riaperto ferite, prodotto nuovi dolori in famiglie già provate da dubbi e sospetti, suscitato giudizi e riprovazioni nette, ma anche titubanze, dubbi difensivi, tutto in clima di silenzi e di paure. Un senso di liberazione per tanti, di rabbia per altri colpiti dai provvedimenti investigativi. I nostri sacerdoti hanno raccolto e portato nella responsabilità pastorale questi pesi affidandoli con i propri fedeli al Signore. In un contesto più decantato e di discernimento comunitario con il Clero del Comune di Oppido e altri autorevoli Membri del Presbiterio, appositamente da me convocati, si è convenuto di consegnare nella Veglia di Preghiera di questa sera il forte disagio personale e delle nostre popolazioni, nella certezza che solo la preghiera conferma forti convinzioni di bene, preserva da atteggiamenti ambigui, evita condanne definitive, chiede la conversione di fratelli traviati, implora l’umiltà e il perdono per i propri limiti, rinnova la distanza chiara e netta da ogni forma di compromesso con il male come negazione dell’amore di Dio e dei fratelli. Pregheremo anzitutto per il dono della verità vera sui tristi eventi, che significa:
- implorazione della luce nella mente e nei cuori per chi, schiavo del male, guardi con chiarezza nel fondo della propria coscienza e riconosca i misfatti commessi, senza mentire a se stessi e a chi si affida anche per una presunta difesa; - onestà dei congiunti nel riconoscere limiti e mancanze gravi, quando provati, in persone care che si vorrebbero innocenti come fascio di autentico affetto e forza la risalita verso il bene; - correttezza di procedimenti e pronunciamenti fondati per una giustizia giusta nei confronti dei singoli, se colpevoli, e verso i soggetti da risarcire per i danni subiti; - ricostruzione credibile e provata dei misfatti e dei veri autori. Pregheremo per il dono dell’amore autentico e reciproco, che nasce dalla luce della rivelazione di Dio sull’uomo e dalla pratica virtuosa della carità verso tutti. Pregheremo per il dono dell’unità dei cuori, come convinzione e certezza che non può esserci rassegnazione e fatalismo per l’eliminazione definitiva di reazioni vendicative all’infinito e conquista di una pace sicura che permetta di condurre un’esistenza degna di essere vissuta, sottratta alle paure che l’odio genera ed ostacola di continuo senza la prospettiva serena di giorni di pace. Metteremo a fondamento la Parola di Dio, roccia e fondamento della nostra fede, l’esempio dei santi come testimoni credibili che è possibile l’impossibile con la grazia del Signore. Alcuni segni che ci ricorderanno le sorgenti della nostra vita di figli di Dio: l’acqua lustrale segno del nostro battesimo; il Cero Pasquale, segno della vita nuova in Cristo. Invocheremo l’Annunziata come sostegno ai nostri propositi, che poniamo davanti a Lei in questo inizio della Novena del Natale come primo passo per un cammino da proseguire e rafforzare nel prossimo Natività del Signore e nel nuovo Anno, che apriremo nel segno della fraternità, fondamento della pace, seguendo il Messaggio di Papa Francesco. Con la sua guida, faremo anche il nostro esame di coscienza. Alla presenza di Dio, vogliamo chiederci: Signore che cosa mi dice quanto è avvenuto? Che cosa vuoi cambiare della mia vita con il messaggio che contiene? Che cosa mi dà fastidio? Perché non mi sento interessato? In che cosa mi sento stimolato? Liberami, Signore, di sentirmi infastidito o oppresso o chiuso; di iniziare a pensare non a me ma agli altri per evitare di sottrarmi alle mie responsabilità. Dammi intelligenza e volontà, Tu che sei fortezza, sapienza, consiglio eterni (cfr FRANCESCO, Esortazione Apostolica, Evangelii gaudium, n. 153).
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Il viaggio di pace dei pellegrini seguendo le tracce di Abramo in Iraq Intervista a Don Vittorio Castagna di Kety Galati
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a tempo in Iraq si aspettava una delegazione di cristiani che portasse speranza, coraggio e pace in una terra consumata dalla violenza e dalle sofferenze della guerra. Il sogno degli iracheni cristiani, «persone divise tra la speranza e la paura» si è avverato. Una rappresentanza di sacerdoti e laici, lo scorso Dicembre è arrivata nella terra di Abramo per trascorrere cinque giorni tra Bassora, Karbala, Nassyria, Naiaf, Babilonia e Baghdad. Tra di loro, c’era anche don Vittorio Castagna, collaboratore dell’Opera Romana Pellegrinaggi, nonché parroco della chiesa San Fantino di Taureana, (Palmi), il quale ha accolto la chiamata “profetica” come «un fulmine a ciel sereno». Don Vittorio Castagna, come nasce questa missione di pace in Iraq? «Abbiamo realizzato un sogno che affonda le sue radici nel 1999, quando Giovanni Paolo II aveva deciso di fare un pellegrinaggio in Iraq in vista dell’Anno del Giubileo del 2000, ma la guerra non lo permise. L’iniziativa si inserisce nei “gesti profetici” che l’Opera Romana Pellegrinaggi da anni sta proponendo per portare coraggio e speranza a chi vive in determinati luoghi. Prima della partenza Papa Francesco ci ha incontrati ed ha benedetto le reliquie che abbiamo consegnato a Bagdad». Quindi un incontro “istituzionale”? «Potrà sembrare istituzionale, ma
di fatto questo pellegrinaggio guidato da monsignor Andreatta, responsabile dell’Opera Romana Pellegrinaggi, ha avuto come obiettivo quello di consolidare i necessari rapporti per poter avviare pellegrinaggi spirituali con quanti desiderano giungere nella Casa di Abramo. Il “rischio” di questo procedere istituzionale è di fatto un percorso ed un servizio a quanti un giorno vorranno giungere in Iraq». Perché noi dobbiamo essere portatori di pace, di fede, di dialogo. Queste sono le nostre armi e queste coincidono con quelle dei cristiani iracheni. Mi fa piacere ricordare che il nostro pellegrinaggio si è intrecciato con quello dei sciiti, segno che dove c’è Dio, è possibile camminare insieme, mano nella mano, guidati dagli stessi valori. Attraversando il fiume Eufrate, abbiamo infatti notato che molta gente è in cammino verso Karbala, per venerare la tomba del genero di Maometto. I pellegrini avevano diritto al riposo nelle tende e ai pasti, gratuitamente. Sempre scortati e facilitati nei nostri passaggi, noi siamo giunti a Ur, la casa di Abramo. La prima cosa che abbiamo visto è lo Ziggurat, il tempio religioso costruito del paese. Come siete stati accolti? «Siamo stati accolti con gentilezza, generosità e amore». Può accennarci la situazione in Iraq? «Ricordo le parole del Vescovo di Bassora, il quale rispose con queste termini alla domanda di un giornalista, durante
Don Vittorio Castagna.
una conferenza. “Come vivete qui, quali fatiche, difficoltà?”. Il Vescovo disse che gli iracheni cristiani cercano di fare le cose bene. Pensate all’Italia e al Parlamento, dove sono i cristiani? Ecco, anche noi dobbiamo rispondere a questa domanda, abbiamo il Vangelo e noi dobbiamo e vogliamo vivere qui. Noi vogliamo vivere il Vangelo nella terra, dove Dio ci ha voluti. In Aprile ci saranno le elezioni, al governo chiederemo prima di tutto gli interessi degli iracheni. L’interesse del popolo. Le strade, attualmente, sono dissestate, ha ricordato lo stesso Vescovo, ma l’Iraq è pieno di petrolio. Come fa un Paese come questo a non assicurare le strade al suo popolo? Da questo la gente capisce che non è rispettata come dovrebbe. Noi chiediamo sicurezza, e poi lavoro per i giovani. Come attaccarsi, appassionarsi al Paese se non c’è sicurezza? Se non c’è lavoro? Se il Paese stesso non ti aiuta?». Don Castagna, in Iraq, si sente la presenza del mondo cristiano o quella “aggressiva” dei musulmani? «C’è una forte concentrazione di cristiani. Cristiani e islam vogliono vivere insieme e possono vivere insieme, questa collaborazione è fondamentale per la pace. Non vi è nessuna aggressività da parte dei musulmani. Mohammed Mahli, Imam, membro del Parlamento iracheno, ci ha raccontato che il rapporto tra Islam e Cristianesimo, è improntato sul rispetto reciproco e il dialogo. Tutti siamo fratelli. C’è una base che ci accomuna, ed è l’essere fratelli di questa umanità, aggiungendo che il Corano è in sintonia con i principi e
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i valori dell’umanità». Su quale aspetto richiamerebbe l’attenzione dei nostri fedeli? «Sulle vittime degli attentati, a Nassyria, dove nel 2003 persero la vita i nostri soldati italiani. In quel luogo del dolore, dove non c’è una targa ricordo, abbiamo piantato un ulivo, per dire a tutto il mondo che si desidera la pace. L’ulivo sarà annaffiato con l’acqua del vicino Eufrate, perché resti umani dei soldati sono stati trovati anche nel fiume, data la potenza dell’esplosione. Dopo Nassyria ci siamo recati a Najaf, la seconda città sacra per i mussulmani sciiti. In prossimità delle paludi, presso il nuovo Mauselo, costruito nel 2010, abbiamo ricordato le vittime di Saddam Hussein. All’interno una mostra fotografica immortalava le violenze subite dalla popolazione. Preghiamo per loro». Dove ci porta questo viaggio? «A tre sentimenti profondi: amore verso l’unico Dio e verso tutti i fratelli, la fede in Dio nel comune padre Abramo, profonda preghiera per la pace. Ci siamo mescolati insieme ai pellegrini musulmani con questi sentimenti. Mi auguro che il nostro primo pellegrinaggio possa portare altri pellegrini in Iraq per costruire un Paese sicuro e in pace. Solo così possiamo costruire la nuova civiltà dell’amore». Che significato ha assunto questa esperienza nella sua vita sacerdotale? «Non dobbiamo arrenderci. Dobbiamo operare per il dialogo, invocando Dio perché ci infonda il suo amore. Siamo andati via col cuore colmo di gioia e soddisfazione, convinti che il segno profetico ha lasciato un segno in noi e in loro. Il segno che ha esaudito un sogno, quello di papa Giovanni Paolo II ed ha contagiato l’Opera Romana Pellegrinaggi, che dal prossimo anno proporrà un pellegrinaggio in Giordania e Iraq, toccando i luoghi di Abramo, la Babilonia, culla delle religioni, ma anche la culla dell’alfabeto e del diritto, il palazzo di Nabucodonosor e la tomba del profeta Ezechiele. Un modo per aiutare, anche economicamente, i cristiani che vivono lì, ma soprattutto per dare una testimonianza di incoraggiamento e speranza».
Peregriniamo con Amore per incontrare Maria
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on si tratta di pubblicità ad un qualsiasi viaggio, ma dell’invito a raggiungere una terra dove sono avvenuti tanti miracoli per approfondire la nostra spiritualità attraverso la preghiera intensa che ci riconcilia con Gesù Cristo nostro Salvatore. Un invito, quindi, alla popolazione di tutta la Diocesi, affinché non perda un’occasione propizia per ritrovarsi ancora una volta ad accogliere Dio attraverso Maria Vergine e Madre!. Rendiamo i nostri cuori capaci di infiammarsi di quella fede che consente l’ascesa verso l’alto percorrendo, mediante itinerari Mariani, quei sentieri ricchi di riflessioni, adorazioni e profonda preghiera che non esula dal Rosario, catena dolce che ci rannoda a Dio. Attendiamo con gioia, cari fedeli, il vostro impegno alla partecipazione!
Circolo “Don Pietro Franco”
Centro servizi E.N.Te.L
Ente Nazionale Tempo Libero
Ufficio Zonale Via B. Croce, 1 89029 - Taurianova (RC) info: 347.6954218
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Anoia: in onore a San Sebastiano
Si accende il “Fuoco della Carità” di Girolamo Agostino
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e i paesi della Calabria, ed in particolare dell’entroterra della fascia tirrenica reggina, fossero stati impressi su tela, potremmo pensare che a dipingerli fosse stata la mano dello stesso autore data la somiglianza dei luoghi, delle costruzioni, delle viuzze, degli spazi verdi ed anche delle usanze e delle tradizioni che periodicamente si rispettano con puntualità. Ai margini della Piana del Tauro, poco oltre Cinquefrondi, esiste un piccolo centro abitato fatto al centro di case antiche e palazzi nobiliari e di nuove costruzioni lungo la strada che attraversa il borgo; questo è Anoia Superiore, mentre la succedanea e subalterna frazione, Anoia Inferiore, sorge poco distante separata da un breve tratto di campagne ulivetate. Nelle vicinanze, il torrente Sciarapotamo ha lambito il territorio ed il vasto letto di fiume, nel tempo, è stato trasformato in fertile campagna, mentre, fra alcune vallate, impervi dirupi costeggiano un altipiano vasto ma non omogeneo fra verdi uliveti misti ad altra vegetazione. Qui, l’autoritarismo e lo sfruttamento delle baronie succedutesi nel passato hanno lasciato delle tracce di povertà indelebili nella popolazione. Al punto che ancor oggi la gente in parte vive esercitando diversi mestieri o professioni con spostamenti pendolari anche lontani e un’altra parte – più povera – sopravvive fra gli stenti e si dedica ad un’agricoltura non fiorente, poco redditizia e poco modernizzata quasi con una rassegnazione forzata, paragonabile ad una malattia inguaribile e consapevole di non poter progredire. Nei decenni scorsi molti degli abitanti sono andati via ed ancora oggi molti giovani appena possono fuggono lontano per cercare lavoro in Svizzera, Germania, Francia.
Il Parroco della Parrocchia "San Sebastiano Martire", don Cesare Di Leo.
Cionostante, fra gli emigrati mai nessuno ha osato rinnegare le proprie origini, e con grande amore per la terra natia, come un obbligo morale, quasi tutti ogni anno ritornano per la festa di San Sebastiano patrono di Anoia Superiore. In questo paese, l’evento si svolge nei giorni 19 e 20 Gennaio ed inizia con un rito che ha origini nei tempi lontani: “U Luminariu” ed anche quest’anno la festa si è svolta per opera della Parrocchia “San Sebastiano Martire” sotto la guida del Parroco Don Cesare Di Leo. Alla vigilia della festa, gruppi di volontari, prima si radunano davanti alla chiesa e poi, muniti di attrezzi di lavoro, si incamminano in un boschetto per abbattere il più grosso degli alberi di quercia e mentre il tronco cade a terra viene fatto esplodere un mortaretto; poi, l’albero tagliato in tronchetti viene trasportato davanti alla Chiesa nella piazza San Sebastiano e dopo la Santa Messa vespertina viene acceso un grande falò con la benedizione de “Il fuoco della Carità”, voluto anche dal nostro Vescovo Mons. Francesco Milito, rivolgendo lo sguardo al Santo Patrono per imitarne le eroiche virtù ed imparare dalla sua santità “la Carità” per la causa del Vangelo. È tradizione che, dal momento della sua accensione fino al termine dei festeggiamenti nel giorno successivo, il falò viene alimentato esclusivamente con legna di quercia trasportati dai fedeli e rievoca un valore mistico in cui si invoca la protezione del corpo, la fertilità dei campi e la fine dell’inverno. Come una consuetudine ormai divenuta di norma è l’usanza diffusa fra i fedeli di offrire il vino novello benedetto ed alcuni prodotti tipici; infatti, chi ha partecipato all’evento ha potuto notare che partendo dalla Piazza San Sebastiano, lungo la Via Principe Amedeo al numero 40, in una vecchia abitazione era aperto un portone sovrastato da un balcone con bellissimo davanzale e capitelli in pietra; dentro vi erano diverse botti di legno e da una di queste i fratelli Cirillo, proprietari della casa, offrivano con piacere il loro vino appena spillato dalla botte ai tanti devoti che ordinatamente attendevano il loro turno senza fare complimenti nell’accettare. L’usanza di offrire il vino novello benedetto si tramanda di Il Sindaco di Anoia Antonio Ceravolo. padre in figlio da moltissimi anni e sta a significare la solidarietà e la fraterna benevolenza come in una grande famiglia fra i compaesani. Il programma religioso è stato seguito in tutte le sue parti dai fedeli con intensa partecipazione alle funzioni e si è concluso nella serata di lunedì 20 Gennaio con il consueto bacio della reliquia di San Sebastiano, la benedizione impartita dal Parroco Don Cesare Di Leo e la riposizione dell’effige del Santo nella sua dimora. La reiterazione delle tradizioni religiose riveste grande importanza negli ambienti paesani calabresi, soprattutto sotto l’aspetto culturale poiché vige quasi dappertutto una situazione sociale e politica di totale abbandono e degrado con conseguente deviazione dei giovani verso attività o vie poco legali e l’opera della Chiesa nell’insegnamento dei sani principi dell’umanità e della famiglia si è rilevata molto utile ed indispensabile nella prevenzione di tanti mali della comunità. Quest’anno ad Anoia Superiore la festività
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del Santo Patrono ha suscitato l’interessamento di alcune autorità ed hanno assistito all’evento l’Assessore all’Agricoltura Gaetano Rao dell’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria, il dott. Faustino Nigrelli della Sovraintendenza alle Belle Arti di Cosenza ed il Restauratore Giuseppe Mantella. Oggi la Chiesa di San Sebastiano in Anoia Superiore necessita di urgenti restauri ed è in atto l’elabora-
San Sebastiano Martire.
zione di un progetto coordinato dall’architetto Alberto Pugliese di Taurianova nella speranza che presto possano iniziare i lavori di ristrutturazione per dare un volto nuovo nella sua originalità alla struttura. Finita la festa, prima dell’inizio dei freddi giorni della merla, ognuno è ritornato alle proprie attività: i braccianti alla terra, i ragazzi a scuola, gli insegnanti alle loro missioni, gli emigrati di nuovo il viaggio per i paesi forestieri; tutti però con la speranza e l’auspicio di poter vedere un domani migliore nella terra d’origine, fatto di lavoro, di giustizia, di legalità e di una nuova cultura. Le fiamme del falò illuminano la notte di Anoia.
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Alla casa della cultura di Palmi
il grande successo della seconda edizione della giornata live 2013 “note sull’arte” di Rocco Militano
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el Rapporto su Palme (antico nome della città di Palmi) datato 4 Settembre 1852 dal titolo Illustrazioni pel Dizionario del signor Marzolla – documento storico interessantissimo di Guglielmo Romeo Baldari, disperso ma fortunatamente conservato in copia dal Prof. Domenico Ferraro, recuperato dal dott. Giuseppe Cricrì e di recente editato da Madreterra – è scritto: “Prima del 1783 era Palme decorata di un bel teatro che addossavasi alle mura di Carlopoli. Caduto in quel flagello, si era ridotta a teatro una chiesa abbandonata. Per la musica Palme non doveva ricorrere a professori di altro paese, poiché qui si fu grandemente inclinato a questa arte bella; … omissis … Oggi la chiesa si è restituita al culto sacro. E si à progetto per la costruzione di teatro apposito, che risponda alle condizioni del paese e serva all’educazione della gioventù, la quale principalmente si ostina pel teatro in prosa”. Poi Leonida Repaci scrisse: “Io devo il meglio di me alla culla” interpretando così una comune convinzione non derivante da puro orgoglio per i natali ma da una reale tradizione mai tradita. Palmi da sempre è stata città ricchissima di cultura, di arte, di intelligenze in moltissimi campi del sapere, che hanno avuto le espressioni più illustri, oltre che in Repaci, in Cilea, Manfroce, Cardone, Battaglia, Zappone, Altomonte, Badolati e tanti altri solo nei recenti tempi passati. Ed è stata la caratteristica dei luoghi, fin dall’inizio della storia della città, a favorire gli insediamenti degli uomini migliori. Il pianoro di San Fantino fu infatti scelto fin dall’età del bronzo e poi dai Brettii e dai Romani per la straordinaria bellezza e amenità dei luoghi e del paesaggio che offre, oltre che per la posizione strategica. L’ambiente quindi ha creato i presupposti perché si formasse una collettività selezionata ed una società dedita alla cultura e capace di generare talenti, anche se, purtroppo, quasi tutti hanno dovuto, da sempre, allontanarsi per ottenere i meritati riconoscimenti. Ed anche oggi così acca-
de, con tantissimi giovani che dal periodo universitario vanno a vivere la loro vita in ogni parte del mondo. Emigrazione di cervelli, ed anche di cultura e di arte: di giovani talenti! Sempre però con legame affettivo indissolubile per la terra natia! “E se creassimo una giornata dei talenti, quelli rimasti e quelli emigrati, tutti assieme in un nostro luogo simbolo, per un corale abbraccio di fratellanza fra tutti e di affetto con la città?” Saverio Crea, attento e dinamico professionista – padre di tre figli emigrati al Nord, di In alto: la locandina dell'evento. cui una – Alessia – Nelle foto a destra: i protagonisti dell'evento. affermata stilista e due bravissimi artisti ancora universitari – ebbe quest’idea due anni fa, e fu subito uno straordinario successo di partecipazione! Durante le feste dello scorso Natale, celebrando la seconda edizione assieme a Lions club e Famiglia Italiana, per acclamazione e fra corali applausi, è stata già fissata la data della terza giornata per il 27 Dicembre 2014. “La kermesse delle meraviglie” ha acutamente titolato il suo articolo Arcangelo Badolati, appartenente ai talenti del grande giornalismo, perché sono state tante meraviglie le varie espressioni di arti apparse, dalla mattinata fino a tarda notte, alla Casa della Cultura “Leonida Rèpaci”! Negli androni dell’ingresso le straordinarie foto scattate da Enzo Barone in giro per il mondo; le sculture di Enzo Ciappina; gli oggetti in vetro di Confusione; gli olii su tela di Pino De Domenico; i quadri in pittura materica di Anna Badolati Crea; le chitarre battenti e le lire di Carmelo Cannizzaro; i legni torniti di Giampiero Collura. Poi la musica live in tutti i suoi generi, con band composte da musicisti e cantanti bravi e affermati alle batterie, alle percussioni, alle chitarre, ai bassi, alle pianole e al pianoforte, coordinati dalla regia di Nino Palermo e presentati dall’attore e cantante, in veste di conduttore, Salvatore Saffioti. Tanti veri talenti: il giovanissimo jazzista Antongiulio Foti appena quattordicenne, e poi, in esibizioni a turno, Saro Alati, Aldo Surace, Francesco Alati, Pino Ciappina, Marcello Surace, Natalia Saffioti, Francesco D’Agostino, Peppuccio Di Francia, Nino Palermo, Bruno Pisanelli, Antonio Ruoppolo, Gianfranco Cristiano, Pino Caristi, Renato La Malfa, Cristoforo Bovi, Ciccio Braganò, Giorgia Braganò, Lorenzo Caristi, Rocco Cannizzaro, Giuseppe Crea, Meki Marturano,
«Prima del 1783 era Palme
decorata di un bel teatro»
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mattina, di sera e di notte, l’auditorium colmo di cittadini di ogni età soddisfatti, orgogliosi e plaudenti. Una grande giornata di fratellanza, amore e dedizione filiale, conclusa con l’appuntamento all’anno prossimo. Però, prima del prossimo Natale vi sarà la celebrazione della festa della Varia riconosciuta dall’UNESCO. Tutti torneranno a Palmi per mbuttare e per partecipare alla grande festa di tutti i palmesi. Che Saverio Crea voglia organizzare
Nino Esposito, Carmelo Caratozzolo. Quindi, a livelli più impegnati di interpretazione di musica classica, Vincenzo e Francesco De Stefano a quattro mani e Federico ed Alberto Idà. Momenti delicati di profonde sensazioni riflessive le ha fornite la elegante Lilly Sgrò declamando versi poetici di Pina De Maria e Giovanna Morabito Pietropaolo. Sempre, di
per allora una giornata live anche alla Villa Pietrosa? Il vecchio Leonida sarebbe il primo ad applaudire i giovani artisti attorno a lui e ad Albertina!
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Lorenzo Calogero di Teresa Martino
Poeta universale La poetica del melicucchese nell'analisi del critico americano John Taylor
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dato un profilo nuovo e dal respiro interLorenzo Calogenazionale a un poeta che è stato sempre ro, poeta universaadditato come l’intellettuale meridionale le”, questo il tema destinato, come tutti gli altri, all’oblio e della due giorni all’incomprensione, parlandone sempre dedicata interamente al poeta a livello localistico e regionalistico. Nel melicucchese l’otto e il nove dibattito sono intervenuti anche l’asGennaio, in occasione della sessore di Palmi Natale Pace, Eleonora consegna del premio AnassilaUccellini di Italia Nostra, Nino Cannatà os conferito al Prof. John Taydel Gruppo Sperimentale Villa Nuccia. lor scrittore, traduttore e critico Nel pomeriggio il Prof. Taylor ha riceamericano, che ha ricevuto il vuto il premio Anassilaos per la poesia Premio Raiziss De Palchi 2013 nella sala “Giuditta Levato” del Consiper la traduzione in inglese delglio Regionale della Calabria a Reggio la poesia di Lorenzo Calogero La due giorni si è poi conclusa con un conferito dall’Accademy of convegno su Calogero svoltosi alla Casa American Poets di New York. della Cultura “L. Repaci” di Palmi dove L’iniziativa è stata organizzasono stati presentati gli studi e le traduta dai Comuni di Melicuccà e zioni del Prof. Taylor. Alla tavola roPalmi in collaborazione con tonda sono intervenuti, dopo i saluti del il Gruppo Sperimentale Villa Sindaco di Melicuccà e dell’Assessore Nuccia, Italia Nostra sezione di Palmi, Francesca Carla Neri trattando Reggio Calabria, Fai regionale “l’originalità di Lorenzo Calogero, un Calabria, Premio Anassilaos e poeta finalmente ri-conosciuto” e DaLyriks. Tre i momenti signifiniele Castrizio su “la spiritualità nella cativi: la visita del traduttore poesia calogeriana” e Nino Cannatà che americano ai luoghi del poeta ha moderato il dibattito. Interessante come la casa natale, la villetta, anche la lettura di alcune poesie in itail mausoleo e il monumento di liano, inglese e francese e la proiezione Calogero passeggiando tra i di frammenti dello spettacolo “Città fanvicoli melicucchesi che hanno tastica- Il lungo canto di Lorenzo Calovisto crescere il medico ‘Zino, gero” curato dal Gruppo Sperimentale e così come veniva chiamato andato in scena al Teatro Belli di Roma dai concittadini; la conferenza durante l’Anno Calogeriano. Le iniziastampa con il Sindaco Emative sono state seguite dai ragazzi della nuele Oliveri che si è detto fiescuola media “G. Capua” di Melicuccà ro e orgoglioso del lavoro del accompagnati dal Prof. Natale Todaro. Prof. Taylor che rappresenta un I ragazzi sono diventati i protagonisti ulteriore passo in avanti nella della due giorni, quali depositari del diffusione di Calogero oltreopatrimonio culturale non più localistico ceano e si è augurato che i qua- Il Poeta Lorenzo Calogero in una foto d'epoca. ma universale. Le amministrazioni e le derni inediti, ben 804 custoditi associazioni presenti hanno espresso la all’Unical, possano essere fruiconsapevolezza che la conoscenza del bili a tutti gli studiosi di Calopoeta melicucchese può e deve partire dai più giovani che sono il futuro e la speranza, con gero per meglio conoscere il poeta melil’augurio che possano riscoprire con gli occhi della curiosità e della fierezza un poeta che cucchese, dichiarando, inoltre, un progetto rende illustre il loro piccolo centro e che è poeta universale. La presenza del Prof. Taylor ambizioso, quello di creare un museo nella e le iniziative organizzate hanno riacceso di nuovo le luci su Lorenzo Calogero dopo casa natale del poeta, una volta acquisita al qualche anno di silenzio ed è interessante sapere che Calogero all’estero sta avendo un pubblico, che possa essere punto di riferisuccesso straordinario a differenza di quanto avviene in Italia. Negli ultimi anni Calogero mento culturale per i giovani; la conferenè stato tradotto in inglese, francese e tedesco e i vari traduttori o le Università interessate za è continuata con l’intervento della dott. dedicano a Calogero un’attività costante di traduzione, mentre questo non si verifica in ssa Teresa Martino, giovane studiosa del Italia dove ci sono pochissime tracce del poeta. La difficoltà, forse più fastidiosa, è che Calogero, che ha delineato la reazione delnon si è mai riusciti a fondare un riconoscimento solido e duraturo del poeta e a collocarlo la critica nei confronti del poeta mettendo definitivamente e in modo chiaro all’interno del panorama letterario del Novecento anche in evidenza i tre momenti più significativi: per l’indisponibilità dei manoscritti. Oggi gli 804 quaderni sono conservati presso l’Unical gli anni ’60 in cui esplode il “Caso Calogeche ha digitalizzato tutto il materiale, salvando l’intero patrimonio, già molto danneggiato ro”, un caso umano, clinico che non prodalla cattiva conservazione, dall’incuria del tempo e dai danni vari che ha subito nel corso duce studi rilevanti intorno al poeta e non di tanti anni. Calogero è quasi interamente inedito, i volumi che il poeta ha pubblicato in fonda un riconoscimento solido e duraturo; vita non sono più reperibili e non sono più in commercio fatta eccezione per i due volumi gli anni ’80 in cui gli studiosi si interessano giovanili “Poco suono” e “Parole del Tempo”, ristampate in occasione dell’Anno Caloal Calogero-poeta e non più al Calogerogeriano. Avere la possibilità di studiare gli inediti significherebbe conoscere Calogero in uomo; e infine l’Anno Calogeriano che ogni suo aspetto, significherebbe ri-scoprire un poeta che “con la sua poesia – come disse ha avuto il suo momento di straordinaria Ungaretti – ci ha diminuiti tutti”. I manoscritti rappresentano ancora un sogno e un’osimportanza nel Convegno Internazionasessione degli studiosi e dei critici. Solo conoscendo e avendo a disposizione l’intero le svolto all’Unical alla presenza di oltre patrimonio potremmo scoprire e assegnare un volto nuovo e una collocazione definitiva a trenta relatori provenienti dalle Università Calogero per dare quel riconoscimento che tanto disperatamente cercò in vita. di tutto il mondo e, per la prima volta, si è
Nel 50° della morte di Umberto Zanotti Bianco
“L’aspromonte occidentale” opera attualissima sui temi del meridionalismo
di Antonietta Bonarrigo
I
l 2013, da poco concluso, è stato l’anno in cui in Italia si è celebrato, tra tanti eventi e ricorrenze, il bicentenario della nascita di uno dei geni della musica, Giuseppe Verdi; si è ricordato il cinquecentenario della stampa de “Il Principe” di Machiavelli; si è commemorato, in più parti della nostra Regione, nel cinquantesimo anniversario della morte, Umberto Zanotti Bianco, che anche l’Associazione “Mesogaia” (espressione interterritoriale dei paesi di Cosoleto, Delianuova, Oppido Mamertina, S. Cristina d’Aspromonte e Scido) e la libreria “Librarsi in Aspromonte” hanno voluto ricordare nel corso di un convegno, tenuto di recente in Delianuova, attraverso la riscoperta di un suo interessantissimo libro “L’Aspromonte Occidentale”. Riteniamo costituisca un dovere onorare le persone che si distinguono in campo culturale e scientifico, che si adoperano per il miglioramento delle sorti dell’umanità, specialmente in un tempo come quello presente in cui non è facile riscontrare esempi di leale e disinteressata generosità, in un mondo dove invece sembrano prevalere superficialità, indifferenza, mancanza di ideali. Ricordare Umberto Zanotti Bianco è doveroso soprattutto per noi calabresi, per i tantissimi meriti derivanti dalla sua imponente opera educativa, filantropica e culturale svolta a beneficio della nostra terra, ma è di stimolo per le tante riflessioni e le notevoli implicazioni sociali e spirituali che la sua intensa vita ancora oggi riesce a proporci, quella di un uomo dalla grande ed elevata caratura morale, interamente impegnata a promuovere la cultura e, in special modo, ad aiutare i poveri e i deboli. Riportiamo qui soltanto alcune brevi note su Zanotti Bianco, partendo dalla definizione “l’apostolo del Sud”, con cui Alessandro Galante Garrone, all’indomani della morte avvenuta il 28 Agosto 1963, lo ricordava proprio per evidenziare la sua totale dedizione alla fattiva e concreta opera di contrasto della triste condizione in cui versava il Mezzogiorno d’Italia agli inizi del ‘900, in particolar modo la Calabria e la Sicilia, all’indomani del devastante terremoto del 1908. Il Santo laico, l’uomo aristocratico e colto, era venuto dal Nord a vivere in prima persona,
anzi a condividere l’infernale baratro di povertà materiale e culturale del profondo Sud. Per capire le ragioni di tanto impegno sociale dobbiamo tenere presente l’intenso spiritualismo che lo pervadeva, alimentato anche dalle amicizie con personaggi come Antonio Fogazzaro (l’autore de Il Santo), la sua formazione di derivazione mazziniana e liberale, elementi che lo hanno portato a sostenere e difendere i diritti dei più deboli, come i bambini russi, le minoranze nazionali europee armene e polacche, ad impegnarsi costantemente in azioni di solidarietà e di aiuto verso le categorie sociali svantaggiate. La sua forte passione civile lo ha indotto a partecipare da volontario alla prima guerra mondiale, contro l’oppressione austriaca; a schierarsi contro la dittatura fascista; a lottare nella Resistenza; a essere cofondatore nel 1955 di Italia Nostra, l’importante associazione che si occupa ancora oggi di tutela e salvaguardia di ambiente e monumenti; ad accettare nel dopoguerra l’incarico di presidente della Croce Rossa La locandina dell'evento. e la nomina di senatore a vita. Il grande amore per la cultura l’ha visto impegnato in una cospicua serie di attività: dalle ricerche archeologiche in diverse zone del Sud alla fondazione, insieme con Paolo Orsi, della Società Magna Grecia; dalla fondazione e direzione della rivista l’Archivio storico per la Calabria e la Lucania e l’avvio della Collezione di Studi Meridionali, alla scrittura di libri (come “Tra la perduta gente”) che, per i temi trattati, meritatamente lo pongono tra i grandi meridionalisti del Novecento, quali Giustino Fortunato e Gaetano Salvemini. Dobbiamo menzionare anche l’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (A.N.I.M.I.) della quale è stato cofondatore, che ha consentito il sorgere in Basilicata, Calabria, Sicilia, tra il 1910 e il 1928, di centinaia di asili d’infanzia, di scuole elementari e per adulti, preziose nella difficile lotta contro l’analfabetismo che allora raggiungeva picchi elevatissimi, di biblioteche e corsi di formazione per gli insegnanti, circoli culturali, centri di assistenza igienica e sanitaria. Questo in tempi in cui l’intervento dello Stato era quasi inesistente e poco o nulla si faceva per cambiare le inumane condizioni in cui vivevano alcune fasce della popolazione, in particolare del Sud; opera impossibile anche ai Comuni, privi com’erano dei mezzi necessari. Nel corso del Convegno è stato più volte preso in esame il libro “L’Aspromonte Occidentale” (proposto in ristampa anastatica dalla Nuove Edizioni Barbaro), scritto da Zanotti Bianco assieme a Giovanni Malvezzi, libro che sorprende ancora oggi per l’analisi accurata, dettagliata, metodologicamente scientifica, delle condizioni socio-economiche, sanitarie, religiose, scolastiche dei nostri paesi, e per la sistematica ed intelligente ricerca delle possibili cause che nel tempo avevano determinato una situazione davvero drammatica. Infatti profonda angoscia provoca in chi legge la descrizione dello stato di miseria, povertà e ignoranza in cui versava la popolazione, ma anche un senso di rabbia, quasi di incredulità per la mancanza di provvedimenti da parte dello Stato, di interventi indispensabili, atti anche ad evitare l’abbandono e lo spopolamento dei paesi soprattutto interni del Mezzogiorno, dalla fine dell’Ottocento in poi; interventi mai compiutamente realizzati, se ancora oggi, a distanza di tanti decenni,
«Santo laico e apostolo del sud» i nostri giovani continuano ad emigrare, non per libera scelta ma per necessità, costretti dalla mancanza di lavoro e di prospettive future, di avanzamento personale e sociale. Di certo dagli inizi del ‘900 ad oggi anche al Sud molte cose sono cambiate e migliorate ma, in confronto al progresso delle altre Regioni, la Calabria costituisce sempre il fanalino di coda. Questo non significa perdita di fiducia e di speranza, quanto piuttosto consapevolezza della necessità di un impegno sociale e civile che non venga mai meno. Su questi ed altri argomenti ancora, si sono soffermati la presidente dell’Associazione “Mesogaia” Antonietta Bonarrigo, il rappresentante di “Librarsi in Aspromonte” Raffaele Leuzzi, il Presidente dell’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte Giuseppe Bombino, il Sindaco del Comune di Delianuova Rocco Corigliano e il relatore Agazio Trombetta, deputato di storia patria per la Calabria; gli interventi del pubblico, la lettura, da parte di Gino Loria, di brani tratti da L’Aspromonte Occidentale e l’esecuzione di intermezzi musicali, a cura di giovani talenti dell’Orchestra di Fiati di Delianuova, hanno arricchito il convegno.
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Il “Bruzio” di Vincenzo Padula La modernità del giornalismo calabrese postunitario
di Ilenia Marrara
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incenzo Padula, sacerdote di Acri, rappresentò una figura di giornalista, storico, letterato, calato nel proprio tempo e nella propria terra di Calabria, tanto amata, che seppur con tutte le sue contraddizioni, aprì la strada al giornalismo moderno. La sua estrema sensibilità nel percepire e denunciare i malesseri della sua Calabria, la sua scientificità nel condurre le inchieste e le interviste, che all’epoca erano quasi inesistenti, la grande serietà nell’offrire al lettore pagine sempre ispirate al vero effettuale, lo rendono interprete fedele degno della realtà meridionale, e dei problemi dell’Italia unita. Il “Bruzio”, che incarna la Summa dell’esperienza giornalistica paduliana, sia per l’efficacia del suo metodo analitico, che per il largo spettro delle sue argomentazioni, non può essere ridotto ad un mero documento di Meridionalismo, commettendo l’errore di considerarlo un periodico “provinciale”, bensì essere valutato alla stregua delle più ragguardevoli testate nazionali. Le tematiche da lui prese in esame, ovvero i problemi della grande politica nazionale, quali, la burocratizzazione, la gestione delle finanze, il problema amministrativo, e l’urgenza di una politica infrastrutturale, unite a quelle propriamente calabresi, fanno del sacerdote acritano, un meridionale che analizzò la storia dalla periferia al centro e non viceversa. La grande attualità de “Il Bruzio”, oltre a risiedere nella scelta degli argomenti trattati e nelle interpretazioni ad essi conferite, tuttavia si manifesta ancor più vivamente nel metodo d’indagine utilizzato. Il Padula, infatti, considerato grazie a Il Bruzio, l’antesignano delle
inchieste sociali nel Mezzogiorno, risulta estremamente attuale e piacevole per via del suo stile, della sua tecnica giornalistica e delle sue modalità di analisi dei fatti. Le interviste da lui condotte, siano esse dirette oppure indirette, e quindi trasposizione di idee o voci dell’opinione pubblica, o di un personaggio al momento assente, hanno un andamento lineare, fluido, ma allo stesso modo vivo e ricco di verve. In un’epoca in cui le interviste erano inesistenti ed il pensiero della gente del tutto trascurato, o nella migliore delle ipotesi strumentalizzato e traslato mediante magre citazioni, il prete di Acri intuì che il giornalista per essere veramente utile alla società dovesse essere un me-
gafono della voce del popolo, un intermediario fidato dei disagi e della realtà che lo circondava. Per meglio assolvere a questo compito, l’autore si immerse totalmente in quel mondo popolare, parlando il suo stesso linguaggio e pensando con la sua stessa mente. Proprio in questa capacità, risiedette la bravura del Padula, non tanto nella sua perizia nell’individuare le problematiche sociali, quanto nella sua maestrìa nel riportare quei concetti intrisi di saggezza popolare, quei proverbi, quella cultura, che servirono a dare colore ai suoi articoli. In lui convissero due anime, una popolare e l’altra classica, dalla cui perfetta fusione si originò la bellezza e l’efficacia dell’analisi giornalistica paduliana. Osservando a lungo le classi popolari, standone a contatto diretto, lo scrittore calabrese ne riprodusse il lessico e la sintassi scarna, povera di ridondanza, ma pregnante di significato, spesso introducendo nei suoi articoli canti
popolari e poesie in vernacolo. Il sacerdote di Acri, tuttavia pur lasciandoci un’analisi di estrema veridicità della realtà calabrese all’indomani dell’unità, con le sue storture e le sue contraddizioni, e manifestando palesemente il suo stretto legame con la sua terra, non ragionò mai in termini regionalistici e localistici, allargando il più possibile le prospettive, e trattando non solo della questione meridionale ed italiana, La copertina del libro. ma parlando già di questione europea. Il Bruzio, periodico politico- letterario, fondato a Cosenza nel 1864 e finanziato dal Prefetto Enrico Guicciardi, sorse per l’esigenza del giornalista acritano di render noti all’Italia appena unificata, i problemi della Calabria post-unitaria, soffocata dalle urgenze socio-economiche delle plebi contadine immobili nella loro miseria, nonostante la tanto decantata ventata di miglioramento sperata nell’intervento di Garibaldi, purtroppo concluse le sue pubblicazioni il 25 Luglio 1865. Ogni realtà venne scandagliata dal Padula, con acume e padronanza, e soprattutto con l’occhio del liberal-riformista che non si rassegnò allo strapotere baronale, ed alle manchevolezze dello stato italiano, quasi ignaro dell’effettivo stato di cose, di chi in quella terra di Calabria c’era nato. Il Brigantaggio, la quotizzazione delle terre demaniali, la questione silana, il problema del governo tassofilo, furono solo alcuni degli ambiti esaminati nei suoi articoli. Le sezioni di indagine socio- economica, intitolate Industrie, terreni e stato delle persone in Calabria, rappresentano l’acme della sua analisi giornalistica, e per la loro estrema modernità e minuziosità, possono essere a buon diritto considerate la prima vera inchiesta meridionale. L’inchiesta Stato delle persone in Calabria, manifesta, inoltre, un’altra notevole intuizione del prete acritano, il quale conducendo un’articolata analisi di tutte le figure sociali, si lasciò alle spalle la vieta abitudine di considerare la società contadina calabrese come un blocco monolitico, riuscendo a caratterizzare ogni mestiere nella propria specificità. Altra fondamentale inchiesta del periodico furono: “Le cronache del Brigantaggio”, in cui Padula analizza il fenomeno, evidenziandone le varie fasi, ossia quella del passaggio dalla fase dei briganti al Brigantaggio, e la terza ed ultima fase, ossia quella del Brigantaggio politico. Da questa mirabile inchiesta, in cui l’autore oltre a narrare interessanti episodi di cronaca brigantesca, ipotizzandone le cause e rintracciando nel Manutengolismo la principale ragione della sopravvivenza del Brigantaggio, emerge la triste realtà di una Calabria incancrenita nei rapporti perversi tra i rappresentanti dello stato e la delinquenza, oggi più che mai attuale.
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Laureana: l’Asilo Infantile “Domenico Lacquaniti-Argirò” un secolo dopo
Un amore secolare nella nostra casa Concluso con una mostra il centenario della presenza guanelliana di Eleonora Palmieri
E
ra solo un bambino, e studiava presso il Collegio San Luigi a Messina, dove il terremoto del 1908 lo portò via. La famiglia del piccolo Domenico Lacquaniti-Argirò volle costruire un’importante struttura in sua memoria, per i bambini laureanesi. Il 28 dicembre 1912 venne inaugurato l’Asilo Infantile “Domenico Lacquaniti-Argirò”. Le cose, a volte, hanno davvero un’anima; l’atto d’amore di quella donazione e la fede di Don Guanella dal primo momento divennero carità pura attraverso le mani delle suore guanelliane. San Guanella fondò le congregazioni religiose dei “Servi della Carità” e delle “Figlie di Santa Maria della Divina Provvidenza”. Diceva: «Il buon esempio è un fiore di buon olezzo che, come la mammola, si confonde fra l’erba, eppure s’ode». L’opera delle nostre suore è sempre stata così; un giardino di fiori dal profumo delicato, non ostentato, ma talmente intenso da essere ricordato. Ricordato anche con la materia, attraverso una mostra che ci narra un’operosità, un ingegno e una fede senza misura. Per chiudere il centenario, la messa celebrata da S. E. Mons. Francesco Milito, alla presenza del parroco Don Cecè Feliciano, del Sindaco Paolo Alvaro e delle altre autorità, delle suore, dei cooperatori guanelliani e di tutta la comunità laureanese. Al termine, la visita della mostra, voluta dal Il taglio della torta.
Ricca Mostra Guanelliana.
Vescovo, illustrata dalle stesse suore e realizzata da un Cooperatore Guanelliano, Antonino Dimondo, studente dell’Accademia delle Belle Arti. Documenti fotografici, manoscritti di un’eleganza d’altri tempi, oggetti religiosi, capolavori di ricamo d’arte sacra rifiniti in oro e seta (le suore impartivano lezioni di ricamo presso la “scuola di lavoro” alle ragazze del luogo). Un secolo di storia in Un momento della messa. un edificio grande, con delle suore dal grande cuore. In quell’asilo ho trascorso la mia infanzia; la scuola materna e il catechismo si svolgevano lì. Ero adolescente, e ancora col nostro carissimo ex parroco Don Pasquale Galatà frequentavamo la catechesi dei giovani. Da adulta, con lo spirito ancora da bambina, ho seguito le recite dei miei nipoti. L’ambiente cristiano, gioioso, in cui generazioni di laureanesi sono cresciute e ancora cresceranno. Ricordo quando alla scuola materna l’orario che segnava la fine della giornata era 15.30, ma al di là delle regole ero ben accolta per almeno un’ora in più, aspettando mio padre, e appena arrivava gli saltavo addosso abbracciandolo. La felice malinconia di molti souvenirs della mia vita sono legati a quel posto. Come il sapore e l’immagine della “madeleine” riportavano Proust alla tenerezza d’infanzia nel ricordo di sua zia, l’odore della lieve ruggine delle giostre nel bellissimo cortile, ancora impresso nella mia mente, mi legano indelebilmente alle suore e ai miei compagni di giochi. Dedico quest’articolo a tutti i cooperatori guanelliani, alle suore, a tutti coloro che hanno fatto parte e faranno parte dell’attività di questo che più che un asilo è la nostra casa: la casa dei laureanesi. Lo dedico soprattutto alla Madre superiora Suor Antonietta, un fuscello di potente energia, che mi ha visto crescere e a cui sono teneramente legata.
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di Luigi Cordova
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i è svolto a Candidoni uno fra i più piccoli centri della Calabria, ma al contempo uno dei dieci luoghi più green d’Italia, l’incontro-dibattito incentrato sull’esperienza de “La Fattoria della Piana”, modello Fattoria della Piana. di agricoltura e zootecnia da imitare e che si propone di valorizzare il sottoprodotto del settore e trasformarlo in risorsa. L’On. Giovanni Nucera, Segretario Questore del Consiglio Regionale della Calabria, è stato organizzatore e coordinatore dei lavori. Il Sindaco Enzo Cavalla- rettamente proporzionale sulle condizioni di vita della società, oltre alla necessità di un ro ha salutato gli intervenuti sul tema della abbattimento dei processi burocratici per l’accesso alla produzione di energia da risorse “Green Energy” come nuova frontiera alternative. Illuminante l’intervento di Carmelo Basile, amministratore delegato del comper l’ambiente di plesso “Fattoria della Piana”, che ha precui la fattoria della sentato, attraverso documentazione video, piana ne ha fatto un sistema completo, oltre che d’indubbia ormai una filosofia. imprenditorialità, di utilizzo e di valorizSono stati l’ing. zazione del rifiuto, con una produzione di Massimo Vinci, 400 Kwh di energia elettrica da fotovoltaiEnergy manager, co, utilizzando le tettoie delle stalle, dalle dell’associazione quali sono stati smaltiti pari superficie di culturale “Giusepeternit, e una produzione di 900 Kwh da pe Reale”, esperto biogas. Un modello di associazionismo e in fonti rinnovabili cooperativismo, che raggruppa la quasi e progettazione di totalità della pastorizia calabrese, per una impianti energequota latte tra le maggiori d’Italia e una tici, e la docente distribuzione dei propri prodotti anche in dell’Uni Magna America, Canada e Giappone. Una realtà Grecia, Drusiana imprenditoriale che valorizza quelli che Foti, manager di fino ieri sono stati i problemi del sottoprouna delle più note dotto per tante altre realtà imprenditoriali società del settore, del settore agricolo e zootecnico e che si la “Infinity Gre- Un momento del convegno Green Energy. proietta nel futuro, realizzando uno dei en”, a porre l’attenzione sulla necessità di primi fitodepuratori del territorio, che diventa inevitabilmente modello da seguire per una razionalizzazione delle risorse energe- le acquee reflue di ogni settore. Innovazioni dettate dalla prospettiva di andare oltre i tiche, a tutti i livelli, per una ricaduta di- propri confini, promuovendo studi costosi presso università estere che hanno portato ad
Green Energy a Candidoni
Messignadi “Km zero” per gli allievi delle Media di Rosa Anna Cartisano
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Ortaggi Bio dell’Orto in condotta
o scorso 14 gennaio, alcuni allievi della Scuola Media di Messignadi, tre rappresentanti per ogni classe, accompagnanti dai docenti coinvolti nel Progetto “Orto in Condotta” di Slow Food, prof. Cartisano e Surace, e da alcuni genitori, hanno portato al mercato rionale, che si tiene ogni martedì a Oppido, i prodotti dell’orto didattico. Appena arrivati, i ragazzi hanno allestito un banchetto con le cassette di verdura raccolta un’ora prima: radicchio, cicoria, scarola, bietole, ecc. Piantate all’inizio del corrente anno scolastico, le verdure sono maturate nel rispetto dei tempi naturali e senza l’aiuto di fertilizzanti chimici: solo letame per nutrirle, nel rispetto dei principi di Slow Food, che fa dell’agricoltura biologica, una delle sue ragion d’essere. I ragazzi si sono molto divertiti a fare da venditori, richiamando la curiosità dei vari passanti che si sono fermati a fare loro i complimenti. Nel giro di un’ora tutte le verdure sono state vendute e i ragazzi, un po’ a malincuore, sono rien-
venduti al mercato di Oppido Mamertina
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La Fattoria della Piana è una cooperativa di allevatori calabresi della provincia di Reggio Calabria che si occupa della raccolta e della trasformazione del latte proveniente dalle fattorie dei soci situate sull’Aspromonte, sul Monte Poro, nella piana di Gioia Tauro e nel Crotonese. Nata nel 1936, quest’azienda è cresciuta fino a diventare una tra le più grandi realtà produttive del settore di tutta la Calabria. Le attività dell’impresa oggi coprono tutta la filiera agroalimentare: il centro aziendale ospita infatti un allevamento di 900 capi bovini e una moderna sala mungitura; il caseificio lavora ogni giorno circa 20.000 litri di latte ovino, bovino e bufalino, proveniente dagli allevamenti dei soci, distribuiti in tutta la regione; la cooperativa si occupa direttamente della mungitura, della coltivazione dei foraggi per gli allevamenti e di agrumeti, destinati alla produzione di clementine per il mercato nazionale; infine, produce energia rinnovabile, grazie alla centrale agroenergetica a biogas e agli impianti fotovoltaici integrati sui tetti delle stalle. una rivalutazione a livello locale. Tale ultimo aspetto non sfugge al docente di Tecnologie dell’Architettura dell’Uni Mediterranea Alberto De Capua, che avverte la necessità di un dialogo, oggi possibile, tra le università calabresi ed il territorio. Di seguito l’intervento di Pasquale Monea, direttore generale dell’assessorato regionale Attività produttive, che ha riportato i dati del suo dipartimento, parlando di schematizzazione calabrese che colloca tutto tra Stato e Antistato e il resto
Tutto il ciclo produttivo dell’azienda è costantemente sottoposto a rigidi controlli sanitari: grande attenzione è rivolta al benessere dei capi bovini, controllati grazie ad un sistema a collare elettronico che, dal monitoraggio dei movimenti degli animali, risale al loro stato di salute. Il processo di mungitura e trasporto del latte all’interno del caseificio avviene in modo da evitare qualsiasi contatto diretto con gli operatori o con ambienti esterni; il laboratorio di analisi presente in azienda, inoltre, sottopone a continue verifiche di qualità i foraggi, il latte e i prodotti derivati.
«Ridurre al minimo
Il cuore della Fattoria della Piana è proprio il caseificio cooperativo, dove i formaggi vengono prodotti semplicemente applicando tecnologie innovative a secolari ricette di caseificazione. Oltre a prodotti freschi di alta qualità (fiordilatte, mozzarella di bufala e ricotte), la cooperativa produce formaggi tipici (caciotte, caciocavalli e pecorini vari); la produzione più importante e particolare, però, è rappresentata dal pecorino, del quale la Fattoria della Piana è, oggi, il primo produttore della regione. Le diverse varietà di questo cacio, tra le quali spicca il Pecorino Riserva, vincitore delle ultime tre edizioni del premio Cheese Awards alla fiera Tuttofood di Milano, sono prodotte solo con latte ovino calabrese, e vengono conservate in celle di stagionatura ad umidità e temperatura controllate.
l’impatto ambientale» in una insensata zona grigia. Evidentemente sorpreso l’assessore regionale all’Ambiente Francesco Pugliano, che pone l’attenzione sull’emergenza rifiuti che attanaglia la Calabria, per sedici anni sotto il parafulmine del commissariamento, ma che oggi impone una nuova presa di coscienza. Non nasconde le colpe della politica cosentina per gran parte di questa emergenza, ma un modello da seguire c’è, ed è quello della fattoria della piana, con impianti provinciali di compostaggio anaerobico ed ogni altra forma alternativa agli attuali sistemi di discariche, ormai sature, che richiamano tutti a responsabilità sociali. La Fattoria della Piana è un ammirevole modello di sistema agricolo integrato, capace di realizzare produzioni tipiche e di qualità e di produrre benessere per tutto il territorio regionale, eliminando l’impatto ambientale.
Export, agriturismo e fattoria didattica. I prodotti della Fattoria vengono consegnati ogni giorno grazie a una flotta di quindici moderni mezzi in Calabria e Sicilia, e, tramite corriere, in tutta Italia e negli Stati Uniti, in Canada, in Giappone e in Europa. L’attività agrituristica si svolge tramite la Masseria della Piana, un ristorante agricolo con cucina casereccia ricavato da un’antica stalla, e tramite l’attività di fattoria didattica: ogni anno, in primavera, circa 3.000 bambini visitano l’azienda, per conoscere la vita delle vacche e i processi di produzione dei latticini. Quest’impresa agricola è riuscita quindi a creare, anche grazie agli impianti ad energie rinnovabili installati, un sistema di produzione integrato, in cui ogni fase è progettata in modo da ottimizzare le risorse e raggiungere un bilancio di ecosostenibilità del sistema stesso.
mantenimento dell’orto, dal momento che non esiste nessun’altra forma di finanziamento. I soldi, così guadagnati, qualche decina di euro, infatti, serviranno a comprare le prossime piantine e iniziare, dopo un breve periodo di pausa,un nuovo ciclo di produzione con le verdure primaverili e gli ortaggi estivi.
trati a scuola, contenti però di aver concluso con successo l’operazione. Non è la prima volta, che la scuola organizza una tale vendita. Anche negli anni scorsi, le verdure eccedenti, non destinati cioè all’autoconsumo, obiettivo primario del progetto, sono state portate al mercato. Un modo per valorizzare e far conoscere il Progetto, ma anche per racimolare un po’ di soldi, necessari al
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Cittanova
“Alla ricerca del Gusto”
Fra cultura e tradizioni il paese riscopre antiche consuetudini di Girolamo Agostino
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volte, a tracciare il percorso di vita di una collettività non sempre sono le cause naturali, le calamità o i problemi di natura economica ma, in modo determinante incidono fenomeni e condizioni ambientali. Cittanova, la bellissima cittadina calabrese, di avversità disastrose ne ha conosciute tante ma, a creare effetti devastanti furono le faide che per anni seminarono terrore e morte su questa terra. Scoraggiata dal perdurare del fenomeno, la popolazione inerme e sbigottita si era come fermata; il paese, come affetto da un male incurabile, assumeva l’aspetto di un malato agonizzante con aziende che abbandonavano l’attività lavorativa ed ogni iniziativa in qualsiasi settore, con un numero sempre crescente di lavoratori dipendenti che restavano disoccupati; ovunque regnava un clima di incertezza e di insicurezza e chiunque poteva andava via cercando altrove lavoro e tranquillità. Non è da dimenticare poi, che a Cittanova operano importanti scuole di formazione come il Liceo Classico ed il Liceo Scientifico, quindi è da immaginare con quale spirito morale gli studenti frequentavano le lezioni ed i docenti assolvevano alle loro mansioni di insegnamento. Oggi, passato il periodo oscuro, il paese appare come sgombro dalla nebbia, con la luce del sole che ovunque illumina la bellezza della natura ed incoraggia gli uomini a riprendere la normalità della vita civile. E, nel nuovo clima di progresso e civiltà opera l’amministrazione comunale con iniziative atte a promuovere il territorio, la cultura, l’economia e tutte le attività produttive; così, sulla linea di un programma formativo, la sera del 27 Dicembre 2013, presso il Polo Solidale per la Legalità di Cittanova si è svolto un importante convegno sulla presentazione del libro “Alla ricerca del Gusto” dell’autore Vincenzo Curci (Falco Editore). Il tema del convegno ha suscitato notevole interesse al grande numero di persone interve-
nute ed il Prof. Curci, nell’illustrare il contenuto del testo ha dato una chiara e sostanziale spiegazione sull’importanza di salvaguardare la produzione agricola quale fonte di economia e di occupazione. Particolare attenzione è stata posta sulla globalizzazione e sui prodotti transgenici con inquietanti interrogativi per il futuro dei prodotti tipici, ribadendo la necessità di orientare l’alimentazione sulla sana dieta mediterranea, con gli eccezionali prodotti della nostra terra sani, genuini, naturali e di alta qualità. Il volume illustra la nobiltà dei prodotti calabresi con l’attenta descrizione delle proprietà benefiche che possiedono per la salute, con particolare riferimento al bergamotto e all’olio extravergine d’oliva; ma il Prof. Curci, nella sua opera, non si è limitato soltanto a descrivere dettaglia-
«Tipicità calabresi in vetrina»
tamente i prodotti tipici calabresi che vanno delle pastille della castagna di Serrastretta al tartufo bianco calabrese ma, ha voluto sottolineare anche la bravura dei tanti maestri della cucina e della pasticceria di Calabria che con arte sanno preparare esclusivi piatti come lo “stocco di Cittanova” e particolari dolci come il “torrone ferro”. Riguardo alle produzioni Dop (denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione geografica protetta), De.Co. (Denominazione Comunale di origine), ha poi ricordato che la Calabria possiede un importante patrimonio produttivo che può essere largamente sfruttato anche perché avvantaggiato dalle continue scoperte archeologiche che metIl tavolo dei relatori tono in risalto la presenza di antiche ed influenti civiltà nella nostra terra. All’evento erano presenti numerosi personalità della forza produttiva e della cucina calabrese che, in merito alla salvaguardia dei prodotti tipici che stanno scomparendo, hanno sostenuto l’importanza di avvicinare i ragazzi alla conoscenza della terra e dell’agricoltura. A dare grande valenza al convegno è stata, inoltre, la presenza di numerosi rappresentanti delle istituzioni tra cui: l’On. Candeloro Imbalzano per il Consiglio Regionale della Calabria; l’On. Domenico Giannetta assessore alle attività produttive della Provincia di Reggio Calabria; Domenica Sorrenti delegata attività produttive Comune di Cittanova; Alessandro Cannatà sindaco di Cittanova. Dai numerosi interventi è emersa l’importanza della salvaguardia delle identità territoriali con il rilancio di tutte le attività produttive ed in particolare il turismo enogastronomico al fine di poter fare apprezzare l’eccellenza delle nostre specialità, in maniera che ciò da noi è tradizione possa essere conosciuto fuori, facendo così entrare i nostri prodotti nel paniere del “Parco Nazionale d’Aspromonte” creando benessere, occupazione e cultura, poiché, in particolare è il lavoro che crea civiltà e legalità. Al termine dell’evento, i Ristoratori ed Pasticceri Cittanovesi hanno offerto l’assaggio delle loro specialità: gustosi piatti a base di Stocco De.Co., assaggi della Biondina De.Co. e del Torrone Ferro De.Co. L’iniziativa è stata di grande rilievo in quanto proposta principalmente in termini di sviluppo economico e di educazione alimentare in una collettività che ha sempre apprezzato gli indirizzi alla convivenza democratica sostenuta dalla legalità.
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BCC Cittanova crede nei giovani Un anno di associazione
di BCC Young Cittanova
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cc Young Cittanova è un’associazione senza fini e scopo di lucro, a carattere democratico e apartitico, che si occupa della promozione, organizzazione e gestione di attività culturali, editoriali, nonchè di attività di formazione legate agli scopi sociali verso i soci e non, con particolare attenzione al soddisfacimento
delle esigenze giovanili. È stata formalmente costituita il 19 Dicembre del 2012. Dunque un’esperienza breve ma che ci ha già permesso di prendere consapevolezza della vantaggiosa possibilità che il credito cooperativo ci riserva. Sin dalle prime riunioni, ciò che ha accomunato il nostro confronto è stata l’intenzione di renderci dinamici e risolutivi sul fronte dell’incertezza del mondo del lavoro giovanile. Per presentarci alla comunità abbiamo organizzato un convegno incentrato sulla promozione dell’autoimprenditorialità, sul microcredito per favorire l’occupazione di soggetti svantaggiati e sugli incentivi per la creazione di nuove imprese. “Diventiamo protagonisti del nostro futuro” è divenuto non solo il titolo del dibattito ma
corsi formativi e collaborazioni con altre associazioni, sono state tutte occasioni in cui i giovani hanno avuto modo di fare esperienza e pratica di protagonismo responsabile. La partecipazione ai Forum Nazionali dei Giovani Soci è stata, poi, un’esperienza estremamente costruttiva. Un sano confronto con altri giovani ai quali ci sentiamo fortemente accomunati oltre che da un patrimonio valoriale, che contraddistingue il nostro essere vicini alle cooperative di credito, anche dall’entusiasmo di chi crede fermamente nella forza delle nuove generazioni e di chi condivide un progetto forse ambizioso, ma non irrealizzabile: camminare insieme verso il futuro del Credito Cooperativo. Nel delicato contesto socio-economico che stiamo vivendo, la nostra banca ci apre le porte per divenire produttori di idee, co-produttori di decisioni, attori di realizzazioni e Bcc Young coglie la sfida che ha davanti a sé cercando di imprimere, con i mezzi a disposizione, un cambio di passo. Il nostro obiettivo per il 2014 è quello di fare largo ad un insieme immaginifico di potenzialità; un perimetro di spazi da riempire con i contenuti che definiremo insieme. Intendiamo attuare un piano d’azione che miri ad accrescere il bagaglio di conoscenze, abilità e competenze dei giovani per favorirli nell'accesso ad un mercato del lavoro sempre più complesso e sensibile ai cambiamenti. Questa è l’Associazione che vogliamo continuare ad edificare: quella che senza proclami costruisce percorsi di sviluppo, quella che in sostanza continua a concepirsi al servizio del futuro dei giovani.
«Camminare insieme verso il futuro»
Nelle foto i giovani di BCC Young
anche lo slogan dell’Associazione. Da lì, numerose sono state le iniziative per diffondere i principi della mutualità, oltre che interna, anche esterna. Mercatini dell’artigianato locale, concorsi, cineforum,
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La Decorata Cornice della Piana di Diego Demaio
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Melia di Scilla - Grotte di Tremusa Bivio Pidima - Piani d’Aspromonte Serro di Tavola
alla nostra Piana, usufruendo stavolta della comoda autostrada, si raggiungerà Scilla per intraprendere, una volta usciti dall’omonimo svincolo, la tortuosa salita che subito si inerpica verso la montagna. Percorrendo la panoramicissima strada, che conduce ai 645 m. di Melia, si consiglia di effettuare delle brevi soste per fotografare gli incantevoli paesaggi sulla sottostante Costa Viola e sull’imbocco dello Stretto di Messina. Una volta all’interno della popolosa frazione scillese si svolterà a sinistra e, poco dopo, a destra per incontrare una breve e ripida discesa dove una staccionata delimita, alla sinistra dell’asfalto, le singolari Grotte di Tremusa. Parcheggiata la macchina si accederà nel suggestivo sito geologico che, per la particolare “architettura”, ricorda un porticato sorretto da un naturale colonnato. Alcuni speleologi suppongono che le caverne, formatesi nell’Era Pliocenica, scendano, nella loro ancora inesplorata profondità, forse sino al mare. Dentro le stesse, tra stalattiti e stalagmiti, sono stati trovati notevoli depositi conchigliferi. Usciti dall’interessantissima area, che meriterebbe maggiore valorizzazione e promozione turistica (è assai riduttivo L'Area Archeologica di Serro di Tavola identificare Scilla solamente per il Castello Ruffo o per lo splendi- (Foto Diego Demaio - ripr. vietata). do mare che lambisce la pittoresca Chianalea quando la stessa si estende anche su un vasto territorio aspromontano che addirittura tocca i 1593 m. di altezza di località Abetazzo), si ritornerà a Melia. Da qui, piegando a sinistra, si proseguirà, superando il Passo dell’ Acenazzo, verso la statale 183 che verrà raggiunta ai 1324 m. del bivio di Pidima, adiacente al romantico laghetto artificiale di Rumia. Conclusa la lunga salita si curverà a sinistra (andando a destra si arriverebbe alla vicinissima Gambarie) per scendere sino al poco distante bivio per Solano, attiguo al noto ristorante Donna Jolanda. Da qui, lasciando la nazionale, e immediatamente anche la strada che scende verso Solano, si andrà subito a destra prendendo l’asfaltata digressione che prosegue lungo i fertilissimi Piani d’Aspromonte. Procedendo su di essa ed andando sempre a destra in alcuni bivietti si giungerà davanti ad una casa isolata, contraddistinta da un tetto rosso, dove si parcheggerà l’automobile. Iniziando a camminare si attraverserà brevemente un L'interno delle Grotte di Tremusa prato, alla destra (Foto Diego Demaio - ripr. vietata). "porticato" delle Grotte di Tremusa dell’asfalto e di Il(Foto Diego Demaio - ripr. vietata). fronte alla suddetta abitazione, per immettersi, andando a destra, su un largo sentiero in mezzo al bosco. Poco dopo, percorrendo un breve tratto in cemento che supera la valletta di un torrentello, si girerà a sinistra per imboccare un’altra pista, sempre pianeggiante ed ombrosa, che porta ai 985 m. degli Scavi Archeologici di Serro di Tavola. L’area, ricadente nel territorio di Sant’Eufemia d’Aspromonte, è recintata e protetta da una ringhiera verde (con un cancello ormai da tempo spalancato) che racchiude i notevoli ruderi del fortino di origine greca. La costruzione, forse edificata in due fasi che vanno dal VI al V secolo a.C., era a struttura quadrangolare comprendente 4 vani paralleli disposti intorno ad uno spazio aperto centrale. L’insediamento aveva preminentemente un carattere difensivo con probabile funzione di controllo delle vie di accesso alla Piana di Gioia Tauro, ai Piani della Corona ed all’Aspromonte. Delle campagne di scavo, purtroppo da tempo interrotte, rimangono ancora evidenti tra le sterpaglie i numerosi picchetti di riferimento fissati dagli archeologi. Usciti dall’importante sito, giustamente sottoposto a Vincolo Archeologico, si ritornerà sulla strada asfaltata per risalire in auto e riprendere la 183. Svoltando a sinistra e procedendo su di essa verso il bivio dell’espressivo Crocifisso di Petrelli, volendolo, si potrà omaggiare (non considerando la diffusa tendenza che oggi mira a contestare l’Unità d’Italia) la memoria di Garibaldi salendo al vicino e segnalato Mausoleo a lui dedicato, così come fece, nel lontano 1966, l’allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Scesi infine dalla storica pineta, che nel 1862 fu teatro del ferimento dell’Eroe dei Due Mondi, si riprenderà la nazionale per declinare, attraversando il largo bivio Brandano, nella Piana.